Alla Domus Bergamo i “Famosi del Vino” si raccontano

Alla Domus Bergamo Wine – il contenitore di iniziative in chiave Expo di piazza Dante a Bergamo – nei venerdì di luglio, settembre e ottobre arrivano “I Famosi del Vino”, rassegna dedicata ai grandi nomi dell’enologia italiana che raccontano le proprie esperienze e storie, fatte di territori, vitigni, calici, tradizione e percorsi familiari lungo la Penisola.

Christian Bellei Cantina della Volta
Christian Bellei

Dopo l’apertura, lo scorso 10 luglio, con il “re” del Sagrantino di Montefalco, Marco Caprai, il 17 luglio a presentare le sue produzioni sarà Christian Bellei, titolare della Cantina della Volta, una delle realtà più interessanti del modenese, nata per dare continuità alla produzione avviata negli Anni 20 del secolo scorso da suo padre, Giuseppe, che per primo produsse Spumanti Metodo Classico con il Lambrusco.

Il 24 toccherà a Mario Pojer, della cantina Pojer e Sandri, adagiata sulle colline di San Michele all’Adige, straordinaria fin dalle prime produzioni delle quali si ricordano il Palai Müller Thurgau ’75, seguito da uno Chardonnay e da una varietà autoctona quale la Nosiola per poi distinguersi, più recentemente, con la produzione dei distillati.

La ripresa dopo la pausa d’agosto è affidata, il 4 settembre, a Mauro Lunelli, anima delle cantine Ferrari. Il 18 sarà ospite Maurizio Zanella, volto e cuore delle cantine Ca’ del Bosco, e il 25 arriveranno Sergio Di Loreto e un mito dell’enologia italiana Marchesi de’ Frescobaldi, il più prestigioso produttore di vino della Toscana. Tre gli appuntamenti di ottobre. Il 16 con il Marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga, patron della Tenuta San Leonardo, produttore di uno dei vini italiani più premiati al mondo; il 23 con Gianluca Bisol, direttore dell’omonima cantina e il 31 con Martin Foradori, proprietario della più grande cantina dell’Alto Adige, Hoeffstaetter, padre del rinomato Pinot Nero. Tutte le presentazioni sono gratuite e saranno accompagnate da una piccola degustazione.




Torre Boldone, ladri di ruote scatenati

ladri di ruote - CopiaIl primo episodio è accaduto lo scorso maggio. Una Y10, parcheggiata in via Martinella, è stata ritrovata al mattino senza le quattro ruote. Come nel più classico dei copioni, i ladri hanno inserito due pile di mattoni sotto l’auto e sganciato cerchioni e gomme. Un’amara sorpresa che non è rimasta solitaria. Nei giorni scorsi, sempre a Torre Boldone, un nuovo episodio. Davanti al Municipio i ladri hanno preso di mira una Audi A3. Via le ruote, l’auto è rimasta a terra sul lato destro e appoggiata su mattoni su quello sinistro. “Con la crisi – afferma Rino Tomaselli dei Vot (i Volontari Osservatori del Rerritorio, ndr) è evidente che i ladri stanno tornando alle vecchie abitudini. Come negli anni ’70, riecco i cannibali delle carrozzerie, pronti ad azzannare le auto parcheggiate in strada e a fare man bassa di pezzi di ricambio. Dalle città all’estrema periferia, passando per i paesi delle basse-medie valli non c’è zona immune”.ladri-di-gomme-a-torre-boldoneun-lettore-ci-sentiamo-abbandonati_f52c0498-005f-11e5-977f-c95028c9903e_998_397_big_story_detail

“Sono furti – continua Tomnaselli – che generalmente vengono attuati nelle ore che vanno dalle 2 alle 4 del mattino, orario in cui durante i giorni infrasettimanali c’è la quasi assenza di persone in circolazione nelle vie più tranquille e di basso scorrimento di traffico. Per chi non ha box dove posteggiare consigliamo l’uso dei kit di dadi antifurto uno per ruota, e di non lasciare il dado in auto durante le soste. Anche se dovessero frantumare un cristallo per cercarlo, mal che vada, il vetro è assicurato e quindi rimborsato”.




Bergamo “capitale” europea della Gastronomia. «La ristorazione una carta su cui puntare»

Nel Padiglione Lombardia di Expo l’annuncio dell’assegnazione del titolo di Regione Europea della Gastronomia alla Lombardia Orientale. Presenti per Bergamo il presidente della Camera di Commercio Paolo Malvestiti ed il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Roberta Garibaldi dell’Università cittadina è la coordinatrice scientifica del progetto

 

Il dopo Expo di Bergamo parlerà ancora di cibo. È di questi giorni infatti l’assegnazione alla Lombardia Orientale del titolo di Regione Europea della Gastronomia per il 2017, che sarà ufficialmente conferito il prossimo 29 settembre proprio nell’ambito della manifestazione milanese, a segnare, se vogliamo, un simbolico passaggio di testimone verso una nuova sfida.

La nostra provincia si è infatti “alleata” con Brescia, Cremona e Mantova – unite da obiettivi ma anche caratteristiche comuni – per un progetto di  valorizzazione integrata dei temi legati al food e alla sostenibilità, che ha conquistato il favore della giuria internazionale di esperti indipendenti, selezionati dai membri di Igcat, Istituto Internazionale per la Gastronomia, Cultura, Arte e Turismo, che coordina e gestisce la competizione.

Insieme alla Lombardia Orientale, nel 2017 potranno fregiarsi del titolo la regione centrale della Danimarca che fa capo ad Aarhus e quella di Riga-Guja, in Lettonia, mentre per il 2016 i vincitori sono stati la Catalogna e il Minho (Portogallo).

L’Award è stato concesso al termine di un processo di valutazione iniziato nel 2014 ed è il frutto di una partnership composta da Regione Lombardia, i Comuni di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova, le Camere di Commercio di Bergamo e Cremona e l’Università di Bergamo come coordinatore scientifico. A guidare lo staff  di progetto, la professoressa Roberta Garibaldi, direttrice del CeSTIT, Centro Studi per il Turismo e l’Interpretazione del Territorio della nostra Università.

