I prodotti tipici si danno allo street food

È Bergamo la prima tappa di Expoinviaggio, un tour in varie città italiane per raccontare con un format veloce e chiaro le notizie sull’esposizione, il suo impatto economico e gli strumenti per trasformarla in un momento di crescita.

L’iniziativa è realizzata da Italiaonline in partnership con Enel, official global partner di Expo 2015, e propone cinque aperitivi di eccellenza in altrettanti Punti Enel da aprile fino a ottobre. Il “fil rouge” è dato dalla qualità e tipicità dei cibi offerti, garantiti dai produttori scelti dai consorzi agroalimentari ospitati nel portale Foodinitaly.com, la piattaforma recentemente lanciata da Italiaonline che ha messo in rete tutti i prodotti italiani certificati e gli oltre 4.500 prodotti agroalimentari tradizionali.

A cucinare sono degli “street chef” selezionati via Cibodistrada.it, il sito con i migliori locali italiani di street food, accompagnati da schede informative e recensioni originali, che a marzo sono stati protagonisti della prima edizione degli “Oscar del Cibo di Strada”. Gli chef degli aperitivi sono stati scelti perché, oltre ad essere di elevato livello, si distinguono per l’utilizzo di prodotti legati al territorio di provenienza.

A Bergamo l’appuntamento è venerdì 10 aprile dalle ore 17 presso il Punto Enel di viale Vittorio Emanuele, 2. Saranno presenti i produttori Rasmo Salumi (salame Goccia Brembana con formaggio Branzi, salame alla birra), Ivano Cattaneo (Bitto e Formai de Mut), Arrigoni Formaggi (Taleggio Dop, Gorgonzola Dop, Quartirolo Dop) e la Cantina Sociale Bergamasca con il vino Valcalepio. Gli street chef saranno Marco Pirovano del Polentone, che porterà in degustazione biscotti di polenta, e Emanuel Caleca del Caffè Centrale, che porterà in degustazione la “spinata” fatta con mais Spinato di Gandino.

Dopo la tappa di Bergamo, gli aperitivi di Expoinviaggio proseguiranno a Cuneo il 21 maggio, Mantova il 19 giugno, Alessandria il 24 settembre e Pavia il 22 ottobre.




I lavoratori del “Ciao” manifesteranno sul Sentierone

Ciao SentieroneContinua lo stato di agitazione al Ciao di Bergamo. Il ristorante del Sentierone, del gruppo Autogrill, da circa 30 anni ospite della struttura piacentiniana del centro di città bassa, ha infatti deciso di chiudere l’attività, aprendo la mobilità per i  suoi 13 dipendenti. Questa mattina, l’azienda ha incontrato i sindacati e la RSU, confermando le proprie intenzioni, ma aprendo anche spiragli di possibili reinserimenti di 7 dei dieci dipendenti part time in strutture del gruppo. Rimarrebbero quindi esclusi al momento 6 persone, per le quali Autogrill “non ha ancora fornito indicazioni sufficienti a tranquillizzarci – sottolinea Diego Lorenzi, della segreteria Fisascat Cisl di Bergamo -. Noi continueremo le azioni di mobilitazione, fino a quando ogni lavoratore non sarà stato ricollocato in un’altra azienda. Tra l’altro, vorremmo anche capire quale attività sostituirà “Ciao” all’interno della struttura. Per questo chiediamo che Ascom e Comune si facciano carico di intervenire verso i nuovi affittuari per valutare le possibilità di impiego”. Nel pomeriggio, l’assemblea dei lavoratori, concorde nel ritenere insoddisfacenti le proposte di Autogrill, ha chiesto che nessun lavoratore sia escluso dalle soluzioni allo studio, e ha deciso di manifestare allo sciopero del commercio in programma mercoledì 15 a Milano e, al rientro, “ci sarà una manifestazione di protesta lungo il Sentierone, per sensibilizzare – conclude Lorenzi – la popolazione e le istituzioni sullo svuotamento commerciale del centro cittadino”.




