Tasse locali raddoppiate su negozi e uffici

E’ la Cgia di Mestre a chiarire il profilo della Local Tax. La possibile sostituzione di una serie di tasse comunali con la Local Tax porterebbe nelle casse dei Comuni – in unica soluzione – 26 miliardi di euro dal 2016. Impressionante la sequela di tasse locali calcolate dalla Cgia: tra Imu e Tasi (21,1 miliardi), l’addizionale comunale Irpef (4,1 miliardi), l’imposta sulla pubblicità (426 milioni), la tassa sull’occupazione degli spazi e aree pubbliche (218 milioni di euro), l’imposta di soggiorno (105 milioni) e l’imposta di scopo (14 milioni), il gettito totale si aggira sui 26 miliardi di euro, che i comuni dovrebbero incassare con la local tax. “L’eventuale semplificazione della tassazione comunale – segnala il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – renderebbe più facile pagare le tasse: una richiesta che i cittadini e le imprese invocano da tempo. Ma oltre a semplificare bisogna anche ridurne il peso, visto che a partire dal 2011, ultimo anno in cui gli italiani hanno pagato l’Ici, la tassazione su botteghe, piccoli negozi e uffici ha subito un’ impennata spaventosa, a causa dell’introduzione dell’Imu e, successivamente, della Tasi”. Su botteghe e negozi, spiega la Cgia, il gettito complessivo è più che raddoppiato: + 108 per cento. Se nel 2011 ammontava a 796 milioni di euro, nel 2014 ha toccato 1,65 miliardi di euro. Anche gli uffici: sempre tra il 2011 e il 2014, il gettito incassato dai Comuni è salito del 105 per cento; se 4 anni fa i Comuni avevano incassato 533 milioni di euro, nel 2014 hanno riscosso poco più di un miliardo di euro. I laboratori hanno visto aumentare il peso fiscale dell’81 per cento, pagando 414 milioni di euro. Sui capannoni, l’incremento del prelievo è stato del 66 per cento: a fronte di 3,3 miliardi di euro riscossi dai Sindaci nel 2011, tre anni dopo il gettito complessivo è salito a 5,5 miliardi di euro.

 




Trattoria Falconi, si degustano i migliori whisky

WhiskyEvento dedicato al whisky quello organizzato da Adid Bergamo il prossimo 26 marzo, dalle 21,30, alla Trattoria Falconi di Ponteranica, in via Valbona 81. La serata introdurrà gli ospiti nel mondo dello scotch whisky. Si degusteranno tre dei migliori Whisky e si parlerà di metodi di produzione, di stili, di storia, di significati, con le basi per la tecnica di assaggio.

Relatore della serata il presidente di whisky club Italia, Claudio Riva che porterà slide, foto e tanta esperienza dalla sua amata Scozia. Dopo la degustazione chi vuole può fermarsi a fumare un buon sigaro insieme. Costo della serata: gratis per i soci, 10 per i non soci.

Per info e prenotazione: adidbergamo@yahoo.it




Bergamo film meeting, c’è anche la cena con il regista

giacomo abruzzese registaIn occasione della 33a edizione di Bergamo Film Meeting, l’associazione culturale The Blank propone, anche quest’anno, l’appuntamento The Blank Kitchen, dedicato al cinema. Mercoledì 11 marzo, il regista italiano Giacomo Abbruzzese sarà ospite dello spazio @ Polaris in Piazza della Libertà a partire dalle ore 20.30, per una cena aperta al pubblico, in cui racconterà la sua esperienza cinematografica. La cena è un modo per avvicinare il pubblico e gli artisti attraverso l’elemento trasversale e unificante del cibo.

Giacomo Abbruzzese presenta nella sezione Visti da vicino della 33a edizione di Bergamo Film Meeting il documentario This Is the Way.

La cena è su prenotazione e riservata a un massimo di trenta persone.

