Fondazione Armr, tra gli obiettivi anche sei nuove borse di studio

ANMR
I borsisti con alcuni membri della Armr

A cosa serve la ricerca? La risposta, concreta, è arrivata dalla voce di otto giovani ricercatori dell’Istituto Mario Negri. Lo scorso 16 aprile, a Ranica, al Centro di ricerca dell’Istituto Mario Negri di Villa Camozzi, nel corso dell’annuale riunione, i borsisti finanziati nel 2014 dalla fondazione Aiuti per la ricerca sulle malattie rare (Armr) hanno raccontato ai soci della Fondazione quali risultati hanno ottenuto e sperano di ottenere con i loro studi.

«Siamo orgogliosi di presentare questi otto giovani e di far raccontare loro l’esperienza al Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare Aldo e Cele Daccò – ha detto la presidente Daniela Guadalupi -. La ricerca non ha confini: ciò che si scopre studiando una malattia rara può servire anche per altre patologie. È importante avvicinare i giovani alla ricerca e al volontariato».

Per il 2016 la Fondazione si pone un obiettivo altrettanto ambizioso: istituire 6 borse di studio da 18mila euro l’una e altrettanti assegni per grant di ricerca internazionali. Alla raccolta fondi parteciperanno le 21 delegazioni presenti in tutta Italia, a partire dall’ultima nata di Zogno, sino alle associazioni siciliane e sarde e ci sarà anche il sostegno del Distretto del Commercio di Bergamo, nell’ambito delle iniziative ideate per Expo. Il prossimo appuntamento della Fondazione è l’8 maggio per la 12esima edizione del Gran Galà che si terrà al Ristorante La Cantalupa di Brusaporto.

Il Centro Aldo e Cele Daccò dell’Istituto Mario Negri si occupa di malattie rare dal 1992. Le malattie rare sono più di 5.000.




Carrara, Giovanni Villa in pole-position per la nomina a direttore

Giovanni Carlo Federico VillaLa nuova Carrara non ha ancora inaugurato- e la campagna pubblicitaria ricorda l’imminenza dell’evento con tanto di count-down- e già si parla di chi sarà il futuro direttore del museo. I lavori per la costituzione formale della Fondazione Carrara- come assicurato dall’assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti– sono già a buon punto, sembrerebbe sia questione solo di qualche settimana. Sono nove i Mecenate che investiranno nella fondazione: Fondazione Credito Bergamasco, Sacbo, Tito Lombardini, Mia, Fondazione Italcementi, Innowatio, Rulli Rulmeca, Fondazione della Comunità Bergamasca e Framar. Terminato l’iter burocratico per la costituzione della Fondazione , una volta nominato ed insediato il cda, si procederà con l’elezione del direttore, su proposta del presidente, il sindaco Giorgio Gori. L’obiettivo è di arrivare ad una nomina dopo l’estate, a settembre. Nelle scorse settimane era in quota la candidatura di Enrica Pagella, storica dell’arte che ha studiato la nostra pinacoteca negli ultimi anni e che ha diretto per dieci anni il Museo Civico d’Arte di Modena, di cui ha curato il riordino, per poi guidare e riportare in auge Palazzo Madama a Torino, incarico abbandonato da poco. La tentazione di scegliere un direttore all’interno delle nostra mura venete potrebbe essere comunque forte. E in questo senso avanza la candidatura di Giovanni Carlo Federico Villa, curatore della mostra su Palma il Vecchio in corso alla GAMeC fino al 21 giugno e docente universitario presso l’Ateneo bergamasco e la Cattolica di Milano. Un nome che ricorre sempre più spesso nei salotti buoni dell’arte. I rumors sono supportati anche dal fatto che Villa sia il curatore scelto dal Creberg (che ha un ruolo di maggioranza nella Fondazione con un investimento di 1 milione e 250 mila per il riallestimento della pinacoteca cittadina chiusa dal 2008) per la mostra dell’anno di Expo. Resta in lizza anche Guido Guerzoni, docente alla Bocconi ed esperto in management dei beni culturali, che ha redatto il business plan per la nuova governance della Carrara.

