Saldi al via, Pedrali: «Bisogna ritrovare lo spirito di gruppo»

diego_pedrali.jpg
Diego Pedrali

I saldi sono alle porte e l’attesa da parte degli oltre 2 mila commercianti bergamaschi interessati alle vendite di fine stagione è alta, ma tra sms, sconti e promozioni anticipate c’è chi viola le regole per il cui rispetto ci si è tanto battuti: «Bisogna evitare le scorciatoie» suggerisce Diego Pedrali, presidente del Gruppo Abbigliamento e Calzature di Ascom Bergamo, membro del consiglio nazionale di Federazione Moda Italia. «Abbiamo conquistato, a suon di battaglie portate avanti dalla Federazione Moda Italia, una data unica di partenza dei saldi onde evitare frammentazioni nazionali ed è un peccato che ci sia oggi chi pratica sconti in un periodo vietato – continua Pedrali, titolare del «negozio di abbigliamento L’Uomo Più di Torre Boldone, dove peraltro si sottrae da imprenditore da oltre 30 anni al meccanismo degli sconti, rinunciando ai saldi – . Dobbiamo rispettare le scelte fatte in Regione. Otterremo risultati solo se tutti i commercianti si atterranno alle regole senza ricorrere a stratagemmi come e-mail, sms, telefonate per promuovere anzitempo gli sconti. Questi escamotages danneggiano quei commercianti che confidano nelle regole».

«Credo che per noi la ripresa sia ancora lontana e l’opportunità che ci viene offerta dai saldi è quella di dimostrare che il nostro settore, che risente più degli altri della crisi, può essere unito sia nei confronti dei singoli commercianti che dei clienti – continua il presidente del Gruppo Abbigliamento e Calzature -. La crisi pesa su tutti. In questi giorni, chiusa la fiera della moda Pitti Immagine, molti imprenditori inizieranno a fare acquisti per l’anno prossimo, già provati dal calo delle vendite e dal notevole impegno economico per i mesi a venire. E sconti con percentuali elevatissime – i più aggressivi via sms annunciano il -60% – non contribuiscono a salvare la stagione, né tanto meno a rafforzare la categoria, impegnata in un’infruttuosa lotta al ribasso del cartellino. Si stanno creando reazioni a catena e veri e propri effetti domino a danno delle stesse imprese che per timore sperano di risollevare la stagione tagliando i prezzi. Ma l’autoriduzione dei propri margini – da cui non si scappa, tra tasse e contributi da versare – non contribuisce a risollevare la stagione, e non fa che affossare l’intero comparto» continua il presidente.

Pedrali ricorda che ad essere contrari alle vendite promozionali, in base a quanto emerge dai sondaggi, sono sempre stati gli stessi commercianti, il 62,5% degli imprenditori Ascom partecipanti al questionario effettuato lo scorso anno. «Bisogna ritrovare coerenza e spirito di gruppo, a vantaggio della categoria. Per anni ci siamo battuti contro outlet e temporary shop ed ora negli ultimi tempi molti negozi hanno aperto loro stessi outlet, negozi special price e temporary». Il commercio abbigliamento-calzature sta perdendo pezzi e non c’è paese che non registri una chiusura, molte delle quali eccellenti e storiche: «Con i costi attuali di gestione di un negozio, sta proliferando l’ambulantato, una scelta obbligata anche per molti dipendenti che si sono trovati senza lavoro. Il comparto dell’abbigliamento e calzature non ha tutele, come altre imprese del terziario. Dalla liberalizzazione delle insegne ognuno può aprire senza alcun requisito. Ma gestire un’impresa commerciale non è da tutti, come mostra l’elevato turn-over di vetrine. Dietro ad ogni saracinesca abbassata c’è una storia amara e ad ogni chiusura si perde un pezzo di città».




La Regione riforma la sanità, ma intanto prenotare un esame resta un’odissea

Bright lights at the end the hospital corridor. The concept of lA furia di sentirsi ripetere che “La Sanità lombarda è la migliore d’Europa” e che quello di cui noi bergamaschi disponiamo è “un modello di efficienza” finisce quasi che ci credi. Pensare bene, in fondo, aiuta a vivere meglio. Solo che poi, ottimismo della volontà a prescindere, ci sono le variabili indipendenti che si chiamano malattie e acciacchi vari. Quelle che nessuno vorrebbe (“l’importante l’è la salute” ti dicono fin da ragazzino, e solo in età adulta capisci che non è solo un luogo comune) ma che inevitabilmente funzionano da “crash test” nei confronti dei tanti venditori di fumo che magnificano un sistema tutt’altro che impeccabile.

