Food Film Fest, le visioni del cibo in scena dal 21 al 25 agosto

Confcommercio Bergamo supporta anche questa edizione. I gelatieri prenderanno per la gola i partecipanti all’inaugurazione della rassegna dedicata a cinema e gustoTorna anche quest’anno il Food Film Fest, festival di cibo e cinema,  giunto all’undicesima edizione, in scena in Città Alta dal 21 al 25 agosto.  Lo spettacolo del gusto porta in Piazza Mascheroni a Bergamo attori, studiosi, scrittori e intellettuali, oltre a produttori e assaggi golosi in degustazione. Il tema dell’edizione 2024 è “Visioni” intese come: Visioni del passato – le tradizioni gastronomiche che hanno plasmato la cultura di ogni popolo, riscoprendo sapori antichi e ricette tramandate di generazione in generazione. Film che ci riportano indietro nel tempo, mostrandoci come il cibo sia stato elemento di identità e coesione sociale. Visioni del presente – le sfide attuali legate all’alimentazione, dall’agricoltura sostenibile alla lotta allo spreco alimentare. Un’occasione per riflettere sul rapporto complesso tra cibo, ambiente e società, e per individuare soluzioni per un futuro più equo e sostenibile. Visioni del futuro – il mondo di domani, dove il cibo sarà protagonista di nuove storie e di nuove soluzioni. Film che esplorano l’innovazione tecnologica nel settore agroalimentare, la ricerca di nuove fonti di cibo e il ruolo del cibo nella lotta al cambiamento climatico. Ad aprire il festival, il 21 agosto, il concerto inaugurale di Tony Berchmans con le scene dei film muti più famosi di sempre, l’incontro con Riccardo Onorato – voce di Jude Law- , Silvia Casini e Raffaella Fenoglio con il loro libro di ricette tratte dai film di Tarantino, lo spettacolo di Michele d’Aquila con le opere di grandi autori. E poi tanti altri ospiti, anteprime, degustazioni e laboratori gratuiti. In occasione dell’inaugurazione della rassegna, mercoledì 21 agosto alle 18, il Gruppo Gelatieri Bergamaschi di Confcommercio Bergamo –  partner del Festival-  sarà presente il 21 agosto alle ore 18 all’inaugurazione di Film Food Festival e proporrà un gelato al gusto Mandorla e Arancia.
Quest’anno il Food Film Fest ha raccolto oltre 500 film provenienti da tutto il mondo che testimoniano le tradizioni, il cibo, l’ambiente, l’amore, la salute e la cultura di paesi a noi lontani e vicini. I film finalisti del concorso cinematografico internazionale competono nelle 3 categorie “Doc”, “Movie” e “Animation” ; sono inoltre previsti due premi inediti come riconoscimenti speciali. Oltre alla maratona di proiezioni in programma, il pubblico potrà assistere anche a due film da sala: “La Fattoria dei nostri sogni” film del 2019 diretto da John Chester e “Delicieux – l’amore è servito” film del 2021 scritto e diretto da Eric Besnard. Il festival – ideato dall’associazione culturale Art Maiora e dalla Camera di Commercio di Bergamo – “serve” sul grande schermo storie di cibo e di vita, che esplorano l’universo del food attraverso lo sguardo di diversi paesi e culture. Un caleidoscopio di visioni che ci invita a riflettere sul cibo non solo come nutrimento, ma come espressione della cultura, dell’identità e delle sfide del nostro tempo.  “Il nostro Festival, fin dall’inizio, ha avuto come obiettivo quello di offrire dei contenuti per il futuro- sottolinea Luca Cavadini, direttore artistico del Film Food Fest-. Per questa edizione si sono candidate ben 579 opere provenienti da 80 nazioni. Di queste, ne sono state selezionate 36 che parteciperanno al concorso. La filosofia di Visioni è proprio quella di rappresentare il cibo, la cultura del lavoro che sta dietro. Abbiamo l’obbligo di lasciare alle future generazioni qualcosa di migliore. È questo l’impegno della nostra visione per il futuro”. Il presidente di Camera di Commercio Bergamo Carlo Mazzoleni ha sottolineato gli importanti risultati raggiunti in questi anni di impegno a fianco dell’associazione culturale Art Maiora: “Siamo già arrivati all’undicesima edizione e possiamo affermare quanto sia ormai un progetto maturo, completo, capace di raggiungere negli anni numeri esponenziali. Questo è un Festival che è cresciuto anche nei contenuti, leggendo e interpretando l’attualità. L’alimentazione è un tema in grado di offrire una lettura a 360° del contemporaneo. La capacità del Festival è stata quella di saper leggere tutte le sfaccettature attorno a questi temi così importanti, in un evento culturale che ci inorgoglisce continuare a promuovere”.  Il  vicesindaco di Bergamo e Assessore alla Cultura Sergio Gandi ha posto l’accento sull’importanza della valorizzazione culturale del cibo: “Creare valore e interesse attorno al patrimonio gastronomico di Bergamo, che è anche Città Creativa UNESCO per la Gastronomia, è un’esigenza che va alimentata attraverso gli sforzi e il lavoro di tutti. Il Food Film Fest è diventato un concorso internazionale e il tema del cibo è davvero di interesse sempre più diffuso. Ma possiamo affermare che il cibo è, oltre che un bene materiale, anche un bene culturale e come tale va promosso. Riguarda da vicino l’impresa, il commercio e il turismo. Grazie a questo Festival siamo in grado di promuovere la nostra città incrociando esperienze di varie culture e creando nuove consapevolezze. Il Film Food Fest, inoltre, diventa un momento prezioso di socialità e aggregazione”. Anche Romina Russo, consigliera della Provincia di Bergamo con delega alla cultura, ha ribadito il valore che il Festival porta alla comunità: “Food Film Fest ha tutte le caratteristiche per essere definito un evento unico per la nostra città e per la nostra provincia. Ci pone in un clima di riflessione sul cibo visto come elemento capace di unire e di rendere consapevoli, non senza un pensiero alle contraddizioni dell’attualità, dai cambiamenti climatici alle  grandi migrazioni alla ricerca di cibo”. Claudio Cecchinelli, responsabile Delegazione di Bergamo e referente del Focal Point – Bergamo Creative City UNESCO ha aggiunto: “Nel 2019 in modo visionario abbiamo messo nella Città Creativa Unesco il Food Film Fest come esempio di attività che attraversa sette aree delle città creative: cibo, cinema, musica e tanto altro. Questa iniziativa è il frutto di una collaborazione che pone la creatività al centro e che permette alle persone di avvicinarsi alla fruizione del cinema”. Oscar Fusini, direttore Confcommercio Bergamo, ha ribadito il valore del festival e l’impegno dell’associazione, oltre a sottolineare che “Come l’anno scorso con i gelatieri prenderemo tutti per la gola, con un gusto creato apposta per il festival”. A confermare l’importanza dell’evento anche Carlo Loffreda di Coldiretti Bergamo che ha messo in luce l’importanza del cibo a livello globale. Tra gli appuntamenti da non perdere, la serata “Pulp Kitchen”, nel quale Silvia Casini e Raffaella Fenoglio presenteranno il loro libro di ricette ispirate ai film di Tarantino. Un viaggio tra piatti iconici come il Big Kahuna Burger e Teriyaki Donuts per scoprire come il cibo diventi strumento di narrazione e caratterizzazione dei personaggi. Riccardo Onorato, doppiatore e attore di fama, svelerà i segreti e le sfide di questa professione affascinante. Un incontro emozionante con “Chef Pinocchio”: Monsignor Giulio Dellavite, delegato vescovile della Diocesi di Bergamo e scrittore, accompagnerà il pubblico ad una riflessione sul cibo come elemento di trasformazione e umanizzazione, partendo da Pinocchio alla scoperta del legame profondo tra cibo, condivisione e rapporti umani. Letteratura e cibo si incontrano in “Dimmi cosa mangi…”: Michele D’Aquila guiderà il pubblico attraverso le opere di grandi autori come Aldo Buzzi, Paolo Villaggio, Wislawa Szymborszka e Pablo Neruda, per scoprire come il cibo diventi metafora di emozioni, ricordi, passioni e identità.

