Alternanza scuola-lavoro, non basta una buona legge per cambiare

scuola-lavorodi Emmanuele Massagli*

 

La legge “La Buona Scuola” in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, condivide con il capitolo “apprendistato di primo livello” del Jobs Act finalità e tecnica, pur senza un vero e proprio coordinamento tra i testi. Di conseguenza, entrambi gli interventi scontano gli stessi limiti di visione.

La Buona Scuola ha tra i suoi snodi principali e più pubblicizzati il rilancio dell’alternanza scuola-lavoro (articolo 1, commi 33-44 dell’A.C. 2994-B) e il potenziamento degli Istituti Tecnici Superiori (commi 45-55). Le parti dedicate al contratto di «apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore» (il nome è nuovo) inizialmente contenute in questo disegno di legge, durante l’iter di approvazione sono state spostate nei decreti delegati del Jobs Act che già affrontavano lo stesso argomento, in particolare in quello dedicato al riordino delle tipologie contrattuali (si vedano quindi gli articoli 41-43 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 per quanto concerne la parte normativa; all’articolo 32 dello Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive – Atto Senato n. 177 – sono invece contenute le misure di incentivazione economica).

Le finalità di entrambi gli interventi sono quelle di «incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti» (comma 33 de La Buona Scuola) e «coniugare la formazione effettuata in azienda con l’istruzione e la formazione professionale svolta dalle istituzioni formative» (articolo 43 del d.lgs. n. 81/2015). Il Governo ha molto enfatizzato il confronto con l’esperienza tedesca della formazione duale, alla quale esplicitamente il Legislatore si è richiamato per trovare soluzioni (relativamente) nuove al crescente problema della disoccupazione e inattività giovanile. È però evidente che nessuna imitazione di norme legislative può avere successo se calata in un ambiente sociale incapace di interpretare e sfruttare correttamente gli spazi creati dalla legge. Se non si scardina la dimensione culturale, coerentemente la dimensione legislativa cristallizzerà in norma gli stessi pregiudizi presenti in istituzioni, giovani e imprese.

L’opposizione all’apprendistato già regolato dall’articolo 3 del Testo Unico del 2011, infatti, non scaturisce innanzi tutto da ragioni tecnico/normative, connesse al mezzo (l’apprendistato a scuola), bensì origina da un vero e proprio rigetto concettuale del metodo, ossia l’educazione facendo l’integrazione scuola lavoro: più in generale, l’alternanza formativa. Si tratta della stessa radice culturale degli stage curriculari previsti ne La Buona Scuola, che quindi dovranno superare i medesimi pregiudizi intellettualistici che da anni frenano l’apprendistato, causando il “paradosso pratico” che gli addetti ai lavori osservano da tempo: nonostante l’ampia condivisione di principi generali e la straordinaria dimensione del problema giovanile, l’ordinamento scolastico, professionale e universitario non solo non opera alcun passo verso la costruzione di percorsi moderni ed europei di apprendistato, ma addirittura sembra procedere al contrario. Per questo l’affermazione del metodo dell’alternanza formativa non può che nascere da una legittimazione “dal basso”, da una rinnovata coscienza dell’utilità educativa, formativa ed occupazionale delle esperienze di tirocinio e di apprendistato. Una consapevolezza invero presente tra i giovani, crescente tra le imprese, ma ancora molto scarsa negli ambienti scolastici e universitari.

Il Legislatore pare convinto di poter forgiare questa nuova coscienza con l’intervento diretto, evidente tanto nel Jobs Act quanto ne La Buona Scuola. Entrambi i testi, infatti, confermano la tendenza a ricentralizzare la regolazione del mercato del lavoro e della formazione. Ecco quindi che nella riforma della Scuola le esperienze di alternanza (finalmente non più concepite come piccole “gite”, considerato l’elevato numero minimo di ore indicato al comma 33) diventano obbligatorie e sono controllate dalla «Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro» e dal «registro nazionale per l’alternanza scuola-lavoro». Nel d.lgs. n. 81/2015, invece, si rimanda a futuro decreto la creazione di un «protocollo» per la stipulazione delle convenzioni tra impresa e scuola, nonché per la fissazione dei «criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato», dei «requisiti delle imprese nelle quali si svolge e il monte orario massimo del percorso scolastico che può essere svolto in apprendistato» e del «numero di ore da effettuare in azienda».