Mettiamo il caso di aver bisogno di una risonanza magnetica. Il problema fisico che ti affligge è doloroso, vorresti cercare di capirne al più presto le cause. Se vai per vie tradizionali l’esame ti viene fissato “tranquillamente” a distanza di 3-4 mesi. “Se vuole può andare in privato – rassicura al telefono l’addetta di un ospedale -. In due giorni fa tutto. Ecco, però, deve mettere in conto che l’esame le costa 600 euro…”. Quando star male è un privilegio, vien da dire. Allora, siccome il dolore persiste e non c’è troppo tempo da perdere, si torna dal medico curante che ha la possibilità di avviare l’esame su una corsia preferenziale grazie al cosiddetto “bollino verde”. (Il camice bianco sbotta: “son stanco di dover mettere ‘sti bollini, tutti hanno fretta di fare i controlli prima di andare in ferie…”, il che lascia intravedere quanta e quale discrezionalità, oltre che responsabilità, si lascia al povero tapino). Con il “bollino verde” sulla ricetta (prestazione da erogare entro 72 ore, dice la normativa) si parte per un nuovo giro di giostra. Si parte dal call center regionale che dovrebbe, sì dovrebbe, avere sotto controllo tutto. Prima di parlare con una operatrice si trascorre un quarto d’ora a digitare numeri per stabilire se si è di Milano o della Lombardia, se di Pavia o di Bergamo, se della città o della provincia (quasi una lezione di geografia a scalare). Poi ecco la vocina della “sventurata” (suo malgrado). “Noi possiamo verificare solo la disponibilità del Bolognini di Seriate” dice. E tutte le altre aziende? “Non ci fanno avere i dati… Mi spiace”. E a Seriate quando si può fare l’esame? “Adesso verifico. Prima mi dia i suoi dati, il codice fiscale, il codice a barre, la patologia, la diagnosi… Ecco, no, guardi, non c’è posto. Mi dispiace…”. E cosa posso fare? “Deve andare a verificare di persona nelle singole strutture”. La rabbia monta a picchi himalayani, ma non serve prendersela con chi sta all’altro capo del telefono. Resta la sostanza: una persona che fatica a camminare e che proprio per questo ha bisogno di un esame urgente non è in condizione, nell’Anno Domini 2015 quando con un tablet si ordina il caffè al bar dell’angolo, di sapere dove, fosse anche lontano 20 km, ha la possibilità di usufruire della prestazione di cui ha necessità e che, ca va sans dire, è pagata con le tanto amate tasse. No, deve andare a fare il giro delle sette chiese, senza peraltro avere alcuna certezza di fare l’esame entro le famigerate 72 ore. Nemmeno un tentativo disperato di evitare la trafila sortisce risultati. Anzi, va anche peggio. Al telefono di una clinica la risposta è: “O viene di persona allo sportello oppure ci manda un fax”. Un fax? Un fax!!!! La posta elettronica pare non sia ancora stata inventata…

E allora? Si parte per la “caccia all’esame”, nuova disciplina olimpica inventata dagli stessi (o dai loro padri) che in questi giorni in Regione stanno discutendo la Riforma della Sanità. Il modello d’efficienza va ricalibrato, dicono, per renderlo ancora migliore. Come? Semplice, con il solito giochetto all’italiana del cambiare le parole. Spariscono le Asl (quelle che prima si chiamavano Mutua, poi Saub, poi Ussl, poi Usl, quindi Asl) e diventano Ats (Agenzia di tutela della salute, ciumbia!). Via le Aziende ospedaliere ed ecco le Asst (aziende socio sanitarie). Tutto cambia ma nulla cambia. Grande operazione di ingegneria parolaia che casca miseramente, agli occhi del modesto cittadino malato o acciaccato, di fronte all’impossibilità di prenotare un semplice esame come si converrebbe in un paese civile. E allora torna in mente quella frase (“l’importante l’è la salute”) come unica speranza perché continuare ad affidarsi agli apprendisti stregoni che ci governano significa avviarsi sulla strada dell’inferno.




A Sarnico fine settimana con il pesce fritto

un

Pesciolini di lago fritti e polenta in riva al lago. Sabato 27 e domenica 28 giugno a Sarnico ritorna la “Sagra del pesce fritto”. Sul Lungolago, in Piazza XX settembre, si potranno apprezzare le alborelle fritte e le sardine di Montisola, cotte alla piastra e servite con aglio, prezzemolo e polenta cucinata al momento. La rassegna è organizzata dall’Avis Sarnico e Basso Sebino. La sagra da tre anni ha riportato in vita una festa locale storica degli anni ’50 quando si offrivano alle famiglie del paese e ai visitatori  una frittura di alborelle (qui chiamate “oe”) e un bicchiere di vino bianco fresco locale. La rassegna lo scorso anno si è chiusa con 5000 presenze. Anche quest’anno accanto alla cucina verranno proposti fiori in vaso per beneficenza.

