Baioni 45, elogio della trattoria

Dino Sartirani e Adriana Gadda
Dino Sartirani e Adriana Gadda

Una vita in trattoria. Probabilmente non poteva andare diversamente la storia di Dino Sartirani, 61 anni, originario di Ponte San Pietro, cresciuto nelle trattorie gestite dalle due nonne e dalla mamma e poi con ulteriori significative esperienze professionali, tra le quali l’incarico di aprire due catene di ristoranti di cucina italiana in Israele, dove è stato, a più riprese, dal 1994 al 2007. Tornato in Italia ha diretto alcuni ristoranti sino a quando non si è presentata l’occasione per mettersi in proprio.

Nel febbraio del 2014 Sartirani, con la socia Adriana Gadda, ha aperto in città la Trattoria Baioni 45, che si trova appunto al numero 45 di via Baioni, riavviando un’attività che negli anni precedenti era andata avanti alternando diverse fortune.

«Il locale mi è piaciuto subito – racconta Dino – perché è della dimensione giusta per le nostre esigenze. Cinquanta coperti, e sinceramente preferisco anche quando non è strapieno, ti danno la possibilità di conoscere i clienti, di dialogare con loro e di presentare al meglio i piatti».

Trattoria Baioni - La salaIl locale è piacevole, accogliente nella sua semplicità. Dino si autodefinisce tuttofare e si destreggia in cucina, in sala e nell’addestramento del personale. «Lo diciamo chiaramente che la nostra vocazione è il pesce – prosegue – ma abbiamo anche una serie di piatti bergamaschi per i quali seguiamo le stagioni. Quindi lumache con polenta, rane, funghi porcini, stracotti e i vari ragù di cinghiale e capriolo senza dimenticare i nostri casoncelli per i quali seguo una ricetta della nonna».

Molto comunicativo ed espressivo, il patron ha adottato una linea ben precisa nel locale, che vuole abbia la schiettezza della trattoria. Afferma che non è un locale per tutti, nel senso che chi vuol spendere molto, o comunque di più, per il pesce dovrebbe dirigersi verso altri ristoranti. «Facciamo dei ricarichi minimi sul pesce – spiega -, acquistiamo in pratica ogni giorno e i prezzi ci sembrano corretti visto che facciamo tutto con semplicità. La nostra cucina? Abbiamo spogliato la ristorazione classica di quanto non era fondamentale, per farla diventare più essenziale e adeguata a una trattoria. “Come era una volta” è un po’ il mio motto anche se non manco di ricercare e sperimentare praticamente ogni giorno nuove soluzioni».

E la scelta paga visto che Trattoria Baioni 45, oltre ad avere degli ottimi giudizi su TripAdvisor si è vista pubblicare una recensione su un periodico di lingua inglese di Hong Kong. Il servizio era di una giornalista cinese che aveva pranzato in cinque ristoranti di Bergamo valutando la Trattoria il migliore.

La carta del locale è abbastanza ricca ma viene completata ogni giorno con un supplemento, secondo le disponibilità. Per quanto riguarda il pesce tengono comunque banco i menù a prezzo fisso, da 25 e 35 euro, che comprendono antipasto, primo, secondo e contorno. Solo vino e acqua sono extra e tenuto conto che c’è uno chardonnay della casa a 10 euro al litro si può veramente contenere la spesa. Il menù da 25 euro comprende impepata di cozze, capesante gratinate e insalata di piovra. Il primo è definito una calamarata risottata e si tratta di paccheri corti fatti in casa. Branzino o orata, un gamberone e calamari costituiscono il secondo piatto. Il menù da 35 varia solo per l’inserimento di tre cruditè mediterranee tra gli antipasti.

LA PROVA

Il menù low cost fa il bis a cena

Trattoria Baioni - casoncelliUn aspetto abbastanza inconsueto del menù a prezzo fisso tradizionalmente proposto per la pausa pranzo del mezzogiorno è che alla Trattoria Baioni 45 viene replicato alle stesse condizioni la sera. Una buona occasione quindi per soddisfare, senza eccessive pretese ma con gusto, le esigenze alimentari della cena con la modica spesa di dieci euro.

Dieci euro che comprendono primo e secondo piatto, contorni, vino, acqua e caffè. E si tratta di piatti non banali. Tra i primi troviamo infatti i casoncelli alla bergamasca fatti in casa, gnocchi al pesto, tortellini al pomodoro, mezze penne alla montanara e i pressoché immancabili spaghetti al ragù. Ampia anche la scelta tra i secondi piatti: spiedini di carne mista, arrosti misti, hamburger di chianina, bistecca di manzo, coppa alla griglia, medaglioni ai porcini e magatello di manzo all’inglese. Per per i contorni c’è una varietà di verdure cotte e crude.

Per il primo seguiamo un po’ l’onda degli altri clienti che sembrano apprezzare i casoncelli alla bergamasca: scelta più che mai azzeccata perché sono realmente fatti in casa con una ricetta particolare e, non da ultimo, si tratta di una porzione abbondante. Anche per il secondo ci facciamo guidare dal flusso e andiamo con il gettonatissimo hamburger di chianina. Una proposta così, come abbiamo già detto, non sfigurerebbe nemmeno per una cenetta e quindi la valutazione è quella di un rapporto qualità prezzo tra i migliori.

Trattoria Baioni 45

via Baioni, 45
Bergamo
tel. 035 4220033
chiuso il lunedi sera
www.trattoriabaioni45.com



Tutte le forme del caprino

caprini Via Lattea

Ci sono caprini al naturale che conquistano per la loro semplicità; aromatizzati alle spezie che attirano per i loro colori vivaci; grana stagionati e blu di capra che colpiscono per l’odore pungente e il gusto deciso. E poi c’è la ricotta, delicata e pastosa al palato; la robiola, fresca e spalmabile; lo yogurt, dolce e digeribile. Insomma, elencarli tutti non è facile. Già, perché di prodotti realizzati con il latte di capra ne esistono almeno una trentina. Da sempre punta di diamante dei piemontesi e dei nostri cugini d’Oltralpe, anche nel massiccio delle Orobie i formaggi di capra vantano oggi una consolidata cultura casearia.

