Sai cosa faccio a Pasqua? Vado alle Canarie

Sai cosa faccio a Pasqua? Vado alle Canarie. All’estero. Non vedo l’ora. Mi hanno sempre detto che a Pasqua puoi stare con chi vuoi mentre ora mi vietano di stare dove vuoi. E allora starò con milioni di italiani che sceglieranno come me.
In Italia non mi lasciano andare a mangiare al ristorante (solo asporto), a fare la gita fuori porta (solo motoria), perché da casa non si esce, mentre con la famiglia, essendo in quattro, non potremo nemmeno andare dai nonni che abitano a 200 metri da casa.

Che Paese strano. Alle Canarie invece troverò il clima buono, la sera potremo uscire e vuoi mettere l’aperitivo e cena in spiaggia. Anche la gente sarà contenta di vedermi. Ringrazio Draghi che ci consente questa possibilità. Con due semplici tamponi. L’anno scorso Conte lo vietò. Si vede che c’è stato un cambio di passo.

a di Covid.

 

Manega de barlafus

 




La parola d’ordine è sempre e solo “chiudere”. Ma così si dà il colpo di grazia alle nostre imprese

Il fine settimana è stato attraversato da due novità drammatiche e rilevanti. Emerse peraltro in giorni nei quali la nostra Associazione ha lanciato la campagna social “Il Futuro non (si) chiude”, che rappresenta il grido d’allarme per la situazione drammatica che le imprese del commercio stanno vivendo in questo delicato momento storico. Quello che sta avvenendo è la persecuzione, nel nome del contrasto alla pandemia, di un modello di pluralismo imprenditoriale e distributivo che tiene insieme tradizione e innovazione, imprese familiari e società di capitali, persone e territori. Attività che esprimono quell’economia della “socialità” che è il tratto distintivo del “made in Italy”, e che assicurano vivibilità e qualità della vita nelle nostre città e nei centri storici.

Ma è anche un accanimento, perché le notizie picchiano duro e sempre in un’unica direzione. La prima è la conferma dell’area rossa in Lombardia che ha vanificato qualsiasi aspettativa per la settimana pre pasquale del commercio non alimentare. Complice anche le positive condizioni climatiche che potevano offrire un aiuto ai molti negozi di abbigliamento, calzature, gioiellerie. Una perdita di fatturato stimata, secondo i dati elaborati dalla nostra Associazione, in circa 85 milioni di euro, per esercizi considerati dal Governo (non da noi e nemmeno dalla gente comune) non di prima necessità.
La maggior parte di queste vendite si canalizzeranno ancora verso il commercio elettronico con pochissime ricadute sul territorio e nessuna sulla vita dei centri storici. Un colpo tremendo ma non il peggiore perché ce lo attendavamo, considerato che da giorni le anticipazioni sull’andamento della pandemia lasciavano presagire il peggio.

L’altra novità deleteria è l’anticipazione sul proseguimento per l’intero mese di aprile della chiusura delle attività commerciali. Su due piedi è ancora impossibile stabilirne la ricaduta economica e speriamo che, come poi verificatosi in Germania, si possa tornare indietro rispetto agli annunci.
Ad ogni modo la comunicazione è stata devastante da un punto di vista morale. Un colpo pesante, forse “di grazia” verso l’istinto di sopravvivenza dei migliaia di imprenditori coinvolti che stanno pagando un prezzo assurdo e spropositato verso il contrasto alla pandemia. Le reazioni delle persone coinvolte, imprenditori ma anche lavoratori, non mancano: un mix di depressione, rassegnazione e si avverte persino l’aumento della rabbia sociale. Come è possibile tenere chiusi i negozi e vuoti i ristoranti quando gli assembramenti sono frequenti e dappertutto? Perché devono pagare solo alcuni?

Queste dichiarazioni sul prolungamento sono un grave errore del Governo e del Premier Draghi. Quando il Ministro della Salute interviene sui giornali racconta le sue ragioni (che riconosciamo come valide), senza però dare spazio al contraddittorio o alla sintesi di chi rappresenta anche altri interessi. Speranza non offre mai soluzioni a problemi che affliggono milioni di italiani. La parola d’ordine è “chiudere e basta”. Come se non costasse niente a nessuno. E quando vuole essere più gentile chiede un ulteriore sforzo come se fossimo sempre e solo all’inizio, e come se questo passo fosse realmente ancora sostenibile.

Ci aspettavano molto da questo nuovo Governo e dal suo presidente del consiglio e sapevamo che Draghi non potesse fare miracoli ma pensavamo che fosse più capace, rispetto al precedente, di trovare un equilibrio tra i delicati interessi in gioco. E che potesse assumersi maggiori responsabilità nell’affermare che anche questa economia, che è parte integrante del sistema Paese, è fondamentale per l’Italia e gli italiani. Invece, constatiamo che non c’è alcuna reale protezione degli interessi in gioco, né volontà e né capacità di trovare strade nuove rispetto a prima. Chiusura ad oltranza, contributi irrisori e annunci clamorosi. Mentre una parte di italiani affronta la seconda e personale tragedia di questa pandemia.