Il curriculum

Giovanni Carlo Federico Villa, classe 1971, è docente di Storia dell’Arte Moderna e di Museologia e storia della critica d’arte presso la Facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Bergamo e, dall’anno accademico 2004-2005, professore incaricato di Tecniche diagnostiche per i beni culturali presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Studioso di pittura veneta del Rinascimento e museologo, è specialista di tecnologie non invasive applicate ai Beni Culturali e dal febbraio 1998 si è occupato della progettazione, ideazione e realizzazione di un progetto di analisi riflettografiche dedicato a Bellini e i belliniani e la pittura rinascimentale in Nord Italia. Il progetto, finanziato inizialmente dal Dipartimento delle Arti Visive dell’Università degli Studi di Bologna, con il sostegno economico del Ministero per l’Università e la Ricerca scientifica e Tecnologica, ha visto partecipi dall’anno 2001 come partner tecnico scientifici l’Istituto di Fisica Generale e Applicata, Cattedra di Archeometria, dell’Università degli Studi di Milano e la Scuola Normale Superiore di Pisa, Cattedra di Storia dell’Arte. Dall’anno 2003 si è aggiunto come partner tecnico scientifico la cattedra di Fisica dell’Università degli Studi di Ferrara. Il materiale ottenuto a seguito di campagne di analisi svolte in oltre settanta tra i principali musei del mondo sta dando vita a un archivio pubblico di indagini riflettografiche ricco al momento di oltre 5.000 dipinti. Dal giugno del 2000 è consulente storico- artistico della Direzione Musei e Conservatoria Civici Monumenti di Vicenza e ha editato, come responsabile e curatore, i primi quattro volumi (2001-2007) del catalogo scientifico della Pinacoteca Civica di Palazzo Chiericati di Vicenza e ideato e realizzato il nuovo allestimento e percorsi per il visitatore del Teatro Olimpico di Vicenza. Dal gennaio 2005 lavora per le Scuderie del Quirinale di Roma dove ha curato le mostre Antonello da Messina (2006) e Giovanni Bellini (2008) e ha in preparazione l’esposizione monografica su Lorenzo Lotto (2011). Tra le altre ha inoltre curato la mostra Cima da Conegliano, poeta del paesaggio per Palazzo Sarcinelli a Conegliano (2010). Oltre a un’intensa attività di conferenziere ha pubblicato, in ultimo, le monografie Indagando Mantegna (Mantova 2007), Indagando Bellini (Milano 2009) e Giovanni Bellini (Cinisello Balsamo 2008) e il manuale, insieme a Gianluca Poldi, Dalla conservazione alla storia dell’arte. Riflettografia e analisi non invasive per lo studio dei dipinti (Pisa 2006). Tramite la società Didaké S.a.s., fondata nel 1994, ha ideato, realizzato e prodotto alcuni documentari d’arte premiati nei maggiori Festival internazionali: si ricordano in particolare Lorenzo Lotto a Recanati (per la mostra omonima a Recanati e Parigi, 1998); Dosso Dossi (per la mostra omonima a Ferrara, New York e Los Angeles, 1998); Vincenzo Foppa. Un protagonista del Rinascimento (per la mostra omonima a Brescia, 2002); Massimo d’Azeglio e l’invenzione del paesaggio istoriato (per la mostra omonima a Torino, 2003) e Antonello da Messina (per la mostra omonima a Roma, 2006).




Scuole alberghiere, la Regione lancia la sfida a cucinare con avanzi e scarti

Gli aspiranti e giovani chef hanno ancora un’opportunità per mettere in mostra le proprie capacità e fantasia. È stata infatti approvata la nuova edizione del concorso “New talented italian chef for Expo 2015”, per la selezione di 50 giovani, cui andrà il premio “Green Menù” e che saranno inseriti in un elenco messo a disposizione degli operatori della ristorazione sia per esperienze nell’ambito di Expo sia per successive occasioni di inserimento nel mondo del lavoro o di potenziamento delle competenze.