L’iniziativa è patrocinata e sostenuta dal Comune di Bergamo, Regione Lombardia, Provincia di Bergamo, con il contributo di Camera di Commercio di Bergamo, Fondazione della Comunità Bergamasca, e Fondazione ASM. È realizzata in collaborazione con Coldiretti Bergamo, Slow Food Bergamo Valli Orobiche Bassa Bergamasca e Confcommercio Bergamo.
L’impegno di tutti coloro che sostengono la manifestazione garantisce la totale accessibilità del festival: la partecipazione alle proiezioni e a tue gli eventi in programma è infatti a ingresso libero.

In caso di maltempo gli appuntamenti si svolgeranno presso Sala Curò in Piazza della Cittadella. Per ulteriori informazioni sul programma: www.foodfilmfestbergamo.it




Caffè, la resa dei conti nel costo a tazzina, prezzo medio a Bergamo di 1,15 euro

 Tra rincari ed esplosioni del prezzo delle materie urge un’analisi dei costi. Confcommercio Bergamo lancia la campagna a sostegno del caffè di qualità

Rito sociale irrinunciabile, prodotto di punta di ogni bar italiano, il caffè è senza dubbio – nelle sue molteplici varianti –  il prodotto più richiesto al bancone, come al tavolo. Il prezzo medio della tazzina a Bergamo si attesta a 1,15 euro, in base all’ultima rilevazione 2024 di FIPE- Federazione Italiana Pubblici Esercizi, cifra al di sotto della media nazionale che è di 1,19 euro. In Lombardia solo Varese ha un prezzo medio più basso 1,12 euro. Brescia è a 1,20 euro, Milano 1,17 euro e Mantova a 1,28 euro. Tra i valori più alti ci sono Bolzano, con 1,36 euro e Trento,  a 1,31 euro. Tutte le città del Nord superano Bergamo ad eccezione di Genova, Aosta, Rovigo e Varese. L’Italia è il Paese dove l’espresso – orgoglio nazionale-  costa nettamente meno che in altri Paesi: in Francia, Spagna e Grecia si va da 1,50 a 2,50 euro; questo penalizza oltremodo le imprese italiane che già fanno i conti con una struttura di costi e una fiscalità peggiore degli altri Paesi.

 

L’analisi del prezzo di un espresso 

1,15 euro a tazzina significa 1,045 euro al netto di IVA al 10%. Il costo per un caffè di qualità è di euro 0,18 euro per il caffè (considerando che la quantità corretta per un buon caffè è di 7 grammi), 0,15 euro per zucchero dolcificante e latte, 0,60 euro per il personale impiegato e 0,12 per altri costi fissi, quali energia, acqua e affitto locale. Costi che, calcolatrice alla mano,  non sono sostenibili e superano il prezzo. Se infatti si considera, arrotondando per eccesso a 1,20 euro il costo a tazzina, emerge un guadagno di 4 centesimi a espresso (1,09 al netto di IVA).
L’elevato turnover delle attività nel settore, impone una riflessione sulla sostenibilità, dopo un attento esame dei costi della materia prima e di gestione per arrivare a formulare un prezzo che possa garantire continuità all’azienda. L’attuale prezzo medio del caffè, con l’incidenza crescente dei costi anche accessori dal latte allo zucchero, non remunera il lavoro del barista.

L’esplosione del costo della materia prima

Il prezzo del caffè, come accade per altre commodity, dipende da fenomeni che solo parzialmente sono riconducibili al fattore domanda e offerta. Infatti, oltre alle tensioni geopolitiche e ai fattori meteo, occorre anche considerare gli effetti, non secondari, degli interventi sui mercati finanziari dei fondi di investimento, da sempre attenti a fiutare le opportunità di business nel comparto delle materie prime. Il prezzo dell’indice composito ICO, costruito come media ponderata dei prezzi dei principali blend (colombiano, Brasile, Robusta e altri) è andato a crescere sul finire del 2023, ma è nell’’anno in corso che ha avuto una forte accelerazione. Nell’ultimo monitoraggio di FIPE- Federazione Italiana Pubblici Esercizi,  nel mese di aprile, l’indice ICO presenta un prezzo medio del caffè verde di 5,21 euro/kg (216,89 US$cents per libbra). Nella prima metà del mese di aprile 2024, l’Indice composito è aumentato del 21,8% passando da 4,64 euro/Kg (193,39 US$cent per libbra) a 5,60 euro/Kg. (235,50 US$cent per libbra). Molti addetti ai lavori attribuiscono l’impennata dei prezzi alla forte contrazione dell’offerta da parte del Vietnam (che, come è noto, è il principale produttore di robusta), alle condizioni meteo avverse in Brasile, al rafforzamento del dollaro sull’euro che rende sfavorevole il tasso di cambio o, ancora, al dover evitare il passaggio nel Mar Rosso,  che determina l’aumento dei costi di importazione. I maggiori costi assunti dai torrefattori nell’ultimo anno stanno ricadendo a cascata sulla filiera, con aggravio dei costi in fattura per i bar.

