“Il successo delle aperture serali? Non si misura col numero di scontrini battuti” 

Giuseppe Pezzoni, 47 anni, docente di Lettere al liceo Scientifico presso il Centro salesiano “Don Bosco”, dove è anche preside, è il sindaco di Treviglio, seconda città della provincia bergamasca per numero di abitanti. Nato a Romano di Lombardia, vive a Pagazzano, dove è stato primo cittadino dal 1993 al 2004. E' presidente nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione Mia, la Congregazione Misericordia Maggiore di Bergamo.
Sindaco, cominciamo dalla crisi: chi ne sta pagando il prezzo più caro?
“Dal mio punto di vista a rimetterci sono innanzitutto le famiglie più deboli. Il riflesso si ha anche sul sistema commerciale e delle aziende, però la ricaduta peggiore è sulla gente che non ha ammortizzatori sociali o tutele sufficienti. Lo dimostrano l'impennata di richieste d'assistenza ai servizi sociali e l'incremento della morosità. D'altra parte, ci sono anche i problemi nella prosecuzione di attività commerciali, ma sembrano abbastanza in tenuta con un trend non entusiasmante. A breve presenteremo il rapporto”.
Le aperture serali dei negozi sono un'iniziativa che apprezza?
“Ne sono contento. Il successo non è nel numero degli scontrini battuti in serata, ma nel saper offrire un'occasione di attrattiva e un momento di riflessione. Poi se l'opportunità si trasforma in un guadagno, tanto meglio. Dal punto di vista numerico, sto verificando un successo sempre maggiore, che mi rassicura. Le operazioni fatte con il Distretto del commercio sono sempre valide”.
Entro fine anno ci sarà il completamento del Centro nell'ex Upim. L'asta per un gestore unico è andata però a vuoto.
“L'idea del gestore unico che avrebbe dato un'identità più marcata è mia e me ne assumo la responsabilità. Non ha funzionato anche perché ho prospettato un bando con durata di diciotto anni per avere le garanzie del rientro economico. Ma le locazioni, oggi, sono soggette a forti turn over e non hanno quei tempi. Il bando per i singoli spazi commerciali è stato pubblicato. Noi abbiamo dato criteri di qualità anche per le aperture fino alle 22 e la promozione di iniziative nel distretto del commercio. L'importante è che si capisca che non è solo l'affitto di un esercizio commerciale, ma l'adesione a un progetto per rivitalizzare il centro di Treviglio”.
Anche il PalaFacchetti sarà valorizzato: arrivano, infatti, gli spettacoli del CrebergTeatro grazie a un accordo con Promoberg. Per primi, sul palco, i Legnanesi, poi Enzo Iacchetti.
“Abbiamo puntato sul fatto che il palazzetto possa essere uno spazio che offra, oltre al campionato di basket, anche altri momenti di intrattenimento. L'accordo con l’Ente Fiera Promoberg prevede tre serate: teatro, cabaret e musica con un concerto gospel”.
Altri eventi in ballo?
“Sì, ci sono ulteriori iniziative in programma: una fiera dell'elettronica e un evento di karate”.
Tra dieci mesi si viaggerà sulla Brebemi: lei che opportunità pensa si possano cogliere grazie alla nuova arteria? E quali i rischi?
“Gli effetti positivi saranno economici: aumenteranno insediamenti e attività produttive. Su Treviglio si è commesso, però, un grande errore strategico: le opere compensative non sono state puntate alla dimensione viabilistica, quella di supporto non è stata potenziata. La realizzazione della tangenziale ovest, l'ex ipb, che avrebbe dato vita a una bretella esterna per collegare la sp42 al casello non c'è. E non credo che mai la vedrò realizzata”.
Anche il territorio ha cambiato volto. Sarà ancora più antropizzato…
“Il modello del capannone a fianco dell'autostrada è superato. Si deve pensare al riuso degli spazi già esistenti piuttosto che sottrarre ulteriori terreni all'agricoltura. Ma dobbiamo anche garantire ai contadini forme di tecnologizzazione nei processi produttivi, come i biogestori, che rendano la loro attività al passo con i tempi. Oggi la questione del suolo è importante, ma non vedo più corse a realizzare aree industriali”.
Ci siamo spinti un po' troppo oltre?
“Certo. Gli sviluppi del mercato immobiliare dimostrano un eccesso di offerta”.
Altra questione, la discarica di amianto nella zona dell'ex cava Vailata a cui l'amministrazione si oppone. A che punto è il procedimento?
“La proposta di legge è in Commissione regionale. Noi abbiamo evidenziato elementi di forte criticità attraverso una relazione tecnica relativa al percorso delle falde. Non si può affermare che l'intervento non interagisca sul regime idrico”.
Come vede il futuro di Bergamo e Treviglio? E' ottimista?
“Pratico entrambe le città. La prima per la Misericordia Maggiore e Treviglio per la sindacatura. Ritengo che le prospettive di sviluppo siano maggiori nella Bassa. Non prevedo una crescita smisurata, ma credo nella  qualità dei servizi che diventeranno una forte attrattiva. In primo luogo, trovo il passante ferroviario un progetto fondamentale”.
E' anche vero che viviamo in una nazione in cui purtroppo le opere che migliorano la vita dei cittadini necessitano di dieci, quindici o vent'anni per essere realizzate.
“A settembre partiranno i lavori di mitigazione ambientale per il quadruplicamento ferroviario che erano nell'accordo di programma del 1995. E' assurdo che siano passati diciott'anni. Dovrebbero esserci più coraggio nelle scelte e maggiore responsabilità nella gestione”. 
E lei, tra vent'anni, come e dove si immagina?
“Avrò 67 anni, sarò in pensione. Spero, prima, di tornare a fare bene l'insegnante che è il mestiere migliore che si possa fare nella vita. Quando ho smesso di fare il sindaco a Pagazzano, sono tornato a scuola e ho fatto per cinque anni l'assessore al Bilancio. Il primo anno i miei alunni mi dicevano: prof, da quando non fa più il sindaco ci fa lavorare di più, non può trovare qualcos'altro da fare?”.
Da professore di lettere, leggerà molto. C'è un libro che suggerisce?
“L'ultimo romanzo che ho letto è “Pepys Road” di John Lanchester, consiglio “Luce d'estate ed è subito notte” dell'islandese Jon Kalman Stefansson, oltre a “Paradiso e inferno” dello stesso autore, uno scrittore eccezionale”.
Preferisce libri cartacei o gli ebook?
“Leggo un po' e un po'. Gli e-book sono di bibliolibrary, il servizio interprestito delle biblioteche provinciali”.
La si ritrova anche sui social network. Li considera uno  strumento fondamentale per comunicare?
“Non fondamentale, ma importante. Ho cercato di scindere il profilo facebook che ho usato per comunicare con alunni ed ex alunni da quello politico-amministrativo, ma la contaminazione è  avvenuta dopo pochi mesi dall'elezione. Mi piace poco l'idea della bacheca dove confluiscono gli aspetti diversi di una persona. Ma mi sono rassegnato, in rete si verifica quello che sta capitando a livello generale, un'integrazione di spazi e luoghi”. 
I giovani sono spesso considerati come privi di aspettative e disillusi, lei come li vede?
“Quando ho iniziato a insegnare, vent'anni fa, la disoccupazione giovanile in Lombardia era al 4 per cento. Oggi la situazione è diversa. Ma confido nel lume della speranza che porta avanti le nuove generazioni. Qualche tempo fa si potevano seguire le proprie aspirazioni avendo la certezza che un posto l'avresti trovato. Alla fine,  è ancora questa la strada giusta: nutrire le proprie passioni per aprirsi la testa, crescere e portare a casa un risultato anche se non è connesso al proprio titolo di studio. Tanti miei ex alunni hanno fatto l'Erasmus e faranno l'Erasmus plus, una valida occasione di formazione. Molti sono oggi medici, titolari di società o hanno trovato lavoro in ambiti particolari.  Se ti metti in gioco, un risultato lo avrai”.
Che voto si dà come sindaco e come professore?
“Nessuno. I professori i voti li danno, i sindaci li prendono”. 




