Bergamo Sviluppo, riflettori accesi sulla meccatronica

Cinque giornate dedicate a conoscere il “Sistema Meccatronica”: questo l’obiettivo della nuova iniziativa che vede coinvolte la Camera di Commercio, attraverso l’Azienda Speciale Bergamo Sviluppo, l’Università degli Studi di Bergamo, Confindustria Bergamo, Imprese&Territorio, il Consorzio per la Meccatronica Intellimech, la Pro Universitate Bergomensi e l’Ufficio X-Ambito territoriale di Bergamo. Nella conferenza stampa, svolta 2 giorni fa in Camera di Commercio, sono stati presentati gli obiettivi dell’iniziativa e soprattutto il cospicuo calendario di eventi, 13 in 5 giorni, dal 9 al 13 dicembre (si veda l’elenco riportato a fianco pagina), che sono stati pensati per 3 diversi target: imprese, studenti e genitori e studenti.
Ricordiamo che la meccatronica è la branca dell’ingegneria dell’automazione che studia il modo di far interagire tre diverse discipline: la meccanica, l’elettronica e l’informatica, al fine di automatizzare i sistemi di produzione, per semplificare il lavoro umano. I principali campi di applicazione sono la robotica, l’automazione industriale, la biomeccatronica, l’avionica, i sistemi meccanici automatici degli autoveicoli.
Gianluigi Viscardi, vicepresidente di Bergamo Sviluppo con delega all’innovazione (cariche che ricopre in modo analogo anche in Confindustria Bergamo), sottolinea il valore di questo settore in cui «la realtà di Bergamo ha saputo intravedere, fin dallo scorso decennio, i presupposti per innescare quei processi sempre più basati sulla trasversalità».
«La settimana dedicata alla meccatronica sarà l’occasione per rimarcare l’importanza di un percorso univoco, in grado di trasmettere messaggi positivi sia per quel che riguarda il sistema delle produzioni sia per coinvolgere  il mondo della formazione e del lavoro – dichiara Viscardi –. Mi auguro che le associazioni d’impresa, il binomio scuola-università e gli stessi centri di ricerca sposino la visione di lungo orizzonte sul fronte dell’innovazione. I diplomi di perito meccatronico rispondono alla necessità di nuove figure professionali. Dall’automobile alla lavatrice fino alla domotica, la produzione industriale è sempre più orientata alla meccatronica. Bergamo fa scuola? Ci proviamo, certamente sentiamo il bisogno di incentivare questo settore già proiettato nel futuro».




«Con l’Expo, tempi e orari della città andranno rivisti» 

Sono 140 le nazioni che fino ad oggi hanno aderito ad Expo 2015. Tra maggio e ottobre 2015, l’esposizione universale di Milano attirerà oltre 20 milioni di persone, di cui 7 milioni stranieri, con picchi intorno ai 250mila visitatori nei giorni clou, oltre 100 capi di Stato e più di 600 ministri da ogni parte del mondo. E a Bergamo, che si trova a soli 45 chilometri da Milano, questa opportunità fa gola. Già perché la capacità di accoglienza del capoluogo meneghino non sarà certamente sufficiente a soddisfare le numerose richieste di ricettività turistica. In totale circa 8 milioni di visitatori atterreranno tra Orio (soprattutto con i voli low cost) e Linate e la Bergamasca da sola è pronta ad accogliere tra i 5 e i 6 milioni di turisti. Si ipotizza che la città e l’hinterland insieme potranno dare alloggio all’80% dei visitatori di passaggio in provincia smistandoli tra i suoi 4.450 posti letto alberghieri e i 1.550 extra alberghieri (bed and breakfast, agriturismi e ostelli). “Per il 2015 tutti dovranno collaborare per offrire un ricco calendario di eventi che stimolino i visitatori a fermarsi da noi – ha detto la delegata al Turismo di Palafrizzoni Roberta Garibaldi -. Il 79% di chi andrà all’Expo lo farà per turismo e tempo libero mentre solo una minima parte verrà per affari. Ecco quindi che è necessario rendere la città accogliente e funzionale. Per far questo serve una revisione dei tempi e degli orari della città che sono ancora sincronizzati sulle attività commerciali e non sulle esigenze di un turista che vuol mangiare a tutte le ore o che vuole visitare i musei senza rischiare di incappare in chiusure infrasettimanali. Auspichiamo anche in un miglioramento dei trasporti su rotaia visto il traffico intenso che si genera in autostrada. Infine punteremo sulle scolaresche. Sono varie le opportunità di visita offerte dalla città grazie al suo straordinario patrimonio storico-culturale e paesaggistico e le importanti raccolte conservate nei musei sono certamente in grado di stimolare progettualità didattiche ed educative nell’ambito dei viaggi scolastici d’istruzione”.




Val Seriana, «la svolta può arrivare» 

