I testimoni: “Si sentiva un forte odore di gas”

I testimoniI tre testimoni dell’esplosione avvenuta questa mattina, alle 4,30, al Maguire’s Pub di via Previtali a Bergamo. Si tratta di due tunisini e un marocchino. Hanno raccontato di aver sentito un forte odore di gas, poi l’esplosione e le fiamme. I tre hanno aggiunto di aver tentato di entrare nel locale per portare eventuali soccorsi ma senza riuscirvi. “C’erano fiamme e molto fumo” hanno precisato. Poi sono arrivati i vigili del fuoco e le forze dell’ordine.

 




Maguire’s pub, Parma indebitato. L’incendio doveva essere la soluzione

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Sulla tragica morte di Gigi Parma, rimasto vittima nell’esplosione avvenuta martedì mattina alle 4,30 all’interno del suo pub, il Maguire’s di via Previtali, gli inquirenti cominciano ad avere le idee un po’ più chiare. Sono state escluse le piste dell’attentato, dell’ incendio doloso ad opera del racket. Resta – ed è l’ipotesi su cui si sta indagando – il reato del semplice incendio, in attesa di ulteriori sviluppi. Gli inquirenti, nel ricostruire gli ultimi istanti di vita di Parma, si sarebbero imbattuti in diversi particolari che starebbero delineano uno scenario angosciante.

Stando alle prime ricostruzioni, infatti, all’interno del locale sarebbero state trovate tre taniche di benzina senza i tappi e dei guanti di lattice indossati dalla vittima. Considerato che la porta del pub non è stata forzata – le chiavi erano ancora inserite nella serratura – e che Parma aveva fatto ritorno nel locale un’ora dopo la chiusura, l’ipotesi al vaglio è che sia stato lo stesso titolare a scatenare l’incendio che ha poi generato l’esplosione.

Ci sono ulteriori elementi che, secondo gli inquirenti avvalorerebbero questa tesi: il fatto che Parma abbia lasciato i tre cellulari a casa (per non essere tracciato?) e la moto parcheggiata, una volta tornato al pub, in un posto insolito rispetto alle abitudini. Non solo: avrebbe fatto ritorno al pub eludendo tutte le telecamere pubbliche in città. Il che fa pensare a un piano studiato a tavolino, forse per incassare i soldi dell’assicurazione e porre un rimedio alla situazione debitoria fuori controllo. In queste ore, del resto, non sono più un mistero le difficoltà che Parma aveva nel pagare i fornitori, i 16 dipendenti, l’affitto del locale. Dar fuoco al pub era diventata quindi l’ultima spiaggia, la soluzione per ripartire, e ciò getta qualche ombra anche sulla veridicità delle minacce che Parma sosteneva di aver ricevuto. Sono state costruite a tavolino per dare più credibilità all’incendio? Questa è l’ipotesi avanzata dagli inquirenti.

Nell’esplosione – lo ricordiamo- sono rimaste intossicate una decina di persone. Tra queste anche un bimbo di 3 anni. Il piccolo, come gli altri che hanno dovuto ricorrere alle cure mediche, vive in uno degli appartamenti sopra il locale di via Previtali. A ripercorrere i drammatici momenti è il padre del bimbo. «Abbiamo sentito un botto e abbiamo cercato di capire dove era successo – racconta l’uomo, che era in casa con la moglie e il figlioletto – . Dalle finestre abbiamo notato che le fiamme e il fumo salivano sui piani, ci siamo spaventati tanto». «Abbiamo tentato di uscire, ma non potevamo – prosegue -: stavano prendendo il sopravvento le fiamme e il fumo nero, non capivamo se potevamo passare dall’altra parte, siamo tornati in casa, poi siamo stati aiutati dai pompieri. Mio figlio ha respirato il fumo, è stato portato subito al Pronto soccorso e poi dimesso dopo gli esami. L’appartamento è agibile, ma per ora non entriamo: non sono sicuro, meglio aspettare». I funerali di Gigi Parma sono stati intanto fissati per venerdì, alle 10, nella chiesa del cimitero di Bergamo.