Capetti: “Serve un  territorio   competitivo per uscire dalla crisi”

La situazione economica provinciale, le dimensioni della crisi e le sue ripercussioni sociali mettono a forte rischio occupazionale un numero considerevole di lavoratori.
Le procedure di riduzione del personale e le riorganizzazioni, che in tanti casi hanno comportato la chiusura di singoli reparti o addirittura di intere aziende, hanno coinvolto alcune imprese medio/grandi e maggiormente significative del territorio bergamasco, con un pesante impatto economico e sociale.
Va evidenziata la fase di grave criticità del sistema delle piccole e medie imprese, più esposte ai diversi fattori della crisi (calo dei consumi interni, restrizione del credito).
La situazione economica del nostro territorio, che già aveva subito la pesante crisi del settore tessile, è ulteriormente aggravata dalla forte crisi che sta coinvolgendo il sistema delle costruzioni, storicamente punto di forza del sistema economico bergamasco.
Si è quindi di fronte ad un notevole cambiamento del nostro sistema produttivo che comporta pesanti riflessi occupazionali.
Il disallineamento tra professionalità richieste e profili professionali disponibili sul territorio si aggiunge ad un pesante squilibrio quantitativo nel mercato del lavoro bergamasco.
Di fronte ad una situazione completamente nuova per una provincia di grande operosità e di grandi realtà imprenditoriali, è indispensabile riposizionare le politiche di sviluppo in grado di promuovere la creazione di nuove imprese e di generare nuova e buona occupazione.
E’ ancor più urgente per le aree territoriali più esposte alla crisi come quelle delle Valli Brembana e Seriana coinvolte da processi di deindustrializzazione.
L’obiettivo deve essere ridurre la disoccupazione, la precarietà, stimolare la domanda, anche sperimentando interventi in aree industriali dismesse.
Questa crisi non è congiunturale, ma strutturale: la domanda ripartirà per alcune imprese e per altre no.
Nostro malgrado, le cose non torneranno più come prima.
Per affrontare il mondo nuovo dopo la crisi bisogna cercare discontinuità con il passato ed individuare nuovi modelli.
A cominciare da una nuova visione del territorio.
Mentre un tempo si diceva che “imprese competitive rendono il territorio competitivo” (logica dei distretti industriali), probabilmente oggi si è competitivi come imprese e come persone se si è inseriti in un territorio competitivo.
Ad esempio l’ambiente, fino a ieri era considerato come un vincolo ed un freno alla crescita d’impresa.
Oggi, con la “Green economy”, può diventare un forte volano di sviluppo sostenibile, capace di coniugare sviluppo e preservazione del territorio per le generazioni future.
Credere nella formazione permanente è l’unica soluzione per competere, visto che siamo in condizioni di forte svantaggio dal lato del costo del lavoro, delle dotazioni infrastrutturali e della dimensione media di impresa.
La lettura delle competenze manageriali e territoriali deve essere continua per generare formazione e trasferimento di conoscenza.
Le linee strategiche europee per l’Economia della Conoscenza, nell’agenda Europa 2020, definiscono un nuovo modello di crescita intelligente, di coesione sociale e di sostenibilità.
In questo paradigma il capitale intellettuale di impresa e territorio, rappresenta l’elemento centrale per lo sviluppo di quelli che oggi si definiscono sistemi di intelligenza collettiva.
Il futuro è legato alla capacità di utilizzare la conoscenza che le comunità posseggono nel presente, e che le stesse comunità continueranno a costruire per le successive generazioni.
L’unica risposta è l’innovazione, che non vuol dire produrre le stesse cose a minor prezzo, perché così inevitabilmente perderemmo, ma fare quello che non è stato fatto nel passato.
Nuove tecnologie, nuovi materiali possono rivivificare anche i settori più tradizionali.
Cose nuove e vincenti. Inutile soffermarsi sulle produzioni già sperimentate perché su quel terreno non ci sarà competizione possibile con i Paesi emergenti.
Cosa questi Paesi non hanno?
Non hanno le nostre Università, la storia delle nostre Università.
Questo è il nostro vantaggio da sfruttare.
Il futuro del nostro territorio deve puntare sulla conoscenza ed è quindi fondamentale il potenziamento del rapporto fra Università e imprese promuovendo processi di innovazione e ricerca
determinanti per lo sviluppo dell’economia territoriale.
Si deve investire sulla qualità delle risorse umane, sulla qualità della cultura e della formazione permanente, affinché le imprese possano divenire maggiormente competitive e possano promuovere processi di innovazione e sviluppo anche attraverso la valorizzazione delle risorse del territorio.
E’ necessario analizzare il ruolo delle politiche industriali in un’economia più aperta e globalizzata. La chiave di lettura è quella del rapporto tra locale e globale: anche le reti locali di impresa possono essere strumento di crescita delle economie e di diffusione delle conoscenze se si rappresentassero in modo efficace ed equilibrato dentro le reti globali di impresa.
La crisi può essere  una opportunità, ma perché lo diventi, è necessario guardare avanti, spingere lo sguardo oltre la crisi.

Giuliano Capetti
Assessore provinciale alla Viabilità e Trasporti,
Istruzione, Formazione e Lavoro




Neolaureati, trovare lavoro a Bergamo è diventato più difficile

Bergamo offre l’8% del lavoro ad alta qualifica della Lombardia e ad un anno di distanza dalla laurea, i giovani bergamaschi riescono a soddisfare in gran parte la domanda di lavoro espressa dalla provincia, che riesce tuttavia ad assorbirne poco più della metà. Tra inevitabili flessioni e settori in crescita, l’indagine Specula Lombardia “Quali orizzonti per i neolaureati lombardi?” condotta a settembre dello scorso anno dagli esperti dell’Area Ricerca Formaper della Camera di Commercio di Milano restituisce il quadro in chiaroscuro delle prospettive di inserimento dei neolaureati bergamaschi.

In controtendenza la metalmeccanica, purché hi-tech
Nel 2012 gli inserimenti dei giovani laureati appaiono penalizzati in misura anche maggiore rispetto a quanto accade nella regione, particolarmente nei settori del terziario sociale in cui la presenza pubblica è significativa (istruzione, sanità), oltre che nel commercio al dettaglio e nel comparto del turismo, che invece in regione fa registrare una lieve crescita di neolaureati avviati al lavoro. Sempre nell’ambito del terziario tradizionale, il commercio all’ingrosso (dove si concentrano le filiali commerciali di aziende multinazionali) gioca, al contrario, un ruolo positivo sull’assorbimento di giovani ad alta qualifica, più marcato rispetto alla media lombarda. Tra gli altri settori di significativa rilevanza occupazionale per il tessuto economico provinciale la metalmeccanica, al cui interno sono cresciute le opportunità per i giovani ad alta qualifica, un riscontro in controtendenza nel generale panorama manifatturiero provinciale e che fornisce un incisivo contributo alla complessiva tenuta regionale del settore.

Il contratto? Un miraggio e tanti optano per l'autoimpiego
Il generale peggioramento delle prospettive lavorative viene comunque confermato dal trend delle tipologie contrattuali applicate. In provincia cala ulteriormente il ricorso al contratto standard maggiormente tutelante, ovvero il tempo indeterminato, anche se esso risulta meno penalizzato che nel complesso della Lombardia (-9,8% contro il -15,8% lombardo). Sul decremento ha certamente inciso la consistente contrazione degli avviati nell’istruzione, proporzionalmente più rilevante rispetto al complesso della regione, ma anche, in una sorta di “effetto sostituzione”, il maggior ricorso all’apprendistato ed al contratto di inserimento (circa il 46% in più, ma in rapporto ad una contenuta numerosità di contratti) anche nella stessa manifattura, da sempre caratterizzata dall’uso tipico del contratto a tempo indeterminato. In flessione anche il lavoro somministrato, le collaborazioni ed i tirocini, mentre resiste il lavoro intermittente, tipologia contrattuale di relativa diffusione sul territorio. In ogni caso, il contratto più frequentemente applicato ai nuovi inseriti resta sempre il tempo determinato, tipologia che ha ormai ampiamente colonizzato i settori a significativa partecipazione pubblica (istruzione in prima battuta, ma anche sanità ed assistenza sociale), proprio gli ambiti in cui trova collocazione il maggior numero dei giovani laureati. Ma anche per tale forma contrattuale nel 2011 si registra una flessione significativa (-12,9% contro il -7% della Lombardia) coerente con la contrazione dei nuovi inserimenti in tali comparti. Infine, spicca l’incremento degli imprenditori, che traduce una intensificazione di iniziative di auto impiego intraprese dai neolaureti, in particolare dai più “anziani” di essi (ossia laureati del 2008 e 2009), presumibilmente anche a seguito delle difficoltà incontrate nella ricerca di una collocazione professionale adeguata.