 




Paese che vai, Pasqua che trovi: la rinascita sulla tavole del mondo

Dalla Croazia alla Spagna, dalla Grecia alla Germania: andiamo alla scoperta delle ricette tipiche che arricchiscono le festività pasquali

Paese che vai, tradizioni, ricette e (soprattutto) menu che trovi. Le abitudini degli europei in tavola nella settimana di Pasqua non fanno certo eccezione: ognuno ha le sue e, a voler vedere, come ci si sposta di latitudine, sanno modificarsi in modo così radicale che in certi casi si fa persino fatica a raccoglierle tutte. Eppure, ci sono almeno un paio di capisaldi della tradizione che sono comuni a tanti Stati del Vecchio Continente. L’agnello, per esempio, ma specialmente le uova – seppure preparate in modi anche diversissimi da un Paese all’altro – potrebbero farci sentire un po’ più a casa se, in occasione della Pasqua, dovessimo trovarci seduti a tavola in qualsiasi altro posto in Europa, lontano dall’Italia. Dall’Osterlamm tedesco al Gigot d’Agneau alla francese, fino allo stufato portoghese, il piatto forte della tradizione pasquale in Francia, in Germania e in Portogallo è senz’altro l’agnello che – attenzione – nei Lander tedeschi è declinato anche nella versione da dessert. 

Da quelle bollite a quelle decorate a mano, proposte alla fine del pranzo oppure, come in Croazia e in Polonia, fin dalla prima colazione, le uova sono senz’altro le protagoniste della Pasqua non solo in Italia e in Europa, ma un po’ in tutto il mondo, e il perché è presto spiegato: associate spesso alla fecondità della primavera, le uova – anche per la loro forma molto particolare – hanno sempre rivestito un ruolo unico, quello del simbolo della vita in sé, ma anche del mistero, quasi della sacralità. Nell’iconografia cristiana, l’uovo è il simbolo della Resurrezione (leggi, della Pasqua), dove il guscio rappresenta la “tomba” dalla quale esce un essere vivente, mentre per i pagani l’uovo è il simbolo della fertilità e dell’eterno ritorno alla vita.

Ma torniamo alla tavola e alle tante specialità che arricchiscono dalla notte dei tempi i banchetti delle famiglie europee: c’è chi, come in Russia, festeggia con il porcellino al forno e chi invece, come greci, rumeni e spagnoli, si prepara ad abbuffate (anche di dolci) con zuppe dai mille, caratteristici, sapori. Vale la pena, dunque, iniziare una sorta di rapido viaggio per l’Europa, immaginando di salire su un moderno Orient Express, che ad ogni fermata ci fa visitare un Paese diverso e conoscere alcune delle sue specialità.


Spagna

Immaginiamo di partire a ovest del Vecchio Continente, e di cominciare a indagare tra le specialità della caliente Spagna. Qui ci si prepara alla Pasqua durante la Settimana Santa che, per rispettare la tradizione di magro (i giorni che precedono la Pasqua fanno pur sempre parte della quaresima), concede alla tavola zuppe all’aglio o alle cipolle, con pane raffermo e paprika e una speciale “zuppa della vigilia” con baccalà, ceci e spinaci. Protagonista dei giorni che precedono la festa, il baccalà è spesso cucinato anche sotto forma di crocchette o in frittelle ed è presente anche nel Pa torrat del Venerdì Santo, un pane tostato al forno, con olio, aglio e formaggio, oppure con acciughe fritte e cipolle. Un po’ meno magro, è invece l’Hornazo castigliano, una torta di pane ripiena di uova, lombo di maiale e prosciutto, di cui c’è anche una versione dolce a base di mandorle, zucchero, anice e uova. Sempre in Castiglia la specialità è il Cochinillo asado, un maialino di 6 settimane preparato al forno.
E non c’è pranzo delle feste che non si concluda con uno o più dolci della tradizione. La Mona è una torta tipica catalana decorata con nocciole e uova colorate, ci sono poi le Torrijas, fette di pane fritto spolverate di zucchero e cannella, le Flores de Semana Santa, dolci croccanti a forma di fiori fritti in olio; i Bartolillos, ravioli fritti ripieni di crema pasticciera, le Rosquillas (ciambelle fritte aromatizzate all’anice), il Pestiños, dolce di origine araba tagliato a quadrato con due lembi ripiegati e bagnato con miele. E ancora: i Buñuelos, simili alle nostre frittelle e la Leche frita, crema fritta tagliata a pezzetti. 

Francia

Dalla Penisola iberica ai cugini francesi, per trovare il classico Gigot d’Agneau, che altro non è che il nostro cosciotto d’agnello che viene marinato nell’aglio, sale, pepe e olio d’oliva e poi arrostito al forno. È servito tradizionalmente con fagiolini e patate stufate e, in Provenza soprattutto, è insaporito con le classiche spezie locali. Arrosto, in crosta, allo spiedo e stufato, a Pasqua l’agnello in Francia è un piatto che si declina in tante ricette, anche a mo’ di spiedino (le tipiche brochettes d’agneau).
E se in Italia spopola la Torta pasqualina, ad accompagnare l’agnello Oltralpe c’è il Pâté de Pâques, una sorta di timballo ripieno di carne e uova, anche questo declinato in molteplici varianti. Uova e agnello sono così popolari in Francia, che li ritroviamo anche nei dolci. In Alsazia, in particolare, si preparano anche dei biscotti a forma di agnello.

Germania

Prossima fermata Germania, dove l’agnello pasquale è così tradizionale che lo si ritrova anche alla fine del pasto. L’Osterlamm (letteralmente, appunto, agnello di Pasqua) è un tipico dolce, preparato in molte varianti diverse. A parte i piatti tipici come l’Hefezopf (un tipo di brioche) e le uova bollite e colorate a mano, le tradizioni moderne si sono spostate da qualche tempo a questa parte verso il cosiddetto brunch, dove non possono mancare omelette e uova in salsa verde. Un’altra tradizione riguarda invece il giovedì santo, giorno in cui c’è l’abitudine di servire in tavola una zuppa di cerfoglio.