Roberta Garibaldi
Roberta Garibaldi

Professoressa Garibaldi, il titolo di Regione Europea della Gastronomia suona bene, ma cosa significa in concreto per le aziende e gli operatori dell’area food?

«È un’occasione di promozione per i nostri territori e per le aziende, per dare un’identità più forte all’area sui temi del cibo e dell’enogastronomia. Sarà una vetrina per le eccellenze, che sono tante, ma spesso non così percepite all’esterno».

In effetti, i luoghi cult della gastronomia italiana nell’immaginario straniero sembrerebbero altri…

«Eppure nell’area interessata il patrimonio è vastissimo. Va dai prodotti certificati Dop, Igp e tradizionali ai vini Doc, Docg e Igt, dai presidi Slow Food ai 23 ristoranti insigniti della stella Michelin, senza dimenticare le strade del vino (8 delle 12 presenti in tutta la Lombardia) e i centri di musealizzazione della civiltà contadina e gli ecomusei. Il progetto vuole proprio mettere a sistema tutto questo e arrivare a caratterizzare più fortemente il territorio, creando attrazione».

Cosa vorrà dire vivere in una capitale della gastronomia?

«Sarà una benefica operazione culturale, un anno ricco di eventi, attività ed iniziative che di certo risulterà interessante per gli appassionati di cibo. Che sono tanti. Basti pensare che più di 29 milioni di italiani si definiscono “appassionati”, ovvero persone a cui piace informarsi e parlare di cibo, secondo la recente ricerca del Censis presentata a Expo».

Perché il cibo è diventato una leva così importante per l’attrattività turistica?

«Perché il turista vuole vivere esperienze, entrare in contatto con gli aspetti culturali del territorio che visita, vuole leggerne l’identità. Il cibo in questo senso è un mezzo molto diretto ed efficace, nel cibo ci sono origini, storie, processi, prodotti. Che sia importante lo dicono, del resto, le indagini quando affermano che la possibilità di gustare buoni piatti e prodotti è una delle variabili che pesano nella scelta di una destinazione. E lo conferma la spesa di tutto ciò che è enogastronomia da parte dei turisti. Se l’Italia è riconosciuta numero uno al mondo per patrimonio artistico e culturale, l’abbinamento al cibo è in grado di dare una marcia in più».

Quali sono le carte migliori che Bergamo può giocare nel progetto di Regione Europea della Gastronomia?

«La ristorazione e poi le produzioni, a cominciare dai formaggi, per i quali può vantare il primato di provincia con più Dop, nove. Ma anche l’acqua».

Abbiamo già qualche caso interessante di valorizzazione?

«I circuiti InGruppo e 035 creati dai ristoratori sono esempi attivazione di reti che stanno dando buoni risultati. Possono essere considerati delle best practice».

Sono stati misurati, in altre aree, gli effetti del titolo di Regione Europea della Gastronomia?

«Le prime regioni a fregiarsi del riconoscimento saranno Barcellona e il Minho in Portogallo, l’anno prossimo. Ciò che si può dire al momento è che molti dei territori che partecipano al programma sono già stati Capitale europee della Cultura, hanno perciò già visto i risultati di manifestazioni e progetti che si basano sulle reti e le sinergie, ne hanno verificato l’utilità e il valore e per questo sono pronti a proseguire anche su questo nuovo versante del cibo».




“Fermo dei trasporti? Solo se costretti, ma sarà durissimo”

camiono646.jpgCon la riduzione di quasi il 70% degli importi per la deduzione di spese non documentate resa nota pochi giorni fa con un comunicato stampa dell’ Agenzia delle Entrate, gli autotrasportatori hanno ormai superato il limite della tolleranza; le micro e le piccole imprese del settore che contavano da anni su questa forma di agevolazione anti crisi, si sono ritrovate a termini praticamente scaduti a dover rifare tutti i calcoli e a dover versare alle casse dell’erario una consistente somma di denaro in più rispetto al previsto, e per molte di loro questa somma rappresenta il guadagno di un intero mese di lavoro!

“Non è possibile essere trattati in questo modo dal governo” sostiene Dario Mongodi, Capo Area Trasporto di Confartigianato Bergamo, che in provincia rappresenta oltre quattrocento tra micro, piccole e medie imprese di trasporto merci e persone “specialmente per i più piccoli trasportatori questa agevolazione influiva positivamente e sostanzialmente sulla denuncia dei redditi, e la sua drastica quanto inaspettata riduzione dopo tanti anni di applicazione, getta nel panico e nello sconforto tante imprese, molte delle quali potrebbero dover arrivare alla chiusura. Molte imprese si troveranno a dover sborsare dalle duemila alle tremila euro in più di tasse che, anche se può sembrare difficile crederlo, è una somma che per molti monoveicolari (i padroncini con un solo veicolo) soprattutto di portata ridotta può spesso superare addirittura il guadagno di un intero mese di lavoro!”.

Ma questa è solo la punta di un iceberg che da anni rischia di affondare l’autotrasporto italiano, altri e altrettanto (se non più ) gravi problemi minacciano di portare la categoria direttamente allo sfascio.

“Il problema della concorrenza dei vettori stranieri e di quelli Italiani, soprattutto i grandi, che hanno delocalizzato o aperto agenzie di trasporto all’estero e che assumono lavoratori stranieri pagati la metà dei nostri” continua Mongodi “ facendo ai vettori Italiani con autisti italiani o stranieri pagati regolarmente una concorrenza insostenibile, deve essere assolutamente risolto, si deve limitare drasticamente il cabotaggio anche con interventi drastici che scoraggino questa pratica di concorrenza sleale, come hanno fatto i tedeschi con apposite leggi: è ora che i nostri politici la smettano di dire che le leggi sono europee; i governi che lo vogliono devono e possono tutelare i loro lavoratori, le loro imprese… il trasporto sottocosto porta soldi e guadagni solo alla furba committenza, ma la delocalizzazione sottrae risorse al territorio e allo stesso stato”.