Ingegneria, formazione e sanità le carriere più scelte
Nell’arco del quadriennio 2007-2010 i laureati residenti a Bergamo che, a studi completati vanno a costituire l’offerta di lavoro ad alta qualifica, rappresentano una quota in relativo aumento nell’ultimo anno, quando arriva a toccare l’8% (pari a 2.689 giovani) del totale regionale. Si tratta di giovani che, conseguito un titolo universitario, risultano aver ultimato il proprio iter di studio, in quanto non iscritti a nessun altro corso universitario o post universitario in Lombardia.
Gli ambiti in cui l’apporto dei giovani laureati della provincia incide maggiormente rispetto al totale regionale ed è anche significativo per numerosità, coincidono con il blocco ingegneristico, con quello dell’insegnamento e formazione (sia pur, in entrambi i casi, con un costante decremento di laureati lungo l’intero periodo di raffronto) e con il sanitario e paramedico (che, al contrario, aumenta nell’arco del quadriennio in esame). Da notare, nel 2010, anche l’incidenza significativa dell’indirizzo economico, mentre l’indirizzo psicologico, dopo il balzo in avanti dell’anno precedente (quando si era registrato un raddoppio di laureati rispetto al 2007) presenta un incremento più contenuto, sia in termini assoluti che come quota sul totale dei giovani laureati lombardi.

Il bilancio ad un anno dalla laurea
Con riferimento ai laureati bergamaschi del 2010, una fotografia a distanza di 12 mesi dalla laurea mostra come la parte di essi che lavora, con qualsivoglia tipo di contratto, trovi uno sbocco lavorativo in buona misura (71%) entro il sistema economico provinciale, di cui soddisfa largamente la domanda (82%). Si tratta, ad ogni modo, di una domanda di entità non certo sostenuta, considerato che, complessivamente, a distanza di 12 mesi dalla laurea risulta attiva solo poco più della metà (51,7%, pari a 1.390 giovani)) dei laureati bergamaschi 2010, come testimoniato dal possesso di un contratto lavorativo. Va, peraltro, considerato che tale riscontro riguarda solo le possibilità occupazionali in Lombardia (e quindi non rileva l’eventuale sbocco lavorativo extra-regione) e che da esso restano esclusi sia il lavoro autonomo professionale (che, in effetti, risulta essere l’area lavorativa più rilevante che sfugge all’indagine), sia il praticantato. Il dato, quindi, sottostima in certa misura lo sbocco lavorativo dei neolaureati.

Il mercato bergamasco assorbe meno laureati
L’analisi mostra che, nel 2011, nella provincia di Bergamo risultano avviati poco più di 2.660 laureati (triennio 2008-2010), una quota pari all’8% sul corrispondente totale avviato nella regione. Rispetto ai giovani che avevano trovato lavoro sul territorio nel biennio precedente, il loro numero appare in calo, particolarmente in rapporto all’anno prima (-8,5%) e con una dinamica negativa più accentuata di quella regionale (-5,3%). Tra le province lombarde, l’area di Bergamo scivola così, per numerosità di giovani laureati avviati al lavoro, dal secondo posto dell’anno precedente, al quarto. Gli ambiti in cui questi giovani confluiscono in misura proporzionalmente maggiore rispetto alla media lombarda, risultano, in ordine di importanza:
il terziario sociale, al cui interno trova sbocco, nel 2011, ben il 42% dei neolaureati, quasi il doppio rispetto ai servizi alle imprese (23,1%). Da sole, istruzione e sanità raccolgono quasi il 30% dei laureati avviati al lavoro sul territorio di Bergamo (contro il 20,4% della regione), ambiti contraddistinti da una flessione degli inserimenti lungo l’arco del triennio, proporzionalmente più accentuata della media regionale;
la manifattura, che assorbe il 16,1% dei neolaureati (contro l’11,3% della Lombardia), a ribadire l’appartenenza ad un tessuto produttivo locale ancora a forte vocazione manifatturiera. Al suo interno, nel 2011 il settore metalmeccanico arriva ad interessare ben il 65% degli inserimenti di giovani ad alta qualifica che lavorano nel settore, con un continuo aumento lungo il triennio;
il terziario tradizionale (terziario commerciale, dei trasporti e turistico), dove trova lavoro il 14,3% dei giovani laureati (contro il 13,8% della regione). L’evoluzione occupazionale del comparto mostra un andamento diversificato tra i diversi settori. A seguire un trend interamente favorevole è unicamente il commercio all’ingrosso, confermando, almeno in parte, una ripresa delle attività di vendita da parte di imprese di media/grande dimensione (filiali commerciali di aziende multinazionali) e dove l’inserimento di giovani ad alta qualifica fa ben sperare in una ripresa di occupazioni “di qualità”. Al contrario, i laureati che nel 2011 trovano un lavoro nel commercio al dettaglio sono in calo rispetto all’anno precedente, riportandosi sui medesimi valori del 2009, presumibilmente per l’effetto combinato di una contrazione delle vendite (la riduzione del giro d’affari su base annua continua ad essere molto marcata) e di una certa saturazione, in termini di addetti, ormai raggiunta dal settore. Da notare che una quota significativa degli inserimenti (23,6%) si concentra sui laureati negli indirizzi farmaceutici, coerentemente con la moltiplicazione delle farmacie grazie alle liberalizzazioni sopraggiunte in questi anni. Nel settore dell’alloggio e ristorazione l’inserimento dei neolaureati è, nel 2011, leggermente inferiore all’anno prima, ma comunque più sostenuto che non all’inizio del triennio, per quanto si tratti di un’occupazione non sempre di qualità (soprattutto con riferimento ai pubblici esercizi, dove molti giovani lavorano per avere una immediata fonte di reddito, in attesa di trovare un lavoro più adeguato alla propria preparazione). In lieve calo, nell’ultimo anno, anche l’assorbimento dei giovani laureati nell’ambito dei trasporti.
Tra gli altri comparti si segnala il perdurante ristagno degli inserimenti nell’edilizia, settore di tradizionale rilevanza locale per l’alta concentrazione di attività, che risulta ancora fortemente gravato dalla crisi economica ed al cui immobilismo è contemporaneamente ancorato quello delle attività immobiliari. Dall’altro lato, va accennato all’evoluzione favorevole del numero di neolaureati avviati nell’ambito dell’informatica, tanto più se si considera che, diversamente, il comparto dei servizi professionali conosce, nel 2011, un’evidente riduzione di neolaureati complessivamente introdotti.
Quanto agli indirizzi di laurea, in rapporto al quadro complessivo regionale nel 2011, a livello del mercato del lavoro provinciale risultano penalizzate soprattutto alcune lauree spendibili in ambiti a forte partecipazione pubblica, gravati dal blocco del turnover: ciò riguarda, in particolare, l’insegnamento e formazione (che pur vanta una numerosità di inserimenti tra le più elevate) a causa della citata contrazione del settore dell’istruzione.

