Il grido di allarme dell’Ascom: “La politica aiuti il commercio”

Credito, fiscalità e burocrazia sono i temi al centro delle istanze del mondo delle micro e piccole e medie imprese del commercio, del turismo e dei servizi: “E’ un sistema che uccide il sogno di fare impresa anche nei nostri giovani che, nonostante la crisi, hanno entusiasmo, idee e  innovazione, ma che si trovano a deporre una buona fetta delle loro speranze di fronte ad un sistema bancario che non concede credito sotto i 30 anni, ad un iter burocratico spesso in salita e ad ostacoli e ad una pressione fiscale insostenibile” ha sottolineato il direttore Ascom Luigi Trigona. Il bilancio della crisi presentato ai candidati regionali è pesante: “I consumi, statici negli ultimi tre anni, con un calo medio dello 0,5%, sono crollati del 4,8% negli ultimi dodici mesi – ha evidenziato il vicedirettore Ascom, Oscar Fusini -. La stima della disoccupazione prevede un incremento del 6-7% e ben 5.907 imprese sono state costrette a chiudere nel 2012”. 
Le risposte e promesse elettorali non si sono fatte attendere dal mondo politico, dai candidati consiglieri regionali. Elisabetta Olivari, candidata del Partito Democratico per Ambrosoli, ha puntato “sullo sviluppo di un ecosistema delle start-up per sostenere la professionalità dei giovani e far fronte comune per l’emergenza dell’occupazione giovanile e femminile”. Alberto Longo di Fare per Fermare il declino ha rivendicato l’impegno di fronte all’sos lanciato dalle imprese: “Siamo stati gli unici a supportare le imprese Che Resistono-Cr, ma il primo passo per sostenerle concretamente è quello di smascherare ed eliminare le sacche di inefficienza e gli sprechi in regione”. Gianni Filotto, capolista di Alleanza Ecologica Lombardia Popolare per Maroni ha annunciato una lotta senza remore all’abusivismo: “Un Far West che affolla i mercati, le stazioni e le vie del centro, che non fa altro che sottrarre risorse al commercio e allo stato”; linea dura anche per i controlli degli autotrasportatori: “Perché all’estero i camion non in regola vengono fermati”. Dario Violi del Movimento 5 stelle maligna sulla gestione dei finanziamenti lombardi: “250 linee di finanziamento gestite in modo incontrollato per 1 miliardo di contributi da riorganizzare per favorire lo sviluppo delle imprese”. Angelo Capelli, Pdl, ha sottolineato il valore delle iniziative intraprese dalla Regione: “I distretti del commercio sono il punto di partenza per riunire tutte le forze economiche e creare un collegamento tra istituzioni e imprenditori. Sul fronte della semplificazione burocratica, ricordo che è stato attivato lo sportello unico per le attività produttive”. Marcella Ruggeri, candidata di Fratelli d’Italia per Maroni, ha sottolineato l’impatto della crisi: “Soffrono le aziende e le famiglie e quando il presidente Malvestiti afferma che siamo tornati a 30 anni fa, guardo all’ entusiasmo e alla fiducia di allora che oggi dovremmo ritrovare”. Mario Barboni del Pd per Ambrosoli ha in tasca un piano strutturale per i centri della grande distribuzione: “E’ una lacuna da colmare a livello regionale per  mantenere la rete di vicinato, che ha saputo dar vita ai distretti, un esempio da portare avanti. Bisogna poi lavorare su Expo, perché rappresenta una risorsa da sfruttare”. Luca Mangili, presidente della Federazione  Tabaccai, candidato della lista Maroni Presidente, ha annunciato la sua spending-review: “Meno tasse e più agevolazioni attraverso tagli agli sprechi della spesa pubblica”. Benedetto Bonomo, di Lombardia civica per Albertini, ha già firmato idealmente un assegno alle pmi: “Basta rinunciare ai rimborsi elettorali per avere subito risorse da mettere a disposizione. E’ l’occasione per dare un segnale alle due generazioni che abbiamo perso con la crisi”. Sull’apertura dei negozi e sulle vendite promozionali ha detto la sua Valerio Bettoni, candidato del Centro popolare lombardo per Ambrosoli: “E’ importante trovare una posizione perché le categorie devono fare sintesi, specialmente le attività tradizionali per far fronte comune verso la Gdo che mette in crisi realtà che si trovano anche a diversi chilometri di distanza”. Simone Scagnelli, Italia dei valori, ha sottolineato le difficoltà nell’accesso al credito: “Gli imprenditori investono e la banca e la politica arretrano. I Consorzi Fidi, nonostante le garanzie messe a disposizione, si vedono respingere pratiche  dagli istituti di credito. Bisogna poi farsi carico del rispetto dei termini di pagamento, davvero vitale in questo quadro”. Francesca Gelmini della lista Patto Civico con Ambrosoli presidente , ha evidenziato la centralità del commercio per valorizzare il territorio: “Il commercio è lo strumento per ripensare e valorizzare i centri urbani e sviluppare il turismo. Servono interventi per mitigare la desertificazione commerciale: i distretti hanno finora mostrato di essere un collante non solo per i centri storici, ma anche- attraverso i distretti diffusi- per realtà disgregate”. Francesco Mapelli della lista Maroni presidente ha completato il quadro economico, sottolineando l’importanza della realtà agricola per la regione. 




