Dolci (Fiva): “Riapertura sperimentale dei mercati ambulanti passo avanti importante”

“E’ importante la riapertura sperimentale dei mercati ambulanti per i beni di prima necessità: ringraziamo Regione Lombardia, il Governatore Attilio Fontana, il presidente della Quarta Commissione Gianmarco Senna, qui a Bergamo il Sindaco Giorgio Gori”: lo afferma Mauro Dolci, presidente regionale di Fiva Confcommercio.

“Una sperimentazione – prosegue Dolci – che, senza dubbio, costituisce un passo avanti per tutti, operatori e clienti, verso quel ritorno all’auspicata ‘nuova normalità’ nella fase che dobbiamo affrontare per mettere finalmente alle spalle l’emergenza sanitaria”.

“A questa sperimentazione daremo il nostro contributo – sottolinea Dolci – con le nostre imprese familiari che sanno di poter garantire la piena sicurezza ai consumatori. Guardando al futuro quando il commercio ambulante potrà riprendere pienamente il proprio ruolo”.




Sospeso l’indennizzo di cessazione attività per le domande presentate dopo novembre 2019

Enasco comunica che è stato sospeso l’indennizzo di Cessazione attività commerciale per le domande presentate dopo il 30/11/2019.

Il numero di richieste di indennizzo pervenute all’INPS nel corso del 2019 è tale da far emergere, in via prospettica, uno squilibrio tra la consistenza dello specifico Fondo e l’importo delle prestazioni da corrispondere. Pertanto – in attesa delle determinazioni da parte del Ministero del lavoro –  sono sospese le domande con data di presentazione successiva al 30/11/2019.

Per maggiori informazioni è possibile contattare Laura Benigni. L.benigni@enasco.it




Fogalco al fianco degli imprenditori

La nostra Associazione, attraverso la Cooperativa di garanzia Fogalco vuole continuare ad essere al fianco dei nostri Imprenditori, per assisterli nelle loro richieste come si è fatto sino ad oggi per l’ottenimento dei 600 euro, nell’aggiornare gli imprenditori su tutte le novità che sono state introdotte dai Decreti ministeriali e dalle ordinanze regionali, e riguardo alla miriade di domande che i nostri associati in queste settimane ci hanno rivolto ed alle quali abbiamo cercato di rispondere. Sul credito automatico abbiamo costituito un gruppo di lavoro che si è reso disponibile ad accompagnare e assistere gli associati nella predisposizione delle relative richieste di agevolazione.

Decreto Liquidità, Credito Adesso, voucher camerali, sono queste le principali misure dedicate al credito che a livello nazionale, regionale e locale sono state messe a disposizione degli imprenditori e sulle quali Ascom e Fogalco sono fortemente impegnate.
I provvedimenti contengono interventi importanti per le micro, piccole e medie imprese, per i lavoratori autonomi e per i professionisti e sono nate con lo scopo sia di assicurare la necessaria liquidità e il supporto finanziario in questa situazione di emergenza sia di assistere le stesse imprese per il raggiungimento del necessario riallineamento finanziario distorto dalla grave crisi.
Abbiamo raccolto le più significative operazioni di sostegno alle imprese già in fase operativa, tra cui il Credito automatico con massimale di 25.000,00 euro.

Potete trovarle nel vademecum Ascom pubblicato sul sito alla pagina: https://tinyurl.com/ybevvzvl




Da Ascom e Appe un’intesa per garantire e assistere operatori del terziario e proprietari edilizi

Ascom Confcommercio Bergamo e A.P.P.E. – Confedilizia di Bergamo hanno raggiunto un’importante intesa per assistere e garantire i legittimi interessi e le aspettative dei proprietari di immobili e delle aziende commerciali in questo delicatissimo momento di lockdown, con particolare attenzione al prossimo periodo di riapertura delle attività.

Entrambe le Associazioni sono preoccupate riguardo alla ripresa e agli effetti che la prolungata inattività avrà sulle aziende e, di conseguenza, sui proprietari degli immobili, in quanto si teme che e l’atteggiamento dominante nei primi mesi di riapertura (con tutte le precauzioni del caso in tema di sicurezza) sarà la diffidenza della clientela.

Alcuni strumenti importanti di aiuto sono già stati messi in campo dal Governo, quali il credito d’imposta del 60% a favore dei negozianti per i canoni di locazione pagati nel mese di marzo e un prestito-liquidità garantito dallo Stato, ma c’è il timore che tutto ciò non basti anche se le due Confederazioni a livello nazionale premono affinché si adottino altri interventi quali: il credito d’imposta per i canoni non pagati e la “cedolare secca anche per i negozi”.

