“L’Uomo della Luce”, opere ancora disponibili per i commercianti

UomoDellaLuceL’Uomo della Luce è il simbolo dell’iniziativa “Itinerari di Luce”, il progetto pensato dal Distretto del commercio Bergamo Centro per accompagnare la città all’incontro con l’Esposizione Universale ma anche per iniziare a creare nuovi presupposti collaborativi per il dopo Expo. “Un percorso culturale a tutto tondo – precisa il presidente del distretto Alessandro Riva – che ha l’obiettivo di promuovere l’immagine e l’internazionalizzazione della città, rafforzandone la coesione sociale e creando anche solidarietà”. L’Uomo della Luce Special Edition Bergamo per Expo, creazione firmata Catellani&Smith (in edizione limitata e numerata), richiama un’unione onirica tra arte e luce, tra uomo e società e intende nel suo cammino itinerante far appunto brillare anche un’ energia nuova di solidarietà, unendo uomini e luoghi con un simbolico filo rosso. Le opere numerate per tutto il periodo dell’iniziativa verranno esposte prima all’interno di molte attività sia commerciali che del terziario di tutta la città, borghi e quartieri, perché questo progetto parte proprio dal e per il commercio. Poi in fase successiva si arriverà a leggere anche un percorso fisico cittadino urbano, un filo rosso ideale del progetto che a partire da Orio Sacbo giungerà sino alla Carrara-Gamec interessando anche borghi e quartieri. Al termine dell’Expo, il ricavato delle donazioni generato dalle creazioni verrà devoluto ad Associazioni Onlus di Bergamo. Le attività commerciali che ancora volessero adottare l’ “Uomo della Luce” possono chiamare il Distretto allo 035 218862 o inviare una e-mail all’indirizzo info@bergamocentro.it. A fronte della consegna, ai commercianti verrà richiesta solo la compilazione di una ricevuta di consegna del pezzo numerato speciale (si prevede la fornitura iniziale di 1 o max 2 pezzi per ogni attività). La ricevuta permetterà il possesso in comodato gratuito sino alla fine di Expo con impegno ad esporre l’opera luminosa. Alla fine dell’esposizione quanto in possesso potrà o essere restituito al Distretto per essere proposto in vendita solidale a realtà o privati che lo richiedano o potrà essere trattenuto col versamento di una somma di 200 euro genera per ogni elemento luminoso che andrà sempre a fini solidali.




“GourmArte per Expo”, un poker di chef stellati atterra nel centro di Bergamo

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Massimo Bottura

GourmArte si fa “special” per Expo 2015. La manifestazione della Promoberg dedicata alle eccellenze enogastronomiche lombarde, da tre anni a questa parte organizzata in Fiera nel mese di dicembre, si trasferisce nel centro di Bergamo in occasione dell’esposizione universale.

Tra settembre e ottobre la rassegna propone quattro date che agli appassionati della tavola d’autore conviene annotarsi. Si tratta infatti di quattro incontri con altrettanti artisti della cucina italiana: Massimo Bottura (Osteria Francescana, Modena), Pino Cuttaia (La Madia, Licata – Agrigento), Annie Féolde (Enoteca Pinchiorri, Firenze) e Gennaro Esposito (Torre del Saracino, Vico Equense – Napoli). Il poker stellato (sul piatto ci sono complessivamente 10 stelle Michelin) sarà completato da un’ultima data a inizio novembre alla Cantalupa di Brusaporto, per una grande chiusura in tavola firmata dai fratelli tri-stellati Michelin di Bergamo, i Cerea del ristorante Da Vittorio.

L’evento si snoda tra il Balzer, lo storico locale recentemente rinnovato nell’ambiente e nella gestione, la tensostruttura del Quadriportico-Spazio Creberg e la Domus Bergamo, la “casa” allestita nel cuore della città per ospitare nel semestre di Expo gli eventi culturali e gastronomici del territorio.

Le date sono le seguenti: 2 settembre Massimo Bottura; 21 settembre Pino Cuttaia; 5 ottobre Annie Féolde e i suoi chef; 12 ottobre Gennaro Esposito. La chiusura con i fratelli Cerea è invece fissata per venerdì 6 novembre.

Il format dei quattro appuntamenti in città è lo stesso. A partire dalle 18, utilizzando la struttura della Domus Bergamo in piazza Dante, a pochi passi dal Balzer, il cuoco che firma la cena racconterà la sua esperienza professionale durante un aperitivo con prodotti locali e poi in un talk show che prevede anche la dimostrazione dell’elaborazione di un piatto con un prodotto bergamasco tra quelli riconosciuti dal marchio “Bergamo città dei Mille… sapori”. A seguire, indicativamente dalle ore 20,30, la cena al Balzer che prevede cinque portate per un totale di 60-80 coperti.

Gli ingressi alla Domus Bergamo (compreso lo show-cooking) e alla tensostruttura del Quadriportico-Spazio Creberg sono liberi e gratuiti. Il costo dell’aperitivo in Domus Bergamo è di 10 euro, mentre quello dellla cena al Balzer è di 99 euro a persona, tutto compreso.