Terziario, anche Bergamo si mobilita

“La politica non metta in liquidazione le imprese”. È questo lo slogan che accompagna la giornata di mobilitazione in programma lunedì 28 gennaio, voluta da Confcommercio e Rete Imprese Italia a cui l’Ascom aderisce.
L’iniziativa, che chiama a raccolta il mondo del commercio, nasce per denunciare la drammatica situazione che il sistema di imprese del terziario da troppo tempo sta vivendo sulla propria pelle, a causa di una eccessiva pressione fiscale, un crollo dei consumi senza precedenti, un difficile e costoso accesso al credito, una burocrazia esasperante ed onerosa, per citare solo i punti di maggiore criticità. «L’iniziativa, al tempo stesso di protesta e di proposta, vuole rappresentare alle istituzioni, alla politica, alla business community tutta la sofferenza e il disagio delle imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti», afferma Paolo Malvestiti, presidente dell’Ascom di Bergamo. 
Il presidente traccia in sintesi i temi della giornata: «La nostra provincia, come il resto del Paese, sta attraversando una fase ormai pluriennale di crisi dell’economia e dei consumi, aggravata dall’incertezza politica. La congiuntura, negativa per il quarto anno consecutivo, ha messo veramente a dura prova la resistenza delle micro, piccole e medie imprese del territorio. Le imprese del terziario si trovano ad affrontare una molteplicità di sfide che inducono gli imprenditori ad un cambio di passo e, a volte, ad un vero e proprio cambio di strategia. L’accesso al credito, la pressione fiscale e la deregolamentazione del settore stanno generando un contesto svantaggioso, turbando quell’equilibrio distributivo tanto faticosamente raggiunto. A questo poi si è aggiunta la chiusura anticipata della IX Legislatura, per cui la nostra Regione sta vivendo una transizione delicata. Per cui è oggi indispensabile che l’istituzione riprenda quanto prima la propria piena operatività per sostenere lo sviluppo».
L’appuntamento per il mondo del terziario è quindi lunedì 28 gennaio alle ore 10.30 in Fiera a Bergamo. La giornata cade in piena campagna elettorale, per cui sono stati invitati i candidati bergamaschi alle elezioni regionali. A loro verrà presentato un documento con spunti, idee e proposte del terziario per le elezioni regionali 2013.




“Starlight Network”, alleanza a cinque per battere la crisi

Nella foto: Diego Comi, Marco Daniele Ferri, Lara Taschini, Paolo Nossa, Umberto Poli

«Riunirsi è l’inizio, rimanere insieme un progresso, lavorare insieme un successo» diceva oltre un secolo fa il grande industriale statunitense Henry Ford. Parole mai così attuali tanto da essere diventate un punto di riferimento anche per i cinque giovani imprenditori bergamaschi che a dicembre hanno dato vita a Starlight Network. Un contratto di rete nel settore dell’energia e dell’illuminotecnica realizzato grazie al sostegno di Confcooperative Bergamo e che vede insieme Starlight System Srl di Brignano Gera d'Adda, Polistamp Srl di Nembro, Tornilastra Srl di Presezzo, Tmt Srl di Treviglio e 3V2 (La Trevi Due), società cooperativa di Calvenzano. Cinque storiche realtà aziendali che per arginare la crisi e superare limiti dimensionali e strutturali hanno sposato questa nuova forma giuridica per collaborare alla realizzazione di progetti e obiettivi comuni nel segno dell’innovazione e dell’ottimizzazione delle risorse. Il contratto di rete è infatti uno strumento di «cooperazione» fra piccole e medie imprese che insieme vogliono raggiungere un obiettivo comune di crescita e di competitività mantenendo la propria autonomia, con il vantaggio  di operare sul territorio secondo una logica di squadra e senza delocalizzare.
«Dobbiamo passare dal concetto di individualismo al “gioco di squadra” e iniziare a pensare che piccoli insieme è meglio – sottolineano Marco Ferri, vicepresidente di Confcooperative Bergamo, e Paolo Nossa, presidente di Starlight Network -. Fare rete non vuol dire cambiare o rinnegare la propria azienda bensì mantenere la propria identità e le proprie radici valorizzando le proprie competenze e mettendole a disposizione del progetto comune senza alcun timore». «La rete – aggiungono – diventa così uno strumento che mette in moto nuove idee, innesca nuova energia e ottimizza le risorse». Ma non solo: «È anche uno strumento per recuperare e ricostruire i valori sociali nell’ottica di una vera e propria etica imprenditoriale: pensiamo al fatto che un progetto comune riunisce intorno ad un tavolo più imprenditori avviandoli al dialogo e alla collaborazione reciproca, moltiplicando le competenze per dare valore aggiunto a quello che di nuovo si vuole costruire».
Valore aggiunto che si traduce in ricerca, innovazione e nell’aggressione del mercato globale non più secondo una logica del «per conto terzi» ma seguendo un percorso di progettazione, produzione e distribuzione nel settore dell’illuminotecnica d’avanguardia, con specializzazione nell'illuminazione industriale, ma anche per il terziario e le infrastrutture stradali. In pratica Starlight Network sarà una cabina di regia per ideare e lanciare sul mercato prodotti innovativi e personalizzabili ad alta efficienza energetica, come lampioni a led per l’illuminazione di strade e aree esterne, plafoniere per controsoffitti a led, punti luce per aree di lavoro in alternativa ai corpi illuminanti che utilizzano fonti luminose al neon.
«La nostra storia parte da noi – concludono Ferri e Nossa, conosciuti insieme agli altri tre imprenditori del network ad un corso di formazione organizzato dall’Università di Bergamo in collaborazione con Bergamo Sviluppo -. Ci accomuna il fatto di avere anni di esperienza nel conto terzi nei diversi settori di appartenenza quali la plastica, la carpenteria, l’elettronica e i servizi per le aziende. La fiducia reciproca, la voglia di una nuova autonomia e di un progetto nuovo ci ha portato ad utilizzare le nostre competenze mettendole al servizio di un percorso comune sicuri che ci avrebbe dato speranza per un rinnovamento aziendale valorizzando la nostra voglia di innovare».