unnamed




Solto Collina tra cibo e natura, ritorna la camminata gastronomica

solto-collina-600x380

Tutti in cammino domenica 28 giugno a Solto Collina per ‘Profumi di Collina’, camminata enogastronomica tra le località della collina dell’Alto Sebino. Una piacevole passeggiata con panorami naturali in cui la fatica di ogni tappa sarà ricompensata dalla degustazione di prelibatezze locali Si parte alle ore 9 al Giardino della Doana di Riva di Solto. Prima tappa per la colazione a Zorzino con le tisane dell’azienda agricola ‘In collina’ di Esmate e il miele dell’Apicoltura Morandini di Fonteno; seconda sosta alle 11 alla chiesetta di San Defendente per l’antipasto a base di salumi locali; a mezzogiorno si passa a Solto Collina per il pranzo a base di Ravioli de Solt e alle 13.30 ci si dirigerà verso Fonteno per i formaggi e la polenta. Quinta e ultima tappa alle 15 di nuovo a Riva di Solto dove verranno serviti la frutta e il dolce Nàet in Riva al lago. È previsto anche un servizio navetta. La manifestazione è organizzata dalla Pro Loco La Collina ed è alla sua nona edizione. Per informazioni e iscrizioni: tel. 035 980121 – info@prolocolacollina.it

– il programma




Slow Food, Astino ospita il Consiglio nazionale

Astino1La Lombardia torna, dopo anni, ad ospitare il Consiglio nazionale di Slow Food, questa volta a Bergamo, nella prestigiosa sede dell’ex monastero di Astino. Venerdì 26, sabato 27 e domenica 28 giugno la città ospita i consiglieri di Slow Food, i presidenti di tutte le sedi regionali italiane, i responsabili di Slow Food Italia. Venerdì, nel pomeriggio, ci sarà un primo incontro del Comitato esecutivo e della Conferenza delle Regioni all’ Urban Center, a Bergamo, mentre sabato, alle 9.15, avranno inizio i lavori del Consiglio nell’ex monastero di Astino.

«Con grande piacere – sottolinea Enrica Agosti, presidente di Slow Food Lombardia – torniamo dopo lungo tempo ad ospitare il Consiglio nazionale in Lombardia. Il nostro territorio, ricco di geo e biodiversità, primo territorio agricolo italiano, è sede di importanti progetti che vogliono disegnare il futuro della nutrizione a partire dalla valorizzazione della biodiversità e delle reti comunitarie locali. In questi giorni lavoreremo in un sito storico quale l’ex monastero di Astino in Bergamo, luogo esemplare per la connessione virtuosa tra uomo e natura. Nelle pause del Consiglio, abbiamo ritenuto fondamentale offrire un panorama della ricchezza del nostro patrimonio eno-gastronomico, coinvolgendo Condotte e chef lombardi che, sono certa, ci rappresenteranno in modo eccellente». Il Consiglio nazionale è l’organo di direzione politica dell’Associazione ed ha il compito fondamentale di definire le scelte e le linee strategiche dell’Associazione e individuare i temi di grandi campagne nazionali.

Nel corso della giornata di sabato si svolgeranno le sessioni mattutina e pomeridiana del Consiglio. Nella sessione mattutina ci sarà un intervento del Presidente Internazionale di Slow Food Carlo Petrini. Il venerdì sera i Consiglieri saranno ospitati in Città Alta, presso lo storico ristorante “Da Mimmo”, dove il presidente dell’Associazione degli agricoltori di Astino F.Elzi illustrerà il progetto della Valle della Biodiversità e il presidente del Consorzio di Tutela del Valcalepio Medolago Albani racconterà la realtà vitivinicola della bergamasca.

Sabato sera, alle 20,30 un altro evento accende i riflettori sugli chef lombardi. Nel Cooking Lab Agnelli di Lallio cena a più mani con gli chef lombardi. Parteciperanno: Raffaella Gancini dell’Agriturismo Le Caselle di San Giacomo alle Segnate (Mn), Alessia Mazzola di Al Gigianca, Cesare Battisti del Ratanà di Milano, Gianni Briarava della Trattoria alle Rose di Salò (Bs), Mario Cornali del Ristorante Collina di Almenno San Bartolomeo e Vittorio Fusari della Dispensa Pani e Vini di Torbiato di Adro (Bs).




Rockit, parte in Valtellina la produzione della piccola mela neozelandese

mele Rockit alberoIl consorzio Melavì della Valtellina si è assicurato l’esclusiva per la produzione in Italia e la commercializzazione in Italia, Svizzera, Spagna e Russia della mela Rockit, già candidata nel 2011 al premio innovazione di Fruit Logistica. Rockit dal 2015 è coltivata anche in Valtellina con la messa a dimora di oltre 30 mila piante e dal 2016 sarà disponibile sul mercato sotto l’egida del Consorzio Melavì della Valtellina. La mela Rockit, originaria della Nuova Zelanda, è un frutto di piccole dimensioni (1 volta e mezzo le dimensioni di una pallina da golf) dalla lunga conservabilità, con un sapore dolce, un colore rosso acceso e una consistenza croccante. E’ perfetta per i bambini che desiderano una merenda golosa, per gli adulti che cercano una pausa veloce e nutriente dal lavoro così come per gli sportivi che vogliono uno spuntino buono e sano. Rockit sta innovando il mercato alimentare delle mele e quello degli snack in tutto il mondo con un frutto unico, allevato e coltivato per rimanere piccolo e per poter essere confezionato in un tubo trasparente, igienico e facile da trasportare. Non è un caso che la mela Rockit sia arrivata in Valtellina. Nella provincia tra le più montuose d’Italia sopravvivono eccellenze agroalimentari tramandate da generazioni e tra formaggi, vini, bresaola, pizzoccheri e miele, emerge anche la mela. Tutte tradizioni enogastronomiche che oggi sono tutelate dal Distretto Agroalimentare di Qualità “Valtellina che gusto” che riunisce i Consorzi di Tutela, le associazioni delle produzioni tipiche e molte aziende produttrici.




