Betti (Ascom): «I voucher nel terziario? Sono un analgesico, non la cura»

Enrico Betti
Enrico Betti

Il 2015 ha registrato un boom di voucher lavoro. Secondo i dati Inps analizzati in un dossier della Uil, un voucher su due è utilizzato nel commercio, turismo e servizi. Bergamo non è nella top 10 nazionale per l’utilizzo dei buoni lavoro ma non è nemmeno tra fanalini di coda delle province che ne impiegano pochi: si attesta al 14esimo posto della classifica, con 2.224.376 voucher venduti. «I voucher hanno trovato terreno fertile in un’area di attività che non ha una risposta adeguata da parte della contrattazione nazionale o territoriale e Bergamo, purtroppo, non si discosta dall’analisi nazionale», spiega Enrico Betti, responsabile area Politiche del lavoro di Ascom Confcommercio Bergamo.

Quali attività utilizzano di più i voucher e che età hanno i “voucheristi”?

«Non sono nelle condizioni di supportare la mia risposta con numeri analitici e certificati, ma ritengo di non sbagliarmi nel dire che i voucher sono utilizzati in ogni mansione in modo trasversale e che i giovani sono un importante bacino da cui le imprese “pescano” per le attività svolte con questo strumento».

Quali sono le opportunità offerte dai voucher per il commercio, il turismo e i servizi? Crede che rispondano adeguatamente alle esigenze di flessibilità del comparto, soprattutto per i lavori stagionali?

«Sono certamente una risposta a un’esigenza che, a livello sindacale, abbiamo cercato di esaudire. Purtroppo non abbiamo trovato terreno di discussione con le organizzazioni che rappresentano i lavoratori. Il risultato è quello che vediamo: il legislatore si sostituisce, peraltro senza avere le adeguate competenze e conoscenze, al nostro mestiere».

Quali sono le criticità che intravede?

«Trovo i voucher un analgesico, non certo la cura per un settore e un imprenditore che ha necessità di regole chiare e non vuole incorrere in rischi di contenzioso. I voucher, inoltre, possono alterare l’equilibrio tra la necessità di flessibilità per le imprese e le tutele essenziali e minime per chi lavora. La risposta migliore sarebbe agire sui contratti di lavoro già in essere, come il part time, e renderli più fruibili in termini di elasticità e monte ore complessivo».

I voucher, con il tempo e per la dimensione che hanno acquisito, possono alimentare indirettamente il mercato irregolare?

«Se utilizzati con dolo e senza controlli sì».

Il presidente Insp Tito Boeri ha definito i voucher come possibile nuova frontiera del precariato…

«Ha ragione. 7mila euro di massimale significano almeno 700 ore di lavoro, più di 4 mesi a tempo pieno, se lo riportiamo a un part time a 24 ore settimanale sono più di 7 mesi di lavoro senza ferie e permessi».

Quali misure crede siano necessarie per meglio regolamentare questo strumento?

«Bisogna ricondurli alla loro origine che è bene ricordare. Il lavoro accessorio è stato introdotto nel nostro ordinamento dagli artt. 70 e ss., D.Lgs. n. 276/2003. Nella versione originale, l’uso dei voucher era previsto solo per attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, o in procinto di uscirne, nell’ambito di precise attività, ovvero: piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa la assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap; insegnamento privato supplementare; piccoli lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici e monumenti; manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli; collaborazioni con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi o di solidarietà. È facile vedere la deviazione che il sistema voucher ha avuto nelle successive riforme del lavoro».

 




Conosci il tuo motore? All’ARTILaB quattro lezioni per adolescenti

Giovedì 10 marzo, dalle 20 alle 21.30, all’ARTILaB in via Borgo Palazzo 93, la vetrina dei mestieri artigiani realizzata dal Gruppo Giovani Imprenditori di Confartigianato Bergamo, si terrà la prima lezione del corso “Meccanicando: conosci il tuo motore” rivolto agli adolescenti che si stanno approcciando al ciclomotore o alla motocicletta.  Il corso, tenuto dal titolare di Emporium Motorcycles Garage Daniele Cremonesi (di Ciserano), intende presentare, in 4 lezioni,  i cenni storici del motore a scoppio per motociclette e i principi del suo funzionamento, fornendo qualche consiglio per una corretta manutenzione. Le successive lezioni si terranno nelle serate del 17-24-31 marzo, sempre all’ArtiLab, alla medesimo orario. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti previa iscrizione. Le adesioni si raccoglieranno fino ad un massimo di 8 partecipanti. Info: segreteria Gruppo Giovani – Carmelo Davì (tel. 035.274.340; e-mail: giovani.imprenditori@artigianibg.com).




