Dal Terziario Donna dell’Ascom la convenzione per aiutare le mamme

Il Gruppo Terziario Donna Ascom ha siglato una convenzione, pronta ad arricchire il pacchetto di Ascom Vantaggi, con Click Clack Family, un centro su misura per la famiglia nel cuore della città, in via San Lazzaro. Click Clack Family – creato da Francesca Patti, ingegnere gestionale – è un luogo di incontro, servizi e supporto per  le future mamme e per famiglie con bambini fino agli 11 anni. Diversi i servizi proposti dal centro: si comincia con le mamme che portano ancora in grembo il proprio bambino con corsi preparto (con la possibilità di assistenza ostetrica), yoga per gestanti e musicoterapia prenatale per poi andare ad accompagnare le neo-mamme per la remise en forme post partum, corsi di massaggio neonatale, musicoterapia postnatale, Iyengar Yoga e il supporto del “salotto delle mamme”. Per i più piccoli i corsi spaziano dalle lingue straniere, con il corso Kindermusik Abc English alla cucina su misura di Mini Chef a un’ampia proposta di laboratori pronti a sviluppare creatività e attitudini dei bimbi. Tra i servizi più richiesti la proposta di un’alternativa al nido, con la possibilità di scegliere tra 3, 4 e 5 mattine a settimana, dalle 8.30 alle 12.30 con merenda e attività in italiano e in inglese. E’ possibile utilizzare il Centro per realizzare feste, dal baby shower ai compleanni. La presidente del Gruppo Terziario Donna, Claudia Marrone, ha sottolineato l’importanza della convenzione siglata con la fondatrice del Centro: “L’accordo supporta le famiglie alleggerendo la spesa per attività ludiche e laboratori ed offre un’alternativa all’asilo nido con personale qualificato e attività  in inglese. L’iniziativa intende inoltre supportare le imprenditrici chiamate a districarsi tra impegni, impresa e figli e offre un punto di riferimento anche per le future mamme, tra corsi e veri e propri percorsi da condividere in uno spazio intimo e familiare con altri neo-genitori”. I tagli ai prezzi del listino – con percentuali di sconto variabili in base ai diversi servizi offerti – sono riservati ai soci Ascom.  Per maggiori informazioni è possibile rivolgersi direttamente a Click Clack (Via San Lazzaro, 7/B Bergamo. Tel 035.216359; info@clickclack.it, www.clickclack.it)




Natale, le luci solidali brillano sempre più 

In attesa della Stella Cometa, si illumina giorno dopo giorno la costellazione che dal del centro cittadino arriva fino alle porte di Bergamo e al centro di Seriate. Come ogni anno, le luminarie del Distretto del commercio riescono a creare uno spettacolo ad ogni luce accesa: dall’8 dicembre, data in cui sono brillate le prime installazioni, giorno dopo giorno si è arrivati ad illuminare il Natale nel cuore della città e a riscaldare i cuori con le luci della solidarietà, creando un’atmosfera di famiglia tra i commercianti che con grandi sforzi hanno contribuito ad accendere l’atmosfera, con il coordinamento del Distretto e il contributo di Camera di Commercio e Comune. «La stella è il tema dell’anno, simbolo del Natale ma anche richiamo alla campagna del centro missionario diocesano “Guarda la stella! Per un Natale nella luce della missione” realizzata con l’associazione Pro Jesu onlus e Ascom – spiega Alessandro Riva, amministratore delegato del Distretto urbano del commercio Bergamo centro -. Quest’anno il tema è stato interpretato con giochi e declinazioni insolite, a partire dalla stella che stravolge le prospettive usuali essendo posta orizzontalmente e che illumina la Chiesa di Sant’Alessandro, richiamando l’angelo posto sopra alla colonna. Un invito per tutti a staccarsi dalla realtà terrena e dalle problematiche di tutti i giorni per alzare gli occhi al cielo». Luci hi tech e il legno lavorato a mano dagli artigiani della Val di Scalve impreziosiscono l’albero della solidarietà: «Quest’anno si è allargata la rete dei collaboratori del distretto, con le stelle realizzate dai giovani artigiani e da un artista del legno della Val di Scalve e da cinquanta stelle dipinte a mano realizzate con i disegni plastificati dei bimbi delle elementari – continua Riva -. L’idea è di dare inizio con questa iniziativa ad un percorso con le scuole e coinvolgere i più piccoli nell’illuminare Natale, ma anche Expo».
Quest’anno la città si spinge idealmente con la sua scia luminosa fino a Seriate: «Dopo il collegamento con Orio l’anno scorso – continua il manager del Distretto – quest’anno l’illuminazione abbraccia Seriate. Grazie al coinvolgimento di Borgo Palazzo una costellazione di stelle arriverà fino al centro di Seriate». I negozianti che hanno partecipato alle iniziative sono riconoscibili da una luce sopra l’insegna e da un cartello in vetrina. Il 17 dicembre il Distretto Urbano del Commercio di Bergamo Centro in collaborazione con il Centro Missionario Diocesano hanno riproposto il tradizionale scambio di auguri con la consegna dei panettoni della solidarietà nel corso dell’incontro al Centro Congressi Giovanni XXIII alla presenza del Vescovo Francesco Beschi e del sindaco Franco Tentorio. I panettoni sono stati distribuiti a chi è in difficoltà come segno di vicinanza da parte di personalità civili, religiose e militari che, rinunciando al proprio panettone, hanno dato la disponibilità a proseguire idealmente il segno tracciato con le luci della solidarietà posate con le luminarie natalizie sull’intero territorio cittadino e a richiamare la condivisione di questi progetti.




