Alta Val Seriana, il Festival degli Spaventapasseri promuove i prodotti dei campi

spaventapasseriNasce dalla volontà di valorizzare il lavoro nei campi ed i prodotti tipici – primi fra tutti la “Patata di Rovetta” e il “Mais Rostrato Rosso” – il Festival degli Spaventapasseri lanciato l’anno scorso dal Comune e dalla biblioteca di Rovetta ed esteso anche a Castione della Presolana, Cerete, Fino del monte, Onore e Songavazzo.

L’appuntamento va da venerdì 15 a domenica 17 maggio ed è in edizione Expo con sottotitolo “dalla semina alla tavola”. Accanto al concorso letterario e alla colorata gara a realizzare lo spaventapasseri più bello, in ogni paese si svolgono iniziative all’insegna della storia, delle tradizioni e dei sapori locali.

A Rovetta c’è la Festa di primavera e della semina, a Castione La Santusa che mette in mostra le attività agricole di montagna, a Cerete si va alla scoperta dei mulini ad acqua con “Tutta farina del mio sacco”, a Fino del Monte c’è il percorso culturale tra arte e storia, a Onore i laboratori didattici “Per mangiarti meglio” e a Songavazzo incontri e ricette per riconoscere e utilizzare le erbe spontanee. Senza dimenticare degustazioni e ristoro contadino, musica e intrattenimento.

I ristoranti hanno inoltre inserito nel proprio menù un piatto a base di mais Rostrato di Rovetta. A Sangavazzo: Ristorante Donnarumma, Derby, La Baitella; a Castione della Presolana: Hotel Milano, Hotel Aurora, Hotel Prealpi, Trattoria Risol, Le Botticelle, Il Casolare, Del Passo e Cascina Calpa; a Fino del Monte Hotel Garden; a Rovetta: Ristorante Vecchia Costa d’Oro, Blum in Locanda Italiana e Sottozero gelato & cioccolato.

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Arriva Shade Music Festival, maratona techno con un occhio all’alcoltest

shade music festivalDodici ore ininterrotte di musica elettronica – dalle 16 di lunedì 1 alle 4 del mattino di martedì 2 giugno – con otto big del settore. Un evento tutto nuovo per la Fiera di Bergamo, che fa così spazio ad una manifestazione dal taglio giovane ed internazionale. Si chiama Shade Music Festival ed è organizzato dall’Ente Fiera Promoberg e da Giordano Vecchi, titolare della discoteca Bolgia di Osio Sopra e direttore artistico del festival.

Il padiglione B del polo espositivo diventa una maxi sala con un palco di 160 metri quadrati e 5mila i metri quadrati disposizione del pubblico per ballare e divertirsi.

I protagonisti sono tutti conosciutissimi, a cominciare dall’headliner dell’evento: Richie Hawtin, autentico pioniere e protagonista da tre decadi della scena elettronica mondiale. L’artista, inglese di nascita e canadese d’adozione, ha un’agenda d’impegni fittissima, con date, in media ogni anno, in più di 25 nazioni. E poi ci sono lo svedese Adam Beyer, dj, produttore, fondatore della leggendaria etichetta Drumcode, la russa Nina Kraviz, affermata  produttrice e tra le dj techno più amate degli ultimi anni, e ancora David Squillace e Matthias Tanzman, i due resident del party ibizenco più celebre dell’isola (CircoLoco) che suoneranno insieme per un dj set esclusivo in back-to-back, Sam Paganini, l’unico dj italiano che può vantare l’uscita di sue produzioni su tre etichette di rilevanza mondiale come Plus8, Drumcode e Cocoon, Guti, il dj argentino che con i suoi live set ha fatto ballare i più grandi stadi del Sud America e Fabio Florido, talento italiano lanciato dal “maestro” Richie Hawtin.

«I festival dedicati alla musica elettronica sono in forte crescita a livello mondiale – rileva Giordano Vecchi -. Shade Music Festival si inserisce in questo panorama internazionale ricco di appuntamenti importanti e lo fa da subito con uno stile ben preciso. Il festival rappresenta un’avanzata ricerca musicale e propone una line-up composta dai più grandi nomi internazionali in questo momento. Bergamo, insomma, come le più grandi capitali Europee». E lo conferma il dato delle prevendite con il 70% dei circa 6mila biglietti a disposizione già venduto. «Richieste da gran parte dell’Italia – specifica Vecchi -, in particolare da Nord e Centro (le prime quattro città per numero di richieste sono Bergamo, Milano, Brescia e Roma) e anche dall’estero (Svizzera, Austria e Spagna in particolare)».