I nuovi allevamenti realizzati con le più moderne tecnologie garantiscono un alimento sicuro nel rispetto della tradizione. Inoltre, abitudini e stili di vita sempre più sani stanno orientando il mercato verso cibi di qualità a scapito della quantità. In Bergamasca non sono soltanto il Branzi o il Taleggio a farla da padrone ma anche stracchini, erborinati, formaggelle a pasta molle, tutti rigorosamente di capra. Per non parlare della Roviöla della Valle Brembana realizzata con latte di capra Orobica, una specie protetta che tuttavia continua a mantenere viva una produzione autoctona di formaggi. Merito di una quarantina di allevatori di Valsassina, Valtellina e Bergamasca che da anni lavora alacremente per tutelare questa biodiversità alimentare di qualità che dal 2015 è presidio Slow Food. In generale i più gettonati, soprattutto da bambini e anziani, restano i classici caprini freschi al naturale. Le nuove tendenze in fatto di cibo spingono molto anche sugli aperitivi finger food a base di chèvre, magari aromatizzati con erbe, spezie, frutta secca e persino petali di fiori. Ecco qualche consiglio su come orientarsi tra le ormai numerose tipologie di caprini presenti sul mercato.

FRESCHI E COLORATI

Per attirare la clientela molti produttori puntano su formaggi aromatizzati, gradevoli all’occhio oltre che al palato. E così sempre più spesso nelle piccole botteghe sotto casa spunta qualche caprino variopinto, con colori che vanno dal rosso al verde, passando attraverso un più sobrio nero carbone. Merito delle diverse spezie, dal peperoncino all’origano, con cui i produttori si dilettano a vestire i loro caprini freschi. Tra i più richiesti spiccano i finger food da aperitivo, gli aromatizzati con semi stagionati al carbone vegetale, oppure all’anice, alla paprika, allo zafferano o all’erba cipollina. «Il caprino è il più semplice da produrre – spiega Lorenzo Facchetti, cotitolare dell’azienda familiare Via Lattea di Brignano Gera d’Adda –, è un formaggio da spalmare sul pane, un companatico che molti accompagnano al prosciutto. Spesso però in passato era fatto con il latte di mucca. Nel boom economico era più comodo perché le mucche rendevano di più producendo una maggiore quantità di latte rispetto alla capra. Così, la produzione di formaggi caprini avveniva solo in aree altrimenti non sfruttabili. Solo quando gli allevatori di capre si sono resi conto che il mercato si era appropriato di un nome che non gli competeva si è cominciato a produrre veri e propri caprini con latte di capra».

«Al momento vanno molto i formaggi di capra freschi, colorati, raffinati e trasformati – evidenzia -. Prima mangiavamo per nutrirci, ora le persone sono più attente all’alimentazione, sono più sedentarie, necessitano di meno calorie ma di più qualità. Quindi anche un mercato di nicchia come quello della capra negli ultimi vent’anni è aumentato. Il Piemonte e la Francia hanno fatto da apripista, ma non è stato semplice. I bergamaschi sono un po’ chiusi, abitudinari, per loro il must è il Taleggio. Piano piano i palati orobici si sono raffinati. Certo è ancora difficile convincerli a provare formaggi di capra decisamente puzzolenti, magari meno appaganti dal punto di vista visivo ma più gustosi, come una chèvre semi stagionata o il blu di capra. Gli aromatizzati, invece, vanno per la maggiore perché il colore delle spezie aromatiche rende i caprini invitanti spingendo anche il cliente più scettico al primo assaggio».

I SAPORITI

Chiara Cazzaniga - Cascina Ombria - formaggi di capra
Chiara Cazzaniga e i prodotti di Cascina Ombria

Gusto pungente con punte piccanti, l’erborinato o blu di capra viene prodotto con lo stesso procedimento del gorgonzola. Tuttavia non è cremoso come il classico zola ma è più saporito. È ottimo accompagnato a miele di robinia o con un passito dolce e corposo. Un unico difetto: l’odore. Un dettaglio non da poco per uno zoccolo duro di bergamaschi che a questo tipo di formaggio proprio non riesce ad avvicinarsi: «La barriera più difficile da superare è il pregiudizio – spiega Chiara Cazzaniga che insieme al marito Alberto Gargani gestisce la Cascina Ombria di Caprino Bergamasco –. Tutti sono abituati al formaggio classico di mucca e quando sentono parlare di capra storcono il naso a prescindere. Si fanno influenzare anche dall’odore talvolta sgradevole che hanno questi prodotti. Quando si parla di formaggi genuini c’è ancora chi ha in mente la stalle puzzolenti di una volta. Oggi invece non è più così. Tutto viene prodotto con maggior attenzione alle regole sanitarie, ci sono più controlli e un’adeguata preparazione da parte dei produttori che si mantengono costantemente aggiornati attraverso i corsi. I bergamaschi dovrebbero quindi dimenticare i luoghi comuni anche perché ho notato che quando si decidono ad assaggiare il formaggio di capra ne rimangono piacevolmente colpiti e si ricredono». Molto saporito è anche il grana di capra. È un prodotto per estimatori sottoposto a una lunga stagionatura e per questo viene distribuito soprattutto nei periodi natalizi.

MISTO CAPRA-MUCCA

Formaggio orobico realizzato in modo artigianale nei pascoli d’alta quota, il Bitto storico è un presidio Slow Food. È prodotto con latte di vacca appena munto a cui va aggiunta una percentuale di latte caprino (dal 10 al 20%) ottenuto dalla capra Orobica. «Oggi le capre si alimentano nelle stalle con il fieno – racconta Marco Del Bono dell’azienda agricola Prat di Büs di Ardesio –, una volta invece pascolavano nei boschi e mangiavano foglie e germogli in montagna. Così il formaggio di capra aveva un gusto troppo intenso. Per questa ragione non si facevano formaggi di capra puri, si mischiava il latte vaccino. È il caso del Bitto la cui ricetta originale prevede un misto di latte di capra Orobica e mucca. Una nicchia apprezza e stima il formaggio di capra più saporito anche se in passato era considerato di seconda scelta. Oggi, invece, è molto ricercato anche perché non è un mercato saturo come quello della mucca. Gli allevatori di capre producono formaggi per sé o per qualche negozietto, difficilmente per la grande distribuzione. Questo perché la resa di un ovino è di gran lunga inferiore rispetto a quella di una mucca».