Se volete fare i mediatori culturali l’Università ha pensato a voi

Il mediatore culturale e interprete in ambito giudiziario è un professionista in grado aiutare le persone straniere ma anche italiane coinvolte in contesti processuali a meglio interfacciarsi con il sistema giudiziario, la comunità di riferimento ed il contesto sociale e civico del nostro Paese. Per formare questa figura professionale sempre più richiesta, l’Università di Bergamo inaugura il Corso di perfezionamento per mediatore culturale ed interprete in ambito giudiziario: un percorso di specializzazione inserito nell’offerta formativa della SdM School of Management dell’Ateneo, promosso dall’Università e dalla sezione di Bergamo della Camera Penale della Lombardia Orientale. “Il corso si propone di formare una figura specializzata, al momento inesistente, fornendo gli strumenti giuridici e culturali utili alla professionalità del mediatore culturale ed interprete in ambito giudiziario – ha spiegato Letizia Caso, direttrice del corso, esperto di psicologia giuridica -. E’ un progetto interdisciplinare che vuole rispondere sia alle esigenze della giustizia, di un corretto svolgimento del processo attraverso una puntuale traduzione del linguaggio tecnico, sia ad esigenze culturali e sociali di promozione della responsabilità attraverso il lavoro della mediazione. La mediazione culturale, rappresenta, infatti, una delle possibili strade per progettare e migliorare l’integrazione, in linea con i mutamenti sociali e le difficoltà ad interagire con mondi distanti. La mediazione culturale, pur non nascendo necessariamente dal conflitto, può contenerlo come soluzione rischiosa di relazioni intergruppo, per cui il mediatore deve essere in grado di aiutare le persone di culture diverse a confrontarsi, diventando agente di cambiamento attraverso una facilitazione della comunicazione, con la finalità di restituire a ciascuna delle parti la responsabilità della cultura di appartenenza in interazione con le altre”. Questo nuovo percorso di formazione si inserisce nell’offerta di “un Ateneo che è attento i mutamenti della società contemporanea e del mondo del lavoro quindi struttura nuovi percorsi di studio che rispondano alle esigenze di un contesto sempre più multiculturale, attraverso corsi fortemente professionalizzanti” ha aggiunto il Rettore Remo Morzenti Pellegrini.




8 marzo, oggi le donne entrano gratuitamente nei musei cittadini

MimoseOggi, giornata internazionale della donna, i Musei civici cittadini aprono gratuitamente le proprie porte alle donne: per tutta la giornata ingressi rosa gratuiti al Civico Museo Archeologico e al Museo di Scienze Naturali Caffi di piazza Cittadella, alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di via San Tomaso, al Museo Donizettiano, Museo del 500, Museo Storico sezione ‘800 presso la Rocca e il Campanone. «Abbiamo ritenuto meritevole l’iniziativa del ministro Franceschini – commenta l’Assessore alla Cultura del Comune di Bergamo Nadia Ghisalberti – che regala una giornata nei musei, nelle aree archeologiche e nei monumenti statali a tutte le donne in occasione della Giornata internazionale a loro dedicata. È segno di grande sensibilità, che ci consente di tenere alta l’attenzione sull’universo femminile, non solo per gli aspetti drammatici della violenza di cui le donne sono troppo spesso vittime, ma anche per il valore che assume l’essere donna, madre, professionista nella società contemporanea». Non si tratta dell’unica iniziativa messa in campo dall’Assessorato alla Cultura per celebrare l’8 marzo: stasera, alle 18, nel salone Riccardi del Teatro Donizetti è in programma il concerto “Fanny e Clara, due donne in ombra”, un itinerario musicale alla scoperta del talento rispettivamente della sorella del compositore Felix Mendelsohn e della moglie di Robert Schuman. La Giornata Internazionale della Donna, ricorrenza importante per ricordare le conquiste sociali e politiche delle donne e la loro tenacia nella battaglie per raggiungerle, diventa occasione per rendere onore a queste due straordinarie musiciste, vissute in un’epoca, quella romantica, nella quale il talento creativo femminile non veniva ancora riconosciuto e valorizzato.