Pmi e universitari, un’alleanza vincente

«Le idee non vanno soppresse, ma trasformate, perché dietro agli ostacoli potrebbero esserci grandi opportunità per futuri successi». È questo il motto che negli ultimi cinque anni ha spronato Camera di commercio, Bergamo Sviluppo e le organizzazioni di categoria a creare sinergie tra le aziende e i laureandi. Attraverso l’iniziativa “Sviluppo competitivo veloce nelle Pmi”, fra il 2008 e il 2013 sono state messe in relazione 106 imprese votate all’innovazione con altrettanti studenti pronti a portare freschezza, conoscenze e creatività nel mondo del lavoro attraverso tirocini di tre mesi. Il tutto coordinato dalla professionalità di 40 consulenti esperti. In un contesto economico sempre più globale, che richiede alle aziende di dotarsi di strumenti più efficaci per migliorare le loro prestazioni, la formula dello stage si è rivelata vincente. Da un lato gli imprenditori orobici hanno potuto concretizzare progetti di rinnovamento organizzativo o tecnologico; dall’altro i laureandi hanno cominciato a fare i conti con dinamiche aziendali che si discostano dalla teoria appresa sui libri. «Tra il 2008 e il 2009 hanno aderito all’iniziativa 50 imprese, 13 nel 2010, 10 nel 2011, 13 nel 2012 e 20 nel 2013 – ha illustrato il direttore di Bergamo sviluppo Cristiano Arrigoni –. Il progetto, finanziato interamente dalla Camera di commercio, è rientrato nelle buone pratiche insieme ad altri quattro a livello nazionale. Si tratta di un investimento durevole nel tempo dove il perfezionamento dell’innovazione introdotta nelle aziende prosegue anche dopo la conclusione del tirocinio, producendo benefici tecnologici, culturali e finanziari. Un elemento chiave è il binomio consulente-studente. Abbiamo quindi cercato universitari motivati e con un profilo adeguato per affrontare un’esperienza quotidiana in azienda, significativa per la loro crescita personale e professionale».
Quest’anno gli interventi di consulenza hanno riguardato soprattutto il settore del marketing strategico e della comunicazione. Circa il 50% dei progetti avanzati dalle aziende è stato infatti dedicato alla valorizzazione dell’immagine nel proprio mercato di riferimento e all’utilizzo del web come strumento di promozione e di vendita diretta alla clientela finale. Il 20% ha focalizzato la propria attenzione sulla creazione di metodologie più efficaci per la programmazione e il controllo della gestione (cost accounting, pianificazione finanziaria e gestione anticipata della tesoreria). Il 15% ha puntato su iniziative di ingresso in mercati esteri, mentre il 5% ha svolto interventi di sviluppo commerciale e di supporto alla vendita. «In quasi tutti i progetti è emersa una crescente sensibilità degli imprenditori verso la valorizzazione delle risorse umane – ha illustrato Sergio Panseri, consulente esperto coinvolto nell’ambito dei progetti –. Il ruolo dei tirocinanti, insieme ai consulenti, è stato fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi, anche se la spinta dall’interno dell’imprenditore è stata quella determinante per il successo. Inoltre, il rallentamento delle attività dovuto alla crisi per alcune aziende ha forse ridato un ruolo maggiore alla strategia di medio-lungo termine».