I PRESÍDI

Presidì -Formaggi capra orobica
I tre formaggi con latte di Capra Orobica, Presidio Slow Food

I formaggi prodotti con latte di capra Orobica intero e crudo vengono suddivisi in: pasta cruda, semicotta, molle e semidura; formaggi grassi a stagionatura breve (freschi tre giorni e stracchini 15 giorni) e grassi a stagionatura medio-lunga (minimo 30 giorni per le formaggelle). Oltre al Bitto storico, che prevede l’utilizzo di latte di mucca con una percentuale di latte di capra Orobica, ci sono altri tre formaggi tipici ricavati dal latte crudo di questo animale. C’è il Formagìn della Valsassina, un caprino fresco presente anche nella variante a crosta fiorita detto “Fiorone” il cui sapore, molto più intenso e piccante, richiama l’aroma dei funghi freschi. La formaggella di capra Orobica, invece, è chiamata Matüscin ed è prodotta solo nelle province di Bergamo, Sondrio e Lecco. Si distingue dai caprini della Bergamasca realizzati con il latte di qualsiasi tipologia di capra ed è tutelata dal marchio di garanzia della Camera di Commercio “Bergamo Città dei Mille sapori”. Infine c’è la Roviöla della Valle Brembana, uno stracchino che ha forma di parallelepipedo con faccia quadrata.

I ritrovamenti archeologici dimostrano che l’allevamento di capre era già praticato sulle Orobie intorno al 7000 a.C. Alla fine del Settecento, però, con lo sviluppo industriale si creò un conflitto tra l’allevamento di ovini e l’utilizzo di boschi per fare legna da carbonella per le aziende. Ma la capra Orobica a pelo folto e corna lunghe riuscì a sopravvivere alla cosiddetta “guerra delle capre”. Oggi di questi esemplari in via di estinzione ne sono rimasti poco più di 2.000. E proprio per tutelare questa specie, nel 2015 è nata l’associazione capra Orobica composta da una quarantina di allevatori di Valsassina, Valtellina e Bergamasca: «L’abbandono del territorio montano e la scarsa produzione di latte hanno contribuito a rendere la capra Orobica una razza in via d’estinzione – spiega il presidente Ferdinando Quarteroni, titolare dell’Agriturismo Ferdy di Lenna –. Lo scorso anno abbiamo quindi cercato di riunire all’interno di un’unica associazione i pochi produttori di capra Orobica che fanno parte del massiccio delle Orobie. La nostra speranza è quella di far conoscere questo animale e motivare i giovani ad allevarla in modo professionale. È una produzione di nicchia che tuttavia deve destare interesse anche in un mondo globalizzato. La capra pascola, mangia l’erba in zone non contaminate, fa formaggi sani ricchi di Omega 3. La sopravvivenza di questa razza è fondamentale per le aree montane con pendii molto impervi. La sua grande capacità di pascolare nelle zone più difficili da raggiungere permette di mantenere e sfruttare ettari di pascolo tutt’oggi inutilizzati».

IL LATO DOLCE

Paola Peracchi (azienda agricola Il Faggio)
Paola Peracchi (azienda agricola Il Faggio)

Se trasformato in formaggio stagionato ha un gusto deciso, ma sotto forma di yogurt o gelato il latte di capra assume un’inedita dolcezza adatta anche a chi è intollerante al lattosio o è attento alla linea. «Il latte di capra è più digeribile ed è quindi un prodotto ideale per chi soffre di intolleranze – ricorda Paola Peracchi dell’azienda agricola a gestione familiare Il Faggio di Albino –. Il gelato di capra non è più magro di quello di mucca, ha solo un tasso di colesterolo più contenuto e quindi risulta migliore dal punto di vista dietetico. La base è la stessa del gelato tradizionale. Gli ingredienti principali sono latte e panna di capra a cui si aggiungono i gusti più svariati lasciando libero spazio alla fantasia: lamponi, more, cioccolato, nocciola, insomma tutto. Il gelato di capra in generale è apprezzato. È molto richiesto nelle fiere soprattutto quella di Sant’Alessandro che si tiene a settembre a Bergamo oppure alla mostra zootecnica di Clusone».

IN TAVOLA

I caprini freschi si possono utilizzare come ingredienti per mousse, ripieni per ravioli, torte salate, gnocchi, crespelle e salse per carni bianche o rosse. La chèvre è ottima scaldata nel forno su un crostino di pane e una spolverata di rosmarino. C’è anche chi, con il caprino fresco, realizza salse aromatiche da accostare al pesce d’acqua dolce. Se invece preferite gustare appieno il sapore rotondo e appagante di questi formaggi è bene accompagnarli con miele e confetture, come spiega Sante Roberto Tessarolo, titolare dell’azienda agricola Al Maso di Camerata Cornello: «Tanti sono gli accostamenti che si possono ipotizzare. Il caprino, per esempio, è ottimo con un confettura di cipolla oppure di lamponi. Una marmellata mora e menta oppure una salvia e limone sono più sgrassanti quindi meglio con prodotti leggermente più grassi. Sui formaggi più saporiti sta bene una giardiniera, oppure consiglierei confetture agrodolci come la mela passata in grappa e miele. Una confettura di pera e cannella o quella di prugna e zenzero sono invece perfette con la robiola. Infine il miele, è ottimo con il blu di capra, un formaggio molto saporito simile al gorgonzola, che però ha un odore più intenso ed è solo per estimatori. In questo caso consiglio il tarassaco oppure il miele aromatizzato con mele o castagne affumicate».

