Ubi, tempesta sul titolo. Ma c’è chi ne approfitta

ubi31.jpgE’ bastato che trapelasse l’indiscrezione non confermata che Deutsche Bank, la prima banca tedesca seppure ultimamente un po’ acciaccata, non fosse in grado di rimborsare le cedole di un bond subordinato in scadenza 2017 perché il titolo finisse nella bufera con un calo a due cifre, nonostante tutti i proclami da parte dell’istituto e del governo sulla solidità del gruppo. Solo quando è stata fatta uscire, presumibilmente ad arte, l’indiscrezione di riparazione che il gruppo starebbe considerando un’operazione di riacquisto del proprio debito, l’isteria del mercato è rientrata. La banca continua ad essere sotto stretta osservazione, ma il fatto che abbia anche soltanto la possibilità di un’idea di buy back ha dato l’apparenza di una situazione di liquidità sotto controllo. I problemi rimangono, tanto è vero che giovedì i credit-default-swap, le coperture che assicurano dal rischio di insolvenza sono balzate a 265 punti base, così che la prima banca tedesca è sentita più rischiosa della prima banca italiana (Unicredit) che è ferma a 245, ma almeno i mercati si sono leggermente rilassanti. Al di là di tutti gli indici e i parametri, in fondo, quello che vogliono i clienti, e quindi gli investitori, da una banca è tranquillità e fiducia ben riposta. Quando questa viene minata, a torto o a ragione, il risultato sono le pazze oscillazioni di questo inizio 2016.

All’origine dei dubbi sulla solidità degli istituti italiani c’è infatti paradossalmente il salvataggio delle quattro banche commissariate, realizzato grazie alle risorse dello stesso sistema creditizio nazionale. Un’operazione che invece di essere vista come espressione di solidità degli istituti italiani, ha acceso un faro sulla possibilità che anche gli istituti di credito possano fallire e sull’esistenza dell’accordo europeo sul bail-in, con una differente rischiosità per chi ha rapporti con le banche. In fondo nulla di particolarmente diverso (se non per i possessori di quei 58 miliardi di obbligazioni subordinate in circolazione a fine anno) da quanto accadeva prima in Italia, ma sufficiente per mettere agitazione, come se all’improvviso ogni banca dovesse fallire. A volte basta una piccola ingenuità, un venticello, per incrinare la credibilità. E provocare un crollo del titolo, come è accaduto giovedì per Ubi, un clamoroso meno 12% finale dopo perdite in corso di seduta ancora più alte, nel giorno della pubblicazione di risultati forse non eccelsi in termini assoluti, ma comunque più che dignitosi nel contesto attuale, tanto da permettere un lieve incremento del dividendo. Lo scivolone è avvenuto, a parere di molti, su una questione in fondo marginale come il diritto di recesso. In ottobre, in occasione della trasformazione da popolare cooperativa in Spa, Ubi ha previsto la possibilità per i soci dissenzienti di uscire dalla società rivendendole le azioni, come il codice civile prevede in caso di trasformazioni. Nell’occasione è stato fissato un limite ai rimborsi, che incidono negativamente sul patrimonio, ad una quota che in ogni caso non facesse scendere il coefficiente Cet1 a regime sotto un livello calcolato su una media parametrata europea. A ottobre questo si traduceva in circa 350 milioni di disponibilità per l’operazione. A chiedere il recesso sono stati soprattutto fondi di investimento che avevano deciso di uscire al prezzo fissato di 7,288 euro per azione, valore che all’epoca era prossimo a quello di Borsa, con circa 35,5 milioni di azioni (poco meno del 4% del capitale) per un importo totale di circa 257 milioni, quindi ampiamente all’interno della previsione di spesa.

