Dogane, Scame Parre ottiene la certificazione AEO

Scame ParreLa Scame Parre ha ottenuto lo status di AEO/semplificazioni doganali e Sicurezza (AEOF) dall’Ufficio delle dogane di Bergamo, a seguito di un audit specifico svolto presso gli uffici centrali dell’azienda. La certificazione Authorized Economic Operator fa parte di un programma di accreditamento comunitario che si applica agli operatori economici ed ai loro partner commerciali che intervengono nella catena di approvvigionamento internazionale (fabbricanti, esportatori, spedizionieri, imprese di spedizione, depositari, agenti doganali, vettori ed importatori) le cui attività sono disciplinate dalla regolamentazione doganale e si qualificano positivamente rispetto agli altri operato. Il riconoscimento è risultato di un lavoro preparatorio durato diversi mesi e curato dal dipartimento Sicurezza, Qualità e Ambiente di SCAME e certifica che l’azienda è completamente conforme alle linee guida definite dall’Unione Europea in materia di affidabilità, solvibilità, conformità alle disposizioni di legge pertinenti e adempimento a specifici standard di sicurezza. Tra i vantaggi per le aziende che ottengono la certificazione AEO vi sono le semplificazioni doganali, la facilitazione sui controlli di sicurezza, la riduzione della quantità dei dati da fornire ai fini della sicurezza, i minori controlli fisici e documentali, la priorità di trattamento del carico in caso di selezione per il controllo e l’accesso a corsie preferenziali nell’espletamento delle attività amministrative doganali.




Emergenza migranti / La soluzione c’è. Basta leggere Confucio

Una statua di Confucio
Una statua di Confucio

Più o meno quando gli Ateniesi stavano combattendo contro i Persiani, tra Salamina e Platea, in Cina un signore che si chiamava Confucio stava elaborando un sistema di pensiero piuttosto interessante, basato, essenzialmente, su di una visione saggia e pacifica della vita. Se in riva al fiume vedi qualcuno che ha fame non regalargli un pesce, ma insegnagli a pescare, diceva il nostro cinesino: se un uomo ti chiede del riso, non dargliene una ciotola, ma insegnagli a coltivare la terra. E’ un ragionamento talmente piano, ovvio, sensato, da non necessitare di grandi spiegazioni: i più grandi pensatori della storia si esprimevano così, in modo da fare comprendere, anche ai meno attrezzati, verità talvolta assai complesse. L’esatto contrario di quel che accade oggi, quando il più miserabile dei ripetenti ginnasiali si riempie la bocca di altisonanti polisillabi, per stupire, annientare, meravigliare l’interlocutore. Che, in compenso, non capisce nulla di quel che gli si dice.

Ordunque, partiamo da Confucio ed arriviamo a noi. La soluzione finale, epocale, millenarista, del problema dell’immigrazione non può che essere una: importare in Africa un modello di sviluppo che permetta a quelle popolazioni di vivere in pace e con la pancia piena a casa loro. Naturalmente, c’è qualche controindicazione: innanzitutto, il fatto che, per realizzare una specie di gigantesco piano Marshall per l’Africa ci vogliono risorse enormi, che al momento scarseggiano, e tempi medio-lunghi, che oggi, ahinoi, non abbiamo. Va da sé che, poi, bisognerebbe un tantino intenderci sul modello di sviluppo: esportare il modello fastfood, il “produci, consuma, crepa”, non sarebbe aiutare l’Africa, ma l’America, creandole un nuovo mercato bello e pronto. Inoltre, in Africa, prima di far partire gli aiuti sostanziali, si dovrebbe accertare in che tasche finirebbero questi aiuti, giacché, da almeno cinquant’anni, i soldi della cooperazione internazionale ingrassano ducetti e dittatorelli vari, sempre pronti ad indossare giganteschi orologi d’oro e a farsi la guerra.

Quindi, si dovrebbe prima stabilizzare il continente: ossia l’esatto contrario di quello che hanno sempre fatto i paesi occidentali, che, coi suddetti dittatorelli, fanno affari formidabili. Insomma, bisognerebbe invertire la rotazione terrestre, da un punto di vista geopolitico: campa cavallo! E, infine, c’è l’emergenza: grazie alle disastrose campagne euromericane, alle primavere arabe e a tutto l’assortimento di stati canaglia messi in piedi dalla Cia per giustificare il bilancio dell’Unione in materia di armamenti, noi l’Africa ce la troviamo alle porte, che freme, si agita ed urla, chiedendo di passare. E il problema è un problema italiano: non illudiamoci e non diamo retta alle fanfaluche del duo comico Mogherini & Renzi, che, in Europa, viene considerato per quello che è, ossia un gradino sotto Stanlio e Ollio e uno sopra i Fichi d’India.