La dinamica che vede il prezzo della tazzina fermo da tempo non dipende da elementi virtuosi, quindi da economie di scala raggiunte nella filiera, ma semplicemente dalla debolezza del sistema competitivo (elevato numero di micro-imprese che operano in micro-mercati locali) e da una gestione del business spesso poco attenta al controllo e alla gestione dei costi– commenta Diego Rodeschini, presidente gruppo Caffè Bar e Gelaterie di Confcommercio Bergamo-. Il nostro territorio presenta un prezzo medio della tazzina in linea con le città del sud Italia. Il prezzo in molti locali è troppo basso e spesso il caffè è venduto anche sottocosto”.Siamo di fronte ad un bivio pericoloso– continua Rodeschini-.  I recenti e pesanti aumenti del prezzo della materia prima, dei costi del latte e degli altri prodotti collegati al caffè, insieme  all’aumento dell’acqua e del costo del personale con il rinnovo del CCNL della categoria, aprono a preoccupazioni per la tenuta del sistema. Il prezzo del caffè sale- e di poco-  ogni cinque o sei anni, mentre i costi spesso raddoppiano. Il risultato è che una giornata di espressi al banco risulta davvero poco remunerativa per gli esercenti. La situazione diventa insostenibile per i bar tradizionali che chiudono e per molti altri che scelgono la strada del prezzo basso per caffè di bassa qualità. Il percorso è difficile perché il consumatore esprime preferenza per un prodotto di alta qualità, altrimenti beve il caffè in altro modo, rinunciando al servizio”.  A ciò si aggiunge un secondo rischio: quello di minimizzare l’importanza del servizio e della qualità del prodotto. “Bisogna sfatare il luogo comune secondo cui il prezzo di una tazzina di caffè dovrebbe essere uguale in tutti i bar – aggiunge Oscar Fusini, direttore Confcommercio Bergamo -. Il caffè non è un prodotto ma un servizio e il suo prezzo è la risultante di moltissimi fattori che giustificano appunto la differenza di costo tra un bar e l’altro. Per non proporre un caffè sottocosto si rischia di penalizzare il servizio e la qualità del prodotto. Occorre invece migliorare entrambi, come già avviene per il pane e il gelato artigianale, perché il consumatore è oggi più attento ed esigente e la qualità paga, sempre e comunque. Il consumatore vuole continuare a bere un caffè. Sì, ma buono. Come dice la nostra campagna” .

Confcommercio Bergamo lancia la campagna a sostegno della qualità

 “Ci prendiamo un caffè? Sì, ma buono”

Confcommercio Bergamo vuole dare un forte segnale verso il mantenimento della qualità del servizio che offrono i bar, in un corretto equilibrio tra prezzo, offerta e servizio. Come in ogni altro settore di produzione artigianale di qualità – pane, gelato, ristorazione- che sta  subendo un forte rincaro delle materie prime, è giusto che ci sia un’offerta ad un prezzo contenuto, ma non a scapito delle condizioni di sostenibilità. Per sensibilizzare l’attenzione del pubblico  su tutto ciò che ruota attorno a un buon espresso, Confcommercio Bergamo lancia la campagna “Ci prendiamo un caffè? Si ma buono. Questo bar sostiene il caffè di qualità”. Un adesivo-  in libera distribuzione negli uffici della sede e delle dieci delegazioni territoriali- dal titolo eloquente per dare il giusto valore a tutto il lavoro, dalla selezione della miscela al servizio, dalla manutenzione della macchina  ( dalla pressione alla  temperatura dell’acqua in uscita al tempo di percolazione)  al servizio. Perché come per ogni altro rituale sociale, anche la pausa caffè  richiede e merita le giuste attenzioni, per abbinare alla convivialità il piacere della degustazione.




Avvio d’impresa a rilento e cessazioni in crescita, I semestre negativo per il terziario

Tengono città, hinterland, pianura e Val Cavallina. In difficoltà valli e piccoli comuni