Si prova, quindi, ancora una volta, a forzare per via legislativa ciò che in oltre dodici anni di storia (il riferimento è alla legge 28 marzo 2003, n. 53 e decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276) non è riuscito ad affermarsi nel nostro ordinamento, nonostante la continua approvazione di norme indubbiamente favorevoli. I rischi sono i medesimi delle esperienze precedenti: l’aggiramento sostanziale dei buoni propositi della legge. Potremmo quindi scoprire tra qualche anno che le ore obbligatorie di alternanza sono svolte durante la sospensione delle attività didattiche, come furbescamente è previsto nel comma 35 della stessa La Buona Scuola, a protezione del numero di cattedre che non può essere diminuito (è anzi aumentato grazie alle assunzioni previste dalla stessa legge) e della tradizionale organizzazione dei programmi dei corsi di studio; che, mancando reali incentivazioni economiche e normative, le aziende disponibili ad ospitare giovani per tirocini curriculari sono molte meno dell’ingente numero di cui ci sarebbe bisogno per adempiere all’obbligo di legge e che quindi le scuole devono virare verso imprese formative simulate e tirocini nella pubblica amministrazione; che poche imprese superano la diffidenza verso la stipulazione di protocolli formali per l’apprendistato con le scuole e che le Regioni continuano a non regolare l’apprendistato di primo livello.

Il cambio di paradigma di cui ha bisogno la formazione in Italia per contrastare l’emergenza educativa può essere facilitato, ma non certo generato da alcuna norma. Se non si innescherà nei prossimi anni – in primis grazie al coinvolgimento e alla convinzione di dirigenti scolastici, docenti, studenti, imprese e parti sociali – un rinnovato interesse verso la formazione in assetto lavorativo, nessuna legge, anche se “buona”, riuscirà a cambiare una scuola sempre più vecchia e ferma.

*Presidente di ADAPT




Lovere, molte richieste per gli otto posteggi a bando

mercato lovereIl mercato di Lovere avrà otto nuovi banchetti. Dopo l’abbandono di alcuni ambulanti, i posteggi saranno a breve riassegnati. Al bando istituito dal Comune hanno partecipato molte attività, l’Amministrazione dovrà quindi solo selezionare i più meritevoli. Rientra così la preoccupazione di una presunta crisi del mercato loverese. “Non si capiscono questi abbandoni – dice Mauro Dolci, presidente di Fiva Ascom -. E’ probabile che si tratti di scelte personali, forse è mancato il ricambio generazionale oppure i costi del posteggio, che non sono bassi, non erano più sostenibili”.

“La piazza è ancora ambita – conferma Antonio Agazzi, titolare nel mercato sebino di un banchetto di calzature -. Il problema è che mancano aree di accesso per movimentare auto e furgoni. Ad oggi entriamo e usciamo nel piazzale grazie alla cortesia di alcuni colleghi che arrivano dopo o vanno via prima. Ma non è detto che sarà possibile anche in futuro. E’ anche un problema di sicurezza: se qualcuno dovesse sentirsi male la lettiga farebbe fatica ad entrare”.
L’associazione Fiva aveva chiesto mesi fa che uno dei posteggi messi a bando fosse destinato ad area di accesso ma la richiesta non era stata accolta. “Negli ultimi sei anni abbiamo ridotto i posteggi da 120 a 105 circa proprio per dare più agio agli ambulanti ma si tratta anche di salvaguardare l’offerta e la qualità del mercato che è il più grande dell’Alto Sebino – dice Michele Lorandi, responsabile dell’area mercatale per il Comune -. I lavori di riqualificazione del Lungolago hanno migliorato il piazzale. Il problema è che il mercato ha una forma stretta e allungata, ma la sicurezza è garantita”.
Una questione aperta annosa riguarda anche i parcheggi. Il mercato si svolge in una delle due aree di sosta più importanti del paese e nelle immediate vicinanze i posteggi sono pochi e sempre presi d’assalto, sopratutto nei giorni di mercato, con il risultato che anche i marciapiedi vengono assaliti. “Anche qui si tratterebbe di usare un po’ di buon senso – dicono dal Comune -. Nell’area del Porto Turistico c’è un ampio parcheggio collegato con una navetta che porta a Piazzale Marconi. Il servizio c’è, basterebbe usarlo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