L’Europa non è l’Italia, e le regole che si è data le fa rispettare: per i Francesi o gli Spagnoli, un clandestino è un clandestino e un rifugiato è un rifugiato. Siccome siamo noi la sponda di sbarco, siamo noi che dobbiamo, immediatamente e capillarmente, distinguere tra le due categorie, accogliendo e smistando nel continente i profughi e respingendo senza tentennamenti chi profugo non è: tutta la confusione semantica creata ad arte da certi politicanti, di sicuro, non aiuta a comprendere l’entità del problema. Però, rimandare a casa un esercito di clandestini non è praticabile oppure sarebbe costosissimo: quindi, si creino dei centri di selezione sulle sponde africane, sotto la bandiera dell’Onu. Così, almeno, avremmo la sensazione che il carrozzone nuovayorkese serva a qualcosa. Lì, si dovrebbero identificare tutti i migranti, definirne lo status, sottoporli a controlli medici e, nel caso, avviarli verso le nostre coste, da cui spiccherebbero il volo per le varie mete europee. Anche in questo caso, però, la logica si scontra con l’interesse di chi, sull’arrivo di milioni di poveracci, mangia, beve e gavazza, magari tenendoci sermoncini sulla bontà e l’accoglienza.

Dunque, concludendo, le soluzioni sono lì, da vedere: tra noi e loro, però, si erge un muro di sordidi interessi, nazionali, continentali e personali. In definitiva, l’emergenza immigrazione, per qualcuno è effettivamente un’opportunità, come ci vanno belando le vestali del terzomondismo: però, per tutto il resto degli Italiani è semplicemente la peggior catastrofe sociale che ci si sia presentata davanti, dal tempo di Alarico e di Alboino. Nel frattempo, mentre noi affondiamo, governati da un manipolo di inetti e di delinquenti, gli eredi di Confucio se la ridono, aspettando il momento buono per prendersi tutta la posta. La soluzione? Quella vera? Una rivoluzione culturale, direbbe Mao Dse Dong, che, non a caso, Confucio se l’era studiato per benino.




Assistenza sanitaria, il 6 luglio l’assemblea Masec

Masec logo

È in programma lunedì 6 luglio alle ore 15.30 l’assemblea annuale della Masec, la mutua volontaria dell’Ascom per l’assistenza sanitaria degli imprenditori e delle loro famiglie. I lavori si svolgeranno nella sede provvisoria di Bergamo dell’Associazione, nell’edifcio ex Una Hotel, in via Borgo Palazzo 154 (quarto piano, sala Apollo). All’ordine del giorno la relazione del presidente, l’esame e l’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2014.

Masec è lo strumento che, attraverso tre diverse formule assicurative, copre i costi per ricoveri, visite ed esami ed offre convenzioni con strutture sanitarie e istituiti di cura.

Assemblea Masec 2015 – scarica la convocazione




Montanari ai giovani: “Leggete. Così capirete meglio la vita”

Raul MontanaariUna Milano di periferia, i lontani Anni 80 e la storia di un’amicizia che nasce e finisce in modo improvviso e drammatico. Il Regno degli amici, l’ultimo romanzo dello scrittore bergamasco Raul Montanari (alla Libreria Mondadori di Lovere il primo agosto) è una celebrazione dell’adolescenza. Racconta l’estate di un gruppo di sedicenni di cui descrive i primi batticuore, le timidezze, gli slanci di passionale violenta, gli entusiasmi. Nel deserto agostano milanese scoprono e occupano una casa abbandonata, sulla riva del naviglio della Martesana. La chiamano Il Regno Degli Amici. Ci vanno per bere birra, fumare, leggere fumetti, sentire musica, felici semplicemente di avere un posto solo per loro e di stare insieme. «A quell’età – scrive Montanari – contempli la vita con una purezza che non avrai mai più, senza sporcarla con miserie accessorie – vecchiaia, malattia, come starò, chi ci sarà al mio capezzale. Poi, quando il futuro è arrivato, scopri che la felicità vera era quella che avevi vissuto allora. Avevi scambiato l’esecuzione per i preparativi: quella a cui avevi assistito a quindici anni non era la prova d’orchestra. Era già il concerto». Gli abbiamo chiesto di parlarci del romanzo, ma soprattutto di questa età magica nella quale tutto è possibile.

Perché ha deciso di scrivere un romanzo sull’adolescenza?

«È un’età interessante per molti motivi, che la rendono diversa da qualunque altra età. Innanzitutto è l’età in cui incontri il vero te stesso per la prima volta. Da adolescente scopri chi sei, se sei coraggioso, se sei vigliacco. Scopri i tuoi punti di forza, i tuoi sogni, le tue paure. Da ragazzo fai un’ipotesi su di te adulto che assomiglia molto a quello che sarai. Tu, lì, diventi quel te stesso che rimani poi nei decenni».

Gli altri motivi quali sono?

