La crisi “rivoluziona” i Mercatini di Natale

«La crisi ha colpito nel peggiore dei modi: non sono mancati né i finanziamenti né gli sponsor per una manifestazione fin qui fortunatissima, cui la scelta rigorosa e costante di qualità aveva sempre dato ragione. A fare un passo indietro sono stati gli espositori. Tutti troppo tartassati nei guadagni. Consapevoli che oltre il bancone, tra la gente, serpeggia lo stesso malumore e regna la stessa impossibilità a metter mano al portafoglio, hanno deciso di non uscire. Hanno scelto coerentemente di accettare la realtà di un Natale in sordina, di spegnere in tempi bui i riflettori sulla tredicesima edizione de “Il Natale è di Casa”, in attesa che torni a brillare la magia di un tempo e a fioccare l'ottimismo». Così gli organizzatori hanno comunicato l’annullamento dei mercatini di Natale di Castione della Presolana, una delle prime manifestazioni nate in Bergamasca sulla scorta degli esempi trentini, altoatesini e nordici, per ravvivare l’atmosfera nel periodo pre-natalizio. Lo stop non è di poco conto se si considera che nella località montana l’esposizione nelle tipiche casette di legno aveva trovato uno scenario ideale ed era diventata un appuntamento classico anche in chiave di promozione e attrazione turistica, una sorta di apertura simbolica della stagione invernale. È un fatto contingente o il segnale che anche iniziative sino ad ora considerate una buona soluzione per attirare visitatori e vivacizzare i centri storici devono fare i conti con la crisi? O che la concorrenza anche in questo settore è cresciuta, imponendo un ripensamento anche a manifestazioni consolidate? Di certo il panorama delle manifestazioni si è ampliato ed è cresciuta l’attenzione degli espositori ad ottimizzare l’impegno in termini di spesa e presenza. La nuova sfida per chi le promuove è trovare formule che continuino ad attirare l’attenzione del pubblico, anche differenziandosi e caratterizzando l’atmosfera e l’offerta rispetto alla “concorrenza”, con un occhio in più ai costi.

Castione
«Non abbiamo voluto derogare alla qualità della manifestazione»

La 13esima edizione de “Il Natale è di Casa” si sarebbe dovuta svolgere in tre fine settimana consecutivi sul piazzale Donizetti di Bratto, frazione di Castione della Presolana, a partire dal 23-24 novembre fino al weekend da venerdì 6 a domenica 8 dicembre. La macchina organizzativa era già partita, ma la scarsa adesione di espositori ha portato gli organizzatori (Turismo Presolana in collaborazione con il Comune di Castione della Presolana, Presolana Holidays e Promoserio) a decidere di annullare l’appuntamento. «Probabilmente ha inciso più di un fattore – afferma Aronne Masseroli, assessore al Turismo del Comune di Castione -. Di certo la crisi impone agli espositori di valutare con maggiore attenzione il rapporto tra costi e benefici attesi da una manifestazione e credo che quest’anno abbia avuto il suo peso il calendario. Poiché il 7 e l’8 dicembre cadono di sabato e domenica, viene infatti a mancare un importante momento per il turismo come il ponte di Sant’Ambrogio e il timore di minori presenze, insieme al generale clima dimesso, possono aver frenato la partecipazione».
All’appello è mancata più o meno la metà della trentina di operatori previsti. «Sin dagli esordi – prosegue Masseroli – la manifestazione ha scelto di ospitare solo ed esclusivamente articoli legati al Natale, come addobbi e regalistica, originali ed unici perché prodotti in proprio da piccoli artigiani. Avremmo potuto scegliere di ampliare le merceologie o di optare per dei gazebo al posto delle casette in legno ma non abbiamo voluto derogare né sul piano della qualità dell’offerta né su quello dell’atmosfera, cosa che, tra l’altro, sarebbe andata a discapito di chi aveva confermato la partecipazione». L’assessore assicura che si tratta solo di una “pausa” e che i mercatini torneranno il prossimo anno. «Ci siamo già mossi per trovare soluzioni meno costose – annuncia -, cominciando dalle casette, sulle quali incidono anche le spese di trasporto e di montaggio. Anche quest’anno il Comune e l’organizzazione si sono comunque dati da fare – tiene a precisare Masseroli – mettendo a disposizione, tramite risorse proprie e sponsor, i fondi per tutte le attività di supporto che richiede un evento di questo genere, sviluppato su più giornate, come luminarie, animazione, sorveglianza e sgombero della neve. In previsione del minore richiamo del ponte di Sant’Ambrogio avevamo anche potenziato le iniziative, con l’obiettivo di dare vita ad un vero e proprio salotto nella piazzetta». «È possibile anche – conclude  – che abbia influito la nascita di altre manifestazioni, che naturalmente riducono la torta dei potenziali espositori e visitatori. Non è in ogni caso nostra intenzione sederci ad aspettare tempi migliori, ma siamo già al lavoro per trovare nuove soluzioni».   
A dispiacersi per l’annullamento della manifestazione sono anche i negozi ed i pubblici esercizi del paese, che potevano contare su un evento di richiamo. «Tredici anni non sono pochi, ormai era diventata una tradizione – ricorda qualcuno -, la “scusa” per molti villeggianti per salire ed aprire la casa per la stagione invernale e per i clienti di tornare, tanto che spesso ci si salutava al termine dell’estate dandosi appuntamento per i mercatini. È un peccato che quest’anno non si facciano, forse qualcosa si sarebbe potuto organizzare ugualmente, anche con meno espositori e magari dando spazio alle associazioni… ». «Gente ne hanno sempre portata – è un’altra annotazione raccolta – soprattutto nell’ultimo fine settimana, quello di Sant’Ambrogio, e sia le attività commerciali sia bar, ristoranti e alberghi hanno sempre lavorato. In più, la comunicazione legata all’evento faceva girare il nome del paese, era un’occasione di promozione di tutta la località anche oltre l’iniziativa».

