A cena ad Astino, per non tornarci più

Astino RistoranteEgregio direttore

S’è fatto un gran parlare di Astino, di questo gioiello recuperato, dell’offerta culturale ed enogastronomica. E così, nei giorni scorsi, per il mio compleanno, mi sono fatto tentare e ho scelto l’ex monastero per la cena di festeggiamento. Fatta la prenotazione telefonica al ristorante, arriviamo ad Astino verso le 20.15. In sala, un solo tavolo occupato dei circa 10-12 apparecchiati. Aspettiamo all’ingresso che qualcuno ci venga incontro e ci dica dove accomodarsi. Dopo 5 minuti, non vedendo nessuno (e non essendoci nessuno alla reception della sala) mi avvicino alla cucina; una ragazza, non in divisa, mi dice di rivolgermi ad un cameriere che sta prendendo le ordinazioni, il quale mi chiede di aspettare ‘un minutino’ che sarà subito da noi. Adocchio un tavolo, libero senza cioè cartellini col nome di chicchessia, per 4 persone sulla pedana. Appena si palesa il cameriere, gli chiedo se possiamo sederci là. Mi risponde che è già prenotato?!?! Ma anch’io ho prenotato…

Ci sediamo infine al tavolo assegnatoci. Noto, in controluce, che sul sottopiatto di mia figlia c’è qualcosa che somiglia a polvere; entrambi passiamo un polpastrello e abbiamo la conferma: è polvere. Ma passiamo oltre. Ordiniamo una bottiglia di bollicine. Arriva il cameriere, la mostra, la stappa, versa un po’ di vino nel mio bicchiere per l’assaggio; quando gli do l’ok, ripone bellamente la bottiglia nel secchiello e se ne va (non rabboccando il mio bicchiere e non versandolo agli altri). Nel frattempo, la sala si affolla: e vedo gente che aspetta 5-10 minuti all’ingresso prima di potersi accomodare ai tavoli che sono già apparecchiati…

Dopo una 20ina di minuti arrivano i due piatti di affettati ordinati (senza la prevista, dalla carta, marmellata di accompagnamento) e si fa loro spazio in mezzo al tavolo. Non arrivano, invece, i piatti da appoggiare sui sottopiatti; ne chiedo almeno due (per non rendere troppo complicata l’operazione). Alle 21.30 circa arrivano (finalmente) i due risotti e la carne di maiale. Risotti leggermente al dente, carne deliziosa. Dopo una breve pausa, chiediamo la lista dei dessert e ne ordiniamo due. Alcuni avventori alzano le braccia per farsi notare, altri chiedono alla cameriera appena arrivata che fine abbia fatto la loro ordinazione. Verso le 22.30 (cioè circa 2 ore dopo il nostro ingresso in sala) un cameriere si avvicina e dice che, a causa di non meglio precisati problemi, rischiamo di aspettare parecchio per vedere i dolci; e consiglia di andarli a consumare in un altro angolo del Complesso.

Sbigottito, a questo punto chiedo il conto. Dopo un po’ si palesa un altro cameriere che mi chiede conferma: ‘ha bisogno del conto?’. Che, quando arriva, noto che ammonta a 103,00 euro. Dico al cameriere che, dato il servizio, mi aspetto un adeguato sconto. “Se vuole seguirmi in cassa” la risposta. In cassa, di fronte ad una sconfortata cassiera (“Serata storta, abbiamo avuto un po’ di problemi”) elenco alcune delle note dolenti riscontrate e dico che mi aspetto un adeguato sconto. Dice che lo scontrino è stato battuto (anche coi due dolci richiesti ma non serviti), che lei non può fare niente, che lei è solo una semplice cassiera… Alla fine, dei 90,00€ che dovrei pagare mi propone di chiudere a 70,00 e poi ci accordiamo per 60,00.

Nel frattempo, davanti a me, il,cameriere del conto sta affrontando altri avventori evidentemente poco soddisfatti del servizio.