Info: associazione@theblank.it | tel.: 035 19903477 | dal martedì al venerdì, dalle 9.00 alle 13.00




La patata di Martinengo “diventa” anche digitale

Patat di Martinengo e Viola del benessereE’ una piccola produzione di nicchia, di grande qualità e legata a un preciso territorio della provincia bergamasca, ma grazie alle potenzialità della rete è facilmente reperibile da tutti. La pregiata Patata di Martinengo infatti non conosce confini e sta raggiungendo ogni parte d’Italia. Le richieste arrivano tramite web, grazie al canale di e-commerce avviato dall’Azienda agricola Gatti di Martinengo.

“Poiché grazie al nostro sito Internet ci pervenivano molte richieste anche da fuori provincia spiega Franco Gatti, titolare dell’azienda con le cugine Maria Grazia e Gabriella – abbiamo deciso di sperimentare questa modalità di vendita, sfruttando le nuove tecnologie informatiche. I risultati non sono tardati ad arrivare. Abbiamo mandato le nostre patate praticamente in tutte le regioni, anche in Sicilia e Sardegna. C’è grande interesse per la Patata di Martinengo con il marchio DE.CO. (Denominazione Comunale)   ma anche per la Viola del benessere, che con il suo colore particolare suscita molta curiosità”.

Expo è ormai imminente e il mondo agricolo si sta attivando per farsi conoscere e presentarsi con tutte le sue eccellenze, anche di nicchia, ai numerosi visitatori che arriveranno nel nostro Paese.

La Patata di Martinengo, dopo essere stata dimentica per molto tempo, sta ora vivendo un momento di forte rilancio. Attualmente sono 5 le aziende che la coltivano con una produzione annua di circa 2.500 quintali.

Abbiamo iniziato alcuni anni fa riproporre questa varietà di patata strettamente legata alla realtà del comune dove risediamo – precisa Gatti – e subito abbiamo riscosso non solo il consenso dei consumatori ma anche del mondo dell’enogastronomia, che l’ha eletta da subito protagonista tra i fornelli, favorendone la conoscenza. L’avvio del canale e-commerce ha rappresentato un ulteriore tassello del progetto messo in campo dalla nostra azienda per ampliare il nostro panorama produttivo”.

Da recenti dati del Censis si evince che la spesa alimentare sulla Rete cresce in controtendenza alla crisi che ha provocato un drastico crollo nei consumi. Un trend in costante ascesa, anche in prospettiva, se si considera che quasi un terzo del totale di chi sceglie la Rete per comperare prodotti alimentari (2,4 milioni di persone) ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni.

La vendita tramite Internet non è ancora molto diffusa tra le imprese agricole – sottolinea Coldiretti Bergamo – ma è certamente un’opportunità interessante da esplorare, in quanto permette a chi vende di raggiungere nuovi mercati e a chi compra di gustare a casa le tante specialità dei vari territori italiani senza doversi spostare”.

Nonostante la vendita di alimentari sul web presenti ancora alcuni elementi di perplessità, come la preoccupazione per la sicurezza di effettuare pagamenti su Internet, fino alla conservabilità dei alimenti in vendita e ai timori di vedersi recapitare prodotti con caratteristiche diverse da quelli scelti (problema facilmente superabile con l’invio di campioni prova), le opportunità sono molto interessanti.

“Internet con tutte le sue applicazioni – conclude Coldiretti Bergamo – si sta rivelando utilissimo. A reinterpretare l’agricoltura tradizionale nell’era digitale sono soprattutto i giovani, che grazie alle loro conoscenze informatiche, ma anche alla diffusione di nuovi strumenti come smartphone e tablet, stanno dando vita a una filiera corta “telematica”. Con Expo alle porte ci auguriamo che grazie a questa nuova tendenza si possa creare un legame anche con i tanti visitatori che dopo essere stati all’Esposizione Universale torneranno nei proprio luoghi di residenza con la possibilità però di mantenere un filo diretto con il territorio che li ha ospitati. Proprio con questa finalità abbiamo creato il portale www.bergamoexpo.it che oltre alle Patate di Martinengo promuove altre prelibatezze della nostra agricoltura e l’ospitalità agrituristica”.