Commercio, Bergamo “incassa” altri due luoghi storici

Il mercato di Lovere e l’albergo Alpino al Passo della Presolana fanno il loro ingresso tra i luoghi storici del commercio della Bergamasca, riconosciuti dalla Regione al termine dell’ultima istruttoria delle domande presentate nel 2012, che ha “laureato” complessivamente in Lombardia 64 insegne e due mercati. L’Albergo Alpino, condotto dalla stessa famiglia dal 1925, ha ottenuto il titolo di “storica attività” e porta a quota 90 il totale dei negozi ed esercizi storici bergamaschi inseriti nell’apposito elenco regionale per la tutela (anche con finanziamenti specifici) e la valorizzazione delle attività di vicinato più longeve e tradizionali. Per il mercato di Lovere, documentato dal 1786, il riconoscimento è di “mercato a valenza storica di trazione”, sino ad ora arrivato solo a Clusone.       

*Mercato di Lovere / dal 1786
La tradizione c’è, ora arriva l’ammodernamento

Il primo documento dell’istituzione formale del mercato del sabato a Lovere è una Ducale del 9 settembre 1786, a firma di Gio. Andrea Fontana, che vuole portare nei binari dell’ufficialità il mercato di animali che, sino ad allora sorretto solo da «un’inveterata consuetudine», si affiancava nella stessa giornata a quello delle biade, «già istituito legalmente». L’appuntamento, che ha quindi una storia ancor più antica, è ritenuto utile «ed anco per la sua situazione distante da ogni altro simile mercato necessario alle circostanze di quei sudditi». A testimonianza del suo successo, c’è poi il Regolamento del Comune di Lovere dell’8 dicembre 1894, che estende il mercato su due giornate, venerdì e sabato, nei mesi di settembre, ottobre e novembre e non manca neppure il dibattito ad inizio ‘900 sugli spazi e la collocazione. Dalla piazza del Porto (ora piazza Tredici martiri) si è spostato nelle aree limitrofe e infine nell’attuale piazzale Marconi, dove si presenta puntuale ogni sabato mattina con 120 banchi, 29 del settore alimentare, 90 non alimentari e uno riservato ai produttori agricoli, su una superficie complessiva di 9.000 metri quadri.
Il dato storico aggiunge un tocco in più ad una manifestazione che già gode dello speciale scenario offerto dal lago e dalla cittadina, inserita tra i “Borghi più belli d’Italia”. «È una storia importante – rileva l’assessore alla Promozione economica Francesca Bertolini -, che abbiamo ritenuto giusto valorizzare cogliendo l’opportunità offerta dalla Regione, un passo per far conoscere e condividere questo ulteriore valore del nostro territorio». La lunga tradizione si sposa però con l’ammodernamento. Sono infatti partiti i lavori per il rifacimento di quel tratto di lungolago, che porteranno agli ambulanti le torrette per l’allacciamento ai servizi. «L’intervento punta a rendere la passeggiata più accogliente e fruibile ai pedoni, ma riqualificherà anche il momento del mercato, che manterrà – rassicura l’assessore – gli stessi spazi e le stesse concessioni attuali». L’ottenimento del riconoscimento regionale dà il “la” anche all’ipotesi emersa in fase progettuale di posizionare dei cartelli illustrativi sulla storia del mercato.
La risoluzione del problema dei parcheggi, che il sabato mattina si fa più pressante perché il mercato sottrae spazi e richiama visitatori, è invece contenuta nel Pgt approvato. «I tempi si sono allungati – dice ancora Bertolini -, ma due progetti, il piano integrato di piazzale Bonomelli e l’ambito di trasformazione delle Reme, il primo più a breve, il secondo su un periodo più lungo, consentiranno di migliorare notevolmente le possibilità di sosta».
La valorizzazione del mercato si affianca alle iniziative messe in campo dall’Amministrazione per il commercio di vicinato. «Con il coinvolgimento delle associazioni di categoria e dei negozianti locali è stato costituito il Distretto del Commercio – ricorda Francesca Bertolini – ed è stato attivato il Comitato di indirizzo. Il mercato rappresenta un altro tassello dell’offerta commerciale, una tradizione che abbiamo ritenuto doveroso tutelare, pensando in primo luogo agli operatori che vi partecipano».