 




L’indagine / «Se potessi avere 1500 euro al mese»

Uno studio su due ha risentito della crisi, uno su tre deve attingere dai risparmi personali.Stanno meglio ingegneri e avvocati, peggio designer e veterinari. E’ questo il quadro in chiaroscuro delineato dall’Indagine condotta sui professionisti milanesi dalla Consulta Professioni della Camera di Commercio di Milano.«La crisi ha colpito in modo profondo i professionisti – ha dichiarato Potito Di Nunzio, Presidente della Consulta delle Professioni della Camera di commercio di Milano e presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Milano -. In particolare i free lance meno organizzati rispetto agli studi professionali. Ma anche questi ultimi stanno facendo fronte ad una incisiva riorganizzazione interna. Ecco perché è ancora più importante una maggiore collaborazione tra professionisti e imprese, che possa generare effetti positivi su una possibile ripresa».  La prima causa di difficoltà è per i grandi studi il mancato pagamento dei clienti privati e per i free lance la mancanza di commesse. I più strutturati hanno reagito con ristrutturazione del lavoro interno, taglio dei costi e aumento delle ore di lavoro, i piccoli cercando di aumentare le conoscenze. Tutti hanno ridotto i prezzi.  La metà dei professionisti, per la maggiore presenza dei free lance, non supera i 1.500 euro mensili. Il 18% supera i 3mila euro. Tra i meno giovani oltre 45 anni, il 23% supera i 3mila euro. Le donne nel 60% dei casi sono sotto i 1500 euro. Redditi più elevati per ingegneri e professioni giuridiche, meno per architetti, veterinari e professioni creative. Insoddisfatti, per il reddito il 67% e per gli orari di lavoro il 40%. Ma sono contenti per l’autonomia professionale (51%). Affrontano il lavoro in rete: solo il 13,6% fa da sé. Il 70,3% non esce per lavoro dalla dimensione della provincia. La maggior parte non ha creato un’impresa, quelli con sola partita Iva sono il 65%.




I liberi professionisti fanno i conti con la crisi. Redditi da fame (o quasi)

avvocatiIl 45,5%  dei professionisti ha risentito “significativamente” dell’impatto della crisi, il 37,8% solo in forma contenuta; il 16,7% è passato pressoché indenne. Il 30% attinge ora ai risparmi personali. Il 56% chiede semplificazione amministrativa e burocratica. E’ questo il quadro che emerge dall’indagine su circa 600 professionisti della Consulta provinciale delle professioni realizzata dalla Camera di commercio di Milano attraverso il  Consorzio Aaster. Qual è la situazione a Bergamo? Avvocati, architetti e commercialisti non nascondono le difficoltà.

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Alberto Carrara


Alberto Carrara,
presidente provinciale dell’Ordine dei Commercialisti e della Consulta Professioni della Camera di Commercio di Bergamo, allarga le braccia: « La crisi si fa sentire, eccome. Le difficoltà permangono nonostante i dati congiunturali evidenzino una timida ripresa. Ad oggi sembra alquanto arduo recuperare i livelli di fatturato e reddito passati. E’ vero che nuove aziende si affacciano sul mercato, ma purtroppo la maggior parte di esse è poco strutturata e alquanto fragile. Solo una minima parte riesce a stare sul mercato». Il problema dei ritardi nei pagamenti resta il più sentito dalla categoria: « I costi fissi e le spese di gestione che ogni studio o attività porta con sé continuano ad aumentare e a pesare sempre più nei bilanci di ogni professionista. Purtroppo i ritardi nei pagamenti creano grossi problemi e incassare le parcelle in tempo utile diventa davvero un’impresa». Il mercato si restringe sempre più fino a sfiorare la saturazione e la concorrenza si fa sempre più spietata: «L’Ordine dei commercialisti conta ad oggi 1600 iscritti e a questo numero se ne aggiungono 50-60 nuovi l’anno. Il mercato è ormai saturo e nonostante il territorio bergamasco sia molto industrializzato ed abbia un tessuto imprenditoriale particolarmente radicato, 1600 professionisti per un milione di persone continuano ad essere troppi». E’ difficile parlare di redditi, ma Alberto Carrara di fronte al dato milanese dei 1500 euro mensili storce il naso: « E’ insostenibile lavorare per poco più di mille euro netti al mese, nonostante la tassazione agevolata prevista per le partite Iva al di sotto dei 30 mila euro. Certamente per chi inizia la professione i primi anni sono sempre più difficili. La differenza per ogni professionista continua a farla la struttura: le spese di studio continuano a crescere e il personale incide molto. In questi anni studi ben avviati si sono visti costretti a ridurre e ridimensionare il personale». Del resto i commercialisti sono i primi ad offrire consulenze per ristrutturazioni aziendali o a gestire fallimenti: «Il controllo di gestione è fondamentale in questa fase congiunturale, ma credo che il futuro stia nell’internazionalizzazione».