Meno opportunità per medici e ingegneri gestionali
Sempre in rapporto al dato medio lombardo, nell’ultimo anno emergono le minori opportunità lavorative dei laureati negli indirizzi medici (-32,1% contro un calo del 24,6% della Lombardia) e in ingegneria gestionale (-20,2% contro il calo del 15,0%). Viceversa, tra gli indirizzi più richiesti a livello locale, rispetto alla Lombardia, spicca il blocco delle ingegnerie industriali (+10,2% contro il +2,0% della regione), entro cui il territorio di Bergamo si contraddistingue per l’assorbimento di laureati in ingegneria meccanica. Essi confluiscono principalmente nella manifattura metalmeccanica ed il traino esercitato dalla domanda estera sul settore giustifica l’accresciuta numerosità di giovani laureati avviati nell’arco del triennio. Infine, da segnalare nell’ultimo anno anche un certo incremento degli avviati tra neolaureati nell’ambito delle biotecnologie (oltre il 20% in più, ma su numeri molto bassi), uno sbocco prevalentemente concentrato tra manifattura, istruzione e sanità (una quota del 40% dei casi), effettivamente coerente il titolo di studio.




Malpensata, «il commercio non perda il treno»

Nonostante l’area sia diventata il parcheggio di interscambio che la città non ha, il ricambio dei residenti e l’immigrazione abbinano frammentato il tessuto sociale e non manchino situazioni di marginalità e problemi di sicurezza, lo spirito del quartiere si respira ancora ed è da qui che è partito il desiderio di rinascita culminato nel progetto di coesione sociale “Abitare una nuova Malpensata”, che coinvolge tutte le realtà presenti sul territorio, dal comitato di quartiere alla parrocchia, alle strutture d’accoglienza (Patronato, Nuovo Albergo Popolare, Caritas e Comunità Ruah), che ha ottenuto dalla Fondazione Cariplo un contributo di 350mila euro in tre anni. Anche i commercianti e artigiani sono chiamati a rendersi protagonisti, ma al momento la prima esperienza di associazionismo stenta a decollare.

L’associazione dei commercianti “Malpensata èvViva” è nata due anni fa ed è stata la promotrice della festa estiva nel parco (lo scorso anno organizzata direttamente, quest’anno affidata alla cooperativa Ruah, ma sempre con l’obiettivo di coinvolgere tutti gli attori del quartiere) e delle luminarie natalizie che hanno collegato visivamente, grazie allo stesso stile, il quartiere al centro. L’Associazione raccoglie una settantina di attività, ma sta vivendo una fase interlocutoria. Il presidente Dario Mascher, titolare del ristorante Bacco Matto in via San Giovanni Bosco, ha già presentato le proprie dimissioni e resta formalmente alla guida in attesa che si definisca il futuro dell’organizzazione.
Dopo soli due anni è già tempo di ripensamenti, cos’è successo?
«Purtroppo la partecipazione dei commercianti non è stata quella sperata. Nonostante le comunicazioni e gli incontri, il gruppo di chi si è messo in gioco è rimasto ristretto. Dopo un po’ le energie finiscono e ci si chiede se valga la pena proseguire».
Che ne sarà dell’associazione?
«Vedremo se all’interno del Progetto di coesione sociale si individueranno nuove modalità di coinvolgimento, di comunicazione, se si riusciranno a trovare nuove risorse, qualcuno che si faccia avanti. In caso contrario non ha senso tenere in vita la struttura, che ha pur sempre dei costi. Chi, tra i commercianti, vorrà continuare a interessarsi al futuro della zona e portare le proprie idee potrà farlo nelle diverse realtà già presenti, dal Comitato di quartiere alla Parrocchia».
Che obiettivi specifici aveva, però, l’associazione?
«Portare avanti il punto di vista dei commercianti in maniera univoca, essere un referente per le altre organizzazioni che operano nel quartiere e costruire insieme le proposte da sviluppare. Evitare la frammentazione ma al tempo stesso rendere evidente il ruolo che i negozi di vicinato hanno in un quartiere, vere e proprie sentinelle del territorio e presidio sociale, che qui ancora resistono, alcuni sono autentiche istituzioni. Su queste basi si sarebbe poi potuto costruire di tutto, anche operazioni più strettamente commerciali come promozioni, tessere fedeltà e così via».
Invece?
«Sembra prevalga lo sport della lamentela. Si preferisce pensare che se le cose vanno male è colpa dei parcheggi o di qualche altro fattore esterno, senza prendersi delle responsabilità. Spendersi per il quartiere magari non avrà effetti immediati per la propria attività, ma di una zona senza siringhe in giro, prostituzione in pieno giorno, facce poco raccomandabili traggono benefici tutti, chi abita, chi lavora, chi possiede immobili e, appunto, anche chi ha un esercizio».
In effetti, la diminuzione dei posti auto è uno dei problemi maggiormente segnalati dai negozi… 
«È vero, la sistemazione di alcune strade ha sottratto spazi alla sosta, ma alla Malpensata non sono i parcheggi che mancano. Il fatto è che sono tutti occupati da mattina a sera dai pendolari. Non solo da chi va in stazione, ma anche da chi si ritrova per condividere l’auto e imboccare l’autostrada, persino chi prende la navetta per Malpensa ha la possibilità di lasciare comodamente e gratuitamente l’auto per più giorni. Il problema non sono gli spazi ma le regole per la sosta. Qualcosa è migliorato con l’introduzione del limite di tre ore in alcune vie, ma la questione si potrà risolvere solo quando la città si doterà di un vero parcheggio di interscambio».
E il mercato? Come vede la presenza dell’appuntamento settimanale?
«È il mercato della città e per gli ambulanti e il Comune ha il suo senso. Ma al quartiere non porta niente se non una mattinata di pieno caos e una nuova collocazione non potrebbe che farci piacere, permettendo tra l’altro di recuperare l’area del piazzale. Lo spirito collaborativo degli ambulanti e del Comune sono stati però ammirevoli quando abbiamo segnalato l’esigenza di avere a disposizione per due lunedì il parco per la festa. È un segnale importante, i presidenti delle due associazioni di categoria hanno sostenuto una scelta non popolare, è stato il riconoscimento che il mercato deve qualcosa al quartiere».
Sul rifacimento del parco si concentrano molte aspettative…
«È stato fatto un bel lavoro di progettazione partecipata con il Comune, guidato da un grande esperto, il paesaggista londinese Peter Fink, capace davvero di aprire orizzonti nuovi. Ci si è interrogati su cosa volevamo che il parco desse al quartiere. A settembre dovrebbero partire i lavori e credo che sarà un passo importante. La Malpensata ha vissuto per anni uno sbilanciamento demografico con l’insediamento di un’alta percentuale di immigrati, recuperare è più difficile ma ci si deve provare. E il quartiere lo sta facendo, il progetto di coesione raccoglie ormai 150 persone, di diverse fasce d’età, estrazione sociale, attività, interessi. È un’importante infrastruttura sociale e sarebbe un peccato che il commercio perdesse l’occasione di farne parte».




