Settimana chiave per le riaperture anticipate. Terziario, ristorazione e turismo incrociano le dita

Da Palazzo Chigi filtra la disponibilità ad anticipare a fine mese qualche riapertura. Il presidente di Federalberghi, Bocca: “Il nostro settore ha bisogno di programmazione”

La situazione epidemiologica migliora, anche se molto lentamente. E se la tendenza verrà confermata nei prossimi giorni il governo è pronto ad autorizzare qualche riapertura prima della data canonica del 30 aprile (la scadenza del decreto anticoronavirus attualmente in vigore, ndr). A fine mese, insomma, potrebbero essere di ritorno le zone gialle (Lazio, Veneto, Marche e Molise hanno già dati compatibili), con la conseguente apertura dei ristoranti, almeno a pranzo, ma anche di musei, cinema e teatri, con ingressi contingentati. Per ora, è bene specificarlo, nessuna decisione è stata presa né è stata convocata la cabina di regia per discutere le scelte da fare.

In attesa che venga decisa la data del confronto tra le forze politiche, un elemento è comunque chiaro: se si deciderà di riaprire, saranno fatte scelte “selettive e ponderate”, come ha ribadito il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. Tradotto in parole povere, la maggior parte delle attività che sono chiuse dovrà attendere comunque maggio. “Guai se pensassimo di essere fuori dal problema. Ci ritroveremmo nella situazione di metà marzo avendo vanificato settimane di sacrifici”, ha ammonito Locatelli. Per il prossimo mese, come sostenuto dal sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, è poi ipotizzabile l’apertura dei ristoranti anche la sera: “torneremo con i colori nelle regioni, compreso il giallo. I ristoranti possono aprire da maggio e a metà del mese anche a cena”, ha detto.

Draghi: “Nessuna data certa per le riaperture”

Per le riaperture una data non c’è, dipenderà dall’andamento della campagna di vaccinazione. In conferenza stampa a Palazzo Chigi il premier, Mario Draghi, lo ha detto chiaro e tondo confermando quanto da giorni filtrava dalla sede dell’esecutivo. L’ex presidente della Bce lo aveva appena ribadito al leader della Lega, Matteo Salvini, al termine del quale quest’ultimo aveva comunque aperto uno spiraglio (“non si può vivere in rosso a vita. In base ai dati ci sono almeno sei regioni italiane in cui si potrebbe riaprire. Conto che si possa fare in aprile”).

Draghi, in ogni modo, trova “normale chiedere le riaperture, sono la miglior forme di sostegno”, ma appunto per valutarne la possibilità “inseriremo il parametro delle vaccinazioni per le categorie a rischio”. E si guarderà anche all’andamento nelle singole regioni per valutare un allentamento della stretta: “è chiaro che nelle regioni che sono più avanti nelle vaccinazioni ai più fragili  e vulnerabili sarà più facile riaprire”.

Per quanto riguarda il turismo, il presidente del Consiglio ha di fatto avallato l’auspicio del ministro Garavaglia per la riapertura al 2 giugno (vedi più in basso, ndr): “È la nostra festa nazionale e potrebbe essere una data delle riaperture per noi”. “Garavaglia dice a giugno. Speriamo, magari anche prima, chi lo sa. Non diamo per abbandonata la stagione turistica, tutt’altro”, ha aggiunto. Intanto, in vista della stagione turistica estiva, prende piede la proposta di rendere le isole “covid free”, come sta facendo la Grecia. Garavaglia è d’accordo (“possiamo farlo”) e con lui i presidenti di Sardegna e Sicilia, Christian Solinas e Nello Musumeci, che chiedono a Draghi di “avere il coraggio” di andare oltre la proposta di vaccinazione delle sole isole minori e puntare a immunizzare con il vaccino l’intera popolazione delle due isole più grandi isole del Mediterraneo e “a spiccata vocazione turistica”, che “possono garantire numeri importanti per la ripresa dell’economia nazionale”.

Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha parlato invece del passaporto vaccinale, una possibilità allo studio del governo, come hanno fatto altri Paesi, per attrarre i turisti. “Lavoriamo – ha detto – a un ‘green pass’ con tre condizioni, il vaccino, avere avuto il Covid e il tampone negativo. Non è discriminatorio e da noi esiste già in Sardegna”.

Il “balletto” delle date: 20 e 30 aprile

Gli scontri di piazza avvenuti qualche giorno fa a Roma non cambiano sostanzialmente il quadro d’insieme: nonostante il pressing delle forze politiche di centrodestra, che chiedono legittimamente un calendario delle riaperture con date certe sicure e per dare certezze ai settori e agli operatori economici più in crisi, bisognerà attendere comunque il 30 aprile. Ovvero, la data prevista dal decreto con le misure anti Covid attualmente in vigore. Questo perché i dati non consentono ancora allentamenti, come dimostra ad esempio la situazione di Palermo dove il sindaco ho dovuto chiedere alla Regione di instaurare la zona rossa (fino al 14 aprile) dopo aver superato un’incidenza di 275 casi ogni 100mila abitanti.

In ogni caso, se ne è parlato anche al “tavolo” tra Governo e Regioni. “È il momento di riprogrammare le riaperture dei prossimi mesi, solo così il Paese sarà pronto a ripartire dove il virus lo consentirà”, ha detto il presidente della Liguria, Giovanni Toti, appoggiato dal “collega” dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, per il quale “se dopo il 20 aprile i numeri saranno migliori perché non aprire qualche attività?”. Data ribadita dalla ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini: “delle riapertura da maggio ci saranno, forse qualcosa anche dal 20 aprile”.