Nel frattempo, Ascom e A.P.P.E. hanno ricercato strumenti locali per venire incontro alle necessità delle rispettive categorie, salvaguardo specifici diritti e aspettative.

Il rischio, infatti, è di subire molte morosità che, viceversa, con piccoli aiuti potrebbero essere evitate, salvaguardando così il locatore da mancati introiti del canone di locazione (sui quali comunque si devono versare le tasse anche se non percepiti) ed evitando costose azioni giudiziarie.

Secondo un’indagine effettuata da Ascom risulta che 57,2% delle imprese del terziario bergamasco è in affitto, e, ad oggi, a causa della pandemia, risultano chiuse 4.718 imprese che non hanno locali propri. Di queste il 43% (2.028 imprese) non ha intenzione di continuare a pagare l’affitto; mentre il 33% vuole negoziare un nuovo accordo e il 32% contenere il canone.

Il canone medio mensile nella nostra provincia è di 1.050 euro (12.600 annui), si stima pertanto che il mancato pagamento dell’affitto potrebbe aggirarsi sui 2,2 milioni di euro al mese     

Tenuto conto di questi numeri, A.P.P.E. – Confedilizia e ASCOM hanno sottoscritto un protocollo d’intesa e propongono un servizio ai rispettivi soci per valutare, qualora proprietario e inquilino lo ritenessero necessario, le singole posizioni dei contratti di locazione e le contrapposte esigenze delle parti al fine di ricercare, con la massima professionalità possibile, un’intesa su come superare la difficile e rischiosa fase di transizione, c.d. Fase 2, cercando di salvaguardare al massimo le legittime aspettative delle parti coinvolte e, viceversa, contenendo al minimo l’eventuale contenzioso.

Si tratterà, quindi, di accordi personalizzati che permettano alle parti interessate di raggiungere un nuovo equilibrio, sostenibile e soddisfacente per entrambe.

A mero titolo esemplificativo, senza la pretesa di essere esaustivi, potranno essere contemplate le sospensioni del canone di una o più rate con un accordo prestabilito e cristallizzato da un idoneo piano di rientro, oppure potranno essere previste delle diminuzioni o deroghe temporanee del canone con eventuale possibilità di rientro in un tempo successivo.

In Ascom si aprirà uno sportello dedicato al tema che verrà seguito dall’Area ATA – Assistenza Tecnica Amministrativa-. Info: ata@ascombg.it – 035 4120340

 




Consegne a domicilio restano consentire, nonostante la sentenza del Tar

Nonostante la sentenza del Tar di Regione Lombardia emanata ieri sera, 23 aprile, le consegna a domicilio anche di beni diversi da quelli alimentari o di prima necessità rimane possibile. Il provvedimento non produce alcun effetto sul piano pratico.

La Regione Lombardia con l’Ordinanza 528 dell’11 aprile non ha infatti ampliato ma ha chiarito la possibilità, per la prima volta, della  consegna a domicilio generalizzata di tutte le merceologie, come risulta dai chiarimenti che già da alcune settimane sono riportati sul sito ufficiale del Governo. che dice che “i negozi e gli altri esercizi commerciali al dettaglio che vendono prodotti diversi da quelli alimentari o di prima necessità e che quindi sono temporaneamente chiusi al pubblico possono proseguire le vendite effettuando consegne a domicilio, nel rispetto dei requisiti igienico sanitari sia per il confezionamento che per il trasporto, ma con vendita a distanza senza riapertura del locale. Chi organizza le attività di consegna a domicilio – lo stesso esercente o una cd. piattaforma – deve evitare che al momento della consegna ci siano contatti personali a distanza inferiore a un metro (i prodotti di prima necessità sono elencati nell’allegato 1 al Dpcm 10 aprile 2020). È altresì consentita la vendita di ogni genere merceologico se effettuata per mezzo di distributori automatici” ( cfr http://www.governo.it/it/faq-iorestoacasa).

Di fatto, resta il via libera agli ordinativi di merce sia per telefono che online, avendo ovviamente cura di rispettare i requisiti previsti per il confezionamento ed il trasporto delle merci e comunque le vigenti disposizioni sul distanziamento delle persone e dell’utilizzo dei sistemi individuali di protezione, a tutela dei lavoratori che provvedono alle consegne.