Con il terzo “compleanno”, caduto lo scorso 21 novembre, si è chiuso ufficialmente il primo mandato di Promoserio, l’agenzia per lo sviluppo della Valle Seriana che è riuscita ad unire soggetti pubblici (44 comuni, da Ranica e Villa di Serio fino alla Val di Scalve, e 2 comunità montane) e privati (circa 200 operatori turistici e 50 aziende di produzione e servizi) nell’ardua sfida di trovare nuovi modelli e strategie per il rilancio di un’area pesantemente segnata dalla crisi del manifatturiero. Il rinnovo delle cariche è fissato il prossimo 18 gennaio, intanto l’associazione ha messo in campo, sabato scorso all’auditorium Modernissimo di Nembro, il suo annuale workshop economico dedicato, in questa edizione, allo sviluppo sostenibile.
Il presidente (che si ricandida) Guido Fratta non si lancia in facili ed entusiastici proclami, ma risponde (numeri e azioni realizzate alla mano), a chi pensava ad una “fabbrica” di incarichi e poltrone in sovrapposizione alle iniziative e agli enti già presenti sul territorio, che Promoserio «in questi tre anni ha dato un segnale di vitalità e di forza e mostrato che forse una sua utilità ce l’ha».
Che cosa ha dato la scossa per l’aggregazione?
«La spinta iniziale è stata data dall’assessorato al Turismo della Comunità montana della Valle Seriana, che riteneva insufficienti e scollegate le attività di promozione. Il primo passo è stato rinnovare l’ufficio turistico, realizzando uno Iat, quindi una struttura riconosciuta della Provincia, attorno a cui si è concretizzato un progetto solido di rete. Ne è nata una sinergia tra soggetti pubblici e privati mai realizzata in precedenza, un modello unico in Bergamasca e in Lombardia».
Che Valseriana ha visto in questi tre anni?
«Una realtà che culturalmente fa ancora fatica ad uscire dal particolarismo e dalle logiche di campanile che l’hanno caratterizzata per secoli. Contrasti e divisioni possono anche starci in tempi di ricchezza e benessere, ma in un periodo di crisi sono fallimentari. L’area inoltre ha sempre avuto una connotazione produttiva, il che non è affatto un male, anzi, ma ha fatto perdere di vista il valore del territorio, che solo ora si sta pian piano riscoprendo non solo come luogo di produzione e residenza».
Premesse non certo ottimali per impostare un progetto di rilancio che parte dal turismo…
«Abbiamo gettato le basi, ma c’è ancora tanto da fare. Ci sono versanti strettamente operativi, ma anche ostacoli infrastrutturali e soprattutto bisogna superare la visione del passato se vogliamo dare vita ad un’area ad alta vocazione turistica. Si può fare, come di dimostra la Romagna, che ha probabilmente meno attrattive di noi ma ha sviluppato la cultura dell’accoglienza. Credo che ci vorrà almeno una generazione, ma comincia ad intravedersi un’unità di intenti, per questo mi sento di dire che il bicchiere è mezzo pieno».
È vero però che proporsi come meta turistica oggi significa confrontarsi con una concorrenza globale. Anche con budget ridotti, in effetti, si vola ovunque.
«Proprio per questo occorre ragionare in termini di sistema turistico. I nostri paesi, singolarmente, non hanno certo il richiamo di Venezia o Madonna di Campiglio, alle quali basta quasi solo il nome. La nostra dimensione deve essere per forza l’arco delle Orobie e l’obiettivo è sviluppare progetti comuni, un prodotto integrato composto da montagna, natura, sport, eventi. Lavorando in quest’ottica abbiamo due vantaggi che possono fare la differenza a livello competitivo: la maggiore vicinanza e accessibilità da un capoluogo come Milano, rispetto ad esempio al Trentino e alla Valle d’Aosta, e la varietà di opportunità, la neve d’inverno, il verde d’estate, le attività sportive, il trekking, la pista ciclabile, le manifestazioni. L’idea del pacchetto è concorrenziale».
Quali sono invece i punti deboli?
«La competitività degli alberghi. In Trentino hanno ormai tutti un centro benessere, mentre da noi sono ancora pochi. Ma parliamo anche di politiche di prezzo, mancano ad esempio offerte sul non venduto, e di tecnologia, dal badge per l’accesso alle camere al wi-fi. E poi torniamo alla cultura dell’accoglienza e del fare sistema: capita ancora che una struttura al completo non pensi di fare il nome di qualche altra insegna della zona al turista che cerca ospitalità…».
Ammetterà anche che in Valle il fascino della natura è stato compromesso dalla cementificazione.
«Non c’è dubbio. È stato un errore. Si è pensato di fare turismo con gli strumenti più semplici, puntando su un ritorno a breve, su una logica solo finanziaria. Il risultato sono migliaia di seconde case (solo a Castione sono 6mila e anche a Selvino la densità è altissima) sottoutilizzate che oggi riducono le potenzialità. Purtroppo ci si è concentrati solo sulla produzione e il territorio è passato in secondo piano. Un peccato perché quando c’erano le risorse si sarebbero anche potute investire nella promozione della Valle».
Il futuro è nel turismo?
«No, il futuro è nel territorio, in tutto ciò che da esso può derivare. L’ho definito il “made on Serio”, ma mi hanno detto che l’espressione non è proprio corretta… Vuol dire comunque integrare la componente produttiva, con tutta la parte di innovazione che sta portando con sé, il laboratorio di nuove idee e servizi che sta nascendo, il commercio, l’enogastronomia, il recupero delle piccole produzioni agricole e artigianali. La Valle ha dato vita a vere e proprie eccellenze che si sono affermate nel mondo, la chiave è una valorizzazione a 360 gradi di ciò che nasce qui».
Come stanno le aziende? E come guardano al futuro?
«La crisi si è fatta sentire, ma ci sono realtà che in silenzio hanno continuato a lavorare, hanno realizzato innovazioni che le hanno aiutate a vivere dentro la crisi. Sono realtà giovani o che hanno saputo riorganizzarsi, rispondere alle difficoltà con dei contenuti. Guardano al futuro con prudenza, sapendo però che non basta curare il proprio orticello o il proprio segmento, ma occorre tenere conto del territorio».
Il lavoro resta l’emergenza…
«Sì, l’allarme c’è. Come agenzia di sviluppo del territorio abbiamo gestito per la Provincia lo Sportello lavoro con sede ad Albino, dedicato all’orientamento delle persone in cerca di occupazione. Purtroppo per l’anno prossimo non ci saranno più risorse. In realtà qualche opportunità di riconversione ci potrebbe già essere nelle professioni legate al turismo, nell’accoglienza, nel commercio, nelle attività museali e culturali».
Bisogna lanciare un appello?
«L’appello è che tutti credano in Promoserio come ad un modello di aggregazione nuovo tra pubblico e privato per la governance del territorio. In fondo è la realizzazione delle tre P (public – private – partnership) indicate dalla Commissione europea per contrastare le conseguenze della crisi globale».




Turismo, «Bergamo deve diventare coinvolgente»

L’esperienza è ormai un cardine del processo di scelta di una meta e rappresenta per la destinazione un’opportunità di posizionarsi in modo unico e distintivo sul mercato. Lo sanno bene all’estero dove non mancano proposte esperienziali innovative, dal Nord Europa, dove la Finlandia ha riempito di contenuti il suo silenzio e la sua natura incontaminata e selvaggia per turisti in cerca di relax e pace o di sport e avventura, all’Australia, che attrae con i suoi vini dell’altro mondo appassionati, gourmet e bon vivant vendendo esperienze ben focalizzate, dalle cantine vinicole della Barossa ai vini e alle prelibatezze con vista mare a Bondi.
Bergamo guarda ai migliori esempi internazionali e ai trend che guideranno sempre più la scelta in futuro di una meta turistica, scrollandosi di dosso l’immagine di città provinciale e produttiva per raccontarsi come città d’arte, cultura e natura. «Bergamo deve fare vivere al turista un’esperienza unica e irripetibile – sostiene a gran voce Roberta Garibaldi, delegata al Turismo del Comune che, in un lavoro di confronto con operatori e istituzioni, con il professor Andrea Machiavelli, ha definito strategie e azioni da adottare -. Avere risorse artistiche di grande pregio non basta, il turista di oggi e soprattutto di domani vuole avere un prodotto compiuto, che abbia radici in quel territorio che non potrebbe avere altrove. Un obiettivo importante come Expo impone un lavoro per riscoprire e definire la nostra identità e creare un fil rouge narrativo per raccontare la città nella sua unicità e complessità».
Oggi esistono dei “prodotti Bergamo”, composti da diverse risorse promosse in passato in modo frammentato, ma non una “destinazione Bergamo”. Per questo il Comune, in collaborazione con l’Università di Bergamo e il Cestit-Centro Studi per il Turismo e l’Interpretazione del Territorio, grazie allo studio condotto da Andrea Macchiavelli, direttore Cestit, con la collaborazione di Andrea Pozzi, ha analizzato il ruolo che la città può giocare nel turismo e ha definito tre linee strategiche, per far convergere le singole risorse verso un unico tema sintetizzabile in “Arte nella Natura”, offrendo al turista molteplici esperienze da vivere nel territorio.
L’integrazione tra le varie offerte avviene creando un “filo” narrativo coerente che contribuisce a rafforzare una caratterizzazione unica, riconoscibile e distintiva della destinazione. «Il secondo passo è creare prodotti per segmenti specifici, innovativi ed esperienziali per poi andare a comunicarli in modo coordinato e coeso, ottimizzando la scelta di canali e strumenti, con il privilegio a web, social media e alla creazione e promozione di applicazioni per smartphone – continua Roberta Garibaldi -. Le proposte legate a Città alta e a Città bassa sono già presenti sulle mappe disponibili presso gli uffici turistici, mentre dai primi mesi dell’anno prossimo sarà apposta la segnaletica e si potrà avere un assaggio virtuale del percorso direttamente sul telefonino, grazie alle nuove tecnologie». Attraverso tavoli di lavoro si andranno a scomporre e ricomporre le diverse componenti dell’offerta nell’ambito del tema “Arte nella Natura”, uno slow tourism che punta a coinvolgere nella comunità come “residenti temporanei” turisti provenienti da ogni angolo d’Italia e d’Europa e ad allungare la loro permanenza.
Il progetto, condiviso con Regione Lombardia, coinvolge i principali attori del territorio, da Turismo Bergamo a Convention Bureau per il segmento business, alle strutture ricettive, ai pubblici esercizi, che salutano l’iniziativa valorizzandone l’importanza. «Expo rappresenta un’occasione irripetibile per fare buon turismo a Bergamo. Le linee strategiche del Comune hanno la caratteristica di coinvolgere le tre associazioni di categoria rappresentative delle strutture ricettive e turistiche, in un proficuo lavoro di squadra – sottolinea Luigi Trigona, presidente Turismo Bergamo – . Un’attenta analisi sull’offerta turistica e sulle diverse esperienze che la città può offrire rappresenta la scelta vincente per proporsi come destinazione unica e competitiva rispetto ad altre mete. Lavoreremo tutti in sinergia per rendere concreta l’offerta turistica del territorio, con la creazione di pacchetti ad hoc». «Gli itinerari esperienziali legati a cultura, verde ed enogastronomia permetteranno ai turisti di apprezzare la bellezza della nostra città estesa ai colli e ai circuiti meno battuti dai visitatori – commenta Giovanni Zambonelli, presidente del Gruppo Albergatori dell’Ascom -. La speranza è che le nuove proposte riescano ad allungare i giorni di permanenza nel nostro territorio. Nonostante sia sfumata la candidatura a Bergamo Capitale della cultura è fondamentale valorizzare le bellezze della nostra città. Questi mesi di lavoro, energie e risorse dedicati alla nostra candidatura non devono andare dispersi, ma rappresentano uno stimolo per continuare ad intraprendere un percorso comune di valorizzazione».