Start-up d’impresa, “vietato” improvvisare

Si è concluso il 28 giugno il percorso formativo di approfondimento sullo start-up d’impresa, svolto nella sede del Comune di Leffe nell’ambito dei “Progetti Territoriali – Attività e servizi per supportare la nascita e la crescita delle imprese nei territori della Pianura Bergamasca, della Valle Seriana e della Valle Imagna”, finanziati dalla Camera di Commercio di Bergamo e realizzati dall’Azienda Speciale Bergamo Sviluppo in collaborazione con il sistema associativo locale e una serie di partner istituzionali dei territori coinvolti. In particolare le attività calendarizzate sul territorio della Valle Seriana sono rivolte ad aspiranti/neo-imprenditori, per supportarli nella delicata fase di start-up e fornire loro le conoscenze e gli strumenti tecnici necessari a progettare/analizzare l’idea imprenditoriale. Dopo il seminario di orientamento sul “mettersi in proprio”, svolto il 10 e il 17 maggio, il tema dell’avvio d’impresa è stato al centro di un percorso formativo (5 giornate per complessive 20 ore di formazione) suddiviso in 3 moduli, dedicati rispettivamente al piano organizzativo, al piano marketing e al piano economico-finanziario, a cui hanno partecipato 15 persone. A Christian Pasinetti, docente nel corso, abbiamo chiesto le impressioni sull’aula e gli argomenti maggiormente “sentiti” da coloro che si apprestano a “intraprendere”.
“Il percorso è stato apprezzato oltre ogni aspettativa – afferma Pasinetti – e per me si è trattata di una nuova, positiva esperienza, che mi convince sempre più del fatto che prima di iniziare a fare impresa è opportuno un passaggio formativo”.
Mettersi in proprio non è un atto formale, ma una scelta che incide su strategia e conduzione aziendale.
“Proprio così. Nel primo incontro sono state presentate le diverse forme giuridiche, analizzando i criteri per la scelta tra forma d’impresa individuale o collettiva, ma il metodo didattico ha previsto anche momenti di confronto con i partecipanti, tra i quali erano presenti anche soggetti con imprese già costituite, che hanno permesso di evidenziare criticità, dubbi e problematiche”.
Quali altri temi sono stati approfonditi?
“Abbiamo dedicato ampio spazio alla pianificazione economica e finanziaria, evidenziando quando è possibile e opportuno scegliere tra contabilità ordinaria e semplificata. Abbiamo quindi esaminato un modello excel per dimostrare come al variare di certi parametri ci possano essere conseguenze sulle dinamiche finanziarie. Inoltre uno degli errori più ricorrenti è non calcolare il proprio tempo impiegato e il valore dell’immobile utilizzato per l’attività d’impresa: si tratta di costi figurativi che vanno messi in conto”.
Quali impressioni riporta da questo percorso formativo?
“La sensibilizzazione c’è stata e darà i suoi frutti. Gli aspiranti imprenditori, che in prevalenza desiderano mettersi in proprio nei settori commerciale, artigianale e della consulenza, si muovono con maggiore consapevolezza. Ci sono già richieste per poter usufruire dei percorsi di assistenza individuale e consulenza specialistica per analizzare la fattibilità del proprio progetto imprenditoriale e approfondire gli aspetti della gestione aziendale”.
Soddisfatto anche Giuseppe Carrara, sindaco di Leffe, che in occasione della conferenza stampa di presentazione del progetto, alla presenza di alcuni dei membri del Cda di Bergamo Sviluppo, dei partner territoriali e dei rappresentanti del sistema associativo, ha affermato: “È fondamentale mantenere alto il “livello di guardia” sulle possibilità di sviluppo economico e sociale del nostro territorio attraverso la nascita di nuove iniziative imprenditoriali. Le istituzioni, come avvenuto per questo progetto, devono essere parte attiva per creare un tessuto che sia davvero di supporto alle imprese”.




Airoldi: “Tante le buone idee, ma devono avere gambe per camminare”

Il suo motto è la semplicità, il suo modello di riferimento Steve Jobs. Damiano Airoldi, bergamasco, classe 1966, ne ha fatta di strada da quando 25 anni fa, insieme a un amico, fondò a Bergamo la Magnetic Media Network. Oggi, la sua impresa ha una cinquantina di dipendenti e, ogni anno, grazie ai suoi sistemi informatici, aiuta a gestire le complessità aziendali di circa 1500 clienti che operano nei settori più disparati. “Con grande pragmatismo, senza fare voli pindarici, possiamo ottenere strumenti incredibili per comunicare”, spiega Airoldi, che ha parlato della sua azienda nell’ambito delle “Conversazioni Imprenditoriali” promosse da “BergamoIncontra”.
Come nasce Magnetic Media Network?
“Nel 1989 la Mmn era una piccola azienda composta da me e dal mio socio e amico. Alla base di tutto c’era l’idea di fare informatica che, a quei tempi, era ancora nelle ere geologiche della tecnologia. In questi anni abbiamo sviluppato sistemi e cercato di portare l’informatica nelle aziende, soddisfacendo esigenze molto diverse. Quando queste esigenze diventano quotidianità, significa che sono efficaci”.
Insomma avete tentato di rendere semplici sistemi all’apparenza complessi…
“Abbiamo sempre inseguito la semplicità che è un elemento chiave in questo settore. Semplicità vuol dire anche economicità, efficacia, significa scalare le dimensioni di questi sistemi col crescere delle esigenze. O anche con il diminuire delle esigenze, visti i tempi che corrono, ridimensionando tali sistemi in modo dinamico”.
Qual è stata una delle vostre migliori intuizioni?
“In anticipo sui tempi, abbiamo capito la straordinaria importanza di quello che oggi è comunemente definito Smartphone. Già nel 2006 evidenziavamo la necessità di portarsi appresso posta elettronica e informazioni per una migliore organizzazione del tempo e del lavoro. Questi sono dei pezzi semplici da cui siamo partiti per costruire un’informatica molto complicata. Così abbiamo conquistato la fiducia dei nostri partners e siamo diventati credibili portando nelle aziende il mondo di Apple a cui siamo sempre stati legati, anche in tempi non sospetti”.
Quali sono i settori aziendali che traggono maggior beneficio dalla tecnologia?
“I dispositivi Apple sono molto gettonati nella grafica e nell’editoria. Anche gli studi legali sono un nostro fiore all’occhiello perché fanno comunicazione, si servono dell’informatica ma non hanno bisogno di capirla. E poi le scuole, i centri di ricerca… dopodiché c’è una grande passione nello scoprire le problematiche di tante aziende, piccole e grandi, dal singolo professionista alla multinazionale”.
Come si riesce a resistere nonostante la crisi?
“Nella Magnetic Media Network, dove lavorano una cinquantina di persone, cerchiamo di cogliere le esigenze specifiche di ciascun cliente. Questa è forse l’arma vincente in un settore tanto volubile”. 
Com’è cambiato l’approccio alla tecnologia rispetto a 25 anni fa?
“Mi sento quasi un highlander. Questo mercato è vasto e pieno di cadaveri eccellenti. Non c’è un futuro certo per nessuna azienda, di qualsiasi dimensione, quindi figuriamoci per noi. Ma è una sfida sempre molto stimolante. All’inizio c’era l’innamoramento per l’idea che i personal computer potessero cambiare la vita delle persone, in ufficio e poi a casa. Oggi il concetto di pc è molto più naturale mentre allora era molto più impattante. In quegli anni l’informatica voleva dire grosse aziende dotate di calcolatori creati da grossi nomi come Ibm ma anche da altri scomparsi come Mixware. I piccoli distributori, i piccoli oggetti, i piccoli nomi erano considerati degli ausili. Quando l’informatica dal posto di lavoro è arrivata nelle case, la gente si è resa conto di quanto fosse facile utilizzarla senza complessità tecniche. Questo ci ha dato più margine di azione. Semplificare il lavoro delle persone, ma allo stesso tempo divertire, è stata da sempre la nostra finalità. Gli utenti Mac e Apple sono stati i proseliti degli evangelisti perché avevano capito di avere in mano uno strumento che gli rendeva la vita più facile e avevano il piacere di raccontarlo. Questo è stato per noi uno stimolo per continuare”.
Il periodo più difficile che l’azienda ha dovuto affrontare?
“Nei primi anni 2000, quando abbiamo fatto il passo più lungo della gamba, ma devo dire che ci è servito. Quando le cose vanno troppo bene non capisci gli errori. Aver avuto difficoltà serie ci ha permesso di misurare anche certe scelte successive. Sono stati momenti complicati, ma educativi.
Voi operate soprattutto nel nord Italia?
“Sì, da Torino a Venezia, ma Bergamo e Milano sono diventate il baricentro della nostra attività. Soprattutto il capoluogo lombardo è un eccellente catalizzatore di opportunità. Quando ci siamo allontanati da Bergamo, per trasferire la nostra sede a Trezzo sull’Adda, abbiamo aperto un’attività che continuasse a presenziare in città, ma per il mercato consumer. Si tratta del tipico negozio Apple che vende prodotti al privato o al piccolo professionista”.
Quanto è importante il concetto di innovazione per stare al passo coi tempi?
“In questi mesi di difficoltà la cosa più complessa è guardare avanti e individuare molto velocemente le tendenze. In un mercato e in un’economia che cambiano vorticosamente, anche l’idea di successo invecchia rapidamente. Ogni intuizione richiede grande capacità di adeguamento, solo che ogni idea ha bisogno di un grande lavoro per essere messa a frutto e quando ci arrivi è già da rivedere. Pensiamo al tablet, un’invenzione nata nel maggio del 2010. Sono solo tre anni e sembra già un po’ vecchiotto”.
Che consigli darebbe a coloro che stanno per avviare una start-up?
“Non ho consigli, li invidio soltanto. Scherzi a parte, il consiglio che mi sento di dare è che se hai una buona idea devi preoccuparti di capire se funzionerà dal punto di vista economico. Tanti hanno idee strabilianti per l’impatto sociale o per la loro tecnologia avanzata, ma magari non stanno in piedi. L’informatica la si può imparare da soli, è la ragioneria che è difficile. Bisogna saper guardare oltre. I giovani oggi sono tutti aperti, culturalmente preparati, ma a certe cose noiose, come fare denaro, non pensano. Si lavora, poi si vedrà. Ma a medio termine poi il problema emerge. Io sono ben lungi dall’essere un ragioniere, sia ben chiaro, queste cose le ho capite col tempo”.
Avere una buona base economica di partenza è importante, ma anche l’accesso ai finanziamenti è un altro elemento di cui si deve tener conto…
“Non bisogna mai porsi limiti, non preoccuparsi di chiedere ma essere coscienti di quello che si costruisce dal punto di vista economico, altrimenti il progetto crolla. Ho avuto il piacere di aiutare tante start-up e si nota un grande entusiasmo che spesso si smorza e muore per colpa non solo di idee sbagliate ma perché non si è riflettuto abbastanza sul finanziamento. Poi ci sono quelli che partono con investimenti pazzeschi ma che non riescono ad andare da nessuna parte perché i loro progetti si fondano su progetti utopici.
Quali sono le eccellenze con cui ha collaborato in questi anni?
“Rimango sempre stupito dalle tante realtà eccellenti di cui vengo a conoscenza attraverso il mio lavoro. Ho scoperto anche che in alta Valle seriana ci sono specialisti della tecnologia che fanno cose strabilianti. Ci sono centinaia di realtà interessanti ma con scarsa visibilità. I bergamaschi sono dei grandi lavoratori ma hanno poca voglia di mettersi in mostra. Sono stato di recente in un talent garden a Milano, dove ho conosciuto ragazzi che hanno idee straordinarie. Dovremmo avere maggiore capacità di comunicazione e più attenzione verso queste realtà”.
Con quante aziende state collaborando?
“Abbiamo in media circa 1500 clienti all’anno che provengono dai settori più disparati”.
L’aspetto più affascinante del suo lavoro?
“Il grande piacere di conoscere le singole persone credo sia una delle cose più affascinanti in assoluto del mio lavoro. Sedersi attorno a un tavolo e farmi raccontare da un professionista come funziona il suo mestiere è bellissimo. Così un giorno ho scoperto un’azienda che riesce a tracciare i movimenti dei suoi tessuti in fase di produzione inserendo al suo interno dei piccoli circuiti”.
Un aneddoto a cui è particolarmente legato?
“Io sono un osservatore di Apple da sempre. Ho iniziato la mia attività con l’arrivo di Apple in Italia e ho presenziato a tantissimi eventi. Ricordo in particolare l’incontro che venne organizzato in occasione del famoso ritorno di Steve Jobs in Apple. Aveva già una discreta fama, nulla comunque di comparabile a oggi, ma è stato incredibile quando si è collegato in videoconferenza con Bill Gates: non vi dico i fischi. Gates era considerato il genio del male, alla stregua di Dark Fener. Faccio notare che nel filmato ufficiale non si sentono i fischi che c’erano quel giorno. Comunque, al di là della rivalità tra Apple e Macintosh, trovo che Bill Gates sia una persona straordinaria”. 




