Sangalli a Cernobbio: «Per la crescita una partita ancora tutta da giocare»

I segnali di ripresa che dovevano concretizzarsi lo hanno fatto solo in parte: è mancato il cambio di passo. In Europa, e soprattutto in Italia, la partita della crescita è ancora tutta da giocare. Così il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nella conferenza stampa che aperto i lavori del Forum organizzato come ogni anno dalla Confederazione a Cernobbio. «Parliamoci chiaro – ha sottolineato Sangalli – va bene il cortisone di Draghi, e meno male che c’è, ma abbiamo bisogno di terapie specifiche che dipendono solo da noi».

Confcommercio, tuttavia, vuole conservare una quota di cauto ottimismo, «perché abbiamo tutte le carte per trasformare nei prossimi mesi questa ripresa in una crescita concreta e diffusa» e crede possibile «uno scatto in avanti lungo la strada delle riforme, del taglio alla spesa pubblica improduttiva, della riduzione degli eccessi di burocrazia, della riduzione delle imposte: sono queste le condizioni del nostro moderato ottimismo che ci portano a prevedere un Pil a +1,6% per il 2016».

Ma in questo senso è essenziale, ha detto Sangalli, che «il governo affronti e risolva i problemi strutturali dell’Italia, che si acuiscono a causa dei ritardi e dei divari regionali del nostro Paese. Ci sono aree dell’Italia che non crescono perché scontano da troppi anni due deficit, legalità e infrastrutture, e due eccessi, burocrazia e carico fiscale». Il problema, comunque è dell’intero sistema-Paese che «sconta una mancanza di competitività e una perdita di produttività complessiva. Gli eccessi e i deficit strutturali del nostro Paese – ha detto ancora il presidente di Confcommercio – costano a ciascun cittadino 3.800 euro l’anno».

Il Governo ha certo fatto «passi importanti nella giusta direzione» (Sangalli ha citato la riforma della pubblica amministrazione, l’impegno di ridurre i carichi burocratici sulle imprese, alcune misure contenute nel Jobs Act e nella riforma della scuola e la politica fiscale distensiva), ma non basta. Perché «la spesa pubblica corrente nel 2015 si è ridotta soltanto per effetto del minor costo per interessi» e perché negli ultimi venti anni la pressione fiscale è passata dal 40,3% al 43,3%. «Ridurre il carico fiscale su imprese e famiglie – ha concluso Sangalli – è e resta la priorità. Meno spesa pubblica e meno tasse rimane la ricetta per un Paese più dinamico e più equo». Mentre sul versante della crescita occorre «sfruttare l’enorme potenzialità del turismo», che è «una potentissima leva in grado di generare nuova occupazione e maggiore ricchezza».




Anche Bergamo lancia l’appello al governo per rafforzare l’Università

università bergamo - via dei caniana - ingresso 2016 - ritPer riaffermare il ruolo Università come patrimonio comune, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) promuove iniziative in tutti gli Atenei italiani per riaffermare il ruolo strategico della ricerca e della formazione per il futuro dell’Italia. Anche l’Università degli Studi di Bergamo partecipa alla giornata “Per una nuova primavera delle Università” con un dibattito aperto al pubblico per discutere e raccogliere idee da proporre e consegnare al Governo per rilanciare l’università. Appuntamento lunedì 21 marzo, dalle 9.30 alle 12, nella Sala Galeotti del Campus Economico e Giuridico dell’Ateneo in via dei Caniana, dove oltre al Rettore Remo Morzenti Pellegrini interverrà Paolo Buonanno, Ororettore delegato alla Ricerca dell’Università e a seguire uno studente, un assegnista di ricerca e un rappresentante del personale tecnico amministrativo. La discussione si aprirà in seguito al territorio con una tavola rotonda con rappresentanti del mondo politico-istituzionale, economico e sociale. Parteciperanno, oltre a Buonanno, Giorgio Gori, sindaco di Bergamo; Giacomo Stucchi, senatore della Lega e presidente COPASIR,; Antonio Misiani, deputato del Pd; Alessandro Sorte, assessore Regionale alle Infrastrutture e Mobilità e Dario Violi, consigliere regionale Lombardia, M5S. Modera Alberto Ceresoli dell’Eco di Bergamo.