Mezzo secolo d’attività, premiati tre commercianti 

La 53esima edizione del “Riconoscimento del lavoro e del progresso economico” promosso dalla Camera di Commercio si terrà il 1° dicembre, alle 9.30, alla Fiera di Bergamo. L’evento, a cadenza annuale, riconosce e premia i meriti dei lavoratori bergamaschi. Nel corso della presentazione Paolo Malvestiti, presidente della Camera di Commercio, ha richiamato “il carattere e il significato del premio, che vuole valorizzare l’operato di quei lavoratori e imprenditori che ogni giorno contribuiscono con la loro attività allo sviluppo economico della nostra provincia”. Ha spiegato come “questa manifestazione, pur in un periodo di congiuntura economica sfavorevole, sia un’occasione per ribadire a tutti le qualità che fanno ricca la terra bergamasca: impegno, caparbietà, ingegno, professionalità, amore per il proprio lavoro e per la propria famiglia. Oggi il vero riconoscimento – ha aggiunto il presidente – è avere un posto di lavoro che gratifichi la propria dignità di uomini”.
Patrizio Fattorini, presidente della commissione di valutazione del Riconoscimento, ha posto invece l’accento sul significato che questa cerimonia rappresenta soprattutto per i giovani: “Un’occasione di incontro e di confronto, un momento in cui trarre valore dall’esperienza e dall’esempio positivo dei lavoratori che hanno maturato una lunga anzianità in azienda. Il Riconoscimento intreccia le vite di chi si affaccia nel mondo del lavoro e scommette sul suo futuro, con quelle di chi al lavoro ha dedicato un’esistenza intera”.
Nel corso del Riconoscimento 2013 verranno consegnati 85 premi. I premiati sono suddivisi in cinque categorie: lavoratrici e lavoratori dipendenti o autonomi (10 premi), lavoratrici e lavoratori dipendenti/anzianità e fedeltà (59 premi), dirigenti d’azienda (1 premio), coltivatori diretti (5 premi) e imprese industriali, commerciali, agricole e artigiane (10 premi, di cui tre a commercianti con oltre 50 anni di attività). A questi si aggiungono 3 personalità benemerite, fiori all’occhiello dell’intraprendenza bergamasca: Silvio Albini, che ha portato l’eccellenza del tessile orobico nel mondo; Giovan Battista Cagninelli, che ha conquistato i massimi vertici della finanza internazionale; e infine Giacinto Giambellini, lungimirante e innovativo imprenditore convinto che il vero successo non sia produrre profitto, ma “utile”.

Bergamo
Tabaccheria Cremaschi,
la tradizione sul Sentierone

Dal 1962 la storica tabaccheria del Sentierone, stretta tra il bar Nazionale e il negozio di abbigliamento Tiziana Fausti, è gestita dalla famiglia Cremaschi. A portare alla ribalta questo piccolo angolo di tradizione furono Mario Alberto Cremaschi, nato a Bergamo il 5 ottobre 1938, e la moglie Carmela Zamboni, originaria di Songavazzo. Insieme hanno gestito l’attività per 36 anni finché, nel 1998 è subentrato il figlio Giovanni in qualità di titolare. I genitori, ormai in pensione, continuano tuttavia a prestare il loro valido aiuto all’interno della tabaccheria che, negli ultimi anni, complice la crisi economica, ha dovuto fare i conti con alterne fortune. Eppure questo piccolo negozio a gestione familiare ha fatto la storia del Sentierone di Bergamo. Giovanni è lì da sempre, da quando ancora ragazzino, nel periodo estivo, aiutava i genitori a svolgere delle commissioni: “Ricordo che quando la commessa era in vacanza andavo in posta insieme a mio fratello Luca a prendere i valori bollati. Ma la mia effettiva assunzione risale al 1985. Poi, 13 anni dopo, sono diventato io il titolare mentre mia moglie Caterina Migliorati e mia mamma Carmela svolgono il ruolo di coadiutrici”. Cinquantuno anni di storia che il 1° dicembre verranno coronati con il riconoscimento del lavoro e del progresso economico della Camera di Commercio di Bergamo “È un bel traguardo – spiega Cremaschi – siamo riusciti a raggiungere questo obiettivo lavorando con serietà e costanza. Per il futuro si vedrà. Negli ultimi 10 anni le abitudini della gente sono cambiate e le vendite sono rallentate: si vendono meno francobolli perché con la nuova tecnologia la gente non manda più cartoline. Le richieste di valori bollati sono calate, vista la possibilità di eseguire autocertificazioni in internet e anche le sigarette sono in declino, sia per le numerose campagne contro il fumo che per la promozione delle nuove sigarette elettroniche. Certo, rispetto ad altri negozi il nostro è un settore più fortunato. Alla fine ce la caviamo, ma i cambiamenti di questa società sono così repentini che fare programmi a lunga scadenza è difficile. Chi vivrà vedrà”.