 «Da adolescente ti fai domande che poi non ti fai più: su te stesso, Dio, la morte, il destino. Prima non te le poni perché non hai ancora coscienza. Poi non hai spazio mentale per fartele, preso come sei dalle incombenze quotidiane. Quando sei più grande vedi i tuoi genitori che invecchiano e pensi più alla vecchiaia che alla morte. Un adolescente può essere infelice, un adulto è triste. Inoltre l’adolescenza è un ring di pugilato dove si scontrano l’amore e l’amicizia. Si entra nell’adolescenza con l’amicizia e si esce con l’amore. La legge dell’amicizia è quella della condivisione, quella dell’amore è la legge dell’esclusività. Nel romanzo è proprio il desiderio di Demo di vivere un rapporto esclusivo con Valli che porta al disastro e alla fine dell’amicizia e del regno degli amici».

Nel regno degli amici i protagonisti si scambiano confidenze, letture, ma soprattutto sperimentano le prime libertà. Oggi per i ragazzi è ancora possibile avere un regno degli amici?

«In città oggi questa possibilità è limitata, per una questione di spazi urbani. È difficile anche trovare un luogo dove giocare a palla. Ora per il gioco ci sono posti organizzati. Racconto sempre storie ambientate nella periferia e non solo perché sono cresciuto a Niguarda, ai margini della città. I piccoli paesi e la periferia quello che perdono in innovazione culturale lo guadagnano nella capacità di offrire spazi di avventura».

Perché ha ambientato il romanzo nel 1982?6036637_358114

 «L’82, con la vittoria dei mondiali di Spagna, è stato una grande festa che è sembrata cambiare tutto e chiudere gli anni bui e duri di Moro e del terrorismo. Si aveva l’impressione gioiosa di entrare in un mondo più interessante e promettente per tutti. Avevo voglia di raccontare questa festa, questa sensazione che tutto poteva cambiare. Poi, come sappiamo, si è finiti nell’era del consumismo e del berlusconismo. Le tecnologie hanno sostituito le ideologie. Non c’è mai stata una generazione disperata come questa».

Nel romanzo non ci sono computer, né cellulari e la musica si ascolta dal mangianastri. Gli adolescenti di oggi cosa hanno in comune con i suoi protagonisti?

«Il computer e il cellulare sono i grandi assenti nel romanzo. Entrambi danno maggiore libertà dai genitori ma anche minore avventura: prima gli amici dovevi andare a cercarli, era più avventuroso perché poteva succedere di tutto. Alcune cose invece sono rimaste invariate: l’incontro con se stessi, il rapporto con l’amicizia e l’amore. Anche la mancanza di potere. Quando si è ragazzini sono gli altri che prendono le decisioni, almeno quelle importanti. Questa mancanza di indipendenza e autonomia è talmente tormentosa che si ha solo voglia di lasciarsi alle spalle l’adolescenza. In quell’età non credi affatto di essere felice. Ti accorgi dopo che lo eri. L’avventura di Demo e dei suoi amici è così bella perché quando trovano la casa diroccata sperimentano un senso di potere e di libertà. Nel regno fanno anche le pulizie di casa perché non è un’imposizione ma una decisione presa insieme, in modo democratico».

Cita molto spesso I promessi Sposi. Ha ancora senso proporre ai ragazzi questo romanzo?

«I Promessi Sposi sono l’unico libro che abbiano letto tutti nella vita. Nemmeno Pinocchio ha questo primato. È l’unico patrimonio letterario che ci accomuna. Tanti si chiedono perché, dovendo proporre un classico, questo e non un altro. È come l’inno nazionale, non piace ma non si sa cosa mettere al suo posto. Quindi ci teniamo questo. In realtà I promessi Sposi, con la sua carrellata di personaggi, è un romanzo attualissimo. C’è una grande fotografia della vita, di come siamo noi. Le scene della folla rappresentano in maniera perfetta i troll di oggi; l’innominato è l’antesignano di tante figure noir tormentate. Pochi lo sanno ma è stato il modello del Conte Dracula di Bram Stoker. Certo andrebbe raccontato in maniera più interessante e più divertita, senza stare troppo a sottolineare il messaggio della morale cattolica del povero che deve sopportare senza ribellarsi perché c’è la provvidenza. E andrebbe riletto dopo la scuola, per poterlo apprezzare».

Dia un buon motivo ai ragazzi per leggere.