Il presidente degli ambulanti Fiva
Dolci: «Il timore che la gente non spenda non deve essere un freno»

Non c’è carenza di richieste di partecipazione, almeno nelle manifestazioni “natalizie” che vedono la partecipazione degli ambulanti bergamaschi. Lo rileva Mauro Dolci, presidente provinciale della Fiva-Ascom, che nota però anche come la realtà delle iniziative sia piuttosto variegata e difficile da inquadrare univocamente, differenziandosi per durata, modalità di esposizione e tipologia di operatori, che possono essere hobbisti, produttori, aziende commerciali e talvolta gli stessi negozianti in sede fissa.
I mercatini natalizi restano un’opportunità o, complice la crisi, non sono più un investimento tanto interessante per gli operatori? 
«Diciamo innanzitutto che solitamente l’ambulante non partecipa alle manifestazioni che richiedono una presenza prolungata, magari anche di 30 o 40 giorni. In genere non è infatti in grado di lasciare l’attività che lo tiene impegnato tutto l’anno o di dividersi su più fronti per un periodo così lungo. La scelta ricade perciò sulle manifestazioni più brevi. Gli operatori in questo caso si dividono in due tipologie. Chi ha già un buon giro settimanale punta su uno o due appuntamenti all’anno come uscita straordinaria, per chi è invece più “provato” dal punto di vista economico perché ha postazioni meno interessanti o precarie, queste iniziative rappresentano un’importante boccata di ossigeno».
In città gli ambulanti sono protagonisti della fiera di Santa Lucia, si prevede  qualche defezione quest’anno?
«Si tratta di un appuntamento istituzionale, come le tante altre fiere legate a ricorrenze speciali che si svolgono durante tutto l’anno in tutta la provincia. È curato direttamente dal Comune e la graduatoria è consolidata. Anche nel caso di qualche rinuncia c’è una lista di attesa di almeno 50 o 60 spuntisti, che assicura una manifestazione al completo. L’appuntamento con oltre 90 bancarelle sarà dal 10 al 12 dicembre sul Sentierone».
Anche a Seriate avete portato una ventina di anni fa le bancarelle di Santa Lucia, un’esperienza che ha in qualche modo anticipato i mercatini. Come sta andando?
«Si è sempre svolta la domenica prima del 13 dicembre, ma quest’anno l’Amministrazione ha scelto di fare spazio in quella data, l’8 dicembre, ad un’esposizione curata dai commercianti del paese e ad altre iniziative. La nostra manifestazione si terrà la domenica successiva, il 15 dicembre, con una sessantina di banchi sempre nella via centrale».
Come l’avete presa?
«Con il Comune di Seriate abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto e ci sarebbe dispiaciuto dover rinunciare ad un appuntamento che ha sempre portato gente e incontrato l’apprezzamento della cittadinanza. Apprezziamo il fatto che ci sia stata messa a disposizione un’altra data e non ci preoccupa il paragone con altre proposte. Certo una considerazione generale è d’obbligo: pur non avvicinandosi ai mercatini di Merano e dintorni, le manifestazioni natalizie creano un certo movimento ed oggi un po’ tutti le stanno rincorrendo. Quello che spesso si dimentica è che sono i venditori ambulanti gli unici soggetti deputati ad operare su area pubblica, né hobbisti né commercianti in sede fissa hanno tale autorizzazione e mi piacerebbe sapere con che modalità si realizza la loro presenza sul suolo pubblico».
Quali caratteristiche deve avere una manifestazione perché abbia successo?
«Innanzitutto occorre dare il senso del gruppo, una presenza compatta di almeno 40 operatori. E poi proporre merceologie diversificate, interessanti e a prezzi competitivi. Il successo o l’insuccesso dipende da questo, il cliente non è stupido e sa bene come spendere i propri soldi».
Ma la propensione alla spesa è sempre meno…
«Di certo non possiamo fermarci solo per il timore che la gente non spenda. Bisogna darsi da fare per essere competitivi, non ci si deve arrendere. Poi il risultato può anche non arrivare, per vari motivi, e questo noi ambulanti, abituati a lavorare tutto l’anno in tante condizioni diverse, lo sappiamo bene». 