Schilpario
Hotel San Marco, in cucina
spazio alle erbe spontanee

Nella quiete di Schilpario, in Val di Scalve, immerso nel verde di prati e boschi, spicca l'Hotel San Marco. Circondato dal massiccio della Presolana e dal passo dei Campelli, questo storico albergo nacque nel 1963 quando Patrizio Tagliaferri, insieme alla moglie Elisa, iniziò a gestire l’attività lavorando nel contempo con turni in miniera. Anche i figli Augusta, Mea e Enzo, dopo la scuola alberghiera, affiancarono ben presto i genitori in questa avventura con i rispettivi coniugi, adoperandosi sia ai fornelli che nella gestione della struttura ricettiva. La loro è una cucina attenta alla selezione di prodotti biologici che dedica molta cura alla preparazione delle pietanze seguendo ricette antiche rivisitate, dalla selvaggina ai dolci fatti in casa, passando attraverso le famose patate di Pradella tanto decantate da Luigi Veronelli. Non a caso il ristorante dell'hotel è presente sulle guide "Michelin", "Veronelli" e "Gola in tasca" grazie alla sua golosa selezione di piatti tipici locali inseriti nel menù, dove spiccano i "regali" del bosco con i funghi in autunno e le erbe spontanee in primavera. La struttura propone inoltre una lunga lista di vini.
All'inizio di ogni stagione anche l'orto biologico annesso all'hotel è un tripudio di verdure e fiori di tutte le specie. E proprio per rimanere in tema di natura il marito di Mea, Antonio Pizio, possiede una straordinaria collezione di  minerali e fossili dove poter riscoprire le bellezze naturali del nostro passato. L’albergo è dotato di 18 camere con vista panoramica con tutti i comfort necessari a rendere rilassante il soggiorno in Valle. E proprio per la sua capacità di valorizzare il territorio offrendo al turista le migliori soluzioni per una vacanza confortevole, l’albergo ha conquistato il marchio Hotel di qualità della Camera di commercio di Bergamo. A questo riconoscimento, legato alla qualità nell’ambito dell’ospitalità turistica, si aggiungerà tra qualche giorno anche il Premio per il lavoro e il progresso economico che rappresenta per la famiglia Tagliaferri fonte di grande soddisfazione: “I motivi che ci hanno portato a partecipare al Premio dell’ente camerale – racconta Mea Tagliaferri che gestisce il ristorante insieme al fratello Enzo – sono state le molte soddisfazioni ricevute,  e l'aver gestito con dedizione l'attività per cinquant'anni. Siamo molto grati per questo riconoscimento, in quanto rimane un bel traguardo raggiunto e uno stimolo per migliorarsi sempre”.

Castelli Calepio
Antica enoteca Marchetti,
un passione lunga mezzo secolo

Già nel 1500, il letterato Girolamo Muzio scriveva: “La bontà e l’abbondanza del vino hanno dato il nome a Calepio, terra più fertile di quella di Alcinoo”. Un messaggio che Giovanni Marchetti ha recepito fin dalla sua giovane età. È proprio nel cuore della Val Calepio, simbolo della produzione di vini Doc, situata tra le colline orobiche e i fiumi Oglio e Adda, che questo ristoratore orobico ha scelto di dar vita alla sua “Antica enoteca”. La sua passione per bianchi, neri e rosati ha origini lontane. Era il 1962 quando cominciò, quasi in sordina, ad occuparsi della commercializzazione di vini. Cinque anni dopo iniziò un rapporto di rappresentanza per una casa vinicola del Veneto per la vendita di vino. Poi nel 1968 la svolta. Marchetti diventa proprietario della Canva, grazioso locale situato nel borgo antico di Castelli Calepio. Parallelamente, nello stesso anno, Giovanni decide di gestire un negozio di vini e liquori a Grumello del Monte. Ma la passione per la ristorazione lo accompagna per tutta la sua carriera. E infatti nel 1971 apre il ristorante Il Calepino a Castelli Calepio. Dopo aver assecondato la sua passione per i videogames tra il 1978 e il 1992 con l’apertura di tre sale giochi e flipper a Palazzolo sull’Oglio, nel 1999 l’attenzione di Marchetti torna a spostarsi in ambito vinicolo: viene infatti promosso capo area della Lombardia per la vendita di vini all’ingrosso. Nel 1996 gestisce anche due discount a Provaglio d’Iseo e a Carobbio degli angeli. Sono trascorsi cinquant’anni da quando Marchetti fondò sua Antica enoteca a Castelli Calepio. E oggi, dopo mezzo secolo di storia, i suoi preziosi nettari continuano a solleticare i palati più raffinati senza mai tradire l’amore per la tradizione e per le proprie radici orobiche.




Stagione di prosa, spettacoli a prezzi scontati per i soci Ascom

Cultura e spettacolo a prezzi scontati per tutti i soci Ascom. Agli sconti già inseriti in Ascom Vantaggi, si è aggiunta la convenzione per la stagione di prosa e altri percorsi al Teatro Donizetti e al Teatro Sociale. Gli associati avranno il privilegio di fruire dell’ingresso a prezzo ridotto per tutti gli spettacoli in calendario il  martedì, mercoledì e giovedì non festivi per la stagione di prosa, mentre per la rassegna Altri percorsi, in programma in Città Alta al Teatro Sociale, gli sconti varranno per tutti gli eventi in calendario. Per ottenere la riduzione sui prezzi dei biglietti basta esibire alla biglietteria del Teatro Donizetti la tessera di appartenenza. “Considerato che la stagione teatrale si chiude ad aprile – spiega Pietro Bresciani, responsabile marketing Ascom – è importante dare questa anticipazione per far sì che gli associati possano godersi gli spettacoli in programma ad un prezzo scontato da qui all’inizio dell’anno”. Si invitano i soci interessati a prendere visione della stagione del Teatro Donizetti sul sito web (www.teatrodonizetti.it), nonché di tutte le informazioni relative ai prezzi e alle riduzioni applicate. Per maggiori informazioni rivolgersi all’Ufficio Soci 035.4120304.