Expo 2015, cresce l’interesse nel mondo

Si avvicina l’appuntamento con Expo2105 e nel mondo cresce l’attenzione verso l’evento. Un balzo di interesse di ben il 77% nel bimestre settembre-ottobre rispetto a quello precedente, se si considera il numero di menzioni pubblicate in rete che parlano esplicitamente di Expo, anche se sono ancora limitate (4.125 menzioni rispetto a 2.332 di luglio-agosto). A parlare di Expo 2015 sono soprattutto gli Stati Uniti e i Paesi europei. Spicca poi l’attenzione da parte della Turchia all’evento, che supera quella della Francia e del Giappone. E quando si parla di Expo 2015, chi si esprime in senso positivo supera di gran lunga chi mostra scetticismo criticando l’evento: in quasi 4 commenti su 5 vince il “sentimento” positivo, che trova il suo picco nei paesi BRICS (in Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa il sentimento positivo è all’ 87.5%). Negli Stati Uniti (68.2%) e nei paesi UE (69.3%) l’evento Expo 2015 è soprattutto associato al tema dell’alimentazione e dell’ambiente, mentre nei paesi BRICS acquistano un peso decisamente maggiore i temi legati al business (12,6% rispetto al 3,5% nei paesi UE e al 5,1% negli Stati Uniti) e al turismo. Ma l’Esposizione Universale è un evento che toccherà profondamente anche l’immagine della città di Milano. E non a caso di Milano nel mondo si parla sempre di più: negli ultimi due mesi il capoluogo lombardo ha ricevuto oltre 1 milione di menzioni in rete, superando città d’arte come Venezia e Firenze, e in linea con il dato di Roma. Perfino in Corea del Nord si parla di Milano (154 volte in 60 giorni), mentre tra i paesi in cui si è parlato di più di Milano ecco all’ottavo posto l’Indonesia. E Milano piace: viene apprezzata di più di Torino, Roma e Napoli, soprattutto dai cinesi, in cima alla lista tra i Paese al mondo.
Sono queste alcune delle principali evidenze emerse dalla ricerca “Expo 2015 e Milano viste dall’estero” effettuata della Camera di commercio di Milano e realizzata attraverso Voices from the Blogs (http://voicesfromtheblogs.com/), spin-off dell’Università degli Studi di Milano, analizzando in totale oltre 13 mila post che parlano di Expo 2015 negli ultimi 13 mesi e oltre 1 milione di post su Milano negli ultimi due mesi pubblicati sui canali social (Twitter, Facebook, Google+, Blog, Forum etc). I post considerati sono stati tutti pubblicati in un Paese diverso dall’Italia e scritti nelle più disparate lingue straniere. Una Torre di Babele che però ha trovato in Expo una parola universale ed un argomento sempre più ricorrente  che si spera possa intensificarsi a breve ed incanalarsi nella giusta direzione  grazie all’innovazione di Explora: “Explora – ha dichiarato Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano e di Confcommercio – ha l’obiettivo  di organizzare, raccordare e valorizzare l’offerta turistica milanese e lombarda promuovendola all’estero. E’ un motore innovativo del territorio al servizio delle imprese e delle istituzioni anche a livello nazionale”. Le aspettative sono elevate ed è fondamentale l’impegno di tutti per non tradirle.
"I flussi di visitatori determineranno il successo di Expo, soprattutto quelli provenienti dai grandi Paesi emergenti – continua Sangalli -.
La Camera di commercio, attraverso la sua  azienda speciale per l’internazionalizzazione Promos, e attraverso Explora, sta attuando un piano per la promozione di Expo 2015 nel mondo in raccordo con le altre istituzioni”.
Explora, la società che promuove e gestisce il sistema integrato del turismo, è partecipata da Camera di commercio di Milano e Unioncamere Lombardia con il 60 per cento e da Regione Lombardia e Expo 2015, rispettivamente con il 20%. La missione di Explora è raccogliere l’offerta disponibile sul territorio, a  partire da quello milanese e lombardo, per promuoverlo presso i grandi tour operator mondiali, fino a coinvolgere tutto il Paese, anche per mete meno conosciute. Un sistema integrato di riferimento per facilitare la nostra offerta turistica promuovendola all’estero, proponendo cultura, arte, enogastronomia, bellezze naturali per puntare ad avere soggiorni più lunghi e articolati. Explora sarà una delle più importanti eredità di Expo 2015.
Quanto si parla di Expo 2015? Complessivamente, nel periodo analizzato (dal 1° settembre 2012 al 31 ottobre 2013) ci sono state in rete, e in particolare sui canali social (Twitter, Facebook, Forum, Blogs, YouTube, Google+, ecc), oltre 13 mila menzioni (13.422) che hanno parlato esplicitamente di Expo 2015. Nel corso degli ultimi mesi questo interesse è cresciuto in modo significativo (+77% nel bimestre settembre-ottobre rispetto a quello precedente). Il picco di attenzione più rilevante si è registrato il 6 maggio 2013 in concomitanza con la Nomina del Commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015 e con la conferenza stampa del Presidente del Consiglio Enrico Letta
Sono poi gli Usa il paese in cui nel periodo considerato si è parlato di più sinora di Expo 2015: oltre la metà dei commenti sui social provengono infatti da questo Paese. Un dato rilevante che appare solo in parte influenzato dalla maggiore diffusione dei social media negli Usa rispetto agli altri Paesi. A seguire ci sono cinque stati europei: Olanda, Germania, Grecia, Gran Bretagna e Svizzera. Da menzionare l’attenzione mostrata dalla Turchia su Expo 2015 che risulta maggiore di quella sinora registrata in Francia. Seguono poi Cina, Giappone e Russia. D’altra parte, è l’inglese la lingua di gran lunga più utilizzata quando si scrive a proposito di Expo 2015 non l’italiano, con il 69,4% del totale delle menzioni. A seguire lo spagnolo (6,6%), il tedesco (5,8%), il turco (4,2%), il francese (2,3%), il russo (2,2%) e il cinese (2%).  