E’ successo però che in pochi mesi il cambiamento dello scenario e i contributi al fondo di risoluzione e in generale all’operazione di salvataggio dei quattro istituti commissariati, hanno eroso gli indici patrimoniali ed hanno ridotto a circa 13 milioni di euro (a fronte di richieste rimaste a circa 257 milioni) la possibilità di riacquistare le azioni da parte di Ubi senza scendere sotto il limite patrimoniale prefissato. Così solo il 5% delle domande di recesso potrà essere accolta. E chi pensava di poter vendere a 7,288 euro ora si trova titoli che valgono meno di 3 euro. Tutto logico, corretto e condivisibile, ma nonostante tutte le spiegazioni, il messaggio rovesciato che è passato è che Ubi non può pagare quanto annunciato. Il che formalmente non è nemmeno falso, anche se le ragioni sono diverse da una crisi di liquidità – il peggior rischio per una banca – come un’affermazione del genere potrebbe invece fare immaginare. L’ad Victor Massiah ha parlato di una “reazione assolutamente inorridita” da parte dei fondi. Fatto sta che si sono scatenate le vendite, con scambi per oltre 30 milioni di azioni, oltre il 3% del capitale, quasi quanto i titoli che hanno chiesto il recesso (che però sono congelati nell’operazione) e più dell’intero pacchetto dichiarato dal Patto dei Mille. Grandi vendite, quindi, ma quando ci sono scambi vuol dire anche che ci sono grandi acquisti. E si può immaginare anche che ci siano costruzioni di posizioni importanti a prezzi scontati che poi si vedranno in assemblea. Se ci fosse una mano forte che ha rastrellato quanto è stato precipitosamente venduto si sarebbe creato in una giornata il terzo maggiore azionista della banca. I giochi insomma non sono ancora fatti, mentre per il titolo è da aspettarsi ancora un’ ampia volatilità.

 




Milano, alla prima del “Salon” persino gli abiti sono di cioccolato

Tre giorni di degustazioni, eventi, esposizioni ed un unico grande protagonista: il cioccolato. Arriva a Milano, dal 13 al 15 febbraio a The Mall, lo spazio polifunzionale nel nuovo Business District di Porta Nuova Varesine, il Salon Du Chocolat, evento nato a Parigi nel 1994 e oggi presente in 30 città su quattro continenti per una media di 20 manifestazioni all’anno.

Gli organizzatori Roberto Silva Coronel e Pietro Cerretani raccontano così le motivazioni che li hanno convinti ad “importare” in Italia il format espositivo parigino: «In Italia, negli anni passati, abbiamo sempre avuto un certo timore reverenziale nei confronti dei cugini francesi in tema food in generale, e cioccolato nello specifico. Salvo poi accorgerci che i nostri maîtres chocolatier non erano secondi a nessuno, anzi vincevano premi in Francia, così come i produttori italiani – dal Piemonte alla Sicilia – sono di assoluta eccellenza. Nel nostro Paese il cioccolato vale 3 miliardi di dollari, le nostre esportazioni continuano a crescere e ad oggi hanno raggiunto un valore complessivo di 665 milioni di euro (siamo i primi sul mercato cinese). L’altra motivazione, forse la più importante, è che il pubblico italiano è attento e colto, sa riconoscere la qualità e richiede food experience all’altezza. Per questo faremo di tutto per stupire i visitatori».

abito cioccolato 2

Cinque sono i temi che connotano il salone milanese. Il primo è il connubio tra cioccolato e fashion: l’evento “Chocolate Fashion Show celebrerà il talento creativo di giovani stilisti del Naba Fashion Lab di Milano. Gli studenti in collaborazione con i dieci maitres chocolatier di Ampi – Accademia Maestri Pasticceri Italiani (nello specifico: Davide Comaschi vincitore del World Chocolate Masters di Parigi 2013, Giancarlo Cortinovis, Alessandro Dalmasso, Denis Dianin, Francesco Elmi, Fabrizio Galla, Gianluca Mannori, Pasquale Marigliano, Roberto Rinaldini, Alessandro Servida) progetteranno dieci abiti realizzati con il cioccolato che animeranno la serata di gala del 12 febbraio sempre al The Mall. La sfilata verrà replicata sabato e domenica mentre gli abiti verranno esposti durante i tre giorni di apertura al pubblico.