Il bando è rivolto agli studenti che stanno frequentando percorsi in scuole iscritte nella sezione A dell’Albo dei soggetti accreditati, per il conseguimento di una Qualifica di Operatore della ristorazione (profilo preparazione pasti e  profilo servizi di sala e bar) e Operatore della trasformazione agroalimentare – panificazione pasticceria; o un Diploma di Tecnico di cucina, Tecnico dei servizi di sala e bar, Tecnico della trasformazione agroalimentare; o che hanno già conseguito tali titoli.

Titolo del concorso è “Zero Sprechi” e ogni ragazzo dovrà presentare una propria ricetta preparata con l’utilizzo di ingredienti o parti di cibo che normalmente verrebbero buttati, come avanzi di preparazioni non interamente consumate (ad esempio avanzi “del giorno prima”, pane raffermo, ecc) o scarti di ingredienti utilizzati per altre ricette (scarti di frutta, ortaggi, pesce, parti considerate “meno nobili”, ecc).

Le domande di candidatura dovranno essere trasmesse dall’istituzione formativa di appartenenza entro il 15 maggio 2015.

Info e moduli




Animali da cortile, serata alla Trattoria Visconti

g_lomi_cortile-RRGiovedì 23 aprile, alle 20,30, alla Trattoria Visconti di Ambivere, si terrà la “Serata dei produttori e allevatori Avicoli”. L’occasione è stata programmata per presentare il nuovo progetto di Slow Food Lombardia “Bassa Corte” che punta a esaltare la produzione avicola di qualità. La serata incomincia alle 18 con la Conferenza Programmatica illustrativa del progetto agli allevatori che vorranno sottoscriverlo, per terminare all’ora di cena con la conviviale aperta a tutti, soci Slow Food e non, con un menù a tema che prevede diverse proposte: Galantina di gallina con la nostra mostarda; Chisciol con Stracchino all’antica della Valli Orobiche e uovo in camicia dal nostro pollaio; Risotto con la quaglia gigante selvatica bergamasca; Faraona arrosto con le castagne, prugne e pinoli con la polenta da nostro mais rostrato rosso dell’Isola bergamasca; Semifreddo alla grappa con crema al moscato rosso Goccio di Sole. In abbinamento saranno serviti i vini dell’azienda La Caminella. Il costo è di 35 euro per i soci e di 40 per i non soci.

Info e prenotazioni: 335 336 334 condotta@slowfoodvalliorobiche.it




I grandi chef da bambini? Ecco cosa mangiavano

immagini 194Non tutti gli chef che portano in alto la nostra ristorazione sono stati delle buone forchette, nonostante i buoni esempi a casa. Di contro ci sono grandi chef cresciuti con cucine non troppo stimolanti che hanno sviluppato sin da bimbi un palato eccezionale: «Da piccolo ero curioso, mangiavo tantissimo ed il momento clou era la domenica, con arrosti, pasticci, antipasti toscani, fritti e tanti dolci – racconta lo chef Enrico Bartolini, due stelle Michelin al Devero di Cavenago -. In settimana era un po’ una sofferenza perché mia mamma, che è una grande mamma, cucinava un così e così. La domenica però ci pensava la zia Emilia. E a volte anche il venerdì, quando faceva la polenta e ogni tanto il baccalà». I suoi, ancora piccoli, mangiano già di tutto: «Giovanni, 2 anni, vivrebbe di patanegra e acciughe, senza contare nei dolci il gelato. Tommaso, 8 anni, mangia di tutto, ma ama soprattutto la pasta ed i risotti».