“#diversity”, convegno al kilometro Rosso

Kilomero Rossojpg“Far conoscere l’argomento a chi ne è estraneo e offrire un’occasione per approfondirlo a chi non ne è completamente digiuno”. Valentina Dolciotti, consulente Diversity and Inclusion oltre che organizzatrice del convegno “#diversity. Quanto vale la diversità”, sintetizza così le principali finalità dell’evento che venerdì 10 aprile sarà ospitato al Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso. “Con l’illustrazione di best practise che hanno visto protagoniste sia alcune realtà multinazionali, del calibro di Microsoft, Philips SpA e Telecom Italia, sia un paio di onlus italiane operanti a livello internazionale, WeWorld e Cesvi, vogliamo offrire ai partecipanti una vetrina sul Diversity management, una pratica di gestione delle persone, nata nelle Aziende nord americane, finalizzata a valorizzare le differenze individuali e il potenziale di ogni individuo” spiega Dolciotti. Che aggiunge: “Due gli obiettivi: trasformare le ‘diversità’ in valore economico e gestionale, oltre che culturale, per le Imprese. Generare crescenti livelli di soddisfazione tra dipendenti e collaboratori di Enti, Organizzazioni e Realtà produttive”. Il confronto sarà arricchito dai contributi della prof.ssa Laura Viganò, Direttrice del Centro di Ricerca sulla Cooperazione Internazionale (CCI), creato dall’Università di Bergamo, e dell’on. Pia Locatelli, Presidente della Fondazione A.J.Zaninoni. Chi fosse interessato a partecipare all’evento, il cui inizio è fissato per le 16.00 di venerdì 10 aprile, potrà iscriversi inviando un’email al seguente indirizzo: diversity.mng@gmail.com Ulteriori informazioni sui temi che saranno affrontati durante il convegno possono essere reperite al sito: diversitymng.wordpress.com.




Coldiretti sull’interporto: “No a un’altra cattedrale nel deserto”

Interporto“Non intendiamo entrare nel merito delle eventuali motivazioni politiche che ci possono essere alla base della scelta dell’area su cui realizzare l’interporto, riteniamo però inaccettabile l’ipotesi di sacrificare ancora un milione di metri quadrati di superficie agricola tra le più fertili in Europa, tra l’altro appena scampata allo scempio territoriale fatto da Brebemi e Tav”. Così Coldiretti Bergamo interviene nel dibattito relativo alla programmazione della nuova infrastruttura nella zona tra Caravaggio e Treviglio , al centro di un serrato confronto circa la sua collocazione. “Come abbiamo ribadito più volte in occasione della realizzazione di altre opere – sottolinea Coldiretti Bergamo – riteniamo più utile e saggio recuperare aree dismesse, in modo da evitare nuovi furti di terreni agricoli, in considerazione anche del triste primato detenuto dalla nostra provincia per quanto riguarda il consumo di suolo”. Coldiretti sottolinea come l’esempio di Brebemi non sia poi così edificante e che se errare può essere considerato umano, perseverare sarebbe veramente diabolico.

“Laddove esistano pari condizioni di carattere logistico – conclude Coldiretti Bergamo – non si potrebbe giustificare la scelta miope ed irrimediabilmente deleteria di rinunciare all’utilizzo di aree già compromesse per percorrere la strada di una nuova scriteriata cementificazione, con ripercussioni negative sull’agricoltura, sull’ambiente e sulla qualità della vita dei cittadini interessati”




Imprese, al via il bando per una sede ad Expo

expo23otto.jpgLa Camera di Commercio di Bergamo concede in uso per 50 giornate il proprio ufficio di rappresentanza ad Expo alle imprese bergamasche interessate. L’ufficio è situato nel Cardo Nord ed ha una superficie compresa tra 20 e 30 mq. L’orario di apertura è dalle 10 alle 23. Lo spazio viene concesso a titolo gratuito e gli assegnatari sono tenuti al rispetto del regolamento generale e di tutti i regolamenti speciali di Expo 2015. Possono partecipare al concorso le imprese, anche in forma di cooperativa, con sede legale o unità produttiva in provincia di Bergamo.