Rinascimento Urbano, Ubi finanzia il rilancio di 4 quartieri di Bergamo

BergamoPrende forma il Rinascimento Urbano a Bergamo con un programma d’azione per il 2015-2016 tramite la collaborazione inter-istituzionale e l’apertura alla partecipazione dei cittadini. Il Comune di Bergamo ha individuato nel progetto di rinascimento urbano promosso da ANCE Bergamo, un modello d’eccellenza da supportare al fine di produrre un salto di livello qualitativo sia in termini di sostenibilità che di efficientamento energetico nel nostro territorio. Riqualificazione urbana attraverso la ristrutturazione edile, efficientamento energetico e funzionale, mobilità elettrica e uso delle nuove tecnologie: questi alcuni dei temi che supportano il progetto, che avrà i cittadini come protagonisti. Si interverrà a consumo di suolo zero migliorando il già costruito. Il progetto si basa sull’individuazione di un area urbana dove disegnare un piano che preveda iniziative di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente (edifici privati e pubblici), tramite un approccio partecipativo di cittadini ed aziende locali. Il coinvolgimento dei cittadini e del territorio sarà possibile anche grazie ai risultati raggiunti dal progetto di ricerca “Bergamo 2035”, svolto dall’Università degli studi di Bergamo e promosso da Fondazione Italcementi in occasione del 150° anniversario di Italcementi, che si è basato su un modello inclusivo. Questa iniziativa promossa da Comune di Bergamo e Ance Bergamo si configura come una prima parte di un processo che vede tra i suoi sostenitori fin da subito due partner fondamentali, ovvero: Ubi Banca Popolare di Bergamo, quale attore finanziario dell’operazione e l’Università degli Studi di Bergamo per gli aspetti di ricerca, tecnologico-scientifici e di accompagnamento ai percorsi di partecipazione, come previsto dal protocollo d’intesa firmato da Ance Bergamo e Università sul Rinascimento Urbano. A completare il novero degli enti coinvolti vi è anche Aler, che ha sposato da subito il progetto e l’iniziativa scegliendo di intervenire sui propri immobili nell’area urbana individuata con un investimento di un milione di euro.

 

Gli ambiti della riqualificazione previsti dal Rinascimento Urbano

Il progetto prevede la riqualificazione urbana globale attraverso una ristrutturazione edile degli edifici, un efficientamento energetico ed un miglioramento della mobilità. La costruzione di pacchetti d’offerta standard, da differenziarsi in un portafoglio di soluzioni ad un tempo completo e semplice ma facilmente comprensibili e alla portata di tutti, tese a rendere efficienti ed intelligenti gli edifici o porzioni di essi e ad aumentarne il valore. L’unione di più interventi e componenti tecnologiche e non tecnologiche permette ragionevoli condizioni economiche complessive. A fronte di un interesse nei confronti dell’offerta da parte di un condominio od unità abitativa, il passaggio successivo è una fase di auditing che possa consentire di determinare quale dei pacchetti sia il più adatto e quali elementi di customerizzazione siano pertinenti alle specificità dell’edificio. Una volta raggiunto un numero abbastanza ampio di edifici verrà poi verificata la presenza di economie di scala. L’eventuale aggiuntivo contributo a fondo perduto dell’UE rende particolarmente convenente per proprietari e condomini l’operazione. La progettualità messa in campo da ANCE garantisce che gli interventi edilizi individuati dal piano vengano svolti da imprese specializzate e qualificate.

Gli aspetti finanziari

Il progetto sarà finanziato grazie ad un plafond bancario messo a disposizione da Ubi Banca Popolare di Bergamo. A questi fondi, potrebbe aggiungersi una ulteriore quota derivante da Fondi europei per i quali è stata presentata domanda a Bruxelles. Ove non si ottenesse il finanziamento europeo l’iniziativa partirà comunque con i fondi messi a disposizione da Ubi Banca Popolare di Bergamo. Il modello di business proposto, basato sul prestito bancario, ha diversi aspetti di forza e di novità, con le drastiche riduzioni dei consumi ottenuti da interventi integrati e con i co-benefici come ad esempio l’isolamento acustico e la valorizzazione dell’immobile. Sono previste condizioni di favore espresse con una clausola sociale e una clausola di difficoltà per i target meno abbienti o che incappano in situazioni di difficoltà e per gli anziani.