Almala, la borsa di successo nata a Costa Volpino 

Tre mamme, novemila euro in tasca, un'idea e tanta iniziativa.
Possono bastare per creare un'impresa di successo? Sì, stando alla  storia di Alessandra Vitali, Mariavittoria Pasotti e Laura Bartoli, tre mamme poco più che quarantenni. Grandissime appassionate di moda, spinte dalla passione e dal desiderio di trovare qualcosa di unico, femminile e raffinato per se stesse e le loro amiche, quasi per gioco nel 2009, a Costa Volpino, hanno dato vita a Almala, un progetto che oggi è un brand di successo venduto e conosciuto in tutta Italia e in diversi Paesi del mondo.
Una storia positiva in mezzo a tante notizie drammatiche. Ed è bello raccontarla perché testimonia che in un momento difficile come questo anche piccole realtà nate per una passione possono stare a galla e funzionare.
«Circa 5 anni fa siamo andate in Toscana per visitare dei piccoli artigiani della pelle – racconta Mariavittoria -. Avevamo in mente l'idea di realizzare una borsa solo per noi. Non avevamo nessun background, solo uno schizzo, disegnato in fretta alle sette di sera, e un capitale da investire di novemila euro, tremila per una. Abbiamo fatto realizzare cinque pezzi solo per noi e poi siamo diventate le testimonial di noi stesse: abbiamo proposto le nostre borse porta a porta».
Le tre giovani donne si sono divise per zone. Ciascuna con i propri campioni si è presentata alle amiche prima e poi ai negozi più prestigiosi. La borsa è piaciuta e con il tam tam è iniziata subito la richiesta. E che richiesta!
Nella prima stagione la loro BB Bag (per esteso, bracelets bag) ha venduto più di seimila pezzi solo con il passa parola. Un consenso incredibile che ha posizionato il marchio nei migliori negozi italiani e anche all'estero.
Le borse e gli accessori Almala sono venduti in 150 punti vendita in tutta Italia e da qualche tempo anche in Svizzera, Giappone, Corea, Canarie, Saint Tropez e addirittura New York.
«I nostri prodotti – dice Mariavittoria – sono realizzati da artigiani toscani di nicchia che lavorano anche per grandi nomi della moda. Nascono dalla materia prima che abbiamo in mano. Scegliamo pellami e tessuti di alta qualità di origine italiana, facciamo gli schizzi e poi li diamo agli artigiani. Mentre i manici delle borse e i bijoux in acetato sono lavorati con la tecnica laser nella Bergamasca».
Un successo tutto Made in Italy, insomma, frutto di una combinazione di elementi vincenti: qualità, passione, tenacia e tanto lavoro.
«Credo che il segreto del successo delle nostre creazioni sia la ricerca continua, di idee e di materiali – spiega l'imprenditrice -. Tutti i giorni cerchiamo ispirazioni per proporre oggetti nuovi.  Viaggiamo moltissimo, visitiamo le fiere italiane e estere per trovare piccoli dettagli da aggiungere. Ogni mese e mezzo introduciamo nella collezione prodotti nuovi per dare una risposta al pronto moda. Sempre pensando all'utilità; le nostre borse si possono portare sia di giorno che di sera, sono leggere e pratiche».
Almala ora si è trasferita nella nuova sede di Brescia ed è un’impresa a cui fanno capo due dipendenti e una discreta rete di rappresentanti.
Le titolari sono stanche ma soddisfatte e hanno tutta l'intenzione di difendere il loro successo.
«Nella moda ci sono fenomeni che durano due/tre stagioni – dicono – noi non vogliamo essere meteore. Il nostro prodotto ha ancora tanta strada da fare. Non puntiamo a fare grossissimi numeri – aggiungono – perché non vogliamo inflazionarci e perché per farlo dovremmo appoggiarci a produzioni estere. Abbiamo l'ambizione di crescere piano piano sviluppando una rete commerciale».
Alessandra e MariaVittoria sono state contattate da altri brand molto noti per collaborare con loro ma hanno sempre rifiutato. «Siamo gelose della nostra produzione e non vogliamo disperdere energie – spiegano -. La nostra forza è reinvestire il capitale in modo da poter viaggiare con le nostre gambe».
Anche per loro, come capita spesso il successo è venuto da fuori città.
Dice Mariavittoria: «Abbiamo una vendita molto forte nel centro Italia, in particolare nel Lazio e a Roma dove abbiamo degli agenti bravissimi. Pochi giorni fa ero in un negozio di Brescia e, non vista, ho ascoltato una conversazione tra il gestore e una cliente: parlavano di noi. Dicevano: "Sono state fortunate!"; ho sorriso».