Il secondo filone è la sensorialità della chocolate experience, sintetizzato nell’hashtag #ChocoSense. Gli ospiti potranno vivere degustazioni sensoriali legate al cioccolato e ai suoi migliori abbinamenti grazie alla collaborazione della Compagnia del Cioccolato presieduta da Gilberto Mora, dell’Istituto Internazionale Chocolier guidato da Luigi Odello.

Con #Chocoshow si vuole invece raccontare il tema legato alle esibizioni e masterclass dei grandi maîtres chocolatier italiani, internazionali. Un ruolo decisivo l’avranno sia i maestri dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani, capitanati da Iginio Massari e da Gino Fabbri sia altri noti pastry chef italiani e internazionali che si esibiranno in sorprendenti showcooking a base di cioccolato.

Il quarto cluster è #Chocofamily, giochi e attività per bambini e famiglie per conoscere, giocare, sperimentare e degustare. I professionisti di Kikolle Lab gestiranno i laboratori a tema e intrattenimento, in un’ambientazione che richiamerà il celeberrimo mondo di Willy Wonka, liberamente ispirata al romanzo di Roald Dahl. Nei giorni di San Valentino, non potranno mancare anche iniziative ad hoc per gli innamorati.

Infine #Chocoshopping è la grande area dedicata allo shopping del cioccolato. Chi visiterà il Salon du Chocolat Milano potrà portare a casa il meglio della produzione nazionale e internazionali delle grandi pasticcerie del mondo.

Il Salon du Chocolat Milano sarà un evento per il pubblico e per gli operatori del settore. La giornata di lunedì 15 febbraio sarà anche dedicata agli operatori: buyer, pasticceri, esperti e professionisti potranno incontrare le aziende espositrici, seguire workshop tematici e formativi.

 




La risposta del Comune: «Infrange il regolamento ed espone a rischi»

Palazzo FrizzoniUn referendum sul parcheggio sotto l’ex Parco Faunistico? Non si può fare, per ragioni di regolamento e di opportunità.

È la risposta del Comune di Bergamo alla richiesta di una consultazione popolare portata avanti dall’Associazione per Città alta e i Colli di Bergamo, Legambiente e Italia Nostra.

«Nel merito – precisa una nota dell’Amministrazione -, è di fondamentale importanza rimarcare che la materia su cui verterebbe il quesito referendario (di tipo consultivo: i suoi risultati non avrebbero alcun effetto vincolante nei confronti dell’attività amministrativa) non può essere, secondo l’art. 65 dello statuto del Comune di Bergamo, oggetto di consultazione popolare. L’articolo infatti chiaramente stabilisce che “non è ammesso referendum (…) sul piano regolatore generale e gli strumenti attuativi”: una scelta non casuale, non atta a negare lo strumento partecipativo su questioni urbanistiche, ma semplicemente perché le varianti urbanistiche (prima e dopo la loro adozione) e la redazione dello stesso Piano di Governo di Territorio prevedono al loro interno strumenti di coinvolgimento delle associazioni e dei cittadini».

«Non solo: il regolamento di partecipazione all’art. 9.1 e 9.2  – continua il Comune – stabilisce che un referendum può essere indetto solo “prima dell’adozione di provvedimenti” al fine di “offrire all’organo comunale, che intende assumere una determinazione su di una specifica materia” un contributo sulla questione. Per questo motivo, pertanto, risulta ovvio che il referendum avrebbe dovuto essere indetto o richiesto dalle associazioni prima dell’avvio dell’iter che ha portato alla stipula dell’atto formale dell’apposita convenzione per la realizzazione del parcheggio dell’ex Parco Faunistico».