 

 Le aree interessate, il funzionamento e il rapporto con i cittadini

Il programma messo a punto, prevede una serie di passaggi operativi e interesserà prioritariamente 4 quartieri che rappresentano in termini di popolazione il 15% degli abitanti della città. Tutti i cittadini di Bergamo potranno valutare e decidere di implementare i pacchetti di efficientamento. Potranno ricevere agevolazioni legate al finanziamento europeo gli abitanti di 4 quartieri ovvero Colognola, Campagnola, Malpensata e Carnovali, (15.896 residenti). La scelta dell’area oggetto del progetto europeo rientra in gran parte nell’area di «zonizzazione acustica» dell’aeroporto. Il progetto europeo infatti, pur prevedendo interventi integrati di efficientamento energetico sugli edifici, mobilità sostenibile e ICT per l’abbattimento del livello di CO2, vuole promuovere interventi capaci anche di minimizzare l’inquinamento acustico provocato dal traffico aeroportuale. Nel mese di settembre sono previsti quattro incontri, uno per ogni quartiere per illustrare ai cittadini le specifiche del piano; successivamente verranno raccolte le manifestazioni di interesse. Tutti i cittadini interessati potranno però chiedere informazioni collegandosi al sito internet di ANCE Bergamo www.ancebergamo.it dove registrarsi per le manifestazioni di interesse.

 

La squadra di lavoro e i partner dell’iniziativa

Il progetto, che riprende larga parte dell’elaborazione culturale del Rinascimento Urbano, è stato messo a punto cogliendo la finestra di opportunità data da un bando europeo a cura dell’ufficio di Progettazione Europea del Comune di Bergamo. Il progetto presentato alla Commissione nell’ambito di un bando europeo Horizon 2020 è il risultato di un lavoro di squadra che ha coinvolto 33 partner provenienti da 6 paesi diversi con Bergamo e Sabadell come città leader, Pireo (Grecia), Lublin (Polonia) e Tournai (Belgio) come città follower e con l’Università Tecnica di Berlino. Il progetto, che vede come protagoniste le città di medie dimensioni, coinvolge le Regioni di appartenenza per le azioni di replicabilità e la società ILSPA, azienda di Regione Lombardia che co-coordina il monitoraggio degli interventi energetici. Ma coinvolge anche società di altissimo livello come IBM Italia e Telefonica per la parte dell’Ict, Innowatio, Atb e Fcs Services per le azioni relative alla mobilità, istituti di ricerca come Siti del Politecnico di Torino per le analisi energetiche, associazioni come Cittalia di Anci per le azioni di disseminazione ed ovviamente Aler per le azioni di efficientamento energetico sugli edifici Erp. Tra partner stranieri assolutamente da nominare vi sono società del calibro di Ricoh, Wellness ed Endesa. Il progetto ha il supporto della Banca Mondiale e del Fondo europeo per l’efficienza energetica.

 

L’accordo con l’Università degli Studi di Bergamo

Ance Bergamo e Università degli Studi di Bergamo hanno siglato un accordo di partnership per quanto concerne i principi ispiratori del Progetto di Rinascimento Urbano. Alla base del Manifesto del Rinascimento Urbano controfirmato dalle due parti vengono condivisi i temi chiave del progetto, ovvero la Rigenerazione Urbana, la crescita della qualità e della sicurezza del territorio, le prestazioni del costruito ai fini di una migliore vivibilità ed una maggiore attrattività turistica, il contrasto al dissesto idrogeologico, l’efficientamento delle infrastrutture. Al perseguimento di questi obiettivi, dovranno corrispondere strategie mirate e al contempo innovative sul fronte della tutela dell’ambiente, della valorizzazione e del recupero del patrimonio artistico, culturale e naturale, della riduzione di emissioni di CO2 e dell’impiego di fonti rinnovabili, del partenariato pubblico-privato e di nuovi modelli di business. L”avvio di questo progetto, peraltro innovativo sul panorama italiano, dà l’avvio ad una nuova stagione per la riqualificazione complessiva della Città di Bergamo, con l’auspicio che questi meccanismi virtuosi possano essere adottati da altri Comuni della provincia trasformando Bergamo da Capitale dell’edilizia a Capitale dell’Innovazione dell’edilizia.

 

 




Quadri nazionali delle qualifiche, perché l’Italia è rimasta indietro

Partenariato-Progetti-EuropeiIl 22 maggio scorso il Cedefop ha pubblicato il Rapporto National qualifications framework developments in Europe, che presenta una completa panoramica dello stato di implementazione dei quadri nazionali delle qualifiche in tutti i Paesi europei.

I quadri nazionali delle qualifiche (NQFs) sono repertori contenenti tutte le qualificazioni riconosciute all’interno del territorio nazionale, al fine di facilitare i collegamenti tra sistema formativo e mercato del lavoro e offrire standard di riferimento comuni a lavoratori, imprese e istituzioni formative.