*Il veterano tra i banchi
«Il turismo può ridare slancio all’appuntamento»

Più di 200 anni di storia (almeno quella documentata) e la suggestione dell’ambiente non hanno sottratto il mercato di Lovere ai cambiamenti che hanno investito, in maniera più o meno marcata, il commercio ambulante. Antonio Agazzi è presente con il banco di calzature da 35 anni, da quando a 17 anni ha cominciato ad affiancare il papà e gli zii nell’attività. «Continua ad essere un bell’appuntamento – dice – perché ci sono molti banchi ed è frequentato, ma più per fare una passeggiata il sabato mattina che per la spesa. Per quelli sembra che la gente preferisca i centri commerciali, che anche in questa zona non mancano. Un tempo si lavorava parecchio, oggi a fare acquisti restano soprattutto gli anziani». Le difficoltà hanno avuto l’effetto di impoverire l’offerta commerciale, «non tanto in quantità, ma in qualità – dice -. Senza nulla togliere ai colleghi che hanno deciso di puntare su articoli da pochi euro, è logico che se il livello si abbassa troppo si perde anche l’attrattiva». Come lui a Lovere sono presenti altri ambulanti di lungo corso, ma è molto raro che il testimone passi poi alla generazione successiva. «Il ricambio degli operatori è abbastanza veloce, ma non sono quasi mai “figli d’arte” – rileva -. Nella maggior parte dei casi si tratta di subentri da parte di chi intraprende per la prima volta questa strada, italiano o straniero. Io stesso direi ai miei figli, che adesso sono ancora troppo piccoli, di valutare con attenzione questo lavoro, perché può sembrare allettante, ma è duro e impegnativo se lo si vuole fare bene». Se i lavori di ammodernamento del lungolago sono visti con un po’ di timore pensando che possano ridurre lo spazio a disposizione dei banchi, il riconoscimento alla storicità del mercato, così come tutto ciò che può dare richiamo alla cittadina, è accolto con soddisfazione: «Penso che solo lo sviluppo del turismo potrà invertire la tendenza e ridare slancio al nostro mercato – afferma l’ambulante –. Lovere ha tante risorse, compresi i recenti ritrovamenti archeologici. Stanno aprendo alberghi e bei negozi, credo che ci si stia muovendo bene».    

*Al Passo della Presolana / dal 1925
Albergo Alpino, quattro fratelli e la voglia di resistere

Basta dare un’occhiata ad alcuni documenti che l’Albergo Ristorante Alpino, a quota 1.300 metri al Passo della Presolana, ha pensato bene di pubblicare sul sito per valorizzare la propria storia – oggi suggellata dal riconoscimento ufficiale della Regione -, per rendersi conto di quanto siano cambiati i tempi e i modi del fare turismo. Su una cartolina pubblicitaria degli anni Quaranta la descrizione della struttura recitava così: «Internamente ristrutturato – salone per comitive, colazioni al sacco, bagno – termosifone – colazioni a prezzi fissi – costante frescura – sport invernali – acqua corrente calda e fredda». È degli anni 60 invece l’antesignano dei buoni pasto. Per far fronte alle comitive che arrivavano in pullman per trascorrere una giornata sulla neve o nei prati e che richiedevano un servizio veloce all’ora di pranzo, il papà degli attuali titolari, Aldo Vecchio, con lungimiranza aveva creato un ticket che, pagato alla cassa, dava la possibilità accedere alla tavola calda a self service. Costava 800 lire e comprendeva «pane – 1/5 vino – minestra asciutta o in brodo – vitello o pollo al forno – contorno – frutta».
Le origini però sono ancor più antiche. La struttura viene costruita dagli austriaci attorno al 1840 e utilizzata come casermetta. È poi stazione di posta e punto di sosta per le diligenze che percorrevano la strada tra Clusone e Schilpario, locanda e infine albergo. Dal 1925 la gestione è nelle mani della famiglia Vecchio, con nonno Camillo, originario di Albuzzano in provincia di Pavia, che dopo essersi fatto le ossa come maitre a Manchester e a Londra (e dopo la batosta di un investimento in rubli finito in fumo a causa della rivoluzione russa) ricomincia da zero in patria. Da Sanremo, sale man mano di quota, passando a gestire l’albergo Sant’Antonio a Lovere, paese della moglie, e approdando infine al Passo della Presolana. Il testimone passa al figlio Aldo, scomparso nel 1981, e da lui a quattro dei sei figli, Cristina, Daniele, Elena e Stefania, ancora oggi supportati dall’attivissima mamma Germana, 81 anni, milanese che in vacanza a Bratto ha conosciuto il marito e messo radici lassù.  
Nel tempo la struttura ha subito molte trasformazioni, si possono però ancora apprezzare le vetrate ad arco, gli archi interni e il soffitto in travi di larice ben valorizzato dall’ultima ristrutturazione. L’albergo ha 18 camere, un ristorante, “La Vecchia cantoniera”, aperto a tutti, bar e tabaccheria, anch’essa storica, visto che la licenza è del ‘47. «La svolta – racconta Daniele – è stata nel 1997. La proprietà negava il rinnovo del contratto d’affitto e lo stabile aveva urgente bisogno di ristrutturazione, ci siamo perciò trovati di fronte a un bivio: cessare l’attività e abbandonare la struttura a se stessa, con grave danno anche per tutta la zona, oppure affrontare un grosso investimento con l’acquisto di tutto l’immobile e l’avvio immediato dei lavori. Il nostro forte legame con l’albergo ci ha fatto scegliere la seconda opzione, pur sapendo che sarebbe stato difficile recuperare velocemente l’investimento, vista la flessione dell’attrattività della zona».
Erano infatti già lontani gli anni del boom di vacanzieri, vip compresi, al Passo. «Le abitudini sono cambiate – racconta ancora Daniele -. Gli ospiti fissi delle vacanze estive sono ormai un ricordo, i soggiorni si fanno sempre più brevi e così il legame con i clienti si allenta. Anche le esigenze sono cambiate: oggi per fare qualche discesa con la slitta i turisti ci chiedono se c’è uno skilift!». «L’attività dell’albergo procede tra alti e bassi, legata soprattutto alle condizioni meteo – ammette -. L’area paga anche lo scotto di ricadere in tre comini tre comuni diversi (Colere, Castione e Angolo Terme) e due province, cosa che rende difficile in partenza iniziative di sostegno e sviluppo».
L’esercizio si “difende” grazie all’integrazione del ristorante, del bar e della tabaccheria e alla gestione familiare. «Cerchiamo di sfruttare il passaggio e di offrire più servizi possibile. Il ristorante, con Elena ai fornelli – spiega Daniele -, propone la cucina di montagna tipica, piatti semplici e genuini, come casoncelli, polenta, funghi e selvaggina». Ma anche il bar regala golose sorprese, è infatti rinomato per le merende a base di torte, secondo le ricette di mamma Germana.  