Seriate
Santa Lucia, quest’anno scendono in strada i negozi

Quest’anno a Seriate, per la festa in attesa di Santa Lucia, le bancarelle degli ambulanti lasciano il posto ai negozianti del paese. Tra le numerose iniziative promosse dagli assessorati alla Cultura e al Commercio domenica 8 dicembre – giornata clou della manifestazione denominata “Santa Lucia la più bella delle tradizioni”, articolata in più appuntamenti lungo tutto il periodo delle Festività -, ci sarà infatti anche il “Mercatino di Natale con i commercianti di Seriate in piazza”. Una cinquantina di negozi ed esercizi delle centrali via Italia e via Dante si “trasferiranno” in strada sotto gazebo bianchi, uguali per tutti, mettendo in mostra la propria offerta. «L’iniziativa nasce sulla scorta dell’entusiasmo degli operatori riscontrato in occasione della notte bianca organizzata questa estate – spiega l’assessore al Commercio Antonino Casale –. A forza di insistere, i negozianti hanno cominciato a crederci, è maturata la consapevolezza che non ha senso restare con le serrande abbassate quando ci sono iniziative che portano movimento in centro e che è il caso di mettersi in gioco. Dal canto suo, il Comune ha cercato di creare il contesto giusto per favorire la partecipazione e il successo dell’iniziativa, proponendo un contributo spese contenuto e organizzando diverse iniziative di animazione e richiamo». La fiera degli ambulanti, che da una ventina d’anni arrivava in paese la domenica prima della notte di Santa Lucia, è stata spostata alla domenica successiva, 15 dicembre. «Tutti insieme gli espositori non ci sarebbero stati e si sarebbero create troppe sovrapposizioni – rileva Casale –. Gli ambulanti hanno sempre offerto un servizio importante e glielo riconosciamo, ma era importante dare spazio a chi risiede ed ha la propria attività in paese, che può diventare protagonista della rivitalizzazione e dell’attrattività del centro e, al contempo, sfruttare un’opportunità commerciale». L’8 dicembre, gli amanti delle bancarelle potranno sbizzarrirsi anche tra l’esposizione degli hobbisti in piazza Bolognini, il mercatino dell’usato “Me ne libero” nel parco delle scuole in via Dante e quello dell’antiquariato sotto i portici della Galleria Italia. Per i bambini, letture e laboratori in biblioteca, la giostra, giochi, gare, animazione e la premiazione di un concorso di disegno dedicato a Santa Lucia realizzato in collaborazione con il Distretto del Commercio. Senza dimenticare la sfilata della banda, il coro con i canti della tradizione natalizia e le iniziative delle associazioni no-profit.

Mapello
«Il rischio è la sovrapposizione degli appuntamenti»

A Mapello il mercatino di Natale ha incassato anche quest’anno il pieno di espositori, una novantina che andranno ad “invadere” il centro storico domenica primo dicembre dalle 9 alle 19. La manifestazione si chiama “Sotto le torri… torroni”, legando le sette torri presenti sul territori comunale ad uno dei dolci più tipici delle Festività. È promossa dalla Pro Loco, dall’assessorato alla Cultura e dall’associazione dei commercianti “Vetrine Amiche”. «Se si vuole cercare qualche segnale di crisi nella partecipazione – rileva il responsabile dell’associazione Marzio Bonasio – forse è nella rinuncia da parte di alcuni hobbisti, che ci hanno comunicato di aver cessato questo tipo di attività. Non sono però mancate le richieste di altri espositori, che ora stanno arrivando anche da fuori provincia e fuori regione. Proponiamo l’appuntamento ormai da otto e nove anni e possiamo dire che è sempre stato un crescendo». Per i banchetti del settore alimentare gli espositori sono tutti professionisti, mentre sul versante dell’artigianato ci sono anche amatori. «Non credo che la quota di partecipazione rappresenti un grosso problema – prosegue Bonasio -, la manifestazione si svolge in una sola giornata, in gazebo e la tassa per l’occupazione del suolo pubblico non è mai stata eccessiva». E l’afflusso è solitamente buono. «Molto dipende dalle condizioni del tempo – nota -, ma in genere la gente arriva. Siamo stati tra i primi nella zona a vedere in manifestazioni di questo tipo un’occasione per ravvivare il paese e farlo conoscere, con la nascita di altre iniziative ora il rischio è un po’ quello della sovrapposizione. All’interno del Distretto del Commercio Ville e Torri dell’Isola (che comprende i comuni di Ambivere, Brembate Sopra, Mapello, Ponte San Pietro e Treno d’Isola ndr.) ci siamo coordinati per evitare la concomitanza degli eventi, ma al di fuori non è sempre possibile farlo». Accanto all’esposizione, la manifestazione prevede l’esibizione di bande, zampognari, uno spettacolo con il fuoco e uno di danze popolari. Nella piazza del Comune c’è il villaggio di Babbo Natale e un trenino gratuito facilita e rallegra gli spostamenti.      
    