L’evento sarà anche l’occasione per promuovere il divertimento responsabile e la sicurezza. Sarà infatti presentata, attraverso al distribuzione di materiale informativo e di sensibilizzazione, l’iniziativa “Safe Driver” (guidatore designato), realizzata nell’ambito del progetto “Notti in sicurezza” e dalla collaborazione di discoteca Bolgia Croce Rossa Italiana, Asl di Bergamo, Polizia di Stato, Associazione genitori Atena, Rotaract Club, Rotary Club Dalmine Centenario e Confcooperative Bergamo. L’iniziativa si rivolge ai tanti giovani che frequentano i locali notturni utilizzando per spostarsi una macchina e consiste nell’individuare una persona del gruppo che si prenda l’impegno di non bere alcolici durante la serata, così che possa riportare a casa gli amici in tutta sicurezza. Se all’uscita l’alcolemia del guidatore designato risulterà pari a zero, questi si vedrà consegnare un buono valido per l’ingresso gratuito nello stesso locale o per una consumazione analcolica gratuita.




Latouche: “Si può fare la pace anche attraverso l’economia”

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La decrescita è una delle strade che portano se non alla pace sociale, alla fine della guerra, che si gioca sempre più sul piano finanziario ed economico.  Serge Latouche, economista-filosofo teorico della decrescita e predicatore dell’ “abbondanza frugale” ha portato al Bergamo Festival ieri, 12 maggio,  la sua visione per “Fare la pace”, anche attraverso l’economia. «Il libero scambio è come la libera volpe nel libero pollaio. Ora la volpe è cinese e il pollaio europeo» ha sostenuto senza mezzi termini. E, in pieno semestre dell’ Esposizione, dal palco di Bergamo ha sottolineato: «L’Expo è la vittoria delle multinazionali, non certo dei produttori». L’economista francese ha ribadito come a crescere oggi siano solo le disuguaglianze e la distanza fra chi detiene – e continua ad accrescere- il potere economico  e chi ne viene escluso. Ecco perché, secondo Latouche, la decrescita sarebbe garanzia di una qualità della vita più alta, fatta di riscoperta di valori più autentici da poter estendere a tutti. L’economista-filosofo-  tra gli animatori della Revue du MAUSS, presidente dell’associazione «La ligne d’horizon», nonnchè professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi XI e all’Institut d’études du developpement économique et social (IEDES) della capitale francese- ha risposto ad alcune delle domande e delle questioni sollevate da Marco Marzano, sociologo e professore ordinario di Sociologia dell’Organizzazione dell’Università degli Studi di Bergamo.

Non si fa che ripetere che, una volta usciti dalla crisi, il mondo non potrà essere più lo stesso. Come cambia la vita sociale dopo la crisi?

Tutte le elite guardano al dopo crisi. La realtà è che la crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito. Solo un pazzo o un economista può pensare alla crescita.  La crescita è sparita negli anni Settanta e da allora non è più riuscita a portare maggior benessere rispetto ai suoi costi. Per 30 anni Alan Greenspan, presidente della Fed ha creato una crescita fittizia con speculazioni e bolle immobiliari. Ora si continua a parlare di crescita: peccato che un + 0,4 % non sia affatto crescita e che servano almeno 3 punti percentuali per creare occupazione. E’ evidente che una società di crescita senza crescita non è possibile, anzi è l incubo totale. Significa disoccupazione. E l’Europa impone l’ austerità fino alla morte. Le diseguaglianze crescenti hanno impatto sulla nostra democrazia.

In Europa tra il 1945 e il 1975 abbiamo avuto trent’ anni di crescita,  ma anche di diminuzione delle disuguaglianze, con società più ricche ma anche più eque. Si può tornare alle vecchie ricette keynesiane ?

La festa è finita. La crescita è uscita dai pozzi di petrolio con la prima crisi petrolifera.  E le disuguaglianze si sviluppano sino in fondo. Nei 30 anni gloriosi ha funzionato un mito della economia, il trickle-down: per effetto dello sgocciolamento, la marea fa salire sia i pozzi piccoli che quelli grandi. Il Genuine Progress Indicator-Gpi, o indicatore del progresso autentico, rileva come il benessere statistico aumenti fino al 2000,  ma evidenzia come i costi siano sempre più elevati. Dallo stress, ai problemi di salute e respirazione per effetto dello smog, giusto per fare qualche esempio. Guadagniamo di più, ma dobbiamo anche spendere di più. Dopo il crollo Lehman Brothers, il benessere vissuto reale crolla inesorabilmente, dalla Grecia al Portogallo, all’Italia. Dal trickle-down siamo passati al trickle-up : così oggi i ricchi continuano a diventare sempre più ricchi. Le nazioni ricche – a costo di essere ripetitivo – devono dimenticare la crescita per salvare il pianeta.

serge latouche
Serge Latouche

La politica, i sindacati e lo Stato più in generale sono in crisi. Cosa si potrebbe fare se tutto d’un colpo fosse possibile resettare modelli e paradigmi di governance?

