Francesco Nullo, sabato e domenica le celebrazioni ufficiali del 150° anniversario della morte

Il 5 maggio 2013 ricorre il 150° anniversario della morte di Francesco Nullo, caduto nel 1863 nella battaglia di Krzykawka alla testa della spedizione partita in aiuto dei polacchi insorti contro la dominazione russa. Per questa ricorrenza la Fondazione Bergamo nella storia propone diverse iniziative realizzate in stretta collaborazione con l’Assessorato alla cultura del Comune di Bergamo e con le altre istituzioni culturali cittadine: Archivio Bergamasco, Archivio di Stato di Bergamo,   Associazione Amici del Museo storico di Bergamo, Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo, Biblioteca civica “Angelo Mai”, Fondazione Famiglia Legler, Fondazione per la storia economica e sociale di Bergamo, ISREC, Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo, Università degli studi di Bergamo.
Nell’insieme tutte queste iniziative si propongono da un lato di approfondire e ripensare la figura di Francesco Nullo in una prospettiva compiutamente storica, al di fuori della retorica e nel suo legame col nostro tempo; dall’altro di valorizzare i profondi legami e le proficue relazioni che la figura di Nullo ha permesso di stabilire nel tempo tra Italia e Polonia.

Ecco le principali iniziative organizzate.

SABATO 4 MAGGIO

* Ore 10, Teatro Donizetti
Matinée dedicata alle scuole: Con gli occhi di Celestina.
Saranno presentati gli elaborati del concorso di disegno tra le scuole e i risultati dei laboratori didattici seguiti da un racconto (con molte licenze poetiche) della vicenda di Nullo vista dalla fidanzata Celestina Belotti (in collaborazione con Assessorato all’Istruzione, Politiche Giovanili, Sport e Tempo libero).

*Ore 12.30 – 17.30, Quadriportico del Sentierone
Emissione dell’annullo filatelico per il 150° anniversario dalla morte di Francesco Nullo.

*Ore 14.30, Sala Tremaglia del Teatro Donizetti
La fraternità d’armi italo-polacca tra ‘800 e ‘900. Un Seminario internazionale di studi, con il patrocinio della Giunta storica nazionale, dedicato a quei momenti storici, tra Ottocento e Novecento, che videro Italiani e Polacchi combattere affiancati per una causa comune. Nell’occasione sarà presentata anche la pubblicazione in formato e-book delle principali biografie di Francesco Nullo.

*Ore 18, Sala Tremaglia del Teatro Donizetti
Diversamente giovani… e socialmente utili. Gli eroi.
Una conferenza di Mario Isnenghi (Università di Venezia), tra i maggiori storici del nostro Paese, che propone una riflessione sul ruolo e il significato degli eroi nel mondo contemporaneo. Ingresso libero.

DOMENICA 5 MAGGIO

*Ore 11.30, Convento di San Francesco, Museo Storico di Bergamo – Sezione mostre
Inaugurazione della mostra Francesco Nullo dall’Italia all’Europa (1826-1863).
In esposizione i più importanti cimeli e documenti legati alla vita di Francesco Nullo: l’eroe e il soldato, ma anche l’uomo e l’industriale. Ingresso libero.
Per tutta la giornata sarà inoltre possibile visitare gratuitamente il Museo Storico di Bergamo – Sezione ‘800 “Mauro Gelfi” presso la Rocca (con una visita guidata gratuita alle ore 16.00).

*Ore 21, Chiostro del Convento di San Francesco Omaggio a Tadeusz Ko?Ö‚Ä?ciuszko   
Concerto del bluesman Fabrizio Poggi
Nel rendere omaggio all’eroe polacco più vicino a Francesco Nullo nel suo impegno per la Libertà degli altri, il concerto ricorda anche il secondo anniversario dalla scomparsa di Mauro Gelfi, direttore del Museo storico di Bergamo dal 1997 al 2010.
Ingresso libero.

Per informazioni: tel. 035 247116 / 035 226332 – http://www.bergamoestoria.it




Treviglio, i forni si mettono in rete per regalare l’invenduto alle famiglie in difficoltà

Il pane del giorno prima garantisce il pranzo dell’indomani a tante famiglie. A Treviglio è iniziata da qualche settimana la raccolta del pane della solidarietà. Il pane invenduto dei forni trevigliesi fa capolino ogni giorno sulle tavole delle famiglie bisognose. L’idea nasce da Massimo Ferrandi, referente Aspan per la Bassa e titolare dello storico panificio di via dei Mille fondato da papà Stefano, e da Lino Ronchi, anima della cooperativa sociale “Il Germoglio” che opera a fianco della Caritas. All’accordo hanno subito aderito – oltre a Ferrandi – i panifici “Matteo Testa” in via Zara, “Invernizzi” in via Crippa, “Premoli” in via Pontirolo, “Travi” in via Municipio e “Mirella Donzelli” in via Mazzini. Ogni mattina alle sette scatta la raccolta dei panini del giorno prima che vengono smistati dai volontari tra le varie parrocchie per arrivare poi sulle tavole di chi ne ha più bisogno. «Ogni giorno ci troviamo con un invenduto pari a circa il 5% della nostra produzione – spiega Massimo Ferrandi -. Da tempo io e tanti colleghi offriamo il pane a chi non può comprarlo, questa nuova iniziativa permette però di uscire dall’ambito della generosità di ognuno per gettare le basi per costruire una rete della solidarietà organizzata e attrezzata. Grazie a questo coordinamento sarà possibile raggiungere un maggior numero di famiglie». A portare avanti la nobile iniziativa un gruppo affiatato di volontari, pronti ad organizzare la distribuzione e lo smistamento in base ad ogni esigenza, con dedizione ed entusiasmo: «Ogni giorno a Treviglio avanza almeno mezzo quintale di pane tra tutti i forni. In questo periodo sono tante le famiglie che fanno fatica a metter qualcosa in tavola e spesso non osano chiedere aiuto – sottolinea Lino Ronchi -. Questa iniziativa, appena decollata ma che si spera possa raccogliere strada facendo nuove adesioni, consente di fare del bene due volte: di evitare gli sprechi e di aiutare chi ha bisogno». 