GLI ESTROSI

Si chiama “Formaggio della sposa” e al suo interno contiene una moneta dorata fatta di zafferano. È l’ultima trovata in fatto di formaggi di capra partorita dal caseificio Via Lattea e che verrà messa in vendita proprio a partire dal mese di maggio. L’idea si ispira a un’antica tradizione che, attraverso l’uso di una moneta d’oro, augurava ricchezza e prosperità alla sposa. L’allevamento di Brignano Gera d’Adda sa come stupire i propri clienti. Già a San Valentino aveva infatti dedicato a tutti gli innamorati un formaggio a pasta molle a forma di cuore con un ripieno di caprino fresco ai frutti di bosco. Per non parlare delle perle di formaggio in crosta di cioccolato bianco. Anche Paola Peracchi, nel suo agriturismo Il Faggio di Albino, ogni giorno cerca di creare nuovi combinazioni, dai caprini con noci, erba cipollina e paprika al fagottino con fontanella di capra e asparagi. Particolari anche i caprini stagionati di Cascina Ombria soprattutto quelli avvolti nelle foglie di castagno, di radicchio e di porri, oppure aromatizzati alla birra, al sale e pepe o alle nocciole e uvetta.

Capre




Ponte San Pietro, lo street food “invade” l’Isolotto

La nuova tendenza in fatto di eventi è lo street food e a Bergamo è nato un nuovo marchio dedicato all’organizzazione di festival che radunano specialità da passeggio da tutta Italia e pure dall’estero. Si chiama Balù Street Deli debutta con il suo primo evento – Cibo di stra in festa dall’Italia e dal mondo – a Ponte San Pietro dal 20 al 22 maggio, nell’area dell’Isolotto lungo il fiume Brembo. La tre giorni vede la presenza di truck, ossia i furgoni attrezzati per la preparazione e la vendita dei cibi, e gazebo.

È rappresentata quasi tutta la penisola, con tipicità pugliesi, marchigiane, romagnole, piemontesi, siciliane, il cioccolato di Perugia, la carne sul bastone, mentre sul versante internazionale si può spaziare tra fish and chips e angus argentino ai waffle. La parte beverage è rappresentata da alcuni birrifici artigianali, tra cui uno americano. Sono previsto anche momenti di intrattenimento, anche se il piatto forte – precisano gli organizzatori -, è rappresentato proprio dalla possibilità di assaggiare tante golosità diverse preparate al momento.

La manifestazione si tiene dalle 14 a mezzanotte il venerdì e dalle 12 a mezzanotte il sabato e la domenica e rappresenta anche un’occasione per animare una zona che il paese vorrebbe rilanciare.

Il bis sarà dal 24 al 26 giugno alla cascina Carlinga di Curno, dove è in programma, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, anche il terzo e ultimo degli appuntamenti programmati per quest’anno. L’idea dei promotori è di estendere nel tempo il raggio di azione in Lombardia.




Dalla biodiversità alla “panediversità”, la giornata mondiale è anche in panificio

Continuano gli appuntamenti del ricco programma di Stagioni di Pane di Aspan, il progetto realizzato in collaborazione con l’Ascom che coinvolge panificatori e consumatori, promuovendo la ricchezza del pane in diverse occasioni dell’anno a seconda delle stagioni e delle ricorrenze più significative.

Dopo il successo delle scorse iniziative – legate alla festa del patrono Sant’Antonio Abate, a San Valentino e alla Giornata Mondiale dello Sport – arriva il secondo appuntamento primaverile, pensato in occasione della Giornata mondiale della Biodiversità, indetta per il 22 maggio. La biodiversità ambientale, ma anche la diversità culturale e le caratteristiche che definiscono ambienti e popoli del mondo sono i concetti che stanno alla base della filosofia di questa iniziativa, che intende valorizzare la ricchezza e il potenziale della diversità, attraverso la descrizione del pane e, in particolare, della “Panediversità”.

L’idea di Stagioni di Pane è di valorizzare la diversità del pane e, con essa, il lavoro che ogni panificatore conduce quotidianamente per la salvaguardia di questo alimento così identificativo di ogni cultura e dell’ambiente che lo circonda.

Durante le giornate del 21 e del 22 maggio, recandosi nei panifici aderenti all’iniziativa, oltre a un interessante documento che racconta e spiega la diversità del pane, si potrà leggere e sottoscrivere “La Carta della Panediversità”, dove sono elencati i grandi valori legati al pane e alla sua produzione, sempre in costante riferimento con il rispetto dell’ambiente e la salvaguardia del Pianeta. L’invito è a firmare tale carta, sottoscrivendo così il proprio impegno a conoscere, diffondere e sostenere i valori della diversità e del pane. Come premio per l’interesse mostrato, il consumatore riceverà dal panificatore un piccolo omaggio e la sua firma rimarrà impressa sulla Carta della Panediversità.

Ma non è tutto: il consumatore è anche invitato a partecipare a questa giornata con il gioco del “Crucipanpuzzle”, ovvero un crucipuzzle semplice e veloce che porterà alla scoperta del nome di uno dei tanti progetti di Aspan dedicati alla salvaguardia dell’ambiente e all’utilizzo di prodotti a Km0. Anche qui, alla consegna della soluzione, il consumatore riceverà un gustoso omaggio come premio per il suo impegno.