Commercio, il recupero delle botteghe sotto casa 

La crisi riscrive anche la geografia della distribuzione in Bergamasca. Dopo anni in cui la tendenza sembrava una sola, ovvero la progressiva erosione degli spazi da parte della grande distribuzione sulle piccole attività, qualcosa si è inceppato. Il dato generale è che il calo dei consumi (e probabilmente anche fenomeni più sottili come la crescita di canali alternativi, a cominciare dall’online, e il mutamento nelle priorità di spesa) non ha risparmiato nessuno e tutte le dimensioni della vendita (grandi superfici, medie ed esercizi di vicinato) hanno subito nel giro di un anno una diminuzione sia nel numero sia nelle superfici. Se questa è la cornice da non perdere di vista, leggendo tra le righe e volendo individuare qualche timida indicazione su come si sta riassestando il comparto, il piccolo dato che emerge è il calo meno marcato delle medie superfici e del commercio di vicinato e addirittura un segno “più” per le botteghe alimentari, per anni vittime predestinate dell’avanzata di iper e supermarket.
I dati sono quelli della rilevazione sul commercio al dettaglio in sede fissa effettuata dalla Regione con i Comuni, relativa alle strutture autorizzate al 30 giugno di ciascun anno, che per il 2013 sono stati pubblicati a metà ottobre. Nel giro di un anno sono “spariti” dalla provincia di Bergamo circa 44mila quadrati di superficie commerciale autorizzata, passata da un totale di 1.886.297 mq a 1.841.814 (-2,3%), mentre la tendenza dal 2011 al 2012 parlava ancora di un leggero incremento complessivo (+11.627 mq pari allo 0,6%).
A far segnare il calo maggiore sono le grandi strutture di vendita (ovvero quelle con una superficie superiore a 1.500 mq nei comuni con popolazione inferiore ai 10mila abitanti e superiore a 2.500 in quelli dai 10mila residenti in su). In realtà non si tratta di chiusure, ma di complessi commerciali che nel 2012 erano presenti nell’elenco come autorizzati e che non si trovano più nella nuova rilevazione. Si tratta del centro commerciale di Castelli Calepio, la cui autorizzazione è stata annullata dal Consiglio di Stato in seguito ad un ricorso, e del centro commerciale previsto nel Comune di Nembro nell’ambito del recupero dell’ex cotonificio Honegger di Albino, sul quale i promotori hanno rinunciato. L’aggiornamento fa così scendere da 46 a 44 le strutture autorizzate (si tratta sia di centri commerciali, compreso quello non ancora realizzato a San Pellegrino, sia di grandi superfici specializzate, ad esempio nella vendita di mobili, articoli sportivi, bricolage, abbigliamento) con una diminuzione della superficie di circa 23.500 metri quadrati (da 469.861 a 446.372, -4,9%). La retromarcia si era già innescata nel 2012, le attività autorizzate avevano infatti toccato l’anno prima il massimo storico di 47 (nel 2003 erano 42, nel 2006 erano 37).
Più contenuto il calo delle medie strutture (esercizi con superficie da 150 a 1.500 mq nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e superficie da 250 a 2.500 mq nei comuni con popolazione superiore). Il numero dei punti vendita è calato di 24 unità, passando da 1.090 (nel 2011 erano 1.100) a 1.066. La superficie regge nel comparto alimentare con una variazione minima da -127 mq da un totale di oltre 163mila mq, mentre nel non alimentare si perdono in un anno 8.286 mq. Il saldo complessivo è negativo di 8.413 mq (da 624.288 a 615.875, -1,3%). Nel confronto 2011/2012 il trend, invece, era ancora di crescita.
Anche gli esercizi di vicinato sono meno (144 unità), passati da un totale di 12.220 a 12.076. Contrariamente però a quanto rilevato in passato, ossia l’incremento dei punti vendita non alimentari e la diminuzione di quelli del settore food, nel confronto 2012/13 la dinamica si inverte e sono gli alimentari a crescere (+38, da 2.196 a 2.234) e i negozi non alimentari e misti a calare. I primi sono scesi di 166 unità (da 8.833 a 8.667), i secondi di 16 (da 1.191 a 1.175). Resta comunque piccolo l’incremento della superficie delle botteghe alimentari (+814 mq da 110.047, pari allo 0,7%), mentre la superficie totale degli esercizi di vicinato passa da 792.148 mq a 779.567 (-12.581 mq pari all’1,6%). Cambiano anche le quote appannaggio di ciascuna forma distributiva. Nel 2012 le grandi strutture occupavano il 24,9% della superficie commerciale totale autorizzata, la medie il 33% ed in negozi di vicinato il 42%. Nel giro di un anno i grandi complessi hanno ceduto 0,7 punti percentuali (attestandosi al 24,2%), che medie superfici (salite al 33,4% del totale) ed esercizi di vicinato (42,3%) si sono quasi equamente divisi.
In città resta stabile la presenza della grande distribuzione, con quattro strutture per un totale di oltre 23.500 mq (8.499 nell’alimentare e 15.203 nel non alimentare) e cala leggermente la superficie occupata dalla medie strutture (-1.198 mq da un totale di 74.869, pari all’1,6%) nonostante l’incremento di un’unità (il totale è infatti passato da 105 a 106). Crescono invece tutte le voci del commercio di vicinato. I negozi alimentari sono 13 in più (saliti da 455 a 468), quelli del non alimentare sono cresciuti di sette unità (da 2.346 a 2.353) e quelli misti di cinque (da 142 a 149). La superficie totale della piccola distribuzione passa da 202.600 mq a 203.950 (+1.350 mq pari allo 0,6%). Anche a Bergamo si conferma quindi la maggiore vitalità del commercio alimentare di vicinato, in un quadro positivo anche per i settori non food e misto, a differenza del dato provinciale che parla in ogni caso di una perdita di superfici e punti vendita anche tra le piccole strutture. La superficie commerciale complessiva è rimasta sostanzialmente invariata, con un “più” di 152 mq (passando da 301.171 nel 2012 a 301.323 a giugno 2013, +0,05%), con il commercio di vicinato che ha rafforzato la propria quota – già nettamente maggioritaria – passando dal 67,2% del totale al 67,6%, a scapito della media distribuzione scesa dal 24,8% al 24,4% (invariata la “fetta” della grande distribuzione, pari al 7,8%).
Dinamiche simili a quelle del capoluogo si registrano in alcuni dei maggiori centri della provincia. A Treviglio rimane stabile il numero delle grandi strutture (una per un totale di poco più di 7.500 mq) e quello delle medie superfici (31, per 17.219 mq), mentre crescono i negozi di vicinato. In un anno sono salite a 74 (+7) le attività alimentari, di ben 21 unità (per un totale di 388) quelle non alimentati e di un’unità (da 30 a 31) quelle a merceologia mista. La superficie complessiva delle botteghe è però leggermente scesa, passata da 34.465 mq a 33.920 (-1,5%). A Seriate, ferme le grandi superfici (due, per un totale di 28.222 mq), crescono di due unità le medie strutture (da 13 a 15, per un incremento di 1.700 mq) e gli esercizi di vicinato: sei in più (per un totale di 57) nel commercio alimentare, nove in più in quello non alimentare (per un saldo che sale a 213) e uno in più nelle superfici miste (19). La superficie sale a 19.226 mq (+676 mq, +3,6%). Ad Albino, dove non sono presenti grandi strutture, si è persa una media superficie (da 22 a 21, -1.299 mq), sono cresciuti i negozi alimentari (+1, per un totale di 21), quelli non alimentari (saliti di 3  unità, a 161) ed è rimasto stabile il numero degli esercizi misti (23).
In crescita le botteghe anche a Clusone: sono salite a 28 quelle alimentari (+2), a 246 quelle non alimentari (+2) e a 10 le superfici miste (+1). Il saldo dei piccoli esercizi è invece negativo a San Pellegrino, dove a fronte di un incremento nel settore food (+1, per un totale di 18 insegne), si sono perse 7 attività non alimentari (il totale è sceso a 121), invariate le superfici miste (6). Flessione anche a Sarnico, che perde un negozio alimentare (il totale è di 31), 7 non alimentari (il saldo scende a 121) e 2 esercizi misti (da 9 a 7). A Romano di Lombardia, si sono persi quattro alimentari (ne sono rimasti 52) mentre resta stabile la quota dei non alimentari (150); a Lovere gli alimentari sono 24 (-2), 78 i non alimentari (come nel 2012) e 2 gli esercizi misti (-2). Come visto dai dati complessivi, è il commercio di vicinato non alimentare a cedere il passo. Tra chi perde di più si segnalano Nembro (-21 esercizi non alimentari, passati da 106 a 85), Trescore Balneario (-11, da 97 a 86, con calo anche di un’unità nel settore alimentare e di una nelle superfici miste), Pedrengo (-9, per un totale di 39), Caravaggio (-8, per un totale che scende a 134), Selvino (-7, da 55 a 48), Dalmine (-5, da 100 a 95, ma calano di 3 unità anche gli alimentari), Osio Sotto (-5, da 80 a 75), Calusco d’Adda (-5, da 71 a 66), Castelli Calepio (-5, per un totale che scende a 55), Brembate di Sopra (-7, da 50 a 43), Gorle (-8, da 32 a 24), Cene (-6, da 19 a 13), Verdello (-5), Verdellino (–4).
I comuni con la maggiore presenza di grandi superfici sono Curno (5 strutture per un totale di oltre 45mila mq), Orio al Serio (una struttura da oltre 49mila mq), Stezzano (due strutture per un totale di 30mila mq) e Seriate (due, per un totale di 28mila mq). A Curno – dove è alto il numero anche delle medie superfici (53, -3 rispetto al 2012, per un totale di quasi 41mila mq, quasi esclusivamente non alimentari) – si contano anche tre esercizi di vicinato non alimentare in più (il totale è salito a 47). A Orio al Serio e Stezzano è stabile il saldo sia delle medie strutture (8 a Orio, 10 a Stezzano), sia dei negozi di vicinato (21 a Orio, 74 a Stezzano).