Daniel Facen A'AnteprimaDaniel Facen, nato in Svizzera ma trentino nell’anima e ormai bergamasco d’adozione, è cresciuto in una casa con pentole e padelle sempre sul fuoco: «Mia mamma Roberta lavorava a servizio di un’importante famiglia milanese prima e poi svizzera, dove sono nato. È sempre stata, anche per lavoro, una grande cuoca: grandi secondi di carne, piatti tradizionali lombardi come la cassoela, gli ossibuchi con risotto e la cotoletta alla milanese, erano solo alcune delle sue specialità, assieme a piatti svizzeri come la raclette». Cresciuto coi manicaretti di mamma, lo chef dell’A’ Anteprima di Chiuduno, una stella Michelin, è sempre stato una buona forchetta: «Un piatto odiato e uno amato? Ho sempre mangiato di tutto, ma ricordo con affetto la semplicità di uova con dente di leone, un piatto che segnava l’arrivo della primavera e della bella stagione. Invece, francamente, la faraona con polenta è un piatto che ho odiato e non amo nemmeno oggi: le carni risultano sempre asciutte. Non sono mai andato al ristorante da bambino e per me l’unica cucina è sempre stata quella di mia madre». Suo figlio non ha mai fatto un capriccio a tavola ed è un grande appassionato di cucina: «Luca, che ora ha 21 anni, cucina davvero bene – dice Facen -, tanto che è quasi sempre lui a mettersi ai fornelli a casa. È sempre aggiornato su tendenze e grandi chef, sperimenta nuove ricette. Anche da piccolo ha sempre voluto assaggiare tutto, con grande curiosità».

Chicco CereaEnrico, detto Chicco, primogenito dei cinque fratelli Cerea ed executive chef del tristellato Da Vittorio a Brusaporto è cresciuto tra pentole fumanti e i profumi di una cucina eccellente come quella di papà Vittorio. «Il palato va istruito, allenato, e tenuto sempre aggiornato – afferma -. È qualcosa che in parte si ha nel dna, ma poi contano ambiente ed esperienze, curiosità e desiderio di sperimentare nuovi gusti. Non sempre sono amori a prima vista e gusto: a otto anni, ad esempio, ricordo che sputai un’ostrica. Oggi ne vado letteralmente pazzo». Ma che bimbo è stato Chicco Cerea? «Sono stato goloso sin da piccolo – ammette -. Ho sempre mangiato di tutto: ricordo ancora quel piacere di affondare il dito in una salsa di pomodoro appena preparata in casa. Ricordo con affetto le merende con mio padre del mercoledì, giorno ancora oggi di chiusura del ristorante. Papà ci veniva a prendere a scuola e andavamo tutti insieme a piedi fino in Città Alta per gustare pane, burro e acciuga o pane, salame e cetriolini alla Trattoria Colombina». Anche i “piccoli” di casa Cerea sono dei gourmet come papà: «I miei tre figli – Beatrice, 20 anni, Maria Vittoria, 17 anni e Vittorio, 15 anni – hanno sempre assaggiato ogni piatto sin da piccoli. Ad ogni ricorrenza abbiamo il nostro rituale: regalarci una cena in un ristorante importante. Ci divertiamo un mondo a scegliere la meta gastronomica, sbirciare i menù, iniziando su internet il nostro viaggio tra i sapori. Devo dire che i miei figli sono stati sempre molto aperti all’assaggio e anche il vino l’ho fatto provare a tutti. Io stesso sono il primo ad accettare ogni loro suggerimento: ad esempio Beatrice che ha vissuto tre mesi ad Hong Kong mi ha consigliato su alcune spezie e mi ha portato nuove ricette dall’Oriente».