Giovanni Zambonelli

Si preannuncia un anno ancora difficile e interlocutorio per il terziario. Resta critico il quadro che emerge dal saldo tra aperture e chiusure su elaborazione Confcommercio Bergamo su dati camerali. I primi sei mesi del 2024, i più frizzanti storicamente in termini di creazione di impresa, segnalano un rallentamento delle aperture nel commercio, turismo e servizi. Preoccupano le cessazioni, dopo il triste primato del 2022 e il parziale recupero nel 2023. Il totale delle imprese costituite in provincia di Bergamo nel primo semestre 2024 è pari a 2.545, di cui 526 attività ancora in attesa di attribuzione di codice Ateco da parte della Camera di Commercio di Bergamo. Le neo imprese, nate nel I semestre 2024, nei settori del commercio, turismo, ausiliari del commercio e servizi alle imprese sono 633. Il dato evidenzia un rallentamento molto deciso della natalità di impresa nei settori del terziario (erano infatti 863 nel I semestre 2023, con un calo pari al -26,6%). Quanto ai settori, prendono quota solo i servizi alle imprese e gli ausiliari (agenti di commercio e procacciatori), con 19 imprese in più e i servizi del turismo, 5 in più. A perdere ancora insegne il commercio alimentare al dettaglio (– 20) e non alimentare (-8). Infine prosegue il calo sensibile del numero degli ambulanti (– 32). Solo la città vede nel semestre un aumento complessivo di imprese (+14) .Tengono la Val Cavallina (con saldo, del tutto invariato, a 0) e la pianura (-4). In calo l’hinterland (-7) e l’Isola (-11). In difficoltà le valli: Val Seriana e la Val di Scalve(-17), Val Brembana, Valle Imagna e Val Brembilla (-10). Le chiusure di questi primi sei mesi del 2024 sono 669, in aumento rispetto al I semestre 2023 (quando erano 557, + 112 in più, + 20,1%). Il saldo semestrale tra aperture e chiusure è negativo, con – 36 imprese. Nel commercio non alimentare la crisi colpisce i negozi. Per il settore abbigliamento si registrano 57 chiusure contro 26 aperture, meno della metà. Il saldo del commercio non alimentare è tenuto in equilibrio dall’apertura di imprese nel commercio elettronico con 85 nuove iscritte (contro le 55 chiusure) e di 44 imprese che commercializzano auto (contro le 14 cessate). La crisi dei consumi sta producendo un conto molto salato. Confcommercio Bergamo stima che solo un terzo delle chiusure interessi titolari per raggiungimento dei limiti dell’ età pensionabile. Il timore è che la maggior parte delle chiusure sia attribuibile alla fragilità del progetto imprenditoriale e delle competenze. E, in un momento in cui il ricambio generazione è particolarmente critico, solo una piccola parte delle imprese costrette ad abbassare la saracinesca può contare su una continuità familiare o da parte di terzi. “I numeri non fanno che confermare in modo molto crudo difficoltà che si protraggono da tempo, una realtà difficile con cui purtroppo ci dobbiamo confrontare costantemente- commenta Giovanni Zambonelli, presidente Confcommercio Bergamo-. I motivi sono i più svariati e tutti concatenati tra di loro: l’ evoluzione delle abitudini di acquisto, la denatalità e il progressivo invecchiamento della popolazione, la scarsa propensione al sacrificio che fare l’ imprenditore richiede, i modelli di offerta- continua Zambonelli-. Gli stessi centri commerciali si stanno ripensando sulla scia dell’ esperienza americana, che vede il fenomeno del “demalling”, la chiusura di questo tipo di commercio e la conseguente riqualificazione urbana”. Per avviare un’attività non si può prescindere dalle competenze: “Deve essere acclarato che fare l’ imprenditore non può prescindere da competenze consolidate, mentre, soprattutto negli ultimi anni, abbiamo assistito a troppa improvvisazione, supportata solo da disponibilità finanziaria, con investimenti poi sperperati per l’insuccesso dell’ iniziativa imprenditoriale” sottolinea il presidente Confcommercio Bergamo. Preoccupano i dati della montagna: “Il dato sottolinea l’urgenza e l’improrogabilità di un intervento politico e fiscale perché l’economia delle valli sia supportata da servizi, infrastrutture viarie e una fiscalità dedicata, che permetta alle persone di restare a vivere, fare impresa e preservare il territorio. Le valli vanno considerate e trattate in modo completamente diverso e con una particolare attenzione rispetto al resto del territorio. Come associazione continueremo a supportare gli associati aiutandoli a comprendere i cambiamenti e ad accrescere e mettere in campo la professionalità. Ma anche ad essere collante tra le imprese e la politica e stimolare quest’ultima affinchè tante esigenze vengano colte e trasformate in opportunità”.




Cristian Cocco: “Ajoo! Amo Bergamo e la sua cultura”

Vive a Sarnico, lavora a Bergamo ed è pronto a lanciare il suo nuovo film e una fiction ambientata in città 

Il pubblico televisivo lo conosce per i servizi di “Striscia la Notizia”, ambientati nella sua Sardegna, in cui indossa il costume tradizionale e non manca mai di ripetere il richiamo «Ajoo!». Cristian Cocco, storico inviato del tg satirico di Canale 5, si divide tra la sua città, Oristano, e Bergamo, sede della sua attività. In via Carnovali, al civico 100, ha sede la My Art Agency che ha avviato insieme all’amico e socio Corrado Belotti: 150 metri quadrati per gli uffici amministrativi e 250 per la sala pose e lo studio di registrazione.

Cocco, perché ha deciso di stabilirsi lavorativamente a Bergamo?

Corrado è un mio amico fraterno da oltre trent’anni. Abbiamo aperto la nostra agenzia in un luogo strategico, a pochi minuti dall’aeroporto e dall’autostrada. A Milano e Roma sarei stato uno dei tanti. E poi Bergamo mi ha adottato, anche se nel fine settimana torno nella mia isola. Ho ricevuto una bella accoglienza. Mi sono innamorato della città che è entrata nel mio cuore in un modo naturale. Ci siamo attratti a vicenda. Forse perché il carattere dei bergamaschi non si discosta dal temperamento dei sardi. Sono entrambi molto umili, non altezzosi. Noi siamo testardi, devo ancora capire se voi lo siete altrettanto.

Dove vive?

Mi sono stabilito a Sarnico, una cittadina che trovo meravigliosa. Poco importa che l’acqua sia ferma o in movimento. Basta che ci sia.

Qual è il piatto tipico della sua Oristano?

Sono i malloreddus alla campidanese, detti volgarmente gnocchetti sardi, dopo che una grande marca di pasta ha introdotto questo termine (non senza polemiche). Si tratta di una pasta tipica sarda, che viene tuttora preparata a mano dalle signore anziane: formano delle palline dall’impasto a base di semola di grano duro e acqua e le passano sopra un attrezzo di legno rigato, facendole rotolare su se stesse in modo che prendano la forma rigata da una parte, malloreddu è il diminutivo di malloru, che significa toro in dialetto sardo. Di conseguenza, malloreddu significa torellini. La forma panciuta di questo tipo di pasta ricorda proprio la forma dei piccoli torelli nell’immaginario del mondo agropastorale. Il Campidano è la più vasta pianura della Sardegna, situata nella porzione Sud-occidentale, compresa fra il Golfo di Cagliari e quello di Oristano, dunque la mia terra.

E come si condiscono i malloreddus?

Con un sugo di pomodoro fresco, salsiccia fresca, cipolla e anice che conferisce un sapore particolare.

Se le metto davanti un piatto di malloreddus e uno di casoncelli: cosa sceglie?

Sono entrambe due specialità notevoli. I casoncelli rappresentano per me ancora una novità che devo esplorare. Quindi, dico malloreddus (per ora). In generale, apprezzo la cucina bergamasca che, come la nostra, è variegata.

È un bravo cuoco?