Imprese, una raccolta di firme per tornare a crescere

“Adesso tocca a voi”: è il Manifesto con l’appello di Rete Imprese Italia indirizzato al Governo, al Parlamento, alla politica. Un appello, firmato dal soggetto di rappresentanza unitario delle pmi (Confcommercio, Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confesercenti), e indirizzato al Governo perché agisca immediatamente con misure concrete a sostegno della crescita e dell’economia reale. I risultati dell’Iniziativa e della raccolta firme, aperta agli amministratori e agli imprenditori su tutto il territorio nazionale, verranno presentati il giorno dell’Assemblea di Rete Imprese Italia il prossimo 9 maggio.
«La crisi – si legge nel Manifesto – sta cancellando la parte più vitale del nostro sistema produttivo. Nel 2013, 26,6 miliardi in meno di Pil, 22,8 miliardi in meno di consumi, 249 mila chiusure delle attività commerciali e dell’artigianato». «La ripresa – si sottolinea nell’appello – diventa un miraggio, gli imprenditori hanno perso la pazienza e stanno perdendo la speranza. Ma il destino non è segnato. Le imprese dell’artigianato, del terziario di mercato e l’impresa diffusa, che nel nostro Paese producono il 58% del Pil e danno lavoro al 62% degli occupati, non ci stanno. Reagire alla crisi si deve e si può».
«Le nostre imprese – conclude il Manifesto invitando il Governo, il Parlamento e la politica a fare la propria parte – hanno fatto tutto il possibile: adesso tocca a voi!».
Per ribadire le priorità necessaria alla crescita, Rete imprese Italia ha diffuso un documento in cui vengono illustrate le linee principali di intervento: ridurre la pressione fiscale, proseguire nell’azione di semplificazione, dare credito alle imprese, sostenere il mercato del lavoro. «La lezione fondamentale che, a nostro avviso, ha impartito questa grande crisi – si legge nel documento “Le priorità per tornare a crescere” – è la necessità di ripartire dalle buone ragioni dell’economia reale e cioè dalle ragioni, insieme, delle imprese e del lavoro. Il rigore necessario è stato praticato. Ha scongiurato, con un largo ed emergenziale ricorso alla leva fiscale, la crisi di fiducia nei confronti dei nostri titoli del debito pubblico, ma ha concorso, tuttavia, ad aggravare il quadro recessivo della nostra economia».
Secondo Rete imprese Italia la prossima agenda di governo deve prevedere, come prioritari, interventi volti alla progressiva riduzione della pressione fiscale complessiva a carico dei contribuenti in regola. Per far questo occorre: scongiurare l’ulteriore innalzamento dell’aliquota Iva, ridurre l’impostazione Irap, escludere dall’Imu gli immobili strumentali all’attività d’impresa e ridefinire il tributo rifiuti e servizi Tares.
Per le cinque maggiori organizzazioni del terziario e dell’artigianato è necessario inoltre fare scelte decise di semplificazione normativa e amministrativa per liberare risorse da indirizzare alla crescita, favorendo così un miglior ambiente imprenditoriale.
Alta priorità deve essere data all’accesso al credito, per il quale è urgente sfruttare il via libera della Commissione Europea per risolvere definitivamente il problema dei pagamenti della Pubblica Amministrazione identificando modalità operative semplici, veloci e di impatto immediato, come la compensazione secca e diretta tra i debiti degli enti pubblici verso le imprese e i debiti fiscali e contributivi delle imprese verso lo stato. Ma è anche necessario promuovere un intervento concertato con gli altri Stati Europei presso le Istituzioni Europee e, in particolare presso la Bce, perché eroghi speciali finanziamenti alle banche con vincolo di destinazione a favore del credito alle imprese.
Altro punto importante riguarda il mercato del lavoro, per il quale serve una inversione di rotta rispetto ai continui incrementi dei costi diretti ed indiretti, che seguono il progressivo arretramento dello Stato dalla spesa sociale e dai servizi al lavoro. A questo proposito secondo Confcommercio, Casartigiani, Cna, Confartigianato e Confesercenti occorre intervenire sul costo del lavoro con un piano di azioni strutturali da realizzare in un tempo definito e con una riprogrammazione della spesa pubblica; garantire il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per tutto l’anno 2013, individuando le risorse in risparmi di spesa; sviluppare gli incentivi per l’assunzione di giovani e favorirne l’ingresso nel mercato del lavoro anche come imprenditori.
L’appello di Rete Imprese Italia può essere sottoscritto nella sede di Ascom di Bergamo (via Borgo Palazzo 137 – Accoglimento soci) sia sul sito http://www.ascombg.it compilando il form online.




Commercio, ad investire sono le attività innovative

Più di 525 milioni di euro garantiti alle piccole e medie imprese dagli anni Settanta, all’indomani della crisi petrolifera, al 2012 nel pieno di quella che gli esperti definiscono la peggiore crisi del dopoguerra. È questo il bilancio della Fogalco, dal 1978, anno di costituzione, alla fine del 2012, dato di partenza per l’analisi dei numeri dell’attività in vista dell’assemblea annuale, in programma lunedì 6 maggio alle 10.30 all’Hotel Settecento di Presezzo. Nello scorso anno, tramite la Cooperativa di Garanzia dell’Ascom, sono stati deliberati, garantiti ed erogati dagli Istituti di credito convenzionati finanziamenti per un totale 16.888.247 euro per 207 posizioni, ai quali vanno aggiunti 2.788.786 euro relativi a finanziamenti deliberati ma, al 31 dicembre scorso, non ancora erogati. Gli importi comprendono i finanziamenti deliberati ed erogati attraverso la società partecipata Asconfidi Lombardia, per un ammontare complessivo di 9.472.479 euro (a carico della cooperativa di garanzia dell’Ascom 2.382.620 euro). Sale l’importo medio dei finanziamenti deliberati ed erogati che, nello scorso esercizio, supera gli 80mila euro. Il numero dei soci effettivi iscritti alla cooperativa, in rappresentanza delle imprese del commercio, dei servizi e del turismo è pari a 5.468 unità (5.493 al 31 dicembre 2011).