Radici: «Aeroporto, Università e Ospedale: i tre pilastri per far ripartire Bergamo»

Idee chiare e piedi per terra, mirare alla concretezza senza rinunciare alle ambizioni. Credo che la situazione economica e finanziaria, così come è maturata, ci ponga di fronte alla necessità di rivedere i modelli che hanno contrassegnato la felice avventura imprenditoriale nella terra di Bergamo e disegnato un’identità dai più invidiata. Sono convinto che, in questo particolare momento congiunturale, non possiamo rivelarci impreparati né tentennanti. Come pure che le soluzioni non potranno dipendere solo dalle risorse economiche, che necessitano di essere alimentate da nuove iniziative in grado di valorizzare l’essenza stessa del territorio, senza cadere nell’errore di accantonare quanto di buono è stato fatto negli anni scorsi. Al manifestarsi di una realtà complicata, con la quale nessuno di noi credeva di dover fare i conti, si è aperto un confronto naturale sulle strategie da adottare e gli obiettivi da perseguire, a livello amministrativo, imprenditoriale, formativo. Si deve dialogare nell’esclusivo interesse della città e i piccoli problemi non possono e non devono rappresentare ostacoli insormontabili. Un confronto è utile fino a quando si arriva in tempi rapidi a una condivisione delle cose da fare. Più passa il tempo, più si farà fatica a recuperare terreno.
Per questo motivo ritengo si debba ripartire da quelli che sono diventati pilastri inamovibili e punti di riferimento della nuova Bergamo: Università, Ospedale, Aeroporto. Sono le tre realtà che possono contribuire a cambiare il volto del territorio, promuovendone le componenti migliori e sostenendone la crescita innanzitutto in termini di qualità e prestigio. Nel recente passato, Bergamo e il suo hinterland hanno primeggiato nei settori tessile, meccanico e manifatturiero puro. Il presente e futuro non potranno che essere legati ai servizi e al turismo, ma ci si dovrà adoperare per conservare quote importanti di quei rami manifatturieri che appartengono alle lavorazioni di alto livello e alle filiere tecnologiche e commerciali in grado di primeggiare in termini di competitività su mercati sempre più agguerriti.
Partiamo dai tre pilastri. L’Università dimostra una capacità di attrazione degna delle migliori scuole accademiche e il processo di internazionalizzazione è destinato ad accrescere le relazioni con altri Paesi, anche grazie alla presenza di studenti stranieri. Il nostro ateneo merita di essere sostenuto e la componente studentesca messa in condizione di formarsi in una città di cui devono sentirsi parte attiva.
La trasformazione culturale non può che partire dalla formazione. Solo con l’Università possiamo aiutare le giovani generazioni a diventare risorsa e coltivare idee nuove e vincenti.
L’Ospedale Papa Giovanni XXIII è un’eccellenza. Chi ne dubita, non capisce il valore che i protagonisti della medicina hanno contribuito a costruire negli anni. Mentre si discute di trincee e barriere, ogni giorno i pazienti trovano equipe solerti e preparate a curare malattie e intervenire nei casi urgenti. Le macchine vanno messe a punto e sono certo che si troverà presto una soluzione ai problemi infrastrutturali. Voglio sottolineare come tutto quanto di buono sia dipeso dall’avvento di figure di spessore internazionale, da Lucio Parenzan che fu pioniere della chirurgia pediatrica, a Paolo Ferrazzi, punta di diamante della cardiochirurgia, all’ematologo Tiziano Barbui, a Giuseppe Remuzzi ora ai massimi livelli della ricerca sulle malattie renali, ai tanti nomi passati e presenti capaci di applicare con successo le tecniche più avanzate, nelle sale operatorie come nei reparti, 24 ore su 24. Le medicina ospedaliera dimostra come siano proprio le individualità a innescare l’effetto volano, contribuendo allo sviluppo di settori di livello assoluto. E’ una lezione che vale per tutte le attività e professionalità, dove contano lo studio, la preparazione, l’acume e l’ingegno.
L’Aeroporto di Orio al Serio è un caso di successo unico nel panorama del trasporto aereo, che non si misura solo con i numeri del movimento passeggeri e delle merci ma anche con i livelli di performance e di efficienza legati all’operatività e ai servizi garantiti alle persone  e alla compagnie aeree. Una infrastruttura di volo che ha saputo cogliere l’opportunità del trasporto low cost traducendola in ricadute economiche e occupazionali fino a rappresentare l’8 per cento del Pil provinciale. Oggi, dopo la crescita senza soluzione di continuità registrata nell’arco di un decennio, dobbiamo preoccuparci di consolidare la posizione raggiunta e aumentare il livello di qualità dei servizi offerti. Gli investimenti decisi da SACBO e le opere da realizzarsi in aerostazione e sulla pista rispondono a questa necessità. Così come gli sforzi intrapresi per rendere l’attività aeronautica sempre più compatibile con il territorio circostante, attuando misure adeguate di mitigazione ambientale. E’ indubbio che all’attività dell’aeroporto si accompagnano le prospettive di crescita del turismo. La città assorbe una parte significativa seppure ancora minima dei flussi di viaggiatori in transito nello scalo, ed esiste certamente l’opportunità di richiamarne di più. L’ingente patrimonio artistico e architettonico, le tradizioni musicale ed enogastronomica sono il nostro biglietto da visita, oltre che elementi fondamentali per lo sviluppo di tutto il territorio. Bisogna saper fare la differenza rispetto ad altre città che pure vantano analoghe ricchezze. Un ragionamento che vale anche e soprattutto per la candidatura di Bergamo a Capitale della Cultura 2019. Non ci si illuda che per diventarlo basti dare fondo a ingenti risorse economiche, ormai difficili da reperire. Ritengo ci debba essere un filo conduttore che parte dalle nostre bellezze artistiche e architettoniche e ci porta a espandere le relazioni con il mondo. Il migliore promoter di Bergamo è da considerarsi colui che, arrivando in visita alla città, ne resti abbagliato e soddisfatto dell’accoglienza e dei servizi ricevuti. E’ una strategia fruttuosa sempre che condivisa da tutti gli attori, perché tutto dipende dal salto di qualità e dal cambiamento di mentalità in grado di far preferire una meta come Bergamo. Occorre, ora più di prima, fare leva sull’intelligenza e la creatività, destinati a rappresentare il vero valore aggiunto per affrontare le sfide presenti e future. E infine la capacità e il coraggio di reinventarsi. Non è mai facile, ma sempre possibile, purché ci si creda.