“Servizio ferroviario indecente”, i pendolari vanno all’attacco

pendolariChe si tratti di ritardi, soppressioni, pessima gestione dell’informazione a bordo e in stazione, fatiscenza e scarsa manutenzione dei mezzi, oppure tagli applicati e paventati al servizio regionale, i pendolari ogni giorno hanno la netta convinzione di pagare un servizio che di fatto non gli viene reso in modo quantitativamente e qualitativamente accettabile. Per questo il Comitato Pendolari Bergamaschi – con il pieno appoggio dei rappresentanti dei Viaggiatori alla Conferenza Regionale unitamente ai Comitati Pendolari e alle Associazioni che rappresentano – hanno lanciato una petizione su Change.org per manifestare la propria esasperazione e denunciare la pessima qualità del servizio a loro offerto ogni giorno.

“A fronte di questa situazione – scrivono i pendolari – la Regione Lombardia ha rinnovato un contratto di servizio a Trenord che non è stato in alcun modo condiviso con i rappresentanti dei viaggiatori, senza di fatto pretendere nulla in cambio e certamente non un vero miglioramento tangibile del servizio oppure un impegno in termini di manutenzione del materiale rotabile o ancora un piano di investimenti che scongiuri ulteriori peggioramenti e un taglio delle corse regionali. E’ inoltre necessario richiedere al gestore dell’Infrastruttura nazionale RFI interventi mirati a migliorare la circolazione dei nodi e a Ferrovie Nord Milano investimenti economici diretti a migliorare i livelli di sicurezza attrezzando la Rete con sistemi che intervengano in particolari situazioni di criticità”.

Per i pendolari lombardi è quindi arrivato il tempo di cambiare. Firmando la petizione i cittadini pretendono da Regione Lombardia una presa di posizione ed un cambio netto nella propria politica dei trasporti, ed in particolare:

1. Un serio programma di crescita e completamento del progetto del sistema ferroviario regionale, sia nella quantità dei servizi che nella qualità attesa. Il servizio non può essere ridimensionato ma deve necessariamente crescere, così come cresce la sua domanda.

2. Un serio programma di investimenti sia sulle infrastrutture che sui rotabili in linea con gli obiettivi e pertanto ci aspettiamo di poter vedereun reale piano di investimenti Trenord a fronte di contratti di servizio finora di fatto regalati.

3. Trasparenza completa nel Contratto di Servizio con Trenord, nelle penali riguardanti guasti e inadempienze nel servizio e nella sua qualità da parte di Trenord e RFI. Trasparenza altresì nei computi degli indici di puntualità. I viaggiatori devono poter sapere come gli indici vengono calcolati e come vengono comunicati a Regione. Trasparenza nel computo dei bonus di rimborso abbonamenti e loro applicazione anche ai titoli integrati (Ivol, Ivop e affini)

4. Un chiaro e netto coinvolgimento delle rappresentanze dei viaggiatori nella definizione degli obiettivi, gestione dei contratti di servizio, piena trasparenza dei dati e una soluzione definitiva per l’entrata in vigore completa degli aspetti TPL della legge regionale 6/2012, ivi comprese le agenzie per la mobilità, la nuova struttura dei titoli di viaggio unificati, la definizione di una struttura che permetta vere gare d’appalto fondate sul miglioramento continuo della quantità e qualità del servizio offerto al cittadino, senza escludere a priori la possibilità di partecipazione di soggetti diversi da Trenord.

“Condivido le richieste dei pendolari bergamaschi e li ringrazio per il loro intervento. Sono loro infatti a dare forza alla nostra iniziativa tesa ad ammodernare il servizio di trasporto pubblico regionale. Farò mia la loro sollecitazione per chiedere al Governo un sostegno al piano di investimenti che la Regione ha varato”; così ha commentato l’iniziativa l’assessore regionale alle Infrastrutture e Mobilità, Alessandro Sorte.