GourmArte per l’Expo è un evento Promoberg in collaborazione con Balzer, Domus Bergamo e Multimedia, e ha quali partner la Camera di Commercio di Bergamo, l’Ascom di Bergamo, l’Accademia del Gusto, l’Ente Bilaterale Commercio e Servizi di Bergamo e l’Ente Bilaterale Alberghiero e dei Pubblici Esercizi di Bergamo.

Per informazioni e prenotazioni per la cena, occorre rivolgersi a Balzer (tel. 035 234083 – info@balzer.it)




Il caldo fa scattare l’allarme ozono. Superate le soglie a Bergamo, Osio Sotto e Calusco

 

Il caldo fa scattare l’allarme ozono in Bergamasca. Secondo quanto segnalato da Legambiente Bergamo, da una settimana le centraline di misurazione dell’ozono sono letteralmente fuori scala: i livelli di questo inquinante tossico hanno iniziato a crescere con l’arrivo della canicola e sono continuati fino alle punte massime raggiunte nella giornata di ieri, quando tutte le centraline Arpa della provincia hanno certificato superamenti della “soglia di informazione” (180 microgrammi/mc) e quelle di Bergamo, Osio Sotto e Calusco hanno rilevato concentrazioni di gas tossico addirittura oltre la “soglia di allarme” (240 microgrammi/mc), con il valore più alto misurato a Calusco d’Adda dove in ogni metro cubo d’aria erano presenti ben 276 microgrammi del gas.

L’associazione avverte che la situazione è destinata a perdurare, e forse anche ad aggravarsi, finché non arriveranno i primi temporali. «È davvero sconcertante la reticenza delle autorità nell’informazione alla popolazione sulla pericolosità della situazione – dichiara Nicola Cremaschi, presidente di Legambiente Bergamo – anche perché alcuni comportamenti sono sufficienti a limitare i rischi connessi all’esposizione al gas tossico: occorre evitare sforzi intensi durante le ore pomeridiane e serali ed assumere alimenti a forte contenuto di antiossidanti, come frutta e verdura, proteggendo soprattutto bambini, anziani e soggetti asmatici che è bene restino in casa nelle ore del giorno in cui i livelli di ozono sono più alti».

Legambiente rimarca come l’emergenza ozono richieda però anche misure di prevenzione: la fascia pedemontana prealpina e orobica è la zona in cui ogni anno si misurano i livelli di ozono più alti d’Europa, e ciò dipende da ragioni climatiche, in particolare dall’intensità della radiazione ultravioletta estiva, ma anche dalla presenza di inquinanti che funzionano da precursori della formazione di ozono: tra questi gli ossidi d’azoto (NOx).

In provincia di Bergamo, secondo i dati dell’inventario regionale (INEMAR), la metà delle emissioni atmosferiche di NOx derivano da traffico veicolare, con un ruolo molto rilevante legato al trasporto pesante. L’altra metà, nei mesi estivi, è legata soprattutto alle combustioni nell’industria e all’incenerimento di rifiuti, mentre nella stagione fredda cresce il contributo del riscaldamento domestico.

La cementeria di Calusco, da sola, è responsabile di un terzo di tutte le emissioni di NOx della provincia di Bergamo, al netto di quelle da traffico, fa notare il comunicato. «Si può fare davvero molto per ridurre l’inquinamento: riducendo il traffico veicolare su strada, ma anche agendo sulle maggiori fonti puntuali di inquinamento industriale – dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia – è il caso dell’impianto Italcementi di Calusco. In questi giorni la Provincia ha in corso l’istruttoria per il rinnovo dell’autorizzazione allo stabilimento di Calusco, sarebbe inaccettabile il rilascio di una autorizzazione che non contempli l’obbligo di dimezzare le emissioni di NOx, come è possibile fare semplicemente installando adeguati sistemi di abbattimento delle emissioni dai camini».




Confartigianato Bergamo, al via le iniziative per il 70esimo

“Le radici nella Storia. La visione nel Futuro”. Questo il titolo della 70ª Assemblea generale di Confartigianato Bergamo, svoltasi sabato 4 luglio nell’auditorium della sede di via Torretta a Bergamo. L’appuntamento pubblico, che ha fatto seguito alla parte privata tenutasi lo scorso 23 maggio, quando gli associati hanno approvato all’unanimità il bilancio sociale, ha visto la presenza del presidente nazionale di Confartigianato Giorgio Merletti.

Si è aperto con la relazione del presidente Angelo Carrara, per proseguire con i saluti delle autorità (il presidente della Camera di Commercio Paolo Malvestiti, il vicesindaco del Comune di Bergamo Sergio Gandi e l’assessore regionale all’Ambiente, energia e sviluppo sostenibile Claudia Terzi) e dei presidenti dei tre Gruppi associativi Ida Rocca (Donne), Cecilio Testa (Anziani) e Diego Armellini (Giovani). Tra le novità all’ordine del giorno l’attesa presentazione del nuovo sito internet (www.confartigianatobergamo.it), destinato a diventare il cuore pulsante dell’informazione e della comunicazione dell’Organizzazione.

L’Assemblea ha inoltre dato il via ufficiale alle celebrazioni del 70esimo dell’Associazione, con l’intitolazione dell’Auditorium, mediante lo scoprimento di una targa, al past president Italo Calegari, venuto a mancare il 28 settembre 2014. È stato inoltre presentato il libro d’arte celebrativo “L’artigianato dell’arte. Il valore del lavoro. I capolavori della creatività”, a cura di Fernando Noris. Il volume racchiude per la prima volta il patrimonio pittorico e scultoreo che Confartigianato Bergamo ha raccolto durante tutta la sua storia e che è stato catalogato dagli studenti della Scuola d’Arte Andrea Fantoni.