«In realtà ci sono un sacco di buoni motivi per non leggere: innanzitutto la lettura è faticosa, richiede giorni e giorni quando per guardare un quadro bastano una decina di minuti. Inoltre è antisociale. La musica e il cinema li si ascolta e lo si vede con gli amici. Stare su facebook con gli amici è più divertente. La lettura è un atto di solitudine, è una cosa che si avverte molto sottrattiva, poco sociale. Questi sono gli aspetti che rendono la lettura una scelta coraggiosa. Si deve leggere perché non c’è niente al mondo che entra nella mente umana, nei sentimenti, nei meccanismi con cui viviamo la vita come i libri. Solo i libri possono raccontare dall’interno i personaggi. Un romanzo può entrare per centinaia di pagine nelle emozioni del protagonista, il cinema, ad esempio, non lo può fare. Una persona che legge poco è una persona che si affida solo alla sua vita, alle sue esperienze per capire gli altri. Con l’aiuto dei libri si capisce molto di più».

Quali sono a suo avviso quattro romanzi che dovrebbero leggere.

«I Promessi Sposi, non come lettura obbligata, ma per divertirsi. L’isola del tesoro di Stevenson, uno dei più grandi libri scritti sull’adolescenza, perché è pieno di sogni e fa capire il fascino del male. È importante perché poi nella vita non si rimane sorpresi quando capita di imbattersi in persone affascinanti ma negative. Del ‘900 consiglio Il cavaliere inesistente di Calvino, è il suo capolavoro, bellissimo, geniale. Infine, i Racconti di Edgar Allan Poe, l’esplorazione affascinante e divertente degli abissi dell’anima che si incontra anche nelle canzoni, nei fumetti».

Quando finisce la giovinezza?

«Quando uno comincia a rassegnarsi, quando si smette di pretendere dagli amici la fedeltà, la correttezza, quando ti dici: pazienza, non si può avere di più, che è anche saggezza. Come ha scritto Pontiggia “la maturità è rassegnazione”. Uno dei doveri verso noi stessi è di custodire l’adolescenza man mano che gli anni passano, non permettere che la vita, l’esperienza ci renda troppo consapevoli, troppo esperti. È come un fuoco che va tenuto acceso. Quando prendi lo specchio devi rivedere lo stesso viso di quando eri ragazzo».




Cucine da Incubo, in onda la puntata bergamasca. «Macché brutte figure, abbiamo fatto festa»

borgo san lazzaro«Il Borgo San Lazzaro di Bergamo è un ristorante dal menu bizzarro e uno staff multi-culturale guidato da un titolare dallo spirito goliardico e amante della bicicletta, ma di poco polso»: così viene presentato l’episodio dal programma. (Il titolare Carlo Bertoletti è il secondo da sinistra)

 

Le riprese sono state effettuate nel novembre scorso e per una settima il titolare e lo staff del ristorante Borgo San Lazzaro (in via San Lazzaro 8 a Bergamo) sono stati sottoposti ai giudizi e alle prove dello stellato Antonino Cannavacciuolo che con il suo programma “Cucine da Incubo” interviene nei ristoranti “sull’orlo del precipizio” e li risolleva un’iniezione di positività, consigli, nuovo look e piatti firmati.

Ieri (23 giugno) è stata l’ora della verità perché l’episodio è stato trasmesso – su  FoxLife (Sky, canale 114) alle 21 – e i protagonisti hanno visto per la prima volta la loro vicenda raccontata in 45 minuti. Nonostante il format sia di quelli “crudeli”, con lo chef napoletano che non risparmia di evidenziare magagne e critiche, per quanto a fin di bene, Carlo Bertoletti non teme di fare brutta figura. Anzi, ha organizzato una serata speciale, ottenendo dal Comune la possibilità di mettere tavoli all’aperto e lo schermo per seguire la trasmissione: una vera e propria festa, di cui devolverà il ricavato all’Istituto dei Ciechi di Milano, dove si è svolta un’esperienza in esterna dell’episodio. «Preoccupato per come ne uscirà il locale? No di certo», afferma con sicurezza. «Siamo qui da 16 anni e c’era bisogno di fare qualcosa per riaccendere l’attenzione. La trasmissione gioca con il concetto di “incubo” nel senso che quello della ristorazione è un mondo molto delicato e basta un imprevisto, ad esempio l’assenza di un componente del personale, per compromettere un piatto o un servizio. Credo sia questo il vero messaggio che va tratto».

«Abbiamo partecipato più che altro per far parlare un po’ di noi – prosegue -, magari solo ricordarlo a chi già ci conosce, anche per via del mio passato al bar Basket». Ma i consigli dello chef qualche effetto l’hanno avuto e la proposta è stata aggiornata. «Tra i piatti che ci ha proposto ci sono fagioli con gamberi e pancetta, una polenta liquida con cotechino, filetto di maiale con cime di rapa, miele e peperoncino, ravioli al gorgonzola con salsa di topinambur e altri che prepariamo a seconda della stagione. In più ci ha consigliato sulla scelta delle materie prime, che resta fondamentale. Ha invece bocciato le carni alternative come struzzo e canguro, che ho deciso di togliere dal menù».