Osterlamm

Inghilterra

Prima di proseguire verso Est, immaginiamo di continuare il nostro viaggio puntando a Nord. E così dalla Germania ci trasferiamo in Inghilterra, dove l’agnello arrosto tradizionale è senz’altro il piatto più tipico delle feste pasquali. Gli amanti del cioccolato non possono sfuggire ai Brownies con le uova di cioccolato cremoso. Gli Hot cross buns sono invece dei panini al latte aromatizzati con cannella o chiodi di garofano, arricchiti con uvette e con una croce di pastafrolla in superficie. Ha invece un richiamo più religioso la Simnel cake, una torta la cui decorazione richiama i 12 apostoli: è un dolce arricchito da due strati di marzapane, ripieno di bucce di limone candite e di frutta secca.

Finlandia

Una delle tradizioni più popolari in Finlandia è mangiare il Mämmi, un budino al malto servitor con panna o gelato alla vaniglia. Il piatto viene di solito consumato durante il venerdì Santo e, in generale, durante il periodo di digiuno, di certo molto più che nel resto dell’anno.
Tra i piatti tipici della festa il Pasha, a base di formaggio simile al quark, analogo alla Pashka russa e alla Pasca rumena, di forma circolare con al centro una croce di pasta, e il Mammi, un budino di farina di segale condito con melassa che si consuma freddo con panna e zucchero.

Russia

Dal Nord ci spostiamo verso est e più precisamente nella sconfinata Russia, dove la Pasqua è sinonimo soprattutto di dolci. In tavola, al posto del coniglio, non può mancare il porcellino al forno, fatto marinare con succo di limone, pepe e alloro, quindi salato, imburrato e cotto in forno. Ma è appunto al termine del pranzo che le famiglie russe danno il meglio di sé. Il dolce principe dai monti Urali al confine con la Cina è senz’altro il kulish o koulich, un grosso muffin lievitato coperto con glassa di zucchero o zucchero a velo.

Polonia

Dalla Russia torniamo a spostarci di nuovo verso ovest e ci fermiamo in Polonia, un Paese prevalentemente cattolico, in cui piatti tipici come la Pasha, simile alla Paska russa, e il Mazurek, sono serviti di solito nei giorni di festa. Il Mazurek è una torta sottile realizzata con uno strato di frolla e uno di una pasta diversa, più morbida. Il dolce può essere guarnito con marmellata, cioccolato o con altre creme. Le uova sono invece le protagoniste della mattina di Pasqua: accanto a loro, per una colazione-pranzo molto ricchi, compaiono prosciutto cotto e salsicce, un po’ come avviene in Croazia.

Mazurek

Romania 

In Romania a Pasqua si cucina il Kozunak, una sorta di panettone preparato in diverse varianti, la più comune sembra essere quella con i semi di papavero. Un’altra specialità molto diffusa è la Ciorba, una zuppa acida cui vengono accostati generalmente arrosti di manzo e sformati di agnello. Il dolce tipico di Pasqua è la Pasca, una torta al formaggio.

Croazia

Il nostro viaggio in giro per l’Europa volge quasi al termine, ma prima del capolinea è d’obbligo una fermata in Croazia dove, come in gran parte del Nord Europa, le uova bollite e decorate a mano non mancano mai. Con una variante del tutto particolare: ogni commensale ha un uovo nella mano e deve colpire l’uovo dell’avversario per vedere quale dei due ha il guscio più duro. Vince chi possiede l’uovo che resiste meglio all’urto. Durante la Pasqua, tra i cibi più utilizzati ci sono il prosciutto cotto, le cipolline dolci, il radicchio e il rafano. Ma il piatto davvero tipico è il Pinca, un tipo di pane dolce, simile al Hefezopf tedesco. 

Grecia

L’ultima fermata del nostro immaginario Orient Express ci porta in Grecia, dove si festeggia la Pasqua ortodossa con la zuppa Maghiritsa, preparata con interiora di agnello tagliate finissime e lessate con cipolla, aneto, riso. Accompagna tutto una salsa a base di uovo e di limone. Le interiora d’agnello possono essere gustate anche allo spiedo (il piatto si chiama Kokoretsi), mentre il dessert tipico si chiama Tsoureki ed è un pane dolce lievitato, aromatizzato con semi di ciliegio selvatico e decorato con uova sode. Il pandolce è tipico anche in Olanda, dove prende il nome di Paasbrod: è arricchito all’interno con uva passa e ribes, ed è morbido come una ciambella.




Ristorazione e vino di qualità. Si apre il bando #iobevolombardo

Dalla Lombardia 2,6 milioni di euro per sostenere il sistema vinicolo e gli operatori dell’Horeca: obiettivo favorire e incrociare domanda e offerta a livello territoriale

Sostenere il vino e, di riflesso, i ristoratori del territorio: è l’obiettivo del bando #iobevolombardo di Regione Lombardia che mette a disposizione 2,6 milioni di euro per sostenere il sistema produttivo vinicolo di qualità e gli operatori della ristorazione a seguito dell’emergenza Covid.
Due le fasi del bando: la prima fase consiste in una manifestazione di interesse rivolta ai produttori e/o imbottigliatori dei vini Dop, Docg e Igp e ha lo scopo di raccogliere le adesioni da parte dei produttori/imbottigliatori al fine di costituire un elenco di fornitori di vini di qualità, disposti a ricevere un numero di voucher proporzionale agli ettolitri imbottigliati nel 2019 al fine di favorire l’offerta di vino di qualità, al consumatore attraverso gli operatori della ristorazione che parteciperanno all’iniziativa (fase 2). Tra le novità dell’edizione 2021 del bando la possibilità per la cantina/imbottigliatore di cedere i voucher all’agente mono/plurimandatario e l’ampliamento dei codici Ateco (I.56.10.11 – Ristorazione con somministrazione, 56.21 – Catering Eventi Banqueting, 56.30 primario o secondario – bar, pub, enoteche …. – 55.10 hotel).