Sciopero lavoratori Aprica, lunedì a rischio la raccolta rifiuti 

Lunedì 4 novembre a Bergamo e nei comuni serviti da Aprica è a rischio la raccolta dei rifiuti per lo sciopero dei lavoratori della sede di Bergamo, con presidio in via Moroni.
«Lo stato di agitazione e l’astensione dal lavoro per 24 ore – spiegano le organizzazioni sindacali del settore, Fiadel, Fit Cisl, Fp Cgil – seguono all’esito negativo del tentativo di conciliazione del 26 settembre presso la Prefettura di Bergamo che si è chiuso con un nulla di fatto. Il viceprefetto Nappi, dopo aver convocato la riunione, non si è neppure presentato. Nell’attesa del viceprefetto, la direzione di Aprica SpA ha ribadito, nei fatti, il proprio disinteresse per il futuro di due suoi lavoratori licenziati l’1 settembre 2013 in occasione del passaggio d’appalto dei comuni di Curno e Mozzo e non riassunti dalle subentranti come prevede la norma contrattuale».
«Abbiamo chiesto che Aprica intervenisse presso le due subentranti per la riassunzione – proseguono i sindacati -, perché Servizi Comunali e Ecosviluppo non sono aziende sconosciute. Con Servizi Comunali, Aprica è comproprietaria al 50% di Bergamo Servizi, la società che effettua la raccolta della carta e del vetro a Bergamo. A Ecosviluppo, Aprica ha appaltato lo spazzamento notturno di Bergamo, la pulizia del mercato della Malpensata e la gestione della piazzola Ecologica di via Goltara. Non sono quindi “estranei” ma soci d’affari, se non addirittura sub appaltanti di Aprica».
«Dopo 23 anni – sottolinea il comunicato -. due lavoratori, Claudio e Domenico, vengono abbandonati al loro destino e ad un futuro senza lavoro. Da parte di Aprica S.p.A. nessuna responsabilità, nessuna volontà di farsi carico della tutela di propri dipendenti in una mera logica dell’ “usa e getta” ben lontana dai principi di Responsabilità Sociale d’Impresa tanto declamati.
Aprica SpA non è un’azienda che licenzia perché in crisi, anzi ha recentemente assunto due operai a tempo determinato per far fronte alle necessità lavorative. Non stiamo quindi parlando di licenziamenti a fronte di un crisi aziendale».
La Rsu e le Organizzazioni Sindacali chiedono innanzitutto la riapertura del dialogo al fine di garantire l’occupazione a tutti i lavoratori coinvolti nell’appalto di Curno e Mozzo nel pieno rispetto delle regole contrattuali. «Chiediamo che Aprica, coerentemente con la sua politica di Responsabilità Sociale d’Impresa, quando si riferisce alla Gestione delle Risorse Umane ed afferma di farsi garante di un “percorso che accompagna la vita lavorativa delle persone, dall’ingresso in azienda fino al raggiungimento dei livelli più alti di professionalità e managerialità”, si faccia garante anche del futuro occupazionale dei suoi lavoratori, sia riaprendo il confronto con le due società subentranti nell’appalto che nei confronti di tutti gli altri lavoratori che ancora sono in Aprica. Chiediamo pertanto che si sottoscriva un accordo a livello aziendale per la gestione dei futuri appalti garantendo la piena applicazione del contratto e regole condivise e trasparenti per l’assegnazione dei lavoratori agli appalti in scadenza.
Chiediamo coerenza tra gli impegni al potenziamento del settore raccolta e spazzamento sottoscritti prima dell’estate e le scelte di investimento economico e gestione del personale oggi attuate».




“Hallowbeer”,  a San Pellegrino si scopre il fascino delle birre scure

La festa di Halloween ha ormai preso piede anche in negozi e locali della Bergamasca. Vetrine allestite con zucche, dolcetti, scherzetti e serate tra mostri, fantasmi e streghe punteggiano sempre più spesso questo periodo dell’anno. Le atmosfere dark della ricorrenza hanno ispirato anche il mondo delle birrerie artigianali ed è così nato “Hallowbeer – Il lato scuro della birra”, festival interamente dedicato alle birre scure, in programma da giovedì 31 ottobre a domenica 3 novembre nel salone del ristorante Bigio a San Pellegrino.
L’evento – firmato dal Birrificio Via Priula di San Pellegrino e dalla Compagnia del Luppolo, promotori anche di BeerGhèm, l’ormai affermata rassegna dei birrifici artigianali bergamaschi – dà la possibilità di assaggiare, acquistando appositi gettoni, una trentina di birre scure, in bottiglia o alla spina, provenienti da tutto il mondo. «È una scommessa – spiegano gli organizzatori -, vogliamo mostrare quanto possono essere varie le birre di questo tipo, da quelle molto alcoliche (ci sarà la Tokyo BrewDog, dalla Scozia, da 18% alc) a quelle molto leggere, dalle estremamente luppolate a quelle dolci, Black Ipa, Weizen Dunkel, la gamma più ampia possibile della numerosa famiglia delle Stout, Imperial Stout, Porter e tutto ciò che di più intrigante e vario siamo riusciti a trovare».
Anche l’accompagnamento gastronomico è a tema con i piatti dello chef del ristorante Bigio ispirati al colore nero: risotto al tartufo nero, tagliatelle nere ai porcini, guanciale di manzo con polenta nera, anatra e verza, e ancora taragna, taglieri, "branzburger".
Il festival si apre giovedì 31 ottobre dalle 18 all’una di notte. Prosegue l’1 e 2 novembre dalle 11.30 all’una e il 3 novembre dalle 11.30 alle 24.  
Info: http://www.birrificioviapriula.it




Passeggiar Gustando, anche l’ottava edizione fa centro 

Ben 3.200 assaggi serviti, 1.100 partecipanti e 5.520 euro raccolti a favore del Fondo Diocesano di solidarietà famiglia e lavoro attraverso il fondo Ascom aperto presso la Fondazione della Comunità Bergamasca Onlus. Sono questi i numeri dell’ottava edizione di Passeggiar Gustando, la manifestazione promossa dai dettaglianti alimentari di Ascom – gastronomi, salumieri, macellai e fruttivendoli -, dalla Pia Unione San Lucio e dai panificatori di Aspan. Ad inaugurare i venti stand  all’opera per offrire ai bergamaschi i prodotti tipici del territorio, il presidente dell'Ascom Paolo Malvestiti, il direttore Luigi Trigona, il vicedirettore Oscar Fusini, l’assessore comunale alle Attività produttive Enrica Foppa Pedretti, Renzo Casati e Andrea Chiodi, rispettivamente presidente e amministratore di Bergamo Mercati, Alessandro Riva, presidente di Bergamo Vive e manager del Distretto del Commercio di Bergamo Centro. I presidenti di categoria Mauro Rocchi (gastronomi e salumieri), Ettore Coffetti (macellai), Livio Bresciani (fruttivendoli), Roberto Capello (Aspan) e Pierantonio Chiari (Pia Unione San Lucio) hanno unito le forze per servire con una squadra di collaboratori risotto alla loanghina e taleggio, zuppa di cereali, polenta taragna, formaggi, salumi, salamelle, roast beef, verdure alla griglia, uva, macedonia, pane Garibalda, torta Sant’Alessandro ed altri prodotti da forno artigianali. Musica e spettacoli hanno accompagnato il lavoro degli alimentaristi: dalle 11 alle 13,30 si sono esibiti  gli ABBAclub, mentre dalle 15 alle 18 il gruppo “Wander Through the time”, i trampolieri Cotton club e il clown Pietro hanno intrattenuto i passanti sul Sentierone. 