Nel pomeriggio, alle 14, l’Università di Bergamo parteciperà alla conferenza stampa nazionale che si terrà presso il Comune di Milano, alla presenza di Rettori e ProRettori delegati alla Ricerca degli Atenei del Paese. Dal 2008 il sistema universitario italiano è soggetto a tagli lineari e progressivi delle risorse. Invece che investire in ricerca e istruzione per uscire più velocemente dalla crisi, la spesa pubblica in ricerca è diminuita da 4 a 2,8 miliardi (-30%) e la spesa per l’università da 8,6 a 7,8 miliardi (-9%). I continui tagli e l’assenza di una strategia di investimento pubblico e privato nella ricerca e nell’alta formazione, rendono estremamente difficile mantenere il sistema competitivo e attrattivo. Le politiche di tagli, di blocco del turnover e di blocchi retributivi hanno impedito di rinnovare il corpo docente, disincentivando i migliori a restare e allontanando i giovani talenti e i ricercatori stranieri. L’indebolimento del diritto allo studio ha causato un continuo calo di iscritti e laureati, soprattutto nelle regioni meridionali. Gli immatricolati sono calati del 20%, in un paese ultimo in Europa per numero di laureati, e i docenti e ricercatori del 17%. Nonostante tutto, le nostre università riescono ad essere competitive e, uniche tra le amministrazioni pubbliche, sono finanziate sulla base dei costi standard e degli esiti delle valutazioni scientifiche.

“Sono anni che si parla di ricerca e università – evidenzia una nota dell’Ateneo cittadino – ma il dibattito non ha mai affrontato con decisione i veri problemi e le vere priorità. La ricerca e l’università sono un patrimonio di tutta la società. Rinunciando ad investire in ricerca e istruzione si rinuncia a investire nel futuro. L’Università di Bergamo negli anni ha mostrato che si può e si deve invertire questa tendenza, ma per poterlo fare serve la volontà di tutti: politica e società. UniBg ha arricchito la propria offerta formativa, aumentato il numero di studenti, creato relazioni e sinergie con le realtà locali e territoriali e con prestigiosi atenei internazionali, investito in diritto allo studio, investito in edilizia universitaria con importanti ricadute sul territorio. L’università non è e non vuole essere una torre d’avorio ma luogo di ricerca, conoscenza e confronto e un attore importante della società civile. Per questo occorre invertire la rotta e insieme costruire la “nuova primavera” della ricerca e dell’università italiana”.




Percassi rileva l’ex bar Mottino. Sarà la sede di Starbucks?

ex bar MottinoStarbucks coffee sbarca in Italia. L’annuncio ufficiale è stato dato nelle scorse settimane  e il progetto della casa americana sarà sviluppato in collaborazione con il gruppo guidato da Antonio Percassi. Il quale, con i figli Matteo e Stefano e affiancato dall’amministratore delegato Massimo Dell’Acqua, servirà in Italia il caffè a stelle e strisce. Il primo negozio sarà aperto a Milano nel 2017 (seguirebbero a ruota le aperture a Verona, Venezia e Roma), ma l’avvio potrebbe essere anticipato per la fine dell’anno. Secondo indiscrezioni, la catena potrebbe approdare presto anche a Bergamo. Percassi ha infatti acquistato – per una cifra che si aggira sul milione di euro – l’ex bar “Mottino” di via Tiraboschi, chiuso da poche settimane. Locale centralissimo che, voci insistenti, accreditano come futura location di Starbucks.




Divieto ai minori e ticket d’ingresso a 80 euro. Quando il Vinitaly ci spiazza

Vinitaly rappresenta da 50 anni a questa parte l’appuntamento più importante per l’enologia nazionale ed internazionale. Anche quest’anno il Consorzio Tutela Valcalepio sarà presente al Pala Expo Lombardia quale unico rappresentante dell’enologia bergamasca, con il suo stand collettivo dal 10 al 13 aprile. Nello spazio dedicato a Bergamo non mancheranno poi gli appuntamenti con la gastronomia tipica, organizzati anche quest’anno in collaborazione con la Camera di Commercio. Numerosi anche gli aggiornamenti social, appositamente pensati per far vivere la frizzante atmosfera della fiera anche a chi non potrà essere fisicamente presente a Vinitaly.