A Natale la solidarietà entra in negozio

Il mondo del commercio bergamasco è ancora una volta in prima fila per sostenere la campagna di Natale a favore delle missioni promossa dal Centro Missionario Diocesano, dall’Associazione Pro Jesu-onlus e dall’Ascom stessa, partner dell’iniziativa sin dall’esordio. Negozianti, ambulanti Fiva, panificatori Aspan e Distretto del commercio Bergamo Centro sono infatti coinvolti nella raccolta fondi e nella divulgazione del messaggio di solidarietà legato alla nuova edizione, che ha per titolo “Guarda la stella! Per un Natale nella luce della missione”, ispirandosi alla parabola dei Santi Magi. Gli sforzi saranno finalizzati verso tre progetti: l’aiuto alle famiglie cristiane in Terra Santa, in particolare attraverso dei percorsi scolastici formativi e professionali affidati a padre Pierbattista Pizzaballa, bergamasco, Custode di Terra Santa; le attività di un asilo in Kenya e la creazione di opportunità di lavoro per le mamme dei bambini ospiti; e sul nostro territorio il fondo Famiglia e Lavoro della Caritas a sostegno dei nuclei in difficoltà per la perdita del lavoro.
Ai commercianti si propone, in particolare, di acquistare, al costo di 15 euro, il kit della campagna, composto dal testimonial da esporre (una stella in filo metallico, legno e lana intrecciata e decorata con nastri in raso e pizzo con un elegante spilla in strass e cristalli), dalla locandina con la presentazione del progetto, da calendarietti e adesivi per la confezione dei regali di Natale e dall’illustrazione dei progetti. Nei punti vendita non saranno effettuate raccolte fondi, ma la presenza dei simboli dell’iniziativa in attività così vicine alla gente è pensata per aumentare la sensibilizzazione e diffondere nel quotidiano i valori del progetto e il significato autentico del Natale cristiano.
Partecipano negozi di città e provincia, compresi quelli dell’aeroporto di Orio al Serio, che oltre al kit si sono dotati di un banner pubblicitario della cartolina solidale. Gli ambulanti Fiva esporranno la stella alla fiera di Santa Lucia, mentre il distretto partecipa con l’allestimento di tutte le luminarie cittadine e l’Aspan collabora anche nella promozione del concorso nelle scuole legato al progetto. Ad Oriocenter sarà allestito fino al 23 dicembre uno stand per la vendita di presepi e “presenti natalizi” provenienti dal Sud del mondo e all’Iper di Seriate fino al 24 dicembre saranno presenti volontari per la confezione dei pacchetti regalo. Presepi e confezioni saranno disponibili anche in centro città, nella casetta della libreria Articolo 21 in largo Rezzara.
La campagna si articola in molte altre iniziative che vanno a toccare, oltre alle imprese commerciali, le famiglie, i ragazzi delle scuole, gli oratori, i gruppi e le comunità, coinvolgendo in maniera capillare le diverse realtà del territorio. Tra gli appuntamenti più significativi, il “Concerto di Natale” nella Basilica di Sant’Alessandro in Colonna – sabato 14 dicembre alle ore 21 -, eseguito dall’Orchestra da Camera Giovanile di Domodossola assieme al Coro dei Piccoli musici di Casazza, e l’assegnazione nel corso della serata del premio “Beato Papa Giovanni XXIII” a tre missionari bergamaschi. Non poteva mancare nemmeno l’utilizzo del web. Il sito www.websolidale.org effettua la vendita di presepi on line e dà la possibilità di inviare gli auguri natalizi via internet tramite la “Cartolina solidale”: per ogni cartolina virtuale inviata, l’Associazione WebSolidale Onlus devolverà un euro ai progetti sostenuti quest’anno. 




Inserimento lavorativo e creazione d’impresa, l’alleato dei giovani si chiama “Job In”

Proseguono le iniziative di Job In, il piano di lavoro territoriale che ha messo in rete ben 24 soggetti del mondo istituzionale, imprenditoriale, sociale e associativo bergamasco per realizzare un’azione coordinata in favore del lavoro giovanile. Una prospettiva sollecitata dall’adesione al bando della Regione Lombardia – Direzione sport e giovani, finalizzato all’attuazione di Piani di lavoro territoriali rivolti ai giovani, che in provincia di Bergamo ha portato all’elaborazione di quattro progetti. Tra questi, Job In ha avuto come rete di riferimento i sei comuni dell’Ambito territoriale n. 1 di Bergamo (Torre Boldone, Ponteranica, Sorisole, Orio al Serio, Gorle e Bergamo, che è anche ente capofila), che hanno scelto di affiancare ai tradizionali servizi e unità di offerta (spazi e centri di aggregazione giovanile, sportelli informagiovani, servizi e progetti in sostegno alla cittadinanza, al volontariato, alle creatività giovanili, interventi di prevenzione del disagio e di promozione dell’agio) un più diretto impegno attorno al tema del lavoro. Da qui la necessità di mettersi in relazione con le proposte e i servizi presenti sul territorio, anche in funzione del ruolo del comune capoluogo, e il coinvolgimento nel Piano di lavoro in qualità di partner di Provincia, Università, Ufficio scolastico, della Diocesi con gli Oratori dell’Ambito n. 1 e la Pastorale sociale, di Bergamo Sviluppo, delle associazioni di categoria, tra cui l’Ascom, del Patronato San Vincenzo e di altre realtà formative e culturali.
Il Piano è organizzato attraverso una cabina di regia (cui prendono parte tutti i partner e che ha compiti di progettazione e di programmazione dell’intera annualità di azioni) e due tavoli tecnico operativi. L’obiettivo è la condivisione informativa delle problematiche e delle soluzioni che il sistema territoriale è in grado di mettere in campo per migliorare le risposte pubbliche e private a fronte dell’emergenza costituta dal tema del lavoro per i giovani.
In questi mesi sono state avviate le sperimentazioni su due fronti: quello dei supporti all’inserimento dei giovani nel tessuto produttivo e quello dei supporti in sostegno all’imprenditoria giovanile, a partire dalla mole di esperienze e competenze che il territorio bergamasco può vantare, superando frammentazione di risorse e servizi. Ulteriore impegno è stato quello di definire azioni comunicative condivise verso i target. È nato così il portale Job in (www.jobin.bg.it) e un profilo Facebook (http://www.facebook.com/jobinbergamo) attraverso i quali, in parallelo con la produzione di materiali cartacei, sono state attivate le due azioni dirette sui giovani.
“Job In – In proprio” ha selezionato 12 progetti di avvio di impresa attivando 10 percorsi di formazione a cura dei diversi partner mentre “Job In – Ingresso lavoro” ha consentito l’implementazione di dispositivi di supporto e accompagnamento alle attività di ricerca attiva del lavoro attivando e gestendo tirocini presso aziende, monitorando congiuntamente 20 esperienze. Dall’autunno 2013 è in corso inoltre un lavoro puntuale di raccolta dati nel settore produttivo territoriale che intende monitorare direttamente almeno 120 aziende sondando la disponibilità ad ospitare esperienze d’inserimento lavorativo.
«Il Piano – afferma il vicedirettore dell’Ascom Oscar Fusini – rappresenta un modello di forte coordinamento tra le iniziative a sostegno dell’occupazione giovanile, una risposta congiunta da parte del territorio ad un tema di emergenza. La nostra organizzazione mette a disposizione i propri strumenti di accompagnamento alla creazione d’impresa e di formazione, oltre che il raccordo con le attività commerciali per stage e tirocini che danno la possibilità di imparare sul campo un mestiere. Grazie alla rete Job In ora può cogliere meglio anche gli input e le istanze che provengono dal mondo giovanile, un’opportunità per migliorare le modalità di inserimento o agire sull’orientamento».
Il Piano prevede anche un’azione di formazione rivolta ad operatori del sistema territoriale per una maggiore consapevolezza delle problematiche dei territori di riferimento e delle potenziali connessioni e relazioni così da migliorare l’approccio di famiglie e giovani. Il percorso, che prende il via il 4 dicembre e si svilupperà sino a febbraio, prevede sei incontri dedicati ad operatori coinvolti direttamente nei processi di inserimento lavorativo e di avvio di impresa. Un secondo livello formativo includerà le realtà territoriali che a diverso titolo entrano in contatto con i giovani e le famiglie: dagli operatori dei consultori adolescenti ai mediatori culturali e operatori/volontari che operano con stranieri e seconde generazioni, dal personale impegnato nei centri diurni per adolescenti agli educatori e animatori delle politiche giovanili, dai docenti delle scuole ai diversi sportelli che operano in agenzie educative e sindacali. Dunque una rete allargata, che include oratori e spazi giovanili, l’associazionismo e i servizi sociali, per rafforzare il comune impegno ad accompagnare al meglio le critiche fasi dell’accesso al mondo del lavoro. Inoltre la proposta d’integrazione informativa riguarderà anche le Agenzie per il lavoro.
Le tematiche affrontate sono quelle relative alle novità normative introdotte in questi settori, le specificità della condizione lavorativa dei giovani in Bergamasca, la lettura delle tendenze territoriali in materia di imprenditorialità giovanile e la condivisione di metodologie e buone prassi di relazione tra i servizi. Dallo scorso 14 novembre ha inoltre preso il via il ciclo d’incontri del Forum giovanile.