Si rimarca inoltre che un’eventuale richiesta di referendum (sia da parte dei cittadini che da parte dell’Amministrazione comunale) necessita di essere vagliata dalla Commissione per i referendum – costituita dal Segretario Generale, dal Vice Segretario Generale del Comune e dall’Avvocato capo – chiamata a decidere sull’ammissibilità del quesito proposto.

Qualora l’Amministrazione optasse per infrangere il regolamento e lo statuto vigenti, qualora inoltre la Commissione per il referendum dichiarasse la consultazione comunque ammissibile, diversi sarebbero i rischi e le criticità a cui potrebbe esporsi: un’eventuale rescissione unilaterale della convenzione e del contratto che regolano da anni la situazione dell’ex Parco Faunistico esporrebbe il Comune a un procedimento nei suoi confronti per presunto danno erariale, considerando non solo il ritardo con cui si configurerebbe questo tipo di scelta, ma anche le penali che il Comune sarebbe chiamato a corrispondere.




I vertici dell’Ascom sul territorio. Incontro con la delegazione di Albino

da sinistra Paolo Malvestiti, Simona Ghirardi, Antonietta Agazzi, Stefania Gritti e Giorgio Lazzari

 

Proseguono gli incontri in provincia da parte dei vertici dell’Ascom. Dopo Zogno, il presidente Paolo Malvestiti, il direttore Oscar Fusini e Giorgio Lazzari, responsabile delle relazioni esterne, hanno fatto visita alla delegazione di Albino, nell’ambito del programma volto a rafforzare l’integrazione e il raccordo tra gli uffici periferici dell’Associazione e la sede centrale.

È stata l’occasione per confrontarsi con la responsabile della delegazione Stefania Gritti e le collaboratrici, fare il punto sulle strategie interne ma soprattutto raccogliere problematiche, istanze e proposte del mondo delle imprese commerciali, del turismo e dei servizi del territorio.

La delegazione di Albino dell’Ascom si trova in viale aldo Moro, 2/19. È la sede di riferimento per le attività della media Val Seriana, della Val Gandino e dell’Altopiano di Selvino-Aviatico.




Parcheggio all’ex Faunistico, «decidano i cittadini con un referendum»

ReferendumUn referendum per stabilire se il parcheggio sotto l’ex Parco Faunistico, in Città alta, sia da fare oppure no. Lo propone l’Associazione per la Città alta e i Colli di Bergamo insieme a Italia Nostra e Legambiente all’Amministrazione comunale come strumento per favorire la trasparenza e la partecipazione attorno ad un problema definito «tutt’ora pesantissimo per le sue ricadute, qualunque sia la soluzione adottata, aggravato dalle note vicende giudiziarie e dal trascinamento da un’Amministrazione all’altra fino alla attuale, senza essere risolto».

L’associazioni hanno già esposto, in una memoria inviata il 19 gennaio 2016, le proprie motivazioni contrarie all’opera in ordine ai problemi ambientali, di mobilità, urbanistici e sociali che si pongono. Ed ora ritengono «un dovere civico avanzare la proposta emersa dal nostro dibattito per uscire dall’alternativa fra una paralizzante contrapposizione di argomenti, a favore o contro, e una presa di decisione centralistica, che ammette poche discussioni».

La richiesta è di un referendum rivolto a tutta la cittadinanza, non solo ai residenti nel centro storico, così che possa essere informata «sulle alternative fondamentali di questa decisione e possa pronunciarsi». «Crediamo opportuno – dicono – che il referendum, per una materia così delicata, sia consultivo e promosso dalla stessa Amministrazione Comunale, ai sensi degli articoli 9.1 e 9.2 del Regolamento della Partecipazione del Comune di Bergamo. L’Amministrazione Comunale, allo scopo di ottenere “un contributo derivante dalla conoscenza diretta ed immediata del parere dei cittadini” (art. 9.1) si potrà avvalere del referendum precisando il quesito (anche con la collaborazione delle tre Associazioni firmatarie della memoria citata), ricavandone l’orientamento fondamentale su cui costruire i progetti e l’azione successiva».