Anche il problema della burocrazia, la cui reale semplificazione è solo una parola tanto abusata quanto vaga, resta una catena, che rende sempre meno competitive le imprese di trasporto Italiane: ll recente passaggio delle competenze dalle province alle Motorizzazioni Civili sta creando ad esempio non pochi problemi di ritardi e intoppi vari, cui la buona volontà degli impiegati delle UMC locali spesso non basta a supplire le inefficienze burocratiche del sistema. Sempre in tema di Motorizzazione Civile è di recente introduzione la modifica incomprensibile dei tempi di verifica nelle revisioni dei veicoli, che ha portato in breve tempo ad accumuli impressionanti di arretrato, costringendo veicoli in perfette condizioni a restare fermi nei piazzali delle imprese perché privi della necessaria documentazione.

Un altro esempio su come la sburocratizzazione può essere una pericolosa lama a doppio taglio, è stata l’abolizione della scheda di trasporto, altro balzello inconcluso delle leggi italiane: in Europa non esiste, ma le sanzioni a carico delle imprese purtroppo sono rimaste!

I tempi di guida poi sono un’altra palla al piede, in nome della sicurezza stradale si costringono i mezzi a fermarsi a poche ore di strada dalla destinazione, magari in siti dove manca ogni forma di parcheggio e di conforto per gli autisti, in attesa di ripartire dopo il “riposo” mentre se si studiasse seriamente il problema con l’apporto di chi sulla strada ci vive davvero, si potrebbe rendere più flessibile questa normativa, per esempio con la possibilità di spalmare sui viaggi più lunghi le ore risparmiate su quelli più corti ,naturalmente sempre nel rispetto sacrosanto del riposo intermedio.

“Parlando poi di costi minimi o di riferimento, in tanti anni di militanza nelle Associazioni di Categoria – prosegue Mongodi – non ho mai creduto (pagando anche di persona le mie convinzioni) che possano essere la soluzione dei nostri problemi…e infatti lo dimostrano le continue estenuanti lotte con la committenza per farli applicare o per doverli applicare anche quando la situazione contingente e il tipo di trasporto consentirebbe guadagni più elevati. E alla fine comunque quello che conta di più è la sicurezza nei pagamenti, non le tariffe minime! A cosa serve avere un tariffario se con la normativa attuale chi non paga la fa sempre franca? E non parlo solo del nostro settore , qui tutti gli imprenditori onesti sono danneggiati: dobbiamo pretendere che tutta la legislazione sui mancati pagamenti dei beni e dei servizi cambi drasticamente, con l’introduzione di pesanti penalizzazioni per chi non onora i propri debiti, occorre impedire che soggetti inaffidabili e truffaldini possano agire impunemente trascinando con loro decine di famiglie e poi si ripresentino ripuliti e immacolati con altri nomi o con scatole cinesi. Dateci leggi che ci garantiscano la tutela del giusto pagamento e poi alle tariffe ci pensiamo noi, anzi ci penserà il mercato stesso”. “E per il fermo minacciato dalle Associazioni di categoria – conclude Mongodi – io spero vivamente che non dovremo arrivare a tanto, spero che il Ministro Delrio e i suoi colleghi coinvolti si rendano conto in quale tragica situazione ci stiamo dibattendo, ma se il fermo dovrà essere attuato, allora spero che questa volta le Associazioni non si limitino al solito fermo di un paio di giorni o meno, accontentandosi di qualche promessa o di decreti che rimandano ad altri decreti per revocarlo, ma proseguano con coraggio e ad oltranza una lotta tra l’altro impopolare finché si vedano nero su bianco le nostre rivendicazioni accolte. In caso contrario prepariamoci a cantare il De Profundis dell’Autotrasporto Italiano tra le risate di chi si ingrasserà alle nostre spalle”.

 

 

 




Quell’Italia che ha voltato le spalle al “bene comune”

bene comuneSapete quelle inchieste demoscopiche, che ti fanno delle domandine da niente, del tipo: sei triste o felice, Dio esiste, cosa serve all’Inter per vincere la coppa dei campioni? Se ne facessero una chiedendo agli Italiani qual è il problema principale dell’Italia, un leghista esclamerebbe: gli immigrati! Il razzismo! Replicherebbe la pasionaria. E ognuno ne indicherebbe a casse: la mafia, i politici corrotti, la polizia assassina, le tasse, il fascismo, l’antifascismo, l’antiantifascismo. A seconda di orientamenti più o meno ideologici, del mestiere, del sesso, della religione e perfino del numero di scarpa, si sentirebbero risposte varie e variopinte. Io dico che il problema dell’Italia sono, semplicemente, gli Italiani: o, meglio, sarebbero gli Italiani se esistesse questa categoria fenomenologica. Perché gli Italiani, in realtà, non esistono: esiste, senza dubbio, l’Italiano, come archetipo, ma gli Italiani come popolo, lasciatemelo dire, non ci sono e, forse, non ci sono mai stati. L’archetipo è quello delle barzellette: ci sono un Italiano, un Tedesco e un Francese…