Imprese & Territorio, «ecco cosa chiediamo ai candidati»

In vista delle prossime elezioni regionali, il Comitato Imprese & Territorio – che riunisce 10 associazioni di categoria (Associazione Artigiani, Ascom, Apindustria, Cia, Coldiretti, Confcooperative, Confesercenti, Cna, Fai e Lia) in rappresentanza di 80mila piccole e medie imprese bergamasche e di 310mila lavoratori – ritiene prioritaria un’agenda politica che punti allo sviluppo del tessuto economico e sociale della Regione Lombardia. Pertanto, ai candidati alla presidenza regionale ha presentato un documento dal titolo “10 verbi dell’ agenda di Imprese & Territorio – Per una Lombardia delle Imprese e delle  Persone”
“In un quadro di crisi economica e finanziaria epocale nel quale la politica, anche quella più vicina ai territori, ha dato un esempio di miopia e incapacità nel produrre adeguate politiche industriali mirate alla difesa dell’ economia – si legge nella nota introduttiva – i sistemi associativi che rappresentano e tutelano gli interessi delle Mpmi, da sempre considerate l’ossatura portante della struttura economica e produttiva del nostro Paese, denunciano la loro delusione verso il sistema politico di questi ultimi anni che ha sostanzialmente perso legittimità nella rappresentanza del cosiddetto popolo delle partite Iva. Serve, oggi più che mai, proprio alla luce della gravità della crisi economica che sta mettendo a dura prova l’intero sistema economico/produttivo lombardo, una politica industriale di territorio che sappia riqualificare le piattaforme locali elevandone la capacità di competere dentro i processi di internazionalizzazione dell’economia. C’è penuria di risorse, indotta dall’ineludibile necessità di politiche di rigore nella spesa pubblica, ma c’è anche un bisogno profondo di politiche attente e lungimiranti in grado di orientare le risorse disponibili verso “asset” strategici concordati con i sistemi della rappresentanza economica e sociale territoriale. E’ quanto chiediamo alla politica – scrive ancora il Comitato -, proprio perché da essa nulla del genere è pervenuto sino ad oggi. Ci preoccupa che nell’immaginario collettivo la politica appaia sempre più come un recinto di “incapacità e immoralità”, e che tale immaginario coincida in gran parte con le categorie economiche e sociali che rappresentiamo; categorie deluse ed esasperate da una situazione politico-istituzionale che invece di aiutarle a fronteggiare una crisi drammatica sembra sospingerle nell’area grigia dell’impotenza e dell’irreparabilità. Ci preoccupa ancor di più l’insipienza di una politica che non sa esprimere una “visione” volta ad accompagnare un territorio ricco ed economicamente organizzato come il nostro verso orizzonti di crescita. Il nostro è un contesto economico composto prevalentemente da piccole e piccolissime imprese, che rappresentano la realtà forte della nostra economia ed il suo futuro, perché un patrimonio così vasto, complesso e profondo di competenze imprenditoriali non è trasformabile, in un battito d’ali, in un sistema di medie e grandi imprese. Il
nostro patrimonio è questo, con le sue intelligenze, flessibilità, disponibilità al sacrificio, ma anche con le sue gracilità. Una politica industriale regionale, di territorio, deve saper leggere la realtà diffusa dell’economia di riferimento e favorire processi di superamento delle debolezze e di sintonizzazione con l’evoluzione dei mercati, attraverso la messa in campo di strumenti adeguati. E una politica adeguata ai bisogni competitivi e di crescita di un territorio come il nostro non può essere fatta se non attraverso la creazione di sistemi di “governance”, anche informali, in grado di portare nelle Istituzioni la concretezza delle situazioni vissute e delle idee che nascono dall’esperienza quotidiana e di aiutare la politica a rigenerarsi dentro processi di reale confronto con le opzioni di crescita economica e sociale locale.