Anche l’ambiente è stato rinfrescato. «Per la verità era già carino – dice il titolare -, ma sono stati aggiunti alcuni dettagli che lo caratterizzano di più, come delle lampade realizzate con i cerchi delle biciclette, vista la mia passione per le due ruote che nel gioco televisivo è diventata una specie di accusa nei miei confronti».




Finanziare l’impresa, tutto quello che c’è da sapere sugli strumenti innovativi

business-angelsNon solo banche. Crowdfunding, business angels, venture capital e private equity, minibond e altro ancora sono strumenti innovativi di finanziamento che, di fronte ai cambiamenti e delle difficoltà che la situazione di crisi ha determinato per buona parte degli operatori economici, diventa importante conoscere e valutare. Per saperne di più e capire come funzionano il Comitato per la Promozione dell’Imprenditorialità Femminile della Camera di Commercio di Bergamo di Bergamo organizza mercoledì 24 giugno alle ore 14.30, nelle sale del Palazzo dei Contratti e delle Manifestazioni (in via Petrarca 10 a Bergamo), il seminario con tavola rotonda “Nuovi canali di finanziamento per le Pmi: gli strumenti più innovativi tra capitale di rischio e di debito”.

L’iniziativa, realizzata da Bergamo Sviluppo in collaborazione con il progetto Incubatore d’Impresa e il sistema associativo locale, è rivolta, in particolare, agli imprenditori delle piccole e medie imprese sia in fase di startup sia già attive sul mercato. L’incontro intende fornire una panoramica sugli strumenti messi a disposizione delle imprese dal mercato finanziario, diffondendone la conoscenza: un modo per “fare cultura finanziaria” e aumentare le opportunità di crescita delle Pmi del territorio.

Il seminario, al quale prenderanno parte esperti nelle diverse tipologie di strumenti finanziari presentati, prevede anche una tavola rotonda, che permetterà di conoscere l’esperienza di imprenditori che hanno già utilizzato alcuni di questi nuovi strumenti di finanziamento per far crescere la propria attività.

IL PROGRAMMA

14.45 APERTURA LAVORI
  • Ida Rocca, presidente Comitato IF di Bergamo
  • Silvia Campana, Bergamo Sviluppo
15.00 PRIMA PARTE – INTERVENTI PER CONOSCERE 4 DIVERSI CANALI DI FINANZIAMENTO
  • Il contributo di Internet: il REWARD BASED e l’EQUITY CROWDFUNDING
    Diego Zanchi – CFO Opstart
  • Capitale umano e capitale finanziario: i BUSINESS ANGELS e il PROGETTO BACKtoWORK 24
    Marco Massimiliano Bracci – partner BACKtoWORK 24 per la provincia di Bergamo
  • Condividere il rischio: il VENTURE CAPITAL e il PRIVATE EQUITY
    Valentina Lanfranchi – AIFI (Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital)
  • Il mercato si apre alle piccole imprese: AIM ITALIA e MINIBOND
    Antonio Tognoli – vice Presidente Integrae Sim
16.30 SECONDA PARTE – TAVOLA ROTONDA CON RELATORI E IMPRENDITORI
  • Giorgio Ferrari – Advicy Technology
  • Rodolfo Pinto – Skyres
  • Sergio Sonzogni – PolyKeg  S.r.l.
  • Alessandro Malacart – Ceo di Digital Magics

Coordinano i lavori dell’incontro Claudio Rossi e Sergio Panseri, esperti di finanza aziendale

La partecipazione all’incontro è gratuita; iscrizioni online sul sito www.bergamosviluppo.it (sezione news scorrevoli o dal calendario eventi in homepage)

Per informazioni: Bergamo Sviluppo – tel. 035/3888011

 

 




Panificatori, Capello confermato alla guida della Federazione nazionale

Roberto Capello 5Il bergamasco Roberto Capello, eletto nel giugno scorso presidente della Federazione italiana panificatori, è stato confermato al vertice dell’associazione nel corso dell’assemblea nazionale svoltasi domenica 21 giugno a Roma. Il ritorno alle urne si è reso necessario dopo l’approvazione, nel novembre scorso, del nuovo statuto che ha, in pratica azzerato le cariche. Tra le novità c’è allungamento del mandato del Direttivo, che passa da tre a quattro anni.

Classe 1963, socio e amministratore unico dei panifici che portano il suo nome con punti vendita a Bergamo e Seriate, Capello guida del 1996 l’associazione provinciale (che ha rinnovato proprio nei giorni scorsi le cariche la confermandolo presidente) e quella lombarda dal 2002. Dal 1996 siede nel consiglio nazionale della Federazione. È anche consigliere dell’Ascom e della cooperativa di garanzia Fogalco.