Per il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, comunque, “dal 20 aprile potremmo porci la domanda se anticipare le riaperture o far scivolare tutto ai primi di maggio. Se i numeri miglioreranno, e penso di sì, potremmo fare una scaletta partendo da quelle attività che possono farlo in sicurezza”.

turismo turista

Garavaglia: “Presto date certe per la ripartenza del turismo”

“È fondamentale dare date certe, perché ogni giorno che passa perdiamo potenziali clienti. Penso che nel giro di qualche giorno saremo in grado di dare date certe”. Così il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, che nel corso di un incontro alla Stampa estera, alla domanda “Quando riapriranno gli alberghi?” ha risposto che “l’anno scorso abbiamo aperto a metà maggio, non vedo perché non possa essere così anche quest’anno”. Mentre per la ripresa del turismo estero, “non sono in grado di dare una risposta certa sulle date – ha ammesso – però in Francia Macron dice che il 14 luglio apriranno tutto, noi abbiamo il 2 giugno come festa nazionale e speriamo che sia la data giusta”.

Parole, queste, apprezzate dal presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, per il quale “le parole del ministro sono sacrosante. Un albergo non è come un negozio o un bar che da un giorno all’altro riapre, un albergo ha bisogno di programmazione: deve accettare le prenotazioni, fare campagne sui Paesi italiani e stranieri, inserire le date sui portali. Non esiste settore come il nostro che abbia bisogno di programmazione”.

Confturismo: “Il 2 giugno è troppo tardi”

“Dateci una data, ma non il 2 giugno: sarebbe troppo tardi”. È la posizione di Confturismo, il cui vicepresidente Marco Michielli spiega che la data giusta, già indicata dal ministro Garavaglia, sarebbe quella del 15 maggio, “la stessa della Grecia, in coincidenza con la Pentecoste, che rappresenta il primo grande afflusso di turisti del Nord Europa nel nostro Paese. Spostare tutto al 2 giugno ci farebbe andare oltre la Pentecoste, che è da sempre il viatico di una buona stagione ovunque”. Per questo Confturismo chiede al responsabile del Turismo, “comprendendo le sue difficoltà”, di “dialogare con il collega alla Sanità per poter uscire ufficialmente con la data del 15 maggio: a quel punto la clientela tedesca potrà prenotare e arrivare nelle nostre località, considerato che le ferie non si possono fissare all’ultimo momento”.

 




Turismo e commercio: il 13 aprile al via il biennio formativo finanziato dagli Enti bilaterali del territorio

Seicento mila euro per la formazione gratuita rivolta a una platea di 23 mila lavoratori: in programma 39 corsi (che verranno integrati) per 658 ore

Con «tutte le sfumature del recruitment» il 13 aprile prende il via il nuovo biennio formativo 2021-2022 dedicato al mondo del commercio e del turismo promosso dall’Ente bilaterale territoriale del Terziario e dall’Ente Bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi, entrambi costituiti da Ascom Confcommercio Bergamo e dalle organizzazioni sindacali di categoria (Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil).
Interamente finanziata dai due enti bilaterali con oltre 600 mila euro, l’offerta formativa è articolata in diversi corsi di managment aziendale, comunicazione, informatica e web, oltre a quelli specifici per l’Horeca tra cui caffetteria, cucina, mixology: in totale sono 39 corsi per 658 ore di formazione gratuita rivolta ai lavoratori del settore del commercio e del turismo delle oltre 6 mila imprese iscritte ai due Enti (circa 4.400 quelle dell’Ente bilaterale territoriale del Terziario, quasi 2.000 quelle dell’Ente Bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi). I corsi, in programma fino a novembre, saranno quasi tutti in Fad tranne quelli per il settore della ristorazione che si terranno presso i laboratori della sede di Ascom Formazione a Osio Sotto.

Il nuovo catalogo formativo è legato da un doppio filo di intenti come spiega Enrico Betti, presidente dell’Ente bilaterale territoriale del Terziario: “È il primo catalogo formativo così strutturato e interamente finanziato dai due enti. Attraverso percorsi di specializzazione, aggiornamento e perfezionamento abbiamo infatti voluto investire sulla formazione professionale con l’obiettivo di migliorare le skills richieste dal mercato e dalle mutate condizioni dovute all’emergenza sanitaria ed economica. Abbiamo predisposto un’offerta formativa molto articolata e stiamo già programmando i nuovi corsi che porteranno a oltre mille ore totali di formazione in tutto il 2021 e che solo per il settore del terziario potrebbero coinvolgere oltre 15 mila lavoratori”.

“Nel 2020 il nostro Ente ha sostenuto le imprese, le lavoratrici e i lavoratori dei settori alberghiero e dei pubblici esercizi ed erogato circa 2800 sussidi emergenziali per oltre 750 mila euro: uno sforzo straordinario data la necessità impellente del momento – sottolinea Alberto Citerio, presidente dell’Ente bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi -. Quest’anno è il momento di pensare al rilancio e la formazione e la qualificazione professionale degli addetti e delle imprese del turismo saranno la chiave per guardare al futuro. Siamo certi che le 2.000 imprese della bilateralità di settore e i loro circa 8.000 addetti sapranno cogliere questa opportunità offerta gratuitamente.”