Le risorse
A disposizione per l’intero bando 2.641.000 euro. Il produttore/imbottigliatore che ha aderito alla manifestazione di interesse avrà diritto nella Fase 2 a ricevere un numero di voucher secondo la sua capacità produttiva: aziende che imbottigliano fino a 100 hl 6 voucher; aziende che imbottigliano da 100 a 500 hl 20 voucher; aziende che imbottigliano oltre i 500hl 40 voucher.
Il produttore/imbottigliatore che ha aderito dovrà vendere il vino di qualità al prezzo di mercato. Il voucher ha un valore di € 250, l’operatore della ristorazione potrà beneficiare al massimo di due voucher.

Condizioni
Nel caso in cui produttori/imbottigliatori di vini di qualità lombardi si avvalgano di agenti mono o plurimandatari per la commercializzazione dei propri vini, i voucher potranno essere ceduti a questi, al fine del rimborso presso. Il produttore/imbottigliatore di vini di qualità lombardi, in caso decida di avvalersi di agenti mono o plurimandatari per la commercializzazione dei propri vini oggetto dei voucher, dovrà indicarlo nel modello di domanda.
Il valore del voucher verrà riconosciuto da Unioncamere Lombardia al produttore/imbottigliatore, che emetterà la fattura propria o presenterà quella dell’agente mono o plurimandatario se indicato in domanda, scorporando la quota del voucher. Il voucher può rappresentare fino a un massimo del 60% del valore della fornitura.

Tempistiche
Le domande potranno essere presentate a partire dalle ore 12.00 del 29 marzo fino alle ore 17.00 del 26 aprile tramite il sito http://webtelemaco.infocamere.it .
La finestra per la presentazione domande della Fase 2 va dal 17 maggio al 18 giugno.
Tutti i dettagli del Bando e la Documentazione Online




Partite Iva e liberi professionisti. A Bergamo nel 2020 crollo del 17%

Matteo Mongelli, presidente Confcommercio Professioni di Ascom: “Bene il Decreto Sostegni ma servono ristori più alti, protezione economica e un nuovo sistema di welfare”

Ristori più alti, protezione economica e nuovo sistema di welfare per i liberi professionisti. Sono queste le richieste avanzate da Ascom Confcommercio Bergamo per i liberi professionisti, una categoria molto variegata e di fatto più suscettibile ai contraccolpi economici causati dalla pandemia. I dati dell’Agenzia delle Entrate confermano il trend in atto: nel 2020 in Bergamasca le nuove partita Iva sono calate del 17%, e al crollo dei fatturati già esigui per la categoria dei liberi professionisti si sono contrapposti ristori irrisori o addirittura assenti.
“Grazie all’intervento di Confcommercio Professioni siamo riusciti ad ottenere l’estensione di alcuni vantaggi come le moratorie fiscali e contributive per tutti i professionisti colpiti dagli effetti dell’emergenza sanitaria – sottolinea Matteo Mongelli, presidente Confcommercio Professioni di Ascom Confcommercio Bergamo -. Queste misure non sono però sufficienti e occorre continuare sulla strada già intrapresa dal Governo per una nuova protezione sociale del lavoro autonomo. La recente introduzione sperimentale nella Legge di bilancio dell’Iscro, l’ammortizzatore sociale per i professionisti iscritti alla gestione separata Inps, va proprio in questa direzione”.

Scenari di welfare a parte, l’emergenza sanitaria pesa come una spada di Damocle sulla categoria nonostante i nuovi ristori previsti dal Decreto Sostegno: “Il Decreto non dà le risposte sperate perché, anche se finalmente supera il criterio dei codici Ateco ed estende gli indennizzi a tutti i professionisti con partita Iva, prevede purtroppo la corresponsione di somme irrisorie rispetto alla perdita subita nell’anno – prosegue Mongelli -. Lo stesso vale per la definizione agevolata degli avvisi bonari e le sospensioni di adempimenti e versamenti tributari previsti che sono un primo passo ma non sufficienti e tantomeno risolutivi. L’annuncio di ulteriori scostamenti di bilancio fa ben sperare per la categoria e ci auguriamo non arrivino troppo tardi rispetto alle urgenti esigenze di liquidità dei professionisti”.