 

 

 

 




Dalmine / “Una crisi ogni 5 anni. Ma oggi non vedo prospettive”

tenaris (2)“È la quinta crisi che vivo dentro la Dalmine, in pratica una ogni cinque anni”. Mario Oberti è la memoria storica della Tenaris, e della Fim Cisl, della fabbrica per antonomasia in provincia di Bergamo. La Dalmine vivrà, domani, l’ennesimo sciopero, con presidio delle portinerie al quale Mario ha aderito.

Sarà uno sciopero di tutta la giornata, di tutti i reparti, che coinvolgerà tutti i 1800 dipendenti attuali, perché su tutti pende la spada degli esuberi (406 quelli dichiarati dalla Tenaris).

È una crisi arrivata inaspettata, questa. “Dal 1980, quando in fabbrica eravamo più di 8000 persone, e l’indotto ne faceva girare almeno altre 3000, la Dalmine ha vissuto crisi per il cambiamenti del sistema delle Partecipazioni Statali; altre per le evoluzioni del sistema produttivo…ma ogni volta si vedevano prospettive che lasciavano presagire una ripresa, e che permettevano anche al sindacato di gestire e fare accordi anche sugli esuberi. Oggi – dice Oberti – ci viene prospettata la crisi, ci dicono che avanzano più di 400 di noi e non ci spiegano come intendono uscirne. Rispetto al 2004 o al 2009, manca un piano industriale, una prospettiva…allora i momenti di difficoltà si risolvevano anche con cospicui investimenti, oggi non si vedono prospettive”.

“Dell’azienda leggiamo solo i grandi proclami fatti sui giornali, non c’è strategia per uscire dalla crisi. Sembra che aspettino solo che finisca la crisi, vogliono snellire e diminuire il costo del lavoro per ripartire leggeri quando ripartirà il mercato. Non capiscono che se fanno a meno delle persone, la crisi passerà, ma qui verranno a mancare lavoratori e professionalità. Non dobbiamo perdere un altro giro per la formazione di nuovo personale. Per questo chiediamo che si attuino i contratti di solidarietà: proprio nell’ottica di salvaguardare professionalità e competenze. I Rocca dicono che ripartiremo più forti, ma con quante persone? Continuiamo a perdere occupazione, e non è ancora chiaro il ruolo che avrà Dalmine nel gruppo, visto che è in programma la costruzione di un impianto in USA. Oggi Dalmine è il cuore del gruppo. Se oggi salta Dalmine – si chiede Oberti – cosa accadrà anche agli altri stabilimenti?”

I 35 anni trascorsi nello stabilimento sono anche “un’epoca” per la valutazione dell’impatto delle strategie sindacali.

“Dall’80 a oggi è cambiato il mondo. Quando sono entrato in fabbrica si respiravano ancora i risultati della grande politica sindacale degli anni 70, della grande sindacalizzazione della fabbrica. Poi si è perso il collante. Quando sono entrato in fabbrica – ricorda Oberti – ero iscritto alla Flm, c’era grande compattezza. Con la scissione, mi sono iscritto alla Fim. Fino agli anni 90 la divisione non ha inciso molto, dopo ha iniziato a pesare anche sulla credibilità del sindacato stesso all’interno dello stabilimento, quasi che la competizione tra noi fosse la spinta principale della nostra azione, e ci fossimo allontanati dalle esigenze dei lavoratori. La gente ha iniziato a fare fatica a seguirci, e l’azienda ne ha approfittato, diventando il primo referente dei giovani che entrano in fabbrica. Prima questo lavoro lo facevamo noi. Poi, la gente negli anni 90 ha iniziato a seguire meno il sindacato, guidato da un nuovo egoismo e da scarsa solidarietà.”

