Basilea III si adegua alle esigenze delle Pmi

Il 16 aprile, il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza la normativa che tradurrà Basilea III in diritto UE. Vi sono buone notizie per le imprese europee. I nuovi requisiti di capitale più restrettivi previsti da Basilea III non si applicheranno ai crediti erogati alle Piccole e Medie Imprese fino a un importo di 1.500.000 di euro. Quest'obiettivo verrà raggiunto grazie a un meccanismo correttivo che si applicherà a Basilea III.
Si tratta di un risultato molto importante per il miglioramento delle condizioni di accesso al credito alle Pmi. La maggiore stabilità finanziaria delle nostre banche, perseguita da Basilea III, non si tradurrà in restrizione del credito per le imprese più piccole, quelle più in difficoltà nel trovare risorse.
Il vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani ha commentato: «L'Europa ha bisogno di banche sempre più solide e affidabili, che possano garantire cittadini e imprese riguardo alla propria stabilità. Il primo fine di Basilea III è stato quindi raggiunto con il voto di stamani del Parlamento europeo. Ma è altrettanto essenziale che questo risultato sia stato realizzato senza inaridire il flusso di credito di cui le imprese hanno – ora più che mai – vitale esigenza. Il fattore correttivo introdotto nel testo consentirà, difatti, alle banche di fare bene il loro lavoro, ossia alimentare l'economia reale, ricostruendo quella sana collaborazione tra finanza e impresa indispensabile per competitività e nuovo lavoro. Sono convinto che oggi l'Europa abbia dato un segnale concreto, che risponde in parte all'appello di ieri del Governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi».