La richiesta di assegnazione va presentata su apposito modulo e va inviata all’indirizzo mail: cciaa.bergamo@bg.legalmail.camcom.it a partire dalle ore 9.30 del 13 aprile 2015 e fino alle ore 24 del 26 aprile 2015. La domanda dovrà contenere la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (presente nel modulo) che dichiara che l’impresa è attiva, non sottoposta a procedure concorsuali o in stato di liquidazione, in regola con il pagamento del diritto camerale e con il versamento dei contributi previdenziali. Nella domanda si potrà indicare una preferenza circa la giornata di assegnazione (mese, giorno della settimana), che non è peraltro vincolante per la Camera di commercio nella definizione del calendario delle presenze.

Per contatti: Andrea Locati Tel. 035.4225.263 locati@bg.camcom.it

 




Quella cucina di Bergamo tra pesce e cibi di magro

All’assiomatica ineluttabilità del “facta lex, inventa fraus” pare non riescano a sottrarsi neppure le sacrali direttive della Chiesa. Ne è impareggiabile attestazione il singolarmente ottemperante regime quaresimale cui nel tredicesimo secolo, secondo le cronache di Salimbene da Parma, si atteneva il Patriarca di Aquileia. Il mercoledì delle ceneri l’alto prelato usava celebrare l’avvio del percorso penitenziale facendosi imbandire un banchetto di ben quaranta portate – tutte rigorosamente di magro. L’ineffabile presule procedeva poi a depennare dal pantagruelico menù una vivanda al giorno, giungendo in tal modo a santificare la vigilia della Pasqua con una claustrale refezione consistente in un’unica pietanza.

Se lo spirito del precetto di continenza alimentare durante i tempi di espiazione risulta di inossidabile chiarezza, la lettera della regola ha invece subito profonde mutazioni nel corso del tempo. La dieta paleocristiana di magro rispondeva infatti a canoni che oggi sarebbero classificati come strettamente vegani, dato che da essa era bandito non solo ogni cibo di origine animale, ma addirittura il pesce. Il consumo di quest’ultimo – destinato a divenire indiscusso emblema della cucina quaresimale – fu consentito a partire dal VII secolo, mentre uova e latticini vennero sdoganati solo nel 1365 dal concilio di Angers. E non è troppo distante dal vero chi insinua che una delle chiavi di successo della riforma luterana fu rappresentata dalla soppressione dell’obbligo di astensione dalle carni, a quell’epoca vigente almeno per un terzo dell’anno, particolarmente inviso alle voraci popolazioni di ceppo germanico.

È dunque assodato che la suddivisione dell’anno religioso in tempi “di grasso” e “di magro” abbia dato origine a due distinti filoni alimentari, nettamente scissi per natura delle proteine e dei grassi utilizzati. Per quasi quindici secoli alla cucina della carne e del lardo si è così alternata una cucina ittica e dell’olio, con una cadenza puntualmente scandita dalle partizioni del calendario liturgico.
All’interno di questo sistema di riferimenti, desta stupore che, in una parcella di cristianità di stretta osservanza quale il distretto di Bergamo, la tradizione gastronomica locale assegni al pesce una collocazione tutto sommato marginale. Scorrendo l’esauriente ricettario bergamasco compilato da Silvia Tropea Montagnosi per le edizioni Bolis, si riscontra ad esempio che, delle 333 pietanze illustrate, soltanto una quindicina – tra le quali più d’una di evidente origine allogena – recano una chiara impronta ittica. La cucina di magro risulta semmai più compiutamente rappresentata nella gran copia di preparazioni di impianto distintamente vegetariano – dalle zuppe montane di erbe spontanee ai capù magher, da bardéle e foiade condite di soli burro e cacio alle innumerevoli declinazioni della polenta.

Eppure molteplici riscontri indicano con univocità che in più di una fase storica il pesce – e segnatamente quello d’acqua dolce – abbia rappresentato una risorsa tutt’altro che secondaria nel sistema alimentare dei nostri antenati. Già in età medioevale gli statuti della nostra città disciplinavano il commercio delle derrate ittiche con un grado di dettaglio che ne sottendeva lo status di prodotto di largo consumo. La compravendita doveva essere anzitutto tassativamente concentrata presso l’area a ciò deputata nell’antica Piazza di San Vincenzo, prospiciente il Fontanone, per consentire ai Giudici delle Vettovaglie di esercitare con sollecitudine i prescritti controlli sul rispetto delle normative sanitarie. I prezzi erano inoltre assoggettati ad un regime amministrato – denominato calmedrio – che regolava le quotazioni dei generi di prima necessità, tra cui anche grani e carni. I diritti di pesca nelle acque del contado erano infine contingentati così da assicurare al capoluogo approvvigionamenti quanto più regolari.