Arredamenti in caduta, l’allarme dei negozianti

L’obiettivo è scongiurare quella che viene indicata come una «catastrofe annunciata». Di fronte a dati 2012 ancora in peggioramento, Federmobili, la federazione nazionale dei negozi d’arredamento del sistema Confcommercio, ha rilanciato al mondo politico l’allarme sullo stato di salute dell’intera filiera del legno e dell’arredo e la richiesta di interventi per salvaguardare il settore, messo alle strette dal blocco nelle compravendite delle case e dal generale calo del consumi. La proposta è di estendere alle spese per l’arredamento la detrazione Irpef, del 50%, prevista per le ristrutturazioni delle abitazioni, una misura già presentata dall’associazione nel luglio scorso in sede di discussione del Decreto Sviluppo, poi condivisa da Federlegnoarredo, dalle associazioni degli artigiani e dai sindacati e ribadita in più occasioni con messaggi ai parlamentari e al premier Monti. Ora l’appello, portato avanti a livello nazionale e locale, si rivolge a tutti i contendenti nella sfida elettorale e sottolinea l’urgenza. «Non possiamo aspettare più di tanto – spiega il presidente del Gruppo mobili e arredamento dell’Ascom Lorenzo Cereda -, da tempo il settore è in sofferenza ed ha bisogno di un supporto per invertire la rotta». Secondo i dati di Federmobili, le aziende hanno chiuso il 2012 con cali di fatturato fino al 30% e si trovano ad affrontare il nuovo anno gravate da un carico fiscale ancor più penalizzante per via dalla Tares, un carico «che rischia seriamente di essere il motivo principale delle cessazioni delle attività».
Su quali presupposti poggia la richiesta della detrazione?
«La considerazione di fondo è che una ristrutturazione coinvolge per forza di cose anche i mobili. Se si rifà una cucina, un bagno o si prevedono nuovi spazi è difficile che possano essere riutilizzati i vecchi componenti. Il rinnovo dell’arredamento può rientrare, quindi, a pieno titolo tra le operazioni che contribuiscono a migliorare la qualità edilizia e abitativa. Dopo vari tentativi della nostra Federazione, il concetto è stato finalmente accolto in Commissione Bilancio, ma non si è concretizzato in un provvedimento. La richiesta è di includere i mobili nel budget già stanziato per le ristrutturazioni, non si andrebbe cioè a gravare sui conti dello Stato ma si potrebbe ottenere l’effetto positivo di attivare i consumi».
Nella richiesta non siete soli, anche produttori, costruttori e sindacati sostengono la stessa misura.
«Sarebbe prima di tutto di sostegno ad un settore chiave del made in Italy. I produttori hanno difficoltà anche maggiori delle nostre. Veneto, Friuli, il Pesarese e la Brianza sono le zone in cui la concentrazione di aziende è più alta e non mancano cassa integrazione, licenziamenti e chiusure di attività. L’export, che ottiene buoni risultati per le produzioni di alta gamma, non è quello che dà lavoro ai grandi numeri e non è in grado di bilanciare le perdite nel mercato interno». 
Ma degli incentivi beneficerebbero anche i prodotti stranieri…
«Io credo che possano invece essere lo stimolo giusto per scegliere la qualità italiana. Se viene data ai consumatori la possibilità di pagare mille euro quello che costa duemila penso che non avrebbero dubbi ad indirizzarsi verso una qualità più alta. È, in fondo, lo stesso ragionamento che riguarda le scelte di efficienza energetica e riqualificazione».
Anche a Bergamo i negozi registrano gli stessi cali delle vendite segnalati a livello nazionale?
«Il fatturato è sceso di circa il 20%, soprattutto perché è calato il valore medio degli scontrini. La sensazione è che anche chi ne avrebbe la possibilità non spende e che si compra solo se c’è estrema necessità. Ci si accontenta, per intenderci, del vecchio divano, anche se mezzo sfondato, e si attendono tempi migliori. È anche alla luce di questa situazione che la detrazione può essere utile, funzionando da incentivo psicologico per chi oggi è incerto».
Come si sono orientati gli acquisti?
«Detto della generale tendenza al risparmio, reggono le cucine, perché sono un’esigenza primaria ed è in atto il ricambio degli ambienti allestiti una trentina di anni fa, e le camerette, spesso perché ci sono i nonni a dare una mano o comunque perché non si vogliono penalizzare i più piccoli. Per armadi e salotti è calma piatta, anche perché il gusto è minimalista: il televisore a grande schermo basta quasi da solo a riempire la parete e lo si correda magari solo di un mobile basso, salvo poi rendersi conto che non c’è un posto dove mettere le stoviglie. Se si vuole rinnovare l’ambiente, poi, non si cambiano più i mobili, ma solo uno o due pezzi».
Come stanno reagendo i negozi bergamaschi a questa crisi?
«Mentre da Brescia, ma anche dal Pavese, arrivano notizie di chiusure, al momento da noi si tiene duro. Le cessazioni sono dovute più che altro al cambio generazionale, ma se la situazione resta questa cominceranno i problemi anche qui. Si riesce a resistere se l’immobile è di proprietà e si può contare su un’attività consolidata negli anni, chi ha aperto da poco e ha un affitto è in forte difficoltà».
Ci sono già ripercussioni sul fronte dell’occupazione? 
«Si va per forza di cose verso una riduzione degli addetti, in particolare nel montaggio. Il lavoro è diminuito e mantenere squadre di personale proprio diventa insostenibile, ci si affida più spesso ad appaltatori esterni, da chiamare quando serve. Anche l’Ascom sta registrando una richiesta sensibile di cassa in deroga per i lavoratori del comparto».
Come se non bastasse, nel 2013 arriverà la nuova tariffa sui rifiuti, Tares, con maggiori costi per tutti, ma più gravosa per attività con grandi superfici come le vostre.
«È stato calcolato che pagheremo il triplo, ma il paradosso è che non produciamo maggiori rifiuti, anzi. Abbiamo il registro di carico e scarico e tutti gli imballaggi dei mobili, come plastica, cartone e polistirolo, sono avviati al riciclo direttamente, non attraverso il sistema di raccolta comunale. In pratica è solo l’attività degli uffici che produce rifiuti, ma è una parte minima rispetto alle nostre esposizioni. Sino ad ora è stato possibile spiegare ai Comuni questa situazione ed ottenere riduzioni. La nuova tariffa non sembra offrire la stessa possibilità ed anche questo è un problema che vogliamo sin da ora portare all’attenzione dell’agenda politica».