Si chiama invece “Premio Magister – Il lavoro a regola d’arte”, il Concorso dedicato alle eccellenze delle imprese artigiane che ha l’obiettivo di mettere in evidenza e far conoscere le eccellenze dello spirito imprenditoriale e aziendale bergamasco. Le imprese interessate potranno presentare la propria candidatura per i temi Innovazione e Green Economy, Internazionalizzazione, Welfare e Responsabilità Sociale di impresa. Il concorso è aperto a tutte le imprese associate e culminerà a dicembre in un grande evento conclusivo.

In conclusione l’intervento del presidente nazionale Giorgio Merletti e la consegna dei riconoscimenti al personale dipendente che ha maturato 16 e 17 anni di servizio.

Sono stati premiati per i 17 anni di anzianità: Federica Bonomelli, Marisa Filieri, Andrea Galizzi, Denise Gargantini, Denise Marchesi, Angela Perico, Chiara Radici e Roberto Sottocornola.

Per i 16 anni di anzianità: Sara Baggi, Angelo Gabbiadini, Davide Lodola, Paola Maffina, Stefano Magri, Livio Molinari, Monica Paredi, Cristian Ruffoni.

Il brindisi conclusivo si è svolto in sala Agazzi, dove è stata inaugurare la collettiva d’arte organizzata in occasione del 70° Anniversario di fondazione, che raccoglie 65 artisti, suddivisi in tre sezioni.

 




Jobs Act, ecco cosa cambia per l’apprendistato

Lavoro Jobs Actdi Umberto Buratti*

Diverse sono le novità in materia di apprendistato derivanti dalla entrata in vigore il 25 giugno scorso del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81 recante Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. La prima e forse più evidente è l’abrogazione in toto – fatta salva la disciplina transitoria – del c.d. Testo Unico del 2011 (d.lgs. n. 167/2011) e l’ampia novella della precedente disciplina ora interamente confluita al Capo V del d.lgs. n. 81/2015. La revisione organica dei contratti di lavoro voluta dal Governo tocca quindi anche l’apprendistato.

Le principali novità si evincono già dalla lettura dell’articolo 41 contenente la definizione di apprendistato. Da un lato si conferma che tale tipologia contrattuale è da considerarsi quale “contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione” (co. 1). Dall’altro l’articolazione interna delle tre tipologie di apprendistato viene ampiamente modificata. Il c.d. “primo livello” amplia le proprie finalità. Esso, infatti, consente ora non solo di conseguire la qualifica triennale o il diploma professionale dei percorsi di istruzione e formazione professionale regionali, ma permette anche di acquisire il certificato di specializzazione tecnica superiore e il diploma di scuola secondaria superiore (co. 2, lett. a). All’ampliamento delle finalità dell’apprendistato di primo livello corrisponde un ridimensionamento di quello di terzo tipo. Quest’ultimo si conferma destinato alla formazione universitaria (master, lauree triennali e specialistiche, dottorati di ricerca), all’attività di ricerca e, infine, al praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche (co. 2, lett. c). Perde, quindi, ogni “aggancio” ai titoli di istruzione secondaria superiore ora ricondotti, come si è visto, nell’alveo del primo livello. Per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante poche sono, invece, le novità. A livello definitorio, si segnala, il venir meno del richiamo al “contratto di mestiere” proprio del Testo Unico del 2011 (co. 2, lett b). Secondo quanto contenuto al comma 3 l’apprendistato di I e III livello sono strutturati per integrare organicamente “in un sistema duale, formazione e lavoro”. In altre parole, vengono pensati come via italiana al più noto e funzionante modello tedesco.

L’articolo 42 del d.lgs. n.81/2015 contiene la disciplina generale riguardante tutte le tipologie di apprendistato. L’impalcatura complessiva riprende solo parzialmente l’architettura del precedente Testo Unico. Al comma 1 si conferma che il contratto di apprendistato deve avere forma scritta. Esso contiene sinteticamente il piano formativo individuale redatto anche secondo i modelli propri della contrattazione collettiva o degli enti bilaterali. Nel caso di apprendistato di primo e terzo livello la compilazione del piano formativo spetta all’istituzione formativa con il coinvolgimento dell’impresa. Si tratta di una novità rispetto al recente passato che, tuttavia deve avvenire senza ulteriori gravami economici per i conti pubblici. Per quanto riguarda la durata minima del contratto il provvedimento mantiene stabile il limite dei sei mesi. Di particolare interesse è il richiamo contenuto al comma 3. Esso precisa che “durante l’apprendistato trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegittimo”. È chiaro, qui, il tentativo di agganciare il contratto di apprendistato novellato con le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 23/2015. Questa, però, non è l’unica novità in materia di licenziamento. Il secondo periodo del comma 3 prevede che costituisce giustificato motivo di licenziamento il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi da parte degli apprendisti assunti con contratto di apprendistato di primo livello. Il comma 4 dell’articolo 42 si concentra sulla disciplina del recesso. Di fatto viene confermato quanto previsto dalla normativa previgente. Particolarmente significativo appare, infine, quanto contenuto al comma 5. Esso indica chiaramente quali siano i compiti generali della contrattazione collettiva nazionale in materia. Questa è chiamata a disciplinare complessivamente l’istituto ad eccezione di quanto indicato in precedenza ovvero: piano formativo, durata minima, normativa in caso di licenziamento illegittimo, recesso del contratto. Tali materie, a differenza del d.lgs. n. 167/2011, vengono sottratte dalla campo della contrattazione. Da ultimo, sempre in materia di disciplina generale occorre segnalare una modifica per quanto riguarda le clausole di stabilizzazione. Da un lato rimangono confermati i precedenti vincolo (20% degli apprendisti per aziende con più di 50 dipendenti). Dall’altro, “si obbliga” alla stabilizzazione dei soli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante.