Per informazioni, iscrizioni e per consultare l’elenco completo dei corsi: www.entebilcombg.itwww.entebilturbg.it




Venerdì 9 aprile la protesta degli ambulanti non alimentari. “Niente vendita chiediamo solo di riaprire”

Oltre 200 operatori pronti a “occupare” i posteggi assegnati nei mercati di 34 comuni. Il presidente Dolci: “Riaprire i mercati e le fiere si può”

Anche Fiva Bergamo aderisce allo stato di agitazione indetto dalla categoria per venerdì 9 aprile in tutta la Lombardia. Una protesta civile che porterà oltre 200 ambulanti operatori non alimentari a “occupare” i posteggi a loro assegnati nei mercati di 34 comuni della Bergamasca senza però effettuare le vendita. Una manifestazione nel rispetto delle regole che coinvolgerà tutte le province lombarde per dimostrare che i mercati non possono vivere di soli ambulanti alimentari e che lavorando all’aria aperta ci sono le condizioni per operare in sicurezza.

“Saremo sui nostri posteggi per segnalare la nostra volontà di ripartire, riappropriandoci delle nostre aree di mercato, senza effettuare l’attività di vendita, nel rispetto del decreto, e per dimostrare che i mercati all’aperto sono sicuri – sottolinea Mauro Dolci, presidente Fiva Bergamo -. Non capiamo, infatti, perché le deroghe di apertura per le merceologie in zona rossa, dalle confezioni e calzature per bambini ai prodotti per l’igiene e la casa, non riguardino gli ambulanti. E soprattutto ci chiediamo perché una fabbrica può, al chiuso, ospitare centinaia se non migliaia dipendenti e operare con i dovuti accorgimenti, mentre noi no”.

Seguendo lo slogan Fiva “Riaprire i mercati e le fiere si può, riaprire i mercati e le fiere si deve”, gli ambulanti occuperanno i loro posteggi per testimoniare la volontà di ripartire con l’obiettivo di far tornare a lavorare tanti operatori drammaticamente fermi. Un gesto che va oltre la protesta sul campo: “Ieri abbiamo avuto un incontro con il Prefetto d Bergamo Ricci per sottoporre alla sua attenzione la grave situazione che stanno vivendo gli ambulanti – prosegue Dolci -. È stato un incontro proficuo non solo per il via libera alla manifestazione ma anche perché abbiamo notato la volontà di ascolto da parte delle istituzioni. La nostra categoria, infatti, è consapevole dell’emergenza sanitaria in corso e delle aperture vincolate alla situazione pandemica ma è anche allo stremo. Attendere ancora tutto aprile per la ripartenza non è possibile, c’è grande esasperazione e molti operatori non ce la fanno più dopo un anno di fatturati precipitati: di almeno il 40% nei casi migliori fino ad oltre il 90% per chi non lavora ormai da troppo tempo come i fieristi. Con ristori irrisori e famiglie da mantenere”.

La protesta in 34 comuni della Bergamasca

Da Bergamo a Capriate, da Pontida a Verdello passando per Sorisole e Caravaggio gli ambulanti sono quindi pronti ad alzare la voce, ma sempre nel rispetto delle regole: “Gli operatori di prodotti non alimentari saranno presenti presso i loro posteggi senza effettuare alcuna attività di vendita e la manifestazione sarà coordinata dalla nostra associazione per poter garantire la massima sicurezza e il rispetto delle regole – conclude Dolci -. Ci dissociamo infatti dagli atti violenti visti ieri a Roma perché non si tratta di fare a gara a chi urla di più: queste iniziative invece, servono a sensibilizzare le istituzioni: per la nostra categoria, infatti, passare in zona arancione ci consentirebbe di lavorare a pieno regime”.

I Comuni coinvolti nella protesta Fiva sono: Albano Sant’Alessandro, Antegnate, Bergamo (Viale Pasteur), Berzo San Fermo, Calcinate, Capriate S. Gervasio, Caravaggio, Casirate, Cene, Chiuduno, Cividate al Piano, Colzate, Fara Gera D’Adda, Fiorano al Serio, Gandellino, Gorno, Grassobbio, Leffe, Levate, Morengo, Onore, Piazza Brembana, Ponte San Pietro, Pontida, Pradalunga, Pumenengo, Ranica, Schilpario, Seriate, Sorisole, Spinone al Lago, Stezzano, Vedeseta, Verdello.




Distretti del commercio: aperti i bandi per “Morus Alba” e Ville e Torri dell’Isola”

In arrivo contributi a fondo perduto alle imprese del commercio, della ristorazione, del terziario e dell’artigianato. Domande entro il 30 aprile

Fondi in arrivo per le imprese e i negozi nei comuni inseriti ni Distretti del commercio “Ville e Torri dell’Isola” (Brembate Sopra, Ambivere, Mapello e Terno d’Isola), e “Morus Alba” (Stezzano, Azzano San Paolo, Grassobbio, Levate, Orio al Serio e Zanica. I Comuni capofila dei due distretti (Ponte San Pietro e Stezzano) hanno infatti emanato il bando per la concessione di contributi a fondo perduto alle micro e piccole e medie imprese del commercio, della ristorazione, del terziario e dell’artigianato di servizio. L’obiettivo, nell’ambito del progetto “Distretti del Commercio per la ricostruzione economica territoriale urbana” è di favorire la ripartenza delle attività economiche e i servizi a utenti e visitatori e l’avvio di nuove attività nei comuni dei distretti, avendo particolare attenzione alla necessità, da un lato, di garantire diversi e più alti standard di sicurezza e protezione dei lavoratori e dei consumatori, dall’altro, di riqualificare l’attività e adottare modalità alternative di organizzazione delle vendite (anche attraverso strumenti innovativi e digitali) che tengano conto del mutato contesto in cui le imprese si troveranno ad operare.