Festa della Musica, l’invasione dei mille (e cento) artisti

La musica ha invaso Bergamo lo scorso fine settimana. Dopo la Donizetti Night di sabato in Città alta, domenica è stata la volta della prima edizione della Festa europea della Musica, un evento che si celebra in tutto il Vecchio Continente il 21 giugno, solstizio di primavera. La maratona musicale promossa da Pro loco Bergamo e organizzata da Teamitalia ha fatto risuonare con le melodie più diverse ben 19 postazioni, coinvolgendo 52 formazioni musicali e oltre 1.100 artisti. Uno spettacolo che, dalle 10.30 di mattina fino a mezzanotte, ha catturato l’attenzione di circa 50mila persone, tra cittadini e turisti.

È stato il corpo bandistico Telgate ’90 a dare il via alla Festa, seguito dall’elettrizzante esibizione della Fanfara dei Bersaglieri Scattini, che ha attraversato le vie del centro a passo di marcia, e dalle colonne sonore evocate dalla Mozzorchestra in piazzetta Santo Spirito grazie alla collaborazione con Bergamo in Piazzetta. Bergamo Alta ha invece ballato con i Brassatodrums, che si sono esibiti in piazza Mercato delle Scarpe, e in piazza Mascheroni sui ritmi country dei Mismountain boys. Alla Fara padrone della scena è stato il Jazz Club Bergamo che, accogliendo l’invito dell’organizzazione, ha aperto il concerto intonando con la tromba l’Inno d’Europa, colonna sonora di questa prima edizione.

Protagoniste indiscusse dell’evento sono state le realtà artistiche del territorio e alcuni luoghi simbolo della città: come Palazzo Frizzoni, ad esempio, dove grazie alla collaborazione con la Presidenza del Consiglio Comunale si sono esibiti il Piccolo Coro Armonia, il Minicoro di Rovereto, gli Harmony Chorus, i RigoDritto e Moon live; o l’Accademia Carrara, presa d’assalto per le esibizioni dei cori gospel. Per non parlare di piazza Vecchia, che nel primo pomeriggio ha visto sul palco gli allievi di chitarra elettrica del Conservatorio Gaetano Donizetti, guidati da Fabrizio Frigeni in un trascinante “Donizetti Rock”.  Ancora a cura del Conservatorio l’esibizione del trombonista inglese Ian Bousfield con il Gruppo ottoni nella basilica di S. Maria Maggiore e l’elevazione del Grande coro in una chiesa di S. Spirito gremita di gente.

La bella giornata ha favorito le molte performance previste all’aperto: tra i protagonisti, l’orchestra ProPolis per il progetto “Monterosso quartiere musicale”, i Coristi per Caso del Centro diurno psichiatrico delle ghiaie di Bonate che, in collaborazione con la Comunità delle Botteghe di Bergamo Alta e la Commissione giovani del Comune di Bergamo, hanno animato gli Spalti di S. Agostino seguiti dall’Accademia CSM, dall’associazione Nel mondo della Musica e dai Voga. Il centro storico è stato invece attraversato dalla parata delle bande proposta da ABBM e dall’esibizione dei gruppi folclorici in collaborazione con il Ducato di Piazza Pontida e la FITP, che hanno colorato via Colleoni con balli e stupendi costumi tradizionali.

Al Quadriportico è riecheggiata la musica jazz, blues e soul del CDpM, presente con gli Alma Progetto e Stefano Damaro, mentre il giovane pianista Lorenzo Mazzola si è esibito in favore di Aisla, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, che la Festa della Musica ha voluto supportare nel “global day” per la sensibilizzazione e la ricerca sulla Sla.

In serata, in contemporanea alle esibizione dei coro polifonici e popolari realizzate in collaborazione con l’Usci, piazza Vecchia è stata scenario della “The Beatles magic night”. A 50 anni dall’uscita del film “Help!” e del tour dei Fab Four in Italia, alcuni dei migliori artisti e tribute band – da Silver ai The Shout, dalla formazione composta da Piero Pasini, Enrico Iorio e Carlo Ghidotti all’avvincente sfida “Beatles vs. Rolling Stones” combattuta da Rolando Giambelli e Luigi Zucchinali al comando delle rispettive band- hanno reso omaggio a uno dei gruppi più rappresentativi della storia della musica, raccogliendo in un’atmosfera davvero suggestiva gli echi di una giornata tutta da ricordare.




Altri Percorsi, «la nuova stagione ritrova una spinta coraggiosa»

Sette titoli che insieme propongono una visone originale del teatro contemporaneo, con attori e autori giovani come Marta Cuscunà o stelle come Maria Paiato e Arianna Scommegna, o ancora il ritorno del Teatro del Carretto di Lucca in omaggio a Benvenuto Cuminetti e una rassegna in tre titoli con César Brie: questa la nuova stagione di Altri Percorsi, che l’assessore alla Cultura, Turismo ed Expo del Comune di Bergamo Nadia Ghisalberti ha definito “un ritorno al futuro”.