A tale proposito, due sono le riflessioni che sorgono spontanee nel momento in cui si sceglie di informarsi meglio sul 50° Vinitaly: il costo del biglietto e un particolare divieto di accesso.

L’Ente Fiera ha scelto di posizionare il costo del biglietto giornaliero ad un livello davvero alto: 80 euro. Una cifra elevata che, nelle speranze degli organizzatori, dovrebbe decurtare il numero di avventori “non desiderati”. Una delle conseguenze sarà l’allontanamento di una parte del pubblico appassionato e non solo. Vero è che la manifestazione nasce come momento d’incontro a livello professionale ma, a mio parere, dovrebbe comunque mantenere il suo aspetto di importante appuntamento anche per le persone desiderose di apprendere e conoscere. Non vorremmo mai che il pubblico iniziasse a considerare il vino un bene di lusso, qualcosa di riservato ad un elite, errore già commesso in passato e da cui dovremmo trarre opportuno insegnamento. Non solo, se il fine fosse quello di elevare la “qualità” dei visitatori, la domanda che mi pongo è perché mai l’operatore professionale debba pagare questa cifra.

Nella stessa direzione va anche la seconda informazione che si apprende dal sito della manifestazione. Si legge esplicitamente che “Per il mantenimento dello standard professionale, Vinitaly è aperto esclusivamente agli operatori specializzati, maggiorenni: non è permesso l’ingresso ai minori di 18 anni anche se accompagnati”. Ancora una volta si sceglie la strada della demonizzazione di un settore, quello enologico, che, non va mai dimenticato, vive e cresce grazie all’apporto del pubblico consumatore. Importante, quindi, mantenere professionale la manifestazione ma fondamentale, a mio parere, è non perdere di vista la cultura e la tradizione che questo comparto rappresenta per noi. Da produttore (vale anche per i ristoratori) mi chiedo perché mai non possa portare con me i miei figli minorenni, per far vivere a loro una esperienza concreta

del lavoro che ci permette di vivere. Come recita il motto della fiera “Da un grande passato nasce un grande futuro”, mi chiedo, perciò, come possiamo trasmettere certi valori senza avere a fianco i nostri giovani. Non ci resta che aspettare Vinitaly e solo ad aprile potremmo trarre le dovute conclusioni.




Bossico, fine settimana a caccia dei pregiati funghi “dormienti”

Nei giorni scorsi la neve ha imbiancato l’altipiano di Bossico, ma per il fine settimana le previsioni dicono che sarà primavera e quindi l’occasione ideale per partecipare al weekend naturalistico tra funghi e natura in compagnia di Emilio Pini, presidente del gruppo micologico di Crema, organizzato dalla Pro Loco.

Sabato 19 e domenica 20 marzo protagonista sarà il prelibato “dormiente”, altrimenti conosciuto come “marzuolo” o “marzaiolo” e scientificamente denominato Hygrophorus marzuolus. Si tratta di una primizia tra i funghi mangerecci, ricercata dagli appassionati e difficile da trovare per chi non ne conosce le particolari caratteristiche. È infatti un fungo abitudinario e presente solo in poche stazioni di crescita. Tra queste proprio i boschi di conifere di Bossico, dove cresce tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, nella lettiera di aghi e foglie e spesso vicino a neve in scioglimento, generalmente a gruppi e profondamente interrato, il che rende la ricerca ancora più appassionante. L’attenzione e la pazienza nella raccolta sono però ripagate da un sapore dolce, delicato e consistente, il marzuolo è infatti considerato uno dei migliori funghi commestibili. Info: www.bossico.com 

Il programma

SABATO 19 MARZO
  • ore 17, sala consiliare: “Ecosistemi a confronto: dalle foreste della Finlandia, ai boschi della Sardegna e di Bossico… racconti ed immagini”
  • cena nei ristoranti di Bossico con menù a tema.
DOMENICA 20 MARZO
  • ore 9: partenza per escursione guidata nel bosco alla ricerca dei funghi marzuoli fra pascoli, abetaie e panorami mozzafiato. (La quota di partecipazione è di 6 euro, ci si può iscrivere fino a sabato mattina).
  • pranzo nei ristoranti di Bossico con menù a tema.