Marcella Datei
Marcella Datei

Marcella Datei, vicepresidente provinciale dell’Ordine degli Architetti e referente del gruppo di lavoro sulla Professione, evidenzia come i più recenti dati Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali di  Mercato per l’Edilizia e il Territorio) siano avvilenti quanto al reddito: « Per il 2013 si parla di un reddito medio di 17 mila euro lordi per professionista iscritto all’albo. La situazione è senza dubbio difficile: tra crisi dell’edilizia e politica di tassazione sulla casa penalizzante per il settore sembra difficile intravedere una ripresa. Ciò che lascia desolati non è solo l’impoverimento della categoria a livello economico, ma la perdita del nostro ruolo sociale. Vigiliamo sulle opere pubbliche ed il nostro è un compito importante per tutta la comunità». Il principio del massimo ribasso e l’eliminazione delle tariffe minime dell’Ordine non aiutano la professione:«E’ una giungla e senza regole non si può che lavorare male. E’ sempre più difficile avere accesso alle gare per le opere pubbliche. Il principio del massimo ribasso è estremamente iniquo e la qualità non può esserci se le imprese lavorano sottocosto. Più concorsi di progettazione porterebbero ad un innalzamento della qualità delle opere e a luoghi più pensati e vivibili per tutti». Gli incentivi sulle ristrutturazioni non riescono a compensare la grande crisi in cui versa l’edilizia: «Ristrutturazioni e rigenerazione urbana sono le principali scommesse per il futuro, per reinventare i nostri luoghi. Gli incentivi hanno stimolato solo in parte il ricorso alle ristrutturazioni perché in questo momento di crisi la propensione al risparmio delle famiglie continua ad essere più forte della volontà di riqualificare il proprio immobile». Il futuro sta nell’internazionalizzazione e nella collaborazione tra professionisti: «La media di presenze in uno studio di architettura è ancora lontana dall’arrivare a due persone, a testimonianza di quanto le nostre strutture siano micro e, in quanto tali, non competitive. Bisogna allargare i propri confini, avviando collaborazioni con professionisti anche oltre i confini nazionali». Quanto al mercato, il numero degli iscritti è sostanzialmente stabile negli ultimi anni: « Dopo il boom dagli anni Ottanta al 2000, non ci sono stati grandi exploit. E la nostra professione, in bilico tra tecnica e creatività, ha saputo cambiare pelle adattandosi al mercato: sono davvero molte le declinazioni della nostra professione, dalla grafica al design».

Ermanno Baldassarre, presidente provinciale dell’Ordine degli Avvocati, sottolinea i problemi della categoria: «Non ho numeri e percentuali da illustrare ma, purtroppo, non posso che confermare la difficoltà che sta attraversando anche la professione forense. Da una parte vi è l’annoso e irrisolvibile problema del numero degli iscritti, che ormai è diventato un dato acquisito e dall’altro l’obiettiva crisi che l’economia sta vivendo. La miscela è quindi esplosiva perché oltre a restringersi le opportunità lavorative per il sovraffollamento, vi è l’ulteriore problema del ritardo o, peggio ancora, dell’assenza dei pagamenti, tenendo conto che anche una piccola struttura ha i suoi costi fissi che devono essere onorati. Lo stesso mercato del lavoro ha poi una conseguenza grave perché per consentire margini vitali è necessario tagliare costi e quindi personale». Non resta che ingegnarsi e mettere in campo tutto il proprio spirito di sopravvivenza: «La nostra professione ha attualmente pochissima attenzione normativa sotto il profilo della gestione della crisi- continua Baldassarre-. I rimedi più immediati, come dico da sempre, sono la preparazione del professionista, il ricorso alle associazioni professionali, che consentono di abbassare i costi di gestione e la specializzazione, che può consentire al giovane avvocato di ritagliarsi uno spazio più appetibile sul mercato». La categoria cerca di fare scudo alla crisi con iniziative di sostegno: «Le istituzioni degli avvocati, in particolare Cassa forense, stanno cercando di mettere a punto soluzioni e convenzioni creditizie che consentano di affrontare con i dovuti aiuti l’avvio della professione. Si stanno anche aprendo ulteriori possibilità con gli ultimi provvedimenti legislativi, come la negoziazione assistita, nella speranza che il Ministero della Giustizia continui a credere nelle positive potenzialità dell’avvocatura rispetto alla giurisdizione. E’ innegabile comunque che il quadro sia a fosche tinte e che ci sia bisogno del contributo di tutti, mai importante come in questo momento, soprattutto dal punto di vista morale ed etico del nostro lavoro, è attesa la sua fondamentale rilevanza sociale».