 

 




“Ai commissari europei faremo mangiare i formaggi lombardi”

formaggi“Mi adopererò perché i commissari europei possano trovare sulle loro scrivanie qualcuno dei nostri ottimi formaggi lombardi, quelli realizzati con il vero latte delle mucche lombarde. Così la Commissione Europea potrà capire la follia di voler obbligare anche il nostro Paese nel dare il via libera all’utilizzo dei surrogati del latte per la produzione di formaggi. In Lombardia vogliamo qualità ed eccellenza e su questo non siamo disposti a trattare”. Così dichiara Mario Mantovani, vice presidente e assessore alla Salute di Regione Lombardia, nel commentare la richiesta dell’Europa di rivedere la legge n°138 dell’11 aprile 1974 per consentire a quei formaggi non coperti da disciplinari di produzione (come ad esempio il grana padano, il bitto, il taleggio ed il gorgonzola) di utilizzare come materia prima, al posto del latte crudo, latte disidratato e ricostituito con acqua.

“In Lombardia viene prodotto il 41% del latte nazionale – ricorda Mantovani – in 6.000 allevamenti che hanno raggiunto livelli pari a vere e proprie industrie alimentari. Il latte prodotto oltre a rispettare i requisiti previsti raggiunge elevati livelli qualitativi e nutrizionali grazie ad una particolare attenzione sull’alimentazione animale”.

“Da parte di Regione Lombardia il sistema dei controlli è peraltro molto attento in tutte le fasi – assicura il vice presidente -, dal campo alla tavola, e il valore dei nostri prodotti sia da un punto di vista di sicurezza alimentare che qualitativo è riconosciuto a livello mondiale. Noi mettiamo in campo su questo settore oltre 650 veterinari in tutte le province lombarde. Oggi le produzioni di formaggi in Lombardia sono volte a mantenere questi fattori di eccellenza, valorizzando oltre alla produzione industriale tutta quella rete di piccoli produttori che preparano i formaggi a latte crudo”. “I formaggi prodotti con polvere di latte avranno invece un minor valore nutrizionale – spiega – perché il processo che porta all’essicazione della materia prima prevede l’impiego di alte temperature con inattivazione di proteine, vitamine ed enzimi che fanno del latte crudo una materia inestimabile”.

“Riteniamo non accettabile che per tutelare il principio di una libera circolazione delle merci possa venir meno la qualità dei prodotti alimentari che sono acquistati e consumati dai cittadini lombardi – conclude l’assessore alla Salute -. L’Europa lasci stare il latte lombardo e si occupi piuttosto dei tanti problemi che anche in modo drammatico stanno affliggendo le Istituzioni europee, con le gravi conseguenze di ordine politico ed economico cui stiamo purtroppo sempre più assistendo”.

 