Per cercare di ‘addolcirmi’, la cassiera mi procura due fette di torta di mele (tiepida) per il mio piccolo. Che apprezza. E porta a sua scusante il fatto che c’è una nuova gestione da soli 2 giorni (domanda: ma un nuovo gestore non presidia adeguatamente il locale, almeno durante i primi giorni di attivià?). Ora mi chiedo: si parla di tanto turismo, si vuole rilanciare Astino, ma allora come possono accadere queste cose? per quanto mi riguarda non cenerò più ad Astino, ma spero vivamente che il livello si alzi, altrimenti ciao.

 

Lettera firmata

 

 

 




Il franchising resiste alla crisi. E l’Ascom apre uno sportello dedicato

cartello-franchisingIl franchising è una formula che non conosce crisi, oltre a godere di incentivi, come il recente bando rivolto a società di nuova costituzione. A dispetto del quadro economico negativo, la formula distributiva dell’affiliazione, inaugurata in Italia nel 1970, continua ad affermarsi soprattutto in Lombardia. La nostra regione conta ben 8.509 punti vendita in franchising  (+ 118 unità rispetto al 2012) e ha consolidato nel 2013 ulteriormente il primato nazionale grazie anche alla presenza di 244 reti (+ 11 reti rispetto al 2012). Ad attrarre imprenditori e aspiranti, la riduzione del rischio rispetto all’inaugurazione di un’insegna indipendente, unita alla chiarezza circa l’investimento iniziale e l’incasso minimo realizzabile, oltre all’esclusiva territoriale e ai servizi di assistenza e formazione. Dalla partnership tra Assofranchising e Confcommercio nasce anche a Bergamo in Ascom il nuovo servizio di consulenza gratuita dedicato agli imprenditori per l’apertura di un punto vendita in franchising, inaugurato assieme ad altri 41 sportelli sul territorio nazionale. Lo sportello Ascom  rappresenta un vero punto di contatto tra aziende affilianti dalla formula commerciale consolidata (franchisor) e una società o singolo imprenditore che vi aderisce (franchisee). «Lo sportello dedicato al franchising  garantisce una consulenza su misura delle esigenze di ogni imprenditore, dall’analisi del contratto con obblighi e diritti di affilianti e affiliati, alla valutazione di ogni aspetto burocratico- commenta Pietro Bresciani, referente del servizio -. Grazie all’accordo con Assofranchising, alla consulenza si affianca lo studio aggiornato su i diversi settori retail, con dati e trend, oltre alla possibilità di accedere a agevolazioni previste per l’affiliazione ai marchi soci Assofranchising.  Il tutto in tempi ridotti e con la garanzia di poter disporre di una valutazione accurata delle aziende franchisor. Il servizio si rivolge oltre che ai franchisee anche a quelle imprese che intendono fare il salto di qualità e replicare il loro modello di business diventando franchisor».
Per accedere al servizio è necessario prenotare un appuntamento telefonicamente o via mail: pietro.bresciani@ascombg.it 035.4120320.




Credaro perde ancora un negozio, chiuso il panificio

panificio 2

“Vendesi per cessata attività”. Qualche giorno fa, a sorpresa, i clienti del panificio “I sapori del Pane” di Credaro hanno visto comparire sulla vetrina del negozio questo cartello.

Poche settimane e i titolari hanno abbassato la serranda del negozio portandosi via tutto. Si conclude così, dopo circa due anni, l’ultima gestione di un’attività che ha visto alternarsi dietro al banco diversi commercianti. La chiusura non è isolata. In poco più di un anno sono state quattro le attività ad abbassare le serrande: tutte nel campo dell’alimentare.

Dopo il market “da Flo” sulla piazza della Chiesa: il bar “storico” sulla provinciale, ritrovo degli anziani del paese; la caffetteria “La Piazzetta” sulla piazza del Municipio, in sette anni alla sua quarta gestione; e ora il panificio.