Così come sono necessarie misure contingenti di salvaguardia e di sostegno alla categoria, occorre tener conto dei cambiamenti in essere sul mercato del lavoro. “Anche nel nostro territorio si stanno affermando due fenomeni: la crescita delle libere professioni non ordinistiche, che rappresentano un terzo delle partite Iva, e il fenomeno delle carriere intermittenti e discontinue tra lavoro dipendente e lavoro indipendente che coinvolgono sempre più persone – conferma il direttore di Ascom Confcommercio Bergamo, Oscar Fusini -. Molti lavoratori passano infatti da una posizione ad un’altra non solo per ragioni di difficoltà per la perdita del lavoro ma anche per ragioni di opportunità: il lavoro autonomo consente infatti di crescere professionalmente e anche il mercato del lavoro si sta adeguando. Per questo non è più pensabile definire le libere professioni come step intermedio verso il lavoro dipendente ma rappresentano una scelta di vita e professionale. Nei prossimi mesi, con il termine del divieto di licenziamento, apriranno molti nuovi liberi professionisti perché molte persone saranno alla ricerca di uno sbocco occupazionale. Con la crisi generata dalla pandemia occorrerà valutare come sostenere il reddito di questi soggetti, comunque attivi rispetto ai percipienti il reddito di cittadinanza. Riteniamo quindi sia necessario definire in modo strutturale un sistema di protezione per i liberi professionisti, oltre a politiche attive e a un welfare specifico”.

I dati dell’Osservatorio delle Partite Iva dell’Agenzia delle entrate

Dai dati pubblicati pochi giorni fa dall’Osservatorio delle Partite Iva dell’Agenzia delle Entrate emerge che il 2020 è stato l’anno orribile per tutto il mondo delle partite Iva che ha visto crollare nella nostra provincia le nuove aperture del 17,3%, ben 1.390 in meno rispetto al 2019.
Le nuove imprese sono scese del 20,2% mentre i liberi professionisti dell’11,2%.  A incidere sono stati soprattutto i due periodi di lockdown, in particolare quello della primavera del 2020 – con perdite del -70% in aprile e -50% a marzo – ma anche il secondo periodo di restrizioni ha comportato un calo a ottobre (-12%) e a dicembre (-10,7%). Il peso di Bergamo, che a gennaio era appena sopra il 9% a livello lombardo, ha totalizzato la perdita di due punti percentuali (7,5%) ad aprile ma anche a dicembre ha perso rispetto alla media regionale (8,3%), toccando l’8,7% di media annuale. Rispetto all’Italia, l peso di Bergamo è calato mediamente di 0,2 punti per cento.
Il crollo di natalità dei liberi professionisti c’è stato anche se meno marcato di quello delle nuove imprese e il rapporto tra nuovi liberi professionisti e nuove partite Iva ha raggiunto la media del 34,0%. Questo vuol dire, quindi, che nel 2020, circa tre su dieci nuove partite Iva non erano imprese ma professionisti: il dato più alto mai visto dal 2018 in poi. Nonostante ciò, l’andamento dei nuovi professionisti ha comunque tenuto nel primo semestre per poi calare più vistosamente nel secondo (27,1% contro i 39,4% del primo semestre), quando da una parte è ripartita, seppur in diminuzione rispetto al 2019, la creazione di nuove imprese, e dall’altra lo scenario del perdurare della pandemia ha fatto desistere molti aspiranti.




Bergamo, al via i controlli nei ristoranti che svolgono il servizio mensa

Fusini, direttore di Ascom: “Il servizio è una deroga ma va svolto nel piena rispetto della legge. Sul nostro sito l’elenco dei ristoranti associati in regola”

Dalla prossima settimana scattano i controlli da parte della Polizia Locale a tutte quelle attività di ristorazione che svolgono servizio di mensa in città a beneficio di lavoratori di studi, imprese, ecc.: un’attività, questa, pensata non solo per contrastare eventuali irregolarità, ma soprattutto per tutelare tutti coloro che nel settore rispettano le regole, tra tanti sacrifici e difficoltà in questo periodo così delicato per il perdurare dell’emergenza sanitaria covid19 nel nostro Paese. Nella nostra città sono poco meno di 30 i ristoranti che si sono “convertiti” a mense aziendali, nelle scorse settimane.

La norma

Come si legge anche nel più recente Dpcm, nelle zone arancioni e rosse “continuano a essere consentite le attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, nei limiti e alle condizioni di cui al periodo precedente”. La possibilità di svolgere servizio mensa alle aziende non può però rappresentare una scorciatoia di ristoranti, bar, trattorie per accogliere in pausa pranzo, oltre ai lavoratori, anche altri clienti: in caso di mancanza di uno o più requisiti previsti dal Ministero sono previste sanzioni. Lo scopo della disposizione è quello di lasciare la possibilità di risolvere il problema della pausa pranzo per tutte quelle aziende che non possono ricorrere allo smart working e che non hanno una mensa interna e, dunque, necessitano di una soluzione per gestire in modo sicuro la pausa pranzo dei propri dipendenti.

L’iter per trasformare un ristorante in mensa aziendale è piuttosto preciso. Prima di tutto deve esistere l’autorizzazione da parte delle autorità territoriali, che avviene, in questo momento di emergenza covid19, in modo semplificato. Sarà poi fondamentale l’esistenza di uno specifico contratto di mensa aziendale tra ristorante e azienda, che preveda delle specifiche convenzioni per il pranzo, concesse solo nei giorni lavorativi. La copia di questo contratto dovrà poter essere mostrata su richiesta degli organi territoriali, insieme all’elenco nominativo del personale beneficiario del servizio (il tutto rispettando la Privacy Policy). È chiaro quanto la verifica di questi due requisiti sia alla base dei controlli che scatteranno nei prossimi giorni in città.