Per il “Morus Alba” i fondi a disposizione ammontano a 65.994 euro, mentre per “Ville e Torri dell’Isola” le risorse ammontano a 30.751 euro. Le domande dovranno pervenire ai rispettivi Comuni entro il 30 aprile 2021. Sono ammissibili le spese effettivamente sostenute dall’impresa beneficiaria, ritenute pertinenti e i cui giustificativi di spesa (fatture e pagamenti) decorrono a partire dalla data del 5 maggio 2020 alla data di presentazione della rendicontazione. Per determinare l’ammissibilità temporale di una determinata spesa, rileva la data di emissione della relativa fattura.

L’aiuto è concesso come agevolazione a fondo perduto, a fronte di un budget di spesa liberamente composto da spese in conto capitale e spese di parte corrente. Il contributo previsto, per le domande ammissibili, sarà pari al 50% della spesa ammissibile totale (in conto capitale e di parte corrente) al netto di Iva, e in ogni caso non potrà essere superiore all’importo delle spese in conto capitale, sino ad un massimo complessivo per ciascun operatore pari a € 2.500.

Tutti gli interventi agevolabili e le spese ammissibili sono indicati nei due bandi:

Bando Distretto Ville e Torri dell’Isola_2

Bando Morus Alba

 

Per informazioni:
Roberto Ghidotti (resp. Distretti del commercio e Territorio di Ascom Confcommercio Bergamo)
Cell. 368 7017706 –  roberto.ghidotti@ascombg.it




“Picnic a casa”: l’iniziativa della Pro Loco di Almenno S. Bartolomeo che sostiene i ristoranti del territorio

Un invito a condividere sui social il picnic nel proprio giardino o sul terrazzo di casa servendosi del servizio d’asporto degli 8 ristoranti presenti negli Almenno e in Roncola

“Condividiamo anche quest’anno il picnic di Pasquetta. A casa e insieme”: così recita la locandina di “Picnic a Casa”, la storica iniziativa della Pro Loco di Almenno San Bartolomeo sostenuta anche da Ascom Confcommercio Bergamo e che in tempi pre-covid attirava a San Tomè tantissime persone all’insegna della condivisione del cibo e della buona tavola. Quest’anno, ovviamente, non ci saranno coperte sul prato nè la lunga tavolata di oltre 100 metri ma la Pro Loco ha pensato di rilanciare l’evento online, invitando i cittadini a organizzare un pranzo o picnic nel proprio giardino o sul terrazzo di casa e condividerlo sui social. Il tutto sostenendo i ristoranti del territorio servendosi del servizio d’asporto (con eventuale consegna a domicilio) offerto dai ristoranti d’eccellenza presenti negli Almenno e in Roncola (sulla pagina Facebook Pro Loco Almenno San Bartolomeo e nel gruppo Facebook Pro Loco Almenno sono pubblicati i menù proposti da ogni ristorante aderente all’iniziativa).

“Seppur stiamo vivendo un momento terribile e vista l’impossibilità e il divieto di incontrarsi – sottolinea Pietro Rota, presidente Pro Loco di Almenno San Bartolomeo – abbiamo deciso di proporre questa iniziativa per vivere insieme la giornata di Pasquetta ordinando, se possibile, il pranzo da asporto o in delivery ai ristoranti del territorio: un gesto per aiutare nel nostro piccolo questa categoria molto toccata dalle chiusure forzate. Dalle 10 alle 20 di lunedì 5 aprile i partecipanti sono quindi invitati, dopo aver messo il like alla pagina Pro Loco Almenno ed essersi iscritti al gruppo Facebook “Almenno nel Cuore”, a pubblicare una fotografia del proprio pranzo o picnic domestico nel Gruppo Facebook “Almenno nel Cuore”. Le fotografie che riceveranno più “Mi Piace” avranno bellissimi premi a palio”.

Otto i ristoranti aderenti: Ristorante Camoretti, Ristorante Collina, Ristorante Da Ivan di Almenno San Bartolomeo; Ristorante Palanca, Osteria di Via Marconi di Almenno San Salvatore; Ristorante Roncola, Ristorante Al Botto, Ristorante Narciso di Roncola. “Tenere viva in questo momento un’iniziativa che negli anni scorsi ha riscosso grande successo è importante perché consente di sentirsi parte di una comunità e un gruppo, anche se fisicamente lontani – sottolinea Petronilla Frosio, presidente dei ristoratori di Ascom Confcommercio Bergamo -. Una giornata di festa e buona cucina che diventa anche l’occasione per far sentire la propria vicinanza e soprattutto il proprio sostegno ai ristoratori, una categoria messa al palo dalla pandemia ma che si è sempre fatta trovare pronta a sostenere iniziative sul territorio in una logica di sistema, contribuendo alla valorizzazione dei prodotti locali e, di riflesso, all’attrattività del territorio stesso».




Rapporto Tari di Confcommercio Nella raccolta dei rifiuti Bergamo si conferma città virtuosa ed efficiente

La città è seconda per Tari pro capite per abitante e terza per scostamento. Bene anche le tariffe per negozi non alimentari, ristoranti e fioristi

Nella raccolta rifiuti Bergamo può sorridere: è quanto emerge dal Rapporto rifiuti 2020 di Confcommercio, presentato oggi e diffuso ogni anno sulla base del nuovo monitoraggio dell’Osservatorio Tasse Locali (www.osservatoriotasselocali.it) che si pone l’obiettivo di monitorare l’attività dei Comuni per “indagare” lo stato della gestione dei rifiuti urbani. Sono stati raccolti e censiti i regolamenti e le delibere di tutti i comuni capoluoghi di provincia e, ove possibile, sono stati rintracciati i dati anche degli altri comuni più rappresentativi del territorio nazionale per un totale di più di 2.000 comuni a copertura di una popolazione di 42 milioni di abitanti (il 70% del totale della popolazione italiana).