Ecco chi partecipa

  • Panificio Rota Giovanni Paolo – via Campofiori, 17 Almè
  • Panificio Capello. – via Corridoni, 39 Bergamo
  • Panificio Ghirardi Marcello – via Broseta, 81/83 Bergamo
  • Panificio Rota Biasetti – piazza Pontida Bergamo
  • Panificio Bravi Roberta – via Santissimo Redentore, 31 Bagnatica
  • Panificio Zucca – Piazza Giovanni Battista, 18 Casnigo
  • Panificio Bonadei Giuseppe – via A. Cifrondi,5 Clusone
  • Panificio Bana – via Largo Vittoria, 15 Curno
  • Panificio Dal Furner di Fraschetta – via Roma Fontanella
  • Panificio Cuminetti Fabrizio “Arte del pane” – via Mazzini, 1 Nembro
  • Panificio Ricuperati Armando & C. – via Balilla, 20 Romano di Lombardia
  • Panificio Ferrandi – via dei Mille, 25 Treviglio
  • Panificio Suardelli di Suardelli Sergio & C – via Antonio Locatelli, 54 Urgnano



Esenzione dal canone Rai: il 3% delle famiglie bergamasche non ha il televisore

rai canoneQuasi 200 persone in questi giorni hanno compilato presso il Caf Cisl di Bergamo il modulo per l’esenzione dal Canone Rai, che da luglio sarà inserito nella bolletta dell’energia elettrica.  Per quasi tutti gli “autodichiaranti”, il motivo della richiesta consiste nel fatto che non si ha un televisore in casa e, considerando che non tutti passano in Cisl a fare la richiesta, si può ipotizzare che un migliaio di famiglie, in provincia, non abbiano il televisore, più o meno il 3% del totale. Percentuali esigue di “dichiaranti” hanno certificato che il canone, in famiglia, in presenza di più utenze ad uso “domestico residente” viene pagato da altro familiare, oppure che il titolare di un’utenza elettrica è deceduto e la sua casa (magari in attesa di vendita) è al momento disabitata.

“Molte persone, molto più delle 200 che hanno compilato la richiesta, si sono recate nei nostri uffici – dice Monica Gardana, del Caf Cisl di Bergamo -, perché la comunicazione riguardo all’esenzione è stata  incompleta e non chiara, soprattutto per quanto riguarda la seconda casa, situazione per cui il canone non è dovuto in presenza di utenze “domestico non residente”. Adesso – informa – si apre il periodo di richiesta per l’esenzione sul secondo semestre: chi è arrivato in ritardo, o quelle persone per cui cambieranno le condizioni, hanno tempo fino al prossimo 30 giugno per presentare l’apposita richiesta”. Al Caf Cisl di Bergamo non si sono verificati i problemi che hanno invece colpito altre zone: probabilmente, lunedì 16, ultimo giorno utile, a causa dell’alto numero di utenti, il sistema è andato in tilt, e in molti casi il giorno successivo sono iniziati i ricorsi. “Da noi – tranquillizza Gardana – ogni spedizione è andata a buon fine”. Tutti dovranno poi ripetere la domanda di esenzione ogni anno. Per il 2017, però, i tempi si allungano: dal 1° luglio di quest’anno al 31 gennaio del prossimo, chiunque si troverà in possesso dei requisiti necessari potrà infatti compilare e spedire l’autocertificazione. Il Caf Cisl di Bergamo rimarrà a disposizione per assistenza e informazioni.




Fusioni bancarie, quando l’aritmetica diventa un’opinione

banca popolare milanoLe chiamano fusioni e nell’ingenuità dell’etimologia si pensa che portino ad un aumento del volume. Invece nelle banche, ma anche in altri settori, l’aritmetica è proprio un’opinione e la somma di uno e uno spesso non dà due, ma qualcosa di meno. A volte uno e mezzo è già un buon risultato perché le fusioni sono quasi sempre sinonimo di razionalizzazione. Non sono più i tempi della massa necessaria per crescere. Adesso le dimensioni sono soprattutto un costo. Da ridurre. Perché in questo modo si riesce a recuperare la redditività che va persa su altri fronti, non necessariamente per incapacità. Del resto i tassi negativi rendono difficile fare banca tradizionale e qualcosa si deve pur fare, anche solo per sopravvivere, in attesa e nella speranza che i tassi sotto zero non siano la nuova normalità. L’unione tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano, quella che forse sarà solo la prima delle fusioni che vedono e vedranno al centro le popolari, ex o in procinto di esserlo, non fa eccezione nel fatto che uno più uno non fa due. Secondo il piano industriale appena presentato, la prospettiva è che uno più uno faccia uno per quanto riguarda gli sportelli e circa uno virgola otto per quanto riguarda l’occupazione.

Il ministro dell’Economia  Padoan sostiene che di banche ce ne siano troppe, dall’Associazione bancaria italiana ribattono che troppi semmai sono gli sportelli. Di fatto per il Banco da una fusione (Italiana) all’altra (Bpm), anche se non necessariamente per la razionalizzazione e per l’eliminazione di sovrapposizioni, è andata persa quasi una banca, nell’aspetto esteriore di filiali e personale. Nel 2006, dalla fusione tra l’allora Banca Popolare Verona e Novara e la Banca Popolare Italiana, l’ex Lodi, nasceva un gruppo, il Banco Popolare, con 21.433 dipendenti e 2.223 sportelli. Nel 2019, secondo il piano industriale, il futuro gruppo Banco-Bpm, dal nome non ancora definito, avrà 2082 sportelli: in pratica, nonostante l’apporto delle 655 filiali della Popolare di Milano, la rete avrà meno agenzie di quelle che aveva il solo Banco alla sua nascita. E questo senza contare che il gruppo ha messo in prospettiva l’obiettivo di scendere ulteriormente a 1700-1800.

Passando invece al personale, la somma di Banco (16.792 dipendenti a fine anno) e Bpm (7.743 dipendenti) porta inizialmente a un organico di circa 24.500 dipendenti, un numero destinato però con il piano a retrocedere nel 2019 ai livelli che dieci anni fa aveva il solo Banco. Sono infatti state annunciate sovrapposizioni e duplicazioni di ruoli per 2.600 persone, delle quali solo circa 800 possono essere recuperate (per non dire “riciclate”) in nuovi ruoli, come i team dedicati al private, gli specialisti corporate, la task force sviluppo, le filiali digitali e la unit “non performing loans”. Va precisato che le fusioni sono un’occasione per procedere al ridimensionamento e fanno da catalizzatore a un processo in atto per conto suo. La stessa Abi ha rilevato come in conseguenza dell’aumento dei clienti dell’home banking (i servizi che gli istituti offrono on line), aumentati in un anno del 12,4% (25,2 milioni di dicembre 2015 contro i 22,4 milioni di fine 2014) gli sportelli tradizionali sono calati del 2,1%, scendendo da 30.740 a fine 2014 a 30.091 a fine 2015. E lo sfoltimento della rete non accenna a diminuire, perché nessun istituto può più permettersi il lusso di una filiale che non rende.