I menù a tema e le offerte di soggiorno

bossico - ristoranti - funghi

 




Ubi Banca e agenti immobiliari, faccia a faccia sul credito

corsi-immobiliareGli agenti immobiliari di Fimaa Bergamo si confrontano con il credito per conoscere le problematiche e agevolare il mutuo ai clienti. Quindici agenti immobiliari, mercoledì scorso hanno incontrato, alla sede Ubi di via Calvi a Bergamo, i direttori di altrettante filiali, della città e dell’hinterland. L’iniziativa è stata promossa da Fimaa Bergamo e Ubi con lo scopo di permettere a operatori e responsabili del credito di confrontarsi, esponendo ciascuno le proprie necessità e criticità.  L’incontro ha dato anche la possibilità agli operatori immobiliari presenti di approfondire e valutare opportunità per un maggiore sviluppo del proprio lavoro e ha creato le premesse su cui costruire delle basi solide per ottimizzare la collaborazione tra agenti e la banca del territorio, che ad oggi è l’unica che ha dato segnali di apertura alla federazione degli agenti immobiliari. Il progetto è una prima esperienza pilota e ha registrato grande consenso sia da parte degli agenti che dei direttori Ubi. Fimaa è pronta quindi a replicare gli incontri in provincia con i direttori delle filiale locali, così da estendere questa opportunità a tutti gli agenti del territorio.

«Abbiamo pensato di coinvolgere i direttori locali di Ubi con l’intento di rimettere in contatto gli operatori del territorio in modo che i capitali che si muovono possano rimanere a Bergamo – dice Luciano Patelli, presidente di Fimaa Bergamo -. Tutti parlano di internet, di mutui facili, ma si tratta di operazioni molto spersonalizzate. Noi crediamo che creare rapporti interpersonali molto stretti con i direttori e capi-filiale faciliti il nostro lavoro». «Non vogliamo sostituirci ai mediatori creditizi – spiega Patelli – ma capire le problematiche del credito, per poterle, se possibile, risolvere a monte, quando facciamo un preliminare, e così facilitare la vendita dell’immobile». «Abbiamo scelto Ubi – aggiunge Patelli – perché è una banca del territorio che non fa transazioni immobiliari e questo potrebbe precludere a una collaborazione futura anche sulle vendite. Questi incontri sono utili per la nostra categoria perché ci permettono di conoscere meglio le logiche e le regole del credito e quindi di aumentare le nostre competenze, ma anche per i direttori di filiale che attraverso la nostra esperienze ricevono informazioni sul mercato immobiliare».




Dal cibo alle stoviglie, anche a Bergamo la tavola si colora di viola

Quest’anno sulle tavole dei bergamaschi trionferà il viola. La nuova tendenza in fatto di cibi si chiama “Purple food” e arriva direttamente dall’Inghilterra dove già nel 2015 si è registrato un aumento del 10% nelle vendite di frutta e verdura con sfumature dal violetto al porpora. Non solo radicchio, melanzane e barbabietole ma anche broccoli, patate e persino carote viola si sono insinuate nella carta di moltissimi ristoranti orobici. Merito delle loro molteplici proprietà benefiche. I cibi che contengono questo pigmento – nato dall’unione virtuosa dei colori primari blu e rosso – sono infatti potenti antiossidanti, aiutano a combattere le malattie cardiovascolari, a prevenire il cancro e l’invecchiamento. Un vero toccasana, insomma. E in un’epoca in cui l’attitudine vegana-salutista va tanto di moda, anche gli chef di casa nostra si stanno scervellando per rendere questi ortaggi sempre più appetibili. Così anche frutti non propriamente amati dai più schizzinosi come prugne, bacche di sambuco e cavoli si sono trasformati in inedite delizie. I primi a lanciare il trend del “purple food” sono stati Michelle Hunziker e Tomaso Trussardi che nel sontuoso menù del loro matrimonio hanno inserito una sella di capriolo alle bietole, con dressing di nocciole e gocce di ribes realizzata da Norbert Niederkofler. Lo stesso chef pluristellato che lo scorso autunno ha mandato in estasi i palati sopraffini del ristorante Da Vittorio con i suoi gnocchi alla rapa rossa, durante una serata benefica organizzata al noto locale di Brusaporto dei Cerea.