Giovani Imprenditori, le ricette per il rilancio del commercio

La scomparsa dei negozi e il venir meno dei servizi commerciali minimi non è rimasto un fenomeno circoscritto alle piccole realtà di montagna, ma ha “contagiato” la città, come dimostra il caso del Villaggio degli sposi. È partito da qui – e dai dati che inesorabilmente segnalano, anno dopo anno e ancor più per via della crisi, il calo delle insegne (665 attività tradizionali perse negli ultimi dieci anni in Bergamasca) – il confronto lanciato dai Giovani Imprenditori dell’Ascom nell’ambito di Unibergamo Rete, la serie di eventi con cui l’Università di Bergamo, fino al 4 maggio, si apre al territorio. “Il valore dei piccoli” era il titolo del convegno, organizzato nella sede di via dei Caniana. L’incontro ha voluto mettere a fuoco, in particolare, la sostenibilità del piccolo commercio, ossia come trovare un punto di equilibrio tra il valore sociale e culturale universalmente riconosciuto alle attività di vicinato con l’imprescindibile necessità di far quadrare i conti. Vi hanno preso parte Piera Molinelli prorettore all’Orientamento, Luca Bonicelli presidente del Gruppo Giovani Imprenditori Ascom, Roberto Marchesi consigliere del Gruppo, Oscar Fusini vicedirettore dell’Ascom, Roberto Ghidotti responsabile dei Distretti del Commercio per l’Associazione e Silvia Salvi ricercatrice junior dell’Osservatorio Cores, Gruppo di ricerca su consumi, reti e pratiche di economie sostenibili dell’Università.
L’incontro ha messo nero su bianco lo scenario, le problematiche – con un approfondimento da parte di Fusini  sull’insostenibilità dei canoni di affitto e la necessità di passare a nuovi criteri per la vendita e la locazione se si vuole che attività di servizio come macellerie, panifici, fruttivendoli e alimentari tornino ad aprire – e gli strumenti a disposizione, su tutti i distretti del commercio, illustrati di Ghidotti.
Ma è stata anche l’occasione per rilanciare il ruolo dei giovani imprenditori, visto che buona parte del futuro del commercio passa proprio da loro. Lo ha evidenziato senza trascurare l’autocritica Roberto Marchesi, 33 anni, consigliere del Gruppo Giovani che dopo una laurea in Scienze politiche con tesi proprio sul rilancio del commercio in ambito urbano e un’esperienza nella gestione delle fiere, ha scelto di portare avanti il panificio di famiglia, di cui ha recentemente aperto il quarto punto vendita, in piazza Pontida. «L’accessibilità e la qualità dell’ambiente – ha evidenziato – sono fattori fondamentali per fare in modo che gli operatori lavorino bene. Sono aspetti in carico alle amministrazioni, che dovrebbero essere garantiti come condizioni base per l’esercizio delle attività economiche e che invece restano il più spesso delle volte problemi irrisolti». Ma anche i negozianti sono chiamati a fare la propria parte, cominciando dalla collaborazione. «Ad esempio, non ha senso – prosegue Marchesi – che, nella stessa zona, ognuno applichi un orario diverso, che qualcuno tenga aperto la domenica e qualcun altro no: occorre finalmente capire che se non ci si mette insieme non si combina niente, che si deve per forza rinunciare ad un po’ della propria libertà imprenditoriale per ottenere qualche risultato». Non è certo un discorso nuovo e Marchesi, per quanto giovane, lo sa. «Ormai sono passati dieci anni da quando ho scritto la tesi ed il materiale su cui mi sono documentato risale a qualche anno prima – ricorda -. Concetti come integrazione e rete sono alla base di ogni progetto di rilancio del commercio urbano, ma le associazioni sanno quanto è dura riuscire a coinvolgere tutti, basti pensare alle difficoltà che ogni anno si incontrano semplicemente per allestire le luminarie natalizie!». La seconda stoccata alla categoria riguarda il tipo di proposta. «Il rischio è che il nostro più che commercio tradizionale – dice provocatoriamente – sia un commercio vecchio. Bisogna essere capaci di ascoltare il mercato, capire cosa chiede e rispondere con prodotti e servizi, consapevoli che ciò che andava bene anche solo cinque anni fa oggi potrebbe essere già superato».
Ma cosa chiedono oggi i consumatori? Secondo il quadro tracciato da Silvia Salvi del Cores sulla base di due indagini in Bergamasca, le famiglie, pur attribuendo importanza alla qualità e alla sicurezza dei prodotti, affermano che è il fattore prezzo a prevalere sulla decisione finale di acquisto. «Ma il piccolo negozio – fa notare il presidente dei giovani Bonicelli – è luogo di interscambio, di conoscenza, di aggregazione e di aiuto. Lo si dice spesso, ma forse ciò che manca è capire che tutti devono essere attori nella salvaguardia di questo valore, negozianti, amministrazioni e consumatori stessi. Noi commercianti innanzitutto non dobbiamo stare ad aspettare che le soluzioni arrivino da fuori, ma diventare protagonisti del nostro destino. Possiamo farlo innanzitutto mettendo la nostra professionalità al servizio del consumAttore, intendendo con questo termine un consumatore che conosce il peso delle proprie scelte. Aiutarlo a capire che non è un oggetto, che nelle botteghe ogni cliente non è un numero ma ha nome ed un cognome, può essere la chiave che apre molte opportunità imprenditoriali e innescare un meccanismo di consumo consapevole, più legato al territorio di appartenenza e alla possibilità di mantenerlo vivo e vitale». «Il commerciante – spiega – deve in qualche modo “educare” a questa visione il consumatore, ma anche capire ciò che vuole ed essere “mobile” per andare incontro alle sue esigenze e cercare nuove strade di fronte alla crisi». E alla fine ecco lo sprone: «Gli imprenditori – sintetizza – devono mettersi in gioco, gli amministratori uscire più spesso dagli uffici per capire di cosa c’è effettivamente bisogno, mentre i Distretti sono il collante tra il commercio, le amministrazioni e i cittadini, che vogliano impegnarsi per il rilancio di un territorio».




Ambulanti, «per trovare nuove idee incontriamoci su Facebook»