 

 

 




“Acqua di Bergamo”, in arrivo anche il profumo per il cane

Acqua di BergamoI profumi hanno precise caratteristiche e una formula di composizione tali di differenziare l’uno dagli altri. La creazione di un profumo richiede molta ricerca di laboratorio e il supporto di uno dei cosiddetti “nasi”, persone di spiccata sensibilità ed esperienza in grado di suggerire la formula giusta e innovativa.

Acqua di Bergamo, la linea di prodotto sviluppata da Sorgentis, risponde esattamente ai criteri così riassunti, ma si distingue anche per una serie di specificità che contribuiscono a rendere singolare ognuna delle cinque profumazioni poste sul mercato. Per fornire originalità alla fragranza “made in Bergamo” ci si è avvalsi dell’esperienza di Carlo Ribero, considerato il naso per eccellenza in Italia. Il profumo è stato realizzato utilizzando processi lavorativi che integrano circa 120 ingredienti per ogni linea di prodotto. Gli ingredienti comuni a ogni linea sono bergamotto, gelsomino, salvia, ambra. La fragranza viene lasciata macerare nell’alcol per 40 giorni e poi imbottigliata nella confezione da commercializzare. Il confezionamento viene eseguito in un ambiente dedicato “clean”.

Il processo di lavorazione si basa su metodologia e tecnica artigianale, che però garantisce un livello di qualità molto alta e una percentuale di fragranza di 15 parti ogni 100 ml contro una media dell’8-10 per cento delle produzioni premium presenti sul mercato. La ricetta del profumo non è solo sommatoria di 120 diversi ingredienti, ma anche frutto della modalità del loro utilizzo e della particolarità del processo. La sequenza della mescolanza dei vari elementi determina il risultato finale e la qualità della fragranza.

“Il concept è stato sviluppato per ognuna delle cinque linee di prodotto ispirandoci ad alcuni elementi identificativi della città di Bergamo, che garantissero una riconoscibilità e identità in un contesto internazionale – spiega Davide Bonalumi, sales manager di Sorgentis – Oltre ai riferimenti a Piazza Vecchia, Città Alta e Arlequine (Arlecchino), abbiamo richiamato Giacomo Costantino Beltrami, un personaggio bergamasco noto per essere stato un esploratore nel nord America e aver legato le sue esperienze alla cultura degli Indiani d’America. Da qui l’ispirazione a Apache e Cheyenne”.

Acqua di Bergamo, marchio già noto e apprezzato nel mondo della profumeria a livello internazionale e che sta conquistando piazze sempre più importanti, si appresta a lanciare nel 2015 due linee decisamente innovative: un profumo per bimbi senza allergeni e uno per cani, l’amico fedele di tante famiglie per il quale è pronta una speciale acqua profumata senza alcol. “Abbiamo accettato volentieri le sollecitazioni che ci sono arrivate da molti clienti – ha spiegato Bonalumi – e da maggio cominceremo la vendita di questo profumo nel dutyfree dell’aeroporto di Orio”




Bottura: “Meglio un’acciuga che un tonno dell’oceano indiano”