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Settimana per l’Energia, «una strategia comune per costruire un modello virtuoso di società» 

«Quello che ci ha insegnato questa fortunata edizione è che dobbiamo cominciare a “ristrutturare” le nostre teste, il nostro modo di pensare, il nostro modo di essere imprenditori e cittadini. Solo così possiamo realmente aprire la strada a un nuovo futuro di sostenibilità».
Il presidente dell’Associazione Artigiani Angelo Carrara traccia un bilancio positivo a chiusura della quinta edizione della Settimana per l’Energia, sottolineando la grande partecipazione alle diverse iniziative. «Quest’anno – continua – abbiamo cercato di proporre eventi ancora più mirati, puntando molto sulla qualità delle proposte e questa è stata una scelta vincente, che ci ha portato ad avere sale sempre piene se non stracolme. Per ciascun componente del nostro territorio, imprese, professionisti, studenti e famiglie, abbiamo saputo creare occasioni di riflessione e di confronto sui temi del recupero e del riciclo, realmente proficue per tutti. Il punto di partenza è stato innanzitutto quello di abbandonare il vecchio concetto negativo di “rifiuto” per parlare positivamente di “risorse” e del loro utilizzo per un’economia realmente “green”».
Un risultato che, sottolinea il presidente Carrara, ha cementato ancora di più il gioco di squadra del cosiddetto “sistema Bergamo”: un tavolo di coordinamento che ha coinvolto, oltre ad Associazione Artigiani e Confindustria Bergamo, anche gli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti, l’Università, l’Ufficio Scolastico per la Lombardia, Bergamo Sviluppo e per la prima volta Bergamoscienza, e che ha visto la presenza di 21 fra enti e organismi che hanno contribuito in qualità di partner o sponsor.
«Ringraziamo tutti quelli che hanno creduto in questo progetto – chiosa Carrara – e rinnoviamo l’invito a quanti intendono divenire parte attiva della prossima edizione. Solo con una strategia comune possiamo costruire un modello di società virtuosa, proiettando la nostra provincia verso obiettivi di lungo periodo, come possono essere l’Expo 2015 ma anche la candidatura di Bergamo a Capitale della Cultura 2019».
«Ovviamente – aggiunge il vicepresidente Giacinto Giambellini, delegato all’innovazione di via Torretta – tutti noi siamo portatori degli specifici interessi delle categorie che rappresentiamo, ma prima di tutto siamo cittadini di un territorio: è per il suo bene che il mondo artigiano ha guardato oltre se stesso, aprendosi agli altri e dimostrando di saper fare sistema. La Settimana per l’Energia ha tenuto conto di tutto questo, si è messa dalla parte di chi vuole risolvere i problemi e ha cercato di dare risposte che nel tempo, siamo convinti, daranno buoni frutti».




Commercianti bergamaschi dal Papa, «un pensiero a tutti i colleghi»

C'era anche una delegazione bergamasca tra le oltre 5mila persone che si sono date appuntamento a Roma per il Grande Raduno 50&Più, il meeting organizzato dall'Associazione degli ultracinquantenni del sistema Confcommercio, che ha vissuto un grande momento di spiritualità nella partecipazione all'udienza di Papa Francesco, lo scorso mercoledì 23 ottobre. Attraverso l'organizzazione dell'associazione provinciale, che ha come presidente Giuseppe Capurro e segretaria Laura Benigni, i commercianti bergamaschi hanno conosciuto il nuovo Pontefice e la grande umanità che sa trasmettere ad ogni cuore. Hanno anche voluto simbolicamente condividere l'esperienza con i colleghi che non hanno potuto essere presenti, «facendo salire al cielo  – è stata la dedica comune – una preghiera  anche per quelli che in quel momento stavano lavorando nelle loro botteghe. Che il Signore li protegga e illumini le loro scelte». Il giorno precedente hanno invece preso parte all’evento di 50&Più alla Fiera di Roma, intitolato “Nessun uomo è un’isola”, a dare voce all’impegno, alla responsabilità individuale e ribadire che ognuno fa parte di un unico destino. Tra gli ospiti anche Betty Williams, Premio Nobel per la Pace nel 1976.




