Carte di credito, primo tetto alle commissioni bancarie

Tempi duri per le commissioni bancarie sulle carte di credito, uno dei principali ostacoli alla diffusione dei pagamenti elettronici. Martedì il Parlamento europeo ha approvato con una maggioranza schiacciante dei massimali che si applicheranno sia agli acquisti domestici che a quelli all’estero.

Per quanto riguarda le carte di debito – i pagamenti col bancomat, cioè – il tetto alle commissioni che i negozianti pagano alle banche è fissato allo 0,2% della transazione. Quelle applicate ai pagamenti con carta di credito, invece, dovranno fermarsi allo 0,3%.

Nel 2013 erano circa 760 milioni le carte in circolazione nell’Unione europea: i pagamenti elettronici sono cresciuti fino a toccare i 100 miliardi di euro. Ma, lamentano le aziende, le commissioni costano loro circa 10 miliardi l’anno.

Secondo i promotori i nuovi regolamenti, che dovrebbero entrare in vigore ad ottobre, andranno a tutto beneficio dei consumatori, su cui spesso i negozi scaricano i costi delle commissioni.

Per i critici, però, non è detto che questo avvenga. E bisognerà anche vigilare sulle banche perché non compensino le entrate perdute aumentando il costo dei servizi ai risparmiatori.




Clusone, «anche i negozianti devono darsi una mossa»

l'assessore al Turismo e attività produttive di Clusone Lorenzo Balduzzi (a destra) con il sindaco Olini
l’assessore al Turismo e attività produttive di Clusone Lorenzo Balduzzi (a destra) con il sindaco Olini

«Non esistono commercianti di serie B e chi lavora fuori dal centro meriterebbe la stessa attenzione degli altri. Di impegno ne abbiamo messo tanto, ma la crisi ha portato alcuni assestamenti e spostamenti verso l’esterno del centro storico dovuti anche al caro affitti». Lorenzo Balduzzi, assessore al Turismo e attività produttive di Clusone (che andrà al voto per il rinnovo dell’Amministrazione quest’anno) è un fiume in piena. Dalle sue parole trapela un misto di emozioni. La soddisfazione per il lavoro svolto in questi anni, di certo, non manca. Eppure resta un filo di rammarico per non essere riuscito a trasformare il borgo storico in un centro commerciale all’aperto. L’iniziale ambizione di creare botteghe floride e frequentate, infatti, ha ben presto ceduto il passo a una realtà disgregata e un po’ individualista dove i servizi e le attività commerciali si stanno decentrando verso la periferia. «La congiuntura economica e le difficoltà di bilancio, che sono variabili di non poco conto, hanno condizionato gli investimenti a cui ho cercato di sopperire con il dialogo e la ricerca di condivisione. Ma il percorso non è stato facile e gli scontenti non mancano», spiega Balduzzi.

Assessore, è tempo di voltare pagina e rimboccarsi le maniche, quindi?

«Non si può soddisfare tutti e le idee sostenute dal sottoscritto e dalla mia amministrazione saranno andate in contrasto con tanti altri pensieri ma, come ricordo spesso, la società, le abitudini e i ritmi di vita sono cambiati e il cassetto non si riempirà più come nei tempi passati, solamente aprendo la porta. Bisogna darsi una scossa, sotterrare l’ascia di guerra, fare sacrifici maggiori e collaborare tutti uniti. Uno per tutti, tutti per Clusone. Fisco permettendo».

Clusone con altri dieci Comuni dell’altopiano fa parte del Distretto del commercio Alta Valle Seriana. Questo progetto non ha contribuito a dare un input al commercio e al turismo?

«Sì, attraverso questo strumento promosso da Regione Lombardia abbiamo messo in campo e sostenuto iniziative importanti. Abbiamo partecipato a più bandi e permesso investimenti con contributi fino al 50% destinati a determinate opere per circa 500.000 euro. Abbiamo condiviso promozioni e progetti sostenuti anche da Promoserio per cifre altrettanto significative. Inoltre è in pista un concorso a livello di Distretto legato all’utilizzo della web app che permetterà a chi accumulerà punti presso gli aderenti di partecipare a un concorso a premi in buoni spesa di più di 2.000 euro».