E’ un’idea astratta, un’immagine translucida che ci fa intravvedere una specie di beduino che, invece del burnus ancestrale, indossa un ‘vestito gessato sul blu’ e s’ingozza di pizza e di spaghetti. Al di là di un certo folklore da film americano degli anni ’50, di quelli in cui il gondoliere veneziano canticchia “Santa Lucia” mentre rema, noi, in quanto comunità, non esistiamo proprio. E questo, a mio parere, è il motivo di ogni nostra sfiga: tutti i nostri dolori, piccoli e grandi, ci riconducono a questo difetto originario. Perché, in una comunità, la gente ha delle direttrici comuni di pensiero: ha, per così dire, un concetto di fondo, che è, magari, un tantino egoista, ma che serve a difendersi, che è quello del bene comune. Noi questa parola, comune, non sappiamo nemmeno cosa sia: per noi, il mondo si divide in due sole categorie che corrispondono a ciò che è mio e a ciò che non è mio. Ciò che è mio è il mio minimo ‘particulare’: la mia villetta d’angolo, ingresso indipendente, tavernetta e doppio box. E’ tutto ciò per cui vale la pena di ottenere vantaggi, raccomandazioni, spintarelle e scorciatoie. Ciò che non è mio, ossia tutto il resto, esula da ogni mio interesse: è pubblico, per cui, in quest’ottica distorta, non è di nessuno, è res nullius. Perciò non mi importa di buttare una cartaccia in terra: la terra non è di nessuno, visto che non è mia. Per questo sporco i muri dei gabinetti, rompo le cabine telefoniche, parcheggio come mi pare: perché è tutta roba non mia, ossia di nessuno. Se dovessi dirla in maniera un po’ meno ciabattona, dovrei scrivere che lo Stato, da noi non esiste, perché ne mancano i presupposti fondamentali.

Il primo è di rappresentare l’unione dei cittadini, mentre in Italia lo Stato rappresenta qualcuno che cerca di rubarti il portafogli: non solo un estraneo, ma anche un estraneo da cui guardarsi. In secondo luogo, perché, dopo decenni di antitalianismo, di contropatriottismo, di deculturalizzazione, l’idea stessa di Stato appare come un rottame di un buio passato: la gente si identifica di più in una squadra di calcio, in un cantante, in una cartolina, che nella propria bandiera. Infine, perché non avere uno Stato, anche se, alla lunga, si paga, sulla breve distanza è più comodo: nessuna responsabilità, nessun dovere, nessun sacrificio. Un pubblico ufficiale, ad esempio, non si sente investito da una responsabilità individuale: per capirci, è l’esatto contrario del burocrate asburgico, che credeva di rappresentare fisicamente l’imperatore e, quindi, doveva esprimere decoro e rettitudine assoluti. Da noi, un funzionario dello Stato rappresenta il nulla cosmico: che gli frega del decoro e della rettitudine? Non vuole grane, non accetta di essere personalmente coinvolto: per quei pochi soldi che mi danno, deve pensare, chi me lo fa fare di assumermi questa responsabilità? E il dovere, quello proprio ce lo scordiamo: non supero la coda, perché non si deve, non frego sul resto perché non si deve, non sono un maleducato perchè non si deve: capite?

Perché non si deve: non perché è pericoloso né perché è poco redditizio. Semplicemente perché non si deve. Perché sono Italiano e gli Italiani non fanno certe cose: orgoglio, dignità, senso dello Stato. Kaputt: lo so bene, non statemelo a ricordare. Infine, il sacrificio: la parola, in sé, ha un senso ieratico. Fare qualcosa di sacro. Magari, semplicemente, fare delle cose normalissime, per uno scopo che sia sacro: per la tua famiglia e per quella famiglia più grande che è la tua Nazione, il tuo popolo. Parola abusata e, per questo, del tutto depotenziata. Oggi, se lo Stato ti domanda un sacrificio, t’immagini che i tuoi soldi finiscano in sprechi, privilegi, abbuffate. E il sacrificio equivale a un’asinata: chi me lo fa fare? L’Italia? Ma io sono cittadino del mondo: ascolto il rap, mangio street food e il mio inno nazionale è una canzone di Jovanotti. Il problema peggiore dell’Italia, dicevamo: no problem!




Mercato di Lovere: bando per 8 posteggi

mercato lovereIl Comune di Lovere mette a bando otto posteggi per il mercato di piazzale Marconi del sabato: quattro per attività ambulanti alimentari e quattro per attività non alimentari. La graduatoria terrà conto dell’anzianità di iscrizione al registro imprese, del numero di presenze maturate nell’ambito del singolo mercato e dell’anzianità acquisita nello stesso posteggio al quale si riferisce la selezione (Le domande vanno presentate agli uffici del Comune di Lovere entro sabato 18 luglio. Per informazioni: tel. 035.983623 – mail: info@comune.lovere.it.).



Multa annullata, Tripadvisor ci illustra le sue ragioni

tripadvisorchat.jpgHa rinfocolato le perplessità della Federalberghi la sentenza del Tar del Lazio che ha annullato una multa di 500mila euro a Tripadvisor, colpevole secondo l’Antitrust della diffusione di informazioni ingannevoli. Se per gli albergatori il provvedimento non è altro che la conferma che sul sito sono presenti recensioni false, per il portale è una vittoria importante e l’occasione per ribadire la natura della propria attività.   

«Siamo estremamente soddisfatti che il Tar del Lazio abbia ribaltato la decisione dell’Autorità Antitrust – commenta la società in una nota inviata a seguito della segnalazione su laRassegna.it – confermando ciò che abbiamo sempre saputo: TripAdvisor rappresenta una risorsa affidabile e preziosa, non contiene alcun messaggio ingannevole rispetto alla fonte delle recensioni e i processi che TripAdvisor utilizza per mantenere l’integrità dei contenuti sono molto efficaci».

«Abbiamo fatto appello contro la decisione dell’Autorità Antitrust perché pensavamo fosse irragionevole ed eravamo in forte disaccordo con il suo contenuto – spiega il portale -. Il Tar del Lazio ha confermato che la decisione dell’Antitrust era assolutamente infondata e di conseguenza ha riconosciuto la validità degli strumenti migliori del settore adottati da TripAdvisor per proteggere il nostro sito dalle frodi. Milioni di persone utilizzano TripAdvisor ogni giorno per trovare aiuto nel prendere le migliori decisioni per le prenotazioni di viaggio ed essere sicuri di ricavare il miglior valore possibile da quanto guadagnato con fatica. Questa è sia una vittoria per i consumatori sia una conferma dell’impegno di TripAdvisor nell’aiutare a democratizzare l’industria del turismo».