Rimane infine confermato che nel corso dell’emergenza sanitaria la consegna a domicilio non richiede alcun titolo di legittimazione aggiuntiva quali SCIA o autorizzazioni particolari, in quanto considerata attività accessoria all’attività principale dell’operatore commerciale.

 




Asporto, in quarantena vince la pizza, boom anche per il gelato

Con l’obbligo di stare a casa a causa del Covid-19, il delivery si è affermato come un’abitudine. Dopo qualche settimana di disorientamento molte attività, che non lo facevano, hanno deciso di aprire alle consegne, per non perdere clienti e per mantenersi attivi e ora che lo smart è diventato un modus vivendi per tenerci in contatto da casa seppure distanti, ordinare il cibo al telefono o dal computer per farcelo recapitare a casa è una prassi quanto mai accessibile.L’Osservatorio annuale sul mercato del cibo a domicilio di una delle principali realtà del settore, Juat Eat, ha redatto un focus che fa il bilancio di oltre un mese e mezzo dal lockdown del Paese. Al centro ci sono i consumi del food delivery tra marzo e aprile 2020, e i cambiamenti o le conferme nelle abitudini.
Il food delivery, che resta consentito per ristoranti, locali e pizzerie chiuse al pubblico, rappresenta per il oltre il 90% del campione intervistato un servizio importante o essenziale in questo momento, cogliendone l’importanza soprattutto per i ristoranti, che possono continuare a fare consegne, nonostante siano chiusi al pubblico (66%) ma anche per chi ordina ed è costretto a casa (30%). Quasi il 60% del campione rivela inoltre di ordinare cibo a domicilio in questi giorni, mentre chi non lo fa dichiara come motivazione principale di dedicarsi soprattutto alla cucina, passando molto tempo in casa. 

Si riscontra inoltre un incremento della richiesta di attivazione del servizio da parte dei ristoranti e anche da parte di realtà che non ne usufruivano in precedenza, e che vedono nel food delivery un supporto concreto al proprio business. 

La pizza si conferma al primo posto come il piatto più ordinato, seguita dall’hamburger, dal sushi, dal pollo e dalla cucina italiana, soprattutto in alternativa al cucinare a casa in questi giorni di isolamento. Una new entry assoluta è invece il gelato che si inserisce in classifica al quinto posto tra le cucine più ordinate nelle ultime tre settimane, a differenza dei trend dei periodi “più standard” quando sfiora ma non rientra in top 10. 

Tra i principali trend di crescita si attestano poi proprio i dolci e i gelati (+133%), ma anche sushi e cibo giapponese nei formati da mangiare in famiglia e in gruppo, come le barche e i mix (+124%) e le ormai famose pokè bowl (+54%). Emergono inoltre trend specifici come la crescita dei menù dedicati al pranzo, utili per chi lavora da casa, quelli per i più piccoli (menù baby), dolci e sfiziosità, birre artigianali e qualche bottiglia di buon vino. Questi trend di scelta spiegano anche i desideri che spingono gli italiani a ordinare food delivery e che emergono dal campione di 30.000 clienti intervistati. Se infatti, in questo momento, a ordinare sono più gli uomini delle donne (60% vs 56%), il primo motivo per farlo è regalarsi una coccola (59%), soprattutto per le donne (56%), ma anche una comoda alternativa all’andare a fare la spesa, limitando così il numero delle uscite (48%). Per chi è in smart working è pratico ordinare a pranzo o a cena non avendo tempo di cucinare (15%), soprattutto per gli uomini (56%), e per evitare le code ai supermercati e le attese per la spesa online (17%). 
Esplorando poi le diverse fasce di età, emerge la voglia di staccare la spina con il food delivery ordinando qualcosa di goloso soprattutto per la fascia18-25 anni, l’ordine a pranzo soprattutto per i giovani dai 26 ai 35 anni, l’evitare la coda ai supermercati o l’attesa per la spesa on-line per i 36-45 anni e un’alternativa all’andare a fare la spesa, limitando il numero di uscite, soprattutto per la fascia 45-54 anni.

 




Presto il via libera alle passeggiate, si riaccende la passione per il foraging

Tra poco verrà il tempo di uscire all’aperto e potremo finalmente tornare a godere delle passeggiate. Potrà essere l’occasione non solo di muoversi un po’ all’aperto e di godere delle natura ma anche di fare un po’ di foraging nei boschi e divertirsi, magari con i bambini, a raccogliere le erbe spontanee.