di Miro Radici
presidente della Sacbo




Turismo, la promozione corre sul web 2.0

Virtualtourist, Tripadvisor, Holidaycheck, IgoUgo, Minube, Sulle Strade del Mondo, Menu Turistico, edreams. Sono alcune delle 50 vetrine web 2.0 in cui Bergamo, grazie a Comune e Turismo Bergamo, sarà presente con recensioni, foto e discussioni dedicate a una città candidata a diventare Capitale Europea della Cultura nel 2019 e porta d’accesso alla Lombardia – via Orio al Serio – di migliaia di visitatori attesi per l’Expo 2015. Per trasformare questi grandi eventi in occasioni irripetibili per scrivere il futuro della città, Bergamo si rifà il trucco on-line e si affida al passa-parola, amplificato dai social network. Non senza prima aver misurato il proprio appeal.
Sono state analizzate le presenze sul web riferite alla nostra città, evidenziando quanto sono attivi i bergamaschi e la web reputation della nostra città, da cui è emerso un sentiment positivo: a gennaio 2012 il 65,9% dei turisti ha espresso un parere positivo sulla città. Parole di elogio sono dedicate soprattutto ai numerosi punti di interesse culturale, ai palazzi storici e, in generale, al territorio. Meno apprezzati i parcheggi, i prezzi dei taxi e l’abitudine alla chiusura di negozi e servizi all’ora di pranzo. Non mancano gli errori, a partire dal turista che indica nella Gamec un luogo straordinario per fare shopping.
Grazie ad un censimento dei principali blog e community dove si scambiano informazioni sul turismo, per determinare dove fosse opportuno essere presente, il Comune di Bergamo ha optato per 9 blog e 23 community di viaggio italiani e 13 tra forum e community straniere dove andare a presentare l’offerta della nostra città. «Il web 2.0 ha portato ad un cambio radicale di prospettiva – sottolinea Roberta Garibaldi, delegata al Turismo per il Comune -. I turisti da passivi diventano attivi in quella che non può essere che definita una vera e propria rivoluzione sociale prima ancora che tecnologica». In questa svolta guidata dagli utenti, il Comune ha assoldato un team di professionisti, dietro la firma del blogger “Bergamo Insider”, chiamati ad intrufolarsi nella folla degli internauti social e nelle community, per diffondere un’immagine positiva della città e conquistare qualche nuovo turista, innescando un processo virtuoso di passa-parola. Non mancano link e presentazioni della pagina Bergamo Insider a Pinterest, Flickr, Google Plus, Instagram, Foursquare e Facebook. «Per portare avanti questo lavoro abbiamo investito su una nuova figura, dedicata a scavare nei meandri delle decine di blog e siti turistici per raccogliere impressioni, valutazioni e giudizi, per poi stilare statistiche, così da programmare un piano di intervento – prosegue Roberta Garibaldi -. Grazie a Bergamo insider da oggi si racconta al popolo del web cosa offre Bergamo, le sue bellezze architettoniche, la possibilità di escursioni nella natura, mostre ed eventi, dando consigli su dove gustare le specialità enogastronomiche, dove praticare sport, fare shopping e far divertire i bambini. Crediamo fortemente in questa attività, cuore del futuro della comunicazione turistica».
Anche Turismo Bergamo da qualche anno sta sviluppando la valorizzazione del territorio attraverso il web, affidandosi a siti, blog e social network. Il primo strumento di comunicazione è il portale unico del turismo – www.turismo.bergamo.it – concepito proprio basandosi sui dettami del web 2.0: condivisione dei contenuti, mappa interattiva e georeferenziazione oltre che utilizzo dei principali social network attraverso un’area dedicata all’interazione con i turisti. Sul portale sono presenti cinque expert (Arianna, Elena, Francesca, Laura e Sara, presenti anche sulla rivista di Turismo Bergamo “The Key to Bergamo” e sulle pagine ufficiali Facebook e Twitter), chiamate ad animare i profili dedicati ai settori di cui sono responsabili – food & wine, eventi, nightlife, sport & wellness e city & shopping – creando così un’occasione di confronto diretto con i turisti, con informazioni su misura e proposte di attività legate alla scoperta del territorio ed eventi. Per quanto riguarda gli altri social network, Turismo Bergamo sta lavorando su alcune realtà come Pinterest, Foursquare e sta gettando le basi per una partnership con TripAdvisor, sito internazionale e fonte del passaparola virtuale tra viaggiatori. «L’attenzione verso questi strumenti è ai massimi livelli perché parlano un linguaggio molto diverso da quello di cui si servono le istituzioni – evidenzia il presidente di Turismo Bergamo Luigi Trigona -. È un fenomeno che deve essere governato per offrire all’utente delle informazioni corrette e per raccogliere critiche e suggerimenti, che possono rivelarsi utili e costruttivi. Il web 2.0 rappresenta un’occasione per la città di guardarsi allo specchio e stabilire un dialogo in tempo reale con i turisti, favorendo il passa-parola. Non abbandoneremo comunque la promozione tradizionale: grazie al progetto “Passaparola” stiamo individuando in Italia e in Europa dei veri e propri ambasciatori che possano promuovere il nostro territorio».
Altra componente importante del mondo web dedicato al turismo è sicuramente quella del Blog. Il blogger turistico è veicolatore di informazioni, suggerimenti e impressioni sui viaggi molto importante. In merito a questo Turismo Bergamo ha già ospitato alcuni quotati blogger internazionali con il risultato positivo di diffondere in maniera “virale” Bergamo come destinazione turistica.