Ma i giovani partecipano alla vita clusonese o preferiscono andare a divertirsi altrove?

«I ragazzi ormai si rendono indipendenti precocemente. A loro interessano eventi di tipo musicale e ludico che portano valore aggiunto, soprattutto ai pubblici esercizi».

Che tipo di iniziative sono state organizzate per tener vivo il centro di Clusone?

«Sono partite molte iniziative coordinate dall’amministrazione, dalla Turismo Pro Clusone e inizialmente dall’associazione Wiva Clusone che si sono concretizzate nell’organizzazione di movide estive con aperture protratte fino a tardi».

Insomma, nonostante le esigue risorse economiche, Clusone fa di tutto per mantenersi giovane e vivace…

«Dal 2014 l’amministrazione ha stipulato una convenzione importante con la pro loco che, a sua volta, si avvale della collaborazione di Astra e della Consulta Comunale dei Giovani. Un progetto che ha reso la scorsa estate ricca di avvenimenti, nonostante il tempo sia stato inclemente, e che è proseguita con l’istallazione delle luminarie, senza richiesta di nessun contributo al singolo commerciante, e con la Winter Night nel periodo dell’Immacolata che ha riscosso un successo notevole. La collaborazione continuerà anche nel 2015: abbiamo già organizzato il Carnevale storico, la giornata dello sbarazzo il 21 febbraio e un evento coincidente con la festa della donna».

I negozianti aderiscono volentieri alle aperture domenicali?

«Il rilancio dell’apertura della seconda domenica del mese, purtroppo, a mio avviso non ha raccolto le adesioni e la costanza necessaria per avere un risultato che non si pretendeva immediato».

Il terzo martedì del mese è un momento importante per i commercianti clusonesi…

«Sì, perché abbiamo istituito una giornata di incontro e confronto con tutti i commercianti che vogliono partecipare».

E dal punto di vista turistico, Clusone è ancora una meta turistica appetibile?

«I clienti potenzialmente interessati alla nostra piazza commerciale oggi sono le famiglie con bambini e il turista della terza età. Clusone ha retto in maniera soddisfacente e la piazza è ancora appetita, alla faccia di chi non perde tempo per sparlarsi addosso, dimenticando che i primi sostenitori della nostra città dobbiamo essere noi».

 

 

 




Non se ne può più di questa festa delle donne

festa delle donneDi donne. Di donnette, di donnacole e di donnine: di zarine, di regine, di veneri in pelliccia. E di suffragette senza suffragio, di pasionarie senza passione. Di donne s’ha da parlare, ogni otto di marzo che Dio manda in terra. E di femminicidi, che non si capisce in cosa siano differenti dagli omicidi normali, e di peshmerga con calibri 50 in spalla, scambiate per cooperanti italiane, scambiate a loro volta per crocerossine internazionali.

Di donne e di equivoci, insomma. E di reiterate banalità: di mazzi di fiori in effige, che intasano il web, di auguri, di frasi, di citazioni, in cui ogni fesso cerca di essere meno fesso del fesso che l’ha preceduto, nell’augurale litania. Nel florilegio di bischerrime bischeraggini. E dei telegiornali, dei servizi imbalsamati, del caso che di casuale non ha nulla: di Teresina che fa l’astronauta, anche se viene da Poggibonsi e il papà era portalettere.

Degli oooh meravigliati della platea e degli sbadigli di quelli che non si commuovono nemmeno davanti ai geloni della Piccola Fiammiferaia.

Delle donne, dicevamo, con annessi e connessi: che sono, poi, quelli che ci marciano, quelli che ci mangiano e quelli che si rodono il fegato, perché non possono né marciarci né mangiarci.

Di me e delle donne, giacchè quando si scrive si scrive sempre di sé.

Di me, che mi esprimerei contro gli ottomarzi, in genere, con la giustificazione un po’ stantia del fatto che le donne vanno festeggiate, notte e dì, tutti i giorni dell’anno.