La convinzione e il coraggio dipendono dai politici, mentre il consenso solo dal popolo.  A livello teorico è molto  facile uscire dall’Austerità, ma concretamente si devono mettere in atto diverse azioni. Fondamentalmente tre: bisogna rilocalizzare, riconvertire e ridurre. Rilocalizzare significa demondializzare. Con la caduta del Muro di Berlino si sono inaugurati gli anni della onni-mercificazione. Dalla guerra fredda si è passati ad una guerra economica su scala globale, un conflitto che fa sì che,  ad esempio,  migliaia di contadini cinesi siano espropriati dalle loro terre per dragare acqua per l’industria, per quelle fabbriche cinesi che tolgono lavoro anche alle imprese bergamasche. E’ questa una delle ragioni per cui un Paese deve esportare il minimo possibile. Le idee devono superare il più possibile i confini nazionali, ma i capitali per nulla. Non significa cadere nell’autarchia o nel protezionismo, una sorta di vero e proprio tabù,  ma almeno l’80 per cento della produzione deve restare nel territorio. Anche perché per far circolare merci si costruiscono infrastrutture che distruggono il territorio, come  la Tav.
Il secondo punto è quello della riconversione. Bisogna riconvertire l’energia, soprattutto. Oggi dovremmo lasciare tutto il petrolio sotto terra sennò, come annunciano alcuni recenti studi, il 2050 coinciderà con la fine dell’ umanità,  se andiamo avanti a questi ritmi. Quanto al terzo punto, il libero scambio significa lasciare una volpe libera in un pollaio. Ecco, ora la volpe è cinese e si muove liberamente nel pollaio europeo.

Expo ha a tema la sostenibilità: cosa ne pensa?

Expo ha visto le imprese multinazionali prendere  il sopravvento sulle imprese davvero sostenibili, sulle piccole produzioni giuste e pulite, come le definisce l’amico Carlo Petrini. L’agricoltura va riconvertita perché è troppo produttiva. I concimi chimici e i pesticidi distruggono la vita nel suolo. Certo i primi raccolti segnano una sorta di miracolo, come quello della prima rivoluzione verde, ma  poi anno dopo anno si arriva progressivamente alla desertificazione. Solo l’ agricoltura biologica potrà nutrire il pianeta. Bisogna riconvertire l’industria della macchina e della guerra. E poi ridurre. Anche gli orari di lavoro. Lasciando perdere gli slogan irreali della politica, a partire dalla mia francese, del “lavorare meno per guadagnare di più”, totalmente farlocco, io sostengo oggi come non mai di “lavorare meno per lavorare tutti e per vivere meglio e ritrovare il senso della vita”.  Si può inventare un futuro sereno fuori dalla gabbia di ferro dell homo oeconomicus.

La sinistra scettica le contesta spesso di predicare un mondo più povero,  in cui si cerca di fare qualcosa di mai fatto nella storia dell’umanità. La decrescita porta con sè anche una certa nostalgia per il mondo rurale? Magari anche per la sua Bretagna?

Nella critica alla decrescita ne ho sentite di ogni. Il punto è che la povertà è un’invenzione moderna, perchè la povertà suppone l’esistenza dell’ economia. In Africa, ad esempio, prevale la solidarietà. Quello che io sostengo e invoco e l’ “abbondanza frugale”, che – ribadisco – non è un ossimoro. Ci hanno inculcato l’ idea della Affluent Society, ma la  nostra economia è fondata sulla scarsità e sullo spreco elevato. E’ qualcosa che in un certo senso ricorda l’austerità rivoluzionaria di Enrico Berlinguer. C’è un libro , molto interessante, dal titolo “Età della pietra età dell’ abbondanza” in cui Marshall Sahlins ha proposto una visione del tutto diversa: le società di cacciatori-raccoglitori del paleolitico erano società dell’abbondanza, dove poche ore di lavoro al giorno bastavano alla sussistenza mentre il resto del tempo era dedicato al gioco e alla vita sociale. Un giornalista mi ha chiesto se vorrei tornare all’età della pietra. E io gli ho risposto che in realtà mi piacerebbe andare molto più indietro nel tempo rispetto all’età della pietra. Vorrei vivere un’era in cui si fa l’amore e non la guerra, nemmeno, anzi men che meno, quella economica. Una società con meno oggetti inutili significa essere più ricchi di altre cose, tanto per cominciare più acqua pulita e molto più tempo libero.

Non finiremo nella decrescita comunque senza averlo scelto?

Io credo che non si debba aspettare una catastrofe che ci ricordi che ormai è troppo tardi. E’ chiaro che se il potere continua ad andare dritto per una via – sbagliata – sia difficile invertire la rotta. Ma la storia insegna che cambiare si può. Che si può creare una dissidenza più forte del potere, una rivolta dal basso contro il sistema dominante. In Italia esiste un certo dibattito a favore della decrescita. E io dico che siamo ad un bivio, siamo di fronte ad una scelta: o eco socialismo o barbarie. La decrescita non si fa per caso, ma  una scelta di questo tipo si può incoraggiare. Il progetto della decrescita non è ricetta ma un orizzonte di senso. E in questo campo vediamo movimenti come i Gas di quartiere, la stessa Slow -Food che traducono in pratica questa scelta.

Cosa pensa dell’Unione Europea?