I dati di Bergamo

La ricerca compara i dati di Bergamo capoluogo con quello di 287 comuni lombardi (in rappresentanza del 18,83% dei comuni sul territorio regionale e pari al 64,19% degli abitanti). L’incasso della Tari di Bergamo di circa 18,3 milioni pone la nostra città al 4° posto assoluto (dopo Milano 298,6 ml, Brescia 32,8 e Monza 19,5) in regione Lombardia. (Qui Il dossier Lombardia)
Sempre a livello regionale Bergamo è al secondo posto assoluto con 151,62 (dopo Cremona con 141,34, ultima Milano con 218,58) per Tari pro capite per abitante. Venendo alle performance si evidenzia come Bergamo sia al 3° posto a livello regionale per scostamento (prima Brescia con -22,03%, poi Cremona con -17,25%), con un -10,63% del gettito rispetto al fabbisogno medio standard. In altri termini, se Bergamo fosse in media dovrebbe spendere circa 21 milioni e invece ne risparmia 3. Come livello qualitativo dei servizi siamo al 3° posto (dopo Como e Mantova) con un voto di 9 in una scala fino a 10. Per quanto riguarda la percentuale di raccolta differenziata, con una percentuale del 65,51%, siamo a ridosso del secondo posto (Mantova 77,83% e Como 66,63%).
Venendo alle tariffe puntuali (euro al mq), Bergamo ha la tariffa più bassa a livello regionale nelle categorie Alberghi con ristoranti, negozi non alimentari, ristoranti, bar, ortofrutta, fioristi e pizzerie al taglio, mentre è più alta per fiere, esposizioni mobili, autosaloni (7° su 11), supermercati e negozi di alimentari (8° su 11).

“Accogliamo con grande soddisfazione i dati della ricerca nazionale che mettono in risalto gli ottimi risultati del comune di Bergamo in tema di Tari e performance nella raccolta rifiuti, segnale di una Bergamo efficiente e riciclona – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Dobbiamo però continuare a lavorare per rendere il servizio sempre più efficiente e per abbassare il costo della tariffa, ancora troppo alto per la maggior parte delle imprese. Nonostante lo sconto applicato dal Comune di Bergamo nei mesi del lockdown, infatti, la percezione del costo è altissima in una anno nel quale la maggioranza delle attività ha registrato cali drammatici di fatturato. È fondamentale poi che i risultati positivi del capoluogo e di altri comuni della Bergamasca siano conseguiti sull’intero territorio provinciale, dove si annidano ancora inefficienze, e che si proceda verso un’applicazione sempre più puntuale della tariffa in una logica “chi meno inquina meno paga”, principio che sta alla base anche della recente modifica del D.lgs 116/220 in attuazione delle normative comunitarie UE 2018/851 in materia di economia circolare”.

Il Rapporto rifiuti 2020 in sintesi

Questa edizione del Rapporto rifiuti 2020 riguarda un anno molto particolare segnato dall’emergenza Covid-19, e offre una fotografia chiara di quali e quante siano ancora le criticità legate a questo tributo per le imprese del terziario. L’emergenza Covid frena, infatti, la produzione dei rifiuti nel corso del 2020 con un calo di più di 5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, pari al 15% in meno rispetto all’anno precedente. Ma nonostante il blocco delle attività economiche causa Covid, il costo totale della tassa rifiuti (Tari) non arresta la sua corsa e raggiunge il livello record di 9,73 miliardi con un incremento dell’80% negli ultimi 10 anni. Un vero e proprio paradosso che penalizza ulteriormente le imprese del terziario, già duramente colpite dagli effetti della pandemia, con costi che restano ancora troppo alti e sproporzionati a fronte dei quali, peraltro, non corrisponde un’efficiente gestione dei servizi resi dagli enti locali.
I dati analizzati dall’Osservatorio evidenziano come il 60% dei Comuni abbia mantenuto le tariffe invariate, mentre il 17% le ha diminuite (mediamente del 5%) e il 23% le ha addirittura aumentate (mediamente del 3,8%). In particolare, nei Comuni che hanno ridotto le tariffe nei confronti delle utenze non domestiche, le modalità di intervento sono state molto eterogenee: in prevalenza è stata applicata una riduzione sulla parte variabile, mentre alcuni Comuni si sono spinti a ridurre la Tari complessiva (fissa e variabile), altri hanno invece previsto un dilazionamento dei pagamenti, altri ancora hanno ridotto la Tari solo sull’ampliamento dell’occupazione di suolo pubblico o altre forme di riduzione. A livello tariffario le categorie più tassate si confermano quelle del 2019. Per alcune di esse si registrano, nel 2020, ulteriori rincari (come per mense, birrerie, amburgherie).
L’Osservatorio di Confcommercio ha anche analizzato il livello quantitativo dei servizi erogati. Tale dato misura, con un punteggio da 0 a 10, la quantità dei servizi offerti da un comune rispetto alla media dei comuni della stessa fascia di popolazione. Un parametro che fotografa un’altra criticità: a fronte di costi sempre molto elevati, non corrisponde mediamente un livello di servizio migliore. Sono, infatti, ben 9 le Regioni che si posizionano ancora sotto il livello 6 di sufficienza: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Puglia e Toscana. I maggiori punteggi per Emilia Romagna (7,38), Piemonte (7,33), Veneto (7,17) e Lombardia (7).