Esselunga, i dipendenti approvano l’accordo sul lavoro domenicale

ESSELUNGA-1Con il 60,3% di voti favorevoli, le lavoratrici e i lavoratori dei 155 negozi di Esselunga, chiamati ad esprimersi, nelle giornate di venerdì 26 e sabato 27 febbraio, hanno approvato l’ipotesi di accordo sperimentale per la regolamentazione del lavoro domenicale, firmato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs.

Hanno votato più di 15.000 addetti: un dato altissimo che conferma come il tema, nell’epoca delle liberalizzazioni degli orari commerciali, sia tra i più delicati e sentiti per chi opera nella Gdo. A Bergamo, nei quattro punti vendita di città e provincia, ha votato il 70% degli aventi diritto, in 309 si sono espressi per il “sì” all’accordo (76.9%), 88 sono stati i contrari.

L’intesa, dal carattere fortemente innovativo, prevede una programmazione trimestrale del lavoro domenicale che valorizzi la disponibilità volontaria dei lavoratori. Entrerà in vigore il 2 maggio 2016 e avrà la durata di un anno. Le parti si sono impegnate a monitorarne costantemente gli effetti. Nei negozi si effettueran­no confronti preventivi per definire gli organici necessari a garantire il presidio domenicale; la volontarietà rimarrà il criterio prioritario.

Ai lavoratori assunti con obbligo della prestazione verranno garantite domeniche libere dal lavoro che la contrattazione decentrata potrà ampliare nella numerica di partenza prevista dall’accordo nazionale. Sempre la contrattazione di punto vendita potrà agire sul numero massimo delle domeniche potenzialmente lavorabili e introdurre compensazioni quali un sabato e domenica liberi ogni 10 domeniche lavorate.

«Riteniamo questo accordo uno strumento utile a migliorare le relazioni sindacali con una delle più importanti imprese italiane della Grande Distribuzione – sottolinea Alberto Citerio, segretario generale Fisascat Cisl Bergamo – e auspichiamo che Esselunga dimostri nella fase di gestione disponibilità ad accogliere con spirito costruttivo le proposte che verranno avanzate a livello territoriale. Speriamo – continua Citerio – che questa occasione sia un buon viatico per il settore della Gdo, ancora in attesa del rinnovo del Ccnl. Ringraziamo tutte le lavoratrici e i lavoratori che hanno partecipato attivamente alle tante assemblee informative e massicciamente al referendum, contribuendo alla riuscita di questo importante momento di partecipazione e democrazia».

 

 




Sea-Sacbo, Rocca: “La fusione avvenga in tempi rapidi”

“Noi abbiamo auspicato che questo avvenga rapidamente perché solo da un coordinamento stretto di almeno questi tre aeroporti”, Malpensa, Linate e Orio al Serio “si può realizzare qui in Lombardia un vantaggio”. Così il presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca, si è espresso a margine della giornata inaugurale della Mobility Conference in merito alla fusione tra Sea e Sacbo, la società di gestione degli aeroporti milanesi e quella di gestione dell’aeroporto di Orio al Serio. “Bisogna fare una politica coordinata per migliorare l’indice di accessibilità intercontinentale di Milano”.