L’analisi per settore
Il settore più dinamico è rappresentato dalle attività commerciali che diversificano maggiormente il loro business e rifuggono le classificazioni canoniche. Gli affidamenti garantiti e perfezionati a favore delle attività “varie” sono cresciuti del 7% nei confronti del totale. Dal 10,91% del 2011 sono passate a rappresentare alla fine del 2012 il 18,05% dell’attività della Cooperativa. Triplicano i finanziamenti a gioiellerie, orefici e ottici: passano dallo 0,57% del 2011 al 1,92% del 2012. In netta crescita gli affidamenti a librerie, edicole, videoteche, cartolerie, tabaccherie che passano dal 6,30% del 2011 al 9,42% nel 2012. Il calo più evidente interessa le attività di somministrazione (bar, ristoranti, pizzerie, alberghi) che passano dal 36,62% nel 2011 al 29,55% alla fine dello scorso anno. Un calo vistoso, dettato in parte dagli investimenti effettuati dal settore lo scorso anno: nel 2011 si era infatti evidenziata una crescita pari a quasi il 6% rispetto al 2010 degli affidamenti a pubblici esercizi e alberghi. Si dimezzano gli investimenti degli agenti e dei promotori che dal 2,35% del 2011 scendono all’1,21% del 2012. Si assottiglia anche la fetta rappresentata dalle attività dei servizi (dal 9,7% all’8,73% nel 2012), dei negozi di alimentari (dal 14,78% al 13,92 % nel 2012), dell’abbigliamento e calzature (dal 13,17% al 12,33%), del comparto di rivendite di elettrodomestici e del settore arredamento (dal 5,61% al 4,86%).

La mappa degli affidamenti
La città rappresenta la fetta più importante dei capitali affidati e deliberati dalla Fogalco e cresce rispetto al 2011. Nel 2012 quasi il 31% degli affidamenti alle pmi (contro il 28% del 2010), resta in città e nei dintorni di Bergamo. Cresce del 5% la pianura, dalla Bassa all’Isola, con una fetta pari al 27% (contro il 22% del 2011). Seguono, anche se in discesa, la Val Seriana e la Val di Scalve che rappresentano il 16% degli affidamenti della Cooperativa (contro il 19,19%). In calo, al 15% (contro il 17% del 2011) la zona dei Laghi e la Val Cavallina. In coda la Val Brembana e la Valle Imagna, con rispettivamente, il 7 e il 4%.




Romano, «la sosta a pagamento? Per i negozi un problema in più»