Questo crea un problema nell’occupazione, perché mentre nelle fusioni di non molti anni fa gli esuberi da duplicazione nella sede potevano avere uno sfogo nello sviluppo della presenza commerciale, adesso altro personale in eccedenza arriva proprio dal calo degli sportelli. Contrariamente a quanto avviene nell’industria, però l’uscita del personale nelle banche non è mai stata finora un problema. In genere anzi ci sono più dipendenti che vogliono uscire di quelli che la banca è disposta a fare andare via. Anche al Banco-Bpm le uscite saranno su base volontaria, con prepensionamenti, grazie al ricorso al fondo ad hoc alimentato dal settore.  Il problema che si pone però è: quanto è capiente questo fondo? E come potrà andare avanti se il personale continua a uscire e le banche che lo alimentano continuano a calare? Sarà un problema del futuro: intanto “avanti, con il ridimensionamento”.

 




“I parchi? Li abolirei tutti, ormai sono dei poltronifici”

parco_delle_orobie“I parchi? Li abolirei tutti, perché ormai hanno perso la loro funzione, sono diventati dei poltronifici per mogli, mariti, parenti e amici vari. Le
funzioni dei parchi potranno essere svolte con profitto dalle nascenti aree vaste”.  Lo ha detto ieri sera l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, intervenendo a Marcaria all’incontro pubblico su “Agricoltura e zootecnia tra prospettive e criticità”. “I parchi svolgono una funzione estremamente positiva – ha precisato – nella misura in cui tutelano l’ambiente e la biodiversità nel contesto in cui si trovano. Non sono delle riserve incontaminate, ma purtroppo qualcuno, con l’appoggio compiacente di giornali assolutisti, ha contribuito solamente a creare una contrapposizione esasperata con gli agricoltori”. La dinamica che si è venuta a creare, per l’assessore lombardo, “non sta portando risultati positivi per l’ambiente, ma ha solo frenato lo sviluppo dell’agricoltura, dipingendo agli occhi dell’opinione pubblica gli imprenditori agricoli come inquinatori e distruttori, quando invece non è così e, anzi, creano ricchezza ai territori”.




Ascom, le quattro storie di innovazione in evidenza all’Assemblea

Come l’innovazione, in tutte le sue forme, può contribuire a far crescere le attività del terziario, comprese quelle più tradizionali. Il tema sarà trattato nel corso dell’Assemblea dell’Ascom di Bergamo – in programma lunedì 23 maggio, alle 15, nella sede di via Borgo Palazzo 137 – da Fabio Fulvio, responsabile del settore Politiche per lo sviluppo di Confcommercio Imprese per l’Italia e sviluppato anche grazie alle testimonianze di quattro imprese. Ecco di chi si tratta.

Trattoria Visconi – Ambivere

La tradizione si racconta sul web

Daniele Caccia - Trattoria Visconti - Ambivere
Daniele Caccia

Fiorella Visconti e Giorgio Caccia alla loro Trattoria Visconti di Ambivere, aperta nel 1932, hanno conservato lo spirito della trattoria di un tempo e, insieme ai figli, l’hanno trasportata nel futuro. Il minore, Roberto, ha raccolto le nuove tendenze culinarie e ha aggiunto in carta un menù vegano. Il maggiore, Daniele, prima ha innovato la cantina aggiungendo alle etichette blasonate le novità del mondo enologico e le birre, poi, tre mesi fa, ha scommesso su un sito internet innovativo e sui social network. Grazie all’aiuto di una start up bergamasca, la Onlime, ha dotato il ristorante di un sito web che richiede il tempo di un post per essere aggiornato. «Abbiamo voluto rendere il sito internet sempre più aggiornato, dare le informazioni che il cliente si aspetta di trovare, una chiara idea dell’ambiente e un menù con tutti i prezzi pubblicati – spiega Daniele Caccia -. Non solo. Oggi con il web si possono fare cose nuove, ad esempio effettuare la prenotazione, inoltre abbiamo fatto un sito che può essere visualizzato dal telefonino».

«Più che per aumentare i clienti – dice -, il web è uno strumento utile perché va di pari passo con l’attività del ristorante, è una vetrina. Porta più a fidelizzare la clientela che a nuovi clienti». L’aspetto innovativo consiste nel fatto che il sito si può aggiornare direttamente dalla pagina Facebook, quindi con pochissimo impegno di tempo: basta scrivere un post sulla pagina Facebook perché in simultanea questo venga pubblicato anche sul sito e su altri social, come Istangram. In media basta un’ora a settimana per aggiornare tutti i canali.
In programma c’è già un ulteriore sviluppo: «Ora i contenuti sono soprattutto testi e immagini ma vogliamo puntare anche sui video perché sono quelli che funzionano di più», anticipa Caccia.

Makemedia Studios – Costa Volpino

Nautica e vela, l’e-commerce che ha anche un volto

Oltrevela - Costa Volpino (3)
Paolo Gozzoli (primo da sinistra) e Patrizia Pavese con lo staff di Oltrevela.com

Paolo Gozzoli e Patrizia Pavese, marito e moglie, a Costa Volpino hanno scelto un settore di nicchia, la nautica e la vela, e hanno costruito un portale di e-commerce dedicato (www.oltrevela.com). Oggi la loro azienda ha 17mila clienti registrati da tutta Europa e più di 25mila articoli a catalogo con 154 marchi.