Di me, che vorrei semplicemente scrivere: che due maroni questa festa delle donne! Ma non posso, perché ne ho sposata una, mezza gogìsa e mezza prussiana, e perché ne interpreto un’altra, a mia volta. Quando carico la lavastoviglie o raccolgo le cacche delle mie gatte, celebro anch’io, mio malgrado, la festa delle donne: se essere donna è, come dicono quei furbacchioni genderiani, solo una condizione ambientale, allora anch’io sono una donna, per due o tre ore al giorno. Ma non ci trovo un bel niente da festeggiare: essere una donna, ve lo garantisco, è una gran rottura di balle, esattamente come essere un uomo. La vera differenza, semmai, è tra quelli, uomini e donne, che si fanno il mazzo, e quelli che campano beati sul mazzo degli altri: una questione di classe, più che di genere.

Ah, le donne: non possiamo vivere con loro e non possiamo vivere senza di loro. E’ scabroso le donne studiar…Così, le festeggiamo, proprio come si festeggiavano i misteri eleusini: festeggiamo un’entita miseriosa, di cui celebriamo il culto, senza averlo ben capito. Eppure, le donne, le donnette, le regine e le fattucchiere, non si sentono mica tanto complicate: molte di loro recitano gli stessi ruoli o quasi dei loro colleghi maschi. Fingono sentimenti che non provano e ne nascondono altri che l’orgoglio o il pudore impediscono loro di manifestare: amano i rivoluzionari puri e coraggiosi, ma sposano gli odontoiatri con studio avviatissimo. Giocano alla Lou Von Salomé fino ai trent’anni e poi portano all’altare l’avvocatello che veste Corneliani. Esattamente come gli uomini: umanamente. Gli uomini che si sposano un congruo numero di volte, facendo figli ed altri disastri, ma pretendono ancora di commuovere l’uditorio con la faccenda di Laura che non crede più, a quarant’anni buoni dall’ultima limonata con la predetta: e, alla fine, vincono pure Sanremo. Siamo così: dolcemente rimbambiti. Uomini e donne: piccoli, disperati, ipocriti, vanesi. Allora, dovremmo festeggiare, oltre alle donne, alle mamme, ai papà, ad Halloween e a Babbo Natale, la festa dell’imbroglione, quella del timido irrecuperabile, della menzognera fanciulla senza misericordia, della compagna di scuola che si concede a tutti tranne che a te. Insomma, il nostro calendario dovrebbe essere una festa perenne, senza soluzione di continuità: la festa della matematica e quella dei partigiani bulgari, la festa del rododendro e quella delle mucche da latte. E noi storici ci dovremmo arrabattare a trovare ricorrenze ed anniversari adatti alla bisogna o, alla peggio, inventarceli: proprio come quello della fabbrica bruciata con le operaie dentro un 8 marzo mai esistito, con un incendio mai esistito di un opificio mai esistito. Ma che volete che sia l’attendibilità storica? L’importante è festeggiare, mentre la barca affonda, con tutti i suoi danzerini che intonano il Valzer delle candele…Finchè non resterà più nessuno e, dopo tante feste, petardi, trombette, coriandoli e cotillons, sulla terra, desolata e deserta, calerà, finalmente, il balsamo del silenzio.




Albino, rivoluzione in centro. Arriva la “zona 30”

Albino Assessore Cristiano Coltura«Entro la fine dell’anno riqualificheremo il centro storico con una nuova zona 30». L’annuncio giunge dall’assessore ai Lavori pubblici e Commercio di Albino Cristiano Coltura che lunedì 9 marzo, insieme al sindaco Fabio Terzi, ha illustrato questo ambizioso progetto ai cittadini durante un’assemblea pubblica nella sala consiliare del Comune. Il restyling riguarderà le vie Mazzini, Vittorio Veneto e Sant’Anna e servirà non solo a rendere i pedoni più sicuri, ma anche a sanare situazioni di degrado che negli ultimi tempi hanno creato non pochi disagi nella zona: «Dobbiamo ridurre l’accattonaggio molesto, mettere fine alla presenza di escrementi di cani per le strade e combattere i fenomeni di sosta selvaggia che sono diventati sempre più frequenti lungo via Mazzini», spiega Coltura.