Lavoro, è boom di voucher. A Bergamo ne sono stati utilizzati oltre due milioni

voucher_lavoro_1217È boom di buoni lavoro. Dal commercio al turismo, all’edilizia, alle attività agricole, i voucher da 10 euro lordi all’ora nati per pagare ore di lavoro accessorio chiudono il 2015 con numeri record. Nell’anno sono stati venduti 115 milioni di voucher, con una crescita del 66%o rispetto al 2014. I lavoratori pagati con almeno un voucher sono stati quasi 1,7 milioni (almeno 1 su 10 tra gli occupati dipendenti; 8 su 100 se si considera l’intera platea dei 22 milioni di occupati e ben 7 su 10 se si rapportano i voucheristi ai 2,2 milioni di lavoratori temporanei e stagionali subordinati).

Dal 2008 al 2015 sono stati venduti quasi 278 milioni di voucher per un importo complessivo di circa 2,8 miliardi di euro. La stima è della Uil ed è contenuta nel rapporto realizzato dal Servizio politiche del lavoro del sindacato. La Lombardia è la regione che più ha utilizzato i voucher, con 21 milioni seguita da Veneto (15,2 milioni) e Emilia Romagna (14,3 milioni).

A livello provinciale, secondo i dati Inps, svetta Milano con 7,3 milioni di buoni-lavoro venduti, seguita da Torino con 4,5 milioni di voucher, Roma con 3,8 milioni, Verona (circa 3,3 milioni di voucher), Brescia (3,2 milioni) e Bolzano (3,2 milioni). Bergamo si posiziona al quattordicesimo posto con 2.224.376 voucher venduti.

Il terziario è il settore che più ha utilizzato questo strumento di pagamento: commercio, turismo e servizi detengono quasi il 50% dei voucher emessi. Mentre i settori che dovevano essere protagonisti quasi assoluti, giardinaggio, lavoro domestico, attività sportive, coprono meno del 15% dei buoni venduti e la stessa agricoltura solo l’1,3%. La crescita costante negli anni dei voucher è legata alle modifiche normative che hanno dilatato, anno dopo anno, il loro campo di utilizzo. L’ampliamento della platea degli utilizzatori e l’innalzamento, con il jobs act, da 5mila a 7mila euro netti del tetto massimo di retribuzione annua tramite buoni ha fatto dilagare l’uso dello strumento avviato in via sperimentale nel 2008 per le vendemmie.

Nel 2012 la riforma Fornero ha tolto ogni limite di settore per l’utilizzo, consentendolo anche negli enti pubblici. Ciò ha portato il presidente dell’Inps Tito Boeri ha definire i voucher una possibile nuova frontiera del precariato. Entro qualche settimana il governo dovrebbe definire un intervento per stringere i bulloni e eliminare i comportamenti illegali e scorretti. «Stiamo facendo una valutazione – ha detto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti – la chiuderemo rapidamente. Non vogliamo buttare il bambino con l’acqua sporca. Ci sono elementi positivi ma anche comportamenti illegali o scorretti. Sono questi ultimi che vogliamo eliminare».




È l’anno dei legumi, ecco come gustarli al meglio

Ceci, piselli, lenticchie, fagioli, fave, soia ma anche varietà oggi quasi scomparse, come lupini, cicerchie e rovigli. Il 2016 sarà l’anno internazionale dei legumi. Lo ha stabilito la Fao che lancerà nei prossimi mesi una serie di iniziative per far conoscere il loro valore a tavola e rilanciarne il consumo. Nei paesi industrializzati i legumi rappresentano, infatti, solo il 25% della dieta, anche se la produzione mondiale è cresciuta del 20%.

Vediamo allora di scoprire un po’ di più su questi alimenti definiti buoni per la salute e per l’ambiente. Innanzitutto, va detto che il principale produttore al mondo è l’India, seguita da Canada, Myanmar, Cina e Nigeria. Ma anche l’Italia ha una produzione importante. Le varietà sono tante. Ogni regione, ogni territorio, ogni piccolo paese ha le sue. Anche a Bergamo c’è chi li coltiva con passione, come Ernesto Marchesi a Seriate e Giovanni Liborio a Palosco. Quanto alle proprietà, i legumi hanno offrono un alto apporto energetico grazie alla loro componente glucidica, ma sono poveri di grassi e ricchi di proteine vegetali. Sono ricchi di fibra alimentare, vitamina B1 e vitamina B3, calcio e ferro, potassio e selenio, micronutrienti importanti per il corretto funzionamento degli enzimi responsabili di molte reazioni metaboliche dell’organismo, nonché antiossidanti per prevenire l’invecchiamento cellulare. Sono degli ottimi alleati nelle diete ipolipidiche ed ipocaloriche, perché sono poveri di grassi e hanno un elevato potere saziante, dovuto all’alto contenuto di fibre.