Ci sono le difficoltà, ma anche la consapevolezza che si possono e devono affrontare rimettendosi in gioco. Questo evidenziano gli ambulanti intervenuti all’Assemblea della Fiva. «Stiamo attraversando un cambiamento epocale – afferma il consigliere Diego Pesenti -, non dobbiamo però lasciarci contagiare dal pessimismo, ma cercare strategie per invertire la marcia. Il consumatore oggi è più attento, più critico e più preparato e noi siamo chiamati a rispondere in maniera chiara e trasparente con prodotti validi e prezzi buoni. In fondo è la prerogativa principale del commercio ambulante, ciò che ha permesso di scrivere la lunga storia dei mercati, si tratta di rispolverarla, di rimetterla al centro del nostro lavoro». Fondamentale è il confronto e lo scambio tra gli operatori («per risolvere i problemi e proporci come “officina di idee” per i nostri amministratori») ed è proprio per facilitare il dialogo che la Fiva provinciale è approdata su Facebook. «È uno strumento agile e molto diffuso – spiega Pesenti che cura il profilo Fiva Bergamo sul social network – e ci auguriamo che possa offrire un’occasione in più, oltre alla piazza, per raccogliere proposte, spunti, iniziative. L’invito è di entrare nel gruppo e coinvolgere i colleghi per trovare insieme nuove strade».
Sull’importanza di fare gruppo insiste anche Roger Nembrini, consigliere uscente, che ricorre a un detto efficace: «“Se vuoi arrivare primo corri da solo, se vuoi arrivare lontano corri in gruppo”, si usa dire. È un concetto da ribadire in un momento di crisi come quello che viviamo oggi, che spinge le persone ad isolarsi. Credo che uno dei compiti della Fiva di questi tempi sia andare al cuore e alla mente delle persone, l’associato ha bisogno di una figura rappresentativa».
Di situazione critica parla il vicepresidente Attilio Butti. «Pesa la difficile congiuntura – dice -, ma dobbiamo anche fare i conti con la disorganizzazione di molti mercati. Sappiamo che le amministrazioni hanno grossi problemi di fondi, ma qualcosa si potrebbe fare con accordi con la nostra cooperativa Comap, sull’esempio di quanto avviene a Calusco, dove si riescono anche a realizzare periodicamente anche iniziative di animazione, come a Santa Lucia o a Pasqua».
Convinto che la crisi aguzzi l’ingegno è il consigliere Oscar Bosio. «Non dobbiamo sederci ed aspettare ciò che verrà – rileva -, ma cercare nuove soluzioni, anche sfruttando le nuove tecnologie». Lui l’ha fatto, realizzando il sito www.jeansinpiazza.it, con l’obiettivo di catturare una fetta di clientela che solitamente non frequenta i mercati. «Vendiamo moda giovane – spiega -, ma i ragazzi sono per nove mesi a scuola e non hanno occasione di vedere i nostri banchi, così abbiamo creato la nostra vetrina on line, dove possono trovare i capi che offriamo e magari dire alle mamme cosa comprare loro. Le visite sono in aumento, è un sistema che funziona». Le possibilità sono anche altre, «specializzarsi, offrire servizi personalizzati – dice -, anche rivalutare la vecchia abitudine di andare a domicilio. Il commercio ambulante è più duttile e dinamico di un negozio e questo è senza dubbio un punto di forza».  




In gelateria la “merenda non si paga”. Coni omaggio per i bambini dal Co.Gel Ascom

Anche quest’anno i gelatieri bergamaschi fanno un omaggio ai più piccoli. Torna infatti “La merenda non si paga”, l’iniziativa del Co.gel, il Comitato dei gelatieri dell’Ascom di Bergamo, che prevede la distribuzione da parte di ciascun gelatiere aderente, nelle scuole e negli asili del proprio territorio, di coupon che offrono ai bambini un cono a scelta da ritirare in gelateria nel periodo dal 15 al 19 aprile. La manifestazione sarà accompagnata dalla consegna di gelato artigianale al reparto pediatrico del nuovo Ospedale Giovanni XXIII per i bambini ricoverati, che potranno così partecipare alla festa.
L’appuntamento è l’evento di apertura della campagna “Gelateria di Fiducia” che offre agli operatori una serie di opportunità per farsi conoscere e ai consumatori alcuni momenti golosi. Lo slogan scelto quest’anno è “Fai una pausa col gelato artigianale!” che ricorda come anche un semplice cono possa regalare un momento di sano piacere e di relax. Un altro momento dedicato al pubblico sarà la “Festa dei nonni” che si celebra il 2 ottobre e propone ai gelatieri accordarsi con una casa di riposo o un centro anziani della propria zona per una fornitura gratuita di gelato da distribuire agli ospiti.

ECCO CHI PARTECIPA:
Il Dolce Freddo (Albano Sant’Alessandro), Fiordipanna (Almenno San Bartolomeo), Bogni (Arcene), Artigel (Azzano San Paolo), Cherubino (Bergamo Alta), San Francesco (Bergamo), La Gabbia (Capriate San Gervasio), Alpino (Casirate d’Adda), Caffé del Ciocciolato (Chiuduno), Bosio (Clusone), Selz (Clusone), Brina (Cologno al Serio), Pezzotta (Costa di Mezzate), Blitz (Curno), Gelatissimo (Darfo Boario Terme), Oasi (Fara Gera d’Adda), Iceberg (Fontanella), Valcalepio (Gorlago), Gelateria Bar Centrale (Lovere), Pirata (Lurano), Melograno (Madone), Arizzi (Olmo al Brembo), La Fonte (Oltre il Colle), Gelateria Bar Commercio (Osio Sotto), Bonati (Paladina), Bonazzi (Ponte Nossa), Taverna del Caio (Ponteranica), Mento (Roncola), Arlecchina (San Paolo d’Argon), La Gelateria (San Pellegrino Terme), Mary’s (Selvino), Gelateria Bar Roma (Sovere), Centopercento Gusto (Stezzano), Rubis (Torre Boldone), Centopercento Gusto (Treviglio), Girasole (Treviglio), Gelatiamo (Treviolo), Dolci Voglie (Urgnano), L’Oasi (Villongo), Il Gioppino (Zanica).