BotturaL’Expo è “un’occasione che l’Italia non può sprecare” visto che c’è la possibilità “di dimostrare chi siamo”: l’esposizione di Milano è l’ultimo campo d’azione di Massimo Bottura, alfiere della cucina italiana contemporanea e testimonial della nuova “responsabilità sociale” dello chef. Con la Caritas Ambrosiana e un team di architetti, designer, artisti e chef di livello internazionale, è nata l’iniziativa di lotta agli sprechi di cibo. “Era giusto dare un esempio, così – dice Bottura in una lunga intervista con l’Ansa – nel Refettorio 2015 trasformeremo con i miei amici (ci saranno tra gli altri, Rene Redzepi, Ferran Adria, Yoshihiro Narisawa e Luca Fantin, ndr) gli avanzi quotidiani dei padiglioni per pasti gratuiti. Vista l’eco, la Caritas ci ha chiesto di estendere il progetto dal mese e mezzo iniziale a tutti e sei mesi dell’Expo per creare la base solida di un lascito alla città di Milano”. Tra gli altri impegni Expo, “ho avuto l’invito dal padiglione americano il 4 luglio”, racconta divertito (“farò qualcosa di americano visto da un italiano”). Poi altri eventi che includono la regione Emilia-Romagna e il padiglione central del design, ma il tema guida della manifestazione (“nutrire il pianeta, energia per la vita”) lo riporta su “temi seri”, come la responsabilità sociale dello chef. “Il cibo è condividere con gli altri, è inaccettabile che se ne sprechino 1,3 miliardi di tonnellate all’anno, sufficienti a sfamare quattro volte chi ne ha bisogno”, rileva l’arcichef emiliano, che a marzo da San Sebastian ha lanciato con gli amici “chef internazionali” la campagna sul consumo di pesce azzurro (“un’acciuga e una sarda nelle mani giuste danno più emozioni, sono meglio di un tonno pescato nell’oceano Indiano e arrivato in Italia zeppo di conservanti”). La responsabilità sociale e la cultura sono la bussola degli chef. “Così è nato il Riso, cacio e pepe del 2012, divenuto un simbolo di speranza e che ha aiutato a vendere 360mila forme di parmigiano danneggiate dal terremoto” dell’Emilia. “Attraverso la cultura si arriva alla conoscenza che apre le porte alla coscienza che porta al senso di responsabilità”.




Zogno, sempre più difficile l’apertura di nuove attività

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In vista dell’Expo, Zogno si rifà il look. E non solo dal punto di vista urbanistico. Natura, cultura, sport e tempo libero saranno le parole d’ordine per rilanciare il turismo e attirare visitatori in Valle Brembana. Il tutto senza mai dimenticare la tecnologia che, tra web, Facebook e app per cellulari, farà da traino per dare sprint a un’economia che, negli ultimi tempi, ha subito una forte battuta d’arresto. E chi non manca mai quando in paese bisogna darsi da fare per pianificare un evento è Giampaolo Pesenti. L’assessore alle Attività produttive, Urbanistica, Edilizia Privata, Commercio, Turismo ama infatti collaborare con cittadini e commercianti per la buona riuscita di ogni iniziativa: «Io sono sempre in prima linea nell’organizzazione di Notti bianche, Carnevale, Aspettando San Lorenzo, la rassegna autunnale Sapori e culture… L’amministrazione mette da sempre impegno e risorse economiche per garantire la buona realizzazione di serate ormai consolidate. Ma ogni anno ci sforziamo di inserire qualche elemento di novità per creare “movida” in centro e incoraggiare lo  shopping».

C’è partecipazione tra i negozianti o ci vorrebbe più coesione?

«Tutto il mondo è paese, c’è chi partecipa e chi meno. Il traino è l’associazione Punto Amico che collabora molto con noi per vivacizzare il paese».

Anche le botteghe di Zogno stanno sentendo il peso della crisi?

«La crisi c’è, ma si cerca di resistere. Il numero di negozi in centro si è stabilizzato, con qualche buco qua e là».

Giampaolo Pesenti, assessore al commercio di Zogno
Giampaolo Pesenti

Sono più in difficoltà le botteghe storiche o i negozi di recente apertura?

«Le botteghe storiche resistono. Oggi però, più che in passato, facciamo fatica a rimpiazzare i soliti due o tre negozi che ciclicamente continuavano a cambiare proprietario. Forse perché le spese da affrontare, per chi si mette in proprio, sono parecchie e, in periodi come questi, la gente ci pensa due volte prima di aprire un’attività».

Quali sono le qualità che rendono Zogno un centro appetibile per chi viene a fare la spesa?

«Storicamente Zogno, per la sua conformazione urbanistica, ricalca una struttura medievale: ha una strada principale che passa in mezzo al paese con le case e i negozi sui lati. Questo ha permesso di dar vita a una sorta di centro commerciale all’aperto. Siamo gli unici in valle a possedere questa caratteristica. A San Pellegrino, per esempio, manca questo tipo di struttura perché il paese si è sviluppato diversamente seguendo i fasti della regina, con i suoi edifici più moderni in stile liberty. Il nostro centro è invece ricco di storia e per questo non attira solo i consumatori abituali ma anche i turisti».