E’ una tragedia. Non è facile per Paesi celibi unirsi in matrimonio. L’Ue è sbagliata sin dalle fondamenta: prima bisogna fare un’unione politica e culturale e solo poi economica. Però la fiscalità deve essere unica e anche la legislazione. Sennò ci troviamo di fronte ad un’unione finta come la Jugoslavia di Tito. L’allargamento senza una base solida è impossibile e l’Europa sta diventando un mostro ingestibile. Di certo la moneta unica era l’ ultima cosa da fare. Ora l’Unione può esplodere da un momento all’altro. Un’alternativa potrebbe essere rappresentata dalla creazione di un’Europa Latina.

 

 




ElettriCittà, il settore elettrico ha trovato la carica giusta

Più di 4.000 visitatori, 140 collaboratori che hanno partecipato alla fiera, 24 pullman per il trasporto dei visitatori, 4.500 gadget distribuiti e 114 stand allestiti in uno spazio totale di 11.000 mq. Sono i numeri della seconda edizione di ElettriCittà, fiera biennale dedicata al settore elettrico organizzata gli scorsi 8 e 9 maggio al polo espositivo di Bergamo da Elettroforniture Barcella, azienda bergamasca leader nel settore che scelto di creare un punto d’incontro per tutta la filiera.

Elettricittà 2015  2La kermesse ha coinvolto da un lato le primarie industrie produttrici dall’altro installatori, impiantisti, manutentori, responsabili di uffici tecnici e progettisti in un evento di richiamo non solo per l’area della bergamasca ma per tutta la Lombardia, per parte del Veneto e per l’Emilia, dove si trovano diverse filiali di Barcella Elettroforniture che conta complessivamente 23 unità locali.

Efficienza energetica, illuminazione, domotica, sicurezza, automazione e climatizzazione sono stati i principali temi, sviluppati anche grazie a incontri e convegni.

Elettricittà 2015«Un bilancio felice – commenta Guido Barcella, amministratore unico di Barcella Elettroforniture – per una fiera che ha volto lo sguardo a tutte le industrie produttrici di prim’ordine del comparto che hanno così avuto modo di condividere le soluzioni tecnologiche più avanzate nelle svariate aree di settore, a dimostrazione della vivacità e dell’eccellenza di intenti di un settore quanto mai in crescita. Collaborazione, sinergia e soprattutto volontà di emergere e di crescere le caratteristiche di una manifestazione che ha veramente acceso l’energia giusta e propositiva di uno dei settori trainanti dell’imprenditoria regionale e nazionale».




Poveri italiani, ormai come rane a bagnomaria

rana ChomskyVi invito a leggere la splendida poesia di Baudelaire “Remords posthume” e, subito dopo, quella, assai meno felice, del nostro Olindo Guerrini, che si intitola “Il canto dell’odio” e che proprio al poeta francese si ispira: noterete immediatamente, aldilà della differenza di statura tra i due autori, che Guerrini sta a Baudelaire come un film splatter sta ad Hitchcock. Tra le due opere sono trascorsi vent’anni esatti: una è del 1857 e l’altra del 1877. In questo breve lasso di tempo, qualcosa è accaduto, nel gusto del pubblico. Entrambi i poeti avevano l’intenzione di “épater le bourgeois”, di scandalizzare il benpensante: ciò che, però, scandalizzava un parigino del tempo di Baudelaire, non avrebbe fatto né caldo né freddo ad un milanese contemporaneo di Guerrini. E, quindi, le parole, le immagini, le tonalità del poeta forlivese, risultano assai più violente, rispetto a quelle del suo modello. Perché la gente si abitua: poco alla volta, metabolizza, gramola, si adegua. E, alla fine, non reagisce più agli stimoli, a meno che questi stimoli non divengano sempre più esasperati, in un gioco al rialzo che, spesso, è un gioco al ribasso, come nel caso della poesia di Guerrini.

Un esperimento che rende benissimo l’idea del comportamento della folla nei confronti dei cambiamenti graduali, è quello della rana di Chomsky. In questo apologo, il celebre linguista descrive il comportamento di una rana, immersa in una bacinella che venga progressivamente riscaldata: poco alla volta, il povero batrace s’intorpidisce, e, alla fine, quando l’acqua diventa bollente, non è più in grado di reagire, come farebbe, invece, se lo si gettasse direttamente nell’acqua calda, e muore bollito. La gente, dice Chomsky, si comporta proprio come la ranocchia: se le si propina una novità troppo bruscamente, reagisce, s’imbizza, s’impenna. Se, però, le cose vengono modificate un pochettino alla volta, ci si abitua: la reattività sociale e quella politica si addormentano e, alla fine, ci si ritrova impacchettati, senza nemmeno capire come sia accaduto. Da noi, è successo esattemente questo: tante volte, mi sono chiesto e vi ho chiesto come siamo arrivati a questo punto. Ebbene, la risposta consiste, probabilmente, proprio in questa caratteristica degli esseri umani: in questo essere come una rana a bagnomaria. Quello che trenta o quarant’anni fa sarebbe stato considerato inaccettabile, inaccoglibile, addirittura illegale, oggi viene universalmente, se non accettato, perlomeno sopportato. Noi, oggi, sopportiamo vulnerazioni alla civiltà, alla cultura, alla morale, che mai i nostri ancestri avrebbero tollerato: ci siamo abituati, tutto qui.