La ristorazione nel nuovo anno. Affari di Gola consulta dieci “stelle” bergamasche

Con il nuovo anno alle porte, anche Affari di Gola ha consultato le stelle per sapere cosa attendersi dal futuro. Per la rivista dell’enogastronomia bergamasca le stelle in questione non potevano che essere i dieci chef e patron della nostra provincia insigniti dal noto riconoscimento della guida Michelin. A loro spetta il compito di tracciare il bilancio dell’annata che si sta per concludere e lanciare lo sguardo sulle prospettive per il 2014. La rotta vira verso semplicità e tradizione, terra e territorio, non senza la sperimentazione di nuove tecniche, tra avanguardia e scienza. Si cercano nuove formule per riportare ai tavoli dei ristoranti turisti e bergamaschi ed ottimizzare i costi di gestione sempre più elevati senza intaccare la qualità. L’abbinata Bistrot-Alta ristorazione si rivela sempre più affiatata e vincente e non manca chi lima i prezzi per stimolare i consumi.
Nel nuovo numero si scopriranno anche i piatti e le golosità che sin dalla fine del 1800 arrivavano sulle tavole delle famiglie più benestanti della città e si conosceranno i nuovi programmi di Gualtiero Marchesi, maestro della cucina italiana che, all’età di 83 anni, è pronto a lanciarsi in una nuova avventura nel Novarse dopo vent’anni all’Albereta in Franciacorta. La recensione del ristorante è quella dell’Antica Osteria il Forno a Brembilla, mentre tra le nuove aperture c’è la Locanda dell’Annunciata a Palazzago, una dimora storica di campagna che si apre al pubblico per cene in una calda atmosfera familiare. Doppia provocazione sul versante dei vini: si parla della migliore valorizzazione dei vitigni autoctoni italiani attraverso il metodo Charmat e degli equivoci legati alla definizione di “vino naturale”.
Il resto si può gustare sfogliando la rivista, distribuita nelle edicole di Bergamo e provincia o consultabile on line.