Tasse, con la media Ue risparmieremmo 900 euro all’anno

tasse11142014.jpgSe il carico fiscale del nostro Paese fosse in linea a quello medio europeo, ogni italiano risparmierebbe 904 euro all’anno di tasse e contributi. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha messo a confronto la pressione fiscale dei principali Paesi Ue registrata nel 2014: successivamente, l’analisi dell’Ufficio Studi ha definito il differenziale di tassazione degli italiani rispetto ai contribuenti degli altri Paesi europei. Il risultato, come era facilmente prevedibile, vede gli italiani occupare le primissime posizioni della graduatoria dei contribuenti più tartassati d’Europa. Tra i principali Paesi dell’Unione presi in esame, la pressione fiscale più elevata si riscontra in Francia. A Parigi, il peso complessivo di imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali è pari al 47,8 per cento del Pil. Seguono il Belgio, con il 47,1 per cento, la Svezia, con il 44,5 per cento, l’Austria, con il 43,7 per cento e, al quinto posto, l’Italia. L’anno scorso la pressione fiscale nel nostro Paese si è fermata al 43,4 per cento del Pil. La media dei 28 Paesi che compongono l’Ue, invece, si è stabilizzata al 40 per cento; 3,4 punti in meno che da noi. Nella comparazione, l’Ufficio studi della CGIA ha deciso di calcolare anche i maggiori o minori versamenti che ognuno di noi “sconta” rispetto a quanto succede altrove. Ebbene, se la tassazione nel nostro Paese fosse in linea con la media europea, ogni italiano l’anno scorso avrebbe risparmiato 904 euro. Effettuando il confronto con la Germania, invece, si evince come i tedeschi paghino mediamente 1.037 euro all’anno in meno rispetto a noi. Analogamente, gli italiani pagano 1.409 euro in più rispetto agli olandesi, 1.701 euro in più dei portoghesi, 2.313 euro in più degli inglesi, 2.499 euro in più degli spagnoli e ben 3.323 euro in più; rispetto agli irlandesi. Sempre rispetto al livello italiano di tassazione, si nota come gli austriaci abbiano pagato 80 euro in più rispetto a noi, gli svedesi 292 euro in più, i belgi 984 euro in più e, infine, i francesi, con ben 1.170 euro in più. Dalla CGIA ricordano che il dato della pressione fiscale italiana relativa al 2014 non tiene conto dell’effetto del cosiddetto “Bonus Renzi”. L’anno scorso, infatti, gli 80 euro “restituiti” ai redditi medio bassi dei lavoratori dipendenti sono costati alle casse dello Stato 6,6 miliardi di euro. Quest’ultimo importo è stato contabilizzato nel bilancio della nostra Amministrazione pubblica come spesa aggiuntiva. Pertanto, se si ricalcola la pressione fiscale considerando questi 6,6 miliardi di euro che praticamente sono un taglio delle tasse, anche se contabilmente vanno ad aumentare le uscite, la pressione fiscale scende al 43 per cento. In relazione a questa precisazione, la CGIA ha redatto anche una comparazione che tiene conto di questa specificità.

 




“Indebolire le Camere di Commercio vuol dire penalizzare le imprese”

cameracom.jpg“La riforma della Pubblica amministrazione, approvata oggi dalla Camera, è soltanto un insieme disorganico di norme e deleghe legislative, che non solo altro che dei tweet incapaci di sciogliere i veri nodi della macchina pubblica italiana che non funziona. Gli esempi concreti non mancano: oltre all’abolizione di facciata del Corpo Forestale, a un finto riordino della dirigenza pubblica e ad altre norme che creano solo un grande pasticcio, questa pseudo riforma prevede anche la riduzione delle Camere di commercio” sottolinea l’onorevole Gregorio Fontana, parlamentare bergamasco di Forza Italia. Che aggiunge: “Questi enti sono un fondamentale supporto per le aziende, che hanno dimostrato di credere nell’attività delle Camere, come testimonia l’ultima ricerca fatta da Confcommercio-Imprese per l’Italia, secondo cui, nel 2014, il 70% delle imprese del terziario ha ritenuto indispensabile il sistema camerale e più del 75% sono state soddisfatte dei servizi di supporto che hanno ricevuto. Questo governo ha solamente accorpato non ciò che era necessario accorpare, ma ciò che era più facile. Così facendo però, si rischia di produrre una riduzione dell’efficacia delle funzioni di servizio alle imprese e, in generale, al sistema produttivo. Proprio mentre, a causa della crisi, le nostre imprese e il nostro sistema produttivo meriterebbero più servizi e più assistenza. Questa maggioranza ha dimostrato nuovamente di non ascoltare le richieste che vengono dal territorio, come quelle avanzate dal presidente della Camera di commercio di Bergamo Paolo Malvestiti, affinché fossero riconosciute le peculiarità e le eccellenze dell’ente orobico che pochi in Italia possono vantare sul fronte dell’internazionalizzazione, formazione e innovazione. Anche se dall’attuale stesura, sembra essere confermato il fatto che la Camera di commercio di Bergamo potrà mantenere la sua attività, comunque rimangono gravi incertezze rispetto al futuro dell’istituzione orobica, a causa dei numerosi tagli che saranno un danno non solo per gli enti virtuosi come il nostro, ma colpiranno anche tutto il sistema imprenditoriale del territorio”.