Roberto Proto e Maria MorbiRoberto Proto, chef de Il Saraceno di Cavernago, fresco di stella Michelin, è approdato alla cucina dopo aver fatto per un paio di anni il parrucchiere e aver capito che non era la sua strada. Ha respirato sin da bambino l’atmosfera del ristorante nella trattoria di famiglia aperta nel 1976 da papà Salvatore e da mamma Trofimena, che da Amalfi avevano inseguito un lavoro e i loro sogni prima in Svizzera, dove erano stati a servizio come governanti presso un’importante famiglia, e poi a Bergamo, dove avevano aperto il loro ristorante “Da Salvatore”. Nonostante i manicaretti di mamma Mena, Roberto Proto non è stato un bimbo gourmet né ha mai avuto una grande predisposizione all’assaggio: «Il mio universo gastronomico è stato per anni quello della pizza margherita, delle bistecchine e delle penne al pomodoro, senza nemmeno l’ombra di un filo di cipolla». Nemmeno un pesce a guizzare in questo menù ristretto e un po’ ottuso, un fatto quanto meno curioso per uno chef destinato in futuro ad esaltare ogni specialità di mare. «Mia mamma non ha mai smesso di propormi piatti di pesce, che ho scoperto però solo a dodici anni. Prima non c’è stato verso di farmeli provare». Ma è stata solo una questione di tempo. «Oggi mangio davvero tutto, ma se posso evito i peperoni. Il piatto a cui non potrei rinunciare è invece la pasta e fagioli di mia madre, un piatto storico della mia famiglia, tramandato di generazione in generazione». Le bimbe dello chef devono ancora ampliare il loro menù, ma mamma Maria Morbi, con tanto di laurea di psicologia in tasca, è pronta a dar loro tutto il tempo necessario, anche perché – come sottolinea – forzare i bimbi a mangiare è uno dei più grandi errori da fare, per non parlare di punizioni e ricompense. «Le mie bambine, Martina di 9 anni e Giulia di 6 anni, purtroppo non mangiano proprio tutto, a partire dal pesce – allarga le braccia Roberto Proto -. Nonostante le paste e le torte fatte in casa dalle nonne Mena e Lisetta, la cura che mette mia moglie Maria nel proporre loro verdure, riducendole in crema o presentandole al meglio, le nostre bimbe non sono delle grandi forchette. La più piccola oggi, ad esempio, non voleva andare in mensa perché in menù c’era il pesce fritto».

 




Con l’Ais alla scoperta dei vini della terra del Carignano

AisMercoledì 29 aprile, dalle 20.30, al ristorante Loro di Trescore Balneario si terrà una serata dedicata ai Vini della terra del Carignano promossa dalla Delegazione di Bergamo dell’AIS. Il Carignano del Sulcis, vitigno interamente a piede franco coltivato fino a dove la terra incontra il mare, dà un vino pieno e rotondo con tannini morbidi ed avvolgenti, piacevole sia in gioventù che in maturità. Durante la serata sarà degustato in tutte le sue forme; rosato, rosso, passito e di differenti annate. A parlare di questo vino sarà Luca Fontana, “Brianzolo del Sulcis”, che dopo una vita trascorsa nel marketing a Milano, ha deciso di inseguire il sogno di suo zio Gavino in mezzo alle dune, alle fronde costantemente mosse dal vento, al verdeggiante e sinuoso movimento delle viti che apparentemente senza fatica se ne stanno adagiate sui terreni ubriachi di sole.

Ecco i vini in degustazione della Cantina Mesa:

Aperitivo, Opale 2013 Vermentino

Apertura con un Carignano rosato. Rosa Grande 2014;

Verticale di Buio Buio Riserva, il Carignao del Sulcis: 2012, 2011, 2010;

La storia, Gavino Riserva 2011. Carignano del Sulcis, secondo tradizione.

Il finale, Forte Rosso passito 2011. Il dolce Carignano.

Piatto finale in abbinamento cucinato dallo chef Pier Antonio Rocchetti, patron del ristorante.

Contributo per la realizzazione della serata: 35 euro soci Ais, 40 non soci.

Info e prenotazioni: Roberta Agnelli 347-7321538

Luigi Mascheretti 349- 2676432




Lavori a Monterosso, i conti del Crapa fanno impressione

ponteIl Crapa sui numeri non sbaglia mai: potete ironizzare sulla sua tenuta alcoolica o sul suo uso disinvolto delle lingue straniere, ma, in materia di conti, il Crapù me lo dovete lasciare stare. Qualcuno di voi, forse, ricorderà un mio articoletto sulle brillanti considerazioni craponiche circa i tempi di ripristino del cavalcavia di Monterosso: reduce da un lavoro nelle patrie autostrade, il Crapa commentava dicendo che, in autostrada, un ponte così si getta in una notte. L’altro giorno, ragionavo con lui sui lavori di ricostruzione del ponte del rondò di Monterosso e dicevo con sollievo che, dopo quattordici mesi, finalmente, l’incubo sembra stare per finire. Insomma, sia pure con un ritardo indegno perfino del ministero dei lavori pubblici del Burkina-Faso, la questione si sta avviando a felice soluzione. “Certo – mi dice il Crapa con un lampo maligno negli occhietti cerulei – e a noi i soldi chi ce li ripaga?” Com’è noto, il Crapa vive al Monterosso, perciò, quel “noi” va interpretato come indicativo dei tapini che, per quattrodici mesi, hanno dovuto fare le gimcane per tornare al covile.