Le proposte di Confcommercio

Confcommercio auspica che su questi aspetti il Governo possa intraprendere un dialogo costruttivo con gli operatori e le associazioni imprenditoriali. Servono, infatti, interventi strutturali per rendere effettivo il principio europeo “chi inquina paga” e commisurare la Tari ai rifiuti realmente prodotti. Occorre, inoltre, risolvere il problema della mancanza cronica di una dotazione impiantistica che fa lievitare i costi dei piani finanziari dei Comuni e, quindi, delle tariffe per le utenze. La carenza di impianti costringe infatti ad inviare una parte considerevole di rifiuti nelle discariche o ad esportarli all’estero per il trattamento e l’incenerimento. Con buona pace dell’ambiente e delle imprese che devono sostenerne i costi.
Ma servono anche misure emergenziali, visto il perdurare della diffusione epidemiologica da Covid-19, esentando dal pagamento della tassa tutte quelle imprese che, anche nel 2021, saranno costrette a chiusure dell’attività o a riduzioni di orario e quelle che, pur rimanendo in esercizio, registreranno comunque un calo del fatturato e, quindi, dei rifiuti prodotti. Le imprese vogliono pagare il giusto, una tariffa corrispettiva al servizio erogato e soprattutto desiderano poter scegliere in autonomia l’operatore pubblico o privato più conveniente. Per i quantitativi di rifiuti che autonomamente le imprese avviano a smaltimento e recupero, senza servirsi del servizio pubblico, bisogna che venga detassata la quota corrispettiva della Tari.




Sai cosa faccio a Pasqua? Vado alle Canarie

Sai cosa faccio a Pasqua? Vado alle Canarie. All’estero. Non vedo l’ora. Mi hanno sempre detto che a Pasqua puoi stare con chi vuoi mentre ora mi vietano di stare dove vuoi. E allora starò con milioni di italiani che sceglieranno come me.
In Italia non mi lasciano andare a mangiare al ristorante (solo asporto), a fare la gita fuori porta (solo motoria), perché da casa non si esce, mentre con la famiglia, essendo in quattro, non potremo nemmeno andare dai nonni che abitano a 200 metri da casa.

Che Paese strano. Alle Canarie invece troverò il clima buono, la sera potremo uscire e vuoi mettere l’aperitivo e cena in spiaggia. Anche la gente sarà contenta di vedermi. Ringrazio Draghi che ci consente questa possibilità. Con due semplici tamponi. L’anno scorso Conte lo vietò. Si vede che c’è stato un cambio di passo.

a di Covid.

 

Manega de barlafus

 




Ristorazione e vino di qualità. Si apre il bando #iobevolombardo

Dalla Lombardia 2,6 milioni di euro per sostenere il sistema vinicolo e gli operatori dell’Horeca: obiettivo favorire e incrociare domanda e offerta a livello territoriale

Sostenere il vino e, di riflesso, i ristoratori del territorio: è l’obiettivo del bando #iobevolombardo di Regione Lombardia che mette a disposizione 2,6 milioni di euro per sostenere il sistema produttivo vinicolo di qualità e gli operatori della ristorazione a seguito dell’emergenza Covid.
Due le fasi del bando: la prima fase consiste in una manifestazione di interesse rivolta ai produttori e/o imbottigliatori dei vini Dop, Docg e Igp e ha lo scopo di raccogliere le adesioni da parte dei produttori/imbottigliatori al fine di costituire un elenco di fornitori di vini di qualità, disposti a ricevere un numero di voucher proporzionale agli ettolitri imbottigliati nel 2019 al fine di favorire l’offerta di vino di qualità, al consumatore attraverso gli operatori della ristorazione che parteciperanno all’iniziativa (fase 2). Tra le novità dell’edizione 2021 del bando la possibilità per la cantina/imbottigliatore di cedere i voucher all’agente mono/plurimandatario e l’ampliamento dei codici Ateco (I.56.10.11 – Ristorazione con somministrazione, 56.21 – Catering Eventi Banqueting, 56.30 primario o secondario – bar, pub, enoteche …. – 55.10 hotel).

Le risorse
A disposizione per l’intero bando 2.641.000 euro. Il produttore/imbottigliatore che ha aderito alla manifestazione di interesse avrà diritto nella Fase 2 a ricevere un numero di voucher secondo la sua capacità produttiva: aziende che imbottigliano fino a 100 hl 6 voucher; aziende che imbottigliano da 100 a 500 hl 20 voucher; aziende che imbottigliano oltre i 500hl 40 voucher.
Il produttore/imbottigliatore che ha aderito dovrà vendere il vino di qualità al prezzo di mercato. Il voucher ha un valore di € 250, l’operatore della ristorazione potrà beneficiare al massimo di due voucher.

Condizioni
Nel caso in cui produttori/imbottigliatori di vini di qualità lombardi si avvalgano di agenti mono o plurimandatari per la commercializzazione dei propri vini, i voucher potranno essere ceduti a questi, al fine del rimborso presso. Il produttore/imbottigliatore di vini di qualità lombardi, in caso decida di avvalersi di agenti mono o plurimandatari per la commercializzazione dei propri vini oggetto dei voucher, dovrà indicarlo nel modello di domanda.
Il valore del voucher verrà riconosciuto da Unioncamere Lombardia al produttore/imbottigliatore, che emetterà la fattura propria o presenterà quella dell’agente mono o plurimandatario se indicato in domanda, scorporando la quota del voucher. Il voucher può rappresentare fino a un massimo del 60% del valore della fornitura.