Devo dire di sì, sono stato anche ospite di “Aggiungi un posto in macchina”, programma condotto da Stefano Bini su Isoradio, in cui sono andato alla scoperta, anche culinaria, di Cabras. Ci sono legato perché è il paese dove è nata mia mamma, ha poco meno di novemila abitanti, si vive prevalentemente di pesca da sempre. Il pesce tipico è il muggine mrecca: significa che il pesce va squamato, lessato in acqua con abbondante sale; dopo avvolto nell’erba palustre ziba e lasciato conservare per un giorno intero.

Cosa le piace preparare?

Adoro i barbecue di pesce e mi piace moltissimo la bottarga di muggine. Si può fare anche a casa: basta prendere la sacca ovarica che è nella pancia del pesce, lavarla bene e stenderla su un letto di sale grosso e ricoprirla sempre di sale (per un’ora ogni cento grammi di peso), in un contenitore ermetico, al fresco. Dopo, la bottarga va lavata dal sale sotto un filo di acqua tiepida e asciugata delicatamente e messa a essiccare per qualche giorno. Una spolverata di bottarga sugli spaghetti crea un primo piatto dal gusto unico, una prelibatezza culinaria. Io la preferisco tagliata a tocchetti perché conferisce un sapore ancora più intenso.

Vino, birra o acqua?

Bevo litri di acqua, ma mi piace il buon vino, meglio se dolce e fruttato. A Oristano ho una mia cantina, alcuni vini sono vecchissimi. E poi sull’isola abbiamo la tradizione del vino più antico del bacino mediterraneo, risalente al periodo fenicio-punico-romano, il Cannonau.

Vivendo a Sarnico, avrà già gustato il pesce di lago?

In realtà, non ho ancora avuto il piacere di provarlo. Ma lo farò presto. Conosco la carpa dei laghi sardi.

Il suo talento è stato scoperto da Antonio Ricci che lo ha ingaggiato, nel 2000, dopo averlo notato nello stesso anno come barzellettiere nel programma “La sai l’ultima?”. Un sodalizio iniziato 25 anni fa. Come andò?

Il programma per barzellettieri e “Striscia” avevano lo stesso autore. Il mio filmato arrivò a Ricci che notò qualcosa in me. Allora eravamo in cinque inviati, oggi siamo in tantissimi. Io sono stato il primo a caratterizzare la provenienza e a fare servizi leggeri. Le inchieste erano appannaggio degli inviati istituzionali.

Prima cosa faceva?

Dopo il servizio militare in Marina, nel 1990, sono partito alla volta di Milano e ho lavorato per un’impresa di imbiancature; dopo due anni, sono tornato in Sardegna e ho aperto una mia impresa sempre di imbiancature, ma anche di rifiniture e decorazioni. A Oristano ho ristrutturato perfino dei palazzi storici. Poi, quando è arrivata l’occasione di “Striscia”, ho mollato tutto e la mia vita è cambiata.

Da chi ha preso il Dna artistico?

Mio papà (Giampaolo, ndr) è stato il batterista dello storico gruppo isolano Barritas. Ho fatto anche il capo animatore nei villaggi turistici e il cabarettista nei locali e nelle piazze. Ho iniziato nel 1992 seguendo un cugino, che faceva serate. Non avevo esperienza, mi sono buttato.

Nel 2009 è arrivata anche la conduzione di “Striscia la domenica” in coppia  con Dario Ballantini (senza dimenticare la partecipazione  a quattro stagioni di “Paperissima Sprint”).

Dario allora impersonava Gianni Morandi. E con il vero cantante di Monghidoro ho poi recitato in tre edizioni della fiction  “L’Isola di Pietro” trasmessa da Canale 5 in prima serata, tra il 2017 e il 2019, e girata a Carloforte, unico comune dell’Isola di San Pietro, nel Sud della Sardegna. Morandi interpretava il pediatra dell’ospedale, punto di riferimento dell’isola; io ero l’ispettore capo di polizia.

Che ricordo ha di Morandi?

Dopo il primo ciak a Carloforte, invitò  me e altri quattro o cinque attori del cast a cena. Iniziai a parlare con lui, mentre gli altri erano fuori a fumare; mi chiese della mia vita. Dopo tre anni, ci ritrovammo sul set. Gianni mi prese sottobraccio e andammo a fare una passeggiata. Attaccò, dicendomi: “Raccontami di te”. Io iniziai a parlare e lui mi fermò: “Ma questo me lo hai già raccontato”, disse lui. Significa che era stato attento, mi aveva ascoltato davvero.

I suoi nuovi progetti si stanno concretizzando a Bergamo. Ci può anticipare qualcosa?

Il primo lavoro è un film, dal titolo “Anacronistico”, che mi vede interprete e alla regia; è in lavorazione e conto di ultimarlo a settembre per farlo uscire nelle sale tra dicembre e gennaio. La storia è ambientata tra Milano e l’isola e racconta la storia di un sardo che si trasferisce a vivere nella metropoli lombarda, ma la nostalgia è così forte che torna nella sua terra, dove gestirà un chiostro in riva al mare.

Le riprese dove si tengono?

Una parte del film è stata già girata in Sardegna: le location sono nel Sinis, a Torre Grande e nel centro di Oristano; un’altra parte sarà girata a Milano ed entro settembre chiuderemo il film.

Sarà, invece, girata solo a Bergamo e provincia la sua nuova fiction.

Io e Corrado, il mio socio, siamo stati accolti da monsignor Giulio Dellavite, segretario generale della Curia, che ha sposato la nostra causa: gireremo una serie tv in cui io interpreto un parroco sardo che si trasferisce a Bergamo perché chiamato a gestire una casa famiglia che gli viene affidata dalla Curia di Bergamo. Le problematiche saranno le più svariate. La fiction farà sorridere, ma anche riflettere trattando temi d’attualità come  l’integrazione, la disabilità, la povertà, il disagio giovanile e la dipendenza da alcol e sostanze stupefacenti nei giovani. Le riprese inizieranno a ottobre. Tengo moltissimo a questo progetto.

Cinema, tv e teatro …

A fine aprile ho portato il mio spettacolo “Circoccomicomusicoshow” al Teatro Martinitt di Milano. Lo slogan è “L’unico circo al mondo con un solo animale… da palco. Rigorosamente senza reti di protezione”. Ma il tour è (al momento) congelato, per i troppi impegni dietro e davanti la macchina da presa.