Arredamenti, si fa largo la generazione della svolta

Alessandra Cereda – MobilCereda (Zanica)
«Abbandoniamo l’individualismo,
solo facendo rete possiamo svoltare»

Classe 1976, Alessandra Cereda, della MobilCereda di Zanica, ha seguito le orme di papà Lorenzo, presidente del Gruppo mobili e arredamento dell’Ascom di Bergamo, non solo nel lavoro, ma anche nell’impegno associativo. Fa infatti parte del Consiglio nazionale della Federmobili e del Gruppo Gif che, all’interno della federazione, raccoglie gli imprenditori under 40 con l’obiettivo di migliorare il confronto e valorizzare le loro proposte e richieste. Incarichi non casuali, dato che è convinta che fare rete sia la chiave per imprimere una svolta al settore. «Purtroppo sino ad ora ognuno ha badato solo al proprio “giardino” – afferma -, considerando gli altri come concorrenti e non come colleghi. Ma è una strada che non ha futuro. Prima di tutto occorre far capire tutti insieme che cosa differenzia il nostro modo di vendere da quello della grande distribuzione. Il valore della progettazione, del servizio e della storicità non viene infatti riconosciuto e viene dato per scontato dai consumatori. Una volta affermata questa nostra identità, ognuno può poi mettersi in gioco con la propria proposta».
Rispetto al mondo dei padri lo scarto è netto non solo per l’avvento dei colossi commerciali e per via della crisi, ma anche per un più generale cambiamento culturale che ha visto l’arredamento scendere nella classifica delle priorità di spesa. «Il settore è rimasto fermo per anni nella convinzione il mobili si vendessero da soli – dice chiaramente -, oggi occorre risvegliare l’attenzione con tutto un contorno d’immagine, utilizzare il web, l’e-commerce, fare campagne pubblicitarie mirate, strumenti che sembrano banali, ma sui quali siamo invece attardati e che possono dare risultati più significativi proprio se sviluppati in un’ottica di rete».
Come lei, anche il fratello Pierluigi, di due anni più giovane, ha scelto di proseguire l’attività di famiglia, avviata del padre nel ‘51, quando era giovanissimo. «Per entrambi è stata una scelta autonoma – nota Alessandra -, dopo aver fatto esperienza anche fuori. Inserirsi è stato facile perché papà è sempre aperto alle nostre proposte, non le scarta in partenza, ci lascia sperimentare e semmai le aggiustiamo insieme». Le innovazioni vanno dai programmi gestionali all’utilizzo del web, all’attenzione all’export, con un imperativo di fondo: «essere versatili, pronti al cambiamento». Per quanto riguarda l’esposizione, alla nuova generazione si deve, ad esempio, la creazione accanto al negozio storico di un punto vendita specializzato nei divani e nel riposo e nell’ergonomia.

Beppe Marchetti – MM Mobilificio Marchetti (Cologno al Serio)
«Non basta più trasmettere emozioni al cliente,
la nuova sfida è condividere esperienze»

Al Salone del Mobile, il Mobilificio Marchetti di Cologno al Serio dà una chiara dimostrazione di come sta impostando il proprio modo di presentarsi e coltivare i rapporti con la clientela. Nello stand si succedono infatti corsi di cucina, showcooking, concerti di musica live di band emergenti, la presentazione di un libro, un progetto con la scuola Fantoni e una tavola rotonda con gli architetti. «È prima di tutto una nostra esigenza, sappiamo che possiamo imparare da tutti e quindi cerchiamo di aprirci, coinvolgere realtà a noi vicine con le quali possono nascere sinergie, concetto molto dichiarato ma quasi mai realizzato», racconta Beppe Marchetti, 44 anni, che con il fratello Paolo, 34, è da una decina di anni alla guida dell’attività fondata dal bisnonno.
Le iniziative in fiera sono la prosecuzione naturale di quanto si realizza nell’appartamento in Città alta, arredato dall’azienda e abitato da una coppia, aperto a visite ed eventi. «L’idea è andare oltre i party, spesso ingessati, con cui si presentano gli allestimenti – prosegue –, abbattere il velo tra professionista e cliente per mettersi allo stesso livello, discutere di design e mangiare qualcosa insieme, conoscersi e condividere visioni e competenze». Secondo l’imprenditore non è più sufficiente creare emozioni con disegni e prodotti, occorre condividere esperienze. «Oggi “social” è la parola chiave della comunicazione – spiega – e cosa c’è di più social che incontrarsi davvero? Per noi la persona viene prima del prodotto, è al centro del progetto e deve essere resa protagonista. Le qualità intrinseche del prodotto, che pure devono essere di valore, non bastano più».
La medesima apertura si ritrova all’interno dell’azienda. «Nostro padre, capendo che serviva un cambiamento – rileva –, ci ha lasciato carta bianca e la stessa fiducia ci piace accordarla a chi lavora con noi, persone giovani, dinamiche, di talento, che vogliamo si sentano coinvolte». Logico, in quest’ottica, che si invochi anche un maggiore confronto tra colleghi. «Non è più tempo di guardare con occhio “truce” chi applica qualche punto percentuale di sconto – afferma Marchetti –, il settore si è seduto per troppo tempo sugli allori, non impegnandosi nella ricerca di strade nuove e di strumenti strategici, ed oggi confronto e condivisione sono armi importanti per uscire dai vecchi canoni. In fondo, abbiamo tutti gli stessi problemi, cerchiamo di capire dove siamo carenti, smettiamo di essere gelosi e condividiamo esperienze e capacità».

Gianatonio Salini – Salini Design (Fornovo San Giovanni)
«Creato un nostro stile. Ora si aprono le porte dell’estero»

Il cambio di rotta Gianantonio Salini, 51 anni, e il fratello Massimo, lo hanno impresso una ventina di anni fa, dopo aver rilevato dal padre l’attività, con sede a Fornovo San Giovanni. «A quei tempi nessuno immaginava lontanamente a questa crisi – ricorda Gianantonio -, eppure abbiamo pensato che fosse necessario differenziarsi. Un po’ perché la varietà dei prodotti sembrava appiattirsi, un po’ perché ci sentivamo dentro la vocazione ad occuparci in maniera più ampia degli ambienti». L’azienda si occupa perciò di architettura d’interni a 360 gradi, della progettazione ai lavori necessari per attrezzare o ristrutturare gli spazi, dai pavimenti all’illuminazione, passando naturalmente dai mobili, con un forte accento sulla ricerca, che si tratti di materiali, colori, nuove soluzioni di design. «Insomma, abbiamo dato vita ad un nostro stile – sintetizza -, tanto che accanto alla falegnameria e allo store storico di Fornovo abbiamo aperto “D-LabDesign”, un negozio-laboratorio dove mostriamo quello che facciamo, le nostre sperimentazioni. È a Treviglio, nei pressi della stazione centrale, facilmente accessibile anche grazie all’arrivo della Brebemi. Internet è infatti fondamentale per farsi conoscere, ma vedere di persona e toccare con mano ha sempre la sua importanza».
Di fronte ad un mercato interno depresso, aver puntato già da tempo su un target medio alto sta ripagando («oggi – annota – la richiesta si indirizza su due soli livelli, basso o alto, si è persa la fascia media della clientela che rappresentava i tre quarti del giro d’affari e questo è grave per il settore»). E pure l’internazionalizzazione è un’opportunità da non trascurare: «Il made in Italy è sempre visto con un occhio di riguardo all’estero – evidenzia Salini – e la prospettiva è quella di aprirsi, considerare che il proprio mercato può essere tutto il mondo. Abbiamo fatto lavori a Panama, Dubai, Svizzera e Francia e contiamo di sviluppare contatti e progetti».