Assessore, c’è stata partecipazione dei residenti e dei commercianti all’assemblea?

«La sala consiliare ha accolto parecchi commercianti e residenti del centro storico, con una partecipazione di gran lunga superiore alle presenze che si riscontrano alle sedute dei consigli comunali. Il tema ovviamente era di particolare interesse per i cittadini e, soprattutto per coloro che risiedono o hanno un’attività nel centro storico. Dopo un breve intervento del sindaco Fabio Terzi e una mia introduzione sull’argomento, la parola è stata lasciata al pubblico che è stato da noi invitato ad esprimere opinioni, esigenze, aspettative, ma anche criticità in merito alla scelta che sta portando la nostra amministrazione ad attivare una zona 30 nel centro storico».

La precedente amministrazione aveva pedonalizzato questo tratto di strada. Voi invece avete fatto una scelta differente. Come mai questa decisione?

«Il progetto zona 30, che rappresenta uno dei punti principali del nostro programma amministrativo, si rende necessario per garantire maggiore sicurezza ai pedoni e regolamentare la sosta delle auto a seguito della riapertura al traffico di via Mazzini, avvenuta poco dopo il nostro insediamento. L’incontro ci ha fatto comprendere come molti cittadini ripongano su questo progetto le proprie speranze al fine di sistemare una volta per tutte le criticità presenti e passate: se da un lato la Ztl, istituita dalla precedente amministrazione, aveva ridotto il centro storico in un luogo triste e abbandonato, dove i pomeriggi d’inverno non invogliavano certo le persone a frequentare la via Mazzini, la poca regolamentazione della sosta avvenuta dopo la riapertura al traffico ha creato qualche malcontento. Come specificato dal sindaco, la riapertura della via Mazzini ha rappresentato il primo passo verso un cambiamento, consapevoli che l’attuale situazione comporta senza dubbio alcuni disagi, siamo oggi pronti a portare avanti un progetto risolutivo per il nostro centro storico e lo faremo con la collaborazione dei cittadini e dei commercianti, senza disattendere le aspettative di ognuno di loro».

C’è un buon clima di collaborazione, quindi…

«Gli interventi dei cittadini sono stati tutti propositivi e si è instaurato un clima di collaborazione che continuerà sicuramente anche in occasione di prossimi incontri. Ognuno ha portato le proprie testimonianze e opinioni, anche in relazione a questioni, particolarmente sentite, relative a esigenze di riqualificazione del centro storico che esulano dal progetto della zona 30».

Ovvero?

«Mi riferisco, in particolare, a situazioni di degrado denunciate da più persone, relative alla sempre più frequente presenza di escrementi di cani per le strade, alla necessità di ridurre fenomeni di accattonaggio molesto, all’opportunità di riqualificare la piazza San Giuliano o rifare il manto stradale di via Sant’Anna, oltre che combattere i fenomeni di sosta selvaggia che sono divenuti sempre più frequenti lungo via Mazzini».

Quali sono i tempi per la realizzazione della zona 30?

«Come amministrazione siamo pronti a proseguire nel progetto di zona 30 insieme ai nostri cittadini e ai nostri commercianti, in un processo condiviso. Il prossimo passo sarà la verifica delle esigenze di manovra dei titolari di accessi carrai in funzione della disposizione dei nuovi arredi urbani. Con l’aiuto della polizia locale valuteremo anche le possibilità di incrementare i posti auto esistenti per la sosta breve. Procederemo poi alla stesura del progetto vero e proprio, per cui stiamo anche valutando la possibilità di ricorrere a un concorso di idee che potrebbe portarci alla successiva realizzazione dell’intervento entro la fine dell’anno».

Per questo progetto state prendendo esempio da Bergamo?