«La vela e la nautica sono un settore dove non c’è un’offerta tradizionale – spiega Patrizia Pavese -. Se non si vive in città, per trovare un negozio dedicato si devono fare anche 200 chilometri. Inoltre i negozianti hanno una gestione che non permette di ampliare la gamma. Siamo partiti da questa analisi e dieci anni fa abbiamo deciso di iniziare la nostra attività puntando su questo settore». «On line ci sono tante possibilità di far vedere il prodotto, di far sapere che c’è e di reperirlo in brevissimo tempo – continua Pavese -. Abbiamo tutto in pronta consegna. A volte riusciamo a consegnare anche in 10-15 ore, ma anche per ricevere prodotti che non abbiamo in magazzino bastano 5-6 giorni e per i nostri clienti sono tempi buoni».

La vela è il settore di punta dell’attitivà e non è un caso, essendo entrambi del Lago d’Iseo ed essendo Gozzoli velista. Fra i loro clienti ci sono habitué come i circoli velici che comprano spesso per fare regate ad alti livelli e privati appassionati. Molti sono olandesi e australiani e negli ultimi anni il portale ha conquistato anche il Sud Italia e le Isole. «Qui non c’è territorialità del prodotto – spiega Pavese -. Molti utenti che anni fa non avrebbero mai pensato di fare acquisti on line, ora ci contattano. All’inizio erano un po’ guardinghi, ora invece si fidano».

Gozzoli pensa all’aspetto informatico e grafico, Pavese al commerciale. In tutto l’attività conta cinque persone. La proposta copre tutte le esigenze e tutti i budget. In magazzino hanno optato per un’alta rotazione con ciò che va di più in quel momento. Oltre alla scelta di un settore di nicchia, l’aspetto vincente di Makemedia è di aver salvato uno dei punti di forza del commercio tradizionale: il rapporto personale con il cliente. «Abbiamo deciso di pubblicare sul sito il nostro numero di telefono – evidenziano – . Non lo fa nessuno, di solito. In Italia il numero di persone che compra su internet sta aumentando ma c’è ancora una parte restia a farlo. Il fatto di pubblicare il numero di telefono avvicina i clienti che hanno desiderio di avere il contatto personale, di essere rassicurati. Questo ci impegna molto tempo ma è stata una decisione vincente».

Legami concept store – Bergamo

Il negozio che soddisfa pancia, cuore e mente

Norberto Piersigilli
Norberto Piersigilli

«Parliamo alla pancia, al cuore e alla testa del cliente». La formula di Legami concept store, in largo Rezzara a Bergamo, è ben sintetizzata dal retail manager Norberto Piersigilli. «Alla pancia – spiega – perché con il bar e la ristorazione soddisfiamo il piacere del gusto e dello stare insieme, dalla colazione all’aperitivo. Al cuore con le idee regalo e gli oggetti selezionati nelle fiere internazionali e alla testa con uno spazio libreria molto ampio e, soprattutto, una profondità di catalogo importante».

L’apertura è avvenuta nel 2011, ma il negozio è stato riorganizzato da qualche anno. È il primo concept store dell’omonimo marchio di cartoleria e oggettistica con sede ad Azzano, presente con i propri prodotti ormai in tutto il mondo. «L’idea è quella dei negozi che si trovano nelle grandi metropoli – continua Piersigilli -, ma esposizione e layout hanno tenuto conto del territorio e così, anziché ambienti asettici e dal design estremo che si trovano ad esempio nei paesi del Nord Europa, sono stati utilizzati materiali naturali, come ferro e legno, per offrire una percezione di calore e accoglienza. È un modello che più si adatta alle città italiane, di certo replicabile».

legami concept store (1)Lo store si sviluppa su due piani e propone, oltre ai libri e all’area food, articoli di cartoleria, idee regalo, oggetti per la casa, piccoli arredi, lampade, ma anche orologi, penne prestigiose, pelletteria, in un mix di articoli d’élite e altri più alla portata, ma sempre di qualità. Perché un’attività funzioni non basta però solo un’idea innovativa, occorre una quotidiana e precisa attenzione agli aspetti gestionali e commerciali, che in Legami concept store si concretizza «in personale specializzato per ciascuna area e nella cura puntuale dell’assortimento, con la ricerca di prodotti nuovi – evidenzia il direttore -, lo studio del prezzo di vendita e della redditività degli spazi».

Ortofrutta Valietti – Zanica

La fruttivendola che non si ferma mai

Elena Valietti
Elena Valietti

A Zanica Elena Valietti ha sviluppato il negozio di ortofrutta di famiglia e ha aggiunto nuovi servizi, su tutti il banco gastronomico vegetariano e vegano, ma si dedica anche al visual food, ossia l’arte di modellare e comporre la frutta fresca in forma di “torte”, “pasticcini” e monoporzioni che vengono richiesti per le cene e i buffet soprattutto d’estate. E non ha mancato di pensare alla promozione, con i social network, la partecipazione ai mercatini per far conoscere i propri prodotti e le offerte. Ad esempio, il sabato sera attua uno sconto del 40% su tutta la gastronomia, per svuotare il banco frigo e risparmiare energia nel week end, iniziativa che le è valsa il marchio di Negozio Sostenibile della Camera di Commercio.

«Diciamo che cerco di aprirmi tutte le strade per ampliare le possibilità del negozio – spiega – così oggi c’è chi viene per la spesa di frutta e verdura, chi per la gastronomia, chi per le composizioni di frutta, chi, a Natale, per i cesti regalo».