A rendere meno pesante l’emorragia del commercio credarese in questi giorni sono ci sono due notizie positive: la nuova gestione della Tabaccheria sulla provinciale, rilevata dai titolari del locale Bar Corallo, e l’apertura del bar pasticceria all’interno della nuova Forneria Ferrari, che è la prima pasticceria a nascere in paese.

Una boccata di fiducia che non cambia granché la situazione. Sulla piazza del Municipio sono numerosi gli spazi commerciali sfitti. Delle attività aperte sei anni fa rimangono solo il ristorante e il salone di acconciature. Troppo poco per rendere viva la piazza come meriterebbe. Dice Fabrizio Alghisi, titolare del ristorante Almo: «Il problema è che Sarnico è troppo vicino e a Villongo a poche centinaia di metri c’è un supermercato Conad. La gente se vuole comprare un capo di abbigliamento o fare la spesa va lì, non si ferma in paese. Poi si sa, i momenti per il commercio non sono facili. Non credo neppure sia un problema di affitti troppo alti, risparmiare 4mila euro all’anno non ti permette comunque di sopravvivere se non lavori. Tocca rimboccarsi le maniche e impegnarsi». «A Credaro – afferma – credo possano lavorare solo bar e ristoranti o attività di nicchia che hanno una loro clientela, come era la boutique Vavassori».

In questi giorni sembra che ci sia l’interesse per uno dei locali sulla piazza. Voci parlano della possibilità che apra a breve un negozio di toelettatura per cani. Si vedrà.

 




Diventare assaggiatore di salumi, a settembre corso a Calcinate

Fare la tessera della palestra per riprendere quel tono muscolare compromesso delle troppe sieste estive? O ricominciare con le lezioni d’inglese viste le figuracce rimediate all’estero?

Se settembre è il mese dei buoni propositi in fatto di corsi e impegni da portare avanti con la ripresa del lavoro e l’approssimarsi della stagione fredda, ecco una proposta un po’ fuori dagli schemi, ideale per coloro che desiderano conoscere meglio il mondo dei salumi e acquisire competenze tecniche in fatto di degustazione.

Si tratta del corso per aspiranti assaggiatori di salumi organizzato dall’Onas (organizzazione nazionale assaggiatori di salumi) a Calcinate, che prenderà il via a fine settembre e che, al termine di cinque lezioni e dopo aver superato l’esame teorico-pratico finale, rilascerà attestato e patente di tecnico assaggiatore.

Ecco il calendario e gli argomenti

  • 28/9

Analisi sensoriale: fisiologia degli organi di senso, analisi qualitativa e quantitativa, schede, panel test.

  • 5/10

Il suino: dall’allevamento alla macellazione; il suino da agricoltura biologica; le razze autoctone.

  • 12/10

Materie prime nella produzione dei salumi: caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche.

  • 9/10

Le varie categorie di salumi: cotti, crudi, affumicati. I prodotti cotti.

  • 26/10

I prodotti Dop, Igp, Stg, Pat. I salumi crudi, tracciabilità ed etichettatura. Dalle ore 22 esame finale teorico – pratico

Le lezioni si tengono all’auditorium del Centro culturale Don Colombo di Calcinate a partire dalle 20.30. Al termine di ogni lezione teorica sono previste degustazioni guidate dei principali prodotti di salumeria

Il costo è di 130 euro, comprensive della quota d’iscrizione (€ 37) all’Onas per l’anno solare in corso. È necessario iscriversi entro il 15 settembre. Il corso sarà realizzato solo con l’iscrizione di circa 20 partecipanti

Per informazioni ed iscrizioni: dott. Gualtiero Borella (info@norcinibergamaschi.it, cell. 380 3346144); dott. Bianca Piovano (onas.cn@libero.it, cell. 328 8692895)




