Per riaffermare il ruolo Università come patrimonio comune, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) promuove iniziative in tutti gli Atenei italiani per riaffermare il ruolo strategico della ricerca e della formazione per il futuro dell’Italia. Anche l’Università degli Studi di Bergamo partecipa alla giornata “Per una nuova primavera delle Università” con un dibattito aperto al pubblico per discutere e raccogliere idee da proporre e consegnare al Governo per rilanciare l’università. Appuntamento lunedì 21 marzo, dalle 9.30 alle 12, nella Sala Galeotti del Campus Economico e Giuridico dell’Ateneo in via dei Caniana, dove oltre al Rettore Remo Morzenti Pellegrini interverrà Paolo Buonanno, Ororettore delegato alla Ricerca dell’Università e a seguire uno studente, un assegnista di ricerca e un rappresentante del personale tecnico amministrativo. La discussione si aprirà in seguito al territorio con una tavola rotonda con rappresentanti del mondo politico-istituzionale, economico e sociale. Parteciperanno, oltre a Buonanno, Giorgio Gori, sindaco di Bergamo; Giacomo Stucchi, senatore della Lega e presidente COPASIR,; Antonio Misiani, deputato del Pd; Alessandro Sorte, assessore Regionale alle Infrastrutture e Mobilità e Dario Violi, consigliere regionale Lombardia, M5S. Modera Alberto Ceresoli dell’Eco di Bergamo.
Nel pomeriggio, alle 14, l’Università di Bergamo parteciperà alla conferenza stampa nazionale che si terrà presso il Comune di Milano, alla presenza di Rettori e ProRettori delegati alla Ricerca degli Atenei del Paese. Dal 2008 il sistema universitario italiano è soggetto a tagli lineari e progressivi delle risorse. Invece che investire in ricerca e istruzione per uscire più velocemente dalla crisi, la spesa pubblica in ricerca è diminuita da 4 a 2,8 miliardi (-30%) e la spesa per l’università da 8,6 a 7,8 miliardi (-9%). I continui tagli e l’assenza di una strategia di investimento pubblico e privato nella ricerca e nell’alta formazione, rendono estremamente difficile mantenere il sistema competitivo e attrattivo. Le politiche di tagli, di blocco del turnover e di blocchi retributivi hanno impedito di rinnovare il corpo docente, disincentivando i migliori a restare e allontanando i giovani talenti e i ricercatori stranieri. L’indebolimento del diritto allo studio ha causato un continuo calo di iscritti e laureati, soprattutto nelle regioni meridionali. Gli immatricolati sono calati del 20%, in un paese ultimo in Europa per numero di laureati, e i docenti e ricercatori del 17%. Nonostante tutto, le nostre università riescono ad essere competitive e, uniche tra le amministrazioni pubbliche, sono finanziate sulla base dei costi standard e degli esiti delle valutazioni scientifiche.
“Sono anni che si parla di ricerca e università – evidenzia una nota dell’Ateneo cittadino – ma il dibattito non ha mai affrontato con decisione i veri problemi e le vere priorità. La ricerca e l’università sono un patrimonio di tutta la società. Rinunciando ad investire in ricerca e istruzione si rinuncia a investire nel futuro. L’Università di Bergamo negli anni ha mostrato che si può e si deve invertire questa tendenza, ma per poterlo fare serve la volontà di tutti: politica e società. UniBg ha arricchito la propria offerta formativa, aumentato il numero di studenti, creato relazioni e sinergie con le realtà locali e territoriali e con prestigiosi atenei internazionali, investito in diritto allo studio, investito in edilizia universitaria con importanti ricadute sul territorio. L’università non è e non vuole essere una torre d’avorio ma luogo di ricerca, conoscenza e confronto e un attore importante della società civile. Per questo occorre invertire la rotta e insieme costruire la “nuova primavera” della ricerca e dell’università italiana”.