Zogno fa parte del Distretto dell’attrattività turistica. In che cosa consiste?

«Il Dat chiamato Valli in f@miglia abbraccia la bassa Valbrembana, la Valtaleggio e la Valsassina e ci consentirà di collaborare per promuovere un turismo a dimensione familiare e non elitaria. È un’iniziativa nata per rilanciare il commercio e valorizzare le nostre risorse artistiche e storiche. Qui intorno abbiamo tantissimi luoghi da riscoprire, dall’Ecomuseo della Val Taleggio, dove è possibile seguire la produzione del formaggio immersi nella natura, al museo della Valle di Zogno che l’anno scorso si è arricchito con fossili di pesci unici al mondo. Per non parlare delle Grotte delle meraviglie. Speriamo che anche le Terme di San Pellegrino facciano da traino».

E dal punto di vista della ricettività turistica come siete organizzati?

«Abbiamo un paio di bed and breakfast qui a Zogno che lavorano bene. Il più noto è quello di Giovanni Ruggeri che gestisce “Casa Martina” nell’antico borgo di Piazza Martina. Nel Piano di governo del territorio abbiamo ampliato la possibilità di dar forma a queste nuove forme ricettive. E nell’unico albergo rimasto a Zogno, il ristorante hotel Da Gianni, sono in corso lavori di ristrutturazione e di adeguamento del piano inferiore con la realizzazione di nuove stanze, una sauna e servizi moderni al passo con gli standard di una Spa deluxe. Tutti si stanno dando da fare per adeguarsi ai tempi che cambiano, mettendoci anche tanta passione».

Promuoverete pacchetti turistici e iniziative anche attraverso internet?

«C’è il nuovo sito www.zognoturismo.it che promuove natura, cultura, sport e tempo libero, con indicazioni su dove alloggiare e cosa visitare. Con il quinto bando della regione Lombardia il distretto del commercio di  Zogno, Valbrembilla e Sedrina ha inoltre dato vita all’App per cellulare “Shop&tour – La Porta della Valle Brembana”, che illustra percorsi storici, artistici, punti di interesse naturalistici ed escursioni in mezzo alla natura».




Sarnico Lovere Run, a correre è anche la solidarietà

Partenza slrunBuone notizie per le strutture ricettive. Per la «Sarnico Lovere Run», la corsa del Lago d’Iseo, ormai prossima alla linea di partenza, saranno più di 1000 i concorrenti che pernotteranno negli alberghi e b&b della zona, la maggior parte già esauriti da settimane. L’appuntamento si annuncia molto positivo anche per i ristoratori e i pubblici esercizi che nel weekend podistico saranno presi d’assalto.
La gara, alla quinta edizione, è in programma domenica 26 aprile e richiamerà sul Lago d’Iseo circa 3000 corridori, tra professionisti e appassionati da tutta Italia e dall’estero. La macchina organizzativa Poli-Gandaglia-Cassarino-Zana è al lavoro da mesi. Per la corsa saranno impegnati più di 300 volontari.
Anche per questa quinta edizione la corsa sarà abbinata alla causa della ricerca sulla Sindrome di Angelman. L’Associazione Angelman onlus sarà impegnata nell’accoglienza dei runners con oltre 50 volontari. Insieme alla corsa di 26 km torneranno la non competitiva di 6 km «Riva di Solto-Lovere» e la «Corsa dei bambini» con la regia di Gianni Poli e la collaborazione delle scuole, che si terrà invece il giorno prima, sabato 25 aprile, alla pista di atletica di Sarnico.

conferenza stampa slrun 2015
Un momento della conferenza

La manifestazione è stata presentata nei giorni scorsi all’Accademia Tadini di Lovere alla presenza del sindaco loverese, Giovanni Guizzetti, e degli assessori allo sport di Sarnico, Tavernola, Riva di Solto e Solto Collina. Unanime la soddisfazione da parte degli amminstratori di ospitare “un evento tanto di richiamo e prestigioso che dà finalmente grande visibilità al Lago d’Iseo e una spinta importante al turismo sebino”.