Dal 2 maggio entra in circolazione la nuova banconota da 5 euro

La nuova banconota è stata presentata a gennaio dal presidente della Bce Mario Draghi in una cerimonia al museo archeologico di Francoforte. Le principali caratteristiche sono l’ologramma con ritratto di Europa, una nuova filigrana e il numero scritto in verde smeraldo che in certe condizioni cambia in blu

Dal prossimo 2 maggio entrerà in circolazione la nuova banconota da 5 euro. Tale taglio sarà il primo ad essere emesso della nuova "serie Europa", che riporta nell'ologramma e nella filigrana il ritratto di Europa, figura della mitologia greca. Gli altri tagli saranno introdotti in ordine ascendente per valore, nel corso dei prossimi anni. La nuova serie di banconote riporta comunque gli stessi disegni di quella attualmente in circolazione, ispirata al tema "epoche e stili" e gli stessi colori dominanti.
In base a quanto comunicato dalla Banca Centrale Europea, la nuova banconota da 5 euro è il risultato dei progressi tecnologici realizzati in questo ambito dopo l'introduzione della prima serie, oltre dieci anni fa.
Nel nuovo biglietto sono state integrate alcune caratteristiche di sicurezza avanzate. La filigrana e l'ologramma recano il ritratto di Europa, mentre la cifra brillante posta nell'angolo inferiore sinistro cambia colore passando dal verde smeraldo al blu scuro producendo l'effetto di una luce che si sposta in senso verticale. Sui margini destro e sinistro della banconota sono percepibili dei trattini in rilievo, che ne agevolano il riconoscimento, soprattutto per le persone con problemi visivi.
La vecchia serie di banconote da 5 euro circolerà insieme ai nuovi biglietti, ma sarà gradualmente ritirata dalla circolazione ed infine dichiarata fuori corso. La data in cui cesserà di avere corso legale verrà annunciata con largo anticipo.

ALCUNE CURIOSITÀ

· La durata di una banconota da 5 euro è di 13 mesi, pari alla vita di una coccinella
· Le banconote da 5 euro in circolazione hanno un peso pari a quello di due aerei A380 carichi (900 tonnellate)
· Le banconote da 5 euro prodotte nel 2012 disposte in successione arriverebbero quasi a coprire la distanza tra la terra e la luna
· Le banconote da 5 euro circolanti nel 2012 disposte in successione coprirebbero la circonferenza della terra per 4,6 volte
· Ogni cittadino dell’area dell’euro effettua in media da 300 a 400 operazioni in contanti l’anno




Resti: “Sono un provinciale, ma ho le idee per cambiare Ubi”