Ecco una sintesi della sentenza

Non vi era stata alcuna lamentela o denuncia di consumatori sulla fattispecie nonostante la normativa ritenuta violata miri a tutelare tali soggetti e solo questi.

Non si verificava, quindi, alcuna influenza sulle scelte dei consumatori, risultando sufficiente la specificazione sulla mancanza di riconducibilità delle opinioni a Tripadvisor, come riconosciuto dal Tribunale Civile di Roma per un noto sito informatico contenente una enciclopedia “online” formata con i contributi degli utenti, del tutto riconducibile, nell’impostazione generale, a quello in esame.

Le recensioni su Tripdavisor sono quindi da intendersi “vere” nel senso che costituiscono opinione di gente comune e non di professionisti remunerati a tale scopo, come facilmente percepibile, ma l’Autorità non aveva approfondito questa fondamentale caratteristica di impostazione, emersa anche in sede di istruttoria. Inoltre, l’AGCM doveva valutare che il “consumatore” da considerare è quello che naviga su internet e, come tale, si differenzia dalla generalità degli utenti. Nel caso di specie, coloro che si servono del sito in questione sono perfettamente coscienti, navigando abitualmente nel “web” per organizzare il proprio tempo libero, che i risultati e le informazioni devono essere vagliate e analizzate in senso critico, proprio per le caratteristiche dei dati ivi contenuti.

Infine, le espressioni ritenute decettive corrispondono in realtà a quelle normalmente presenti in altri siti, come quelli bancari o finanziari e, quindi, come tali, costituiscono una normale pratica pubblicitaria, come ammessa dalla stessa normativa comunitaria, anche ai sensi dell’art. 20, comma 3, del Codice del Consumo È sufficiente prendere in esame espressioni del tipo “pagamenti sicuri”, che, pur ritenute lecite, non sono considerate atte a garantire il 100% delle transazioni e così pure per il richiamato sito di enciclopedia formata dagli utenti stessi, per siti di confronto tra offerte dello stesso settore, per siti di previsioni meteo.

Non risultava, poi, dimostrata dall’Autorità alcuna decisione commerciale da parte di anche un solo consumatore che fosse stata negativamente influenzata dalla modalità di presentazione del sito in questione, in quanto era assente ogni induzione a “consumare”.

Analoga conclusione altrimenti doveva porsi per la stessa Unione Nazionale Consumatori, che non può garantire che il 100% delle segnalazioni provengono effettivamente da consumatori e non da professionisti che mirano a screditare un concorrente, fermo restando che solo una percentuale irrisoria delle recensioni su Tripadvisor risultano non genuine e l’utente ha comunque modo di verificarle, provvedendo a leggere le altre sulla medesima struttura, la risposta del proprietario, la storia del recensore.

Contrariamente a quanto ritenuto dall’Autorità, Tripadvisor si è dotata dei migliori sistemi antifrode disponibili sul mercato, sia automatici che manuali, del tutto paragonabili a quelli adottati nel settore bancario e della carte di debito/credito.

In particolare, rinvenuta una falsità per indagine statistica che individua l’”anormalità” di un comportamento, Tripadvisor provvede alla rimozione delle recensioni del medesimo soggetto nonché alla comunicazione della riscontrata falsità, entro 48 ore, al proprietario della struttura o della “Community” interessata.

Del tutto illogica era quindi la conclusione dell’AGCM secondo cui è sufficiente anche una sola recensione falsa per rendere l’impostazione generale sulla “veridicità” inaffidabile e contraria alla diligenza professionale, secondo uno standard di perfezione del tutto irrealistico e contrario ai principi generali richiesti al professionista dallo stesso Codice del Consumo e dalla Direttiva 2005/29/CE. Né in senso contrario potevano valere gli esempi di false recensione riportati dall’Autorità perché non confacenti alle modalità di organizzazione volontaria di terzi tese a introdurre volutamente anomalie (c.d. “boosting”, “vandalism”, “optimization services”), verso cui si incentra l’attività di “security” di Tripadvisor, risultando le recensioni create a scopo goliardico o giornalistico, come casi isolati e non legate a “frodi reali”, le quali hanno invece scopo economico e sono quelle più perniciose perché provenienti, appunto, da terzi organizzati a tale fine.

Nella struttura del messaggio veicolato sul sito, il professionista e autore della condotta, ai sensi del Codice del Consumo, non è la società che gestisce il sito ma colui che scrive la recensione e che potrebbe indurre alla scelta il consumatore, non risultando contestata invece alcuna condotta orientata a far scegliere il sito Tripadvisor in luogo di altro concorrente.

Né, dalla condotta contestata, le ricorrenti ricavano alcun vantaggio, dato che le censure non autentiche danneggiano in concreto loro stesse e la relativa organizzazione imprenditoriale cui si riconducono, dato che essa perderebbe facilmente utenti se la falsità delle recensioni fosse riconosciuta in misura consistente, fermo restando – come detto – che il prodotto finale scelto dagli utenti rimane comunque la struttura ricreativa e non il sito Tripadvisor.

Le ricorrenti evidenziavano che, agli atti dell’istruttoria, non vi erano state comunque segnalazioni di consumatori che contestavano la pratica sanzionata ma solo denunce avverso comportamenti di proprietari di hotel e ristoranti, per cui il provvedimento impugnato era anche carente di motivazione in ordine all’effettiva lesione diretta per l’utente, come concluso per altri procedimenti istruttori relativi ad altre strutture imprenditoriali che avevano invece portato all’accertamento dell’insussistenza della violazione.