«Ho apprezzato molto il progetto che il Comune di Bergamo vuole attuare per creare nel centro città percorsi pedonali sicuri, senza tuttavia porre particolari limitazioni al traffico. Siamo due amministrazioni di colore politico differente, ma con una ricetta comune per la riqualificazione del centro storico».




Slot machine, le buone regole per gli esercenti

vetrofania codice etico slot machineBastano anche piccoli accorgimenti per disincentivare o, se non altro, rendere meno travolgente il gioco d’azzardo. Le ha messe in fila il Tavolo Provinciale per la Prevenzione del Gioco d’Azzardo Patologico, in un Codice etico che viene proposto agli esercenti.

Il gestore che aderisce al codice, oltre a osservare in modo rigoroso la legge che vieta il gioco d’azzardo ai minorenni, si impegna a:

1.      non prestare denaro ai giocatori;

2.      adottare strategie per favorire il controllo del tempo (per es. apponendo orologi ben visibili se possibile orologi a timing sonoro);

3.      rendere effettivamente fruibili i giochi di intrattenimento alternativi, previsti dal comma 7art. 10 del TULP (per es. freccette, biliardino, tavoli da stecca);

4.      laddove possibile, a differenziare/isolare lo spazio slot machine dal resto del locale con elementi di separazione ambientale;

5.      sensibilizzare chi intende giocare con minori al seguito apponendo cartellonistica di divieto d’accesso ai minori agli spazi slot;

6.      disincentivare il consumo di alcolici nello spazio slot:

  • sensibilizzando i giocatori a non consumare alcolici durante il gioco,
  • somministrando alcolici esclusivamente al banco e al tavolo,
  • non somministrando/vendendo alcolici a chi sta giocando,
  • non predispondendo supporti per bicchieri in prossimità delle slot machine;

7.      non collocare le slot machine in aree fumatori;

8.      esporre in modo visibile le reali percentuali di vincita delle slot;

9.      esporre in modo visibile i materiali informativi messi a disposizione dall’ASL;

10.  collaborare a momenti di sensibilizzazione e prevenzione al Gioco Patologico;

11.  esporre in modo visibile il Codice Etico.

 




Slot machine, Ascom in prima fila contro il gioco patologico

corsi slot machine la presentazione
La presentazione dei corsi e del codice etico per i locali con slot machine nella sede dell’Ascom

Per i gestori di sale gioco e locali con slot machine partono i corsi di formazione. Aderendo alle recenti disposizioni – L.R. 21 Ottobre 2013, n.8  “Norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico” –  l’Ascom è tra i firmatari del protocollo di collaborazione con l’Asl di Bergamo per la programmazione di corsi formativi rivolti ai gestori di locali slot.

I dati ufficiali sul gioco d’azzardo in Italia confermano che si tratta di un fenomeno significativo, per cui la Lombardia detiene il primato con un fatturato annuo di circa il 18% del totale nazionale. La realtà e l’indotto del gioco d’azzardo sono considerate la terza industria italiana, anche se negli ultimi mesi si nota un’inversione di tendenza sia nel giocato che nel numero delle strutture dedicate. Sono circa 1.600 i giocatori patologici in cura nei Dipartimenti delle dipendenze delle ASL lombarde. Nel 2014 il numero di utenti in trattamento per il gioco d’azzardo patologico nei Sert bergamaschi sono stati 239 (nel 2005 erano 28), per lo più uomini di età compresa tra i 45 e i 49 anni.

La diffusione degli apparecchi nella nostra provincia è alta. Si contano oltre 2mila esercizi dotati di slot machine, il 10% (quindi 200) sono sale gioco, il rimanente pubblici esercizi. In totale i bar nella bergamasca sono 2.600.

I corsi sono finalizzati alla conoscenza e alla prevenzione dei rischi connessi al gioco d’azzardo patologico e alla conoscenza generale della normativa in materia di gioco d’azzardo lecito.