Via Tre armi, partono i lavori. Strada chiusa fino a maggio

via Tre ArmiDal 15 febbraio prenderanno il via i lavori di rifacimento del muro di cinta in via Tre Armi, la strada che costeggia le Mura veneziane a partire dal viadotto di San Giacomo fino all’intersezione con via Borgo Canale. I lavori comporteranno l’interruzione della viabilità nella via fino al 7 maggio prossimo: a residenti e autorizzati sarà comunque possibile accedere da valle attraverso via S. Alessandro sino all’altezza del civico 9/B, sarà possibile raggiungere il civico 11 provenendo da Largo di Porta S.Alessandro. Si procede quindi alla sistemazione del muro di cinta crollato alcuni mesi fa in seguito a uno smottamento: il progetto di rifacimento è stato approvato nell’estate del 2015. I lavori, assegnati con un ribasso poco superiore al 20% sulla base d’asta, saranno eseguiti dalla ditta Baronchelli Costruzioni Generali Srl di Milano.

Non si tratta dell’unico intervento previsto e assegnato nello stesso appalto: altri interventi su muri di cinta di importanti “vie del verde” della città di Bergamo seguiranno quello di via Tre Armi, come quelli di consolidamento e messa in sicurezza di tratti di cinta muraria e sistemazione della pavimentazione stradale in via San Vigilio e in via Vetta. Tutti e tre gli interventi hanno un valore complessivo di circa 400mila euro e si concluderanno intorno alla fine di giugno 2016.  Tutti i nuovi parapetti saranno realizzati con “Pietra di Credaro”. “Abbiamo attivato diversi cantieri in questi giorni – spiega l’Assessore ai Lavori Pubblici Marco Brembilla – tra Celadina (dove siamo al lavoro sullo spazio Hobbit e si sta demolendo l’ex macello), via Borgo Palazzo (con la messa in sicurezza dell’attraversamento che unisce i due tratti di tram&bike), la scuola Munari a Redona e il completamento del Centro Diurno Integrato del Villaggio degli Sposi. I lavori, che vengono avviati su alcuni dei percorsi più belli della nostra città, rientrano nel piano strutturale di valorizzazione delle cosiddette “vie del verde”, con un investimento annuo, come previsto dal Piano delle Opere Pubbliche, di mezzo milione di euro su scalette e percorsi sui nostri colli. Ritengo l’intervento su via Tre Armi il più importante tra i tre che andremo a completare entro l’estate 2016: si tratta dell’unica via cittadina che costeggia le Mura veneziane, la strada dalla quale è possibile ammirare al meglio la maestosità della cinta muraria di Bergamo Alta. Credo che ciò sia un passaggio significativo nell’ambito delle iniziative di valorizzazione del patrimonio murario nell’ottica della candidatura UNESCO.”