“Questa crisi, se si può dire, di buono ha portato nuova attenzione nei confronti del sindacato: la gente ricomincia a seguirci. L’adesione dei lavoratori alle assemblee e alle richieste che facciamo è buona, anche perché il futuro non è roseo né per gli operai, né per gli impiegati. Così – conclude Oberti – , abbiamo visto che tanti iniziano a capire che bisogna “marciare compatti”.”

Allo sciopero di martedì parteciperanno anche le delegazioni degli altri stabilimenti italiani del gruppo (Costa Volpino, Arcore, Piombino), segno di una certa preoccupazione nei lavoratori. “Dalmine è il fiore all’occhiello del gruppo, pertanto ci aspettiamo che da qui si disegnino anche le prospettive del futuro di un’azienda importante”, dichiara Fantini.

 

 

 




Lovere e i negozi chiusi. Il sindaco: “Affitti alti”

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“Siamo capitati negli anni del colera. Non è colpa dell’Amministrazione se i negozi chiudono”. Il sindaco di Lovere Giovanni Guizzetti non sa spiegarsi, se non così, la crisi di Piazza del Porto e del Lungolago che ha perso nei giorni scorsi due insegne primarie dello shopping cittadino.

“Abbiamo lavorato molto negli ultimi anni per rendere Lovere sempre più attrattiva e turistica e i dati ci hanno dato ragione: gli ingressi allo Iat da 9mila nel 2009 sono saliti a 26mila. Le strutture ricettive cittadine, e forse sono state le uniche a farlo in provincia, hanno registrato un lieve aumento di presenze e siamo nell’anno nero della crisi”.

“L’Amministrazione è cosciente delle difficoltà del commercio – afferma Guizzetti – Negli ultimi anni stiamo sviluppando una politica di aiuto per i negozianti e gli artigiani. Abbiamo presenziato alle tavole di concertazione della Regione e partecipato e vinto i Bandi dei Distretti che hanno premiato Lovere e portato sul nostro territorio più di 350mila euro. Inoltre, pochi giorni fa ci siamo classificati primi al Bando dell’Attrattività e arriveranno per il progetto altri 360mila euro che verranno gestiti per promuovere sia il territorio, sia le attività economiche”.

L’Amministrazione loverese è certa di non aver da recriminare sul proprio operato: “Siamo l’unico paese ad aver indetto un bando per finanziare nuove aperture in Centro Storico e nel 2009, grazie a un finanziamento a fondo perduto complessivo di 10mila euro, sono nate cinque insegne – dice il primo cittadino loverese -. Non solo, abbiamo dato, sempre a fondo perduto, un contributo fino a 500 euro alle attività esistenti, erogando 15mila euro. Ed è già pronto un bando di 400 euro a negozio per le attività che, anche in vista di Expo, vogliono caratterizzare la propria attività con insegne tipiche”.
Lo sforzo per aiutare le attività economiche non è stato solo economico: sempre per aiutare i commercianti due anni fa l’Amministrazione ha fatto un nuovo regolamento sui dehors dando la possibilità di allestire d’inverno strutture esterne per accogliere i clienti anche nei mesi freddi e a breve – annuncia il sindaco – “si metterà mano alla gradinata di via Cavallotti per rendere il punto di accesso dalla Piazza al Centro Storico più accogliente e fruibile”.

Rimane il fatto che il commercio sta soffrendo e che sulla Piazza incombe il rischio fuggi fuggi. Secondo Guizzetti un problema grosso sono gli affitti molto alti: “Sarebbe auspicabile che i proprietari rivedessero i prezzi così da ricollocare i negozi. A mio giudizio non rimarranno chiusi tanto a lungo”.