«Quest’anno dovrò cominciare a coltivare qualche cavolo nero e viola in più – conferma Martino Bonacina che, insieme al fratello Giancarlo, gestisce un’azienda agricola in via San Martino della Pigrizia sui Colli di Bergamo –. Per il momento si tratta ancora di prodotti di nicchia, tuttavia i bergamaschi stanno imparando a conoscerli e a richiederli. Merito, o colpa, della Clerici che nel suo programma “La prova del cuoco” propone spesso ricette con ortaggi alternativi». Fabio Eustachio dell’Orticola Eustachio di Levate, invece, preferisce la tradizione: «Che finiscano in tavola o vengano utilizzati con finalità ornamentali, gli ortaggi viola o blu ultimamente vanno molto. Attirano l’attenzione per il loro colore ma il sapore è più o meno lo stesso di quelli classici. Io personalmente preferisco non seguire mode che poi tramontano».

Forma oblunga, buccia spessa di colore scuro e polpa viola intenso, le patate Vitelotte sono soprannominate “viole del benessere” proprio per la loro ricca concentrazione di antocianine e antiossidanti. Questi tuberi, diventati un marchio di fabbrica dell’azienda agricola Gatti di Martinengo, sono particolarmente indicati per la preparazione di piatti di grande effetto. Se fritte, le vitelotte si mantengono viola, mentre lessate danno un purè di una insolita tonalità azzurrina. È possibile assaggiarle al ristorante Carroponte di Bergamo dove lo chef Alan Foglieni ama abbinarle, morbide e croccanti, al polpo arrostito oppure, sotto forma di chips, insieme alla tartare di salmone.

Da qualche tempo, accanto alle familiari carote arancioni che, con la loro tonalità brillante spiccano da sempre tra i bancali del supermercato, sono disponibili anche varietà viola intenso, quasi nere. Nel 16esimo secolo questa specie era molto diffusa. Con gli anni, però, è sparita dalle tavole occidentali ed è stata relegata a mangime per animali. In un’epoca in cui la curiosità per le biodiversità si riaccende, anche la carota viola è tornata a farsi viva. Ne sa qualcosa il ristorante Cece e Simo di via IV novembre a Bergamo che propone un intrigante risotto alla carota viola con cuori eduli al profumo di lime.

E a proposito di viola, c’è chi usa la lavanda non solo per profumare armadi e decorare la casa, ma anche come ingrediente per pasta e dolci. È il caso della Bottega della Lavanda di via San Lorenzo, in Città alta, che oltre a creme per il corpo, detergenti e servizi di tazzine lillà vende barattoli di miele, muffin ma anche maltagliati, fettuccine e strozzapreti, tutti rigorosamente aromatizzati con una delicata essenza alla lavanda. In tema di pasta, il purple food ha contagiato anche l’agriturismo Polisena di Pontida, dove si mangiano i tagliolini viola di bietola al ragù d’agnello, mentre l’osteria La Trisa di Valmaggiore propone nel suo menù le penne al farro con verze viola, salsiccia e scaglie di bagoss.

Gettonatissimi anche i frutti di bosco: da segnalare il risotto mirtilli e funghi porcini servito in alcuni locali di Città alta tra cui la Dispensa di Arlecchino e il ristorante San Vigilio. Quest’ultimo offre, in alternativa, anche un risotto mantecato alle fragole con carpaccio di spada affumicato.

Per gustare al meglio queste leccornie tra le mura domestiche, durante un allegro pranzo in famiglia o un tè con le amiche, anche la tavola dev’essere in tinta. E allora via libera a decorazioni, dettagli, stoviglie e fiori porpora. Basta dare un’occhiata al catalogo della TreP di Osio Sotto per scoprire un universo di accessori per la casa, tutti in tema con la moda del momento. Non solo piatti e bicchieri con delicate violette disegnate su sfondo bianco ma anche posate, salini e persino caffettiere color viola. Insomma, tante combinazioni per una tinta che, con il suo nome poetico, celebra un delicatissimo fiore.