Veronica Rota –  Mobili Rota (Almenno San Bartolomeo)
«Anche Internet è un canale che funziona»

L’attività di famiglia ha conquistato ben cinque esponenti – quattro fratelli e una cugina, nella fascia dai 28 ai 38 anni – della seconda generazione della Mobili Rota di Almenno San Bartolomeo. Sanno di offrire qualcosa di diverso rispetto alla grande distribuzione e si danno da fare per farlo capire, mettendoci ognuno il proprio gusto e la propria visione. «L’attività è sempre andata bene – spiega Veronica Rota – ed i nostri genitori ci hanno trasmesso l’orgoglio di portarla avanti. Certo, ci rendiamo conto che oggi occorre impegnarsi su più versanti, cercare sempre nuove idee. Abbiamo puntato sulla pubblicità con pannelli stradali, ma abbiamo anche rifatto completamente il sito web e siamo presenti su Facebook. Internet funziona, i consumatori infatti sono ormai abituati a cercare informazioni e prodotti in rete e non mancano le vendite on line, grazie al portale Webmobili, che è organizzato molto bene. Siamo anche presenti su un sito nazionale specializzato in occasioni, il che ci permette rinnovare costantemente l’esposizione. Abbiamo anche rivisto l’esposizione delle cucine, l’ambiente che continua a riscuotere attenzione, e ci affidiamo ad un’art buyer per l’oggettistica, perché anche il colpo d’occhio, l’atmosfera, il farlo sentire a casa servono per conquistare il cliente». Ma lo snodo fondamentale è la capacità di accompagnarlo nella scelta. «Proprio perché il cliente ha più informazioni ed è abituato a guardarsi attorno – prosegue Veronica Rota – dobbiamo essere più preparati ad illustrare le caratteristiche dei prodotti: far capire, ad esempio, la differenza tra un mobile laminato e uno impiallacciato, quanto contano gli spessori e così via. Non possiamo permettere che si instaurino paragoni sbagliati con la grande distribuzione e dobbiamo fare in modo che venga riconosciuto il valore del nostro servizio, dalla progettazione alla selezione dei prodotti, dal montaggio a regola d’arte all’assistenza post vendita». Non vuol dire per forza spendere di più. «Non è mai stato un negozio di fascia alta – dice – ma puntiamo sul rapporto tra qualità, servizio e prezzo. Sappiamo anche che il momento è difficile e proprio in questo senso abbiamo predisposto due soluzioni di arredamento completo ad un prezzo interessante senza derogare a certi standard di qualità». L’impostazione data all’attività ripaga, se è vero che «il passaparola continua a funzionare e che la soddisfazione maggiore è quando il cliente ritorna e chiede di te».




L’ira dei commercialisti: «La misura è colma»

Alberto Carrara
«La crisi richiede la nostra consulenza, invece
siamo schiacciati da scadenze e adempimenti»

Il presidente provinciale dell’Ordine, Alberto Carrara non nasconde come malcontento e malessere abbiano ormai oltrepassato la misura: «Le norme di legge sono mal scritte se non addirittura contraddittorie. Gli adempimenti si moltiplicano e le scadenze rimbalzano da una data all’altra con software e modulistica che arrivano sempre in ritardo», afferma. Lo spesometro, in particolare, è uno dei provvedimenti più indigesti: «La proroga dell’invio dello spesometro  – rileva – è irrituale e per di più lontana dall’essere chiara. Lo spesometro così formulato non fa altro che complicare ulteriormente le cose. Come ogni nuovo provvedimento sembra la misura definitiva per contrastare l’evasione, quando in realtà lo spesometro non aggiunge niente in più del vecchio elenco clienti–fornitori, che l’Agenzia delle Entrate riceveva fino a pochi anni fa». Anche i commercialisti con il nuovo obbligo di dotarsi entro il primo gennaio 2014 del Pos sono chiamati all’onere della tracciabilità per gli incassi sotto i 1.000 euro: «È assurdo – commenta Carrara -, anche perché i nostri clienti sono le imprese, che hanno tutto l’interesse a far rientrare il nostro onorario tra le spese, con regolare fattura. L’evasione nel nostro caso è proprio nulla». Difficile da mandar giù anche la responsabilità professionale nell’antiriciclaggio. «La normativa è poco chiara, ma le sanzioni sono rilevanti. Il punto è che si richiedono molti gravosi adempimenti per un numero esiguo di segnalazioni di operazioni sospette. Questo dovrebbe far venire il dubbio che la normativa riguardante i professionisti non sia efficace per ottenere i risultati richiesti e che debba pertanto essere ripensata». Il momento impone una riflessione su aggravi di costi e fardello burocratico per gli studi: «In questo periodo i ritardi nei pagamenti delle nostre consulenze sono oramai cronici e vanno dai sei ai dodici mesi e oltre. La tensione finanziaria è un problema quotidiano per moltissimi studi. La crisi richiede la nostra consulenza professionale in campo amministrativo, finanziario e delle operazioni straordinarie, invece siamo schiacciati da scadenze e adempimenti fiscali. Siamo diventati nostro malgrado dipendenti – non pagati, ovviamente – dell’Agenzia delle Entrate». La categoria non ne può davvero più e non esclude azioni clamorose: «Si parla molto di sciopero, anche se in questo periodo diventa impossibile abbandonare i nostri clienti né mi appare corretto fare azioni le cui conseguenze possono ricadere su tali soggetti. La misura è davvero colma e se non verremo ascoltati non mancheremo di fare sentire come categoria la nostra voce con forza e determinazione».
 