L’articolo 43 del d.lgs. 81/2015 contiene le non poche novità in materia di apprendistato di primo livello. Come si evince dalla rubrica esso non è più finalizzato unicamente ai titoli triennali o quadriennali del sistema IeFP, bensì può essere utilizzato anche per il conseguimento dei titoli di scuola secondaria superiore o per l’ottenimento del certificato di specializzazione superiore dei percorsi IFTS. All’ampliamento delle finalità consegue una struttura più complessa a livello normativo. Il comma 1 dell’articolo 43 contiene una indicazione di principio secondo cui l’apprendistato per la qualifica, il diploma e la certificazione tecnica superiore è strutturato in modo da coniugare formazione aziendale e formazione professionale regolamentata dalle discipline regionali. L’età degli apprendisti di primo livello va dai 15 ai 25 anni e la durata massima del contratto è di tre anni per l’ottenimento della qualifica o di quattro per il diploma professionale (co. 2). La regolamentazione dell’istituto è rimessa alle Regioni e alle Province autonome. In caso di inadempienza sarà compito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali provvedere con propri decreti (co. 3). Il comma 4 dell’articolo 43 contiene una complessa disciplina delle proroghe circa la durata complessiva dell’apprendistato di primo livello. Si prevede, in primo luogo, che il contratto dei giovani che hanno concluso positivamente il percorso formativo possa essere prolungato di un anno “per il consolidamento e l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche, utili anche ai fini dell’acquisizione del certificato di specializzazione superiore o del diploma professionale all’esito del corso annuale integrativo”. In altre parole si concede la possibilità di continuare con il rapporto di apprendistato per ulteriori 12 mesi anche, ma non solo, per completare il proprio percorso formativo con un titolo IFTS o di diploma professionale statale. La proroga di un anno è concessa anche nel caso in cui l’apprendista non abbia conseguito alcun titolo triennale, quadriennale, IFTS o il diploma professionale statale. Il comma 5 dell’articolo 43 si concentra, primariamente, sulla disciplina dell’apprendistato di primo livello per l’ottenimento di un titolo di studio della scuola secondaria superiore. Si prevede la possibilità di stipulare contratti della durata massima di quattro anni, a partire dal secondo anno di scuola, finalizzati non solo al diploma di istruzione superiore di secondo grado, ma anche all’acquisizione di “ulteriori competenze tecnico-professionali rispetto a quelle già previste dai vigenti regolamenti scolastici, utili anche ai fini del conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore”. Con l’entrata in vigore della nuova disciplina si pone fine, facendo salvi i progetti già in corso, alla c.d. “Sperimentazione Carrozza” contenuta nell’abrogato articolo 8-bis, comma 2 del d.l. n. 104/2013. Chiude il comma 4 la previsione secondo cui è possibile stipulare contratti di apprendistato di primo livello della durata massima di due anni anche nel caso di giovani delle Province autonome di Trento e Bolzano che frequentano l’anno integrativo finalizzato all’esame di Stato di cui all’articolo 6, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 87/2010. Il comma 6 del dell’articolo 43 contiene le modalità operative attraverso cui attivare un contratto di apprendistato del primo tipo. Si stabilisce che il datore di lavoro che intende stipulare questa forma contrattuale debba innanzitutto sottoscrivere un apposito protocollo con l’istituzione formativa cui il ragazzo appartiene. Il protocollo esplicita il contenuto e la durata degli obblighi formativi in capo al datore di lavoro. Esso è redatto secondo un modello definito da un futuro decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Decreto che dovrà anche indicare i criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato, i requisiti delle imprese che vogliono far ricorso a questo strumento, il monte orario di formazione aziendale e scolastica. Su questo aspetto, l’ultimo periodo del comma 6 prevede già alcune indicazioni ovvero che la formazione svolta nei centri professionali regionali non possa essere superiore al 60% dell’orario ordinamentale del secondo anno e al 50% per il terzo e quarto anno e l’anno dedicato alla certificazione IFTS. La struttura della retribuzione degli apprendisti di primo viene completamente riscritta dal comma 7 dell’articolo 43. Dal calcolo finale dello “stipendio” dell’apprendista va tolto tutto il monte ore formativo esterno all’azienda. Per quello interno all’impresa, invece, salvo diversa previsione della contrattazione collettiva di riferimento, si riconosce un importo pari al 10% della retribuzione dovuta. Si tratta di una consistente riduzione dei costi alla quale si andranno ad aggiungere, se confermate, le misure di incentivazioni economica previste dall’articolo 32 dello schema di decreto sulle politiche attive presentato recentemente dal Governo. Chiudono la disciplina sull’apprendistato di primo livello i commi 8 e 9. Il primo conferma la possibilità di forme di apprendistato a tempo determinato per attività stagionali per quelle Regioni e Province autonome dotate di un sistema definito di alternanza scuola lavoro. Il secondo, invece, ripropone la possibilità di trasformare il contratto di apprendistato di primo livello in apprendistato del secondo tipo dopo il conseguimento del titolo seppure entro il limite temporale massimo indicato dalla contrattazione collettiva.