“Time management”, se la gestione del tempo fa bene alla produttività

Dottor Bergamaschi
L’azienda per la quale lavoro ha organizzato un corso di “time management” con l'obiettivo – ha spiegato – di migliorare la gestione del tempo lavorativo. C'è chi ha interpretato questa mossa come una sorta di giudizio negativo sui dipendenti e c'è chi l'ha liquidicato con il classico: serve a poco o nulla. Lei di che parere è?

e-mail, Grumello del Monte

"Il tempo è il capitale più grande, non si può comprare, non è una risorsa abbondante e non si può fermarlo". E' una delle affermazioni più famose che l’economista tedesco Lothar Seiwert è solito fare durante i suoi seminari in giro per l’Europa. Ed è vero: una gestione “sbagliata” del tempo regala spiacevoli conseguenze come stress, insicurezza e spreco di risorse e di energie, che a loro volta generano un circolo vizioso in grado di travolgere l'individuo e il suo equilibrio psicofisico. Soprattutto in ambito professionale dove è importante essere concentrati e la gestione del proprio tempo rappresenta una competenza fondamentale per ogni lavoratore. Nella vita di tutti i giorni il tempo può essere suddiviso in tre macro aree: il tempo lavorativo, il tempo libero e il tempo “indispensabile” (cioè per mangiare, dormire e riposare). Considerando che quest’ultimo, fondamentale per il mantenimento del proprio benessere fisico, non dovrebbe mai essere sacrificato, ci si dovrebbe dedicare a migliorare l’efficienza delle altre due tipologie attraverso un’organizzazione efficace delle proprie attività. Diventa allora fondamentale conoscere l’arte del “time management”, ovvero la capacità di gestire il proprio tempo in maniera efficace o come direbbero gli esperti “per fare proprio il processo di pianificare ed esercitare un controllo sul tempo utilizzato per specifiche attività, al fine di aumentare l'efficacia, l'efficienza e la produttività”. Forse qualcuno non lo sa, ma esistono una serie di tecniche che aiutano l’individuo a realizzare ogni attività, entro uno specifico periodo di tempo. Secondo il principio di Pareto (se non lo conoscete, vi invito a leggere qualcosa sull’argomento) è il 20% di ciò che facciamo a determinare l'80% dei risultati; ne consegue che la maggior parte del nostro tempo e del nostro operato, ben l’80%, viene invece disperso in attività molto povere in termini  di risultati effettivi. La maggior parte delle persone è davvero brava a perdere tempo e senza saperlo mette in campo precise modalità come rimandare, temporeggiare, analizzare eccessivamente, non riuscire a dire di no, perdersi in cose di secondaria importanza e il non delegare, che rappresentano comportamenti dannosi in grado di compromettere il raggiungimento degli obiettivi.  E’ necessario allora cambiare approccio e il “time management” aiuta a focalizzare l'interesse sul presente e sulle priorità reali, applicando una serie di accorgimenti per sbrigare il proprio lavoro e non esserne sepolti. Se gli interventi di un efficace “time management” sono numerosi e sono da calibrare a seconda della situazione specifica, posso però indicare almeno tre spiacevoli abitudini che è possibile cominciare ad evitare: la consuetudine al caos, la discontinuità nelle mansioni e l’incapacità di valutare le priorità. Una gestione caotica dei propri impegni non consente di lavorare per scadenze e priorità; è necessario invece organizzare in modo certosino le mansioni con le relative tempistiche, dividendole in quelle da fare subito e quelle da fare in rapida e propedeutica successione, specificando sempre tempi e modi. Al tempo stesso bisogna evitare di dedicarsi al lavoro in modo discontinuo a causa di costanti interruzioni come telefonate, chiacchiere, arrivo ed invio di mail e sms: che piaccia o meno, la colpa di tutto ciò è solo una personale mancanza di concentrazione; è allora fondamentale riconoscere questa cattiva abitudine e debellarla dalla propria vita quanto prima, rimandando ad un momento più opportuno le “interazioni con l’esterno”. Infine la valutazione delle priorità: spesso in azienda il termine “urgente” è usato come sinonimo di “importante” e bisognerebbe fare tutto e subito. Il risultato è di fare quasi tutto e male; è importante invece imparare a valutare quale attività siano “adesso” determinanti per il conseguimento di un obiettivo aziendale, rimandando a “domani” quelle che invece non assicurano un immediato valore aggiunto. Oggi sono molti i corsi di “time management” presenti sul mercato, che vengono organizzati proprio partendo dai fabbisogni della realtà aziendale che ne fa richiesta; il mio consiglio è di accettare con entusiasmo questa chance che, oltre ad evitare all’azienda una perdita di efficienza, di produttività e un mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati, aiuta gli individui a diventare lavoratori migliori. Non mi resta che auguravi buon lavoro.




Panificatori, «ora una legge tutela il nostro lavoro»