Angelo Pelliccioli
«Anche le norme professionali si complicano.
L’esame per i revisori è un’inutile duplicazione»

Angelo Pelliccioli, membro del neonato Comitato di coordinamento nazionale tra le associazioni di categoria rappresentative di oltre 120mila professionisti del fisco, che da sei mesi a questa parte vede unite sette sigle sindacali (Adc, Aidc, Anc, Ando, Unagraco, Ungdcec, Unico), ha preso parte alla Giornata di Mobilitazione nazionale a Roma, incontro cui hanno partecipato 1.500 commercialisti condividendo problematiche e malumori. Tra le questioni portate sul tavolo, la mancata equipollenza tra Ordine dei Commercialisti e Revisori dei conti: «Si richiede un esame in più per diventare revisore, come se quello per diventare commercialista, che non è certo all'acqua di rose, non bastasse – fa notare -. Il registro dei Revisori era stato assorbito da oltre un anno dal Ministero dell'Economia e della Finanza, nell’ambito del processo di razionalizzazione, ribattezzato anti-casta, avviato da Mario Monti. Ci siamo fortemente opposti al decreto attuativo convalidato dal parere del Consiglio di Stato che vorrebbe istituire un esame a parte per l'accesso alla professione di revisore. Vogliamo che il ruolo rientri nel Consiglio nazionale dei Commercialisti, onde evitare inutili duplicazioni. La burocrazia si morde la coda ed invece di ridurre va così a raddoppiare ordini, consigli e costi annessi e connessi». Su scadenze e nuovi adempimenti, i commercialisti affilano le lame: «Qui si decide una cosa la mattina, una a mezzogiorno ed una la sera. Noi siamo in mezzo a questi continui e repentini cambi di rotta. Ogni cosa si decide all'ultimo secondo in base a chi tira più la giacchetta e, come se non bastasse, il Ministero delle Finanze non si prende manco la briga di pubblicare sul suo sito norme ed altri provvedimenti. Ormai ci basiamo solo su quanto ogni giorno pubblica Il Sole 24 Ore, senza avere accesso ai testi integrali ed ufficiali, senza la mediazione della stampa e del giornalista di turno». Ogni giorno scatta l'inseguimento al Fisco e alle sue progressioni e regressioni: «Invece di dedicare maggiori risorse ai clienti che in questo momento come non mai hanno bisogno della nostra consulenza per gestire gli aspetti problematici che la crisi porta con sé, noi spendiamo preziose energie per inseguire il fisco». Il Coordinamento tra le sette sigle sindacali maggiormente rappresentative dei commercialisti sta lavorando alla creazione di un vero e proprio Osservatorio sulla professione per raccogliere istanze e proposte degli iscritti: «Vogliamo portare sul tavolo le richieste di ogni iscritto – spiega Pelliccioli -, con tanto di nome e cognome. Inoltre non mancheremo di vigilare sul Consiglio Nazionale stesso e sul suo operato, assolvendo anche la funzione di controllo interno». La professione sta vivendo un momento di difficoltà: «Ci sono giovani commercialisti che stanno seriamente valutando l'ipotesi di chiudere gli studi – rileva -. I neolaureati ormai non iniziano nemmeno la professione se non sono “figli o nipoti di” e non possono contare su uno studio storico o su un'attività ben avviata. In generale, la crisi e i ritardi nei pagamenti stanno mettendo alle strette molti colleghi. Si salvano gli studi specialistici perché ormai siamo arrivati a dequalificare la professione». Il momento e le questioni ancora senza risposta sul tavolo del Governo richiedono una risposta forte: «Il prossimo incontro è fissato per il 19 dicembre. È il momento di far valere le nostre ragioni con un'azione forte, dalla minaccia di sospensione dei servizi allo sciopero generale della categoria».

Franco Tentorio
«La burocrazia è devastante e il Governo
non ha fatto nulla per alleggerirla»

Il primo cittadino di Bergamo Franco Tentorio, fondatore dell’omonimo studio di consulenza contabile, fiscale, amministrativa e del lavoro, non digerisce leggi schizofreniche, burocrazia opprimente e nuovi oneri, per molti versi «ingiustificati». «La burocrazia è devastante e le promesse fatte dal Governo di alleggerirla si sono rivelate delle fandonie – dichiara -. Invece di ridurre e semplificare si sono aggiunti nuovi e ulteriori adempimenti a carico delle imprese e dei professionisti chiamati ad assistere gli imprenditori. Lo spesometro, ad esempio, era stato abolito anni fa ed invece è tornato con gli interessi, con nuovi e pesanti oneri. Ora bisogna segnalare anche le prestazioni a favore dei soci, con un aggravio in termini di costi per gli imprenditori». Alle tasse si aggiungono ulteriori costi per assolvere agli obblighi di legge e per l'asseverazione di nuove pratiche: «Ormai vi è una vera e propria delega ai professionisti del controllo che spetta agli Uffici e all'Agenzia delle Entrate. Aumentano così i costi per le imprese, perché come ogni altro professionista il commercialista non lavora gratis». Non agevolano il lavoro norme in continua evoluzione, soggette a cambiamenti repentini: «La legislazione è in continua modificazione – sottolinea Tentorio -. Il diritto fallimentare è cambiato troppe volte e il fiscale non ha fatto che peggiorare negli ultimi anni». Il sindaco-commercialista è alle prese con le quotazioni ballerine dell'Imu: «I comuni renderanno note le aliquote applicate solo pochi giorni prima della prima scadenza. È un vero e proprio disastro. Non ci siamo proprio. Invece di migliorare, la situazione è nettamente peggiorata. Si lavora di più ma male con l'incubo di nuove leggi, interpretazioni e scadenze».

Massimiliano Serra
«Imprese e consulenti travolti
da una schizofrenica alluvione di interventi»

Massimiliano Serra, commercialista dello Studio associato Volpi-Bottega-Michetti, porta sul tavolo il malessere della categoria e dei contribuenti. «Noi commercialisti – e in questo siamo portavoce dei contribuenti – lamentiamo da tempo la schizofrenica alluvione di interventi legislativi in materia tributaria, spesso indecifrabili, che impediscono alle imprese una corretta pianificazione della loro attività e soffocano i loro consulenti di adempimenti. Il nostro Paese sta vivendo una crisi economica senza precedenti, si è consapevoli che le casse dello Stato sono vuote e non ci sono risorse per aiutare lo sviluppo, gli imprenditori si attendono se non un aiuto almeno un allentamento della burocrazia, una riduzione degli adempimenti e una normativa stabile nel tempo». Il paradosso è che non solo siamo uno dei Paesi con la più alta pressione fiscale dell’ambito Ocse, ma che in Italia è anche difficile capire come pagare correttamente le tasse: «Oggi, a pochi giorni dalla scadenza stiamo ancora aspettando che venga fissata l’entità del secondo acconto Ires da versare. Per non parlare poi del secondo acconto dell’Imu, travolto da una giungla di sigle e di ipotesi. A questo si aggiungano la selva di circolari e risoluzioni, spesso contraddittorie, che modificano l’applicazione delle norme, lasciando gli operatori del diritto tributario nell’incertezza e nell’incapacità di applicare univocamente le disposizioni». I giornali hanno parlato di commercialisti pronti allo sciopero e la categoria annuncia se non la sospensione dell’attività una risposta forte: «Di fatto i commercialisti vogliono creare un cortocircuito nelle attività che vengono prestate per la Pubblica amministrazione. È tempo che si capisca che i commercialisti nell’interesse dell’Erario si sobbarcano una immane quantità di adempimenti e controlli che prima erano in capo all’Agenzia delle Entrate». L’ intensificarsi senza fine di adempimenti comporta una ricaduta di costi sugli imprenditori: «Il ruolo dei commercialisti è sempre più svilito – rimarca Serra -. Come professionisti siamo più preparati e motivati a prestare la nostra consulenza allo sviluppo e alla gestione delle aziende piuttosto che attendere le scadenze degli invii telematici augurandosi un rinvio dei termini perché non esiste il programma o non ci sono le istruzioni».