 




Fra poco ci tasseranno anche le scale e la morte

Impianti di risalitaE’ sufficiente dire che proporre di mettere l’Imu sugli impianti di risalita è una colossale idiozia? Io credo di no: penso, anzi, che proprio partendo da questa idea balzana si debba riconsiderare il senso del prelievo fiscale in questo Paese e, più ancora, della politica fiscale di chi ci governa. Tassare una seggiovia come se fosse un immobile (e anche tassare un immobile, che, quando l’hai acquistato, è già stato gravato di un simpatico balzello mica da ridere, mi sembra una patrimoniale mascherata) è follia pura: follia in senso generale, visto che un impianto di risalita necessita costantemente di lavori, di revisioni, di collaudi, cosa che un immobile non si sogna di fare; a ciò si aggiunga che un impianto di risalita produce posti di lavoro, indotto, piacere fisico e morale nell’utente, cosa che un immobile non si sogna di fare; per di più, un impianto di risalita paga già fior di tasse sull’energia elettrica, sugli stipendi degli addetti e, soprattutto, sui ricavi stagionali, cosa che, lasciatemelo rivelare ai signori ministri, un immobile non si sogna di fare. Insomma, una funivia non è una casa: bisognerebbe che qualcuno lo spiegasse a quei cervelloni del governo. Oltre a ciò, vi è una follia, per così dire, settoriale, anzi, climatico-ciclica: sono anni che nevica poco, che fa caldo, che la stagione sciistica è ridotta ai minimi termini. Anziché aiutare il settore, che periclita notevolmente, questi furbacchioni gli danno il colpo di grazia: quasi che perseguano scientemente non la salvezza ma la distruzione del nostro povero Paese. Guadagni meno? Gli alberghi sono mezzi vuoti per la crisi? Sempre meno gente pratica lo sci? E io ti aggiungo una bella tassa, così vai a remengo più in fretta e senza troppo agonizzare! Però, a questo punto, bisogna che facciamo mente locale, su tutte queste gabelle che ci piovono in testa: va bene essere obbedienti e rispettosi, va bene la pazienza tradizionale delle genti alpine e subalpine, però qui c’è davvero puzza di bruciato. Intanto, viene da chiedere se questi provvedimenti siano veramente partoriti da un’équipe di deficienti, come parrebbe, oppure se vi sia, in queste scelte scellerate, una sorta di “cupio dissolvi”: insomma, se il fine ultimo di tutta la faccenda non sia affossare per sempre la nostra economia. Oppure, se non siamo molto più sull’orlo del baratro di quanto ci vengano a raccontare, e si tratti semplicemente del grattare il fondo del barile, tassando le ombre, l’acqua, la terra e le seggiovie. Delle due l’una et tertium non datur: non posso credere che si tassino i terreni di montagna, gli impianti di risalita e non si tassino gli immobili religiosi o sindacali. Non voglio credere che, sulla tolda del vascello, che naviga in acque di per loro burrascose, ci sia una ciurma di ubriachi. I rifugi chiudono, perché d’estate piove e d’inverno fa caldo e questi tassano la montagna: o ci odiano, o sono pazzi, oppure c’è sotto qualcosa. Siccome pazzi non mi paiono, e non capisco che motivi avrebbero d’odiarci, concludo che sotto vi sia qualche segreto inconfessabile. Per esempio, il fatto che non ci stiamo per nulla risollevando da una crisi strutturale che è stata solo accentuata dalla contingenza internazionale, ma che sarebbe stata inevitabile comunque, prima o poi, in uno Stato gestito da malavitosi, papponi e cialtroname assortito. Un’Italia che si regge sul malaffare, che emargina i capaci e gli onesti, in cui tutti rubano più che possono e se ne fregano lietamente del domani, non poteva durare a lungo. E, infatti, casca a pezzi: non ci sono soldi per niente e per nessuno, tranne che per i ladri e gli imbroglioni. Dunque, le scelte scriteriate del governo, in materia fiscale, mi sembra possano ricondursi a due semplici strategie: la prima è quella di individuare i pochissimi settori che non siano già stati tassati, per rimediare qualche spicciolo, in modo da tirare avanti la baracca ancora un po’. L’altra è quella di non toccare mai, a nessuno costo, gli interessi dei veri potenti, le prebende, i benefici, le immunità dei soliti noti. Quelle sono intangibili: piuttosto, vengono tassate la sabbia delle spiagge e l’aria che respiriamo. E, allora, in una società che si regga sull’ingiustizia e che faccia della diseguaglianza di fronte alla legge la propria misura e il proprio sigillo, che speranze volete che abbiamo? Altro che tassare gli impianti di risalita: una squadra di pensatori romani lavora notte e giorno ad inventarsi nuovi balzelli. Tasseranno i neonati e l’erba dei giardini: metteranno gabelle sulla produzione di escrementi e sull’uso delle scale. Alla fine, quando non ci sarà più nulla da tassare, tasseranno perfino la morte: si pagherà per morire. E gli inadempienti resteranno in vita per decreto: saremo immortali per colpa dell’agenzia delle entrate. Tanto, l’inferno sarà già qui, sulla terra: che bisogno ci sarà di crepare?