Il 51% dei negozi tradizionali raddoppia la vetrina con e-commerce e marketplace

Vendita multicanale e nuovi servizi per assecondare il cambiamento negli stili di consumo. Un balzo tecnologico del +240% dal 2019 ad oggiI negozi tradizionali di città e provincia colgono la sfida imposta dai nuovi stili di consumo e traggono opportunità dalla vendita multicanale. Confcommercio Bergamo stima, in base a una recente indagine, che siano il 51% le insegne del retail tradizionale del territorio ad aver aggiunto alla vetrina quella online, con e-commerce dedicato o in appoggio a piattaforme e siti di marketplace. Una vera e propria svolta digitale, accelerata dal periodo della pandemia. In 5 anni dal 2019 ad oggi si è passati dal 15% al 51%,  con una crescita esponenziale del 240%. Le difficoltà del commercio tra inflazione e consumi al palo sono evidenti, ma i negozi non stanno a guardare e cercano di potenziare i loro servizi per stimolare gli acquisti e avvicinare- anche virtualmente- la clientela al punto vendita. Il commercio elettronico business to consumer (b2c) di prodotto cresce senza sosta, eppure pesa ancora in Italia solo per l’11% della distribuzione complessiva di prodotti, come rileva l’Osservatorio dedicato del Politecnico di Milano. Gli acquisti (b2c) e-commerce valgono comunque a livello nazionale 54,2 miliardi di euro (dato 2023) e la maggioranza, il 54% è stato effettuato da smartphone. Tra gli acquisti effettuati online, prodotti (per un valore di 35miliardi di euro, con una crescita dell’8% rispetto al 2022) e servizi ( per 19,2 miliardi di euro, con un balzo del +25% rispetto al 2022). Il dato globale del commercio elettronico del mondo vale 4128 miliardi di euro, con una crescita del +9%  rispetto al 2022. L’Europa con i suoi 851 miliardi di euro pesa per il 21% degli acquisti mondiali. “Gli stili di consumo non sono dettati solo dalla ricerca on line del prezzo più basso ma dal nuovo must del risparmio di tempo, la vera risorsa scarsa per tutti- commenta Oscar Fusini, direttore Confcommercio Bergamo- Dalla pandemia non è solo cresciuto il commercio elettronico ma sono cambiate le abitudini dei consumatori e con esse le attenzioni dei commercianti: potenziamento delle vetrine digitali, promozioni social, vendita on line, consegna a domicilio, vendita on line e reso in negozio, ritiro presso punto vendita alternativo, informazioni e assistenza via web. Ad essere cambiata non è solo la multicanalità di molti esercizi, che affiancano alla vendita tradizionale quella e-commerce, ma anche le modalità di comunicazione sia all’interno del punto vendita attraverso il digitale sia da remoto attraverso le vetrine digitali, i siti e le pagine web e la corrispondenza in rete”. Servizi per i quali le imprese del terziario orobico necessitano sempre di nuove competenze: “In tempi difficili per il commercio tradizionale, con sempre meno gente che passeggia per vetrine e consumi sottotono, la categoria non manca di mostrare la sua resilienza e affronta con maggiore preparazione rispetto che altrove le nuove sfide imposte dal cambiamento dei consumi” sottolinea Fusini. Confcommercio Imprese per l’Italia non sta a guardare. Nell’ambito del progetto formativo “Le bussole” sono due le  nuove guide a disposizione dei soci per mettere in campo opportune strategie e affrontare a testa alta la sfida digitale. I vademecum “Comunicazione digitale all’interno del negozio: gli strumenti” e “La tecnologia nei negozi. Una guida per orientarsi” aiutano a orientare i soci nel mercato.

https://lebussole.confcommercio.it/digitale/comunicazione-digitale-allinterno-del-negozio-gli-strumenti/

https://lebussole.confcommercio.it/digitale/la-tecnologia-nei-negozi-una-guida-per-orientarsi/

Ecco cosa si acquista online in Italia

L’abbigliamento  ha un mercato da 5,6 miliardi (+7% rispetto al 2022). Gli elettrodomestici  contano su un mercato da 8,7 miliardi di euro  (+ 8% rispetto al 2022). L’arredamento  vale 4,1 miliardi (+7% rispetto al 2022). I libri incidono sulle vendite online con 1,5 miliardi ( +8% rispetto al 2022).  I generi alimentari hanno transazioni web per 4,4 miliardi complessivi ( – 0,5% rispetto al 2022).

Non solo prodotti ma sempre più servizi

I servizi portano acquisti a livello nazionale per  19,2 miliardi di euro ( + 3,8% sul 2022). Tra questi viaggi (con un valore di 15,6 miliardi di euro, con una crescita del +30% rispetto al 2022) e trasporti (1,8 miliardi di euro, +5% rispetto al 2022) la fanno da padroni. Agli altri servizi resta una fetta di mercato del valore di 1,8 miliardi (+ 8% su 2022).

 

 

 

 




La prossimità? Un valore per troppo tempo dimenticato

La ricerca del Centro Studi Tagliacarne mette in evidenza l’importanza della vicinanza dei negozi ai cittadini per la qualità della vita e dei centri urbani 