Professor Resti, cominciamo parlando di libri. Sintomaticamente, la sua lettura preferita è “Guerra e pace”…
“E’ vero, è un libro che ho spesso regalato ai miei collaboratori. Trovo che contenga molte risposte alle domande che le circostanze della vita ci pongono”.
Anche l’assemblea Ubi del prossimo 20 aprile potrebbe sottotitolarsi così. Guerra alla vigilia e pace, magari dal 21, fermo restando che lei propende più per la componente se non proprio pacifica, almeno più conciliante…
“Non mi sentirà mai parlar male o criticare le altre liste. Ci hanno dato dei “provinciali”, ma io vorrei abbracciare chi l’ha detto. Io sono e mi ritengo a tutti gli effetti un provinciale. Il provinciale è uno che si alza presto la mattina e comincia a lavorare. E’ una persona magari semplice, ma proprio per questo indisponibile a compromessi, una persona concreta. In questi termini un provinciale a capo di ogni azienda o di ogni banca sarebbe auspicabile”.
Una particolarità positiva delle altre due compagini in lizza?
“Gli attuali amministratori sono professionisti che meritano rispetto. Per quanto riguarda la lista “Ubi Banca – Ci Siamo”, va riconosciuto il merito di aver contribuito a smuovere le acque e a tenere desta l’attenzione sul futuro destino di Ubi”.
Forse le acque sono state smosse un po’ troppo…Non trova?
“Jannone ha promosso un’ iniziativa, su cui si pronunceranno le competenti autorità. Circa le procedure di validazione delle liste la Banca si è già espressa”.
Lei è un “volto nuovo”, il suo nome ha cominciato a circolare solo da poche settimane. Il capolista designato per questa terza lista era il rettore Paleari. Cosa è successo?
“Deve chiederlo a lui, non a me”.
Non pensa che lei e la lista che guida vi siate fatti conoscere un po’ poco?
“Abbiamo promosso diversi incontri territoriali, fatto interviste e un video che abbiamo postato su internet. Aggiungo anche che i costi delle sale convegno dove si sono tenuti gli incontri pubblici sono stati sostenuti ripartendo l’importo tra tutti i 18 candidati. Non abbiamo grandi elettori che pagano per noi”.
Perché solo 18? Non avevate altri 5 nomi per completare la compagine?
“Siamo 18 perché lo statuto ci consentiva di presentarci in 18, ma è necessario promuovere rapidamente una revisione che consenta di ridurre significativamente il numero delle poltrone. Ventitrè consiglieri di sorveglianza significano due milioni e passa per le indennità di carica… Da questa assemblea deve arrivare un messaggio forte per tutti, a cominciare da chi occupa determinate posizioni”.
Posso chiederle: “Chi glielo ha fatto fare?”
“Nessuno. Mi è stato prospettato di guidare una compagine di persone rispettabili e professionalmente valide e ho accettato di farlo, mettendo a disposizione competenze ed esperienze maturate sul campo, ma ad una condizione: che tra tre anni si possa ritornare a “casa”. Nel mio caso significa in Università, dai miei studenti e dai miei bambini. Sarà un’esperienza a termine”.
Che triennio sarà il prossimo per Ubi?
“Difficile, non solo per Ubi ma per tutto il sistema bancario italiano che rischierà di fare la parte del vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro”.
Può spiegare?
“Il quadro economico è critico. Dobbiamo convivere con gli effetti dello scoppio della bolla finanziaria di 5 anni fa che continua a condizionare i mercati e gli intermediari. In questi anni, gli impieghi sono cresciuti più della raccolta, cosa che è avvenuta anche per Ubi. Per il momento questa situazione è temperata dal sostegno della Bce che ha operato rifinanziamenti straordinari a tre anni, prestando denaro a tassi molto bassi. Una provvista che le banche hanno utilizzato per “tappare” gli scompensi del loro modello di intermediazione e non per sostenere l’economia reale. Questo è il metadone delle banche, che finirà tra un anno. Le banche vedono avvicinarsi un periodo di verifica che potrebbe rivelarsi potenzialmente drammatico”:
Altri aspetti critici?
“La proliferazione degli sportelli, una capillarità che sta soffrendo l’utilizzo crescente delle banche on line e poi il problema dei problemi: quello di un’economia reale che non cresce e non innova, che non dà sviluppo, ma accumula sofferenze. Anche in Ubi, vanno ristabiliti criteri di profittabilità e di merito che, in passato, sono stati applicati a corrente alternata”.
Ubi è una banca con un sistema di governance duale che altri istituti hanno abbandonato…