Per non farvi trovare impreparati, vi consigliamo questo libro: “La cucina delle erbe spontanee di montagna” di Giunti Editore. Un interessante e utile manuale firmato da tre appassionate ed esperte: le chef Mariangela Susigan del ristorante Gardenia a Caluso, Torino, e Alessandro Gilmozzi del ristorante El Molin di Cavalese, Trento; e la botanica Luisa Papponi. Il libro raccoglie  60 schede illustrate di erbe, con ricette e preziose indicazioni su come raccoglierle, conservarle e cucinarle.

 




Il Consumo di vino tornerà come prima del Coronavirus

 

Buone notizie per le imprese del vino. Il confinamento per l’emergenza coronavirus ha frenato i consumi di vino, ma nella cosiddetta fase 2 tutto tornerà come prima per l’80% dei consumatori, portafoglio degli enoappassionati e liquidità d’impresa permettendo.
Secondo la prima indagine a focus Covid a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, i consumatori italiani di vino (l’85% della popolazione) si dichiarano fedeli alle proprie abitudini già a partire dalla fase 2, compatibilmente con la loro disponibilità finanziaria.

Il ‘dopo’ sarà come ‘prima’ per l’80% dei consumatori. O più di prima, con i millennials che prevedono un significativo aumento del consumo, in particolare di vini mixati (il 25% prevede di aumentarne la domanda), a riprova della voglia di tornare a una nuova normalità con i consueti elementi aggreganti, a partire dal prodotto e dai suoi luoghi di consumo fuori casa (ristoranti, locali, wine bar), che valgono una fetta di 1/3 del campione in termini di volume (il 42% tra i millennials).

 




L’impatto del Coronavirus sul terziario bergamasco: una crisi senza uguali dal dopoguerra ad oggi

Non è la crisi del 2009. Quella, che sembrava essere la più grave crisi mai vista, “ci fece il solletico” in confronto a ciò che sta accadendo ora. La situazione di oggi è molto più grave. Non solo per il coinvolgimento emotivo, anche il mio.

I media sono ancora concentrati sull’emergenza sanitaria e non focalizzano ancora del tutto il trauma economico che stiamo subendo.

Gli imprenditori bergamaschi stanno reagendo con compostezza alle loro reali difficoltà per rispetto dei tanti morti, anche dei loro. I circa 600 questionari recapitati on line alla nostra Associazione in poco più di 30 ore segnalano la percezione di gravità del problema. Le riposte degli imprenditori, lucide e precise, delineano con chiarezza i timori e l’incertezza per il futuro. Siamo di fronte ad un impatto sull’economia reale senza uguali dal dopoguerra ad oggi e non siamo in grado di prevederne l’esito e la ripartenza. Non sappiamo quanto passerà prima di poter parlare di una reale ripresa. 

I dati che emergono dal questionario promosso dalla nostra Associazione in collaborazione con Bergamo TV sono allarmanti.

Siamo stati diretti nelle domande perché il momento non si presta a inutili giri di parole.  Abbiamo chiesto alle imprese del commercio, turismo e servizi nostri associati cosa intendono fare dopo questa batosta. Le risposte sono state altrettanto sincere ed eloquenti.

Il 12,1% non riaprirà più, l’ha già deciso. Il 31% non è ancora in grado di rispondere.
Per un tessuto come il nostro bergamasco, fondato sul lavoro “in proprio”, il rischio è un’ecatombe di imprese, soprattutto tra i pubblici esercizi, già indeboliti dalla liberalizzazione selvaggia dell’ultimo decennio, e tra i negozi di abbigliamento e calzature, minati dal cambiamento delle abitudini d’acquisto, dal commercio elettronico e soggiogati da vincoli contrattuali con le aziende manifatturiere assolutamente anacronistici visto quanto sta avvenendo.   

Il blackout di liquidità che perdura da ormai quasi due mesi sta mettendo in difficoltà gli imprenditori nella sfera aziendale e anche familiare. Il 51% degli imprenditori del terziario dichiara che la sua liquidità è insufficiente mentre solo il 36,1% stima la sua perdita di guadagno nella percentuale di sopportabilità del 30%. Addirittura, uno su quattro, il 26% degli imprenditori intervistati, dichiara perdite di guadagno fino al 100%.

Le ricadute saranno presto evidenti, a partire dalle spese più immediate, come il canone di affitto. Solo il 42,8% del campione è proprietario dei muri del negozio, mentre il 57,2% è in affitto: di questi il 43% ha dichiarato che non pagherà regolarmente il canone; il 33% cercherà di rinegoziarlo mentre il 32% individuerà un’altra modalità per far fronte alle difficoltà del pagamento. Per la diligenza e l’onorabilità dei bergamaschi questa è un’ulteriore “mazzata”.