Vi ripropongo, con parole mie, il ragionamento del Crapù: quanti abitanti di Monterosso e delle zone limitrofe, che si muovano abitualmente in automobile, sono stati interessati dal problemino? Diciamo tremila, così, a spanne? Facciamo conto che ognuno di loro abbia dovuto allungare il proprio percorso anche solo di due chilometri al giorno: sono seimila chilometri. Adesso, moltiplichiamo questi seimila chilometri per i 423 giorni di disagio (alla data in cui scrivo): cominciano ad essere numeri interessanti. Sono due milioni e mezzo di chilometri, metro più metro meno: un’auto che percorra dieci chilometri in media con un litro, nel ciclo urbano, spende circa quindici centesimi per fare una deviazione quotidiana, senza contare bazzecole come l’usura o l’inquinamento. Fanno 375.000 euro, che il Monterosso ha elargito alla premiata ditta “Ritarda & Temporeggia”.

Sorvolo sulle decine di migliaia di bergamaschi che hanno dovuto affrontare la bissaboba una sola volta, due, tre, dieci volte, in questi maledetti quattordici mesi: su di loro, perfino il Crapa, pietosamente, ha taciuto. I numeri, però, sono numeri: questo incredibile cincischiare con un’opera pubblica ha significato, concretamente, cincischiare con i nostri soldi. Ossia, buttare nel cesso centinaia di migliaia di euro dei cittadini bergamaschi: certo, a quindici centesimi alla volta, ma, alla fine, queste sono le cifre. Cambia poco se un uomo si dissangua in tre giorni o in cinque minuti, se, alla fine, il risultato è che tira la gambetta! Il Crapa, implacabile, mi sciorina cifre e considerazioni: quanto costa l’intervento di restauro del ponte? Più o meno di quanto ci è costata la sua dilazione? Come l’hanno fatto adesso, non potevano farlo un anno e due mesi fa? E, adesso, questi soldi chi ce li ridà? La risposta è talmente ovvia che potrei pure risparmiarvela, ma, siccome la parola “nessuno” è una di quelle che, da Omero in poi, va per la maggiore, quando si tratti di inventarsi una storia, ve la riproporrò: nessuno. Nessuno ripaga mai i cittadini per i disservizi, i ritardi, le mille e mille piccole jatture che derivano dal vertice e ricadono sulla base: perché il nostro tempo, la nostra vita, perfino la nostra benzina, contano zero, per chi è abituato all’algida astrattezza dei grandi numeri. E, stavolta, mercè la stratosferica abilità del Crapù in materia di conticini, parliamo proprio di grandi numeri.

Provate un po’ a pensare diverso, per una volta: trasformate il vostro tempo in denaro sonante, come fa Paperon de’Paperoni negli albi Disney. Calcolate quanto tempo perdete a cercare parcheggi che non esistono: immaginate quanto risparmiereste se quel semaforo non fosse mal sincronizzato, se quella strada non fosse chiusa per lavori, se non doveste deviare, svoltare, tornare indietro. In un concetto, se le cose andassero come devono andare. Quattordici mesi di ritardo per costruire un ponte sono costati alla comunità 375.000 euro (in realtà, molti di più, ma voglio essere magnanimo) soltanto in benzina: provate a moltiplicare questa cifra per tutte le volte che, ad ognuno di voi, è toccato di cambiare strada o di fare il giro dell’oca per un lavoro malfatto o in ritardo, perché con la neve nessuno ha gettato il sale o perché è stato gettato quando non nevicava. Adesso avete capito cosa voglia dire ragionare per grandi numeri? Vi è chiaro quanto ci costi una cattiva amministrazione e quanto potrebbe farci guadagnare l’efficienza? Perfetto: adesso siete tutti quanti adepti della Crapocrazia, la democrazia del Crapa. Un modo, forse, un tantino arido di ragionare sui bisogni di una comunità: come diceva un noto benefattore dell’umanità, dateci il pane, ma dateci anche le rose. Però, come dico io, prima dateci il pane: per le rose possiamo pure aspettare. Questa analisi sociale, basata sui numeri, non tiene conto dei valori, dell’identità, della solidarietà e di tutti gli altri blabla di cui si riempiono la bocca i politicanti nelle loro omelie, certo: ma è mille volte meglio basare la democrazia sui numeri che sulle chiacchiere. Perché ai matematici i conti tornano sempre. Ai ciarlatani, invece, quasi mai.