Il giovane inventore di formaggi

Il ragazzo è sveglio, sa il fatto suo. A 25 anni, lavora sodo, studia e ha l’aspirazione di fare l’inventore. Di formaggi però. Li conosce bene: fin da bambino ha respirato il profumo del latte e delle stalle, con la famiglia proprietaria a Zanica di un’azienda agricola, 240 vacche che aiuta a mungere ogni giorno (sono conferitori storici della Parmalat che vende il loro prodotto ai consumatori come “Latte fresco Alta Qualità”). Poi dalla stalla, Diego Campana passa alla sua mansione preferita, quella nel caseificio aziendale e come giovane casaro, oltre a produrre caci e formaggelle della tradizione bergamasca, comincia i suoi “esperimenti”. Ormai conosce bene la pratica, e pure la teoria, essendo assaggiatore Onaf. Non si fa scoraggiare dai fallimenti che pure esistono quando ci si avventura in sentieri inesplorati. Così nascono caci particolari, come il Formaiù, un semiduro particolarissimo dal retrogusto piccante e sapore intenso o lo Stracampà, erborinato a due paste, con note amarognole e muffate, che si sposa a meraviglia con i passiti. Il gradimento dei consumatori è crescente e il giovane casaro continua nel suo percorso di crescita.

Ci racconta com’è nato il tuo amore per i formaggi?

«La passione per la produzione dei formaggi è nata inizialmente per curiosità. Quando avevo 11 anni c’è stato il crack della Parmalat che ha messo in seria difficoltà la nostra azienda. I miei genitori hanno avuto l’idea di provare a vendere i formaggi, che già producevano per uso familiare. Così ho cominciato ad appassionarmi: mi affascinava vedere il latte trasformarsi in cagliata e poi in formaggio. La svolta me l’ha fornita la possibilità di frequentare la scuola casearia, dove la mia passione è cresciuta fino a trasformarsi in un’attività vera e propria».

La sua famiglia ha un’attività consolidata…

«La nostra è un’azienda a conduzione familiare che alleva vacche da latte ad alta qualità, che conferiamo da più di 40 anni alla Lactis di Albano Sant’Alessandro. Mio fratello Ivan è il responsabile dell’allevamento che gestisce con grande passione e professionalità. La coltivazione dei campi compete a mio papà. Sul fronte caseario, inizialmente producevamo solo formagelle e stracchini, poi la produzione è aumentata fino ad arrivare ad un assortimento che va dai freschi (primi sali, mozzarelle) agli stagionati oltre al gelato e agli yogurt. Il tutto venduto presso il nostro spaccio aziendale o nei mercatini dei produttori di Agenda 21».

Parliamo di lei: da quanto fa il casaro?

«Dal 2010, cioè da quando mi sono diplomato presso la Scuola Casearia di Pandino. Quando studiavo, nei fine settimana e durante le vacanze estive, tornavo a casa e aiutavo mio padre nel nostro minicaseificio aziendale. Sono anche Maestro Assaggiatore Onaf e faccio parte dell’Asssocasearia, un’associazione di ex studenti della Scuola Casearia di Pandino che organizza corsi di aggiornamento per casari ed il prestigioso Trofeo San Lucio: un concorso biennale di formaggi che premia e valorizza la figura del tecnico caseario».

Riesce a conciliare i tempi per famiglia e divertimento?

«È un lavoro impegnativo e assorbe parecchie ore al giorno, anche perché ci sono lavorazioni che vanno eseguite la sera. Nonostante il poco tempo libero, grazie alla convivenza con la mia compagna, trovo comunque del tempo da trascorrere con lei e con i miei amici».

Ol Formaiù del Campana
Ol Formaiù del Campana

Ci descriva il Formaiù…

«Il Formaiù è un formaggio creato da mio padre e che io ho ripreso. È un semiduro a latte intero con stagionatura minima di tre mesi: ha un sapore e un aroma intenso con un piacevole retrogusto piccante. È un formaggio che ci ha regalato grandi soddisfazioni vincendo nel 2010 e nel 2012 rispettivamente la medaglia di bronzo e quella d’argento al Trofeo San Lucio».

Lo Stracampà
Lo Stracampà

E lo Stracampà?