Gli strascichi avranno però respiro più lungo. Le imprese usciranno da questo momento più deboli e più indebolite. Oggi gli ammortizzatori stanno congelando le posizioni, ma a breve i riflessi si vedranno anche sull’occupazione.

Il 21,7% ha già deciso di rinunciare a parte del personale, mentre il 35,7% lo sta valutando. Se questi incerti si trasformassero in aziende che licenziano, i numeri dei disoccupati andranno presto ad ingrossarsi.

Gli intervistati delineano le loro richieste. Solo il 17,8% sostiene che l’iniezione di liquidità sia condizione per riaprire l’attività. Sanno che i debiti devono essere comunque pagati. La maggior parte, il 45,2%, chiede un contributo a fondo perduto, il 34,7% la detassazione e il 28,9% gli sgravi. Sinceri e concreti.

Chiedersi se in una simile situazione ci siano facili soluzioni penso sia difficile. Io non ne ho, sono sincero. Penso che dobbiamo insieme provare a ricominciare, ascoltandoci, bandendo tutte le divisioni e i pregiudizi e ricostruendo mattone dopo mattone con grande pazienza, umiltà e attenzione.




Lockdown. La rivincita delle botteghe

Omobono Alessandro Maroni con la moglie Piera Maria Giussani del negozio La Piazza dei Sapori di Vidalengo

 

L’emergenza sanitaria e il confinamento stanno cambiando la geografia del commercio e offrendo la possibilità concreta di recuperare il patrimonio delle botteghe di vicinato.

Il lockdown ha valorizzato i punti forti del commercio di prossimità che sono la relazione e il servizio, in particolare di consegna a domicilio. Ha dato l’opportunità di scoprire – ma è più corretto dire riscoprire – le botteghe vicino a casa e di allacciare con i negozianti del paese e del quartiere nuove alleanze, che adesso, nel bisogno, sentiamo calde e umane.  

Nel rapporto di forza tra grande distribuzione e commercio tradizionale che negli ultimi anni ha visto primeggiare la prima, si è creato un – momentaneo – rovesciamento di potere. 
 
Tra tutte, abbiamo raccolto la testimonianza di un nostro lettore che esprime bene il sentimento della categoria in questo momento.Omobono Alessandro Maroni, titolare del negozio La Piazza dei Sapori di Vidalengo vicino a Caravaggio ci scrive: “Sono un commerciante, di 68 anni. Ho ancora tanta voglia e grinta di lavorare per me e ahimè, in questo momento, anche per per mia figlia che lavora solo tre ore per le consegne a domicilio in un ristorante chiuso e ha una figlia di 17 anni da mantenere. A causa di questo maledetto virus il mio settore lavora il doppio. Il confinamento ci ha restituito il mercato che le liberalizzazioni degli ultimi decenni ci avevano sottratto. In questi anni siamo stati tutti spettatori impotenti della distruzione sistematica del ceto medio in generale e del commercio in particolare. La rete commerciale del nostro paese, costruita in quasi 200 anni con grandi sacrifici dai nostri nonni e padri, in soli 23/24 anni è stata spazzata via.Trasferendo in continuazione la ricchezza dalla classe media alle grandi multinazionali abbiamo svuotato i centri storici e abbiamo costruito cattedrali del consumo sfrenato, smodato, compulsivo.

Da anni il sabato pomeriggio è un deserto; la domenica non si riposa. Non abbiamo la possibilità di pagare qualcuno per tenere aperto per nulla. Ora invece no,  non ci si può spostare più di tanto e il nostro mercato è ritornato. Siamo troppo pochi ormai, negli anni abbiamo fatto molta fatica, ci siamo indebitati per stare a galla solo perché credevamo nella nostra passione. Ora ci dicono che l’alimentari e la vendita di tabacchi sono servizi fondamentali. Noi lo sapevamo anche prima del confinamento. Se penso che in questi anni poteva essere tutto diverso, che le nostre figlie invece di scappare dalla nostra attività potevano essere qui con noi e portare avanti il negozio…Invece per restare in sella abbiamo continuato ad indebitarci; la passione, gli impegni già presi ci hanno costretto a continuare. Il mio auspicio è che i clienti numerosi che vediamo in questo periodo rimangano anche dopo che questa emergenza è finita”.

Un auspicio che hanno tutte le moltissime attività di vicinato che in questo momento stanno sostenendo le famiglie e le persone fragili con grande sacrificio e dedizione.