“Pane fresco” e “panificio”, due termini di uso quotidiano che non sembrava avessero bisogno di grandi spiegazioni. Le nuove tecniche di produzione e modalità di vendita hanno invece reso necessaria una definizione “legale”, richiesta da diversi anni dai panificatori lombardi, inceppatasi tra i cambi di deleghe e legislature e finalmente divenuta concreta con l’approdo in Consiglio regionale (l’approvazione è in programma mentre andiamo in stampa) del progetto di legge “in materia di promozione e tutela dell’attività di panificazione”. «Dal 2006, anno delle “lenzuolate” di Bersani – ricorda il presidente dell’Aspan Roberto Capello, che è anche presidente dell’Unione Regionale dei Panificatori Lombardi – il panettiere è nudo. Chiunque poteva diventare panificatore e veniva estesa la definizione di pane ad altri prodotti oltre al fresco, come il precotto surgelato o il crudo gelato. La nostra azione non ha però mai avuto – tiene a precisare – intenti puramente protezionistici della categoria. In gioco c’è un patrimonio di valori tutto italiano e unico al mondo, la panificazione artigianale, rappresentata nel nostro paese da 23mila imprese, 4.500 in Lombardia, ognuna delle quali propone almeno una specialità che la contraddistingue. È questa “panediversità” che crediamo vada tutelata, la capacità di dare una risposta sartoriale e territoriale al consumatore. Insieme, naturalmente, si tutelano i consumatori – sottolinea -, che potranno distinguere chiaramente il tipo di produzione. Non vuol certo dire che pani precotti, surgelati o a lunga conservazione siano dannosi, si forniscono solo strumenti più immediati per scegliere».
Per la nuova legge può chiamarsi panificio solo quell’attività in cui si svolge l’intero ciclo della preparazione del pane, dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale, e pane fresco quello preparato secondo un processo continuo, nel quale non intercorra cioè un intervallo di tempo superiore alle 72 ore. «In questo modo si torna alla definizione etimologica: il panificio è il luogo in cui si fa il pane, altra cosa fa chi lo prende e lo commercializza – rileva Capello -. La distinzione è importante perché meno passaggi intercorrono e più valore, anche dal punto di vista dell’impatto ambientale, ha il prodotto e poi perché in questo modo chi fa il pane ci mette la faccia, il consumatore saprà perciò chi è il “responsabile” di ciò che acquista».
Il fatto che sia trascorso del tempo tra la presentazione delle prime istanze dei panificatori e la formulazione della legge ha permesso di sottolineare alcuni aspetti in linea con l’evoluzione del settore, sollecitati sempre dalla categoria. «Con l’introduzione della figura del responsabile dell’attività produttiva, con obbligo di un aggiornamento periodico, viene valorizzata l’esperienza scolastica della Lombardia, che con più di trenta corsi di panificazione è un’eccellenza nel panorama nazionale – nota il presidente -. In un mondo così dinamico, occorre saper cogliere le variazioni, che si tratti di nuovi orientamenti dei clienti o di nuove modalità organizzative, ad esempio l’orario di lavoro e l’attenzione ai costi ambientali. La formazione permette di aprirsi a questi temi moderni e di mettere in atto un miglioramento continuo». «Il secondo aspetto innovativo – prosegue – riguarda la volontà della Regione di valorizzare il pane di filiera lombarda. Un passo che nasce proprio dall’esperienza bergamasca di coltivazione di grano per la panificazione sul territorio, da utilizzare nei nostri forni. Non si tratta di un’operazione di carattere sentimentale, di un ritorno alla natura legato ad una moda, è una questione di intelligenza economica, che paga e che dà valore al territorio. E che, tra l’altro, è in perfetto accordo con i paradigmi dell’Expo, ormai alle porte».   




Accesso al credito, agevolazioni per i soci di Confcooperative

Si aprono nuove strade verso l’accesso al credito per le cooperative bergamasche. Grazie alla convenzione recentemente siglata da Confcooperative Bergamo con Banca Popolare Etica le cooperative e i loro dipendenti e collaboratori potranno godere di strumenti finanziari agevolati. L’obiettivo è quello di sostenere l’accesso al credito tramite un accordo che si inserisce in una convenzione quadro nazionale firmata tra Banca Etica e Confcooperative-Federsolidarietà. Confcooperative Bergamo e Banca Etica insieme quindi per far crescere una cultura dell'economia sociale e dell'imprenditoria sociale nella nostra provincia: una forte convenienza ideale ma anche un insieme di strumenti per favorire l'accesso al credito per le cooperative aderenti a Confcooperative che potranno accendere mutui e finanziamenti nelle varie forme tecniche per fronteggiare le loro esigenze finanziarie.
Le imprese potranno fare affidamento sullo sportello di Bergamo di Banca Etica, aperto lo scorso aprile, che al momento conta 700 soci e una raccolta di 14,9 milioni di euro per 6 milioni di impegni al servizio delle cooperative. Per le imprese associate a Confcooperative inoltre sarà possibile contare anche su un abbattimento del tasso di interesse applicato per le operazioni di mutuo con il concorso in conto interesse di Fondo sviluppo, (il fondo mutualistico di Confcooperative). «La convenzione si inserisce in una convenzione quadro nazionale firmata tra Banca Etica e Federsolidarietà e nasce dalla volontà di favorire i rapporti tra le cooperative sociali e non e una banca partecipativa che incontra i nostri valori – ha spiegato Giuseppe Guerini, presidente di Confcooperative Bergamo -. La convenzione è importante anche perché potrà fare da veicolo per sviluppare nuove sinergie nel mondo del credito all’insegna del pluralismo economico. Per questo l’idea è di non fermarci alla convenzione ma di andare oltre e nei giorni scorsi abbiamo infatti formalizzato l’adesione come Confcooperative Bergamo per entrare a far parte della base associativa di Banca Etica».
La vicinanza al territorio, il sostegno alle piccole e medie imprese, la valorizzazione dell’economia sociale per le imprese che non pensano solo agli utili sono alcuni dei valori di Banca Etica che si propone di gestire le risorse finanziarie di famiglie, donne, uomini, organizzazioni, imprese, associazioni ed enti, orientando il loro risparmio verso le iniziative socioeconomiche che perseguano finalità sociali e che operino nel pieno rispetto della dignità umana e della natura. «Attraverso gli strumenti dell'attività creditizia – spiega Paolo Comini, responsabile area nord-ovest di Banca Etica – l’istituto indirizza la raccolta ad attività finalizzate al conseguimento dell'utile sociale, ambientale e culturale, sostenendo, mediante le organizzazioni no profit, le attività di promozione umana,sociale ed economica delle fasce più. L’investitore, infatti, può scegliere di indirizzare l’impiego dei propri risparmi verso quattro settori: cooperazione sociale, promozione della cultura e della società civile, salvaguardia e tutela ambientale, cooperazione allo sviluppo nei paesi del Sud del mondo».
Tra le finalità di Banca Popolare Etica è presente anche una funzione educativa nei confronti del risparmiatore e del beneficiario del credito, responsabilizzando il primo a conoscere la destinazione e le modalità d'impiego del suo denaro e stimolando il secondo a sviluppare con responsabilità progettuale la sua autonomia e capacità imprenditoriale. «Al di là del merito creditizio – spiega Andrea Bravi, direttore della filiale cittadina situata in via Borgo Palazzo – l'istruttoria per la concessione del credito non è solo tecnica ma anche socio-valoriale. La concessione di mutui a tassi agevolati e altri prodotti finanziari nasce infatti dalla consapevolezza di sostenere un modello d’impresa come quello della cooperazione che ha risvolti sociali importanti per il tessuto economico in cui opera».
Ad accompagnare le cooperative nell'informativa dell'accesso al credito e per l'istruttoria della pratica, Confcooperative Bergamo metterà a disposizione il suo ufficio «Credito e Finanza», che dalla sede di via Serassi è da tempo un punto di riferimento per le associate. Infine, in un’ottica di proposta di «sistema» che riguardi anche le persone fisiche, la convenzione siglata con Banca Etica prevede, oltre che per la singola cooperativa, condizioni agevolate su una serie di servizi anche per i dipendenti dalla cooperativa stessa e i suoi collaboratori, a conferma del principio della mutualità su cui si fonda l’Istituto.