“Conosciamo – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo – le difficoltà economiche e finanziarie delle attività di ristorazione che sono in asfissia da mesi e il bisogno del servizio di ristorazione che oggi è precluso. Dobbiamo però ricordare che il servizio mensa dei ristoranti è una deroga che abbiamo ottenuto e che deve essere svolta nel piena rispetto della legge, pena la sanzione con chiusura del locale. Temiamo inoltre il rischio di un cambio di direzione delle autorità con il divieto di erogazione del servizio. Oltre ad aver seguito diverse decine di ristoranti che hanno richiesto l’estensione del servizio, Ascom pubblica l’elenco dei ristoranti che svolgono un servizio mensa a disposizione delle potenziali aziende clienti del servizio”.

“In città – spiega Cesare Rossi, vicedirettore di Confesercenti Bergamo – abbiamo istituito uno sportello ad hoc per accompagnare i ristoratori a diventare mense in questo periodo d’emergenza e abbiamo interloquito con moltissime Amministrazioni della Provincia per agevolare e rendere omogenei i processi autorizzatori. Anche per questo motivo abbiamo accolto con favore la comunicazione del 12 marzo, nella quale Regione Lombardia invitava i Comuni a semplificare e snellire le procedure in capo alle imprese. È però doveroso richiamare le poche prescrizioni rimaste per evitare eventuali sanzioni, anche a favore della correttezza degli operatori che seguono con attenzione le regole, che ci tengo a ribadire: a oggi il servizio mensa è possibile previo accordo/convenzione firmato dalle parti che preveda un elenco dei dipendenti potenziali utilizzatori del servizio mensa nei pubblici esercizi; il servizio mensa a oggi non è possibile per lavoratori autonomi e indipendenti”.

“Durante tutto il periodo dell’emergenza sanitaria – conclude la Comandante della Polizia Locale Gabriella Messina – gli agenti di via Coghetti ha svolto una grande attività di supporto alla cittadinanza, svolgendo una puntuale attività di controllo sul rispetto delle prescrizioni previste per ridurre il più possibile la possibilità di contagio. Anche in ambito commerciale, la Polizia del Comune di Bergamo ha svolto numerosi controlli su tutte le attività presenti nella nostra città, cercando soprattutto di spiegare quali regole e quali modalità fossero da mettere in atto, consapevoli del grande sforzo di adeguamento e responsabilità chiesto agli esercenti della città durante la pandemia. Alcune attività sono state sanzionate perché, palesemente e a volte anche consapevolmente, non hanno rispettato le norme. Ma l’attività di sanzione – prosegue Messina – è a tutela dei fruitori di questi esercizi, ma soprattutto doverosa verso tutti coloro che, con grandi sacrifici, cercano di rispettare le regole e coloro che, non essendo in grado di rispettare le prescrizioni in alcuni casi, decidono di chiudere l’attività. Durante il 2020 sono stati svolti 5512 controlli e comminate 24 sanzioni, nel 2021 i controlli sono stati 1573, con un totale di 49 sanzioni.”




Stezzano, il paese dei record. Ma in negativo

Alla fine il Comune di Stezzano ce l’ha fatta. Mancava solo l’aumento delI’Imu per vincere il premio del paese bergamasco più esoso.

Con l’ultima manovra sull’imposta sugli immobili, del resto, Stezzano non primeggia solo in Bergamasca ma si sta giocando la leadership anche a livello nazionale. Competere con molti paesi del Sud Italia dove le tasse sono fissate ad aliquota massima perché le pagano solo i non residenti non sarà facile. Stezzano sbaraglierà tutti perché è nella provincia di Bergamo (terra efficiente per antonomasia) e perché il nuovo salasso lo sosterranno i suoi cittadini residenti (e i loro malaugurati inquilini a divenire con l’aumento dei canoni d’affitto).

Dopo la “brillante” amministrazione targata Poma, tra i primi sindaci italiani ad introdurre la tassa di soggiorno giustificando che Stezzano era attrattiva quanto Venezia e Roma capitale (pur senza i marciapiedi per i turisti vedi hotel Mercure di Stezzano), pensavamo di migliorare. La Poma giustificò la tassa di soggiorno come l’alternativa all’aumento dell’Imu e questo la rese meno antipatica agli occhi dei cittadini che morivano dalla voglia di veder pagare da turisti e operatori delle imprese (che lasciano risorse al territorio e creano posti di lavori) l’ennesimo rifacimento di piazza Libertà.

Ora è arrivata la nuova Giunta comunale presieduta dal sindaco Tangorra. Di marciapiedi per i turisti, oppure di navette da e per l’aeroporto che aiuterebbero (e aumenterebbero) i turisti (e la tassa di soggiorno) non se ne parla proprio. Iin compenso si aumenta l’Imu, portandola a livelli record raschiando l’ultimo fondo del barile del ventaglio erariale. L’aumento è al 10 per mille contro il 10,60 per mille di aliquota massima ma, visto l’andazzo, il tempo per sbaragliare anche questo record non mancherà.

Giustificazioni addotte? Il buco di bilancio della precedente amministrazione e l’aliquota allineata a molti altri Comuni. Geniali, perché originali. Secondo il Sindaco la scelta è dolorosa in tempi di pandemia. Eccome, ma sembrano le classiche lacrime di coccodrillo.

Forse bisognerebbe fare una seria analisi dell’efficienza dei servizi, per ridurne i costi e verificare la qualità per migliorarla, giustificando questi pesanti aumenti. Guardando i Comuni che hanno aliquote più basse e non quei pochi (e peggiori) che hanno aliquote più alte. Chiedere, a riprova, a cittadini e imprenditori che queste imposte le dovranno pagare.