La curiosità

Ad Albizzate, in provincia di Varese, dopo anni di sperimentazione, è nata la prima pasta al mondo fatta con legumi. Si chiama Legù, è naturale al 100%, ha pochissimi carboidrati (una porzione di 60 grammi contiene solo 26 grammi di carboidrati, contro i 40 della pasta tradizionale), è senza additivi, ricca di fibre e sali minerali e senza glutine. Inoltre è trafilata al bronzo ed essiccata a bassa temperatura in modo artigianale e si cuoce in soli tre minuti. L’hanno inventata Andrea e Monica, due 30enni. Nel dicembre 2015 hanno lanciato con l’azienda ITineri il nuovo alimento che si colloca nel solco delle nuove tendenze alimentari salutiste e che getta la sfida a uno dei pilastri della cucina italiana. «Siamo partiti dalla considerazione che il cibo può e deve essere migliorato – afferma Monica Neri, ideatrice con il marito Andrea Zavattari della pasta di legumi –. Abbiamo iniziato a sperimentare varie ricette, prima con la farina di semi di quinoa, poi con quella di amaranto. Infine grazie alle farine di legumi abbiamo ottenuto degli ottimi risultati e, anche supportati dalle evidenze scientifiche, abbiamo deciso di andare in questa direzione».

La cuoca /Simonetta Barcella di Bolgare

«Siamo fatti per mangiare legumi»

Simonetta Barcella - cuoca naturale - BolgareSimonetta Barcella, cuoca diplomata alla scuola di cucina La Sana Gola di Milano, ha già raccolto l’invito della Fao. Nel suo negozio Natural Bio, a Bolgare, ha promosso una serata per spiegare i benefici dei legumi e come si possono cucinare, mentre a Brescia ha partecipato a un incontro su questo tema insieme all’oncologo Franco Berrino, uno dei massimi esperti del legame fra alimentazione e salute. «Noi siamo fatti per mangiare legumi. La nostra alimentazione dovrebbe basarsi su alimenti vegetali, cereali, legumi e verdure di stagione», afferma.

Oggi però sono relegati ai margini dell’alimentazione. Perché?

«Un tempo i legumi erano una parte importante nella dieta delle famiglie perché costavano poco e davano un apporto proteico importante. Erano considerati la carne dei poveri. Basta pensare ai piatti popolari come la pasta e fagioli o le lenticchie in umido. Oggi si pensa che solo la carne possa apportare le proteine di cui abbiamo bisogno. È un errore: i legumi abbinati a un cereale integrale ci danno l’apporto di proteine corretto e tutti gli amminoacidi essenziali, in più si evitano i grassi saturi. Senza contare che hanno anche un costo decisamente più basso. Rientrano nella tradizione regionale in cucina, si tratta di riscoprirli. I legumi devono tornare nella tavola tutti i giorni».

Molte persone però faticano a sopportarli…

«Il 70% delle persone che vengono nel mio negozio mi dicono che non riescono a mangiare legumi perché hanno gonfiori e malesseri. Questo accade perché l’intestino è “sporco”, l’alimentazione occidentale moderna ha fatto sì che il nostro intestino funzioni male. Il primo consiglio è cercare di tornare a una alimentazione più naturale, il secondo di cominciare con piccole quantità. Al contrario di quanto si crede, non abbiamo bisogno di avere un apporto proteico importante. Se non siamo un bambino, un adolescente o uno sportivo, possiamo accontentarci di un cucchiaio di fagioli a pasto».

Quanti tipi di legumi esistono?

«La varietà è quasi infinita. L’Italia è un grande produttore. Solo come lenticchie, abbiamo 200 varietà. Poi ci sono il cecio nero, il cecio fiorentino, fagioli di tutti i tipi. Il gusto cambia, quindi possono accontentare tutti i palati».