Ascom, ancora un anno di “Vantaggi” per gli associati

Quattro nuove stagioni di privilegi e sconti per i soci Ascom, con 18 convenzioni siglate a livello provinciale per aiutare gli imprenditori a gestire la propria impresa, a competere sul territorio e a sfidare la crisi. Ascom Vantaggi mette a disposizione delle piccole e medie imprese del commercio, dei servizi e del turismo associate, un carnet di offerte solitamente dedicate a grandi imprese. Nel pacchetto di convenzioni Ascom sono stati scelti partner che affiancano le aziende nell’attività di tutti i giorni, dalle spedizioni alla pubblicità, alle pulizie. A livello nazionale, Ascom Bergamo è la prima associazione ad aver siglato con Poste Italiane un accordo che prevede di accedere al nuovo servizio di e-commerce a condizioni molto vantaggiose, avviando, gestendo e controllando tutti i processi della catena del commercio elettronico, dallo shop virtuale alla consegna del prodotto. Solo i soci Ascom possono infatti godere di uno sconto di 100 euro sull’ “offerta smart”, che prevede di aprire un negozio virtuale, gestire i sistemi di pagamento tramite la piattaforma delle Poste ed avere un report delle vendite, un’ assistenza marketing, dalla newsletter allo scouting, alla spedizione e al tracking degli ordini. Lo sconto sale a 200 euro per l’ “offerta master”, la soluzione completa per l’e-commerce che gestisce in modo integrato logistica, spedizione, pagamento e assistenza clienti, con tanto di servizio di gestione magazzino e logistica e contact center per i clienti.
Ascom pensa anche all’ambente, incentivando consegne e commissioni ad impatto zero, grazie all’accordo siglato con Orobici Ecologistica, che ad un prezzo competitivo porta a destinazione pacchi e pacchetti dribblando il traffico cittadino in bicicletta per gli ordini più piccoli e con tricicli cargo per pacchi fino a 130 chili.
Per migliorare il comfort acustico nei locali ad alta frequenza e isolare al meglio ogni ambiente lavorativo, l’accordo siglato con la società Krono garantisce uno sconto del 18% su un prodotto innovativo e di design: si tratta di un pannello a densità variabile che permette di assorbire in modo selettivo le frequenze sonore, diminuire echi e riverberi ed ottimizzare l’ acustica. L’offerta include anche lo studio e la progettazione studiata su misura di ogni locale.
Sono stati confermati gli accordi dello scorso anno con le società Fra.mar spa,  industria del pulito per uffici, manutenzione aree verdi e global service, che garantisce uno sconto del 10 % su tutti i servizi e con Aci, Automobile Club Bergamo, con convenzioni sempre vantaggiose per i tesseramenti.
Tempo libero – Agli sconti e ai vantaggi pensati per la gestione di ogni attività del commercio, del turismo e dei servizi, si affianca anche quest’anno un’interessante proposta di offerte per il tempo libero, dalla cultura allo sport al benessere. Gli appassionati di calcio potranno tifare per l’Atalanta, grazie all’accordo siglato con la società, che ha messo a disposizione un numero limitatissimo di biglietti: non resta che fare richiesta all’ufficio soci entro il martedì che precede la partita in casa nerazzurra e, in caso di richieste superiori alla disponibilità, cercare la fortuna aggiudicandosi un posto in tribuna per sorteggio. Confermata la convenzione con Brembo Ski (Foppolo- Carona- San Simone), Ascom Vantaggi allarga l’orizzonte sciistico siglando altre due convenzioni, con Colere Ski Area e Monte Campione, che riservano agli associati e alle loro famiglie sconti di 5 euro nei festivi e dai 3 ai 5 euro nei feriali sugli ski-pass giornalieri. Per tenersi in forma, oltre lo sci, c’è l’imbarazzo della scelta, dal golf alla palestra al nuoto: Golf Indoor offre una lezione con maestro Federgolf oltre ad uno sconto del 10% sull’attrezzatura ed un mese di ingressi in omaggio; Nuoto Bergamo Alta taglia del 10% il prezzo dell’ingresso alle piscine del Seminario in Città Alta e a Mozzo; la palestra Seven Club offre uno sconto del 10% sull’ingresso in palestra a Mozzo. Ascom ha pensato anche al relax e al dolce far niente: per combattere lo stress e ascoltare se stessi senza guardare l’orologio non manca uno sconto del 10%  per l’ingresso alla nuova spa Body & Soul Center e per trattamenti estetici. Per il tempo libero i soci Ascom possono contare su uno sconto del 15% sugli spettacoli (segnalati sul sito) in cartellone al Teatro Creberg; confermati anche quest’anno gli sconti alla GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea con ingresso a prezzo ridotto a tutte le mostre in calendario, oltre allo sconto del 10 % sui prezzi di listino per l’affitto degli spazi all’interno del museo per eventi e feste, uno sconto del 10 % per l’acquisto di libri e del 20% per i cataloghi della mostra; anche Minitalia Leolandia riserva agli associati uno sconto-famiglia sugli ingressi.
Le Terme di Trescore riservano ai soci uno sconto sui trattamenti proposti di almeno il 10 per cento sui prezzi di listino.