«Appartiene della famiglia degli stracchini: è un erborinato realizzato con l’antica tecnica delle due paste che ne caratterizza il suo aspetto visivo e la struttura della pasta. Lo abbiamo modificato e migliorato nel tempo al punto che nel 2008 ha vinto un “Premio Qualità” al Concorso Infiniti Blu di Gorgonzola».

Ci sono altri formaggi di cui va fiero?

«Un’altra mia creazione è il “Filù”, un pasta filata che valorizza la qualità del nostro latte, conferendogli un sapore dolce e un aroma di latte intero e di burro. È un cacio molto versatile, ottimo da tavola ma che è anche molto utilizzato come ingrediente in cucina».

Qual è il suo sogno professionale nel cassetto?

«Quello di migliorare e approfondire le mie conoscenze di casaro, accostandomi alla conoscenza di nuove tecnologie, ma soprattutto riuscire un giorno a trasformare totalmente la nostra produzione di latte in formaggio, senza aumentare ulteriormente la dimensione aziendale, puntando sempre di più alla qualità».

Quale formaggio sta pensando di inventare in futuro?

«Sarà un formaggio molto particolare di cui non voglio svelare i segreti. A breve sarà pronto e invito tutti a scoprirlo venendoci a trovare nel nostro spaccio di Zanica».

Info: www.formaggicampana.it

 

 




Addio all’imprenditrice Rita Melocchi

Rita  Melocchi
Rita Melocchi

Si è spenta venerdì 7 agosto, all’età di 56 anni, Rita Melocchi, l’imprenditrice bergamasca alla guida della Minifaber di Seriate, azienda specializzata nella lavorazione a freddo delle lamiere e nella progettazione e costruzione di stampi.

Con il fratello Raffaello ha sviluppato l’attività industriale nel segno dell’innovazione, facendola crescere fino a farla diventare una realtà affermata leader di settore, con circa 150 dipendenti. Di pari passo ha portato avanti l’impegno in ambito associativo. È stata la prima donna presidente della Piccola Industria di Confindustria Bergamo e componente del Consiglio camerale.

Il suo percorso è stato suggellato nel maggio scorso con la Rosa Camuna, il premio assegnato dalla Regione a coloro che si distinguono nel contribuire allo sviluppo economico, sociale, culturale e sportivo della Lombardia e che sono riconosciuti per l’impegno, l’operosità, la creatività. Questa la motivazione: «Ha trasformato una piccola impresa artigianale in un’industria modello, dove tecnologia e innovazione si affiancano a una gestione fondata su forti principi etici. Negli anni si è sempre più interessata al miglioramento della condizione lavorativa delle donne e alla conciliazione dei tempi famiglia-lavoro».

Vinta da una malattia che non le ha lasciato scampo, lascia il marito Marcello Salvi e i figli Sebastiano e Maria Carolina. Numerose le testimonianze di cordoglio che il mondo imprenditoriale bergamasco ha voluto tributarle. I funerali sono in programma lunedì 10 agosto alle 15 partendo dalla chiesa di San Lorenzo per la parrocchiale di Villa di Serio.




Discoteche vietate ai minorenni, i gestori sono d’accordo

Per il mondo del divertimento è in arrivo una stretta di controlli sulla sicurezza. La chiusura del Cocoricò di Riccione, dove alcuni giorni fa è morto un ragazzino minorenne a causa dell’assunzione di ecstasy, ha messo le discoteche al centro del mirino e ha fatto emergere la necessità di una disciplina più rigorosa.

Il Governo ha annunciato tolleranza zero sulle irregolarità e l’introduzione di nuove regole più restrittive, la prima è il divieto di ingresso per i minorenni, con sanzioni adeguate in caso di mancati controlli da parte dei gestori.

L’Associazione dei locali da ballo (Silb) è concorde ma chiede al Ministro dell’Interno una serie di iniziative e soluzioni che tutelino il settore.

In particolare, che i locali notturni vengano classificati in base a criteri come la musica proposta e l’età dei frequentatori, così da aumentare i controlli in quelli frequentati dai minorenni; che l’età per la somministrazione di superalcolici venga alzata a 18 anni; che vengano intensificati i controlli da parte delle forze dell’ordine e che al personale dei locali addetto alla sicurezza venga riconosciuto il diritto di perquisire e selezionare la clientela all’ingresso del locale.