Per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante pochissime sono le novità e si concentrano tutte al comma 1 dell’articolo 42. Il secondo periodo chiarisce che la qualificazione professionale cui è finalizzato il contratto “è determinata dalle parti del contratto sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi di inquadramento del personale” dei contratti collettivi siglati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

L’ampliamento del campo di applicazione dell’apprendistato di primo livello anche alla sfera dell’istruzione secondaria superiore determina una riduzione delle finalità dell’apprendistato del terzo tipo. Questo, la cui disciplina è ora contenuta all’articolo 45 del d.lgs. n. 81/2015, è ora strutturato per l’ottenimento di titoli di studio universitari (laurea triennale e specialistica, master, dottorato di ricerca), del diploma dell’Istruzione Tecnica Superiore e per attività di ricerca e l’accesso alle professioni ordinistiche. I requisiti legati all’età prevedono la possibilità di stipulare questa tipologia contrattuale con giovani dai 18 ai 29 in possesso di un titolo di scuola secondaria superiore o di un diploma professionale quadriennale integrato o da un certificato IFTS o dal diploma di maturità professionale ottenuto al termine del corso annuale integrativo previsto dalla vigente normativa scolastica. Come nel caso dell’apprendistato si introduce la necessità di siglare un apposito protocollo tra datore di lavoro e istituzione formativa a cui lo studente è iscritto o con l’ente di ricerca di riferimento. In esso vanno esplicitate la durata e la modalità della formazione aziendale, nonché il numero di crediti formativi riconoscibili per la formazione in impresa per ciascun studente. Lo schema del protocollo verrà definito da un apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Per i percorsi ITS si prevede una formazione extra aziendale non superiore al 60% dell’orario ordinamentale (co. 2). A livello retributivo, l’articolo 45 replica quanto esplicitato per gli apprendisti di primo livello. Nessun computo per le ore di formazione presso gli istituti formativi. Riconoscimento, invece, di una retribuzione pari al 10% di quella dovuta per le attività formative aziendali. In chiusura gli i commi 4 e 5 dell’articolo 45 riprendono alcune previsioni presenti nel Testo Unico del 2011. Si conferma che la regolamentazione dell’istituto è rimessa per i soli profili che attengono alla formazione alla Regione e alle Province autonome in accordo con le associazioni datoriali e sindacali territoriali e le istituzioni formative siano esse università o centri di ricerca. Inoltre, viene ribadito che in assenza di regolamentazione regionale è possibile procedere con l’avvio di apprendistati di alta formazione e ricerca previa convenzione tra datore di lavoro e istituzione formativa.

L’articolo 46 pur presentando la medesima rubrica dell’articolo 6 del d.lgs. n. 167/2011, ora abrogato, contiene una regolamentazione degli standard professionali e formativi e della certificazione delle competenze affatto diversa. Il comma 1 prevede che un apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni definisca gli standard formativi dell’apprendistato. Avendo a mente gli articoli precedenti, tale decreto conterrà anche tutte le indicazioni necessarie per i protocolli azienda-istituzione formativa relativi alla formazione aziendale, alla sua strutturazione oraria complessiva, ai requisiti dell’impresa. Si tratta di un decreto particolarmente rilevante perché da esso dipenderà la fisionomia del sistema duale pensato e voluto con l’attuale riforma. Il comma 2 contiene delle nuove indicazioni per quanto riguarda la registrazione della formazione. Essa dovrà avvenire secondo le indicazioni del d.lgs. n. 13/2013. Non solo. Sarà di competenza dell’azienda registrare la formazione effettuata per il conseguimento della qualificazione professionale. Mentre sarà competenza delle istituzioni formative e degli enti di ricerca registrare l’attività formativa per gli apprendisti di I e III livello. Al comma terzo si ripresenta la costituzione del repertorio delle professioni in grado di correlare standard formativi e standard professionali. Chiude l’articolo 46 la previsione per cui le competenze acquisite dall’apprendista “sono certificate dall’istituzione formativa di provenienza dello studente” secondo le modalità di cui al d.lgs. n. 13/2013. Ad una prima lettura del testo sembra quindi che tale precetto sia destinato unicamente agli apprendistati scolastici in senso stretto.