Tempistiche
Le domande potranno essere presentate a partire dalle ore 12.00 del 29 marzo fino alle ore 17.00 del 26 aprile tramite il sito http://webtelemaco.infocamere.it .
La finestra per la presentazione domande della Fase 2 va dal 17 maggio al 18 giugno.
Tutti i dettagli del Bando e la Documentazione Online




Partite Iva e liberi professionisti. A Bergamo nel 2020 crollo del 17%

Matteo Mongelli, presidente Confcommercio Professioni di Ascom: “Bene il Decreto Sostegni ma servono ristori più alti, protezione economica e un nuovo sistema di welfare”

Ristori più alti, protezione economica e nuovo sistema di welfare per i liberi professionisti. Sono queste le richieste avanzate da Ascom Confcommercio Bergamo per i liberi professionisti, una categoria molto variegata e di fatto più suscettibile ai contraccolpi economici causati dalla pandemia. I dati dell’Agenzia delle Entrate confermano il trend in atto: nel 2020 in Bergamasca le nuove partita Iva sono calate del 17%, e al crollo dei fatturati già esigui per la categoria dei liberi professionisti si sono contrapposti ristori irrisori o addirittura assenti.
“Grazie all’intervento di Confcommercio Professioni siamo riusciti ad ottenere l’estensione di alcuni vantaggi come le moratorie fiscali e contributive per tutti i professionisti colpiti dagli effetti dell’emergenza sanitaria – sottolinea Matteo Mongelli, presidente Confcommercio Professioni di Ascom Confcommercio Bergamo -. Queste misure non sono però sufficienti e occorre continuare sulla strada già intrapresa dal Governo per una nuova protezione sociale del lavoro autonomo. La recente introduzione sperimentale nella Legge di bilancio dell’Iscro, l’ammortizzatore sociale per i professionisti iscritti alla gestione separata Inps, va proprio in questa direzione”.

Scenari di welfare a parte, l’emergenza sanitaria pesa come una spada di Damocle sulla categoria nonostante i nuovi ristori previsti dal Decreto Sostegno: “Il Decreto non dà le risposte sperate perché, anche se finalmente supera il criterio dei codici Ateco ed estende gli indennizzi a tutti i professionisti con partita Iva, prevede purtroppo la corresponsione di somme irrisorie rispetto alla perdita subita nell’anno – prosegue Mongelli -. Lo stesso vale per la definizione agevolata degli avvisi bonari e le sospensioni di adempimenti e versamenti tributari previsti che sono un primo passo ma non sufficienti e tantomeno risolutivi. L’annuncio di ulteriori scostamenti di bilancio fa ben sperare per la categoria e ci auguriamo non arrivino troppo tardi rispetto alle urgenti esigenze di liquidità dei professionisti”.

Così come sono necessarie misure contingenti di salvaguardia e di sostegno alla categoria, occorre tener conto dei cambiamenti in essere sul mercato del lavoro. “Anche nel nostro territorio si stanno affermando due fenomeni: la crescita delle libere professioni non ordinistiche, che rappresentano un terzo delle partite Iva, e il fenomeno delle carriere intermittenti e discontinue tra lavoro dipendente e lavoro indipendente che coinvolgono sempre più persone – conferma il direttore di Ascom Confcommercio Bergamo, Oscar Fusini -. Molti lavoratori passano infatti da una posizione ad un’altra non solo per ragioni di difficoltà per la perdita del lavoro ma anche per ragioni di opportunità: il lavoro autonomo consente infatti di crescere professionalmente e anche il mercato del lavoro si sta adeguando. Per questo non è più pensabile definire le libere professioni come step intermedio verso il lavoro dipendente ma rappresentano una scelta di vita e professionale. Nei prossimi mesi, con il termine del divieto di licenziamento, apriranno molti nuovi liberi professionisti perché molte persone saranno alla ricerca di uno sbocco occupazionale. Con la crisi generata dalla pandemia occorrerà valutare come sostenere il reddito di questi soggetti, comunque attivi rispetto ai percipienti il reddito di cittadinanza. Riteniamo quindi sia necessario definire in modo strutturale un sistema di protezione per i liberi professionisti, oltre a politiche attive e a un welfare specifico”.

I dati dell’Osservatorio delle Partite Iva dell’Agenzia delle entrate

Dai dati pubblicati pochi giorni fa dall’Osservatorio delle Partite Iva dell’Agenzia delle Entrate emerge che il 2020 è stato l’anno orribile per tutto il mondo delle partite Iva che ha visto crollare nella nostra provincia le nuove aperture del 17,3%, ben 1.390 in meno rispetto al 2019.
Le nuove imprese sono scese del 20,2% mentre i liberi professionisti dell’11,2%.  A incidere sono stati soprattutto i due periodi di lockdown, in particolare quello della primavera del 2020 – con perdite del -70% in aprile e -50% a marzo – ma anche il secondo periodo di restrizioni ha comportato un calo a ottobre (-12%) e a dicembre (-10,7%). Il peso di Bergamo, che a gennaio era appena sopra il 9% a livello lombardo, ha totalizzato la perdita di due punti percentuali (7,5%) ad aprile ma anche a dicembre ha perso rispetto alla media regionale (8,3%), toccando l’8,7% di media annuale. Rispetto all’Italia, l peso di Bergamo è calato mediamente di 0,2 punti per cento.
Il crollo di natalità dei liberi professionisti c’è stato anche se meno marcato di quello delle nuove imprese e il rapporto tra nuovi liberi professionisti e nuove partite Iva ha raggiunto la media del 34,0%. Questo vuol dire, quindi, che nel 2020, circa tre su dieci nuove partite Iva non erano imprese ma professionisti: il dato più alto mai visto dal 2018 in poi. Nonostante ciò, l’andamento dei nuovi professionisti ha comunque tenuto nel primo semestre per poi calare più vistosamente nel secondo (27,1% contro i 39,4% del primo semestre), quando da una parte è ripartita, seppur in diminuzione rispetto al 2019, la creazione di nuove imprese, e dall’altra lo scenario del perdurare della pandemia ha fatto desistere molti aspiranti.