L’attività ha più di ottant’anni e si è tramandata dalla nonna alla mamma e, trent’anni fa, a Elena. «Anche mia nonna faceva le erbe cotte o le castagne essiccate – evidenzia -, nel tempo abbiamo sviluppato questa linea, dotandoci delle attrezzature per preparare le verdure pronte all’uso, come i minestroni e le insalate già pulite, e poi alcuni piatti cotti a base di verdure». Da qui l’attenzione anche al mondo vegano, con tanto certificazione Veg+, il circuito creato dal Gruppo ristoratori dell’Ascom e dalla Lav. L’offerta spazia da piatti “classici” come peperonate, patate e fagioli, zuppe, lasagne, a cous cous, torte salate, bulgur, risi e farro variamente accostati alle verdure di stagione fino alla “trippa senza trippa”, con il seitan prodotto in proprio, o il brasato di seitan. Un marchio di fabbrica sono i minestroni della “famèa del Giupì”, ispirati ciascuno a un componente della famiglia della maschera bergamasca, nata a Zanica. Per quanto riguarda la verdura ricorre da sempre all’approvvigionamento locale e non mancano sugli scaffali legumi e cerali selezionati, anche bio, prodotti tipici e con etichetta trasparente.

ortofrutta Elena Valietti - Zanica (9)




Il terziario bergamasco dà segnali positivi. Nel primo trimestre cresciute le imprese attive

Dati confortanti per il terziario bergamasco. Il numero di attività al 31 marzo 2016 è di 23.050, l’1,22% in più rispetto allo stesso periodo del 2015. In città le aziende sono 4.006, il 1,35% in più rispetto al 2015.

In generale, prosegue l’incremento del numero dei pubblici esercizi e della ristorazione che nel giro di un anno sono aumentati del 2,87 %, il dato è evidente soprattutto in città dove hanno raggiunto quota 596 (+5,17% rispetto al 2015). L’apertura o la riapertura di bar e ristoranti è eccedente rispetto ad un mercato che resta comunque in difficoltà.

Torna a crescere anche il settore alimentare, dell’1,11%; anche per questo comparto il dato più evidente si regista in città con un incremento dei negozi alimentari del 7,41% rispetto al 2015 con 275 attività. L’aumento è dovuto l’effetto dell’apertura di attività di consumo sul posto, come gastronomie e take away.

I negozi non alimentari restano stabili, soprattutto in provincia, +1,05% (6.136 attività), dove alle chiusure di contrappongono nuove aperture nell’ambito delle stesse tipologie; il settore fatica di più in città (+0,45%  rispetto al 2015 con 1.109 attività totali), dove la rete dei negozi di abbigliamento e calzature continua a soffrire.

Sempre in crescita gli ambulanti (+6,10% rispetto al 2015) soprattutto extracomunitari, anche se con un trend in calo rispetto agli anni precedenti.

Più difficile è la situazione dei servizi alle imprese e degli ausiliari del commercio, entrambe in leggero calo (-0,69% rispetto 2015), in particolare gli agenti di commercio, i cui numeri negli ultimi anni erano sensibilmente cresciuti come sbocco lavorativo dovuto alla crisi del manifatturiero.

Per quanto riguarda le zone, sono in crescita la città, l’hinterland e la pianura, in difficoltà l’offerta commerciale nelle valli.




“Innovare per competere”, l’Ascom lancia la sfida al mercato

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Paolo Malvestiti

“Innovare per competere. Mercati#bisogni#imprese” è il tema dell’assemblea generale di Ascom Confcommercio Bergamo che si terrà lunedì 23 maggio, dalle 15, nella sala conferenze dell’Associazione Commercianti, in via Borgo Palazzo. Il programma prevede una parte istituzionale, con la relazione del presidente Paolo Malvestiti e l’approvazione del bilancio d’esercizio 2015, e una parte dedicata ad innovazione e competizione con l’intervento di Fabio Fulvio, responsabile Politiche per lo sviluppo di Confcommercio Imprese per l’Italia.

Dopo l’intervento di Fulvio, l’assemblea continuerà con le testimonianze di quattro imprenditori, che hanno portato innovazione all’interno delle loro attività: Daniele Caccia della Trattoria Visconti di Ambivere; Patrizia Pavese di www.oltrevela.com di Costa Volpino, Norberto Piersigilli di Legami concept store di Bergamo ed Elena Valietti dell’Ortofrutta Valietti di Zanica.

«È la prima assemblea che si terrà nella nuova sede, inaugurata lo scorso 9 maggio – annota il presidente Malvestiti -. È una sede bella e funzionale, il simbolo di chi ha resistito con tenacia per ripartire dopo la crisi. Non è un punto d’arrivo, beninteso, ma l’inizio di un nuovo percorso che avrà nuove sfide e nuovi traguardi».

Una svolta per l’Ascom, che sarà chiamata a essere sempre più innovativa, competitiva e all’altezza delle esigenze degli associati, pronta a potenziare quei servizi necessari per andare incontro alle nuove esigenze delle imprese. «Dobbiamo stare al passo con i tempi – sottolinea Malvestiti -, essere pronti a cogliere i mutamenti che il terziario offre e a rafforzare quel barlume di positività e di ripresa che si sta intravedendo, come confermano anche gli ultimi dati camerali che segnalano un recupero su base annua del commercio al dettaglio dell’1,8%».

Il clima di fiducia generale è migliorato, anche se non si può ancora parlare di una concreta ripresa della domanda. «Per questo – afferma Malvestiti – diventa essenziale, per le imprese che devono resistere sul mercato, considerare l’evoluzione dei prossimi anni, legata a tre linee principali: maggiori competenze, aggregazioni di rete e innovazione». Il tema delle aggregazioni di rete e dei distretti, in particolare, è importantissimo, secondo il presidente, in quanto essi strumenti che contribuiscono ad accrescere la competitività e il posizionamento delle aziende sui mercati.

Da non sottovalutare, inoltre, il fattore internazionalizzazione, che interessa sempre più anche il settore del Terziario. «Sono certo – evidenzia Malvestiti – che ciò che determina il cambiamento delle imprese sono l’innovazione e la flessibilità, ossia un modo diverso di porsi nei confronti dei bisogni dei clienti. Anche la qualificazione professionale continuerà ad essere fondamentale per ciascuna azienda che sarà chiamata a competere ad ogni livello. E anche noi, come Ascom, proseguiremo la strada della formazione del personale per migliorare e crescere. Come associazione – conclude il presidente – dovremo quindi sempre di più qualificare i nostri servizi, per sostenere l’impresa e valorizzare le diverse categorie».