Non appare dirimente che sia facile la registrazione sul sito e che possa avvenire anche con nomi di fantasia e su account non sussistenti, in quanto non è il singolo giudizio a dover indirizzare l’utente ma l’insieme delle opinioni espresse sulla singola struttura, come evidenziato, apparendo inverosimile che uno stesso utente utilizzi molteplici accessi “di fantasia” per recensire, in maniera positiva o negativa, una medesima struttura. In tal caso, comunque, le ricorrenti hanno dimostrato in giudizio che operano controlli manuali e automatici che rilevano l’anomalia, riconducendosi la fattispecie alle ipotesi più probabili di “boosting” o “vandalism”, legate a organizzazioni professionali che cercano di lucrare nel favorire o sfavorire le singole imprese attraverso il meccanismo legato alle false recensioni a scopo economico.

D’altro canto, esigenze di riservatezza portano ad escludere una facile rintracciabilità dell’utente che inserisce la propria recensione relativa a luogo e data del soggiorno e comunque risultano sufficienti strumenti riconosciuti ai proprietari e/o gestori delle strutture per fornire riscontri e evidenziare l’evidente illogicità di un singolo apporto “di fantasia”.

Dall’esame della complessa struttura del messaggio proposto da Tripadvisor, quindi, non si rileva che esso verta essenzialmente e principalmente sulla veridicità delle recensioni, con toni enfatici, ma piuttosto che esso veicoli verso un corretto utilizzo del sito, precisando con pari grado di chiarezza, che i fatti di cui alle recensioni non sono verificabili e che l’uso più efficace del servizio è quello orientato a verificare un alto numero di recensioni per la stessa struttura di riferimento, come d’altronde dovrebbe fare un utente medio di “internet” dalla ormai ventennale diffusione di tale “rete” informatica, il quale dovrebbe diligentemente conoscere i meccanismi che operano ai fini dell’accesso alla rete stessa e le insidie insite nella particolare struttura che i c.d. “siti aperti” possono contenere sull’attendibilità dei singoli apporti, relativi alle opinioni personali espresse da utenti di ogni tipo.

Le ricorrenti hanno depositato in giudizio sufficienti elementi, desumibili da una perizia tecnica, da cui dedurre che esiste un approfondito sistema di controllo concentrato sulle sofisticazioni organizzate a scopo economico, le uniche in grado, in quanto organizzate, di influire sulla media del punteggio relativo alla singola struttura. Esso è composto da un “pool” di 300 persone divise in sei dipartimenti, con 30 dipendenti che comprendono la lingua italiana.

Non essendo possibile verificare i fatti riconducibili ai milioni di recensioni, come ammesso dalla stessa AGCM, non si comprende quale nocumento per il consumatore, ai sensi degli artt. 20-22 del Codice del Consumo, abbia rilevato l’Autorità nelle sua valutazioni conclusive, in quanto quest’ultimo, sin dal primo contatto, per quanto sopra riportato, viene posto in realtà in condizione di avere un quadro informativo chiaro, completo, esaustivo e veritiero in relazione alla conformazione dello specifico servizio offerto sul sito, conformazione che l’AGCM non ha sufficientemente approfondito, in tutti i suoi risvolti e in relazione ai rapporti con i consumatori e non con gli altri professionisti quali sono i gestori delle strutture.




L’assessore regionale a Gori: «I profughi? Li ospiti a casa sua»

«I prefetti e i sindaci che pensano di accogliere gli immigrati in strutture e case private diano il buon esempio e aprano le porte delle prefetture o della propria abitazione». L’assessore alla Sicurezza, Protezione civile e Immigrazione della Regione Lombardia, Simona Bordonali, risponde così alla proposta avanzata da alcuni prefetti e da alcuni sindaci, tra cui il primo cittadino di Bergamo Giorgio Gori che attraverso un documento approvato dal Consiglio comunale auspica il coinvolgimento di privati e parrocchie per alleggerire il carico dei Comuni.

«Proporre di ospitare presunti profughi – ha spiegato l’assessore – in strutture e case private o nelle parrocchie è davvero pericoloso. Il nostro territorio è stremato da continui arrivi. Sindaci di tutti gli schieramenti politici si stanno rifiutando di accogliere altri immigrati perché hanno capito che non è possibile mantenere per un anno e mezzo migliaia di persone che poi nella stragrande maggioranza dei casi si rivelano migranti economici, cioè clandestini. Se i Comuni hanno le risorse devono destinarle ai disoccupati, agli esodati e ai cittadini in difficoltà».

«L’unica soluzione strutturale – ha concluso Bordonali – è quella già proposta da Roberto Maroni: allestire campi profughi in Africa per riconoscere chi ha davvero diritto alla protezione internazionale ed evitare così i viaggi della morte sui barconi a decine di migliaia di persone. Sulle coste italiane sono già sbarcate 73.684 persone nel 2015, secondo i dati del Viminale.
Non possiamo permettere altri arrivi».




Uova preistoriche e Stradivari, le mille sorprese alla Dogana di Orio

Orio sorpassa Linate e diventa il terzo scalo italiano anche per le merci, dopo Fiumicino e Malpensa. Le spedizioni, complice la crescita dell’export, sono in continuo fermento. Quando le aziende chiudono la sera ed affidano i loro prodotti destinati all’export alle aziende di spedizioni che fanno base ad Orio, lo scalo merci inizia la sua fervida attività che continua con gli arrivi, dalle 5 del mattino in poi. Il via vai e il movimento di carrelli, gru, forklift, nastri elevatori, montacarichi, fanno pensare ad un gigantesco formicaio, con migliaia di persone all’opera, che non si fermano mai e caricano, trasportano, smistano e accumulano. Da gennaio alla fine di giugno da Orio sono passati 60 milioni 475 mila e 606 chili di merci- 10 milioni e 166 mila e 310 chili, nel solo mese di giugno- con una crescita del 12% rispetto all’anno scorso, sulla base dei più recenti dati Sacbo.  Dato che basta a far salire sul podio italiano Orio – da tempo eletto quartier generale di Dhl e Ups-  anche per le merci. La crescita è costante, anche se inferiore a quella del numero dei passeggeri trasportati, che è pari al 32% in più dello scorso anno, con 948.546 persone in transito nello scalo bergamasco nel solo mese di giugno e quasi 5 milioni (4.913.717 per l’esattezza) dall’inizio dell’anno, in base ai più recenti dati Sacbo.  E mentre Orio cresce per merci e passeggeri con 230 voli al giorno, il lavoro dell’Agenzia delle Dogane aumenta in modo esponenziale, ed è sempre attivo e operativo 24 ore su 24.