“Ieri sera abbiamo incontrato l’Amministrazione – dice Enrico Luna, presidente dell’Asarco, l’associazione commercianti cittadina -. Il dialogo è sempre stato aperto, a livello di Amministrazione non possiamo lamentarci. L’anno scorso non è stata applicata la Tarsu e anche questo è stato un grande aiuto”. “Il problema – ammette Luna – riguarda il commercio. I turisti ci sono ma non comprano. E basta una domenica di pioggia per compromettere gli incassi di tutta la settimana. Dobbiamo fare i conti con le famiglie locali ma manca la quotidianità. Siamo ancora lontani dall’essere una località dove i negozi possono permettersi di aprire solo dal giovedì alla domenica”. “Dovremmo fare più gruppo  – lamenta Luna – e invece le adesioni alla associazione sono bassissime. Il 18 marzo ci sarà il rinnovo del nostro consiglio e spero che ci siano nuovi entusiasmi e nuove idee”.

 

 

 




Disoccupato e sessantenne? C’è una banca che ti cerca

disoccupato02Perdere il lavoro a dieci anni dalla pensione ha il sapore di una sentenza definitiva. E’ una storia dura, triste, che abbiamo sentito ormai troppe volte. Ingiusta, quanto molte storie personali di disoccupazione, comune all’Italia e al sud d’Europa. In Inghilterra soltanto ci sono circa un milione di persone tra i 50 e i 65 anni che sono state lasciate a casa o forzate ad accettare il prepensionamento negli ultimi tempi.

La banca Barclays e la catena di megastore del bricolage B&Q hanno aperto le loro porte a questo gruppo, lanciando un programma di assunzioni riservate esclusivamente a questa fascia di età. In entrambi i casi di tratta di un programma di apprendistato della durata di un anno, speculare a quello, molto comune per le grandi aziende inglesi, per giovani tra i 18 ai 24 anni senza qualificazioni.

B&Q non ha ancora spiegato che cosa accadrà ai neo assunti. A Barclays hanno già le idee chiare: chi verrà scelto, farà la gavetta. Questo programma infatti non garantisce un posto alla sede scintillante dell’head office di Londra, ma nelle retrovie, ovvero le piccole filiali sparse in tutto il paese. Le premesse sono però promettenti: oltre ad un’assunzione a tempo indeterminato e un training esteso, per chi si impegna e dimostra di avere le giuste qualità, unite al desiderio di apprendere, le possibilità di crescere e progredire sono infinite.

Conosciamo bene la storia di chi inizia a lavorare in una filiale come fattorino, e finisce la carriera a dirigere la banca. Nella mia vita ho incontrato una sola persona a cui è andata così. Se fosse ancora vivo avrebbe 105 anni. Per chi è nato dagli anni ‘70 in avanti, è difficile credere alla favola del self made man, quando invece le storie di raccomandazioni e di strade spianate – per pochi fortunati – sono davanti ai nostri occhi quotidianamente.

Il commento dei giornali a questa iniziativa non si è fatto attendere. Hanno infatti puntato il dito contro Barclays, che da alcuni anni a questa parte gode di scarsa fiducia, accusando l’istituto di puntare su questa operazione per edulcorare la propria immagine. I vertici della banca hanno subito smentito, spiegando che la decisione di lanciare questo programma è dettata da motivi strettamente commerciali. Sostengono che gli ultracinquantenni siano una grande risorsa e abbiano qualità, come pazienza e la possibilità di ispirare fiducia, quasi impossibili da trovare in un giovane di 20 anni. Una persona di mezza età ha probabilmente un mutuo, o quantomeno è molto probabile che sappia che cosa significhi fronteggiarne la rata ogni mese. Le chance che un impiegato con qualche capello grigio abbia dimestichezza con l’economia domestica e le spese di una famiglia aiutano a renderlo più empatico nelle relazioni con i clienti della banca. La fiducia è una parola molto importante quando di parla di risparmi e denaro.

Questo schema, lanciato a febbraio, inizierà a pieno ritmo dopo l’estate del 2015. Il messaggio è chiaro: passati i cinquanta, la maggioranza della forza lavoro può non essere all’avanguardia nell’informatica, ma ha accumulato decenni di esperienza, essenziali per garantire il successo nelle relazioni con i clienti e nella risoluzione dei problemi. Velocità e tecnologie sono aspetti fondamentali del progresso, ma l’esperienza resta fondamentale.