Bergamo, scendono in campo i sette operatori di quartiere

palazzo FrizzoniParte subito dopo Pasqua il nuovo modello di partecipazione promosso dal Comune di Bergamo: arrivano gli “Operatori di Comunità”, le figure individuate dall’amministrazione come facilitatori nel rapporto con il territorio e le reti sociali di quartiere. Una rivoluzione rispetto al modello precedente, quello delle circoscrizioni in cui i rappresentanti provenivano da liste e partiti politici: il nuovo sistema parte invece dalla valorizzazione dell’esistente, ovvero da quelle associazioni, enti e realtà che già lavorano e si impegnano sul territorio e nei quartieri.

A loro si affiancano gli operatori: saranno 7, quattro individuati tra i dipendenti del Comune di Bergamo e tre invece provenienti dai servizi di co-progettazione tra il Comune e il Terzo Settore. Individuati in base ai profili professionali (sono tutti operatori sociali o educatori professionali) e all’esperienza maturata in passato nel lavoro sociale di quartiere, gli Operatori hanno già partecipato ad alcuni dei 29 incontri che l’assessore alla Coesione sociale Maria Carolina Marchesi ha effettuato nei quartieri cittadini per illustrare la riforma e prendere contatto con le realtà territoriali. Ogni Operatore sarà a servizio di 3 quartieri a partire dalle prime settimane di aprile e saranno presentati alle reti sociali esistenti nei quartieri a partire dal 15 aprile.

L’Operatore di quartiere indicherà ai cittadini i servizi a cui potersi rivolgere, le associazioni o i gruppi di quartiere con cui mettersi in contatto, favorendo così la partecipazione attiva alle reti. Inoltre faciliterà i contatti con gli uffici dell’Amministrazione comunale, fornirà informazioni su percorsi o progetti esistenti a cui poter partecipare e interverrà direttamente per favorire il dialogo e l’incontro sul territorio e nei quartieri tra gruppi, associazioni e servizi.

Ogni operatore avrà una sede specifica in ogni quartiere, utilizzando gli spazi ex circoscrizionali e comunali già esistenti: in questo modo potrà divenire riferimento credibile per le reti sociali, delle quali svolgerà mansioni di segretariato, e la cittadinanza. Ogni settimana incontrerà gli altri operatori cittadini, creando un coordinamento costante in grado di omogeneizzare l’attività su tutto il territorio comunale.

A supervisionare l’attività sui territori, vi sarà un Comitato Scientifico, composto dal prof. Ivo Lizzola dell’Università di Bergamo, dal prof. Filippo Pizzolato dell’Università Bicocca e dalla prof.ssa Manuela Tomisich dell’Università Cattolica di Milano.

Nei 29 incontri svolti nei quartieri dall’assessore Marchesi sono emersi molti elementi di interesse: in primis una certa attesa nei confronti del nuovo modello da parte dei cittadini, generando aspettative sul ruolo degli operatori di comunità e sulla futura gestione degli spazi ex circoscrizionali, che potranno da oggi essere affidati anche ai gruppi di quartiere. In alcuni casi, gli incontri hanno generato anche una prima aggregazione di gruppi già esistenti, formando delle reti anche laddove non erano ancora esistenti o effettive.

“Il punto di partenza saranno – spiega l’assessore alla coesione sociale Maria Carolina Marchesi – i 23 quartieri di Bergamo. Le reti (composte da associazioni, istituzioni come scuola e parrocchie, e soggetti che si occupano di servizi di vario titolo) sono diverse tra loro, ma sono tutte una risorsa del tessuto sociale. Il gruppo dei Delegati si riunirà in un coordinamento congiunto con il gruppo di coordinamento interassessorile già operante presso l’amministrazione: in questo modo si favorirà la coesione tra il Comune e i quartieri, mantenendo un filo diretto con coloro che operano sul territorio ed entrano in contatto con le istanze delle reti.”