Marina Zanga
Marina Zanga

Marina Zanga, responsabile della sezione operativa aeroportuale, dopo aver lavorato per oltre vent’anni nella sezione dell’Ufficio Dogane in Largo Belotti, traccia la nuova geografia delle merci in transito da Orio e fa il punto su controlli e sequestri effettuati, che impegnano sempre più gli agenti rispetto all’attività storica di riscossione dazi. «Nel quarantesimo anniversario dell’unione doganale europea celebrato nel 2008  il nostro motto era e  resta quello di “Proteggere i cittadini e facilitare il commercio”- spiega Zanga -. Dobbiamo assicurare controlli in tempi rapidi per non bloccare l’enorme flusso di merci e intercettare nuove modalità di scambio illegali. Le irregolarità non mancano e la crescita dell’e-commerce non fa che alimentare il commercio illegale. I corrieri aerei trasportano piccole spedizioni ad alto valore aggiunto, inviate dalle imprese e scambiate tra privati. Ma spesso da una piccola spedizione si risale ad interi container che seguono altre rotte commerciali. In questo senso l’informatizzazione- in cui l’Italia è all’avanguardia-  aiuta, grazie ad un’analisi puntuale dei rischi, effettuata in base ai flussi di traffici, dal Paese di origine a quello di arrivo, dall’Iran ad esempio come destinazione di prodotti hi-tech a merci prodotte nel Sud-est asiatico. All’attività di controllo sulle merci si somma quella, crescente, sui passeggeri».  Quanto alla geografia delle merci- e delle relative irregolarità riscontrate – Orio ormai è un aeroporto davvero globale: «Per il traffico passeggeri prevalgono i voli comunitari e nazionali, con una flessione, dettata dai recenti eventi e fattori geopolitici, dell’area del Nord Africa, in particolare la Tunisia,  un calo dell’Egitto e un azzeramento dell’Ucraina.  Quanto alle merci, continua a crescere senza sosta l’export con la Cina, troppo spesso considerato solo come Paese produttore, e vi è un forte sviluppo negli ultimi anni del commercio di beni di lusso indirizzati negli Emirati Arabi. Con gli Stati Uniti il rapporto commerciale è ormai consolidato. L’export interessa diversi settori e rappresenta un vero e proprio volano per la nostra economia. La velocità ed efficienza dei controlli è fondamentale per garantire la sicurezza di tutti, senza bloccare i flussi commerciali. Capita di dover accompagnare spedizioni di ricambi per l’industria, senza cui la  produzione può addirittura bloccarsi o  di controllare l’invio di capi per sfilate di alta moda in Italia . Il rispetto dei tempi è fondamentale».
I sequestri spaziano da droga e valuta, anche su voli comunitari, grazie anche alla collaborazione con la Guardia di Finanza delle unità cinofile specializzate nel fiutare la minima traccia di sostanze stupefacenti; dall’autunno scorso si può contare anche sul prezioso aiuto del “cash-dog”, pronto a riconoscere a distanza la cellulosa delle banconote. valutaConti on-line e carte ricaricabili non hanno ancora fatto tramontare la classica valigetta piena di mazzette. Molti non dichiarano di portarsi appresso somme in contanti superiori a 10 mila euro, tetto imposto per il rispetto della tracciabilità della valuta e della normativa anti-riciclaggio: «Da gennaio sono stati effettuati  154 controlli su 1.870.000 di euro, con eccedenze pari a 552 mila euro e sanzioni per 64 mila euro – spiega Zanga-. Il taglio preferito per il trasporto è la classica banconota da 500 euro, ma l’anno scorso abbiamo sequestrato anche lingotti e piastre d’oro. I diamanti, per la facilità con cui possono essere nascosti, rappresentano un’altra modalità per trasportare valori elevati, come evidenziano le perizie degli esperti chiamati a quantificare la qualità e il valore commerciale delle preziosissime pietre. Dalle classiche valigie a doppio fondo, ai preziosi nascosti tra la biancheria, i passeggeri cercano in ogni modo di occultare anche grosse somme». Anche il contrabbando di tabacchi viaggia ormai low-cost : «Dall’inizio dell’anno, abbiamo effettuato diversi sequestri. Il più rilevante pochi giorni fa, in collaborazione con la Guardia di Finanza, ha portato al  fermo di quattro passeggeri di nazionalità georgiana, in arrivo a Orio da Istanbul, che trasportavano 788 stecche per un peso complessivo di 157 chili di sigarette. L’autorità giudiziaria ha condannato per direttissima i trasgressori al pagamento di 380 mila euro».

Continua a destare preoccupazione il traffico di farmaci: «Siamo riusciti a bloccare 21 spedizioni contenenti prodotti farmaceutici non autorizzati, dal viagra addirittura agli antibiotici. Due spedizioni dalla Cina, indirizzate a privati, contenevano diverse sostanze dopanti proibite. Il commercio di anabolizzanti è purtroppo destinato a circuiti di attività sportive di dilettanti e non solo di professionisti ed è in costante crescita»medicinali. La contraffazione non conosce mai tregua e studia nuove vie per sfuggire ai controlli: «La crescita è alimentata anche dall’e-commerce. Da gennaio abbiamo sequestrato 87 mila pezzi di merci tra le più disparate per un valore complessivo di 2 milioni e 400 mila euro, dallo smartphone a borse e scarpe, dall’abbigliamento agli orologi. La nuova tendenza è quella di spedire etichette e marchi contraffatti separati da borse e accessori, che vengono poi confezionate e finite una volta giunte a destinazione: nei mesi scorsi siamo riusciti a bloccare la spedizione di 55 mila etichette tessili delle principali case di moda. La collaborazione con i titolari dei marchi e i loro esperti è costante, come l’aggiornamento e la formazione.