Turismo, sbloccati i contributi della Provincia agli Iat

Provincia-BergamoSono stati sbloccati i contributi previsti dalla Provincia agli Iat del territorio alla viglia dell’ Expo. Si tratta di circa 116.300 euro, indirizzati a 11 strutture di accoglienza turistica della provincia e finalizzati a favorirne l’innovazione e l’ammodernamento:interventi di innovazione tecnologica, attivazione di Infopoint in siti strategici, potenziamento della segnaletica turistica e ammodernamento e messa a norma degli uffici. Il bando risale al dicembre 2014. Dopo la travagliata stesura del bilancio 2015, i pagamenti sono ora in fase di completamento.
«Finalmente siamo riusciti a sbloccare queste risorse, importanti per aiutare il territorio a conquistare la visibilità che merita – spiega il presidente Matteo Rossi -. Nel momento in cui abbiamo pensato a come distribuire questi fondi, ci è sembrato giusto puntare su Expo, che si è rivelata così un’occasione per rinnovare e potenziare gli uffici Iat soprattutto dal punto di vista tecnologico. Questi contributi si aggiungono a quelli che abbiamo messo in campo in queste settimane per i progetti di sviluppo territoriale. La Provincia fa la sua parte per sostenere le idee e le energie locali. Ora, se la Regione manterrà fede alla promessa di pagare i soldi arretrati che deve ad Abf anticipati dalla Provincia, saremo in grado di finanziare Turismo Bergamo per la parte di nostra competenza. Sarà quello il momento per fare il punto sulla governance della promozione turistica. Auspichiamo che in Turismo Bergamo possano entrare a far parte tutti i sistemi turistici locali che tanto hanno fatto in questi anni. Sarà l’occasione per fare il passo decisivo verso un promozione turistica integrata, dalla pianura alle valli, dando alle diverse zone omogenee la massima centralità».
Ecco in sintesi i contributi assegnati e gli interventi effettuati dai singoli uffici Iat: Iat Bergamo: 26.200 euro per potenziamento della rete informatica e copertura Wifi di percorsi turistici; Iat Sotto il Monte – Isola: 11.500 euro per acquisto attrezzature, manutenzione del sito web e potenziamento dell’infopoint di Crespi d’Adda; Iat Treviglio: 7.000 euro per acquisto attrezzature per il potenziamento della postazione mobile per eventi promozionali; Iat Martinengo: 11.000 euro per l’apertura di una nuova sede e acquisto di attrezzature multimediali che consentono la messa in rete di tutti i Comuni del comprensorio; Iat altopiano Selvino e Aviatico: 9.000 euro per il potenziamento dei servizi informatici; Iat degli Almenno (Valle Imagna): 10.000 euro per realizzazione segnaletica stradale e e aggiornamento delle strutture informatiche, con creazione di una postazione di navigazione gratuita per i turisti; Iat Alto Sebino: 11.700 euro per riqualificazione della sede attraverso l’acquisto di arredi e di nuove attrezzature informatiche; Iat Basso Sebino: 11.300 euro per l’apertura di una nuova sede con postazione internet point e possibilità di accogliere studenti per stage scolastici; Iat Valcavallina: 11.000 euro per aggiornamento informatico dell’ufficio; Iat Val Seriana e di Scalve: 6.500 euro per il potenziamento delle attrezzature informatiche e la messa in rete dell’ufficio di Ponte Nossa con gli infopoint di Valbondione, Parre e Valgandino; Iat Valle Brembana: 1.105,62 euro per acquisto attrezzature per  lo Iat di Sedrina e l’infopoint di Piazza Brembana.




Ludopatia, il 9 marzo a Milano la conferenza nazionale delle Regioni

“Il 9 marzo si terrà a Milano la prima Conferenza nazionale delle Regioni e degli enti locali sul contrasto al gioco d’azzardo. In quella occasione, firmeremo un documento per chiedere al Governo di affrontare seriamente e concretamente una delle più gravi piaghe sociali dei nostri giorni, affiancando le Regioni che contrastano e curano la ludopatia”. E’ quanto ha dichiarato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, annunciando l’appuntamento che vedrà riunirsi a Milano sindaci, presidenti di Regione e operatori del no profit per confrontare le esperienze e le norme messe in campo contro la diffusione indiscriminata del gioco d’azzardo. “In questi giorni – prosegue Maroni – ho scritto a tutti i presidenti di Regione per condividere un documento e ricevere da tutti idee e proposte. Il 9 marzo, poi, a Milano sottoscriveremo il Manifesto delle Regioni per sostenere l’autonomia regionale in tema di lotta alle ludopatie”. “La Legge approvata da Regione Lombardia nel 2013 – ha sottolineato Viviana Beccalossi, assessore al Territorio, Urbanistica e Difesa del suolo oltre che team leader della Giunta per le iniziative contro il gioco d’azzardo patologico – è diventata un punto di riferimento a livello nazionale. Chiediamo che la nostra esperienza non venga cancellata e anzi sia rilanciata in tutta Italia”.