“E’ un modello che, se non nasce come espediente per moltiplicare le poltrone, può funzionare bene purché, appunto, sia declinato in modo corretto. Il Consiglio di gestione deve essere composto da manager che day by day sappiano mandare avanti la banca seguendo gli indirizzi del consiglio di sorveglianza. Ma attenzione, tra i due organi ci deve essere una separazione netta, non un ascensore che, ad ogni triennio, riporti al piano di sopra o a quello di sotto le stesse persone. A prescindere dalle persone che ne hanno fatto parte”.
Altra peculiarità di Ubi: è una banca federale…
“Anche questo è un elemento valido, se utilizzato correttamente. L’autonomia, però, deve essere vera e non di facciata e soprattutto non può valere per tutte le banche rete… Alcune possono godere di una maggiore autonomia rispetto ad altre. E’ un modello vitale che non può, ad esempio, rimanere inceppato da meccanismi interni, forniture e procedure che possono minare la produttività”.
Per quale motivo un socio dovrebbe votare la sua compagine?
“Per un motivo che non mi stanco di ripetere: l’indipendenza. Tutte le 18 persone che si sono candidate per “Ubi Banca popolare!” fanno un altro mestiere e possono tornare a farlo in qualsiasi momento. Questo non ci rende ricattabili, non abbiamo bisogno di grandi elettori e confidiamo molto nella capacità di giudizio delle singole persone. Non compriamo voti a pacchetti e non accendiamo mutui e debiti con nessuno. E poi vorrei sottolineare altri elementi dalla professionalità dei suoi componenti, alla presenza femminile e di gente che saprebbe operare già dal primo giorno con una conoscenza dei meccanismi bancari”.
La sua compagine ha messo un punto esclamativo accanto all’aggettivo popolare: quale il senso di questo segno di interpunzione?
“Più che altro, è un segno di fermezza sulla componente realmente popolare e cooperativistica di Ubi che intendiamo mantenere assolutamente. Andando a ritroso di qualche mese, invece, si intravedono aperture delle altre due liste alla trasformazione in spa: mi chiedo quali possano essere i reali interessi in gioco. Siamo l’unica lista che, nella presentazione delle candidature, non ha fatto ricorso al 5 per mille del capitale della banca. Proprio perché non vantiamo grossi capitali , siamo in grado di guardare al benessere di Ubi in un’ottica di lungo periodo. La cooperazione va difesa nei fatti, solo così si può convincere la gente della validità di questo modello. Non è una professione di fede vuota, non significa inchinarsi ad un dogma”.
Il suo dogma qual è?
“Si compone di tre parole; austerità, esempio e regole. Ubi ha chiesto, in questi anni, un forte sacrificio ai suoi clienti e ai suoi dipendenti, con una riduzione degli organici, effettuata talvolta anche in modo indiscriminato, che ha messo in crisi le filiali e la qualità del servizio erogato alla clientela. In una situazione come questa, dobbiamo fare ritorno al futuro”.
In che senso?
“Attingendo alle energie migliori delle vecchie banche locali e rimettendo al centro le persone. E’ uno slogan dozzinale e irritante, da campagna elettorale, se non si dice come si intende farlo. Si fa con l’esempio e il sacrificio personale e diretto del top management e degli organismi di governo della banca. Le persone devono tornare ad essere orgogliose di lavorare per Ubi. Con due milioni di euro risparmiati  non si fa il conto economico, ma se questi soldi vanno magari ad un intervento di welfare proprio per i dipendenti ecco che può cominciare a ricrearsi un circolo virtuoso. Il messaggio deve arrivare forte e chiaro anche all’ultimo sportellista della piccola filiale di confine “o si cresce tutti insieme oppure nessuno cresce più”. Si deve tornare a far parte tutti di un’unica, grande comunità aziendale senza più bresciani, bergamaschi o varesini…”.
A proposito, lei è un bresciano che ha lavorato a Bergamo. Nel caso dovesse vincere metterebbe un bergamasco a capo del Consiglio di gestione?
“Queste divisioni territoriali sono strumentali e messe in campo da chi vorrebbe derubricare la nostra lista e la proposta di cui siamo portatori come una sorta di folklore di un gruppo di bergamaschi che vorrebbe riscoprire, non si sa bene, quale orgoglio perduto. Il messaggio che viene da Bergamo e da Banca Popolare  è di grande attualità invocato dalle altre banche di rete che hanno altrettanti rimpianti di quelli che ho ascoltato nei miei incontri . Quanto al nome, sinceramente, non ci ho proprio pensato”