Le discoteche chiedono inoltre  l’eliminazione del divieto di somministrare bevande alcoliche dopo le ore 3 nei locali che consentiranno l’ingresso ai soli maggiorenni e la creazione di una cabina di regia presso il Ministero per la supervisione e il controllo dei locali in relazione al consumo di alcool e droga.

«Prendiamo  le distanze da coloro che in qualche misura favoriscono un accesso incontrollato delle persone e possono favorire lo sballo – dice Oscar Fusini, direttore dell’Ascom di Bergamo -, ma non si può demonizzare tutto il sistema del divertimento, la maggior parte dei locali serali e da ballo sono gestiti con coscienza. Se il divertimento resta sano è un’industria importante. Se si colpisce tutti si consegna il divertimento all’abusivismo».

Sulla chiusura delle discoteche l’Ascom è scettica. «Non risolvono il problema a monte – dice Fusini -. Anche se si chiude un locale ce ne sarà sempre un altro dove andare».

«Il problema dello sballo non riguarda solo i locali notturni ma tutte le situazioni che vedono grandi aggregazioni di giovanissimi – segnala Paolo Visinoni, presidente del Gruppo Sale da ballo Ascom -. Il divieto di ingresso in discoteca per i minorenni è una misura positiva e condivisibile perché poi quando i ragazzini sono all’interno dei locali è molto difficile limitare le loro consumazioni. Certo per molti locali significherà una perdita di clienti. In contropartita ci auguriamo che venga definito un orario di chiusura nazionale (oggi ci sono differenze di orari da un comune all’altro ndr.) e che la possibilità di vendere alcolici sia innalzata per tutti alle 4 di mattina».




Mercati estivi, la mappa per fare affari in villeggiatura

Per l’estate i paesi delle Valli si animano con i mercati che danno l’occasione di socializzare, fare qualche buon affare e passare un po’ di tempo con la famiglia.

Castione, Gromo, Carona, Selvino, Piazzatorre, Rovetta, Rota Imagna, San Pellegrino per citare solo le principali località montane bergamasche che offrono anche quest’anno ai propri visitatori un’estate ricca di occasioni di shopping.

I tradizionali appuntamenti con le bancarelle di prodotti locali, frutta e verdura, caramelle, abbigliamento, casalinghi, fiori, articoli per la persona moltiplicano le loro proposte e offrono ai turisti, ma anche ai residenti, la possibilità di fare acquisti convenienti e, in molti casi, a chilometro zero.

mercato san pelleginoL’appuntamento di maggiore richiamo e più caratteristico è il mercato serale del lunedì a San Pellegrino che quest’estate giunge alla ventesima edizione: fino alla fine del mese di agosto dalle ore 18.30 alle ore 23 via Belotti ospita circa 40 bancarelle dalle proposte più varie, tutte rigorosamente non alimentari; un percorso dedicato allo shopping che dà la possibilità di fare una passeggiata suggestiva sul viale illuminato e di fare acquisti con una spesa contenuta.

Gli altri appuntamenti sono tutti in versione diurna. Ognuno ha alle spalle una lunga tradizione.

Il lunedì le bancarelle del mercato sono a Carona in via Locatelli. Il martedì sono a Branzi, Valbondione, Aviatico, Roncobello, Santa Brigida; il mercoledì tocca a Serina, alla frazione Ama di Aviatico, a Castione della Presolana (dove il mercato tradizionale triplica le sue proposte da 10 a 35 banchi) e a Gromo che aggiunge una ventina di banchi ai suoi 15 invernali.

Il giovedì il commercio ambulante è a Selvino, Foppolo, Roncola, Rota Imagna e Bratto, dove le bancarelle salgono da 7 a 50. Il venerdì è la volta di Oltre il Colle e Schilpario che ospita ben 60 banchi. Infine, il sabato tocca a Piazzatorre, Costa Imagna, Lizzola e Rovetta che aumenta di 20 banchi rispetto ai 30 tradizionali; e domenica a Fuipiano Valle Imagna e Costa Serina.