Confcooperative, patronato e assistenza fiscale agevolati

Confcooperative Bergamo e Acli Bergamo uniscono le forze per dare più servizi ai soci e ai lavoratori delle cooperative attraverso un accordo che consentirà l’accesso ai servizi di patronato e di assistenza fiscale, con particolare attenzione al sistema del welfare territoriale. Nelle scorse settimane è stata firmata infatti la convenzione tra le due associazioni per favorire l’accesso alle prestazioni di assistenza e consulenza a prezzo agevolato per i soci e i lavoratori delle imprese aderenti a Confcooperative Bergamo, nonché dei loro familiari. Grazie all’intesa, il Patronato Acli Bergamo e Acli Service Bergamo Srl forniranno tutta una serie di servizi previdenziali, fiscali e contributivi per il disbrigo delle diverse pratiche di cui le famiglie possono necessitare: dalla compilazione delle dichiarazioni Isee alle dichiarazioni fiscali, fino al supporto per la stipula di contratti Colf e badanti.
«Dopo l’intesa a livello regionale sottoscritta un anno fa, ora abbiamo voluto estendere la convenzione a livello provinciale – spiega Giuseppe Guerini, presidente di Confcooperative Bergamo -. Un passo importante che alimenta la collaborazione con le Acli. Si tratta di un’intesa che nasce nell’alveo culturale e valoriale che sui temi del lavoro, dell’economia sociale, del welfare e della famiglia trova le nostre organizzazioni molto vicine».
La convezione sarà operativa da gennaio e i soci-lavoratori delle cooperative potranno rivolgersi alla sede di Confcooperative Bergamo, in via Serassi 7, o in uno dei 30 recapiti del Patronato Acli diffusi sul territorio provinciale: «Per loro saranno applicate delle tariffe agevolate – spiega Rosa Gelsomino, presidente Acli Bergamo -. Ovviamente non sarà richiesto nessun tesseramento perché la convenzione va nella direzione intrapresa da tempo e che ha reso il Patronato un intermediario importante per diverse associazioni di categoria». «L’intesa – conclude Sergio Bonetti, presidente del Csa (Centro Servizi Aziendali) di Confcooperative – va incontro alle esigenze degli oltre 40mila soci delle nostre associate che attraverso il Csa possono contare su servizi e le convenzioni collegate alla “Carta del Socio”, una carta identificativa con funzioni di carta servizi e di fedeltà dei soci delle cooperative».