Pro e contro sui 424 parcheggi a pagamento entrati in vigore lo scorso 4 febbraio in piazza Fiume e nelle Cerchie esterne di Romano di Lombardia, serpeggiano tra le vie del paese. Tra i negozianti c’è chi sostiene che è stato facilitato il ricambio, chi sostiene che ha scoraggiato molti. Su tutto, comunque, è sempre la crisi a fare da padrona. E il centro del paese nel pomeriggio diventa un deserto.
«Ci sono tante idee: c’è chi dice che è stata una cosa positiva e chi dice che è stata negativa – dice Luigi, figlio di Patrizia Cantone titolare della sartoria Zig Zag di via Tito Speri, una traversa della centralissima via Tadini –. Nell’immediatezza sembrerebbe una cosa negativa, perché si paga e già questo fa scattare nelle persone una certa “idea”. Ho visto Caravaggio e Treviglio, due realtà più simili a Romano, e tutti hanno i parcheggi a pagamento, per favorire il ricambio, la facilità di trovare parcheggio. Anche perché con 20 centesimi, se uno deve stare 10 minuti in paese, se la cava ed è coperto». Il problema nasce «per chi in paese ci lavora e per chi come me va e poi deve ritornare, perché faccio il rappresentante per i bar – prosegue –. Non sempre ho la moneta, a volte mi bastano due minuti, ma per sicurezza devo fare il biglietto. Secondo me, comunque, era una cosa da fare, una di quelle “tasse” che ci possono stare nel sistema di un paese, di una realtà cittadina. Quindi, non la vedo una cosa così negativa e un ostacolo ai negozianti. Chi veniva in paese prima, viene anche adesso e paga 20 centesimi. Certo, in una realtà ristretta come Romano, senza nulla togliere ai miei concittadini, il solo fatto che si paga è considerato negativo. Guardiamo avanti, non solo nell’immediatezza».
Più lapidaria Elena Barbanti, commessa responsabile di Calzissima, in via Tadini: «Il paese è vuoto. Penso che dipenda dal parcheggio, perché tanti, anche solo per un caffè, per dieci minuti, non vanno a spendere un euro per lasciare la macchina. È vero che, anche prima, non tutti quelli che lasciavano la macchina ai parcheggi venivano in paese a comprare, però c’era più movimento. Al giovedì mattina, quando c’è il mercato si vede più gente, ma poi nei pomeriggi il centro è triste e non c’è proprio passaggio. In genere, la situazione è dura e anche noi a giugno chiudiamo, perché si lavora poco; gli affitti sono alti, ci sono tante spese e le tasse».
Certamente «viene penalizzato chi fa la spesa giornaliera – specifica Marco Airoldi, titolare dell’omonima macelleria di via Tadini –. Chi deve venire in paese per comprare l’etto di cotto, le due bistecche e i due panini, non paga un euro di parcheggio per 5 euro di spesa. Il giornaliero va a calare, il forestiero va bene, perché viene ogni 10-15 giorni, fa la spesa grossa. Un pochino di calo, quindi, l’abbiamo avvertito per i parcheggi». In generale, «è difficile, perché siamo anche in un periodo di crisi – aggiunge –. Il problema vero non sono i parcheggi, è che non girano i soldi. Il calo che abbiamo avvertito è più per la crisi che per i parcheggi. Se venivo in paese alle 14.30 non trovavo posto e a quell’ora i negozi sono chiusi. Quindi, sono quelli che lavorano e lasciano la macchina tutto il giorno e possono benissimo stare fuori. Invece, la questione è che, oltre ad avere la grande distribuzione e i grossi centri commerciali, hanno aperto anche gli spacci a chilometri zero e per il nostro settore è un problema. Prospettive in futuro non le vedi e adesso vivi perché devi vivere, per il futuro si vedrà. In paese i negozi aprono e chiudono, ma hanno vita breve».
«Forse per noi sono troppi questi parcheggi a pagamento – spiega Giacomina Lamera, responsabile del negozio Altromercato –, dovevano fare delle zone a pagamento e altre zone a disco orario. In modo più graduale, perché le persone devono abituarsi all’idea di mettere i soldi per i parcheggi. È anche una questione di mentalità. I parcheggi a pagamento, infatti, sono vuoti. Tante persone vengono e dicono: “Oh, bisogna andare là e mettere i soldi, non ci capisco niente!”. Devono imparare a diventare cittadini». E imparare anche ad arrivare in paese a piedi o in bicicletta, perché «le persone, per non venire senza macchina, vanno al supermercato, anche se avevano piacere di venire qua. Ci sono tre supermercati in sei chilometri: il Borgo, le Acciaierie e Antegnate, così la gente va al supermercato, prende tutto là e le botteghe rimangono penalizzate. Abbiamo proprio sentito che gira meno gente. E la domenica, che non si paga, il centro è pieno e le botteghe iniziano ad aprire».
Dal suo punto di vista nell’edicola al centro della piazza in cui si incrociano le centralissime via Tadini, via Colleoni e via Rubini, Giulia Leccherelli nota che «un po’ di calo c’è stato. Che sia legato ai parcheggi o alla crisi, comunque il calo c’è. Il paese è morto, soprattutto il pomeriggio che è deserto».
Il problema, per Pierantonio Radavelli, titolare del Caffè Novecento in via Colleoni, è «più in alto, dato da decisioni politiche precedenti, dal decentrare con attività commerciali esterne. Dare la colpa ai parcheggi è forse la cosa più semplice, ma il fatto è che a Romano non ci viene la gente, per cui i parcheggi restano vuoti: il centro è animato al mattino e deserto il pomeriggio. La domenica lavoriamo e con la Messa ci salviamo ancora. La crisi e lo spostamento delle attività commerciali da altre parti,  sono quelli i veri problemi, è però anche vero che la gente di Romano non è disposta a spendere 80 centesimi per bere il caffè, il parcheggio a pagamento, quindi, ha aggiunto problemi e assottigliato ulteriormente il già ristretto numero dei frequentatori del centro storico. Dare colpa solo al parcheggio è comunque riduttivo – ribadisce -. C’è anche chi è contento, perché finalmente si trova parcheggio».
D’accordo sul fatto che il ticket favorisce il ricambio di auto e di passaggio anche Bruno Costardi titolare del negozio di scarpe e borse di marca Pavone Rosso, in via Rubini, anche se «forse dovevano lasciare una parte di parcheggi bianchi e non prevedere tutta la zona a pagamento – specifica –. Con i parcheggi a pagamento, comunque, chi deve lasciare la macchina tutto il giorno la porta altrove, così il cliente riesce a trovare il posto e viene a fare l’acquisto». Scattando la fotografia del commercio a Romano, però, «la situazione è disastrosa. Stiamo facendo delle statistiche, perché c’è stato un crollo nelle vendite. Il parcheggio, secondo me, non ha inciso tanto. Il motivo è che la gente non compra. Negli ultimi due mesi abbiamo fatto il 50% in meno di vendite. Abbiamo articoli di marca e chi può spendere lo vedi ancora, ma la massa non la vedi più. La situazione è piatta».
Lucia Carminati, titolare dell’omonima merceria di famiglia, attiva da novant’anni, ha a disposizione la memoria storica per affermare che «ci sono stati vari anni di crisi, ma questa sta diventando veramente pesante, perché capisci che la gente non ha soldi e non spende». «In questo momento – fa notare -, alla gente pesa qualunque costo e quindi non mi sembrava il caso di inserire anche quello del parcheggio con questo sistema, magari si poteva fare con più calma e più gradualmente». Anche perché «se passano due minuti, si trovano le multe – conclude –. C’è stato il caso di un rappresentante che ha pagato, ma ha fatto un po’ più tardi e si è beccato la contravvenzione. Queste cose danno fastidio, soprattutto per chi viene da fuori e deve utilizzare per forza i propri mezzi; perché alla gente di Romano si può dire di venire con altri mezzi o a piedi, ma a loro no. Il commercio, comunque, risente della crisi e non possiamo dare la colpa ai parcheggi».