DENTRO EXPO Un consiglio? Visitate il padiglione del Brasile

banner pendezza

 

Osservando i dati messi a disposizione da organizzatori e agenzie giornalistiche, Expo 2015 sembra stia andando alla grande e non si tratta solo di propaganda. Seconde le cifre pervenute, infatti, alla fine di giugno i biglietti coperti da contratti di vendita hanno superato i 15 milioni, circa 8 milioni e mezzo quelli già venduti e oltre 6,1 milioni gli ingressi di cui il 15% con biglietto serale. Ma il pienone è atteso proprio a luglio e agosto, e non solo per quanto attiene l’affluenza italiana. Sempre seconde stime fornite da fonti interne a Expo, già nelle ultime settimane la presenza di visitatori stranieri e cresciuta del 23%, per lo più Svizzeri, Francesi e Tedeschi. Saranno tuttavia i paesi extra europei a far registrare la maggiore presenza nelle prossime settimane: molti gli orientali, soprattutto da Cina, Giappone e Corea, per non dire del milione e mezzo tra Statunitensi (oltre 700 mila biglietti venduti) e Sudamericani, in particolare da Argentina (600 mila biglietti) e Brasile.

Attrazioni ed eventi si moltiplicano, i National Day (le feste nazionali) di alcuni paesi (Haiti, Tanzania e l’11 luglio scorso il Giappone) amplificano l’eco dello straordinario dialogo tra culture che Expo ha attivato e che per il mondo delle imprese si traduce in eccezionali opportunità di incontri, contatti e scambi commerciali. Il programma e le iniziative in corso sono davvero numerosissimi, ed è stato anche in previsione di questa ricchezza di opportunità che Ascom, muovendosi con tempistiche adeguate, ha studiato e messo in atto il pacchetto di azioni Ascom per Expo con le quali oggi presidia il castrum (il quartiere fieristico, teatro delle operazioni, che com’è noto si ispira all’antica struttura urbanistica romana) per aiutare le aziende interessate a trarre il massimo beneficio dalla manifestazione. Percorsi di avvicinamento, incontri B2B e, in questa fase di piena operatività del sito fieristico, le visite guidate (Business Visit) costituiscono infatti, preziosi strumenti per gonfiare le vele della piccola e media impresa e farla navigare con successo verso Expo dispiegando l’immenso patrimonio che esse hanno a disposizione per interfacciare come si conviene con tecnologia, tradizione, natura, scienza, architettura, design, arte e innovazione.

Il Padiglione del Brasile
Il Padiglione del Brasile

Da ultimo, il fine forse più importante, ispirandosi agli stessi principi di Expo 2015, è proprio quello di stimolare la collaborazione tra imprese e dunque di creare network efficaci e competitivi, partendo dalla consapevolezza che solo l’unione di più risorse può garantire il raggiungimento di obiettivi di crescita economica e di innovazione. Per comprendere meglio tale concept, suggeriamo una visita al Padiglione del Brasile (un milione di visitatori in due mesi) e camminare sulla rete interattiva che collega i tre livelli della struttura: un’esperienza che va oltre il valore simbolico e ci fa immediatamente comprendere come la collaborazione tra realtà diverse può creare una rete forte e come il procedere in equilibrio sia un incessante, paziente ascolto di tutti gli elementi coinvolti.

Buona visita!

Il Programma di consulenza e assistenza di Ascom in Expo è coordinato da Stefania Pendezza: expo2015@ascombg.it

 

 

 

 




ATB, in distribuzione la carta della mobilità 2015

Carta MobilitàDa oggi è disponibile in ATB Point la Carta della Mobilità 2015, una guida utile e aggiornata per viaggiare informati con ATB. Nata nel 2003, la Carta della Mobilità illustra, con la collaborazione dei cittadini che utilizzano il servizio e le Associazioni dei consumatori, le caratteristiche e gli impegni assunti quotidianamente da ATB per soddisfare le esigenze della mobilità collettiva nel territorio di Bergamo e dell’hinterland. La Carta della Mobilità è uno strumento di conoscenza completo che ATB mette a disposizione, anche online sul sito www.atb.bergamo.it, nella prospettiva della maggior trasparenza possibile: numerose infatti sono le informazioni che spiegano i servizi offerti, il sistema tariffario, le regole del viaggio, le modalità e gli strumenti di comunicazione con la clientela e i risultati qualitativi evidenziati dalle indagini di soddisfazione sulla prestazione dei servizi erogati. La Carta della Mobilità non è solo una “carta d’identità” dei servizi di ATB Consorzio, necessaria ai fini della trasparenza istituzionale, ma è soprattutto un documento che riporta i principi, i risultati raggiunti e gli obiettivi preposti.