In cucina come si possono impiegare?

«Sono alimenti molto versatili. Entrano nelle zuppe, come paté su un crostino di pane integrale diventano un antipasto. Stufati e accompagnati con la polenta sono un ottimo secondo. I colori, poi, sono spettacolari, vanno dal chiaro allo scuro. Bisogna inoltre conoscere le giuste tecniche di cottura. Ad esempio, l’ammollo è indispensabile, soprattutto per i legumi grandi. Occorre gettare l’acqua di ammollo e poi cuocerli a lungo con alloro, timo e rosmarino, per evitare gonfiori, e alga Kombu che permette di cuocere meglio e completa l’apporto nutrizionale del piatto».

La nuova attenzione per il cibo salutare e l’aumento di persone che hanno scelto una dieta vegetariana o vegana non hanno aumentato il consumo dei legumi?

«Per chi fa una scelta vegetariana o vegana, i legumi non possono mancare e soprattutto non può mancare la varietà. Non ci si improvvisa. Questa nuova sensibilità, che sia motivata da considerazioni etiche o di salute, obbliga a conoscere il cibo che si mangia; ad essere consapevoli  di quello che si ha nel piatto».




L’Ascom: “La scelta del Comune porterà a un centro senza più negozi”

La decisione del Comune di Bergamo di far pagare i parcheggi in centro anche nei giorni festivi, nell’ambito di una più ampia revisione della sosta su strada, non incontra i favori dell’Ascom. Il direttore dell’Associazione, Oscar Fusini, ribadisce che il tema della mobilità cittadina “sta molto ai nostri commercianti” e attacca: “Temiamo che la scelta di Palazzo Frizzoni porti ad un centro senza più negozi. Bergamo diventerà, certamente, una città meno caotica, di grande pregio architettonico, ma di nessun richiamo commerciale e con una qualità della vita tutta da verificare per sicurezza, vivibilità e anche pregio, perché senza appeal commerciale gli investimenti in ristrutturazione degli immobili saranno fatalmente ridotti”. “Sul fatto che gli autobus saranno pieni siamo dubbiosi – aggiunge Fusini -, mentre è certo che l’operazione complessiva renderà qualche milione di euro in più all’Atb, almeno all’inizio. Il vantaggio economico si avrà nel breve termine, finché la città continuerà ad essere ancora appetibile. Nel lungo termine città bassa perderà l’appeal che ora molti gli attribuiscono, e di conseguenza gli afflussi si ridurranno così come gli stessi profitti dei parcheggi”.

Fusini
Il direttore dell’Ascom, Oscar Fusini

“Senza voler essere catastrofisti e senza essere contrari a priori alle proposte di maggiore pedonalizzazione del centro – puntualizza Fusini – , dobbiamo ribadire il concetto che su temi così delicati è necessario agire con criterio, rispettare e salvaguardare tutti gli interessi in gioco, anche quelli dei commercianti, e soprattutto avere obiettivi dichiarati e una strategia lineare. Dubito che a strappi e a tentoni si possa fare qualcosa di buono”. Fusini si dice preoccupato in merito al pagamento domenicale del parcheggio. “Razionalizzerà il traffico, ridurrà i disagi e farà cassetto (se gli stalli blu non saranno già pieni delle macchine dei residenti) nelle domeniche di pienone del centro, ma contribuirà a svuotarlo nelle domeniche in cui la gente viene solo per fare colazione, pranzare o una passeggiata, ma dovendo pagare il parcheggio sceglierà altre mete. Il clima e le manifestazioni saranno quindi ancor più determinanti nel decidere le sorti dell’afflusso domenicale”.