Lavoro, in causa sempre più manager e dirigenti 

“Le controversie non risparmiano alcun settore e in questo ultimo periodo sono in crescita le cause che riguardano dirigenti e manager, con retribuzioni di un certo peso” rileva Ermanno Baldassarre, giuslavorista e presidente dell’Ordine degli avvocati di Bergamo.
Il ricorso alla cassa moltiplica però i problemi: “La cassa integrazione è ormai uno strumento essenziale per garantire la sopravvivenza delle pmi ed ormai anche gli studi professionali – legali inclusi – ricorrono alla cassa in deroga. Crescono però oltre alle cause per licenziamento e qualifica anche quelle per differenze retributive e applicazione non corretta degli ammortizzatori sociali”. Ma a generare caos negli uffici giudiziari è il rito Fornero.
Una riforma che ha avuto un “impatto devastante” sul sistema giudiziario italiano, come sottolineato da Fabio Rusconi, presidente dell’Agi, Associazione degli avvocati giuslavoristi italiani?
“Diciamo che è una pessima legge perché decuplica i problemi, anziché semplificarli. Inoltre non fa che replicare procedure già esistenti, come la procedura d’urgenza già presente nel Codice, per quanto concerne la prima fase del rito che riguarda il merito. E’ bene che sia posta una maggior attenzione alle cause di licenziamento, è giusto pensare che una causa non possa durare dieci anni, ma non si può istituire, paradossalmente, un quarto grado di giudizio”.
Una legge di cui nessuno sentiva il bisogno?
“Il rito del lavoro è una splendida quarantenne (“nata” nel 1973, ndr) sfregiata da pessimi interventi di chirurgia estetica, tra cui quello ad opera della Fornero. Il problema non riguarda tanto i tempi di giudizio, ma le complicazioni create dall’interpretazione delle norme”.
Quali soluzioni intravede per ridurre il contenzioso?
“La prima strada, impercorribile, sarebbe quella di rendere il rito del lavoro effettivo, con tutte le necessarie risorse come dovrebbe essere. I termini per i giudici – è una provocazione-  dovrebbero essere perentori. L’arbitrato, con una funzione sussidiaria dell’avvocatura da ripensare per il futuro, potrebbe giocare un ruolo importante per snellire il contenzioso”.
La mediazione si è rivelata inefficace?
“Il tentativo obbligatorio di conciliazione si è rivelato un flop perché raramente si sono trovate soluzioni davanti alla  allora Direzione Provinciale del Lavoro (ora denominata Territoriale). Quanto alla mediazione non è uno strumento utile per risolvere i problemi legati al lavoro”.
E’ cambiato il ruolo delle organizzazioni sindacali nel contenzioso?
“Il sindacato continua a svolgere la sua funzione, in mezzo al guado tra lavoratore e impresa. Prima di entrare in causa il lavoratore si consulta con il sindacato o l’associazione di categoria, che possono svolgere un ruolo importante per definire a livello extragiudiziale le controversie”.
In tribunale i lavoratori hanno sempre la meglio, come vuole il senso comune?
“L’applicazione del  principio del favor lavoratoris è insito in un rapporto dispari, in modo che non prevalga la condizione del contraente più forte a scapito della parte più debole. Ma ciò non vuol dire che venga denegata la giustizia. Come nel campionato di calcio, sulla distanza, vince la squadra migliore anche le cause di lavoro, analizzando le risultanze nel tempo, vanno nella direzione in cui ci si aspettava che andassero”.
Non capitano mai cause pretestuose?
“Raramente vengono radicate cause palesemente pretestuose, pur essendovi un certo contenzioso che non ha particolare rilevanza economica, come per le piccole differenze retributive”.
Quale impatto ha una causa di lavoro su un’impresa?
“C’è chi sostiene che ormai i costi delle aziende siano implementati da quelli degli avvocati. La realtà è che i servizi legali vanno correttamente pagati perché tutelano interessi e diritti di vitale importanza, soprattutto in fase preventiva”.