 

 




Sanità privata, a Bergamo in 2.600 senza adeguamenti salariali da otto anni

medico - sanità - salute- masec infermieri-ospedale-258x258Nel “computo” dello sciopero unitario del Pubblico Impiego, previsto per giovedì 7 aprile, in cui i sindacati lamentano il mancato rinnovo dei contratti nazionali di ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici, enti locali, cooperative sociali e terzo settore, scaduti in ordine sparso tra il 2007 e il 2009, gioca un ruolo importante per la provincia di Bergamo la sanità, pubblica e privata. Quest’ultima, infatti, sul territorio occupa 2.600 operatori sanitari non medici, che da otto anni vedono, senza adeguamenti salariali, il potere d’acquisto delle retribuzioni precipitare, mentre il “mercato” delle Cliniche private registrava (nei bilanci certificati delle cinque maggiori realtà private) un aumento di quasi 20 milioni di euro. Intanto, i lavoratori non hanno “un fondo pensione complementare di categoria, ove poter destinare la quota del Tfr, e ricavare in futuro importi dignitosi da affiancare ad un assegno pensionistico sempre più basso. Non ci è dato beneficiare nemmeno di un fondo sanitario integrativo, che rimborsi le spese sostenute per la maternità o per il dentista o la fisioterapia – annota con tristezza Gilberto Milesi, Rsu della Fp Cisl. Abbiamo un tavolo negoziale, istituzionalmente aperto il 14 dicembre scorso con Aiop ed Aris, ma se ai colleghi del pubblico impiego, nostri fratelli maggiori, è stato offerto un aumento mensile ridicolo, ci chiediamo cosa potrà mai offrire la sanità privata. E che dire degli oltre 6mila euro di arretrati, frutto complessivo di otto anni di mancati adeguamenti…”.

Proprio in questo stesso periodo, però gli utili delle cliniche private bergamasche si sono attestati tutti in rigoroso aumento. “Non si può sempre fingere di scaricare sul nazionale le colpe del mancato rinnovo – continua Milesi -. La lungimirante strategia di Aiop è una sola, tenerci tutti in  ostaggio contrattualmente parlando, per far pressioni sulle Regioni ed incrementare contributi e presenza nell’appetibile panorama nazionale della sanità. Il tutto avviene anche con la piena consapevolezza che gli effetti collaterali da scontare derivanti dalle reazioni di protesta, vedi sciopero, sono facilmente assorbibili, in un settore soggetto ai minimi assistenziali che sono molto simili a quelli di tutti i giorni. Se la macchina assistenziale non si può (e non si deve) bloccare per protesta, ciò non può ergersi a pretesto per mettere comodamente  in campo ogni azione di rivendicazione,  calpestando i diritti di chi, parte integrante delle fortune aziendali, attende da otto anni un misero adeguamento salariale. Ci chiediamo infine perché Regione e Ast non abbiano il coraggio di intervenire: se lo facessero, intimando alle Aziende la solvenza contrattuale, peraltro puntualmente ricompresa e rimborsata nei contributi erogati alle Strutture (e pagati da tutti i cittadini), usciremo da questo labirinto avvolto dal mistero, e ridaremmo dignità agli operatori della sanità privata”.




Bergamo Jazz, anche i negozianti si “esibiscono” al Festival

Bergam_Jazz VetrineAnche i negozi “firmano” la 38esima edizione del Bergamo Jazz Festival. Accogliendo la richiesta avanzata dall’organizzazione, per tutto il periodo della manifestazione (quest’anno fissata da 13 al 20 marzo) molti commercianti di Bergamo hanno addobbato le vetrine a tema, chi esponendo chitarre, clarinetti e sax, chi esaltando cartelloni e fotografie.

L’evento musicale terrà banco fino a domenica con tre serate clou al Teatro Donizetti e una serie di manifestazioni collaterali (proiezione di film a soggetto jazzistico, incontri formativi con le scolaresche cittadine e concerti) programmate in altre sedi sparse, tra cui l’Auditorium di Piazza della Libertà e il Teatro Sociale in Città Alta. Venerdì aprirà il cartellone del Festival Geri Allen in piano solo sulle musiche di Detroit della Motown anni ’70, tra temi di Marvin Gaye, Stevie Wonder e Michael Jackson. Seguirà uno dei tenorsassofonisti di maggior classe sulla scena internazionale, ossia Joe Lovano con il suo Classic Quartet.