Gradimento dei sindaci italiani, Gori sul podio

GoriIl 53,4% dei potenziali elettori affermano che in caso di elezioni voterebbero il sindaco in carica, mentre dodici mesi fa la stessa risposta era stata data dal 52,3% degli intervistati. L’inversione di rotta ha un motivo evidente, stando alla nuova edizione del Governance Poll elaborata da Ipr Marketing per conto del Sole 24 Ore. Dopo le elezioni – che undici mesi fa hanno cambiato giunte e consigli in 4.092 Comuni, fra cui 29 capoluoghi di provincia – nelle città si è affacciata una classe di amministratori giovani sia dal punto di vista anagrafico che politico. E le novità hanno più chance di piacere, o almeno di alimentare qualche speranza per combattere un po’ il malumore prodotto da Imu, Tasi, Tari, oppure dalle multe e dalle tariffe che provano a compensare le sforbiciate assestate dalle manovre. “La nuova graduatoria – conferma Antonio Noto, direttore di IPR Marketing – è figlia del “sentimento” politico che ha guidato gli italiani nell’ultimo anno, dominato dalla richiesta di cambiamento”.

A spingere i risultati 2015 dei sindaci è Dario Nardella, che a Firenze sostituisce Matteo Renzi grazie al 59,2% di voti ottenuti al primo turno e ora sale a un rotondo 65% di «sì» raccolti tra i suoi concittadini. Appena più sotto Antonio Decaro, anche lui erede di una personalità non facile da sostituire, quel Michele Emiliano che dopo anni da campione di consensi a Bari ora corre per la presidenza della Regione (senza troppi problemi secondo i sondaggi, viste anche le lotte interne al centrodestra). Sul terzo scalino si incontra invece Giorgio Gori, che solo l’anno scorso ha iniziato la propria «seconda vita» in politica vincendo le amministrative a Bergamo dopo una carriera da manager e produttore televisivo. Alla domanda – “Le chiedo un giudizio complessivo sull’operato del sindaco della città nell’arco del 2014-2015. Se domani ci fossero le elezioni comunali lei voterebbe a favore o contro l’attuale sindaco” – il 63% dei circa mille bergamaschi intervistati ha risposto che rivoterebbe Gori. Rispetto al 53,5% dei consensi incassati il giorno dell’elezione, il gradimento del Sindaco sale del 9,5%. Sono contento di due cose: che Bergamo sia sul podio e che gli italiani, in generale, continuino ad avere fiducia nei loro sindaci” – ha commentato Gori -. “Per noi è un buon risultato, – prosegue – ma siamo solo all’inizio. Da oggi abbiamo in ogni caso uno stimolo in più per impegnarci e fare bene nell’interesse della città. Quindi… testa bassa e pedalare!”