Dalla contraffazione non riesce ormai a difendersi nemmeno l’industria. Abbiamo individuato telai di biciclette e altre componenti d’imitazione asiatica, che dovremo spedire negli Stati Uniti alla casa madre, interessata a esaminarli ulteriormente».  orologiNon mancano le ondate di tarocchi stagionali, concentrate in particolare sotto Natale: «La marchiatura CE tutela la sicurezza e la salute di ogni prodotto, dalle classiche luci di Natale ai giocattoli. Un gesto banale come illuminare l’albero con materiale elettrico non conforme agli standard europei espone inutilmente al rischio di incendi e folgorazione. La stessa attenzione va posta per i cosmetici e per tutto ciò che si indossa: orecchini e bigiotteria possono contenere sostanze allergizzanti o metalli dannosi per la salute».  Le mode alimentano ed influenzano l’industria illecita del tarocco: «Negli anni di exploit dei tatuaggi abbiamo sequestrato aghi e coloranti di provenienza asiatica. Con il boom dell’e-cigarette, l’anno scorso sono stati bloccati moltissimi kit di sigarette elettroniche e liquidi di ricarica provenienti dalla Cina». Appare invece in calo il sequestro di droga: «Il traffico illecito  di droga continua a riadattarsi, anche in base ai controlli effettuati e a trovare sempre nuovi canali. Da gennaio alla fine di giugno abbiamo effettuato 52 sequestri per piccoli quantitativi di stupefacenti: 530 grammi, per la maggior parte-  450 grammi- di hashish». Capita anche di bloccare in dogana armi e componenti: «In collaborazione con la Polizia di Stato abbiamo sequestrato alcune componenti di  fucili e pistole, ma soprattutto armi bianche, coltelli con lame oltre i 30 centimetri. Tra i sequestri più grossi dei coltelli prodotti in Pakistan, ma spacciati ,con tanto di simbolo contraffatto, come prodotti artigianali sardi. Il Made in Italy è un mito che resiste e dietro ai segni e  ai simboli che richiamano, spesso in modo fin troppo ostentato, all’italianità, si nascondono spesso prodotti di dubbia o infima fattura, come accade del resto nel settore alimentare».

Le curiosità

Il sequestro dell’uovo preistorico

A volte i sequestri vanno oltre l’immaginazione: «Abbiamo sequestrato a marzo un uovo gigante ricomposto di “uccello elefante”( “Aepyornis Maximus”), una specie originaria del Madagascar dal Pleistocene fino ad epoche più recenti, definitivamente estinta, che sfiorava i tre metri di altezza- spiega Marina Zanga-. L’uovo, destinato agli Stati Uniti con un valore dichiarato di 550 dollari, è stato invece valutato 100 mila dollari. La perizia del paleontologo del Museo di Storia naturale di Milano ne ha confermato l’interesse come reperto, tanto da richiedere di poterlo conservare e mettere a disposizione di tutti i visitatori». Oltre all’uovo “preistorico”, più grande addirittura di quello di un dinosauro come sostengono alcune enciclopedie, a Orio sono state bloccate anche piante rare: « Un passeggero occultò in valigia piante grasse protette, ora accudite dall’Orto Botanico in Città Alta». C’è spazio anche per arte e antiquariato: «In passato abbiamo anche sequestrato un violino Stradivari e  recentemente delle abat-jour d’epoca. L’anno scorso siamo riusciti a bloccare schizzi di grandi artisti come Picasso e Mirò».




“Pronti a ricorre contro il decreto del Jobs Act”

Valentina Aprea
Valentina Aprea

“Il decreto del Jobs Act è stato scritto come se la Costituzione fosse stata già cambiata. Finché le politiche attive e la formazione saranno di competenza delle Regioni, serve l’accordo con le Regioni stesse altrimenti ci sono profili di incostituzionalità”. Lo ha detto l’assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia Valentina Aprea, chiudendo, insieme al consigliere regionale Onorio Rosati, i lavori del convegno ‘Il Jobs Act tra politiche attive e Agenzia nazionale’, che si è svolto nel pomeriggio di oggi a Palazzo Giureconsulti a Milano. “In base alla legge – ha aggiunto l’assessore – ci sarebbero Centri regionali ma a regia statale. Se le Regioni dovranno pagare i Centri pubblici per l’impiego, dovranno usare i soldi per le politiche attive. Oggi, con la Dote, li diamo direttamente ai cittadini, mentre poi dovremo pagare le strutture. Questo per noi è una cosa gravissima, perché mette a rischio il principio della libera scelta. Per un principio astratto di uniformità, si penalizzano le Regioni in cui il sistema funziona. Io sono disponibile a confrontarmi con tutti, ma sui risultati, sui numeri. I dati del monitoraggio settimanale della Dote Unica Lavoro (Dul) dimostrano come in Regione Lombardia siamo riusciti a costruire e implementare un modello efficace di organizzazione del mercato del lavoro e di erogazione delle politiche attive. Questo modello va salvaguardato; rinnovo l’appello al Governo a modificare il testo del decreto.

Col Dul sono già stati avviati al lavoro 45.149 destinatari. Di questi, il 30 per cento ha già sottoscritto un contratto di lavoro a tempo indeterminato, determinato o in apprendistato. Dall’avvio del programma “Garanzia Giovani”, 23.003 ragazzi sono stati inseriti nel mercato del lavoro, di cui: 11.853 attraverso un tirocinio; 7.643 con contratto a tempo determinato; 1.715 in apprendistato.

Abbiamo potuto raggiungere i risultati che oggi vantiamo – ha commentato l’assessore – anche grazie alla presenza di una rete di operatori pubblici e privati accreditati diffusi sul territorio, che concorrono sul mercato con pari dignità, attivando la leva della remunerazione a risultato occupazionale raggiunto”.