Il progetto Urban Pulse 15 del Centro Studi Tagliacarne pubblicato due giorni fa dal “Il Sole24 ore” evidenzia la portata delle vicinanza dei negozi ai cittadini come elemento portante per misurare la qualità della vita delle persone. Grazie a Dio dopo anni in cui eravamo rimasti come “l’ultimo dei mohicani” a sostenere l’importanza della presenza dei negozi nei centri urbani il vento sembra cambiare.
La sbornia dei processi di globalizzazione e di digitalizzazione con lo sviluppo del commercio elettronico hanno in questi anni svalutato l’importanza di ciò che è vicino e facilmente raggiungibile peraltro in un Paese, l’Italia, che invecchia pesantemente, dove il tema della prossimità è e sarà sempre più importante.
Molto interessanti sono i risultati della ricerca dai quale emerge una geografia capovolta rispetto sia agli altri indici di qualità della vita pubblicati ad ogni piè sospinto dai giornali, sia all’ efficienza distributiva e al valore dei consumi. Non è un caso che le prime quattro città metropolitane Milano, Roma, Napoli e Torino che cubano da sole un quarto dei consumi alimentari italiani siano in grande difficoltà in questa misurazione. Lo studio evidenzia come in Italia i punti vendita accessibili a piedi sia solo per il 39% degli italiani con il dato che sale al 60% per il sud. Vedere ai primi posti per vicinanza dei servizi le città di Barletta, Andria, Bari e Cagliari e, per il centro nord, Livorno segnala la debolezza delle città metropolitane e soprattutto del nord che anche in questo ambito, come nell’inquinamento, risulta poco efficiente e sostenibile.
Insomma vent’anni fa molti dicevano che i negozi di vicinato erano superati a favore dei grandi centri commerciali extraurbani, mentre ora sono tutti li rimpiangono e tornano di moda. Direi che forse sarebbe ora di fare un po’ di autocritica e di dirci con schiettezza che è un po’ tardi. Solo una reale programmazione nazionale con fondi adeguati potrà sostenere i negozi sopravvissuti e farne riaprire degli altri.
Questo lo studio non lo dice, ma lo aggiungiamo noi.
Bergamo come è messa in questa speciale classifica? La ricerca evidenzia che la nostra città è sotto media nazionale ma in posizione migliore dei capoluoghi Milano e Brescia mentre per la provincia l’indice è in media, migliore di Milano e di Monza e Brianza.
Sarebbe curioso approfondire la casistica locale paese per paese che vede i cittadini dei centri della cintura della città (Curno, Treviolo, Seriate, Lallio, Dalmine, Torre Boldone ecc.) e alcuni grandi centri (Treviglio Grumello del Monte, Trescore ecc.), prossimi ad una grande offerta di supermercati esterni ai centri a discapito dei quartieri periferici, dei semicentri oltre che dei paesi di minori dimensione oramai completamente desertificati di negozi e dove, anche per le effettive difficoltà del trasporto pubblico, creano difficoltà di rifornimento di generi alimentari per le persone
che non guidano o non hanno un’automobile.
In definitiva, se i negozi hanno creato storicamente le città, oggi le rendono città migliori. Non solo da un punto di vista economico ma anche sociale e urbanistico, perché queste tre dimensioni sono profondamente intrecciate con ricadute sulla vita e le relazioni delle persone. Confcommercio è in prima linea attraverso il progetto Cities nella progettazione di politiche a favore dell’economia urbana per rispondere alle sfide della città. Presto presenteremo studi e progetti.




Albergo intelligente, ma (anche) senza robot

Federalberghi, con il futurologo Thomas Bialas, ha pubblicato “Io e l’IA. Il mio futuro è intelligente?”, un manuale che esplora l’impatto dell’AI negli hotel

Un tempo erano gli àuguri, l’ordine sacerdotale dell’antica Roma, fondato da Romolo, il cui compito era quello di interpretare il volo degli uccelli. In Grecia la Pizia di Delfi e poi Cassandra con le sue previsioni troppo spesso nefaste. Poi San Malachia e Zarathustra, passando per Nostradamus: la storia è costellata di indovini e profeti, perché interrogarsi sul domani è sempre importante, per non dire fondamentale.

Il futuro è un tema ricorrente e oggi la capacità di anticiparlo è una professione ricercata da molte aziende. L’avvento dell’intelligenza artificiale, la cosiddetta IA, non ha fatto altro che aumentare le domande su come sarà il domani, soprattutto in ambito lavorativo. È anche per questo che Federalberghi e il Centro di formazione management del terziario, con l’aiuto del futurologo Thomas Bialas, hanno proposto un percorso di riflessione sull’impatto dell’intelligenza artificiale all’interno degli hotel attraverso un volume, “Io e l’IA. Il mio futuro è intelligente?”, presentato in anteprima nel corso della 74^ assemblea nazionale della federazione degli albergatori, che si è svolta lo scorso maggio a Viareggio.

Il manuale, che i soci di Federalberghi possono ottenere gratuitamente in versione e-book facendone richiesta alle associazioni territoriali degli albergatori, contiene, oltre all’analisi di scenario, anche una rassegna concreta di applicazioni che possono aiutare le imprese a migliorare le proprie performance (si può richiedere inviando una email a Confcommercio Bergamo all’indirizzo consulenza@confcommerciobergamo.it).

 

L’intelligenza artificiale, un alleato che diventerà formidabile per l’albergatore

«Nel manuale abbiamo messo le cose basiche che l’intelligenza artificiale può portare – spiega il futurologo Bialas -. Cosa semplici e quasi scontate, forse anche per questo importantissime, fondamentali, come la traduzione delle lingue: in pochi istanti, oggi grazie all’intelligenza artificiale, posso dare informazioni in cinese, in arabo, in inglese e in tedesco, pagando una semplice app che costa qualche decina di euro al mese. Anni fa un servizio del genere, svolto da un professionista, sarebbe costato molto, molto di più in termini di studio e impegno. Pensiamo a quanto deve lavorare sulla preparazione professionale un interprete».

«Per fotografare in modo chiaro la situazione di oggi – continua il futurologo – possiamo dire che l’intelligenza artificiale sta vivendo i passaggi vissuti anni fa da internet, che un tempo era appannaggio di pochi informatici e poi, a lungo andare, è diventato uno strumento di lavoro e di svago alla portata di tutti a prezzi accessibilissimi. L’intelligenza artificiale sta facendo proprio questo: oggi spaventa un po’, domani sarà nelle mani di molti, per non dire tutti».

I robot nelle hall degli hotel? Probabilmente no

Ma quindi l’albergatore inteso come persona fisica verrà presto sostituito dalla tecnologia? Bialas non ne è così convinto, anzi: «Il robot al posto del receptionist è un giochetto che lascia il tempo che trova – spiega il futurologo -, un’attrazione buona solo per avere spazio sui giornali ma poi nella pratica non così performante. Io penso che, oggi come domani, sarà sempre meglio trovarsi di fronte una bella donna o un bell’uomo che siano professionali e gentili quando si arriva come ospiti in un albergo. Credo che questa professione anche in futuro sarà umana. L’automazione porterebbe solo un’omologazione dei servizi che appiattirebbe l’offerta, creando un danno per tutti. Sì, perché il cliente cerca l’esperienza anche umana: quando arriverò in un hotel dopo un viaggio che potrà essere stato lungo e stancante vorrò sempre avere a che fare con una persona fisica, col suo sorriso, col suo saluto, magari con un suo consiglio o una sua indicazione su dove consumare una buona cena in zona. Inoltre, la disconnessione un giorno sarà ancora più difficile da trovare rispetto a oggi e in albergo un professionista in carne e ossa che mi parlerà sarà un vero e proprio plus. Sono convinto che il turismo e l’ospitalità saranno sempre un’isola felice in questo senso».