Ricordo, ad esempio, perfettamente, quando Veltroni, molto tempo fa, parlava di ineluttabili società multietniche: non sto adesso a discutere se, allora, fosse un visionario o semplicemente un imbecille, ma dico che, all’epoca, venne certamente guardato dal mondo conservatore come un imbecille. Ha fatto tre anni di professionali, dicevano i benpensanti: cosa vuoi che capisca di flussi migratori? Invece, a distanza di qualche anno, eccoci qui, a convivere con una multietnicità crescente e, talora, inquietante: com’è successo? Quando ce l’hanno imposta? E’ successo un poco alla volta e nessuno ce l’ha imposta: semplicemente, giorno dopo giorno, a forza di sentir ripetere, come un mantra, che la cosa non solo era inevitabile, ma era anche buona e giusta, ci siamo ritrovati così. Lo stesso dicasi dell’ideologia gender: una volta, purtroppo, gli omosessuali erano seriamente discriminati. Poi, un poco alla volta, hanno cominciato a venire allo scoperto e a rivendicare i propri giusti diritti: oggi, però, si discute seriamente circa l’abolizione della festa della mamma, in quanto festa sessista. E’ la religione genderiana che avanza: com’è potuto accadere? Quando questa grottesca negazione perfino della logica ha preso piede? Un passino alla volta, senza fretta: e, oggi, se tu ti limiti a dire che preferisci una famiglia composta da un padre ed una madre, rispetto a quella composta da tre uomini e un cavallo, ti becchi pure dell’omofobo e del sessista. Ci si abitua: a tutto ci si abitua, purtroppo.

Dunque, prepariamoci ad una crescita esponenziale della trasgressione, perchè, ormai, per “épater le bourgeois” ci vuole la dinamite: la storia, come ci spiega i meccanismi dell’adeguamento, ci preannuncia anche l’esito del processo. Le dinamiche storiche si giocano sempre sullo stesso tavolo, che è quello sul quale si scontrano la capacità di sopportazione e l’istinto di conservazione. Come nel caso della rana di Chomsky, l’acqua si sta scaldando, poco a poco: tutto dipende dalla nostra reazione. Se sapremo saltar fuori dalla pentola, ci saranno tensioni e lacerazioni enormi, prima di tornare ad una condizione relativamente pacifica: se non ne saremo capaci, scompariremo, addormentandoci pian piano. L’alternativa, insomma, è tra una brutta vita ed una bella morte. Amen.




Il presidente delle Botteghe in Seriate: «Per il rilancio i negozi dovrebbero investire di più»

«La congiuntura economica in tutta Italia non è positiva e Seriate non fa eccezione. In generale il commercio non va benissimo, i segnali di ripresa sono minimi». A disegnare questo quadro è il presidente dell’associazione Botteghe in Seriate, Marino Esposito, titolare dell’Ortofrutta in via Roma, che punta il dito soprattutto sull’eccessivo proliferare di centri commerciali: «Le catene della grande distribuzione servono, per carità, ma le aperture dovrebbero essere regolate altrimenti le piccole botteghe continueranno a soffrire».

In un simile contesto, il ruolo dell’associazione Botteghe in Seriate è più che mai strategico per ridare slancio al commercio…

«Certo. L’associazione dà un sostegno in più al commerciante che, anziché trovarsi da solo ad affrontare i problemi quotidiani, può contare su un lavoro di squadra».

C’è sinergia tra i negozianti seriatesi?

«Dipende. Molti hanno punti di vista diversi e mettere d’accordo tutti non è facile anche perché i settori coinvolti sono i più disparati. Cerchiamo, però, per quanto possibile, di trovare soluzioni per il bene di ogni negoziante».

Quanti membri conta l’associazione?

«Una cinquantina».

Quali sono gli eventi che hanno portato più movimento in paese?

«Organizziamo spesso eventi, sia per dare visibilità al commerciante, sia per attirare più gente a Seriate. La Notte bianca, per esempio, è una buona iniziativa perché crea movimento e vivacità. Da un lato porta incassi e riscontri immediati, in particolare a livello gastronomico perché i locali sono frequentati, si mangia pane e salme per strada… Dall’altro la notte bianca rappresenta una vetrina a lungo termine per i negozi di abbigliamento che, in questa occasione, hanno l’opportunità di farsi conoscere. E magari qualche cliente ritorna anche nelle settimane successive».

Per promuovere la vostra attività state sfruttando anche i social network?

«Sì, perché abbiamo capito che Facebook, se ben sfruttato, può essere una risorsa. È un buon canale pubblicitario».

C’è collaborazione tra i commercianti e l’amministrazione?

«Il Comune si è sempre impegnato parecchio per darci una mano e fornirci gli spazi e le persone giuste per portare avanti le nostre idee».

Organizzate delle riunioni periodiche per coordinare la vostra attività?