Riunendo in un sistema organico le qualificazioni esistenti su scala nazionale e relative ai diversi segmenti dei sistemi di istruzione e formazione, questi quadri rappresentano un elemento importante di unitarietà, assicurando validità e riconoscibilità alle certificazioni ottenute in diversi ambiti e, nei sistemi più avanzati, assicurando il riconoscimento delle esperienze maturate in contesti di apprendimento non formali e informali, ricondotte con appositi meccanismi di validazione alle qualificazioni riconosciute. Altra funzione cruciale è l’influenza esercitata da tali quadri sul modo in cui i programmi formativi sono progettati, al fine di essere inclusi e riconosciuti, oltre che sul fronte del coinvolgimento di vari stakeholders nella definizione degli standard formativi, che aumenta la permeabilità dei sistemi formativi con il mercato del lavoro.

Il ruolo dei quadri nazionali delle qualifiche, nati in alcuni Paesi, come la Francia, già a partire dagli anni sessanta, come strumento interno per assicurare la trasparenza dei sistemi delle qualifiche professionali, si è evoluto nel tempo, in particolare in virtù del processo di referenziazione a livello europeo dei titoli e delle qualifiche, portato avanti dalle istituzioni comunitarie, in vista di un ulteriore obiettivo: facilitare la mobilità geografica dei lavoratori, attraverso il riconoscimento e il trasferimento delle qualifiche in altri Paesi.

Già a partire dal Consiglio di Lisbona del 2000, le istituzioni europee hanno individuato nella trasparenza dei titoli e delle qualificazioni un obiettivo imprescindibile per il buon funzionamento di un mercato del lavoro europeo. Nell’ultimo quindicennio numerose iniziative sono state promosse al fine di allineare i diversi segmenti dei sistemi formativi nazionali a tale obiettivo, fra cui di estrema rilevanza la Raccomandazione del Consiglio e del Parlamento Europeo del 23 aprile 2008 sull’istituzione dell’European Qualification Framework, il quadro europeo delle qualifiche, che ha l’obiettivo di offrire un quadro comune per la classificazione in livelli di tutte le qualifiche esistenti, in modo da renderle comparabili a livello europeo. L’EQF ha tuttavia avuto un impatto che va oltre tale operazione di referenziazione, promuovendo una definizione dei livelli di qualificazione basata sul concetto di learning outcome (risultato di apprendimento) che ha scardinato l’impostazione tradizionale vigente in molti sistemi nazionali (in cui qualifiche e titoli erano definiti sulla base degli input – conoscenze da trasmettere – e non dei risultati di apprendimento conseguiti). Tale logica ha il pregio di facilitare il collegamento tra sistemi formativi e mercato del lavoro, creando un linguaggio comune per imprese e istituzioni formative, che si ritiene cruciale per facilitare le transizioni dalla scuola al lavoro.

La Raccomandazione sull’EQF individua evidentemente quale requisito indispensabile per la creazione di un quadro europeo delle qualifiche l’istituzione, in tutti gli Stati Membri, di Quadri nazionali delle qualifiche, in vista di una loro referenziazione al sistema europeo. E’ sulla scorta di tale Raccomandazione, infatti, che il processo di costituzione dei NQFs si è intensificato su scala Europea, seguendo processi e dinamiche differenziate a seconda delle tradizioni nazionali, fino al risultato celebrato dal Cedefop nel rapporto in commento: tutti i Paesi europei e molti Paesi partner hanno istituito o hanno avviato le procedure per l’istituzione di un NQFs. Grandi differenze, tuttavia permangono sul piano del grado di sviluppo dei sistemi, e su quello delle caratteristiche dei quadri.

Dai sistemi omnicomprensivi – come quello Danese, in cui il NQF contiene tutti i titoli riconosciuti da autorità pubbliche – a quelli settoriali, come il quadro francese, che contiene solo le certificazioni e i titoli della formazione professionale e tecnica e dal III livello EQF in su. Dai Paesi in cui i repertori nazionali esistono da svariati decenni e sono stati disegnati sulle tradizioni nazionali di regolazione della formazione e del lavoro – ancora il caso della Francia – ai Paesi, come l’Italia, in cui un quadro nazionale delle qualifiche ancora non esiste, nonostante le pressanti raccomandazioni europee, e la referenziazione dei titoli di istruzione (solo quelli formali) all’EQF è avvenuta bypassando la creazione (che doveva essere propedeutica) di un quadro nazionale.