Confindustria Bergamo, Galizzi il presidente designato

Dalla Giunta esecutiva di Confindustria Bergamo è arrivato il nome designato alla carica di nuovo presidente di Confindustria Bergamo: si tratta di Ercole Galizzi, 48 anni, amministratore delegato della Argomm di Villongo e della Plastic Division di Sulbiate.
Le consultazioni dei saggi – Alberto Barcella, Andrea Moltrasio e Rita Melocchi – hanno portato alla scelta di un candidato che ha raccolto il consenso unanime della Giunta esecutiva.
Galizzi – attualmente vicepresidente di Confindustria Bergamo nonché presidente della Servizi Confindustria Bergamo e vicepresidente dell’Ente Fiera Promoberg – il 13 maggio, nella riunione della giunta, presenterà programma e squadra. L'elezione ufficiale avverrà nel corso dell'assemblea del 7 giugno.
Nato il 19 maggio del ‘64 a Tremezzo (Como), Galizzi ha frequentato le scuole professionali, come disegnatore meccanico e, contemporaneamente, corsi serali triennali per l’apprendimento e l’approfondimento dell’inglese e del tedesco.
A 17 anni entra in azienda con mansioni di operatore alle macchine e magazziniere.
All’epoca la Argomm – azienda che opera nel settore delle guarnizioni in gomma – fondata del padre, contava 12 dipendenti. Negli anni 1983/84, avviene l’evoluzione della realtà produttiva, in termini di acquisizione di nuovi mercati e di nuovi dipendenti. Ercole Galizzi segue gli aspetti tecnico/commerciali, viaggia in gran parte dell’Europa e acquisisce un nuovo spazio nel mercato spagnolo. Tra il ‘92 e il ‘93 si occupa dell’Assicurazione della qualità e la sua azienda consegue la certificazione nel 1993. Entra nel Consiglio di Amministrazione della società e presiede inizialmente la Direzione amministrativa, quella del personale, dell’organizzazione e del sistema informatico. Per rimanere aggiornato sui vari e complessi temi delle strategie dell’organizzazione, Galizzi frequenta parecchi corsi strutturati ad hoc.
Dal 2004 è responsabile del ramo industriale delle aziende di famiglia che conta 6 società per un totale di 430 dipendenti e un fatturato consolidato di 52 milioni di euro.




Cariche, l’Associazione Artigiani punta sui giovani

È ormai terminata la lunga maratona elettorale che darà all’Associazione Artigiani – Confartigianato Bergamo un nuovo direttivo chiamato a guidarla nel quadriennio 2013-2016.
Domenica mattina (21 aprile) alle 9.30, nell’Auditorium di via Torretta, l’assemblea dei soci si riunirà per la formale presa d’atto degli eletti. Successivamente il nuovo consiglio, nella sua prima seduta, sarà chiamato ad eleggere il presidente e il vicepresidente, assieme agli altri cinque membri che faranno parte della Giunta esecutiva.
Queste elezioni, cominciate lo scorso novembre e terminate a marzo, hanno portato una significativa ventata di novità in Via Torretta, sia per quanto riguarda il rinnovo delle assemblee di Polo sia per quanto riguarda il rinnovo delle otto Aree di Mestiere: un ricambio all’insegna di tanti nuovi ingressi, soprattutto da parte dei giovani imprenditori under 40, che ora rappresentano il 30% dell’intero consiglio rispetto all’11% del precedente. Su 28 consiglieri, inoltre, sono ben 13 i nuovi ingressi e anche la presenza femminile ha registrato un incremento, passando da 3 a 4 rappresentanti.
«Il quadriennio che ci lasciamo alle spalle – evidenzia il presidente uscente Angelo Carrara – ha portato buoni frutti per la nostra Organizzazione, che ha visto incrementare del 6% il numero dei suoi iscritti. Per questo motivo il direttivo che sta per insediarsi è passato da 26 a 28 consiglieri, essendosi allargata la base di rappresentanza. Senza entrare nel merito dello scenario socioeconomico, che è e rimane drammatico, aver raggiunto questo risultato ci dà speranza, perché è segno che si sta risvegliando uno spirito aggregativo tra le nostre imprese, le quali in un momento di difficoltà hanno voluto stringersi alla loro Organizzazione di rappresentanza».
Carrara saluta positivamente il forte ricambio portato dal nuovo direttivo, sottolineando come la voglia di mettersi in gioco da parte degli imprenditori associati potrà portare nuova linfa in termini di idee e di impegno per migliorare iniziative, progetti e servizi.
«Avere inserito nel consiglio 13 nuovi consiglieri, tra cui giovani e donne – aggiunge –, è un dato interessante perché è segno che l’Associazione Artigiani vuole essere sempre più aderente ai tempi e alle realtà che stiamo vivendo. Sono convinto che questo risultato sia figlio del lavoro messo in campo in questi quattro anni, che ci ha visti impegnati su più fronti, investendo risorse ed energie in servizi sempre più innovativi per rispondere ai nuovi fabbisogni degli imprenditori».
Il presidente uscente sottolinea inoltre come molti nuovi ingressi in Consiglio siano rappresentatati da artigiani che hanno partecipato alla SDArt (scuola per dirigenti artigiani), il percorso universitario ideato da Via Torretta con la SdM (School of Management) dell'Università di Bergamo, e cominciato nel 2006.
«Il fatto che circa una decina di consiglieri abbia partecipato a questo percorso – conclude – è un segnale tangibile di crescita della nuova dirigenza. La SDArt è stata una sfida vinta in tutti i sensi: abbiamo voluto puntare su una preparazione di livello accademico curata da docenti ed esperti, per accrescere le competenze manageriali degli artigiani e formare i “dirigenti del domani”. Oggi stiamo raccogliendo i frutti di quanto abbiamo seminato con tanta tenacia e questo non può che far bene all’Associazione come a tutto il mondo dell’artigianato».