Einstein

 




Dehors, in città procedure semplificate per tutto il 2021

Confermati anche gli oltre 200 spazi di somministrazione all’aperto realizzati nel 2020. Tutti gli spazi, inoltre, saranno esentati dal pagamento del nuovo canone unico patrimoniale

Anche per il 2021 Bergamo punta ad arricchire le sue piazze e i suoi giardini di dehors e spazi di somministrazione all’aperto. Il perdurare dell’emergenza sanitaria e delle limitazioni di capienza a cui sono e saranno soggetti anche nei prossimi mesi bar e ristoranti motiva l’Amministrazione comunale a replicare la sperimentazione che nell’estate dello scorso anno portò ad autorizzare oltre 200 tra nuovi dehors e ampliamenti di quelli esistenti, conciliando così sicurezza sanitaria e sostegno alle attività di ristorazione e somministrazione.
Lo scorso anno, il Sindaco Giorgio Gori, aveva, in occasione della riapertura di bar e i ristoranti in città il 18 maggio 2020, firmato un’ordinanza per agevolare l’ampliamento dei dehors esistenti e la creazione di nuovi di spazi di ristorazione e di somministrazione all’aperto. Non solo, il Comune di Bergamo aveva anche previsto l’esenzione della COSAP a partire dai primi di marzo 2020 fino alla fine dell’anno: la gratuità è stata poi prorogata ed è allo stato attuale ancora vigente per effetto dei diversi decreti legge emanati mesi scorsi.

Anche nel 2021 la scelta è di andare in questa direzione e sarà diffusa un’ordinanza che dispone un pacchetto di provvedimenti che vengono incontro agli esercizi commerciali anche in questo 2021. L’ordinanza prevede innanzitutto, in base a quanto disposto dal recente Decreto Sostegni del Governo Draghi, che la procedura semplificata per l’installazione o l’ampliamento di dehors su strade e piazze della città rimanga in vigore fino al prossimo 31 dicembre, con le modalità previste già lo scorso anno.

L’Amministrazione di Bergamo ha poi deciso di prorogare tutti i dehors che sono stati richiesti e previsti lo scorso anno attraverso le procedure semplificate: confermati, quindi, fino al 31 dicembre 2021 gli oltre 200 spazi di somministrazione all’aperto realizzati in città nel 2020.

Non solo procedura semplificata: tutti gli spazi saranno esentati dal pagamento del nuovo canone unico patrimoniale (che dal 2021 ha sostituito il Canone di Occupazione del Suolo e Aree Pubbliche) almeno per il primo semestre del 2021: lo ha stabilito il Governo, che contestualmente ha stanziato 165milioni di euro per compensare i Comuni della mancata riscossione della tariffa a cui sono soggetti tutti i dehors fino al prossimo 30 giugno.

“Al momento possiamo assicurare la gratuità fino al 30 giugno – sottolinea il Sindaco, Giorgio Gori – , seguiamo con attenzione il percorso di conversione della legge nazionale, che potrebbe ulteriormente prorogare la gratuità dell’occupazione del suolo pubblico, e lavoriamo, in alternativa, per capire di quante risorse il Comune di Bergamo potrà disporre, per decidere eventuali autonome agevolazioni per dehors e spazi di somministrazione all’aperto. L’obiettivo è quello di incoraggiare una “convivialità sicura”, come quella che può avvenire negli spazi aperti, e dare sostegno ai ristoratori e baristi della città, particolarmente penalizzati dalle restrizioni collegate al perdurare della pandemia”.




Imprese del terziario, percorsi di vaccinazione nei presidi già in funzione e non in azienda

Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom: “Riteniamo sia la soluzione più appropriata per ragioni logistiche, costi e rischi conseguenti alla vaccinazione di titolari e addetti”

Per le imprese del terziario, soprattutto quelle di piccole dimensioni, la vaccinazione in azienda è impossibile: sarebbe meglio individuare dei percorsi all’interno dei presidi già in funzione. È questa la posizione di Ascom Confcommercio Bergamo in merito alla campagna vaccinale a seguito delle molte richieste pervenute in sede da parte degli associati. “Sono oltre 20 mila i lavoratori del terziario che quotidianamente e anche in zona rossa sono a contatto diretto con i loro clienti e quindi sono soggetti a rischio – afferma Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo -. Negli ultimi giorni abbiamo ricevuto tante richieste da parte dei nostri associati, sia della attività più grandi e strutturate sia di quelle piccole e piccolissime”.

Di fatto, per il mondo del terziario, il 17 marzo scorso Confcommercio Lombardia e Federdistribuzione avevano già aderito al protocollo per la partecipazione delle aziende produttive Lombarde alla campagna vaccinale anti Covid-19. Il protocollo prevede che l’attività vaccinale in azienda sia a cura del medico competente e sia oggetto di monitoraggio da parte della ATS, anche al fine di eventuali rimodulazioni, in considerazione dell’evoluzione dello scenario epidemiologico e delle disposizioni nazionali.
“La Regione Lombardia ha stabilito i principi generali e i requisiti per consentire in sicurezza l’estensione della campagna vaccinale anti Covid-19 alle aziende – prosegue Zambonelli -. Per la somministrazione dei vaccini servono infatti spazi ad hoc per gli accessi, ambienti idonei alla somministrazione, aree per la permanenza post vaccinazione e personale preposto. Per questo motivo riteniamo che tale soluzione possa essere idonea solo per un ristretto numero di imprese di grande e grandissima dimensione che sono in grado di investire nella organizzazione della campagna in azienda, assumendosi i costi per la copertura dei rischi che la scelta comporta. Non vale, invece, per le medie, piccole e piccolissime imprese che rappresentano il 98% delle nostre attività”.