Bergamo, al via i controlli nei ristoranti che svolgono il servizio mensa

Fusini, direttore di Ascom: “Il servizio è una deroga ma va svolto nel piena rispetto della legge. Sul nostro sito l’elenco dei ristoranti associati in regola”

Dalla prossima settimana scattano i controlli da parte della Polizia Locale a tutte quelle attività di ristorazione che svolgono servizio di mensa in città a beneficio di lavoratori di studi, imprese, ecc.: un’attività, questa, pensata non solo per contrastare eventuali irregolarità, ma soprattutto per tutelare tutti coloro che nel settore rispettano le regole, tra tanti sacrifici e difficoltà in questo periodo così delicato per il perdurare dell’emergenza sanitaria covid19 nel nostro Paese. Nella nostra città sono poco meno di 30 i ristoranti che si sono “convertiti” a mense aziendali, nelle scorse settimane.

La norma

Come si legge anche nel più recente Dpcm, nelle zone arancioni e rosse “continuano a essere consentite le attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, nei limiti e alle condizioni di cui al periodo precedente”. La possibilità di svolgere servizio mensa alle aziende non può però rappresentare una scorciatoia di ristoranti, bar, trattorie per accogliere in pausa pranzo, oltre ai lavoratori, anche altri clienti: in caso di mancanza di uno o più requisiti previsti dal Ministero sono previste sanzioni. Lo scopo della disposizione è quello di lasciare la possibilità di risolvere il problema della pausa pranzo per tutte quelle aziende che non possono ricorrere allo smart working e che non hanno una mensa interna e, dunque, necessitano di una soluzione per gestire in modo sicuro la pausa pranzo dei propri dipendenti.

L’iter per trasformare un ristorante in mensa aziendale è piuttosto preciso. Prima di tutto deve esistere l’autorizzazione da parte delle autorità territoriali, che avviene, in questo momento di emergenza covid19, in modo semplificato. Sarà poi fondamentale l’esistenza di uno specifico contratto di mensa aziendale tra ristorante e azienda, che preveda delle specifiche convenzioni per il pranzo, concesse solo nei giorni lavorativi. La copia di questo contratto dovrà poter essere mostrata su richiesta degli organi territoriali, insieme all’elenco nominativo del personale beneficiario del servizio (il tutto rispettando la Privacy Policy). È chiaro quanto la verifica di questi due requisiti sia alla base dei controlli che scatteranno nei prossimi giorni in città.

“Conosciamo – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo – le difficoltà economiche e finanziarie delle attività di ristorazione che sono in asfissia da mesi e il bisogno del servizio di ristorazione che oggi è precluso. Dobbiamo però ricordare che il servizio mensa dei ristoranti è una deroga che abbiamo ottenuto e che deve essere svolta nel piena rispetto della legge, pena la sanzione con chiusura del locale. Temiamo inoltre il rischio di un cambio di direzione delle autorità con il divieto di erogazione del servizio. Oltre ad aver seguito diverse decine di ristoranti che hanno richiesto l’estensione del servizio, Ascom pubblica l’elenco dei ristoranti che svolgono un servizio mensa a disposizione delle potenziali aziende clienti del servizio”.

“In città – spiega Cesare Rossi, vicedirettore di Confesercenti Bergamo – abbiamo istituito uno sportello ad hoc per accompagnare i ristoratori a diventare mense in questo periodo d’emergenza e abbiamo interloquito con moltissime Amministrazioni della Provincia per agevolare e rendere omogenei i processi autorizzatori. Anche per questo motivo abbiamo accolto con favore la comunicazione del 12 marzo, nella quale Regione Lombardia invitava i Comuni a semplificare e snellire le procedure in capo alle imprese. È però doveroso richiamare le poche prescrizioni rimaste per evitare eventuali sanzioni, anche a favore della correttezza degli operatori che seguono con attenzione le regole, che ci tengo a ribadire: a oggi il servizio mensa è possibile previo accordo/convenzione firmato dalle parti che preveda un elenco dei dipendenti potenziali utilizzatori del servizio mensa nei pubblici esercizi; il servizio mensa a oggi non è possibile per lavoratori autonomi e indipendenti”.

“Durante tutto il periodo dell’emergenza sanitaria – conclude la Comandante della Polizia Locale Gabriella Messina – gli agenti di via Coghetti ha svolto una grande attività di supporto alla cittadinanza, svolgendo una puntuale attività di controllo sul rispetto delle prescrizioni previste per ridurre il più possibile la possibilità di contagio. Anche in ambito commerciale, la Polizia del Comune di Bergamo ha svolto numerosi controlli su tutte le attività presenti nella nostra città, cercando soprattutto di spiegare quali regole e quali modalità fossero da mettere in atto, consapevoli del grande sforzo di adeguamento e responsabilità chiesto agli esercenti della città durante la pandemia. Alcune attività sono state sanzionate perché, palesemente e a volte anche consapevolmente, non hanno rispettato le norme. Ma l’attività di sanzione – prosegue Messina – è a tutela dei fruitori di questi esercizi, ma soprattutto doverosa verso tutti coloro che, con grandi sacrifici, cercano di rispettare le regole e coloro che, non essendo in grado di rispettare le prescrizioni in alcuni casi, decidono di chiudere l’attività. Durante il 2020 sono stati svolti 5512 controlli e comminate 24 sanzioni, nel 2021 i controlli sono stati 1573, con un totale di 49 sanzioni.”