«Il mercato di San Pellegrino è nato circa vent’anni fa per vivacizzare il paese in un giorno spento. Oggi è frequentato anche gente da altri paesi: ci sono persone che salgono a San Pellegrino apposta anche da Bergamo e dalla Bassa Bergamasca – spiega Mauro Dolci, presidente di Fiva Ascom Bergamo -.  Gli altri sono mercati stagionali, cioè delle versioni ampliate dei piccoli mercatini che si svolgono durante il resto dell’anno. D’estate la popolazione delle località montane con l’arrivo dei turisti aumenta in misura importante e quindi si cerca di ampliare l’offerta merceologica, anche per aiutare le attività locali ad affrontare le richieste dei villeggianti. È uno sforzo importante da parte degli ambulanti, alcuni devono lasciare il mercato che hanno per poterci essere».  

Tra le proposte delle bancarelle, le più gettonate sono i generi alimentari, soprattutto quelli tipici. «I villeggianti che frequentano queste località sono per la maggior parte alloggiati in appartamenti, quindi si appoggiano volentieri al mercato per comprare i prodotti alimentari. Ma anche i residenti dimostrano di apprezzare le offerte del mercato», conclude Dolci.




In crescita i consumi di acqua e bevande. La birra è regina

Non solo effetti negativi. Per alcuni settori il caldo record di questa estate è stato un volano per gli affari.

È il caso del settore delle acque e delle bevande, il cui consumo nel torrido luglio appena chiuso è aumentato del 20% a Bergamo.

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Giampietro Rota

«Il caldo di questi mesi ha aumentato i consumi legati alle bevande ed ha incentivato la gente ad uscire e frequentare i locali più dello scorso anno. Le zone che godono maggiormente degli aumenti sono le valli, grazie soprattutto al flusso turistico maggiore generato proprio dal bel tempo» spiega Giampietro Rota, presidente del Gruppo Grossisti vino e bevande di Ascom Bergamo.

Il positivo risultato di luglio si aggiunge ad un semestre che registra un fatturato del +12% rispetto al primi sei mesi del 2014. «Sono dati buoni, dove spicca la vendita di bevande analcoliche e di birra» continua il presidente Rota.

Nella distribuzione delle bevande, si distingue l’exploit delle birre che occupano il 38% del totale del fatturato, con un + 5,3% rispetto al primo semestre dello scorso anno; seguite da vini (15,3% e con +5,6% rispetto 2014), liquori (14,8% con + 6,6,% rispetto 2014), bibite (13,5% con + 6,1% rispetto 2014), acqua (11,8% e con +9,4% rispetto 2014 ), e a seguire aperitivi (3,3% con +2% rispetto 2014) e succhi (3,1% con -2% rispetto 2014).

Per quanto riguarda il quantitativo distribuito, al primo posto capeggia l’acqua che occupa il 50,2% del mercato, a cui seguono birra (24,5%), bibite (13,2%), vini (7,2%), succhi (7,2%) e liquori (1,9%). Rispetto allo scorso anno la vendita di acqua è aumentata dal 3% al 16,6% a seconda delle diverse tipologie di formato, le bibite monodose del 21,5% e la birra in fusto del 10,9%. Tra i liquori campeggia il gin con un incremento del 18,65%. È calato invece del 20% il consumo dei succhi.

«Per quanto riguarda le tipologie, si sta verificano un forte trend di crescita delle birre artigianali (sia in produzione che in consumo) e un boom nella vendita del gin che viene sempre di più utilizzato nei bar. Il gin negli ultimi mesi ha sostituito in parte la vodka e rappresenta l’ultima tendenza in fatto di liquori che costituiscono la base per aperitivi e cocktail».