In città aumentano i prezzi per trasporti e alimenti

Nel mese di marzo, l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), a Bergamo, registra un aumento dello 0,2% rispetto al mese precedente. Il tasso tendenziale (la variazione percentuale rispetto allo stesso mese dell’anno precedente), si attesta a +1,6%, in diminuzione rispetto all’ 1,8% registrato il mese scorso.
La variazione più marcata si registra nella divisione di spesa dei “Trasporti” dove aumentano benzina, voli nazionali e internazionali; in diminuzione gasolio, altri carburanti e trasporto ferroviario. Segue la divisione “Bevande alcoliche e tabacchi” a causa del rialzo dei vini. In salita “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” con aumenti di vegetali, carne e pesce; in calo la frutta. Medesima variazione per “Abitazione, acqua, energia elettrica, gas e altri combustibili” nella quale si sono registrati crescite di affitti privati, spese condominiali e idrocarburi liquidi; scendono le posizioni: gasolio per riscaldamento e altri combustibili solidi. Lieve rialzo per “Mobili, articoli e servizi per la casa” con aumenti di accessori vari; in controtendenza i piccoli utensili, la biancheria da tavola e quella da bagno. Segue “Ricreazione, spettacolo e cultura”, “Abbigliamento e calzature” e “Servizi sanitari e spese per la salute” con aumenti per quest’ultima di occhiali, lenti a contatto correttivi e dispositivi meccanici di contraccezione; in diminuzione i servizi dentistici. Forte diminuzione per le “Comunicazioni” dove scendono gli apparecchi e i servizi per la telefonia mobile; in aumento gli apparecchi per la telefonia fissa e telefax. Invariate le voci istruzione, servizi ricettivi e di ristorazione e altri beni e servizi.




“Il Paese ha le pile scariche: serve sostegno al potere d’acquisto”

«Per prima cosa serve un governo subito, un governo che non tocchi l’Iva e abbassi una pressione fiscale insopportabile: solo così si creeranno le condizioni per far ripartire i consumi». A dichiararlo è Luca Pozzoli, presidente di Univendita, al termine dell’assemblea annuale che ha visto oggi, a Caserta, l’approvazione del documento dell’esercizio 2012. Univendita è, per fatturato, la maggiore associazione italiana della vendita diretta a domicilio e ha chiuso il 2012 con un incremento del 5% nel giro di affari.
  «Il fatto che le aziende associate Univendita abbiano chiuso con il segno più l’ultimo anno non ci esime da una riflessione molto semplice –prosegue Pozzoli–: senza adeguate politiche a sostegno del potere d’acquisto anche chi, fino a oggi, è stato anticiclico rischia di invertire il segno del proprio business e piombare nella crisi che attanaglia da tempo il settore del commercio più tradizionale. Per questo serve un governo in tempi brevi: bisogna mettere in campo subito politiche per ricaricare le pile al Paese e contrastare una crisi che da economica è diventata anche sociale».
  Una denuncia, quella del presidente di Univendita, che arriva a pochi giorni dalla diffusione dell’indagine Istat che registra un calo del reddito disponibile per le famiglie del 2,1% nel 2012 e un’erosione del potere d’acquisto reale del 4,8%, decremento che non si registrava da quasi vent’anni. «Ci preoccupa anche il peggioramento progressivo della situazione, visto che nell’ultimo trimestre del 2012 la riduzione del potere d’acquisto è stata di quasi un punto percentuale rispetto al periodo precedente -conclude Pozzoli- e del 5,4% rispetto allo stesso periodo del 2011. È la prova che bisogna mettere in atto misure strutturali per invertire la tendenza: la crisi non scompare da sola e la politica, in questo momento, non può più permettersi di perdere tempo».
Il fatturato 2012 delle aziende associate Univendita è stato di 1 miliardo e 175 milioni di euro, come detto in crescita del 5,1% rispetto al 2011; in aumento anche il numero di addetti, che ha superato le 67mila unità, in crescita del 12,2% sul 2011 e dove si conferma preponderante la componente femminile, pari all’89%.