Il futurologo, uno sguardo al domani. Anche per le imprese

«Il compito del sociologo è di studiare la società, quello dello psicologo di studiare la psiche umana, mentre quello del futurologo è di studiare il futuro. Osservare il futuro – sottolinea Bialas – significa osservare il passato, cogliere i segnali e le tendenze per proiettarle in avanti. In sostanza il nostro lavoro sta nel raccontare storie, fare una narrazione di come potrebbero, o meglio dovrebbero, andare le cose. È sempre una proiezione in avanti. Per le imprese l’obiettivo è quello di anticipare le tendenze. La fortuna nel settore degli alberghi è che, essendo un ambito diverso dal commercio digitale così come tutto il turismo, sarà sempre collegato all’essere umano perché vende un’esperienza che un robot non potrà mai fare: la tecnologia è importante ma non così rilevante perché si tratta di lavori di relazione, emozionali».

«Queste cose non le dico solo da professionista, ma anche e soprattutto da ospite: pochi giorni fa ho chiesto la sveglia in albergo spiegando alla persona che curava la hall che l’indomani avrei avuto un appuntamento importante, che non avrei potuto permettermi di arrivare in ritardo. La mattina successiva, dopo la sveglia automatizzata, ho ricevuto la chiamata della receptionist che si è assicurata che fossi sveglio. Per me è stato un servizio fondamentale: ben venga la sveglia automatizzata, che serve sempre, ma poi quello che per me ha fatto la differenza è stata la chiamata dalla hall».

Un turismo in mano agli algoritmi sarebbe piatto e noioso

«Gli algoritmi oggi appiattiscono l’emozione dell’esperienza – spiega ancora Bialas -. Pensate ai trend della cucina: l’avocado ormai è in tutti i toast. Ci piace questa cosa? Ormai tutto si assomiglia, manca sempre di più l’originalità che solo la mente umana può portare, ogni volta.

Se tutti usassero gli stessi servizi ci sarebbe un’omologazione dell’esperienza. E no, non è un vantaggio. Quando nacque internet avere un sito era un vantaggio commerciale. Oggi tutti hanno il sito ed è uno standard. È un bene? È un male? Non è né una né l’altra cosa. L’albergatore deve essere diverso e farsi aiutare a distinguersi dall’intelligenza artificiale. L’esempio che faccio spesso è con Chat GPT: mi posso far creare dieci quadri standardizzati da appendere nelle camere oppure posso farmi aiutare a trovare un artista locale che disegni un quadro unico, solo per me. Secondo voi quale sarebbe poi la camera più bella, quella con i quadri creati e stampati da un computer o quelli realizzati dall’artista? Io sinceramente ho pochi dubbi.»

L’IA è già nelle vite degli albergatori. E spesso non lo sanno

«Oggi chiamiamo ‘intelligenza artificiale’ tanti software che in realtà stiamo usando da anni, senza sapere che si trattava già allora di intelligenza artificiale – commenta il futurologo -. È buffo, vero? Pensiamo ad esempio ai chatbot che rispondono automaticamente alle domande che facciamo al servizio assistenza: esistono e sono in funzione da più di dieci anni. Oppure agli algoritmi che da tantissimo tempo aiutano gli albergatori a stabilire il prezzo concorrenziale delle camere. Diciamo che in questa nostra era stiamo abbattendo la complessità informatica portando questi strumenti a tutti. La differenza sostanziale è che con una manciata di euro oggi ci si può abbonare a Chat GPT e vivere a stretto contatto con l’intelligenza artificiale, mentre anni fa queste cose erano appannaggio solo di grosse realtà che si appoggiavano ad altre grandi realtà del settore. Come dicevamo prima, lo stesso percorso che ha fatto internet dagli anni ’90 in poi: prima era di pochissimi, oggi è di tutti».

Qualche app da consigliare agli albergatori più curiosi? Bialas non ha dubbi: «La prima che mi viene in mentre è ‘Antropic’, finanziata anche da Amazon. Si tratta di una realtà molto interessante che mira a creare modelli di intelligenza artificiale di alta qualità e affidabilità. Ma poi ci sono centinaia, se non migliaia di applicazioni di intelligenza artificiale già a disposizione degli albergatori. molte delle quali ancora in fase di perfezionamento (alcune spariranno e saranno sostituite) ma già molto utili, come ‘Sintesia’: costa pochissimo e può aiutare gli operatori del mondo del turismo a creare cose spettacolari. Per farla breve, basta richiedere con un testo quello che abbiamo in mente e l’intelligenza artificiale genera per noi un video con degli avatar che possono parlare anche in 160 lingue. Si possono addirittura creare degli avatar con dei volti umani e personalizzare anche gli sfondi. Immaginatevi un albergo che dà le informazioni di un soggiorno a un potenziale ospite aiutato da questa intelligenza artificiale».

Il settore del turismo tra dieci anni

Ma, in conclusione, la domanda sorge spontanea: come sarà il settore del turismo tra dieci anni? «La tecnologia sarà sicuramente un aiuto per chi lavora e per chi usufruisce – conferma Bialas -. Nuove generazioni? Non vedo scenari alla Matrix con tutte le persone connesse e universi paralleli. Penso piuttosto che certe esperienze, come quelle legate al turismo appunto, non saranno così tanto diverse. Chat GPT verrà inserito su ogni device: tra poco basterà acquistare uno smartphone per poterlo usare ogni giorno, più volte al giorno. E su questo vedo un pericolo perché, come dicevamo prima, tutta l’esperienza potrebbe standardizzarsi. Il rischio è che qualcuno intervenga, magari con dei pagamenti che condizionino l’intelligenza artificiale che mi deve dare un consiglio, indirizzando poi la mia esperienza. Tutto questo, quasi inutile dirlo, rappresenterà una bella sfida per gli albergatori perché cambierà l’approccio alla comunicazione».