Sempre più donne entrano nel franchising

Le donne si avvicinano sempre più al franchising: la percentuale di coloro che aprono punti vendita, o offrono servizi al pubblico, in affiliazione è in continua crescita, specie nell’ultimo quinquennio recessivo: sui 54 mila imprenditori affiliati nel 2012 in Italia la percentuale di donne è risultata del 38% nel 2012, dunque più di 20mila donne imprenditrici rispetto al 31% rilevato nel 2008. Una crescita coerente con quella del comparto del franchising che occupa in Italia 186 mila commessi (oltre ai 54 mila affiliati titolari) e sta espandendosi all’estero con oltre 7 mila punti vendita, con un fatturato annuo di 180 milioni di euro nel 2012.
Quali motivazioni spingono le donne verso il franchising, come entrano nel mondo dell’affiliazione e con quanto successo? Un’indagine sul franchising al femminile è stata realizzata, per la prima volta, dalla fiera specializzata “Franchising Nord”, interpellando nel settembre scorso un campione di 500 donne (e 500 maschi) tra i visitatori della fiera. Il sondaggio mostra uno spaccato per molti versi sorprendente: le donne sembrano essere più selettive degli uomini nello scegliere il settore di affiliazione, più concrete nell’aderire alle proposte dei franchisor, più decise nell’affrontare la prima fase in cui si affrontano finanziamento e pratiche per l’apertura di un punto vendita, più fiduciose nei propri mezzi e, alla fine, più soddisfatte delle scelte compiute.
Come e perché le donne si avvicinano al franchising? Il sondaggio di Franchising Nord riferisce che il 35,4% delle donne sono alla ricerca di un lavoro, il 31,6% proviene da un precedente lavoro indipendente, il 22,8% da un lavoro dipendente precario, il 4,4% da un lavoro dipendente fisso (si vedano i grafici allegati). Dati che testimoniano l’intraprendenza delle donne, assai ben disposte a mettersi in proprio per trovare una propria collocazione nel mondo del lavoro, ma anche disponibili a lasciare lavori precari o fissi.
Intraprendenti, ma anche più riflessive ed esigenti degli uomini: quasi tutte prima di discutere il loro progetto con un franchisor  valutano le opportunità di almeno due settori merceologici (l’85,7% contro il 61,9% degli uomini).  Ed alla fine i settori merceologici preferiti dalle donne per aprire un punto vendita in affiliazione sono, nell’ordine: alimentari, ristorazione rapida, abbigliamento, calzature e accessori, bigiotteria, erboristeria.
Le donne sembrerebbero avere maggior senso pratico, ritenendo il livello di investimento richiesto per avviare l’attività un criterio fondamentale per la propria decisione (è così per oltre due terzi delle donne contro un terzo degli uomini).
Anche la scelta delle consulenze e assistenze tecniche dimostra maggiore concretezza da parte delle donne: mentre solo 38% dei maschi che si sono messi in proprio dichiarano di essersi consultato con una banca, l’hanno fatto quasi tre quarti delle donne imprenditrici (71,4%). Rivolgersi ad una banca è il primo passo delle donne, mentre gli uomini sembrano preferire, come prima cosa, consultare il proprio commercialista.
Prestando più attenzione nella fase di valutazione delle proprie scelte, non a caso il livello di soddisfazione delle donne, una volta entrate nel business è maggiore: 60% di esse si dichiara molto soddisfatte (contro il 31,3% degli uomini) ed il 40% piuttosto soddisfatte (contro il 31,3% degli uomini).
Cosa chiedere a Governo e Parlamento per far ripartire il mercato del lavoro?
Per le donne bisogna ridurre le tasse alle imprese (68,1%) e le tasse ai privati (62,1%), poi favorire l’accesso al credito per i giovani (54,5%). Meno favore incontra nelle donne la proposta di agevolare il credito agli operatori del franchising: 40,5% contro il 47,1% degli uomini.
“Il dato più significativo che emerge dall’inchiesta – ha commentato l’avvocato Donatella Paciello, consulente legale di Assofranchising e di Franchising Nord – è la maggiore attenzione che le donne prestano alla fase che precede la sottoscrizione del contratto di franchising. Accanto alle informazioni che, per legge, il franchisor è tenuto a fornire al franchisee, almeno trenta giorni prima della sottoscrizione del contratto, può essere molto utile per il potenziale franchisee acquisire prima della firma del contratto stesso ulteriori informazioni sia pure non obbligatorie per legge: si pensi ad esempio ai bilanci che, se richiesti, devono essere forniti all’affiliato. E’ altresì molto importante che l’affiliato consulti i franchisee già inseriti nella rete di vendita, di cui il franchisor deve fornire una lista aggiornata, al fine di testarne l’indice di soddisfazione”. “E’ dunque importante – ha precisato l’avvocato Paciello – rivolgersi a consulenti legali esperti in materia, prima di sottoscrivere il contratto, perché Il franchising è una formula contrattuale che, accanto a clausole di contenuto inderogabile, consente di inserire nel contratto clausole specifiche adatte alle esigenze delle parti, al settore merceologico, al tipo di prodotto o servizio oggetto del franchising stesso”.




Fava: «La polenta? Un elemento culturale del territorio»

L’assessore regionale al convegno organizzato dall’Associazione Promozione del Territorio. «Anche nella maiscoltura e nella produzione di farine Bergamo esprime un’eccellenza»

Un prodotto che si emancipa, che da povero e di sussistenza per antonomasia diventa alimento gourmet, mescolando tradizione, cultura, esperienza e capacità produttiva. E’ la polenta, oggetto simbolo di un’alimentazione che ricordiamo lontana, legata alle ristrettezze dei tempi di guerra, che invece oggi sempre più assurge al ruolo di “elemento culturale ed economico di un territorio” come ha ricordato lunedì scorso l’assessore regionale all’Agricoltura Gianni Fava, intervenendo al convegno “Polenta bergamasca e dintorni”, organizzato dall’Associazione Promozione del Territorio alla fiera di Bergamo in occasione di Gourmarte.
“Eppure non ci siamo ancora affrancati dalla logica per cui a volte ci si debba trovare quasi in imbarazzo parlando di polenta, quasi fosse un antidoto alla modernità – ha detto Fava, ricordando che nel suo recente viaggio promozionale a Hong Kong “di fronte a un piatto con la polenta il cuoco si era premurato di ricordare che era realizzata con farina bergamasca”.
Esempio di globalizzazione – Torna ancora una volta il tema della promozione. “Prodotti come la polenta – ha detto Fava – vanno ‘promozionati’ lanciando e rilanciando iniziative ed eventi. Del resto, ha ricordato l’assessore, per quanto “simbolo della tradizione” la polenta, e la farina di mais prima di tutto, rappresentano “uno dei primi casi di globalizzazione: pianura padana e provincia bergamasca hanno dovuto attendere la scoperta dell’America perché il mais diventasse parte integrante della nostra terra e della nostra cultura alimentare”.
Ricerca e innovazione per la qualità – Parlare di polenta oggi è tutto fuorché essere fuori moda. Ampiamente rivalutata partendo dalle ricette di tradizione, si declina spesso in piatti prelibati rivisitati da grandi chef che non prescindono dalla qualità nella preparazione dei piatti. “Anche nella maiscoltura e nella produzione di farine Bergamo e il suo territorio esprimono un’eccellenza per i livelli molto alti di qualità garantiti dalle imprese – ha ricordato l’assessore regionale – e per la cura e il rispetto dei valori della tradiziontradizione. Oggi il focus è sul miglioramento delle caratteristiche di qualità e sicurezza alimentare della granella e delle farine. Anche per questo, grazie all’informazione, c’è voglia di fare rete. Strumento giusto per prepararsi ad affrontare il mercato globale”.