V’è peraltro evidenza che a quei tempi i pescatori bergamaschi stentassero a stare al passo con la sostenuta domanda urbana. Le autorità municipali dovettero quindi far a diverse riprese ricorso anche a fornitori forestieri, come attestato dal contratto con un pescatore di Olginate – tale Pietro Testori – stipulato nell’aprile del 1553. Questi si impegnava per un anno a recare in città prefissati quantitativi di pesce (trenta pesi il venerdì, quindici le vigilie delle festività di precetto e venticinque ogni giorno di qua-resima) da vendersi a tariffe convenute nell’accordo, con l’avvertenza che non si trat-tasse di pescato “di fossa, ma di buoni laghi, & Adda”.

Dalle rilevazioni del calmedrio riportate nell’Effemeride di Donato Calvi, si ricava comunque che nel XVI secolo i prezzi per unità di peso delle derrate ittiche andassero da due – per le varietà a più buon mercato quali barbi, cavedani e lucci – a tre volte – per i generi più prelibati quali trote, tinche e persici – il costo della più dispendiosa tra le carni, quella di vitello. Da ciò traspare che il pesce non fosse certo cibo per tutte le tasche: il suo consumo era semmai appannaggio dei ceti cittadini più abbienti. Nel contado ci si doveva invece contentare – si fa per dire – di gamberi, bisséte (le piccole anguille di roggia) e rane, di cui allora abbondavano i corsi d’acqua della campagna.

E siccome, a prestar fede a Gabriele Rosa, l’aristocrazia bergamasca di quell’epoca usava soggiornare assai più lungamente nei poderi in villa che nelle dimore urbane, non sorprende affatto che il pescato di fosso finì per spopolare anche nella cucina no-biliare e borghese. Su di esso fa infatti perno la seicentesca suppa quaresimata del Cocho Bergamasco, nel cui retrospettivo brodo, dalla medievaleggiante tendenza agrodolce, finiscono a mollo anche le lumache. Gamberi e rane conferiscono inoltre nerbo al fumetto dell’ottocentesca versione di magro della minestra di pasta alla bergamasca proposta dall’anonimo estensore de “Il cuoco economico moderno”, e ani-mano diverse tra le ricette che al tramonto del secolo romantico il concittadino Giuseppe Riva dedicò ai tempi di astensione dalle carni nel suo pur esterofilo “Trattato di cucina semplice”. Non ve ne sarà forse a sufficienza per cavarne un menù per il mercoledì delle ceneri degno del Patriarca di Aquileia, ma certo neppure per decreta-re che dall’associazione alla cucina di pesce del gastrotoponimo “alla bergamasca” debba giocoforza promanare l’ambiguo sentore dell’ossimoro.




Happy Salad, frutta e verdura rivoluzionano il take away

happy salad Davide Reposo e Antonio Tornitore
Davide Reposo e Antonio Tornitore

Appassionati di alimentazione “alternativa”, loro per primi erano alla ricerca di una pausa pranzo o di una cena da asporto diversa, che potesse essere veloce e gustosa, ma anche sana e leggera. Alla fine, ciò che cercavano se lo sono creati da sé, aprendo nel settembre scorso a Bergamo, in via Masone 3, Happy Salad. Un locale che rende protagonisti verdure, frutta e cereali, cucinati senza grassi e con la volontà di esaltarne i sapori e le proprietà naturali. È così che Antonio Tornitore, 40 anni, e Davide Reposo, 39, già impegnati nel commercio ma in qualità di dipendenti, rispettivamente nel settore abbigliamento e auto, sono passati dall’altro lato dell’impresa.