Per vino, acque e bevande una gran fetta del mercato è costituita dalla distribuzione nei canali tradizionali, come pubblici esercizi e attività commerciali (49,9%) a cui seguono la ristorazione (31,6%) e i locali serali, come discoteche (19%).

I grossisti di vino e distributori di bevande sono oggi in bergamasca 144. È un mercato che tiene ma in trasformazione, in quanto i distributori tradizionali sono scomparsi e la vendita di acqua e bevande per uso domestico è stata acquisita dalla grande distribuzione, mentre nascono nuovi distributori specializzati per la vendita di birre artigianali e vino di qualità e destinati al mercato della ristorazione. «È un mercato in crescita perché non solo fa parte del settore alimentare che, nonostante tutto continua a tenere, ma anche perché è capace di generare determinate emozioni, soprattutto i prodotti del comparto enobirrofilo, capaci di determinare nuove tendenze – precisa Rota -. I protagonisti della filiera distributiva sono sempre più attenti alle richieste dei consumatori e puntano a ricercare produttori in grado di garantire, oltre la qualità e il giusto prezzo, la piacevolezza del gusto. Questa attenzione premia».

 




I novant’anni di Mimmo e quel locale comprato in un quarto d’ora

Mimmo Amaddeo e la moglie Lina

 

Si possono riassumere 60 anni di ricordi e di cucina a Bergamo? Se c’è qualcuno che può farlo è Mimmo Amaddeo, fondatore dell’omonimo ristorante in Città Alta e ristoratore da una vita, che ha festeggiato il traguardo dei novant’anni in questi giorni ed è una vera e propria istituzione sulla Corsarola.

Passato e presente si rincorrono nelle sue parole, ne esce un ritratto dolceamaro di una Bergamo lontana, soffocata dalla povertà, e l’orgoglio per un gioiello che infine è uscito dal cassetto.

«Ho varcato la porta di Bartolomeo Colleoni il 1 agosto del 1956. Non avevo ancora trent’anni. Era un pomeriggio afoso, sono entrato in quello che in tutti questi anni è stato il mio ristorante e in un quarto d’ora ho stretto l’affare». «In quegli anni – ricorda – eravamo appena usciti dalla guerra, a Bergamo c’era una grande miseria e molti emigravano all’estero. I locali erano fatiscenti, i bagni erano comuni e quando si entrava sembrava di essere in camere a gas. L’ufficiale giudiziario di allora, un certo Crispino, era il terrore di tutti, fu lui a far fare a tutti i gabinetti».

Mimmo è sempre stato uno che guardava avanti, un innovatore. Con la moglie Lina, entrambi calabresi, ha fatto apprezzare i sapori della cucina popolare italiana, in particolare la pizza, piatto quasi misterioso per i palati orobici (Mimmo è stata la seconda pizzeria aperta a Bergamo dopo Pio ed è la più vecchia tra quelle ancora attive, nonché negozio storico riconosciuto dalla Regione Lombardia).

«Bergamo era un tesoro nascosto, la cenerentola delle città italiane – dice –. Poi gli emigranti sono tornati con i soldi che avevano risparmiato lavorando all’estero, sono arrivati altri ristoranti, gli alberghi, e la gente è cominciata a venire in Città Alta». «Ora – ci racconta con orgoglio – Bergamo è terra di tutto il mondo, non solo dei bergamaschi, ogni giorno ci sono sempre più visitatori».

Tra i suoi ricordi più cari ce ne sono due: «i pomeriggi in cui i bambini venivano al ristorante per vedere al nostro “baraccone di televisore” la tv dei ragazzi, perché in quegli anni erano in pochi ad averla a casa», e il giorno in cui Adriano Celentano si è affacciato alla porta. «Ricordo ancora quel fatto, venne da me e mi chiese un tost».

Da qualche anno Mimmo ha lasciato la guida del ristorante a due dei suoi sette figli, Roberto e Massimo, ma se andate, lo trovate lì ad attendervi all’ingresso, con la moglie e con il suo “buongiorno” e“buonasera”. Come negli ultimi sessant’anni.