Internet canale privilegiato
Sulla base dell’Osservatorio Nazionale del Turismo Unioncamere, il 39,6% prenota il soggiorno attraverso Internet: il 12,9% dal sito di proprietà, il 10,3% dai grandi portali, il 16,4% tramite mail. Quanto ai voli, le prenotazioni per arrivare a Bergamo in aereo, nel più importante aeroporto low cost, arrivano via web. Internet come canale di comunicazione ed influenza detiene un vero e proprio primato: pilota le scelte del 32,2%, sia attraverso le informazioni (20,7%) che attraverso le offerte promozionali (13,3%). Quanto all’impiego del web nella commercializzazione del prodotto turistico, Internet è scelto come canale diretto dal 64,2% delle strutture ricettive italiane, soprattutto dagli hotel. Il 40,7% delle imprese fa promozione on line diretta alla propria clientela (in particolare il 52,5% degli hotel e il 32,3% delle strutture extralberghiere). I contenuti generati dagli utenti hanno una notevole importanza prima del viaggio, durante il soggiorno, sempre più condiviso in tempo reale attraverso applicazioni mobili, e dopo il viaggio, attraverso commenti, valutazioni ed emozioni. Attraverso i social network i mercati turistici sono diventati vere e proprie conversazioni sul tema del viaggio, da sempre argomento di grande fascino.

La presenza di Bergamo in rete
Su “You Tube” a gennaio si contavano 3.371 video. Su Flickr, luogo di incontro e condivisione per tutti gli appassionati di fotografia, si contano ben 51 gruppi, 19 profili, 9.938 utenti e la bellezza di 119.497 fotografie della città. Nella piazza virtuale di Facebook, Bergamo riscuote in media 1.920 “pollici” di approvazione (Like); la pagina “Città Alta-Bergamo” ha ottenuto circa 52.385 “mi piace”. Anche i cinguettii di Twitter non vanno male: le 26 pagine riscuotono in media 515 tweet per pagina.

I “must” per i visitatori
Per richiamare turisti, Bergamo Insider ha già definito i contenuti. Tra le attrazioni: l’unicità di Bergamo di racchiudere due città in una, Città Alta e Bergamo Bassa; le mura, una delle più importanti testimonianze dell’architettura militare del Cinquecento; le opere di Raffaello, Tiziano, Botticelli, Mantegna, Bellini e Lotto custodite dall’Accademia Carrara; l’opera di Donizetti e il teatro che lo celebra; il Festival Internazionale della Cultura; l’itinerario naturalistico all’Orto Botanico e nel Parco dei Colli; gli scorci segreti e nascosti su e giù per funicolari e scalette; la semplicità e il sapore autentico della cucina bergamasca; le vie dello shopping in centro, la peculiarità di negozi e botteghe, oltre al più grande centro commerciale d’Italia; la Bergamo sotterranea, tutta da scoprire al di sotto delle vie ciottolate di Città Alta.




«La “movida”? Indice di qualità della vita e motivo di attrazione»

Che ai giovani piaccia la movida è un fatto acclarato, ma che la apprezzi ben il 92,1% è un dato degno di nota. Ancor più eclatante la scoperta che il 46,3% delle persone di una certa età giudichi importante che vi siano luoghi nelle città caratterizzati dalla concentrazione di locali per mangiare, ballare, divertirsi. La movida, insomma, piace alla stragrande maggioranza dei cittadini che associano a questo fenomeno sociale un giudizio positivo. La percentuale di chi vede la movida come un fatto positivo diminuisce con l’aumentare dell’età pur rimanendo il valore più alto rispetto a chi la vede come “negativa”. Ciò vale fino alla fascia di età over 65 dove i due valori si invertono, ma risultano fortemente influenzati da chi (40,1%) non sa neanche che cosa sia la movida. Sono questi gli aspetti principali emersi della ricerca Censis-Fipe, la federazione italiana pubblici esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia, con la partecipazione del Silb, l’associazione delle imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo.
In buona sostanza, alle persone piace uscire la sera e distrarsi. E per oltre il 63% dei cittadini è molto importante che nelle città ci siano luoghi dove mangiare, ballare e divertirsi. Anche qui le percentuali più alte si registrano nella fascia di età 18-29 anni, ma diminuiscono con l’aumentare dell’età. Nonostante ciò, anche fra gli ultra 65enni c’è un buon 46,3% che ritiene la movida molto importante per la qualità della vita e abbastanza importante per attirare turisti. Tradotto in valori assoluti, sono oltre 29 milioni gli italiani che una volta ogni tanto escono la sera e, di questi, 15,6 milioni escono almeno una volta a settimana, mentre a frequentare il centro storico della propria città sono circa 22 milioni di italiani. «La movida – sostiene Giorgio Beltrami, presidente del Gruppo Bar e Caffetterie Ascom, in linea con il presidente della Fipe, Lino Stoppani – assume sempre più una connotazione turistica, come dimostrano le notti bianche. Spesso però un’offerta fuori controllo da parte di locali diversi dai pubblici esercizi, una vendita di alcol a basso costo e comportamenti spregiudicati da parte di alcuni operatori, se non addirittura una presenza di offerta abusiva che può spingersi fino a limiti deprecabili e riprovevoli, contribuiscono a trasformare i luoghi di ritrovo in arene di conflitto con problemi di gestione dell’ordine pubblico. È necessario trovare un punto di equilibrio per migliorare la qualità della vita di chi si diverte e di chi risiede nelle zone del divertimento».
Se uscire la sera è considerato un comportamento positivo – si esce per passeggiare, incontrare amici (69%), andare a mangiare (59%) o al pub, in discoteche ed enoteche (28%) e anche per fare shopping (2,7%) – il mal governo di un territorio fa percepire la movida come un problema tanto da arrivare all’emanazione di regole ed ordinanze che spesso non reggono di fronte ai giudizi dei Tribunali Amministrativi. In questo contesto trovano spazio le degenerazioni che trasformano un fenomeno da opportunità a problema. E sulla ferrea regola che la buona notizia non è mai una notizia e quella cattiva lo è, la ‘malamovida’ trova un’eco forte sui mass-media, soprattutto se ad essa sono legati fatti di cronaca nera. A far degenerare la situazione sono gli eccessi, sia nel senso del numero delle persone rispetto agli spazi delle zone cruciali, sia nel senso del consumo di alcol soprattutto quando associato ad assunzione di sostanze stupefacenti, sia nel senso della perdita di ogni freno. Secondo il 45% dei giovani ci sono dei momenti di svago in cui è lecito trasgredire e secondo il 26,6% di essi nella sfera privata ogni comportamento è lecito.
È sbagliato pensare, tuttavia, che a creare un rapporto critico con l’alcol sia la movida o la discoteca. Da un’indagine a cui la ricerca fa riferimento, risulta che oltre il 90% dei minori in età compresa tra i 12 e 14 anni ha già provato alcolici e il 59% ha sperimentato l’alcol in presenza dei propri genitori. Ancora più significativo diventa il 73% degli adolescenti che ha bevuto la prima volta in presenza di adulti. E l’iniziazione è avvenuta per il 63% in occasione di un semplice un pasto in casa o fuori casa e in meno del 23% dei casi in un’occasione speciale. «Occorre pertanto –conclude Stoppani – riflettere anche sulla capacità di istituzioni quali la famiglia e la scuola di indirizzare i giovani verso salutari stili di vita».




Castro, quando l’inciviltà fa male al turismo

Non riusciamo proprio a immaginare quale mente arguta abbia potuto partorire l’idea di piazzare un vecchio frigo davanti all’ingresso della chiesa di Castro. Ma  tant’è. In piena stagione turistica, in una giornata a dir poco splendida (quella di domenica scorsa), con il lago preso d’assalto, il paese impegnato in feste di piazza e attraversato dal passaggio di auto d’epoca, il vecchio frigo ha fatto bella mostra di sé nel piccolo centro storico, offuscando il bel portale della chiesa. Al di là della palese inciviltà dell’autore, l’episodio rappresenta l’ennesima prova che quella del turismo è una battaglia lunga e difficile. Perché si possono realizzare strutture, pianificare raffinate strategie, aprire i migliori collegamenti col mondo, ma se si trova un imbecille che decide di scaricare il vecchio frigo in piazza, deturpando la chiesa e il centro, stiamo tutti…freschi.