 

Per il Cedefop, un ostacolo all’istituzione di una Quadro nazionale delle qualifiche nel nostro Paese è la complessità del quadro normativo e istituzionale, con competenze diffuse e ripartite tra livello nazionale e regionale a seconda del segmento di istruzione e formazione. Tale configurazione, in realtà, non sembra essere prerogativa dell’Italia, considerato che in molti Paesi la governance dei sistemi formativi è caratterizzata dall’intervento congiunto e coordinato di diversi attori. A dire il vero, ciò che differenzia l’Italia dagli altri Paesi in cui i quadri sono stati sviluppati nonostante (e grazie a) modelli di governance multi-livello e multi-attore è la capacità di coordinamento (tra) e l’opportuno riconoscimento (di) tutti gli attori in gioco: ministeri, regioni, parti sociali, istituzioni formative e, nei sistemi più avanzati, NGO e tutti gli attori del volontariato in cui si sviluppano processi informali di apprendimento. In Francia, ad esempio, il Répertoire Nationale des Certifications Professionnels (RNCP) è frutto dell’azione congiunta e coordinata negli anni di rappresentanti dei ministeri competenti, delle regioni, delle parti sociali e di esperti riuniti nella Commission nationale de la certification professionnelle, che ha l’obiettivo di gestire il repertorio aggiornandolo costantemente in modo da assicurare l’allineamento delle qualificazioni ivi contenute con la realtà del mercato del lavoro.

 

A seguito dell’introduzione del Compte Personnel de Formation ad opera della legge  n. 2014-288 del 5 marzo 2014 relativa a formation professionnelle, emploi et démocratie sociale – che introduce un diritto individuale alla formazione per tutte le persone a prescindere dallo status occupazionale a patto che la formazione porti a una qualificazione riconosciuta nel RNCP – la permeabilità del Repertorio alle esigenze del mercato è stata aumentata. E’ previsto, infatti, che gli enti che gestiscono la formazione in accordo con istanze rappresentative del mondo del lavoro e delle imprese richiedano l’aggiornamento del Repertorio attraverso proposte di riconoscimento di qualificazioni che rispondano a obblighi regolamentari, a “regole di mercato” (cioè a bisogni di qualificazione dettati dall’evoluzione del mercato) o a “criteri di utilità sociale”, come il contrasto alla disoccupazione.

 

Il nostro Paese è molto lontano dalle buone pratiche europee e l’impasse appare sempre più difficile da superare: il sistema nazionale di validazione degli apprendimenti non formali e informali e certificazione delle competenze, collegato a un repertorio nazionale delle qualificazioni, è lontanissimo da una realizzazione compiuta e dall’operatività su scala nazionale. Ciò penalizza i tentativi di innovare il modello italiano di regolazione del lavoro testimoniando l’assenza di pre-condizioni istituzionali molto importanti per dare credibilità a qualsiasi proposta di riforma basata sulla valorizzazione dell’alternanza e la messa a sistema delle politiche attive. Questi strumenti sono incentrati sulla valorizzazione delle competenze, sul loro riconoscimento, sulla loro trasferibilità nelle transizioni occupazionali, sulla «capacità di integrare diversi livelli di un sistema di apprendimento permanente in un sistema coerente», la cui assenza nel nostro Paese è ribadita dal Cedefop.

Lilli Casano

 

 




RIVENDITE DI GIORNALI, LE NOVITÀ IN SINTESI – Necessaria l’autorizzazione del Comune

Gli “Indirizzi regionali per il riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica” sono stati approvati all’unanimità dal Consiglio della Regione Lombardia nella seduta del 23 giugno ed entreranno in vigore con la pubblicazione sul Burl.

Tra i punti principali del provvedimento, proposto dell’assessore al commercio Mauro Parolini, c’è la possibilità – per i punti vendita esclusivi – di destinare una parte della superficie alla commercializzazione di prodotti diversi da quelli editoriali (che devono comunque rimanere prevalenti), includendo pastigliaggi confezionati, prodotti alimentari confezionati non deperibili che non necessitino di particolari trattamenti di conservazione, comprese bevande pre-confezionate e pre-imbottigliate, e prodotti non alimentari.

Rispetto alla proposta approvata dalla Giunta Regionale a marzo, anche con le audizioni e il lavoro in IV Commissione, sono state recepite le richieste di Snag Confcommercio e delle Organizzazioni Sindacali, in particolare per quanto riguarda la previsione di un regime di autorizzazione comunale (in luogo della Scia) sia per i punti vendita esclusivi che per quelli non esclusivi.

Il nuovo testo dà anche la possibilità di destinare una parte della superficie di vendita all’erogazione di ulteriori servizi, tra cui quelli inerenti all’informazione turistica. «Sono certo – ha commentato Parolini – che, con il supporto della Regione, le edicole potranno diventare anche in questo senso uno strumento di promozione dell’attrattività della Lombardia molto efficace, ampliando così le opportunità di crescita commerciale e le loro funzioni di utilità pubblica».

Il provvedimento stabilisce inoltre che la Giunta Regionale, in collaborazione con i Comuni e con il coinvolgimento delle Camere di Commercio e delle Associazioni di rappresentanza del comparto, può concedere contributi ed agevolazioni, in particolare alle rivendite esclusive. È prevista infatti la possibilità di promuovere progetti e accordi per favorire, tra l’altro, il mantenimento della rete distributiva sul territorio anche nelle aree svantaggiate, l’innovazione e la competitività delle imprese del settore, la formazione, l’aggiornamento professionale e l’accesso al credito.