Bergamo Jazz_Vetrine

Bergamo_Jazz_VetrineSabato invece ci sarà l’esordio di una star odierna del clarinetto come Anat Cohen, una virtuosa del suo strumento già premiata dai referendum del magazine americano Down Beat La conclusione della serata toccherà al Trio di Kenny Barron. Domenica, infine, sarà il turno dei batteristi. Nel pomeriggio, all’Auditorium, si terrà il concerto del quintetto di Mark Guiliana, uno dei drummer di punta dell’attuale scena newyorkese, mentre la serata finale al Donizetti proporrà il progetto Wicked Knee di Billy Martin con nelle fila solisti di alto livello come Steven Bernstein alla tromba slide e Curtis Fowlkes al trombone. Il sipario sulla manifestazione calerà con Moholo “5 Blakes” del batterista sudafricano Louis Moholo, con la presenza di eccellenti sideman tra cui il già acclamato Alexander Hawkins al pianoforte.




Salvini & Meloni, quei giochini surreali e sterili per far fuori Berlusconi

La Prima Repubblica (salvo eccezioni) è stata spazzata via da mani Pulite. Umberto Bossi ha subìto l’onta delle ramazze. Massimo D’Alema, per quanto cerchi ancora d’agitarsi, è stato rottamato. E pure Antonio Di Pietro se n’è dovuto uscire di scena suo malgrado tra le pernacchie nonostante ad un certo punto fosse assurto al ruolo di salvatore della Patria. Inutile girarci intorno, per un uomo politico l’uscita di scena spontanea è più rara di una vittoria dell’Atalanta di questi tempi grami. Così serve sempre un elemento esterno per arrivare laddove forse, con un po’ di ragionevolezza e soprattutto senso della misura, si potrebbe giungere senza traumi.
Sta succedendo anche nel caso di Silvio Berlusconi, come si può vedere dallo spettacolo che rimbalza dalla Capitale. Tutte le beghe sul candidato più adatto a conquistare il Campidoglio sono mangime per i piccioni. Intanto perché così com’è ridotto, il centrodestra non ha la benché minima chance di arrivare sulle macerie lasciate da Ignazio Marino e dai suoi illustri predecessori (a partire da Terminator Alemanno). E in secondo luogo, perché a Matteo Salvini anzitutto, e a Giorgia Meloni di conserva, sta a cuore ben altra partita. Una sfida rivolta al futuro, a conquistare la leadership per cominciare a ricostruire il disastrato terreno dei moderati e conservatori.

Matteo Salvini e Giorgia Meloni
Matteo Salvini e Giorgia Meloni

Dopo vent’anni, la stella di Berlusconi è ampiamente tramontata. Non ne vuole prendere atto lui, per via dei fortissimi interessi economici che pure sono sempre stati la stella polare del suo agire politico e per la sua congenita incapacità a vestire panni che non siano quelli della primadonna assoluta e incontrastata. E non lo vogliono fare nemmeno i superstiti cortigiani che, non potendo vivere di propria virtù, cercano affannosamente di tener su il catafalco nella speranza di sopravvivere il più a lungo possibile.
Ma qui non è il caso di infierire. Il tacchino non si è mai accomodato in padella da solo e, quanto al resto, l’umanità è piena di servi mediocri che s’attaccano come cozze alle barche in disarmo…

Piuttosto, fa riflettere il modo in cui la coppia Salvini & Meloni combatte la sua battaglia. Non si capisce perché non vadano dritti al punto. Che significa, senza troppi giri di parole, invitare Berlusconi ad accomodarsi. In modo chiaro, trasparente, diretto. La leadership si misura sulla capacità di condurre una battaglia, certo scomoda e per certi versi pure ingenerosa (ma come diceva quel tale? La politica è lacrime, sangue e m…), a viso aperto. Assumendosi la responsabilità di una scelta netta. E, naturalmente, correndo il relativo rischio di fare pluff. Ma l’alternativa è questo surreale giochino del tutti contro tutti a base di veti incrociati, insinuazioni, indagini genealogiche sulla purezza della razza.
Il “muoia Sansone con tutti i filistei” è risultato alla portata di mano. Inoculare la sindrome della sconfitta, l’ennesima, in Berlusconi probabilmente aiuterà Salvini & Meloni a sentirsi più forti. Difficile, tuttavia, che senza una netta e radicale revisione del corredo programmatico-ideologico e la formazione di una autorevole e preparata classe dirigente (cosa che oggi non si intravede) possano anche solo lontanamente pensare di avvicinarsi ai consensi conquistati nell’arco di un ventennio dall’Unto del Signore.