«Non si tratta solo di presentare un corso obbligatorio né di vietare il gioco – spiega il vicedirettore dell’Ascom Oscar Fusini – ma di far crescere il gioco sano e di fare informazione e sensibilizzazione sulla differenza tra gioco sano e gioco patologico. L’obiettivo è rendere più informati i gestori dei locali, permettere loro di riconoscere chi dei loro clienti ha un problema patologico con il gioco e di promuovere buone prassi per ridurre le problematicità del gioco d’azzardo. Accorgimenti semplici possono risultare molto efficaci – rileva – come non posizionare il ripiano per appoggiare il bicchiere accanto alle slot, in modo che il cliente per bere sia costretto a spostarsi dalla macchina, mettere bene in vista un orologio, e ancora evitare l’abbinamento alcol-macchinette che è molto rischioso. In questo modo il responsabile del locale ha anche un ruolo sociale. L’intento è di trovare un equilibrio tra l’attività commerciale e la tutela della salute».

«I corsi sono obbligatori per i titolari degli esercizi – ricorda Andrea Comotti, responsabile dell’area Sistemi gestionali dell’Ascom -. Hanno una durata di 4 ore e al termine della frequenza è previsto un test. I requisiti per frequentarli sono aver compiuto 18 anni e avere una buona conoscenza della lingua italiana. Il corso va effettuato entro il 3 novembre per i pubblici esercizi già in attività e entro tre mesi dall’apertura per i nuovi gestori. La frequenza de essere rinnovato biennalmente. Per chi non ottempera all’obbligo è prevista una sanzione dai 1.000 ai 5.000 euro».
Il costo è fissato entro un massimo di 100 euro. Per gli associati Ascom la quota è di 70 euro”.

In questo percorso di sensibilizzazione e di contrasto al gioco d’azzardo, l’Ascom si impegna inoltre a promuovere il Codice Etico di regolamentazione, redatto dal Tavolo Provinciale per la Prevenzione del Gioco d’Azzardo Patologico costituito da ASL Bergamo – Dipartimento Dipendenze, Ascom, Associazione Atena, Associazione Giocatori Anonimi, Assocciazione Libera, Associazione Provinciale Polizia Locale, Caritas Bergamo, Confcooperative – Federsolidarietà, Confesercenti, Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci, L’Eco di Bergamo, Prefettura, Questura, Sindacato – CGIL, Sindacato – CISL, Tavolo Enti Accreditati, Tavolo Terzo Settore.

Obiettivo del Codice Etico è quello di tutelare la salute dei giocatori e ridurre il rischio di sviluppare una dipendenza da gioco.

Per iscriversi ai corsi e per informazioni, è necessario contattare l’Ascom allo 035 4120111




Barman in fuga dall’Aibes. Il bergamasco Colombo: «Non ci sentivamo più rappresentati»

Fiorenzo ColomboDopo oltre trent’anni di appartenenza all’Aibes (Associazione Italiana Barman e Sostenitori) e due mandati come consigliere nazionale, il bergamasco Fiorenzo Colombo ha scelto di voltare pagina: abbandonare l’associazione per aprire un nuovo capitolo della sua ricerca professionale in una diversa dimensione.

La decisione non è stata facile, visto che al progetto vi ha dedicato una vita. Al riguardo il vulcanico Colombo – conosciuto e stimato barman con importanti collaborazioni in molti locali della Lombardia – spiega con molta chiarezza: «Non voglio accusare nessuno, ma quando 40 barman, dopo aver fatto la storia della nostra professione nei locali di tutta Italia, abbandonano tutti insieme vuol dire che all’interno dell’Associazione qualcosa non funzionava più e noi non ci sentivamo rappresentati della nostra recente dirigenza». «La mancanza di “democrazia” e la direzione verticistica – prosegue – ci aveva spinto a formare un comitato per cambiarne l’impostazione, ma dopo essere stati sospesi, e tra questi anche l’ex presidente mondiale e nazionale Umberto Caselli, abbiamo ritenuto giusto dimetterci in massa per fondare una nuova associazione».