Le disposizioni finali di cui all’articolo 47 non contengono alcuna novità in materia di sanzioni. Mentre appare rilevante quanto contenuto al comma 4 che consente la possibilità di assumere in apprendistato professionalizzante non solo i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità, ma anche coloro che godono di un trattamento di disoccupazione. Il comma 5 contiene la disciplina del periodo transitorio, esso va letto in coordinamento con l’articolo 55, comma 1 lettera g) del medesimo provvedimento il quale abroga in toto il d.lgs. n. 167/2011 facendo salvo il regime transitorio di cui al sopra citato comma 5 dell’articolo 47. Ne dettaglio si prevede che per le Regioni e le Province autonome ove la nuova disciplina non sia immediatamente operativa, trovano applicazione le regolazioni vigenti. Il che lascia presupporre un periodo transitorio piuttosto lungo e legato alla messa in regime dei provvedimenti normativi nazionali e regionali. Al comma 6 si ribadisce la possibilità di utilizzare l’apprendistato di II e III livello nel pubblico impiego, previo apposito DPCM che, a differenza del passato, potrà essere emanato senza alcun vincolo temporale. Da ultimo, tra le novità si annovera la previsione di una rivisitazione della disciplina degli incentivi economici legati all’apprendistato di I e III livello da emanare con un apposito decreto e di cui si ha già, in parte traccia, nell’attuale schema di decreto in materia di politiche attive presentato dal Governo l’11 giugno scorso.

*ADAPT Senior Research Fellow




All’Expo vertice tra i presidenti delle Province

Provincia ExpoUn incontro istituzionale tra i presidenti delle Province lombarde si è tenuto oggi a Pianeta Lombardia, il padiglione della Regione all’interno del sito Expo, per approfondire i cambiamenti apportati dalla Legge Delrio. Presenta anche il presidente dell’ente di via Tasso, Matteo Rossi. Al termine dell’incontro sono state presentate “Le perle di Teodolinda”, un dolce creato appositamente per Expo, che utilizza ingredienti già in uso nella cucina longobarda: si tratta di grandi bon bon realizzati con mandorle, spezie e cannella, composti in forma di collana di perle, dedicata alla regina longobarda.




Finalmente l’Ateneo “pesa”, ma ora facciamo concorsi pubblici più seri

Università EconomiaSiamo alle solite, sempre alle solite: realtà e teoria. Un pochino mi sono stufato di scriverlo e immagino che anche voi, a forza di leggerlo, sì, insomma…Eppure è così: ci sono due italie, l’una contro l’altra armata. Una vive nel mondo dei fenomeni: si scontra con l’inefficienza, l’incongruenza, l’ingiustizia, che dominano anche le mignole questioni di questo povero Paese. L’altra, invece, si libra nel mondo astratto: per lei la realtà non esiste o, al massimo, è un prodotto dello spirito, plasmabile con atti di volontà o, più spesso, di velleità. Ma ve la faccio più semplice: qui c’è un sacco di gente che non vuole vedere le cose come stanno, e che preferisce chiudere gli occhi e viaggiare con la fantasia, piuttosto che chiudere le mani a pugno e battersi per un futuro migliore. Ad esempio, è recentissima la proposta, che, una volta tanto, vede d’accordo centrosinistra e centrodestra, di tenere conto, tra tutti i mille altri parametri di valutazione nei concorsi pubblici, anche dell’ateneo in cui ci si è laureati: insomma, un 110/110 preso a Chissadove varrebbe meno di un 97 strappato a Guardaunpo’. Per la verità, non è chiaro come una proposta di emendamento alla legge quadro si sia trasformata in un caso da pugnale tra i denti, tuttavia, da cronista lo rilevo e da docente ci faccio sopra un paio di considerazioni.

 

Comincio col dire che sono del tutto a favore di un simile provvedimento: ho constatato a mie spese, più di una volta, che voti di laurea stellari e risultati accademici eclatanti erano frutto di meschine pastette e di maniche larghissime. Sono d’accordo, anche se so benissimo che questo emendamento non passerà mai, nella forma suddetta: nel caso, verrà depotenziato ed aggiustato in modo da renderlo del tutto ininfluente. Aggiungo che, in trent’anni di cattedra, concorsi, convegni, conferenze e dopo aver scritto qualche libruccio qua e là, un tantino mi sento autorizzato ad esprimere un’opinione sulla vexata quaestio. E io la esprimo: tra un’università e l’altra, tra un corso di laurea e l’altro, esistono differenze talmente abissali da rappresentare degli autentici valori scalari, di cui tener conto. Perché non è possibile che i vertici di certe graduatorie siano intasati da aspiranti docenti con voti di laurea altissimi e che, una volta insigniti della docenza, costoro si dimostrino capre totali, di quelle che scrivono “innoquo” e “collocquio”. Guardate che non sto scherzando e non esagero: la settimana scorsa, indossavo una maglietta che mi ha regalato il mio amico Luca De Carlo, sindaco di Calalzo di Cadore, con su scritto: “Io amo Calalzo!”. Orbene, uno di questi cosi da lode, abbraccio e pubblicazione, serio serio, mi ha domandato: scusa, collega, ma chi è ‘sto Calalzo? Capito bene?