«Il cartellone preparato da Maria Grazia Panigada – ha dichiarato l’assessore – parte da uno sguardo attento alle origini della rassegna, arrivata alla 35ma edizione, per ritrovare quella spinta coraggiosa nel percorrere le strade nuove del teatro ed essere al centro di una rete di proposte che guardano alla ricerca e alla sfida dei linguaggi. Ci piace poter ospitare un debutto nazionale “Due donne che ballano” di Veronica Cruciani, che vede in scena per la prima volta insieme due straordinarie attrici quali Maria Paiato e Arianna Scommegna. Per il teatro, ospitare le prove di un debutto significa poter convivere con il work in progress di un lavoro; per la città significa invece condividere un momento di produzione culturale che può uscire dai confini di Bergamo. La programmazione nasce anche per dare al Teatro Sociale una nuova centralità e, soprattutto, una linea artistica e una vocazione che ancora non aveva trovato da quando è stato, con lungimiranza, restituito alla sua funzione teatrale. Siamo onorati di ospitare, per la prima volta in Altri Percorsi, César Brie, a cui dedichiamo una personale con tre spettacoli; ci piace poi aprire la stagione ricordando la Grande Guerra, con uno spettacolo che ha appena debuttato riscuotendo notevole successo di critica e di pubblico».

«Negli ultimi anni si è andata spegnendo la volontà iniziale di Benvenuto Cuminetti – ha affermato il direttore artistico Maria Grazia Panigada –, di realizzare con Altri Percorsi una stagione, in parallelo a quella della prosa “maggiore”, che fosse di ricerca, che fosse un luogo di elaborazione di pensiero e di condivisione per spettatori di generazioni diverse, per giovani pronti a vivere le messinscene non come obbligo scolastico, ma come possibilità di vivere un’esperienza in cui la città riflettere se stessa tramite il teatro».

«La Stagione 2015-2016 vedrà il ritorno di Altri Percorsi a quella che è stata la sua vocazione originaria – ha sottolineato il direttore del Teatro Massimo Boffelli – ossia quella di offrire al pubblico bergamasco una panoramica di quello che è il teatro di ricerca e la drammaturgia contemporanea oggi. Lo farà nella cornice del Teatro Sociale, all’interno della quale saranno ospitati 6 dei 7 titoli in programma, compreso un importante debutto nazionale di una nuova produzione, a dimostrazione della volontà di valorizzare un luogo che ha bisogno e merita di
essere vissuto appieno».

La Stagione è composta da 7 titoli, che andranno in scena al Teatro Sociale da ottobre 2015 ad aprile 2016 (un titolo all’Auditorium di piazza della Libertà).

Si apre con un ricordo della Grande Guerra, della durezza inumana della trincea, dove per la prima volta i dialetti d’Italia si incontrarono forzatamente per un solo stato: Milite ignoto quindicidiciotto (23 ottobre 2015) uno spettacolo di e con Mario Perrotta tratto da “Avanti Sempre” di Nicola Maranesi e da “La Grande Guerra, i diari raccontano” un progetto a cura di Pier Vittorio Buffa e Nicola Maranesi per Gruppo editoriale L’Espresso e Archivio Diaristico Nazionale (produzione Archivio Diaristico Nazionale, Permàr, DueL e La Piccionaia).

Secondo appuntamento un debutto nazionale: Due donne che ballano di Joseph Maria Benet i Jornet con la regia di Veronica Cruciani (produzione Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano, 24 e 25 novembre 2015): per la prima volta insieme due grandi attrici quali Maria Paiato ed Arianna Scommegna, pluripremiate protagoniste del teatro italiano, impegnate nella messa in scena di un intenso testo di quello che è considerato uno dei massimo autori del teatro spagnolo contemporaneo e padre del teatro catalano, in cui si affronta l’incontro-scontro fra due donne, due generazioni, due storie, due diversità che si toccano e si intrecciano inesorabilmente.

Dopo queste novità, un ritorno antico, Iliade da Omero con la regia di Maria Grazia Cipriani (22 gennaio 2016), le scene e i costumi di Graziano Gregori, una produzione Teatro del Carretto come omaggio a Benvenuto Cuminetti che la volle al Teatro Donizetti 25 anni fa e che torna a Bergamo con lo stesso incanto derivato dagli echi del mondo epico, ma con un finale nuovo che rimanda al dolore di questo nostro tempo.

Quarto appuntamento (8 aprile all’Auditorium di piazza della Libertà), con La semplicità ingannata di Marta Cuscunà (co-produzione Centrale Fies e Operaestate Festival Veneto) attrice-autrice giovane e talentuosa che presenta una storia di resistenza al femminile, storia di donne, di monache, che rivendicano il diritto di avere un cervello, un corpo, un’identità propria nella libertà di pensiero e di critica con uno stile che ha un legame con quello del Teatro del Carretto nell’uso del teatro di figura come elemento che fa risuonare l’atto e la voce teatrale ed amplifica lo spazio dove realtà e poesia vibrano all’unisono.