Camera di Commercio, un milione per l’occupazione giovanile

Due milioni di euro a favore delle imprese. È questo quanto stanziato dalla Camera di Commercio di Bergamo e discusso in Consiglio Camerale il 29 aprile scorso. Il primo va a favore dei Consorzi fidi per le operazioni di sostegno alle piccole e medie imprese. «Per il terzo anno consecutivo sosteniamo i Confidi presenti sul territorio – precisa Paolo Malvestiti, presidente della Camera di Commercio di Bergamo -. L’attenzione al credito è una delle caratteristiche qualificanti di questo ente camerale. Da imprenditori siamo convinti che è quanto mai necessario contribuire a dare ossigeno alle nostre imprese ed è compito della Camera di Commercio sostenere chi, come i consorzi fidi, lavora sul territorio come intermediario e interlocutore privilegiato tra banche e imprese. Un lavoro molto delicato in questo particolare momento di difficoltà per la nostra economia». A questo proposito nei prossimi giorni si riunirà in Camera di Commercio un tavolo di confronto tra banche, confidi e imprese per un confronto sulle difficoltà di accesso al credito dell’imprenditorialità bergamasca.
Il secondo milione, inaspettato, va a favore delle aziende e dei giovani. A sorpresa, durante il Consiglio Camerale Malvestiti ha presentato un fondo per l’occupazione giovanile. Si tratta di un bando che verrà messo a punto a breve e che prevede contributi a fondo perduto per le aziende che assumono giovani. «Credo che sia la prima Camera di Commercio a livello nazionale che stanzia un bando di tal genere- commenta Malvestiti -. La disponibilità economica del nostro ente ce lo permette. Abbiamo approvato un bilancio in positivo e non possiamo far altro che pensare al territorio, alle nostre aziende e ai nostri giovani. Il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato di circa dieci punti percentuali nell’ultimo anno e nella nostra provincia si è attestato al 29,4%. Non possiamo restare inerti di fronte a quanto sta succedendo, ed è il motivo per cui  la Giunta camerale all’unanimità ha approvato questo intervento straordinario».
Il bando prevede un contributo a fondo perduto, con tagli per ciascuna azienda attorno ai 15-20 mila euro, per quelle imprese che assumeranno i giovani; un’attenzione particolare a chi assumerà a tempo indeterminato.
Altra novità presentata in Consiglio Camerale riguarda Bergamo Sviluppo e il potenziamento dell’attività al Polo Tecnologico di Dalmine indirizzata alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione nel campo del manifatturiero, sempre in collaborazione con l’Università di Bergamo e i centri di ricerca.
Il Consiglio Camerale ha inoltre approvato il bilancio 2012, che è risultato migliore rispetto alle aspettative: la Camera di Commercio di Bergamo chiude il 2012 con utile di 1.504.774 euro. 
Nomine. La Giunta, nella seduta di lunedì scorso, ha nominato due rappresentanti che da maggio entreranno a far parte del Consiglio d’Amministrazione di Turismo Bergamo: Luigi Trigona, direttore di Ascom riconfermato nel suo mandato, e Giacomo Salvi, direttore di Confesercenti. Sempre per quanto riguarda le nomine, nelle prossime settimane entreranno a far parte del Consiglio Camerale tre nuovi consiglieri, in seguito ad altrettanti dimissioni: quella di Carlo Vimercati, che lascia il posto al nuovo presidente di Cdo Bergamo, Alberto Capitanio; di Giuseppe Masnaga, rappresentante del credito, dimessosi dopo aver lasciato la guida della Banca Popolare di Bergamo; e di Marziano Borlotti, in quota artigiani, dimessosi in seguito alla chiusura della sua attività a fine 2012.




“Studenti sempre più sfiduciati in un Paese in mano ad incapaci”