In Italia, mercè una tradizione cinquantennale di scempi culturali ed educativi, si è arrivati a ritenere la scuola migliore quella che ha il maggior numero di promossi: il criterio, evidentemente, si è trasferito alle università. Così, oggi, ci sono atenei che toccano livelli da scuola dell’obbligo. E studenti universitari che, in sede di esame, ti raccontano che Leopardi è vissuto nel XIII secolo: e anche qui non sto scherzando, ma mi riferisco all’Unibergamo, mica al Burkina-Faso, anno domini 2015. E il fronte dei contrari e degli incazzati chi raduna? I rettori, che temono un drastico calo dei finanziamenti. La Cgil, che è contro qualunque forma di meritocrazia a prescindere. Qualche meridionalista irriducibile, di quelli che citano il Gravina quando gli parli dei problemi dell’oggi. Questi e moltissimi altri, che parlano di classismo o, peggio, di antimeridionalismo. Già, perché le migliori quindici università italiane sarebbero tutte al nord: io trovo, per converso, più sensibile il dato secondo cui le quindici peggiori sarebbero tutte al sud, da cui proviene la maggioranza dei centodieci e lode.

Analizziamolo questo benedetto dato: se gli studenti che vengono dagli atenei considerati peggiori hanno i voti migliori, mi pare se ne possa dedurre una semplice ed aurea regoletta, ossia che il voto di laurea non deve essere l’unico parametro per giudicare le capacità di un neolaureato. Almeno secondo logica: perché, poi, interviene quell’assoluta assenza di senso della realtà che caratterizza la metà del Paese che ci zavorra e ci sta affondando. Va da sé che le università dovrebbero essere tutte di pari livello e i loro titoli del tutto equivalenti: solo che non è così. Sarebbe bellissimo che fosse così: la realtà, però, torno a dirlo, è diversa dalle astrazioni dei mastri pensatori. Ridicolo, infine, mi pare un commento secondo cui questo emendamento finirebbe col penalizzare uno studente bravissimo ma meridionale: mi limito a notare che, evidentemente, per lo stesso ragionamento, oggi è inevitabilmente penalizzato il bravissimo studente settentrionale. Non si potrebbe tener conto di entrambe le cose, tanto per non penalizzare nessuno. E, magari, fare dei concorsi seri e uguali per tutti, tanto per non favorire questo o quello? Così, il bravissimo studente meridionale e il suo equivalente settentrionale potrebbero dimostrare all’universo mondo la loro bravura. E la scuola italiana si ritroverebbe degli insegnanti che, del nord o del sud, garantirebbero almeno il rispetto dell’ortografia.




Esuberi all’Auchan, a Bergamo solo esodi volontari

auchanAccordo nella notte per l’Auchan. Azienda, sindacati e ministero del Lavoro hanno infatti siglato l’intesa che sgombra il tavolo della discussione dal tema licenziamenti. Le parti chiudono la procedura di mobilità aperta per oltre 1.400 lavoratori, 29 a Bergamo, dirottando verso una soluzione su base volontaria per un massimo di 1.345 dipendenti. In pratica, dunque, nessun licenziamento imposto dall’azienda per i lavoratori del gruppo francese Auchan: l’intesa prevede criteri di non opposizione al licenziamento con un incentivo economico. Sui 1.345 esuberi segnalati, già 1.220 disponibilità all’esodo sono state manifestate in tutta Italia. L’accordo di ieri prevede altri 100 giorni di tempo per aderire. “Anche a Bergamo – dice Alberto Citerio, segretario generale di Fisascat Cisl provinciale – l’azienda ha trovato parecchie disponibilità in termini numerici”. L’accordo di Roma, secondo il sindacato orobico, trova una soluzione al problema degli esuberi, “ma già da ora si apra la trattativa, negozio per negozio, per gestire le ripercussioni delle fuoriuscite, e per affrontare una difficile situazione organizzativa che l’intesa non risolve”. Auchan non ha ritirato la disdetta unilaterale del contratto integrativo aziendale, firmato nell’ottobre 2007 che comporta, dal primo luglio, tagli ai salari, alle pause, alla copertura della malattia e degli infortuni sul lavoro, persino l’eliminazione della carta di sconto del 5% sull’ acquisto dei prodotti da parte dei dipendenti. L’azzeramento del Contratto Integrativo Aziendale costa ai lavoratori fino a 300 euro al mese.

“Non si riduca il lavoro nella grande distribuzione ad una mera attività dequalificata e di poco valore aggiunto – continua Citerio. Il salario riconosciuto grazie al CIA premia la produttività e la qualità del lavoro. Si fissino incontri territoriali da svolgersi entro 120 giorni, così come prescrive l’accordo, per trovare soluzioni organizzative utili. Finora abbiamo pensato a chi esce, ora pensiamo a chi rimane”. Nella provincia di Bergamo, Auchan gestisce 3 ipermercati, uno nel capoluogo, e altri a Curno e Antegnate, per un totale di oltre 500 dipendenti.




Palafrizzoni mette mano al linguaggio amministrativo per non discriminare le donne

Palazzo FrizzoniLa lingua, si sa, non è un semplice strumento di comunicazione né un banale specchio della realtà circostante. La lingua può creare realtà ed essere un potente motore di cambiamento. Dagli studi di linguistica, sappiamo che esiste uno stretto legame tra l’uso del linguaggio e la disparità sociale di potere. Sulla base di queste considerazione, un gruppo di Consiglieri comunali (Magni, Cassina, Nespoli, Camerlingo, Carretta, Milesi, Riccardi, Amaddeo, Marchesi, Rota, Ongaro, Deligios, Fracassi, Tognon, Russo, VergaIli, Serra, Paganoni e Eynard) ha presentato un ordine del giorno, firmato da Emilia Magni presidente del Consiglio delle Donne, sull “Uso del genere nel linguaggio amministrativo per intraprendere un percorso di revisione dei termini utilizzati in tutta la modulistica del comune in modo da mettere in evidenza entrambi i generi”. Il tema figura tra gli argomenti in lista nel prossimo Consiglio comunale in programma il 13 luglio.