Lo spazio è piccolo, circa 30 metri quadrati con 7/8 posti, e l’attività è improntata sul take away, con confezioni pensate per il consumo immediato e per essere riscaldate. C’è anche il servizio di consegna a domicilio in centro. La scelta di campo è per frutta e ortaggi biologici, di cui principale fornitore è la cooperativa Aretè di Torre Boldone. In primo piano ci sono le insalate, che ognuno può comporre da sé selezionando, anche tramite l’ordine on line, gli ingredienti a disposizione, oppure scegliendo tra due proposte “della casa” diverse ogni settimana. Ma ci sono anche tramezzini (già diventati un cult del locale), estratti di frutta, insalate di cereali, zuppe e vellutate, piatti unici come il cous cous con pollo e verdure e ancora polpette di riso o caponata di verdure e via con le varianti di stagione.

Il segreto per rendere gustose proposte che ai più scettici potrebbero sembrare noiose è la semplicità. «Cuciniamo con un forno a vapore – evidenzia Tornitore -, che permette di esaltare al meglio i sapori e conservare le proprietà nutrizionali. Le ricette le mettiamo a punto personalmente, anche se, in realtà, non c’è gran che da inventare quando la qualità della materie prime è buona e si rispettano gli ingredienti». «Recentemente – nota – abbiano preparato al vapore i pizzoccheri e sono stati un successo. Questa cucina, insieme con la scelta di prodotti biologici, è alla base di una rieducazione e riscoperta dei sapori originari che la clientela oggi dimostra di ricercare e apprezzare. Sale, burro e altri condimenti non fanno che appiattire il gusto e appesantire i piatti. Aprendo Happy Salad ci siamo resi conto di non essere i soli a coltivare questa idea di alimentazione e che la gente era pronta per una proposta di questo tipo. Siamo soddisfatti dell’avvio, felici di proporre pasti nutrienti, appaganti e leggeri». E riprendere il lavoro in ufficio è più facile!




Funivia dall’aeroporto a Bergamo, un’idea senza gambe

MiniMetro-PERUGIA
Il Minimetrò di Perugia. I 3 milioni di passeggeri all’anno coprono appena il 50% dei costi di gestione

Venghino, signori, venghino. Macché Città Alta, le Mura o l’Accademia Carrara. La vera attrazione turistica di Bergamo ancora non si vede ma abbiate solo un pizzico di pazienza e avrete di che lustrarvi gli occhi. L’ha promesso nientemeno che l’assessore regionale ai Trasporti, Alessandro Sorte. Il piccolo fenomeno della politica bergamasca, gratificato pressoché ogni giorno di un articolo sulla stampa locale, si sta spendendo in queste settimane per la realizzazione di un collegamento città-aeroporto per mezzo di una funivia. Due sarebbero, secondo il suo profondo pensiero, gli atout del progetto: anzitutto, costerebbe molto meno dell’ipotizzata nuova tratta ferroviaria; in secondo luogo, udite udite, funzionerebbe da attrazione turistica “in grado di attirare le famiglie”.

C’è già chi ha giustamente osservato che il contesto in cui si dovrebbe calare il capolavoro ingegneristico non è un parco divertimenti ma una città che, al netto di qualche bruttura, ha saputo conservare nei secoli una qualità architettonica ed urbanistica di buon livello. Ma in fondo il rilievo estetico, il più facile da comprendere anche per chi probabilmente arrivando dal contado non ha trovato grandi modelli per affinare il suo gusto, conserva ampi margini di discrezionalità. Altrettanto è difficile dire per i criteri economici. Con i numeri non si può scherzare e allora, prima di farsi prendere dall’entusiasmo con dichiarazioni perlomeno sopra le righe, converrebbe metter giù qualche conto. E magari provare a guardarsi attorno, giusto per capire se c’è qualche modello da studiare. Senza fare nemmeno troppa fatica, lasciando perdere le città europee un po’ superficialmente evocate fin qui (troppo diversi i contesti urbani e le normative), si può far tappa a Perugia. Sì, quella del sistema di scale mobili che tante volte a Bergamo abbiamo invidiato. Quella che, non contenta di aver realizzato un modello di risalita copiato a più non posso (da Orvieto a Spoleto passando per Siena), ha varato il “Minimetrò”. Tecnicamente definito “people mover” (trasporto automatico su rotaia con trazione a fune), come dice il nome stesso è una piccola metropolitana sospesa che collega la periferia, in particolare l’area dello stadio, dotata di ampi parcheggi, con il centro storico. Sette stazioni in tutto, il “Minimetrò” conta su 25 vetture da 20 posti ciascuna che viaggiano con una frequenza media di 2 minuti e mezzo. E’ stato inaugurato nel 2008 e ad oggi trasporta tra i 2 milioni e mezzo e i tre milioni di passeggeri all’anno. Il costo, quasi 100 milioni (il 60 per cento a fondo perduto grazie alla legge che in Bergamasca è stata utilizzata per la Tramvia delle Valli), è la base di partenza per capire quanto sia impegnativa l’impresa. Tanto più se, pur con quei volumi di traffico, la gestione riesce a coprire “solo” il 50 per cento dei costi con biglietti e abbonamenti.