“Le nostre preoccupazioni – continua il direttore dell’Ascom – si concentrano anche sull’altro aspetto anticipato dai giornali, e allo studio in Comune, ossia alla possibilità di concedere ai residenti, previo pagamento, di parcheggiare oltre che negli stalli a loro dedicati – quelli gialli – anche a quelli blu e destinati alla rotazione e, generalmente, ai clienti dei negozi. I numeri dicono già tutto: se i permessi per i residenti sono oltre 5.000 – tanti quanti gli attuali spazi gialli e blu – allora il rischio è che in settimana, ma più spesso il sabato e la domenica, saranno sempre occupati. Il centro diventerà terra di parcheggio a raso dei soli residenti. Per la funzione commerciale non resteranno che i parcheggi in struttura e nei sotterranei. Ma attenzione, ci sono acquisti incompatibili con il parcheggio lontano e sotterraneo ossia tutti gli acquisti di alimentari e, in ogni caso, pesanti o ingombranti (carne, frutta, alimentari ecc.). Prepariamoci al definitivo addio di quei negozi alimentari che ancora sopravvivono in centro città”.

“La scommessa e i rischi esistono anche per tutti gli altri negozi. A pagare – conclude Fusini – saranno soprattutto le attività poste lontano dai principali parcheggi in struttura. Il centro perderà accessi di persone che arrivano in centro per fare acquisti, ossia di coloro che, dovendo comprare una camicia o un paio di scarpe, ancora oggi preferiscono il centro alle struttura commerciali extraurbane, mentre il maggior afflusso di visitatori con gli autobus pieni o vuoti è tutto da verificare.  Speriamo bene”.

 

 

 

 

 




Ubi Banca, Bergamo incassa più di quel che pesa

ubi_b4.jpgCome facevano già capire i numeri, si va verso una Ubi a maggioranza bresciana, a giudicare dalla carta d’identità di chi comporrà i futuri vertici, per quanto questo possa contare. Anche se quello che dovrebbe interessare ai vari portatori d’interesse, dai correntisti agli azionisti, bergamaschi e non, dovrebbe essere qualcos’altro. Chi ritiene che la banca abbia avuto un buon andamento negli ultimi anni e soprattutto che si siano messe le basi per un solido futuro dovrebbe essere interessato alla continuità. E da questo punto di vista non si profilano rivoluzioni né rivolgimenti, anche se salgono dai commentatori da bar le lamentele sull’ “ennesima banca persa” (dopo la Banca di Bergamo, la Provinciale Lombarda e il Credito Bergamasco), come se un istituto potesse funzionare solo se ha un riferimento provinciale, dimenticando che piuttosto è lo sguardo sempre e troppo ripiegato sui propri passi, sulla propria storia, sulla propria tradizione, sul “si è sempre fatto così” – e, diciamolo, sui propri riferimenti ai soliti centri di potere – che impoverisce e soffoca ogni possibilità di crescita e a volte anche di sopravvivenza.

Tornando a Bergamo e alla sua rappresentanza, in un Consiglio di sorveglianza che lo statuto restringe da 23 a 15 persone gli esponenti bergamaschi danno un contributo particolare al ridimensionamento, ma allo stesso tempo viene paradossalmente riconosciuta loro una presenza superiore al peso effettivo espresso dai suoi azionisti. Il listone per la nomina del Consiglio di sorveglianza di Ubi Banca Spa in occasione dell’assemblea del 2 aprile raggruppa infatti poco più del 17% del capitale sociale. La parte del leone la fa il sindacato Azionisti Ubi Banca Spa, una sostanziale riedizione del patto che controllava la bresciana Banca Lombarda e Piemontese prima della fusione, che controlla circa il 12% del capitale sociale e rappresenta il 70% delle azioni del listone. La parte bergamasca, con il Patto dei Mille, ha voluto contarsi e non è riuscita, nonostante innesti varesini, a unire in un sindacato nemmeno il 3% del capitale. C’è poi un 2,2% che fa capo alla Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, tradizionalmente alleata del fronte bresciano, ma che ha preferito non partecipare alla costituzione del nuovo patto.