«Le riunioni di associazione sono necessarie per portare avanti le nostre iniziative, è un momento di confronto tra il presidente e tutti i soci. Se un commerciante non è d’accordo o capisce di non trarre beneficio da una determinata iniziativa, però, può anche non aderire».

Avete una tessera punti?

«Sì, ma ritengo che non sia stata sufficientemente capita, non tanto dal cliente quanto dal commerciante. È un ottimo canale che non è stato sfruttato adeguatamente. Forse perché le tipologie merceologiche di cui si occupano i negozianti sono le più disparate e sono state riscontrate difficoltà diverse nell’utilizzo della stessa carta».

Ma i clienti sfruttano questa opportunità?

«In generale, se la spesa è minima, la tessera funziona, altrimenti no. Il cliente che spende tanto, infatti, preferisce avere uno sconto immediato e non a posteriori, non ha la pazienza di accumulare punti».

Quali sono le principali difficoltà sollevate dai commercianti nell’uso della tessera?

«La tessera ha un costo di gestione e mantenimento del software che grava sul commerciante, ma non sul cliente. Forse per questa ragione molti negozianti preferiscono non aderire. Tutte le iniziative che organizziamo hanno un costo, ma è basso, grazie anche al contributo dell’amministrazione. Più impegno ci si mette nell’organizzazione di un evento più risorse servono. D’altronde, se si vuole promuovere bene il proprio prodotto, bisogna essere pronti a investire un po’ di più».




Seriate, «cresce il degrado ma i controlli dove sono?»

Un ospedale di alto livello, aree verdi ben curate, attenzione ai bambini e alle famiglie. Ma anche tasse elevate che gravano sui commercianti e qualche disservizio. Sono queste, a detta di negozianti e residenti, le principali luci ed ombre di Seriate.

Serena Mascheretti con il marito Christian
Serena Mascheretti con il marito Christian

Da quando ha aperto il suo Caffè del Parco in Corso Roma, per esempio, Serena Mascheretti è costretta a fare i conti con imposte, affitto, ma anche con gli extracomunitari che sostano davanti alla sua vetrina: «Le tasse per i rifiuti sono molto alte e le agevolazioni per i commercianti sono inesistenti – dice – inoltre sono obbligata a pagare la tassa per la pubblicità del mio negozio. Questo però non risolve il problema dell’extracomunitario che, per due mattine alla settimana, sosta davanti alla mia vetrina, impedendo di fatto ai clienti di vedere i miei prodotti. È un anno che chiedo di farlo spostare, ma non cambia niente. Inoltre la via dove ho il bar è sempre tagliata fuori dalle iniziative come Notte Bianca o simili, tutto avviene vicino al Comune, creandoci così una concorrenza spietata. Comunque Seriate ha anche parecchi punti di forza come le agevolazioni per gli asili nido e molte altre iniziative».

Seriate - Gabriele BereraGabriele Berera, titolare di Bg Tech, lavora in paese da quasi 15 anni e ne conosce bene la realtà: «Basandomi sulla mia personale analisi, prima come dipendente e poi come piccolo imprenditore, l’ostacolo più grande che ho dovuto affrontare è stata la diffidenza dei clienti e dei commercianti riguardo nuove proposte e idee volte a creare uno spirito di unione fra le varie attività. Spesso, infatti, i colleghi imprenditori, forse per paura del nuovo e del confronto con attività similari presenti nel territorio di Seriate, si chiudono in se stessi scartando qualsiasi proposta oppure accettandola con spirito superficiale per paura di esporsi. Tale comportamento spesso ha portato al naufragio di varie proposte come il Distretto o la Shopping Plus, nati per contrastare lo strapotere dei centri commerciali. Ma, dopo una promettente nascita, hanno visto un repentino tracollo dovuto all’inerzia o al disinteresse di alcune attività. Il cittadino reagisce di conseguenza e migra altrove. Al parcheggio della ex fiera, tra l’altro, costruiranno un altro centro commerciale. I negozianti dovrebbero diventare gli animatori del commercio di Seriate così da incentivare a loro volta i cittadini. Per far questo dovremmo aiutarci reciprocamente, organizzando corsi formativi, iniziative ed esposizioni. Il tutto senza gravare ulteriormente, se possibile, sul portafoglio dei piccoli imprenditori, eliminando così la paura del confronto e stimolando la creatività di ognuno».