 




Arriva l’Expo, non facciamo i soliti bergamaschi

expoorizzhhhhh.jpgOra tocca a voi, cari bergamaschi. Voi così eternamente scettici, voi così pragmatici da non voler mai credere in nulla finché non si tocca con mano, voi così diffidenti nei confronti di tutto ciò che viene dal di fuori delle Mura. Expo Milano è lì, anzi qui, che vi aspetta. Non l’avete ancora capito che è un’occasione imperdibile per saltare su un Frecciarossa lanciato a velocità folle? Stanno arrivando milioni di persone (chi dice 10, chi dice 20, di sicuro non saran quattro gatti) da tutto il mondo. La loro meta è a poche decine di chilometri dal vostro giardino. Avete mai provato a chiedervi se non c’è l’opportunità di provare ad invitarne qualcuno a casa vostra? Ancora pochi mesi fa, è toccato a chi scrive essere testimone di un dialogo fra alcuni patron di ristoranti stellati della nostra provincia. Del tutto incuranti, quando non ignari, che il tema dell’Esposizione universale che aprirà i battenti il 1° maggio è proprio l’alimentazione, coprivano con sbuffi e risolini di compatimento chi invano cercava di far comprendere la portata della manifestazione che sta per andare in scena. “Ma che sarà mai? Sarà una replica del raduno degli alpini del 2010?”, questo il tenore delle domande. Sempre così, voi bergamaschi. Sta scritto nel Dna (e stavolta non ci son di mezzo omicidi). Finirà che capirete alla quarta portata che quello che vi è passato sotto il naso era un pranzo di gala. E dire che, tacendo di tutto il resto, avrete a disposizione due calamite straordinarie per catturare ospiti. Nel giro di poco più di un mese si alzerà il velo su due eventi eccezionali: il 13 marzo debutta, negli spazi della Galleria d’arte moderna e contemporanea la grande mostra dedicata alle opere di Palma il Vecchio; il 23 aprile, giusto lì di fronte, dopo 8 anni di attesa, riapre l’Accademia Carrara, scrigno ripieno di inestimabili tesori. Se solo proviamo a ricordare il successo che coronò le mostre dedicate al Lotto o al Caravaggio in anni non troppo lontani, si può ben comprendere come sia fondamentale “sfruttare” le due occasioni per richiamare a Bergamo anche solo un rivolo (ma che rivolo!) del fiume di visitatori di Expo. Naturalmente, nulla succede per caso. Chi ha lavorato e sta lavorando sulla mostra di Palma il Vecchio e sulla riapertura della Carrara ha messo in campo iniziative di promozione e comunicazione. Ma adesso tocca un po’ anche a voi, cari bergamaschi, darvi da fare. Come? Su tutti i fronti, nessuno escluso. Nell’era della rete, bisogna scatenare la guerra termonucleare su Facebook e Twitter, mettere in circolo quante più informazioni possibili, agganciare mondi lontani, rinfrescare le idee agli amici sparsi nei continenti. Fare, insomma, una sana e consapevole operazione di lobbyng per il territorio. Diventando protagonisti e non lasciando solo agli enti pubblici, che non hanno molte risorse e spesso sono ingessati da pigrizie burocratiche e mentali, il compito di far conoscere quanto di buono e di bello offre il territorio. E poi, diciamocelo senza che nessuno s’offenda, cercate di imparare ad essere accoglienti, a mostrare un caldo e solare sorriso a chi viene da voi, a parlare una lingua (soprattutto l’inglese) che permetta di tradurre, oltre che mangiare, la polenta taragna. Non si tratta di cambiare i connotati, né di immolarsi sull’altare di una globalizzazione che non distingue più le singole peculiarità. E’ molto più semplice. Dovete far fruttare il tesoro su cui siete seduti senza che ve rendiate ben conto. Ricordate la parabola evangelica. La riconoscenza va a chi cerca di mettere a profitto i talenti, non a chi li tiene gelosamente per sé.