Il nostro non è un Paese per giovani. Immobilismo e gerontocrazia ingessano l’Italia e i più in gamba si vedono spesso costretti a fare le valigie. Le contraddizioni del sistema-Paese sono evidenti anche nelle Università, in cui non è garantito un monitoraggio accurato della didattica e che sono per molti versi distanti dal mondo del lavoro. Giovanni Urga, professore di finanza ed econometria all’Università di Bergamo e alla Cass Business School City University di Londra, dove dirige anche il Centro di Analisi Econometrica, scopre il tallone d’Achille dei nostri atenei, che pure sfornano ogni anno nuovi talenti.
Quali sono i principali punti di forza e di debolezza del sistema universitario italiano?
“In Italia, una buona parte degli studenti arriva all'Università con un bagaglio culturale più ampio e ricco di quello anglosassone, che è iper-specialistico sin dalla scuola secondaria. La più ampia preparazione emerge soprattutto nel medio e lungo periodo, dato che al lavoratore odierno è richiesto soprattutto di essere versatile e di apprendere in modo continuo nuove competenze e conoscenze. Di contro, una debolezza del sistema italiano è rappresentata dal fatto che gli studenti non sono monitorati nel modo appropriato e possono rimanere  iscritti all'università ad oltranza”.
La Riforma Berlinguer ha migliorato o peggiorato le cose?
“I percorsi di studio sono i diventati più dispersivi con la riforma del ” 3+2” che ha portato ad una vera e propria moltiplicazione di corsi insensata e controproducente da qualsiasi punto di vista. Le razionalizzazioni dell’ultimo anno ci stanno riportando sulla via giusta, ma sono ancora insufficienti. L’eccessiva proliferazione dei corsi di studio e le relative operazioni di marketing  hanno determinato una notevole confusione negli studenti, spesso illudendoli di possibili sbocchi occupazioni esistenti solo sulla carta. Le responsabilità  del corpo docente a tale riguardo sono notevoli”.
Cosa abbiamo da imparare dal sistema universitario inglese?
“Nel Regno Unito, l’iter universitario è ben monitorato e predeterminato anche in termini di tempo e ciò rappresenta un indiscutibile vantaggio. Questo approccio evita che l’Università diventi un parcheggio in cui non solo non si impara niente da un punto di vista contenutistico ma anche da un punto di vista di responsabilità personale. Per non parlare poi del fatto che un sistema intasato da un numero elevato di studenti poco motivati ed inspiegabilmente fuori corso è un costo che la collettività non può e non è tenuta a sostenere, indipendentemente dal ciclo economico”.
L'aumento della tassa per i fuori corso non basta per disincentivare chi resta “parcheggiato” in università?
“Non ha alcun senso solo aumentare le tasse, piuttosto va incentivato lo studio con un part-time strutturato e con obiettivi determinati, come avviene in Inghilterra, dove è previsto un percorso di studi di sei anni al posto di tre con obiettivi precisi da rispettare. Le tasse sono le stesse del percorso canonico, sono solo spalmate, come gli esami, su un lasso di tempo doppio”.  
Da professore universitario gode di un osservatorio privilegiato sul mondo dei giovani. Che umori avverte?
“In Italia negli ultimi anni vedo maggior pessimismo e rassegnazione, soprattutto in ragazzi brillanti. Gli studenti sentono di non avere prospettive e nei corsi di laurea magistrale è cresciuta la percentuale di studenti che intendono andare all'estero”.
Quali sono le aspettative di uno studente inglese e quali quelle di uno italiano?
“Gli studenti inglesi hanno la sensazione che il mondo del lavoro sia a portata di mano, con in tasca una laurea triennale o un master. Durante i tre anni di università ogni studente ha l'opportunità di entrare nel mondo del lavoro attraverso uno stage coerente con il proprio curriculum. In questo percorso, che dura almeno un anno, lo studente viene valorizzato e non sfruttato come purtroppo accade spesso in Italia, dove c'è la sensazione che lo stage rappresenti un'esperienza a sé stante, senza veri sbocchi occupazionali”.
In Italia sembra che conti sempre più la spintarella, nonostante curriculum e preparazione. Cosa ne pensa?  In Inghilterra come funziona?
“Se per spintarella si intende la segnalazione di studenti meritevoli a centri studi, realtà aziendali e mondo bancario, non vedo differenze tra una latitudine e l'altra. E' chiaro che la segnalazione rappresenta una condizione solo necessaria e non sufficiente. Sta alla capacità di ogni studente sfruttare al meglio l'opportunità. Nel mio campo, l'econometria, posso affermare di non avere incontrato studenti che non fossero meritevoli del ruolo rivestito e della mia fiducia. In Inghilterra è obbligatoria una lettera di referenza per accedere ad un percorso di studi come anche al mondo del lavoro. Come accademico, quasi ogni giorno mi trovo a scrivere lettere di referenze a sostegno di studenti che ritengo meritevoli, per cui spendo anche il mio nome e la mia reputazione”.
Una recente indagine Istat ha evidenziato come giovani con più di 34 anni rinuncino ormai a cercare lavoro perché ritengono di non riuscire a trovarlo. Quale consigli si sente di dare a quest’esercito di scoraggiati?
“Qualsiasi risposta potrebbe sembrare banale dati i tempi che corrono. E’ chiaro che avere un atteggiamento distruttivo non premia mai. Se non ci sono opportunità in Italia bisogna allargare i propri orizzonti e cercare altre occasioni di lavoro altrove. Una scelta quasi certamente premiante nel lungo periodo, ma che molto spesso risulta costosa in termini emotivi e per le implicazioni economiche”.
Non è una scelta semplice. Quali sono i requisiti fondamentali per lasciare il proprio Paese?
“Senza dubbio la conoscenza della lingua è importante insieme  alle competenze acquisite in un determinato ambito. La voglia e la determinazione di fare le valigie devono essere degli stimoli davvero forti”.
Chi non si scoraggia scappa.  Il 2012 ha fatto registrare il 30% in più di espatri rispetto al 2011. Una nuova e massiccia emigrazione, che vede protagonisti soprattutto trentenni, uomini, laureati. Come valuta quest’esodo di talenti?
“C’è un’emorragia di talenti perché i giovani non vengono valorizzati da un sistema gerontocratico come quello italiano. Un sistema immobile che teme un ricambio generazionale, che invece è necessario e vitale. La fuga dei talenti è in questo senso figlia di una legge naturale e segnala da un lato quanto siano forti le capacità che possediamo, dall'altro quanto il Paese perda in termini di capitale umano”.
I ragazzi italiani restano in casa di mamma ad oltranza e anche in Inghilterra cresce la percentuale dei “kippers”( kids in parents pockets eroding retiremen saving). Un fenomeno figlio della crisi oppure una scelta di comodo?
“In Italia il profondo legame con la propria famiglia di origine è un dato culturale, ma con la crisi è diventato anche una necessità. In Inghilterra, il fenomeno dei “kippers” è recente, ancora marginale e in larga misura dettato dalla recessione. La maggioranza dei giovani inglesi esce di casa a 16/18 anni per non rientravi mai più, come del resto tanti ragazzi italiani iscritti ad un ateneo fuori-sede. La tendenza a stare a casa dei genitori ben oltre la maggiore età è una peculiarità tutta italiana, che non ha eguali nel resto d’Europa”.
Insegna nella City a Londra, il cuore finanziario di una metropoli messo a dura prova dalla crisi. Come sono cambiate le prospettive negli ultimi dieci anni?
“Tutto è cambiato dal 2007 in poi. La crisi ha tuttavia avuto un impatto negativo soprattutto sulle figure “senior” più che sui profili “junior”, per cui le opportunità di lavoro non sono in realtà mai mancate. Tutte le business school sono infatti anticicliche: gli iscritti continuano a crescere. In questo senso la crisi ha creato maggiori competenze e competitività, ma ha portato anche importanti cambiamenti. Prima gli studenti erano “sponsorizzati” dall'industria finanziaria, ora si ricorre ai risparmi privati”.
Quale approccio consiglia ad un giovane che deve affrontare il mercato del lavoro?
“Prima di tutto, bisogna diventare imprenditori di se stessi cercando di sviluppare al massimo la propria professionalità sin dagli studi universitari. Questo implica scegliere un percorso di studi dai contenuti tecnico-scientifico che offrono di fatto prospettive lavorative maggiori rispetto a percorsi di tipo umanistico. Inoltre, la laurea va conseguita nei tempi giusti e con un ottimo profitto. E’ indispensabile un’ottima conoscenza della lingua inglese, unitamente alla disponibilità ad una mobilità geografica, almeno su tutto il territorio europeo. Il consiglio finale è quello di cercare di sfruttare le opportunità di scambio internazionali durante il percorso di studi”.
Lei viaggia molto. Che percezione hanno all’estero del nostro Paese? Qual è l’opinione degli stessi italiani a Londra?
“Le vicende politiche degli ultimi anni non mettono in grande luce l'Italia. Non è infatti mai in discussione la capacità degli italiani, ma la situazione politica e il sistema-Paese. Gli italiani che conosco e frequento a Londra guardano con tristezza alla loro terra d'origine, con l’amara sensazione che il Paese sia in mano ad incapaci”.
Eppure i mercati finora tengono. Cosa sta accadendo?
“E' un momento strano e difficile da decifrare, sembra che l’incertezza del Paese non giochi nessun ruolo in questo momento che definirei di “calma speculativa”. La situazione però  può cambiare da un momento all’altro, molto dipenderà  anche dall’evoluzione politica dei prossimi giorni. Non bisogna dimenticare poi che nell'ultimo anno l'Italia ha visto crescere la propria credibilità grazie ad una figura di prestigio che ci ha rappresentato a livello internazionale e ad un riassetto dei conti pubblici. I mercati tengono anche perché c'è stata una decisione a livello di Banca Centrale Europea di fare di tutto per preservare l’euro, come  ha sottolineato Mario Draghi nel suo discorso tenuto lo scorso luglio”.
Cosa le manca dell’Italia e cosa invece la fa tornare volentieri  nella terra di Sua Maestà?
“Sono italiano, mi sento italiano e amo il mio Paese, che per moltissimi aspetti – culturali e artistici in primis – non ha pari al mondo. Vivo a Londra che è una metropoli multietnica e stimolante, oltre ad una città cui sono molto legato. In Italia torno sempre volentieri, anche se spesso tocco con mano le contraddizioni di questo Paese. Il sistema universitario anglosassone mette più sotto pressione ed incentiva a fare bene il proprio lavoro. Non tutto è rose e fiori in Inghilterra, ma si valorizzano ricerca e didattica. In Italia invece, il sistema di monitoraggio e la valutazione dell’attività di ogni docente non esistono e se anche esistono non hanno nessuna implicazione sulla progressione di carriera, né sulla disponibilità di fondi di ricerca”.