Seriate - Rita GussagoRita Gussago, ex farmacista, ex dipendente comunale e membro della locale circoscrizione si dice sconsolata sia per la mancanza di iniziativa dei giovani d’oggi sia  per le scelte dell’amministrazione comunale: «C’è troppo degrado in giro ultimamente e con la scusa che i soldi mancano per via della crisi si fa poco o niente. Piuttosto che ampliare la piazza interna della Iper di Seriate di fronte al Mc Donald’s bisognava pensare al centro del paese che una vera piazza non ce l’ha. Io chiederei al sindaco di rivedere le piste ciclabili di Seriate: sono troppo frammentate, non c’è continuità e si rischia di venire investiti perché gli sbocchi sono troppo pericolosi. E poi c’è troppo inquinamento. Altro problema è la pulizia delle strade. Qualche tempo fa, è stata trovata una siringa a Seriate. La foto è finita su Facebook e si è generata una discussione tra cittadini e amministrazione. Il presidente del Consiglio comunale Giampaolo Volpi ha detto che sarebbe stato opportuno raccoglierla e metterla nel cestino dei rifiuti anziché fotografarla. È risaputo, però, che queste siringhe sono infette ed è quindi assurdo pensare che ogni persona civile, prima di uscire da casa, debba portarsi, per prevenzione delle pinze, un contenitore rigido e un paio di guanti per la raccolta di siringhe. La pulizia la deve fare la ditta appaltatrice pagata da tutti i cittadini onesti che pagano le tasse».

Seriate - Mauri PomaUn episodio che ha generato l’indignazione anche di Mauri Poma: «Vivo a Seriate da 5 anni e noto molta sporcizia in giro per strada. Tempo fa qualcuno si è lamentato per il ritrovamento di una siringa. Il tutto va visto con i nostri occhi di genitori e non di un sindaco che dice di entrare al lavoro alle 7.30 e di uscire alle 20. Invece di stare in ufficio dovrebbe girare per la città e per capire in che situazione viviamo. Dovrebbe recarsi all’oratorio a vedere i ragazzini che fumano le canne. I tossici e la delinquenza straniera fanno paura. Alla sera ci barrichiamo in casa perché Seriate diventa un deserto senza neanche un minimo di controlli».

Seriate - Veronica GrandiAnche Veronica Grandi, residente di Seriate ma titolare di un negozio a Bergamo, lamenta la mancanza di pulizia: «Uno dei problemi che riscontro in questa cittadina è il disservizio di pulizia delle strade, dalla ciclabile del Tonale ai sottopassi, dal centro del paese ai parcheggi. A questo segue anche l’assenza di cestini della spazzatura e, per una come me che ama camminare e lo fa con due cani, sono alquanto essenziali. Comunque Seriate ha anche tanti punti di forza – ricorda – come un ospedale di ottimo livello, scuole di ogni tipo, aree verdi ben tenute, un grosso centro commerciale, musei, il mercatino dell’antiquariato operativo da tantissimi anni, aree residenziali e tranquille, locali, ristoranti, centri ricreativi, feste patronali estive, una per ogni zona».




Zadra: «Sì ai vini naturali, ma che siano di qualità»

Paolo Zadra
Paolo Zadra

La famiglia dei vini naturali è molto vasta e variegata e, in realtà, non è nemmeno ben definita. Per come la si intende nel mondo enoico, comprende tutta una serie di categorie e non in cui il vino, in relazione a come si coltiva l’uva e la si trasforma, può essere classificato: come il vino biologico oppure quello biodinamico. Come dice Paolo Zadra, enotecnico bergamasco, nonché produttore (suo lo spumante Carlo Zadra prodotto a Grumello del Monte) «tutto il vino è naturale, in quanto deriva da alcune trasformazioni biochimiche a carico degli zuccheri e di molti altri componenti delle uve. La nostra azione consiste nel bloccare ad un certo punto il normale ciclo di reazioni a catena che dovrebbero terminare nella trasformazione del vino in aceto».

Si può affermare quindi che la dicitura vino naturale sia un concetto relativo, che lascia spazio ancora a molta confusione e interpretazione. Non mancano anche casi in cui potrebbe essere sfruttato per fini commerciali e di marketing. Beppe Zatti – agronomo di Pavia, da oltre 25 anni specializzato in viticoltura ed enologia – sostiene che «quando si parla di vini naturali si fa in genere riferimento ad una viticoltura a basso impatto ambientale, che mira ad attuare tutta una serie di attenzioni al fine di ripristinare e conservare l’equilibrio del sistema ambiente, in grado di limitare da sé la propria vulnerabilità».

«In questi ultimi dieci anni – sostiene ancora Zadra – ho notato un incremento dell’attenzione e della comunicazione su questi vini. Tanto di cappello a chi si applica per fare vini naturali, ancestrali, biologici, biodinamici! È un mondo sicuramente interessante. L’unica cosa che mi preme affermare però è che non dobbiamo perdere di vista il fatto che il vino è fatto per essere bevuto. Chi sperimenta e trasforma l’uva con la minore invasività possibile, non deve utilizzare la stessa “naturalità” per giustificare grossi difetti oppure eventuali difficoltà di beva dei vini prodotti». Per ricapitolare, dice ancora Zadra «ritengo giustissimo scegliere vini manipolati il meno possibile, ma che ci sia una qualità, riconoscibile e dimostrabile, pari o, ancora meglio, superiore».

Un parere simile è stato espresso anche da Beppe Zatti, che aggiunge: «Io sono sicuramente sostenitore della coltivazione sostenibile della vite, senza però che l’attenzione all’ambiente e alla minore invasività possibile nella produzione di vino si trasformi in uno strumento di marketing, basato più sulle emozioni che non sulle applicazioni concrete e misurabili in cantina. I vini naturali stanno dando dei buoni risultati a livello commerciale ma questa tendenza continuerà se chi lavora in questo modo lo farà seriamente. Professionalità e conoscenza scientifica avranno sempre un’importanza fondamentale».