SorteSe quelli sono i numeri, chi oggi guarda al collegamento con Orio deve capire che la sostenibilità economica di un intervento simile è assai precaria. Per opere del genere i flussi di traffico devono avere dimensioni di milioni di persone (3 milioni e mezzo sono quelle che utilizzano, per esempio, la Tramvia della Valle Seriana). Tra l’aeroporto e la città non ci sono oggi e difficilmente ci saranno in futuro. Neanche se il collegamento dovesse prevedere, come succede a Perugia, stazioni intermedie (vedi la Fiera, per esempio).

Ecco perché, estetica a parte, il dibattito che si è sviluppato fin qui pecca, a voler essere generosi, di astrattezza. Stupisce che ad animarlo sia un assessore regionale con co-protagonisti (si son detti disponibili a confrontarsi) il sindaco Giorgio Gori e il presidente della Provincia Matteo Rossi. Tre soggetti che dovrebbero fare del pragmatismo la loro stella polare. Oltre che a Perugia, guardino a tutte le città raggiungibili da Bergamo con Ryanair. Tranne pochissime eccezioni, sono tutte collegate agli scali con pullman, a volte anche con distanze notevoli (vedi Parigi o Barcellona), eppure nessuno se ne lamenta. Il mezzo di trasporto è importante, certo, ma non è tutto per chi desidera visitare una città. Lo è molto di più, fino a diventare fondamentale, per chi ci vive o ci lavora. E allora non del collegamento con Orio bisognerebbe parlare, ma della risalita a Città Alta o della linea metropolitana sull’asse Ponte S. Pietro-Seriate. Queste sì di straordinaria utilità. E pazienza se non saranno mai attrazioni turistiche.




Pasquetta, al castello di Malpaga “assalto” ai prodotti tipici

È piaciuta davvero la Pasquetta proposta da Confagricoltura Bergamo al castello di Malpaga: un pic nic apparecchiato da ben 30 aziende agricole che nelle proprie postazioni hanno proposto prodotti e piatti tipici. La bella giornata, lo scenario storico, le iniziative di intrattenimento organizzare a corollario – come le visite al castello, gli spettacoli in costume, l’area didattica e l’esposizione di carrozze – hanno fatto il resto regalando alla manifestazione quasi 8mila presenze e un bilancio sopra ogni aspettativa. L’evento, dal titolo “Enogastronomia, storia e tradizione”, è stato realizzato nell’ambito del progetto di Confagricoltura “Expo… anch’io”, progettato in avvicinamento all’esposizione universale di Milano e al suo tema “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”. L’alimentazione si è così intrecciata con la promozione della produzione agricola, l’enogastronomia, ma anche con la storia e l’arte del territorio.




Era in prima linea contro il degrado di Via Previtali

48 anni appena compiuti, Gigi Parma era una persona molto nota in città. Non solo dalla variegata clientela del suo locale, che lo scorso anno ha festeggiato i 15 anni apertura, ma anche per gli impegni in ambito associativo e politico. Oltre ad aver rappresentato il mondo dei pubblici esercizi in  Ascom per alcuni mandati, è stato presidente dell’associazione di commercianti Tasso Insieme e della Comunità delle botteghe di Città alta, dove ha gestito il pub Papageno, e dato vita all’associazione per il rilancio delle attività commerciali Bergamo al Centro. Attualmente era responsabile per il Commercio dell’Associazione Rete Imprese Bergamo. Tra le sue iniziative più recenti il richiamo dell’attenzione di istituzioni e forze dell’ordine sulla sicurezza alla zona di via Previtali, in particolare sull’escalation delle risse notturne tra i frequentatori di locali etnici.