La Carta della Mobilità è distribuita gratuitamente presso:

  • ATB Point – largo Porta Nuova 16, Bergamo
  • Biglietteria Stazione Autolinee – Piazza Marconi 1, Bergamo
  • URP Comune di Bergamo – Palazzo Frizzoni, Piazza Matteotti 27, Bergamo
  • URP dei 27 comuni dell’area urbana
  • Turismo Bergamo – Aeroporto di Orio al Serio
  • i punti informativi dei soci ATB Consorzio
  • le sedi delle 3 circoscrizioni di Bergamo
  • le sedi di Adoc, Adiconsum, Federconsumatori, Movimento Consumatori e Unione Bergamasca Consumatori



Lago d’Iseo, sito inglese stila la top ten dei ristoranti

sito lago d'iseoIl Lago d’Iseo non ha niente di meno del Lago di Garda, Como e Maggiore. Lo dice un sito inglese che promuove cultura, arte e buon cibo, theculturetrip.com.

Nei giorni scorsi la testata on line ha pubblicato un articolo decantando le bellezze naturali del Sebino e le sue offerte culinarie. E a tal proposito, ha stilato una top ten degli indirizzi gastronomici. Tra questi due ristoranti sono bergamaschi: il Vulcano Village di Castro per i piatti di pesce e l’agriturismo Cinque Abeti di Bossico per i formaggi e i primi piatti locali.

La classifica, tuttavia, appare molto limitata, in quanto non menziona locali di buona cucina come ad esempio il Gabbiano di Predore e lo Zù di Riva di Solto. Viene il dubbio che si tratti di un’operazione di marketing commerciale. Comunque sia, è proprio di questo che ha bisogno il Lago d’Iseo per vincere la scommessa del turismo. La sponda bresciana questo sembra averlo capito da più tempo, non a caso ha “piazzato” nella classifica inglese otto ristoranti: Locanda al lago a Monteisola, 18B, Cascina Doss, il Castello e Gös a Iseo e Le Margherite, Relais Mirabella e Al Porto a Clusane. 




Mercato ortofrutticolo, specchio di una società in crisi

C’è chi si muove per gli acquisti alle prime luci dell’alba e chi invece arriva quando la maggior parte dei negozi ha già alzato la saracinesca, cercando di spuntare un prezzo migliore. Non manca qualche battibecco quando qualche prodotto finisce e spesso chi ha comprato un intero bancale di pomodori cuore di bue decida di cedere anche solo un paio di cassette al collega. Al mercato ortofrutticolo della Celadina il via vai è continuo e in settimana l’orario clou va dalle 4 alle 8 del mattino, anche se c’è chi continua a presentarsi alle 3. Per molti commercianti andare al mercato è un rituale da godersi in tutta calma, girando ogni grossista e scambiando due chiacchiere con fornitori e colleghi, prima di iniziare una giornata di lavoro in negozio o al mercato. Le prime ore di apertura sono tutte dedicate agli operatori commerciali e sembra quasi di interrompere qualcosa, aggirandosi tra torri di frutta e verdura, bilance e uffici.

Michele Breda, Egidia Rosbuco e Alberto Brivio
Michele Breda, Egidia Rosbuco e Alberto Brivio

Egidia Rosbuco

titolare dell’ omonimo negozio di Ortofrutta a Dalmine da quarant’anni si presenta ogni giorno puntuale alle 5.30 per rifornire il suo negozio: «Sto facendo gli ultimi acquisti. Non amo delegare la spesa e per me venire qui è una piacevole abitudine. Si scambiano due chiacchiere si beve il primo caffè e si tratta sulla fornitura, si discute sulla qualità e sulla provenienza. Ogni giorno giro tutto il mercato e compro qui e là, cercando di portare a casa il miglior rapporto qualità-prezzo, ma come tutti ho i miei grossisti di riferimento». La clientela oggi spende meno e pretende sempre qualcosa in più: «Cercano la qualità e si informano sulla provenienza. Peccato però che molti continuino ad ignorare la stagionalità dei prodotti ed arrivino con richieste assurde, come l’Uva Italia a marzo».