Origo (Unibg): «Il posto fisso non fa la felicità dei lavoratori»

giovani-disoccupati - CopiaFederica Origo, professore associato di Economia Politica dell’Università di Bergamo, è un’economista del lavoro esperta di sistemi salariali e relazioni industriali, contratti temporanei e benessere dei lavoratori. In uno dei suoi studi ha sfatato il mito del “posto fisso a tutti i costi”, evidenziando come la tipologia contrattuale abbia senza dubbio una certa importanza per il lavoratore, ma non sia da sola determinante per la sua soddisfazione: «In un clima di incertezza anche i lavoratori in posti  ritenuti fino a ieri sicuri possono essere insoddisfatti della propria occupazione – spiega la professoressa -. Eppure si continua a parlare sempre e solo di contratti. L’assunzione a tempo indeterminato resta un obiettivo per ogni lavoratore, ma non basta per la realizzazione personale e il suo benessere. Alla fine, più del contratto, conta come il lavoratore vive il proprio ruolo in azienda. E non deve sorprendere vedere lavoratori a tempo motivati ed entusiasti quanto chi ha davanti a sé la prospettiva di uno stipendio assicurato». Tra luci ed ombre, Federica Origo commenta la nuova riforma del lavoro, dando la sua visione del Jobs Act e della Legge di Stabilità che per la prima volta rende il contratto a tempo indeterminato competitivo. Ma lancia anche un dubbio: «Il Jobs Act non è forse in contrasto con il Decreto Poletti che rende più facile instaurare rapporti a tempo determinato fino a tre anni? Non si corre il rischio di un aumento della precarietà del lavoro?».

Crede che il Jobs Act possa rilanciare il mercato del lavoro italiano?

È difficile ora capire gli effetti che la riforma potrà avere. Se assumiamo che l’economia cresca nei prossimi anni, l’aumento della flessibilità in uscita stabilita dal Jobs Act potrebbe avere effetti positivi anche sulla flessibilità in entrata. La sensazione è che l’economia in questa fase, seppur debolmente e con le dovute cautele, stia riprendendo a crescere, ma credo sia difficile aspettarsi un cambiamento a breve nelle assunzioni. La crescita dell’occupazione arriva dopo la ripresa dell’economia. Senza dubbio la riforma mette in un certo senso le aziende con le spalle al muro, perché saltano quelle rigidità che hanno rinviato nuove assunzioni.

Come valuta la nuova politica degli ammortizzatori sociali?

Si dà la possibilità di accedere agli indennizzi anche ai lavoratori fino ad ora esclusi da questa possibilità. L’introduzione di un nuovo sussidio per le famiglie svantaggiate non può che essere positivo, anche se siamo ancora lontani dal modello del reddito di garanzia di cui spesso si parla.

federica origoQuali sono gli aspetti positivi e quali le zone d’ombra della riforma del lavoro?

Per la prima volta dalla liberalizzazione dei contratti a tempo della metà degli anni Novanta si sta cercando di superare il dualismo del mercato del lavoro, diviso tra un gruppo di lavoratori protetti e tutelati e una larga schiera- con una prevalenza di giovani- di chi alterna contratti a scadenza con periodi di disoccupazione. Non mancano tuttavia alcune forti perplessità: l’idea del contratto unico sembra in contrasto con il Decreto Poletti, che di fatto ha liberalizzato i contratti a tempo, che possono essere rinnovati fino a un massimo di cinque volte in 36 mesi senza la necessità di fornire una causale. Il rischio è che parte dei lavoratori resti precario per anni: le imprese potrebbero impiegare un lavoratore con un contratto temporaneo per tre anni, per poi passare ad un contratto a tutele crescenti che, nei primi anni, è caratterizzato da bassi costi di licenziamento. Per chi invece ha un lavoro fisso diventa più difficile cambiare azienda, perché questo significherebbe lasciare un contratto a tempo indeterminato per un contratto a tutele crescenti. Insomma, per spostarsi da un posto all’altro servono davvero alternative particolarmente allettanti…

Come cambia il mercato del lavoro con il Jobs Act?