«Commercianti vessati dai costi sui Pos» 

Il Decreto Crescita bis impone l’obbligo dei POS (Point of Sale)  dal 1° gennaio 2014 per ogni attività. Tutti gli operatori commerciali, gli imprenditori nel settore dei servizi e i professionisti dovranno essere in grado di accettare pagamenti con carte di debito. Ernesto Ghidinelli, responsabile del Settore credito e incentivi di Confcommercio, evidenzia l’assenza di un’ armonizzazione a livello europeo della normativa, soprattutto sul fronte delle commissioni, in un momento davvero delicato sul fronte del rapporto banca-impresa.
“Non si sono fatti abbastanza sforzi per creare l’euro di plastica, una moneta elettronica unica” sottolinea. Confcommercio ha già espresso nei mesi scorsi la propria contrarietà e condiviso le perplessità rispetto al nuovo provvedimento che impone anche a microimprese l’accettazione della moneta elettronica, con i costi annessi e connessi, nel tavolo di confronto aperto presso il Ministero dell’Economia. “Nei prossimi mesi il Ministero dello Sviluppo Economico dovrà entrare nel merito del provvedimento. L’Italia, che già ha una rete di Pos in linea con gli standard europei, diventerebbe il Paese più all’avanguardia del Vecchio Continente nell’accettazione di moneta elettronica”. La mossa non contribuirebbe ad incentivare l’uso della “moneta di plastica” al posto di quella sonante: “I dati evidenziano una crescita contenuta nell’uso di bancomat e carte in Italia, che si attesta, sulla base dei dati più recenti forniti dalla Banca d’Italia sul 6% annuo. Non  è un problema di infrastrutture e di rete, ma è un’abitudine ed un fattore culturale. Per incentivare l’uso di carte e bancomat, che garantiscono maggiore sicurezza ad imprese e clienti basterebbe ridurre le commissioni. Molti  commercianti diventerebbero così  tra i primi promotori della moneta elettronica”.
Come è il rapporto degli italiani con la moneta elettronica?
“Gli italiani utilizzano carta e bancomat per le spese in misura inferiore rispetto al resto d’Europa. La preferenza  per l’uso dei contanti è ancora molto forte”.
Non si usano le carte perché non siamo all’avanguardia nei sistemi di pagamento?
“In Italia abbiamo una buona infrastruttura dei POS, ma le transazioni sono inferiori ad altri Paesi europei, anche perché le commissioni sono troppo pesanti per tanti settori, in particolare quello alimentare, specialmente per i piccoli negozi.  Il numero di Pos – 1,5 milioni secondo i dati più recenti di Banca d’Italia – è in linea con quelli di Francia e Germania”.
L’obbligo del 1° gennaio 2014 porterebbe al raddoppio dei POS esistenti. Il ricorso a carte e bancomat crescerà?
“Con questo provvedimento avremmo 2 milioni di Pos aggiuntivi. Un numero enorme che ci farebbe subito schizzare sulla vetta europea dei pagamenti all’avanguardia. Non credo assolutamente che aggiungere Pos incentivi l’uso di bancomat e carte. I dati evidenziano una crescita annua dell’uso del bancomat, ad esempio, del 6%, con un utilizzo comunque al di sotto della media europea.  Per incentivare l’uso della moneta elettronica, che garantisce maggiore sicurezza sia all’imprenditore che agli utenti, basterebbe ridurre le commissioni. I commercianti sarebbero i primi a promuovere l’uso della carta se non fossero vessati dai costi che ogni “strisciata” richiede”.
All’estero i costi della commissione sono indicati nella ricevuta e nello scontrino. Un esempio da seguire?
“All’esercente in Italia è vietato caricare il consumatore del costo di commissione di ogni operazione effettuata con moneta elettronica, cosa che accade in altri Paesi europei, come Belgio, Svezia e Regno Unito. La direttiva Cee del 2007 sui servizi di pagamento afferma la possibilità di trasferire, o viceversa, di decurtare i costi della commissione all’acquirente. Ma la stessa direttiva concede agli Stati membri la deroga. Nata per armonizzare i pagamenti elettronici in tutta Europa, la normativa finisce così  invece col creare frammentazione. Sono stati profusi tantissimi sforzi per creare una moneta unica, ma non altrettanti  per l’euro di plastica. Le differenze tra uno stato membro e l’altro sono in molti casi davvero considerevoli”.
Quali sono le principali contraddizioni del sistema di pagamento elettronico?
“La commissione per l’incasso tramite moneta elettronica è calcolata sull’intero importo, comprensivo di Iva. Una sorta di tassa che il sistema bancario richiede su una tassa che viene già versata allo Stato. Eppure il sistema bancario accusa i commercianti e le piccole imprese di non volere accettare pagamenti elettronici per una questione di trasparenza, quando vi è una reale necessità di maggiore trasparenza nei criteri per l’applicazione delle commissioni”.
In che senso?
“Bisogna rendere il sistema più chiaro e rendere più conveniente ed accettabile l’importo richiesto ad ogni transazione. La commissione viene pagata dall’esercente e versata alla sua banca che la versa all’istituto di credito del titolare della carta. Che i rapporti interbancari non siano di immediata e chiara lettura lo ha ribadito del resto anche l’Authority, che ha già puntato il dito sull’interchange fee e sui meccanismi che la guidano”.
Quali sono le azioni intraprese a livello confederale?
“Confcommercio ha siglato convenzioni per contenere i costi e ha espresso le proprie  posizioni di forte criticità di fronte all’imposizione del nuovo onere in un tavolo di confronto aperto presso il Ministero dell’Economia. Urge un intervento sulle commissioni interbancarie per armonizzare il mercato e favorire un processo di innovazione sostenibile anche dalle imprese più piccole, in un contesto in cui la grande distribuzione organizzata spunta con grande potere contrattuale commissioni migliori”.
In un Paese che non brilla per innovazione batteremmo il resto d’Europa nell’accettazione di bancomat e carte. Una tassazione bancaria che si aggiunge alla moltiplicazione delle imposte degli ultimi anni, per non parlare del ventilato ulteriore aumento dell’Iva?
“Per molti versi sì. Avremmo la rete infrastrutturale, già in linea con gli standard europei, più evoluta del vecchio continente. I Pos installati raddoppierebbero e supereremmo quota 3 milioni, senza contare poi l’evoluzione che chi già possiede un Pos rappresentata dagli smartphone per i pagamenti in mobilità”.
 