Con questi rapporti di forza appare un premio molto generoso la concessione al patto bergamasco, che rappresenta circa il 17% del listone, addirittura di un terzo dei candidati (tra i quali il presidente Andrea Moltrasio), mentre alla Fondazione di Cuneo, che esprime una quota di capitale non molto più bassa del Patto dei mille, viene riconosciuto un solo candidato (Gian Luigi Gola). Questo anche se in assemblea, con ogni probabilità, di bergamaschi ne verranno eletti solo tre (Moltrasio, Armando Santus e Renato Guerini), che sono comunque il 20% dei consiglieri quando non si esprime nemmeno il 3% del capitale sociale. Tutto dipenderà dal risultato in assemblea della lista che dovrebbe essere presentata dai fondi. Formalmente gli investitori istituzionali sono accreditati dal 40% e volendo potrebbero anche sbancare tutto. Tradizionalmente però il loro ruolo non è quello della gestione: il loro interesse è avere consiglieri veramente di sorveglianza che controllino la situazione e quindi si presenteranno in partenza come lista di minoranza e potranno quindi ottenere un consigliere, oppure due (se raccoglieranno tra il 15% e il 30% dei voti in assemblea), oppure tre (se supera il 30%).  E nell’ipotesi non improbabile che arrivino alla soglia massima, resteranno fuori gli ultimi tre candidati del listone, con i non eletti in panchina, per sostituire eventuali consiglieri che dovessero lasciare la carica durante il mandato: negli ultimi tre posti ci sono due dei cinque candidati bergamaschi, i consiglieri uscenti Luciana Gattinoni (terz’ultima e quindi probabile prima dei non eletti) e Antonella Bardoni (inserita all’ultimo posto e quindi con pochissime possibilità), che quindi almeno al primo giro non dovrebbero far parte del nuovo consiglio.

Rispetto al consiglio attuale è probabile così che mancheranno 9/10 consiglieri bergamaschi: Gattinoni e Bardoni, quindi, ma anche tutti i non ricandidati, Alfredo Gusmini, il vicepresidente Mario Mazzoleni, oltre a Federico Manzoni, bergamasco doc, ma proposto in precedenza dal fronte bresciano, e ai cinque eletti nella lista di minoranza, considerandoli tutti tali, anche al di là dell’anagrafe, perché essenzialmente espressione dei piccoli soci della ex Popolare di Bergamo, Andrea Resti, Marco Gallarati, Maurizio Zucchi, Dorino Agliardi e Luca Cividini. Sono invece cinque i consiglieri non bergamaschi che usciranno: due bresciani, Enrico Minelli ed il vicepresidente del Consiglio di sorveglianza e neopresidente del “patto” Alberto Folonari (per il quale scatta l’ineleggibilità per superato limite dei 75 anni d’età), le docenti universitarie Marina Brogi (romana) ed Ester Faia (nata a Napoli) e il commercialista milanese Carlo Garavaglia. Due soli i nuovi nomi proposti nella lista: Francesca Bazoli e Simona Pezzolo de Rossi (commercialista bresciana al penultimo posto e quindi con ogni probabilità anch’essa esclusa). L’unico nuovo innesto nel consiglio, oltre ovviamente ai rappresentanti dei fondi, sarà quindi l’avvocato bresciano Francesca Bazoli, già nel giro Ubi tanto da essere nel comitato esecutivo del Banco di Brescia, e già in predicato in passato di entrare nel consiglio di gestione di Ubi, dopo che dal consiglio di sorveglianza era uscito, per la normativa sui doppi incarichi, il padre Giovanni Bazoli, numero uno di Intesa Sanpaolo, che lascerà l’incarico alla prossima assemblea. Ma al di là delle entrate e delle uscite, quello che più dovrebbe interessare è se in Ubi Spa cambierà qualcosa. E questo non sembra probabile se si considera, appunto, che dei primi dodici nella lista, a parte Francesca Bazoli, ci sono undici conferme, a partire da presidente (Andrea Moltrasio) e vicepresidente vicario (Mario Cera). Le altre sono quelle, in ordine di lista, di Armando Santus, Gian Luigi Gola, Pietro Gussalli Beretta, Pierpaolo Camadini, Letizia Bellini, Renato Guerini, Giuseppe Lucchini (l’industriale bresciano che controlla la Lucchini Rs di Lovere), Sergio Pivato, Alessandra Del Boca. Una garanzia di continuità e quindi dello spirito Ubi – che in ogni caso non è mai stato a maggioranza bergamasco, se non al massimo per metà -, che vale più di tante carte di identità.