“Vogliamo un mondo migliore”. Dalla Val Serina regali agli italiani

regaloAl giovane Daniele Cavagna e alla sua famiglia – che in Val Serina hanno dato vita ad una virtuosa integrazione tra prodotti e servizi per conquistarsi spazi e clienti nel difficile contesto della montagna – non mancano certo le idee e la voglia di realizzarle. Basta gettare lo sguardo sul Mondo Paganì per scoprire la rete delle attività familiari, che comprendono un’azienda agricola dedicata alla produzione di latte di asina, un bed and breakfast, entrambi a Oltre il Colle, il negozio di alimentari specializzato in prodotti tipici “Paganì Antichi Sapori”, a Serina, e pure le proposte della guida alpina Mattia Cavagna. Offerte che finiscono anche in pacchetti soggiorno, i cosiddetti “Pagabox”, oppure sfilano nel negozio on line. Ora Daniele Cavagna ha sfornato una nuova iniziativa. Si chiama “Un dono per un mondo migliore”. A partire da questo mese, Mondo Paganì invierà in Italia doni, gastronomici e non, a persone selezionate casualmente. L’intento è semplice: cercare di rendere il mondo un posto migliore e invitare sempre più persone a fare altrettanto. L’iniziativa è stata lanciata con la convinzione che siano i piccoli gesti a migliorare in modo importante la vita di tutti noi. Così Mondo Paganì ha deciso di agire proprio in questo senso. Spedirà in Italia, a fortunate persone selezionate a caso, alcuni dei suoi prodotti e allegherà una lettera in cui verrà spiegato il senso dell’iniziativa. E, soprattutto, inviterà i fortunati estratti a non interrompere la catena, quindi a donare qualcosa a una persona selezionata a caso per rendere la sua giornata migliore.

“Crediamo che un dono disinteressato – annota Daniele Cavagna – sia un’azione in grado di rendere più piacevole la giornata di una persona. Vedere il mondo in modo positivo è contagioso, aiuta a vivere meglio e a migliorare ciò che ci circonda, le nostre relazioni, le nostre reazioni ai problemi, insomma tutta la nostra vita. Se per tutto questo è sufficiente un piccolo dono, allora sarebbe un peccato non farlo” osserva Daniele Cavagna, ideatore dell’iniziativa. #UnDonoPerUnMondoMigliore è l’hashtag che è stato scelto per dare risalto all’iniziativa sui social. Tutti i dettagli dell’iniziativa sono reperibili all’indirizzo: http://www.mondopaga.com/un-dono-per-un-m…runmondomigliore.




Milano, largo ai manager. E la politica muore

Giuseppe Sala, candidato sindaco per il centrosinistra
Giuseppe Sala, candidato sindaco per il centrosinistra

Politica l’è morta. A Milano, Italia. Beppe Sala, Stefano Parisi e Corrado Passera: tre manager candidati sindaco. Uno per il centrosinistra, uno per il centrodestra e l’altro per il centro e basta. Ma, che abbia un po’ di sale o che sia insaporita con le spezie, la minestra sembra più o meno la stessa. Vince la cosiddetta società civile, seppur in una declinazione tecnocratica, esce pesantemente sconfitta la politica. Le ragioni e i modi in cui si è arrivati alla scelta degli aspiranti successori di Giuliano Pisapia possono essere diversi, ma resta il dato di fondo sconsolante che accomuna gli schieramenti: i partiti non sono stati in grado, o non hanno saputo (per incapacità o viltà conta poco), individuare al loro interno una figura in grado di partecipare alla corsa alla poltrona più importante di Palazzo Marino. E se Milano, come dice qualcuno, anticipa quel che poi si vedrà su ampia scala in futuro, beh, non c’è di chi esserne troppo contenti.