 




Gori: “Per far fronte ai tagli via libera alle zone omogenee”

45453frizz.jpg“La Regione Lombardia avvii il percorso per dare corso alle Zone omogenee, ne stabilisca le funzioni e assicuri loro le relative risorse: solo in questo modo i Comuni della Lombardia potranno far fronte al collasso delle Province”: così il sindaco di Bergamo Giorgio Gori è intervenuto nella sala del Consiglio Comunale di Bergamo durante la protesta contro i tagli agli enti locali a cui hanno partecipato un’ottantina di sindaci prevalentemente di centrodestra e gli assessori regionali Massimo Garavaglia e Alessandro Sorte. Il primo cittadino di Bergamo si è presentato a sorpresa durante i lavori del convegno, non partecipando alla sfilata che ha visto i sindaci raggiungere la sede del Comune di Bergamo. Gori ha espresso preoccupazione per i 5 milioni di tagli previsti al bilancio del Comune di Bergamo, condividendo con ciò la difficile situazione in cui tutti i sindaci si stanno trovando, e ricordando però che la riduzione dei trasferimenti agli enti locali ‐ oltre 14 miliardi di euro dal 2008 ad oggi ‐ si deve in primo luogo al governo Berlusconi, seguito dai governi guidati da Monti e Letta. Gori ha ricordato come il governo Renzi sia stato il primo ad allentare il patto di stabilità, e a dirottare il taglio della spesa pubblica verso “obiettivi importanti”: la riduzione delle tasse per le imprese, la detassazione delle nuove assunzioni in base al Jobs Act, il sostegno al potere d’acquisto delle famiglie con gli 80 euro e più risorse per la scuola. In questo quadro il sindaco di Bergamo ha però aggiunto che si sarebbe “aspettato qualcosa di più dal governo Renzi” nella direzione di una più equa ripartizione dei sacrifici tra enti locali e corpi centrali dello Stato: “I Comuni pesano solo per il 7,6% della spesa pubblica ma in questi anni hanno sopportato il 20% dei tagli, mentre lo Stato sembra incapace di eliminare i suoi sprechi.” L’intervento di Gori ha quindi spostato l’attenzione sulle Province, che nel 2016 e 2017 subiranno ulteriori drastici tagli, che con ogni probabilità le porteranno al copolinea. “La legge Delrio ‐ ha sostenuto Gori ‐ può andar bene per altre regioni, ma in una regione come Lombardia, che conta 1.530 Comuni, non è immaginabile che non esista un livello istituzionale intermedio tra i Comuni e la Regione. La sola provincia di Bergamo conta 242 Comuni, praticamente lo stesso numero di Comuni di regioni come la Toscana, la Puglia o le Marche”. Da qui la richiesta alla Regione di attivare l’iter per la definizione delle Zone omogenee, forme di governance sovracomunale in grado colmare la distanza tra territori ed ente regionale e di consentire la gestione associata, con importanti risparmi, di numerosi servizi rivolti ai cittadini.




“Lombardia Concreta”, benefici estesi anche ad ambulanti e attività “no food”

ambulante752.jpg“Considerato il successo che Lombardia Concreta sta riscuotendo, abbiamo deciso di allargare le opportunità di sostegno al credito a tutti gli ambiti del commercio, quindi anche agli ambulanti e all’area no food”. Lo ha detto l’assessore al Commercio, Turismo e Terziario di Regione Lombardia Mauro Parolini, commentando l’approvazione, da parte della Giunta, su sua proposta, della delibera riguardante l’estensione dei benefici della misura Lombardia Concreta all’intera filiera dell’attrattività del commercio e del turismo.

“Con Lombardia Concreta – ha spiegato l’assessore – Regione Lombardia si è impegnata a sostenere in modo sussidiario le imprese del turismo, della ristorazione, dei pubblici esercizi e del commercio alimentare, per il miglioramento delle strutture ricettive in vista di Expo. Solo a queste categorie sono stati infatti già concessi finanziamenti agevolati per circa 20 milioni di euro. Ora, con l’estensione della Misura all’intera filiera, contiamo di poter dar forza a un numero considerevole di imprese del commercio e di mettere in moto un volano in grado di generare investimenti per oltre 100 di milioni di euro”. Il finanziamento studiato dall’esecutivo lombardo prevede contributi in conto interessi per l’abbattimento del 3 per cento dei tassi praticati dal sistema bancario sui finanziamenti concessi alle imprese e un fondo di garanzia per le imprese che accedono ai finanziamenti. Le risorse stanziate ammontano a 12,4 milioni di euro, dei quali 10 milioni andranno per l’abbattimento dei tassi di interesse e 2,4 milioni per sostegno alle garanzie.