Vista la lunga esperienza nel settore, Colombo avrà una parte attiva nello sviluppo del nuovo gruppo. «Dal 10 settembre dello scorso anno – ricorda – abbiamo costituito la nuova struttura denominata A.B.I. Professional, con sede operativa presso l’UNA Cusani Hotel di Milano, con l’intenzione di riportare la vera passione per la nostra professione, il “cuore antico”. Per questo vogliamo e chiediamo professionalità ai nostri associati che devono esser barman da almeno cinque anni, attestati dai contratti di lavoro». All’associaizone si affianca l’Accademia AB.

«Soci dell’Accademia – chiarisce Colombo – sono coloro che, con età compresa fra i 18 e i 28 anni, aderiscono all’associazione non avendo ancora maturato i cinque anni di lavoro professionale. Costoro dovranno frequentare i master professionali organizzati da ABI Professional e partecipare alle manifestazioni. I soci dell’Accademia non hanno diritto di voto». «Noi – conclude – ci crediamo e continueremo nelle nostra filosofia di voler offrire al cliente il miglior prodotto servito con la massima professionalità».

 

 

 




Agenti immobiliari, si fa chiarezza sull’affitto a riscatto

acquisto immobiliRent to buy o affitto con riscatto. È il nuovo tipo di contratto che sta prendendo piede nel mercato immobiliare, anche bergamasco.  Si tratta di una soluzione nella quale il proprietario consegna fin da subito l’immobile al futuro acquirente, che, pagando il canone, dopo un certo periodo di tempo può decidere se acquistare il bene, detraendo dal prezzo una parte dei canoni pagati.

Questo metodo di compravendita immobiliare è presente da molti anni in diversi paesi, come Stati Uniti, Australia, Regno Unito, Irlanda, Canada ed Spagna, nazioni in cui la formula è esplosa a seguito della crisi dei mutui sub-prime come soluzione ideale per il mercato immobiliare residenziale.

La nuova formula è stata introdotta in Italia dal “Decreto Sblocca Italia”, ma dopo sei mesi dal varo sono ancora molti i dubbi e le difficoltà applicative. Nonostante ciò, la nuova tipologia di contratto sta suscitando un certo interesse da parte dei costruttori, dei mediatori immobiliari e di tutti quegli acquirenti che si trovano in difficoltà ad attingere ad un mutuo.

Per questo motivo, Ascom e Fimaa Bergamo hanno deciso di approfondire il tema con un convegno che mette in evidenza gli aspetti fiscali e giuridici, i vantaggi e gli svantaggi della nuova formula d’acquisto.

L’appuntamento è per venerdì 13 marzo alle 9,30 nella sala Mosaico del Palazzo dei Contratti e delle Manifestazioni della Camera di Commercio di Bergamo (via F. Petrarca 10). I lavori del convegno sono aperti da Paolo Malvestiti, presidente Camera di Commercio di Bergamo, e da Luciano Patelli, presidente Fimaa Bergamo; mentre spetta al notaio Marco Tucci entrare nel merito degli aspetti legislativi, fiscali e giuridici del rent to buy. Modera l’incontro Oscar Caironi, vicepresidente Fimaa Bergamo.

Per iscriversi è necessario scaricare la scheda da www.ascombg.it




Bergamo perde un altro negozio storico. Chiude Fratelli Rossetti

Fratelli Rossetti - CopiaUn altro negozio storico e prestigioso abbandona via XX Settembre. E per la Bergamo del commercio è un altro duro colpo da incassare. Il 21 di marzo, dopo circa 30 anni di ininterrotta attività, chiude “Fratelli Rossetti”, noto brand di calzature, con negozi in Italia e all’estero, fondato nel 1953 dal genio visionario di Renzo Rossetti a Parabiago, vicino a Milano, e oggi nelle mani della seconda generazione, i fratelli Diego, Luca e Dario. Le quattro dipendenti del punto vendita hanno ricevuto la lettera di licenziamento e ora sono in corso trattative sindacali.