Credo che nel 2015 avremo senz’altro una crescita delle assunzioni a tempo indeterminato, grazie agli incentivi contributivi previsti dalla Legge di Stabilità. Faccio però fatica a pensare che vi siano risorse per rifinanziare  la decontribuzione, nonostante gli apprezzabili effetti positivi che essa può portare con sé. I dati più recenti dell’Osservatorio regionale evidenziano a livello provinciale, come riportato dalla stampa locale, che ben sette assunzioni su dieci interessino profili medi-alti. È un dato senza dubbio positivo. In Italia si dice sempre che chi cerca lavoro non sia qualificato, quando sono molti coloro – specialmente giovani – che nonostante titoli e competenze si adattano a fare lavori che non rispondono al loro profilo.

Bisogna rendere le politiche attive più efficienti nel favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro?

I servizi per l’impiego non sono mai stati purtroppo in Italia un canale efficace per fare incontrare domanda e offerta. I centri per l’impiego sono ancora oggi troppo amministrativi e poco attivi. L’idea del Governo Renzi di creare un’Agenzia Nazionale per l’Occupazione credo possa portare maggior coordinamento e un’ottimizzazione nella gestione delle risorse destinate alle politiche attive, monitorando con più attenzione i risultati ottenuti.

I tassi di disoccupazione giovanile sono preoccupanti. Quali consigli dà ai suoi studenti?

Fortunatamente i nostri laureati riescono a trovare abbastanza in fretta un impiego coerente con il loro percorso di studi presso aziende nella maggior parte dei casi del territorio o comunque nell’ambito regionale. Il primo consiglio è quello di imparare al meglio una lingua straniera, possibilmente l’inglese, e di fare qualche esperienza di lavoro all’estero. Inoltre è sempre apprezzato in curriculum uno stage o tirocinio effettuato durante gli studi.

Grandi aziende come la Dalmine stanno annunciando esuberi che non lasciano intravedere nulla di buono… Cosa ne pensa?

Purtroppo sono molte le grandi aziende a soffrire. Non credo che possano esserci sensibili miglioramenti per le grandi imprese, ma dopo anni di crisi si torna finalmente a parlare della rinascita di alcuni distretti industriali.

Potrebbe esserci un rilancio anche dei distretti commerciali?

Le economie moderne si stanno sempre più terziarizzando e non mancano esempi positivi scaturiti dalla riorganizzazione a livello locale del tessuto imprenditoriale, attraverso reti e collaborazioni. Non conosco da vicino la realtà dei distretti del commercio del nostro territorio, ma non può che essere positiva la condivisione di strategie per il rilancio dei centri storici e delle loro attività commerciali.

 




Bolgare, a Palazzo Asnenga torna la cena sensoriale

cena sensoriale (2)La terza cena sensoriale a Palazzo Asnenga di Bolgare è in programma il 20 marzo, dalle ore 20. Con “I 5 sensi”, ogni portata è dedicata ad un nostro senso (vista, olfatto, gusto, tatto e udito) che verrà particolarmente coinvolto e valorizzato. Durante la cena si potranno scoprire curiosità sui cibi preparati dallo chef Michele Fiorito, semplici nozioni di educazione alimentare, pillole di storia e si verrà coinvolti in facili esperimenti che uniranno il sapere scientifico alle informazioni più intuitive e istintive che ci trasmettono i nostri sensi quando assaggiamo un cibo. I commensali saranno accompagnati anche in un percorso per rieducare i propri sensi.

Costo a persona: 45 euro. Info: tel. 035.843750 o 345.9544683, www.mikichef.it