La direzione suggerita dall’agronomo nella coltivazione della vite è quella di considerare tutti quei comportamenti che mirano all’equilibrio del sistema vite, intervenendo con sempre più precisione e con una valutazione complessiva: «Gli interventi spot spesso rendono ancora più vulnerabile il sistema, creando quindi la necessità di ulteriori interventi».

Una invito alla viticoltura bergamasca arriva dall’enotecnico Paolo Zadra: «Nel nostro territorio ci sono molte aziende che hanno deciso di produrre con metodo biologico, anche se ormai è già una scelta che potrebbe essere considerata poco innovativa; esistono invece incroci (la cui coltivazione per ora non è ancora autorizzata in Lombardia) resistenti alle patologie che stanno creando problemi alle varietà attualmente coltivate in provincia di Bergamo. L’utilizzo di queste varietà resistenti permetterebbe di limitare molto i trattamenti (anche quelli a base di rame e zolfo, ammessi in viticoltura biologica) o addirittura di eliminarli. Perché non sfruttare l’occasione di cambiare direzione e dare altre nuove prospettive alla Valcalepio e al suo vino?»

 




Il 24 maggio “E … state in volo” a Palazzago

delta-volo-1“E … state in volo” è il raduno di parapendio e deltaplano in programma il prossimo 24 maggio a Palazzago, occasione d’incontro per gli appassionati del volo senza motore (meteo permettendo, altrimenti la data si sposta al 31 maggio). Lo scorso anno furono oltre un centinaio i partecipanti cento, accompagnati da amici e familiari. Anche quest’anno per i piccoli ci saranno giochi e intrattenimenti. Chi vuole provare l’ebbrezza del primo volo troverà gli istruttori pronti ad accompagnarlo. Tutti gli altri tenteranno di volare secondo le proprie capacità perché il mondo del volo non è fatto solo di campioni. Al termine, una prova di precisione in atterraggio, vale a dire posare i piedi dentro un bersaglio. Premi a sorteggio per coloro che ce la faranno ed un pensiero a Fulvio Scalvenzi, pilota scomparso che ha raccontato la sua vita nel libro “In volo oltre” ed al quale è dedicata la giornata.




La Regione sperimenta il “reddito di cittadinanza”

regione_lombard.jpgVia alla sperimentazione di un Reddito di cittadinanza per tutti i lombardi in difficoltà economica. L’annuncio l’ha fatto il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, che, questa mattina, ha partecipato, insieme all’assessore all’Economia, Crescita e Semplificazione Massimo Garavaglia, alla presentazione Por Fse e Fesr 2014-2020.

I due programmi hanno una dotazione complessiva di 1.940 milioni di euro. Rispetto ai Por Fse e Fesr 2007-2013, le risorse destinate a Regione Lombardia sono aumentate di circa 640 milioni di euro. “Questi interventi – ha spiegato il governatore – sostengono un modello di crescita che punta sulla ricerca e sull’innovazione, che sono una delle vocazioni della Lombardia. Sul nostro territorio abbiamo 13 università, 500 centri di ricerca, 18 Irccs, 6 parchi tecnologici, la presenza delle principali società del settore. Insomma, tutte le condizioni ideali affinché la Lombardia possa diventare la Regione d’eccellenza in Europa in fatto di innovazione e ricerca”. Riguardo al Fondo sociale europeo Maroni ha sottolineato come debba avere “anche la capacità di ridurre la povertà. In un momento di crisi economica come è quello che stiamo attraversando, ci sono fasce crescenti di popolazione che soffrono e non hanno la possibilità di raggiungere i requisiti di sussistenza minima. Per questo, per noi, il Fse avrà anche la finalità di ridurre la povertà, l’esclusione sociale e promuovere l’innovazione anche in campo sociale”. “Gli interventi che vanno in questa direzione – ha annunciato – voglio riunirli nel progetto del Reddito di cittadinanza”. “Dell’argomento si parla da tempo, sui giornali e nel dibattito politico: noi avvieremo in maniera concreta la sperimentazione di misure che consentano a tutti i cittadini di essere davvero tali. I lombardi che vivono in condizioni di povertà o di esclusione sociale dovranno essere riscattati da questa condizione. Voglio utilizzare risorse del Fse e del nostro Bilancio regionale, che ci diano modo di far partire presto la sperimentazione sul Reddito di cittadinanza in maniera concreta”.

Maroni ha fatto sapere di aver già dato mandato agli assessori Massimo Garavaglia, Cristina Cantù (Famiglia, Solidarietà sociale, Volontariato e Pari opportunità) e Aprea (Istruzione, Formazione e Lavoro) “di studiare misure che vadano nella direzione del progetto di Reddito di cittadinanza” e ha fatto sapere di voler coinvolgere anche “il terzo settore e il mondo del volontariato”.