In edicola anche bibite e snack. «Una boccata di ossigeno per le attività»

Le edicole cambiano ancora una volta il loro volto. Dopo aver fatto spazio a gadget e servizi diventano anche un piccolo punto di ristoro vendendo – accanto a quotidiani e periodici, che devono restare l’attività prevalente – acqua, bibite, caramelle e snack, ossia prodotti alimentari confezionati che non richiedono particolari trattamenti di conservazione.

È quanto previsto dagli “indirizzi regionali per il riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica”, proposti dall’assessore al Commercio, Turismo e Terziario della Regione Lombardia Mauro Parolini e approvati ora dal Consiglio regionale. Il provvedimento intende accompagnare i gestori verso un’evoluzione che pare inevitabile di fronte alla contrazione della domanda e alla crisi dell’editoria. Ed è in quest’ottica che contiene anche la possibilità di destinare una parte della superficie di vendita all’erogazione di ulteriori servizi, come l’informazione turistica.

Delle due novità, quella salutata con maggiore favore dagli operatori è la possibilità di vendere bibite e confezioni. «Rappresenta una boccata d’ossigeno – commenta Marco Paciolla, presidente del gruppo Rivendite giornali e riviste dell’Ascom di Bergamo -, una possibilità di integrare le vendite che fa sicuramente comodo per il nostro settore, in difficoltà per il calo dei consumi ma anche per le politiche sugli abbonamenti portate avanti dagli editori, fortemente penalizzanti». «Della piccola distribuzione, le edicole restano tra i pochi esercizi che continuano ad intercettare ampi flussi di clientela, anche se le spesa media ed i margini sono molto bassi. Vendere anche questi articoli dà delle possibilità in più».

marco paciolla - presidente edicolanti ascomCapiterà così che il ragazzino che compra il fumetto decida anche di sgranocchiarci qualche caramella insieme o che in una giornata calda ci si fermi all’edicola per un bibita in lattina. «Il problema sono semmai gli spazi – rimarca Paciolla -. Nei classici chioschi, dove è già difficile far stare la grande quantità di pubblicazioni e gadget, sarà dura introdurre anche articoli alimentari e magari anche un frigorifero per tenere fresche le bibite. Ma credo sia proprio sulle superfici che si gioca la sfida per il futuro delle edicole». Lo dice a ragion veduta. «Ho passato 14 anni in piccolo chiosco e conosco le difficoltà – ricorda -. Ad un certo punto ho capito che per stare al passo occorreva una svolta».

Da un anno è mezzo la sua Edicola Al Ponte è diventata un vero e proprio tempio dell’editoria, trasferendosi in un punto vendita di oltre 250 metri quadrati, a Grassobbio in via Azzano, 71/d. Basti pensare che le pubblicazioni occupano 50 metri lineari su cinque ripiani. E poi ci sono cancelleria, cartoleria, articoli regalo, ricevitoria, scommesse e tutti quei servizi che si possono effettuare tramite terminale, dal pagamento delle bollette alle ricariche telefoniche. «Caccia, pesca, cucito, riviste di nicchia, da noi gli appassionati di ogni argomento trovano ciò che fa per loro – evidenzia –. Quello che cerco di fare è dare un servizio e fidelizzare il cliente, facendogli capire che non serve rincorrere ogni volta la testata che gli interessa, ma che se lo desidera può trovarla puntualmente qui». «In Bergamasca – prosegue – la gestione di così tante referenze, tra ordini e resi, si è, tra l’altro, semplificata di molto grazie al sistema informatico che mette in rete i punti vendita con la società di distribuzione Dif, realizzato nell’ambito di una collaborazione con l’Ascom. Ciò ci dà ancor più la possibilità di curare il servizio e proporci con professionalità».

edicola al ponte - grassobbioSecondo Paciolla, in un mondo in cui ormai tutti vendono tutto e riviste e giornali si trovano anche nei bar e nei supermercati, «competenza e specializzazione possono ancora fare la differenza». E non vede così nero il futuro della carta stampata. «Leggere testi su uno schermo resta poco piacevole – nota – e poi quando si fa una ricerca su internet si finisce sempre dirottati su altri argomenti, per non parlare delle pubblicità e delle finestre che si aprono. Direi che le pubblicazioni cartacee mantengono il loro valore».

Ma anche il suo caso aziendale dimostra che non si vive di soli giornali. E il provvedimento regionale che amplia le merceologie lo conferma. «Secondo me la professionalità paga – rimarca -, ma è indubbio che è importante anche riuscire ad integrare le vendite. La possibilità di proporre dei prodotti alimentari ci restituisce una piccola opportunità, anche se tardi, dopo il duro colpo che il settore ha subito con la libertà di commercializzazione di quotidiani e periodici in altri esercizi, come i bar. Adesso probabilmente questa novità darà fastidio a qualcun altro, ma ormai la direzione del commercio è questa». «Tutti stanno soffrendo per il calo dei consumi, le edicole hanno ulteriori problemi e i piccoli chioschi ancora di più. Per andare avanti oggi servono progetti coraggiosi».