 




Sblocco pagamenti della Pa, «procedure da semplificare»

«Il Decreto di sblocco dei pagamenti dei debiti della PA contiene troppi adempimenti burocratici ed eccessive incombenze a carico degli enti pubblici debitori, una situazione che rischia di riflettersi negativamente sulle imprese creditrici. Per non pregiudicare i risultati attesi dal provvedimento è quindi necessario prevedere una semplificazione procedurale. Per questo motivo riproponiamo l'ampliamento delle compensazioni tra crediti e debiti, anche correnti, delle imprese».
È questo il messaggio di Imprese & Territorio al nuovo Governo in risposta alle istanze del sistema imprenditoriale.
«La principale carenza del provvedimento – lamenta il presidente del Comitato Unitario Giuseppe Guerini – è rappresentata dalla mancanza di un’adeguata attenzione al tema dei debiti delle pubbliche amministrazioni derivanti dai Contratti di Servizi, classificabili tra i pagamenti relativi a voci di “parte corrente”, la cui incidenza sull’indebitamento netto è assolutamente attenuata». Secondo i principi di contabilità pubblica, infatti, il pagamento accresce l’indebitamento netto solo per i debiti riguardanti spese per investimenti, mentre, al contrario, i pagamenti relativi a voci di parte corrente non incidono sull’indebitamento netto, perché le relative spese di competenza sono già state contabilizzate negli anni precedenti. Nella disciplina che prevede l’allentamento del “Patto di Stabilità Interno”, l’intervento programmato è però circoscritto ai soli “debiti di parte capitale certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012, ovvero ai debiti di parte capitale per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine». «È quindi necessario estendere la tipologia dei debiti interessati – chiarisce Guerini – attraverso l’espresso richiamo dei debiti di parte corrente: sarebbe infatti una scelta ingiustificata ed un’occasione perduta se non si provvedesse all'aumento delle quantità economiche previste per i crediti commerciali per servizi e forniture».
«Inoltre – ammonisce il coordinatore di Imprese & Territorio Stefano Maroni – è necessario che vengano accolte le istanze, già espresse anche dal vice presidente della Commissione europea, Antonio Tajani, volte ad incrementare l’ammontare economico dell’intervento. Bisogna tener conto infatti che i 40 miliardi attualmente previsti sono destinati a coprire all’incirca solo la metà dell’indebitamento stimato dello Stato verso le imprese. Ribadisco la frase pronunciata dallo stesso vice Presidente Tajani: se è legittimo riscuotere i tributi, altrettanto doveroso, anche moralmente, è pagare i debiti alla scadenza evitando la chiusura di aziende sane».
«L’importante poi è che le nuove disposizioni, con riferimento anche al monitoraggio previsto dal Decreto, non determinino rallentamenti nei tempi di pagamento già previsti nei contratti in corso – conclude Giuseppe Guerini – e che venga assicurato il puntuale rispetto delle scadenze stabilite dalle nuove norme comunitarie per i contratti stipulati dal 1°gennaio 2013. Si tratta di requisiti imprescindibili dai quali soltanto può partire l’auspicato rilancio dell’economia e dell’occupazione provinciale e nazionale».




Ubi, Polotti presidente del Cdg Massiah resta consigliere delegato

Il Consiglio di Sorveglianza eletto dall’assemblea di sabato ha ridotto il numero dei componenti il Consiglio di Gestione per il triennio 2013/15, portandolo da 11 a 9 membri. Presidente, come nelle previsioni, è stato nominato il bresciano Franco Polotti, vicepresidente il bergamasco Giorgio Frigeri, una vita in banca Popolare.  Victor Massiah è stato riconfermato alla carica di Consigliere delegato. Nel CdG sono entrati anche Silvia Fidanza, Luciana Gattinoni, Italo Lucchini, Flavio Pizzini, Francesco Iorio (direttore generale di Ubi) ed Elvio Sonnino (vice direttore generale)
I compensi complessivamente riconosciuti per il triennio 2013/15 al Consiglio di Sorveglianza e al Consiglio di Gestione risultano del 18% inferiori a quelli determinati a suo tempo per il triennio 2010/12.
Il Consiglio di Sorveglianza ha poi ha completato la propria squadra nominando, oltre al vice presidente vicario Mario Cera, Armando Santus e Alberto Folonari vicepresidenti, nonché Alfredo Gusmini quale segretario. Ha poi proceduto alla nomina dei vari Comitati che risultano così composti:
Comitato nomine: Andrea Moltrasio (presidente), Mario Cera, Armando Santus,
Alberto Folonari, Mario Mazzoleni ed Enrico Minelli.
Comitato per la remunerazione: Mario Cera (Presidente), Marina Brogi,
Armando Santus, Alessandra Del Boca e Andrea Cesare Resti.
Comitato per il Controllo interno: Sergio Pivato (presidente), Gian Luigi Gola, Alfredo Gusmini, Carlo Garavaglia e Pierpaolo Camadini.
Comitato per il bilancio: Lorenzo Renato Guerini (presidente), Marina Brogi, Federico Manzoni, Dorino Mario Agliardi.
Comitato Parti correlate e soggetti collegati: Marco Giacinto Gallarati (presidente), Enrico Minelli e Antonella Bardoni.