Ascom, già dallo scorso mese di febbraio, con tutte le altre organizzazioni datoriali di Bergamo ha aperto un tavolo di confronto con ATS per la creazione di percorsi di vaccinazione delle imprese associate, all’interno dei presidi già in funzione per la campagna di vaccinazione in corso. “Riteniamo che questa soluzione sia la più appropriata, per ragioni logistiche, costi e rischi conseguenti alla vaccinazione di titolari e addetti, anche perché ad oggi non conosciamo i tempi certi della partenza e Regione Lombardia e ATS non hanno comunicato la disponibilità dei vaccini. A quanto ci risulta non è stato emanato neanche il documento della Direzione Generale che dovrebbe fissare le modalità operative per la fornitura dei vaccini ma stimiamo possa avvenire con la conclusione delle vaccinazioni delle fasce più anziane della popolazione e con l’avvio della campagna massiva. Sarà nostra cura tenere sempre aggiornati i nostri associati” conclude il presidente di Ascom Confcommercio Bergamo.




Oggi è la Giornata europea del gelato artigianale: il gusto del 2021 è il “Mantecado” spagnolo

Una crema antica alla vaniglia, variegata con salsa d’arance e decorata con scaglie di cioccolato fondente

Oggi è il “Gelato Day” e si apre ufficialmente la stagione 2021 del gelato artigianale. L’iniziativa della Giornata Europea del Gelato Artigianale, giunta alla nona edizione e finalizzata a promuovere l’arte gelatiera, sarà caratterizzata dal “Mantecado”, gusto dell’anno scelto dalla Spagna e possibile da gustare anche a casa con il servizio di delivery, visto che in Italia, come in molti altri Paesi d’Europa, non sarà possibile recarsi fisicamente in gelateria per l’emergenza sanitaria. La possibilità di delivery sarà garantita anche attraverso una collaborazione con Deliveroo.

Il gusto Mantecado, una crema antica alla vaniglia, variegata con salsa d’arance e decorata con scaglie di cioccolato fondente, sarà proposto nella sua ricetta originale o nelle creative varianti dei mastri gelatieri in tutta Italia che aderiscono all’evento. Gelato Day, unica giornata cui il Parlamento europeo abbia mai dedicato a un alimento, prevede anche attività social con il nuovo canale YouTube del Gelato Day, che va ad affiancarsi alle pagine ufficiali della Giornata su Facebook e Instagram. L’iniziativa consentirà di scoprire come si prepara il gelato artigianale.

I numeri del gelato artigianale in Europa

La Giornata Europea del Gelato Artigianale, voluta da Longarone Fiere e Artglace e dedicata, in via esclusiva dal Parlamento europeo, a un alimento riconosciuto patrimonio di tutta la filiera.
Il Gelato, infatti, unisce l’Europa e a dimostrarlo sono in numeri: le vendite di gelato hanno raggiunto i 9,5 miliardi di euro nel 2018, pari al 60% del mercato mondiale, con una crescita del 5 % rispetto al 2017 e un numero di addetti pari a 300.000. Le gelaterie artigianali sono sempre più numerose non solo in Italia (circa 39.000 punti vendita), ma anche nel resto d’Europa. Solo in Germania se ne contano 9.000 (di cui 3.300 gelaterie pure e oltre 4.500 di proprietà di italiani) in cui lavorano più di 20.000 persone, di cui la metà di origine italiana. E non sono da meno Spagna (2.200 gelaterie), Polonia (2.000) e Inghilterra (1.100), seguite da Austria (900), Grecia (680) e Francia (450).
Non solo: se un tempo la stagione andava da marzo ad ottobre, oggi non è più così. Si gusta un ottimo gelato artigianale anche per 10 mesi su 12 e già da febbraio viene reclutato il personale per tutta la stagione. Un bene, dunque, non solo per il palato ma anche per l’economia.

La passione di sempre in un contest virtuale

Numerose sono state le singole iniziative intraprese in questi 8 anni per valorizzare il Gelato Artigianale, spesso con grandi risvolti benefici. La soluzione adottata per il Gelato Day 2021 è quella di organizzare un Video Contest, al quale potranno così partecipare i Gelatieri di tutta Europa: distanti ma uniti. Il contest, alla sua prima edizione, è promosso da Artglace e si svolgerà dal 15 febbraio al 30 giugno 2021. Si rivolge ai gelatieri artigiani che svolgono la propria attività sul territorio europeo con la duplice finalità di promuovere, attraverso video, il gusto dell’anno e la volontà di rimanere uniti, nonostante le difficoltà del momento, per celebrare insieme un evento così importante.

Cosa prevede? La realizzazione di un video, della durata massima di 90 secondi, che abbia come protagonista il Gusto dell’anno, lo spagnolo “Mantecado”, la cui ricetta è scaricabile dal sito www.gelato-day.com. I parametri valutati saranno originalità della presentazione, qualità del video, illustrazione del processo produttivo del gusto “Mantecado”, estetica e decorazione della vaschetta.
Tutti i video che rispetteranno i criteri indicati nel regolamento, verranno pubblicati sulla piattaforma ufficiale del Sigep 2021, una vetrina unica per essere visualizzati e conosciuti da un pubblico di esperti internazionale. Fermo restando che la gara è rivolta a gelatieri artigiani europei, saranno comunque ben accetti e pubblicati i video provenienti da nazioni extra europee.