 Giancarlo Finetti

ambulante per 45 anni in tutta la provincia, da 7 anni ha inaugurato un negozio a Ponte Nossa: «Mi chiamano la “scopa del mercato”. Non arrivo mai qui prima delle 7 e finisco di fare spesa anche alle 11.30. Sono forse l’ultimo a finire di fare acquisti. Mentre sto ancora trattando arriva già qualche privato».

 Angelo Nespoli

Angelo Nespoli
Angelo Nespoli

ha da una vita con la moglie Raffaella Previtali un negozio di ortofrutta in Via Colleoni, in Città Alta. Anche per lui la sveglia da trent’anni è puntata alle 5, il tempo di raggiungere la Celadina per le 5.30 al massimo: «La spesa dura fino alle 9-9.30 e non c’è giorno in cui non visiti quasi una decina di banchi, solo oggi ho fatto acquisti in otto banchi. Anche se mi trovo in una piazza privilegiata come Città Alta, i consumi sono cambiati. Si acquista meno, ma non si rinuncia alla qualità per cui vi è una grandissima attenzione».

 Michele Breda

fa ancora l’ambulante “porta a porta” nei mercati delle contrade della media e alta Val Seriana. Anche per lui la spesa, sincronizzata con i colleghi, inizia alle 5.30: «E non finisce prima delle 9.30, a volte anche fino alle 10. Quanto agli acquisti, conto su una clientela affezionata. Per molti anziani ricevere la spesa direttamente a casa è una grossa comodità, ma il giro di clientela abbraccia diverse generazioni. La crisi però pesa sulle famiglie e modifica i comportamenti d’acquisto: prima vendevo frutta e verdura a cassette, ora si limitano a chiedere ortaggi a numero o al massimo a chili».

 

Mentre i commercianti si affannano con gli ultimi acquisti, i grossisti fanno il punto sull’andamento delle vendite

 Stefano Cortinovis

Stefano Cortinovis
Stefano Cortinovis

afferma che è «inutile dire che il caldo di questi giorni sta facendo crescere il consumo di frutta estiva, contribuendo a tenere le vendite alte. In generale – commenta – anche quest’anno ha confermato una tendenza a fare acquisti ponderati: si acquista meno e si sta sempre attenti al prezzo. Frutta e verdura di stagione vanno sempre per la maggiore».

Ezio Benigni e Fulvio Bosatelli
Ezio Benigni e Fulvio Bosatelli

 Ezio Benigni e Fulvio Bosatelli

della B.b.r confermano il trend in flessione: «Anche se il fatturato non cambia, si sono modificate profondamente le abitudini di consumo, sempre più imprevedibili. L’andamento varia a seconda della settimana e a volte i consumi sono imponderabili: c’è il giorno in cui non si trova più una sola cassetta di un prodotto che magari fino a qualche ora prima non riscuoteva il minimo successo.  Il caldo è vero che spinge i consumi di frutta e verdura, ma le rimanenze purtroppo restano. Il sabato poi, con l’apertura ai privati, la piazza si trasforma: il prezzo la fa da padrone e vanno a ruba i prodotti dal costo inferiore».

 Sergio Bonetali

gestisce da 36 anni il posteggio alla Celadina, dopo aver ereditato il mestiere da papà Albino, che negli anni del boom economico, aveva inaugurato l’attività di commercio all’ingrosso, oggi è affiancato nel lavoro di tutti i giorni dalla figlia Federica. «Dalle 3 alle 8 del mattino facciamo il grosso delle

Federica e Sergio Bonetali
Federica e Sergio Bonetali

vendite, poi c’è chi inizia a muoversi più tardi. La qualità resta il primo requisito, purché il prezzo la giustifichi. C’è anche molta attenzione alle provenienze, con il privilegio assoluto dato a merce italiana. Qualche privato arriva dalle 9 alle 11 ma è il sabato il loro giorno: si sfiorano le 5 mila presenze. Molti sono extracomunitari che cercano prodotti al prezzo più basso, ma la crisi ha fatto crescere anche il numero dei bergamaschi, dagli anziani alla coppia giovane alle famiglie».