Nell’Odg si evidenzia che “se da un lato le donne stanno acquisendo maggiore partecipazione nella vita civile, dall’altro vi è una “resistenza” nell’uso della lingua a riconoscere tali posizioni e chiamarle con il loro nome”. Insomma, a fronte di un’ascesa in ruoli, professioni e carriere delle donne non esiste un’adeguata trasformazione della lingua, che usa ancora il maschile attribuendogli una falsa neutralità. “La società – scrivono i consiglieri – è profondamente cambiata ma il linguaggio, che è fondamentale al fine di una valorizzazione delle differenze di genere, si evolve più lentamente; continuano a persistere rappresentazioni delle donne, anche nel linguaggio, che riproducono gli stereotipi legati ai ruoli tradizionali, contribuendo ad ostacolare e delimitare il ruolo della donna nell’ ordine familiare e sociale. Come afferma la linguista Cecilia Robustelli, professoressa associata di Linguistica italiana presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, che collabora con l’Accademia della Crusca per le questioni relative alla politica linguistica europea, “Oggi la parità dei diritti passa per il riconoscimento anche attraverso l’uso della lingua della differenza di genere”.

Pertanto, ricordato che “è necessaria una comunicazione pubblica aderente ai ruoli della donna e che superi gli stereotipi; che un forte richiamo alla necessità di usare un linguaggio non discriminatorio è contenuto anche nella Direttiva 23 maggio 2007 “Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche” emanata per attuare la Direttiva 2006/54/CE del Parlamento e del Consiglio europeo, i consiglieri firmatari dell’Odg sostengono che “cambiare il linguaggio negli atti pubblici è un messaggio importante e preciso che l’Amministrazione dà alla propria struttura e a tutta la società: il riconoscimento di uno status di piena dignità per le donne anche dal punto di vista linguistico, sottolineandone l’identità femminile anche attraverso un adeguato uso della lingua”.

Alla luce di tutto ciò, i consiglieri firmatari chiedono al sindaco e alla Giunta di intraprendere un percorso di revisione dei termini utilizzati in tutta la modulistica del Comune in modo da mettere in evidenza entrambi i generi. Se è necessario, di realizzare un corso di formazione per le funzionarie e i funzionari sull’uso del linguaggio di genere.




Contro la desertificazione dei centri urbani la Regione incentiva il franchising

franchising“Con questo provvedimento, che è appena entrato nel vivo, cerchiamo di introdurre un vero e proprio antidoto anti crisi nel tessuto economico locale, incentivando una forma di pianificazione territoriale del tutto inedita, in collaborazione con i Comuni e le società di franchising”. È quanto ha dichiarato Mauro Parolini, assessore regionale al Commercio, Turismo e Terziario di commentando il progetto “Fare impresa in franchising in Lombardia”. E’ appena partita la prima fase di attuazione del progetto, che prevede la raccolta delle manifestazioni di interesse dei franchisor potenzialmente orientati ad insediarsi nelle aree più a rischio di desertificazione commerciale individuate dal provvedimento. L’iniziativa, realizzata con il supporto tecnico del Salone del Franchising di Milano, di Unioncamere Lombardia e del Sistema Camerale e la collaborazione con le realtà maggiorante rappresentative del franchising (Assofranchising, Federfranchising, Confimprese)è nata con l’obiettivo di sostenere l’imprenditorialità, l’occupazione e la rigenerazione dell’offerta commerciale nei centri urbani attraverso lo sviluppo di attività di franchising.  “Fare impresa in franchising in Lombardia” mette a disposizione del settore 500mila euro per sviluppare progetti e forme di collaborazione con l’obiettivo di favorire l’apertura di nuovi punti vendita nei comuni lombardi dove sono presenti spazi commerciali sfitti e dove l’indebolimento dell’offerta commerciale ha segnato maggiormente le comunità di riferimento. “Abbiamo deciso di fare leva sulle grandi potenzialità di questo settore, che negli ultimi tre anni ha registrato, a livello nazionale, un incremento medio del 5%. In Lombardia – ha sottolineato Parolini – il mondo del franchising raccoglie più di 240 brand e circa 8500 punti vendita, numeri che fanno della la nostra regione la capitale italiana del settore”. “In questa prima fase esplorativa – ha concluso Parolini – chiamiamo a raccolta le società di franchising per valutare il loro interesse verso le aree che abbiamo individuato, per poi sviluppare proposte contrattuali a condizioni vantaggiose per i potenziali affiliati. Successivamente selezioneremo i Comuni in base ai territorio indicati dai franchisor e lanceremo, entro il prossimo ottobre, il bando per la selezione dei franchisee”. Le società avranno tempo fino al 24 luglio per inviare il modulo di candidatura, che è possibile scaricare dal sito internet www.commercio.regione.lombardia.it.