Gli ultimi tre spettacoli costituiscono una personale dedicata a César Brie, attore e regista argentino, splendido esempio di coerenza umana ed artistica.
La volontà. Frammenti per Simone Weil (19 febbraio 2016, produzione di Campo Teatrale e César Brie – spettacolo vincitore del bando “I teatri del sacro” 2014-2015) è il più recente lavoro di Brie, omaggio a Simone Weil, sua compagna di pensieri da diversi anni. Attorno a questo spettacolo sarà organizzata una serie di incontri e conferenze in collaborazione con le Cattedre di Pedagogia Sociale e Pedagogia dei Diritti Umani dell’Università degli Studi di Bergamo e con la Fondazione Serughetti Centro studi e Documentazione La Porta.

Ero (23 marzo 2016, produzione Arti e Spettacolo e César Brie) è un sincero e profondo percorso nelle origini della propria esistenza, dove gli eventi autobiografici propri dell’autore e delle persone incontrate si fondono per restituirci pezzi di vita, di relazioni in cui possiamo riconoscerci e condividere insieme.

La personale chiude con una regia di Brie per il Teatro Presente. In scena La Mite (15 aprile 2016) ispirata al racconto omonimo di Fëdor Dostoevskij, scritto prima dei Fratelli Karamazov, ispirato a un fatto di cronaca che lo aveva molto colpito: il suicidio di una ragazza definito dai titoli dei giornali un “suicidio mite”. L’originale presenta un uomo disperato che vuole capire perché sua moglie si è uccisa e fa una specie di lungo soliloquio nel quale ricerca le ragioni di questo atto disperato. Questo spettacolo invece fa parlare entrambi. Un uomo freddo, severo, vivo e la sua donna, buona e mite, che ormai ha passato il confine della morte. Insieme sempre sul palco, i due attori, Clelia Cicero e Daniele Cavone Felicioni, stanno nell’attesa della separazione definitiva, cercando di intuire le ragioni della separazione, del dolore inflitto e dell’incomprensione

Gli abbonamenti alla Stagione si possono rinnovare (con il pagamento tramite modulo bancario) entro il 14 settembre 2015. Il rinnovo presso la biglietteria del Teatro Donizetti (piazza Cavour 15 – Bergamo) sarà possibile dal 22 al 24 settembre 2015. I nuovi abbonamenti saranno in vendita dal 25 settembre 2015. I singoli biglietti dal 29 settembre 2015.




Imu e Tasi, quattro imprese su dieci preferiscono l’accorpamento

Nonostante alcuni indicatori segnalino un’inversione di tendenza (Pil in rialzo, diminuzione dei fallimenti e crescita degli occupati), la ripresa appare ancora fragile, tanto che famiglie e imprese non pare se ne siano accorte. È il dato generale che emerge dall’Osservatorio Confcommercio-Format sulle imprese del terziario. L’indagine, costruita sul format “Le tre domande”, a giugno ha riguardato l’ipotesi di introduzione della local tax, il bonus di 80 euro e la riduzione del cuneo fiscale.

Ecco cosa ne pensano gli intervistati

LOCAL TAX

Sull’ipotesi governativa di introduzione di un’unica imposta locale, la cosiddetta “local tax”, al posto di quelle attualmente esistenti:

  • il 40,8% delle imprese del terziario preferisce l’accorpamento di Imu e Tasi. In prevalenza sono imprese del commercio e dei servizi, di piccole dimensioni, del Centro e del Sud Italia;
  • il 33% indica l’accorpamento di Imu, Tasi, Tosap e l’imposta di pubblicità. Sono soprattutto imprese del turismo e dei servizi, di piccole dimensioni;
  • il 26,2% sceglie l’accorpamento di Imu, Tasi e Tari. Sono in prevalenza imprese del commercio e dei servizi, di medie e grandi dimensioni, del Nord Ovest.

IL BONUS DI 80 EURO

Quanto al bonus di 80 euro erogato ai lavoratori dipendenti con reddito fino a 24.000 euro, la quasi totalità degli imprenditori del terziario, il 96,7%, non ritiene che sia una misura sufficiente per la riduzione della pressione fiscale.

LA RIDUZIONE DEL CUNEO FISCALE

Il Governo ha ridotto il cuneo fiscale escludendo il costo del lavoro dei dipendenti a tempo indeterminato dall’Irap. Per l’86,9% degli imprenditori del terziario ciò è insufficiente per il calo delle tasse sulle imprese. In particolare: il 77,5% ritiene che questa misura non vada incontro alle esigenze delle piccole imprese senza dipendenti, mentre il 22,5% vorrebbe ulteriori interventi sull’Irap, escludendo anche il costo dei lavoratori a tempo determinato.