La decisione di chiudere pare sia dettata più da una precisa strategia aziendale che dalla crisi, che pure è stata avvertita. A conferma di ciò la scelta di cessare anche le attività dei punti vendita di Bari (2014) e di Firenze (2103) e di focalizzare contestualmente gli sforzi sui mercati esteri. A Bergamo, la Fratelli Rossetti ha già firmato l’accordo per affittare i locali, di proprietà. Il tempo di adeguare il tutto e subentrerà la catena Pandora, gioielleria già presente a Bergamo con un punto vendita anche a OrioCenter.




Bosio (Ascom): «Lo shopping si può incentivare con aperture coordinate»

Chi lavora ogni giorno nel borgo storico sa bene quanto sia grande la fatica quotidiana per risalire la china e riconquistare la fiducia della clientela. Anche una cittadina vivace e ricca come Clusone, d’altronde, ha subito una forte battuta d’arresto, sia sul fronte turistico che commerciale. Colpa del caro affitti che ha determinato uno spostamento delle attività dal centro alla periferia. Ma anche della minor disponibilità economica della gente che ha dovuto tagliare le spese superflue e ridurre in modo drastico la durata delle proprie vacanze. A confermare questo trend è Alessandro Bosio, presidente del Consiglio direttivo della Delegazione Ascom di Clusone che punta il dito contro la mancanza di coesione tra i negozianti: «Lo shopping si può incentivare aumentando le aperture domenicali e serali. Ma in seguito alla liberalizzazione degli orari, ogni commerciante fa da sé e questo crea confusione nella clientela. Bisogna lavorare insieme per ottimizzare il risultato finale».

C’è mancanza di collaborazione tra i commercianti, insomma?

«Nel loro piccolo i negozianti si stanno dando molto da fare, ma manca la coordinazione. In un centro commerciale c’è l’obbligo di agire tutti allo stesso modo. In un paese, invece, è più difficile. Ci sono molti bottegai “vecchio stampo” che non hanno una mente aperta alle novità. Poi ci sono quelli che hanno famiglia e quindi non aderiscono alle aperture festive per comodità».

E l’amministrazione comunale vi dà una mano?

«Il sindaco ha sempre avuto tra i suoi obiettivi la valorizzazione del commercio in centro. Il problema è che i progetti studiati a tale scopo non sono mai andati a buon fine, sia per la carenza di posti auto sia, come dicevo, per la mancanza di orari definiti sulle aperture e chiusure dei negozi».

Quali sono le principali difficoltà per un giovane che vuole aprire un’attività a Clusone?

«Ci sono per fortuna tanti giovani creativi che hanno voglia di mettersi in gioco e sono disponibili a lavorare con orari elastici. Alcuni però soccombono per colpa del caro affitti, problema che, invece, non tocca le vecchie generazioni perché hanno negozi di proprietà. Per non parlare dei costi di gestione e delle tasse che pesano tanto sui piccoli imprenditori».

Molti lamentano uno spostamento del commercio dal centro alla periferia…

«In effetti negli ultimi dieci anni il commercio si è spostato sul provinciale. In particolare nell’ultimo anno supermercati come Ld e Testmark hanno raddoppiato le loro volumetrie».

Colpa del caro affitti?

«Sì e questo non vale solo per i negozi ma anche per le case. Ho la percezione che il borgo storico sia stato abbandonato dai residenti. Ci sono tanti appartamenti vuoti, sia per i costi sia perché chi vive in centro non sa dove parcheggiare e ha bisogno di acquistare anche uno e due box. La riqualificazione di Clusone non si basa solo qualche notte bianca che poi finisce e torna tutto come prima. L’ex area del cinema Mirage all’ingresso del paese prevede la realizzazione di parcheggi interrati e lo spostamento di un market già presente sul territorio, ma non basta. Servirebbero dei nuovi silos».

E dal punto di vista della ricettività?

«Con la crisi, il turista ha accorciato i periodi di vacanza e oggi preferisce pernottare in un bed and breakfast, che ha costi più contenuti, piuttosto che in un grand hotel. Bisognerebbe puntare di più su questo nuovo tipo di accoglienza».