Certo, gli anticasta e i populisti in servizio permanente effettivo saranno lieti. Via i politici, finalmente, mettiamo alla guida delle nostre città chi ha saputo farsi valere nel settore privato (seppur Sala e Parisi vantino una non trascurabile esperienza anche nel pubblico, come ex city manager del Comune di Milano, ma non solo). Se non fosse che l’amministrazione della cosa pubblica è tutt’altro rispetto alla logica dei bilanci aziendali. Occuparsi di strade, di servizi sociali, di infanzia, di istruzione è ben diverso che studiare business plan o varare investimenti pluriennali. Così come rispondere agli azionisti o ad un consiglio di amministrazione è altra cosa rispetto a dover rendere conto, anche quotidianamente per strada, ai cittadini o al consiglio comunale.
Anche se a taluno parrà un’iperbole, il mestieraccio del sindaco, specie di una grande città, è terribilmente più complicato di quello di un amministratore delegato. Non è questione di dimensioni economiche né di rischi da assumere. C’è un tema di sensibilità, di valori, di interessi da contemperare nell’ambito di una società che esprime necessità ed esigenze non sempre conciliabili. E che, proprio per questo, richiedono un’attenzione e un equilibrio che il pur bravo manager non sempre possiede.

Sarà interessante capire, nell’ormai prossima campagna elettorale, come Sala e Parisi sapranno proporre un profilo programmatico in linea con la sensibilità dei rispettivi elettorati di riferimento. Impresa non facile se, dicono i pubblicitari, “sono due candidati di fatto intercambiabili e omologhi a livello di immagine. Nello specifico caratterizzati da una similare `awareness´, ovvero la percezione del pubblico sul piano  quantitativo e valoriale”.
In attesa di conoscere il verdetto degli elettori, chi ne esce peggio è il Partito democratico. Beppe Sala, voluto cinicamente da Renzi, ha vinto ma, come hanno sottolineato in molti, non ha affatto convinto. Il sostegno di tanti poteri forti e dei giornaloni gli è valso meno della metà (42 per cento) dei voti delle primarie. Non proprio un successone. Per altro verso, la sinistra dem, vittima dell’antico vizio della divisione intestina, pur forte di una maggioranza potenziale di quasi il 60 per cento, è riuscita a non trovare la quadra tra la vicesindaco uscente Francesca Balzani e l’assessore Pierfrancesco Majorino. Bastava poco perché da Milano, in caso di sconfitta di Sala, partisse un violento ceffone a Renzi e al suo spericolato progetto politico neocentrista. Ma ancora una volta, paradossalmente ma non troppo, è stata la sinistra del suo partito a offrirgli il successo su un vassoio d’oro zecchino.

Per il centrodestra il discorso è in parte diverso. Parisi è un sottoprodotto della tradizione dei Gabriele Albertini e delle Letizia Moratti (imprenditori, non manager, e non è una sottigliezza). E tuttavia, continuare a pescare nel laghetto della società civile rischia di diventare la certificazione della difficoltà a far crescere una propria classe dirigente. Quasi che i consiglieri comunali, quelli regionali, i parlamentari, i sindaci di area moderata non siano all’altezza. Pare impossibile. Forse è mancanza di coraggio. Una sola domanda: era così fuori luogo per Matteo Salvini tentare la sfida milanese per trovare sul campo una vera e propria consacrazione?
Infine, di Corrado Passera non occorre aggiungere molto perché la sua impresa è a dir poco temeraria. Coraggiosa, ma al limite del patetico. Resta il Movimento 5 Stelle. Ma di fronte alla grande occasione di sfruttare la partita fotocopia di centrosinistra e centrodestra i grillini finora non stati capaci che di scegliere una candidata, Patrizia Bedori, che non convince nemmeno i fondatori. Forse è proprio vero, politica l’è morta.