Trigona: “Un’occasione per dare più sprint alla propria attività”

Ascom Vantaggi rappresenta sempre più un insostituibile strumento d’uso quotidiano: “Le nuove convenzioni allargano il pacchetto di offerte destinate ai soci, con prodotti innovativi, che consentono ad ogni azienda di migliorare la propria struttura, la logistica e, grazie all’ e-commerce, di avviare o far crescere il proprio negozio virtuale” – sottolinea Luigi Trigona, direttore Ascom -. Ai vantaggi in azienda si sommano le offerte per vivere e valorizzare il territorio: “I vantaggi per gli associati non si limitano alla sfera business, ma vogliono accompagnare i soci e le loro famiglie anche nelle loro attività nel tempo libero, dallo sport al relax, dalla cultura al tifo per la squadra del cuore – ricorda Pietro Bresciani, responsabile Marketing dell’Ascom di Bergamo -. Ascom Vantaggi valorizza il territorio ed invita a viverlo e a scoprirlo ad un prezzo scontato”. 
Tutti gli associati  (Ascom, Aspan e Fiva) hanno automaticamente accesso agli sconti e alle promozioni offerti dalle aziende partner. Per conoscere il contenuto delle offerte e le iniziative di Ascom Vantaggi è possibile consultare il sito www.ascombg.it oppure rivolgersi all’ufficio marketing, tel. 035.4120304, mail info@ascombg.it; mentre le convenzioni nazionali consultabili on line sul sito www.associaticonfcommercio.it e sulla brochure che accompagna la tessera associativa nazionale.




«Un errore avviare l’impresa senza una strategia di branding»

Il consulente Marco Bergamaschi risponde al quesito di un lettore

Insieme ad un socio, ho da poco avviato una società di servizi che offre un prodotto difficilmente reperibile sul territorio bergamasco. Stiamo quindi pensando di affidarci ad una agenzia specializzata per promuovere il nostro brand e farci conoscere sul mercato. Purtroppo ci siamo resi conto che le spese da affrontare sono tante. E questo ha diviso un po’ il mio pensiero da quello del mio socio. Personalmente aspetterei, confidando, almeno per ora, sul passaparola dei clienti appena acquisiti, investendo i soldi per la promozione in altri capitoli di spesa. Lei come si comporterebbe al mio posto?

Alfredo R, Bergamo

Affermare il proprio brand, ovvero una personale identità nei confronti del mercato odierno e della concorrenza è divenuto, soprattutto in quest’ultimo periodo, sempre più strategico per qualsiasi impresa e il concetto di “branding” ha assunto ormai una valenza fondamentale che non può e non deve essere sottovalutata. Si parla di branding quando ci si riferisce alle modalità con la quale un’azienda riesce ad affermarsi nelle percezioni dei consumatori-clienti con una determinata identità, cioè con una immagine che meglio rappresenta l’essenza dei prodotti e dei servizi che offre; è quindi un modo per contraddistinguere la propria esistenza rispetto alle altre realtà aziendali all’interno di un contesto economico sempre più dinamico e competitivo, che non lascia spazio agli errori. Anche perché lo scopo del branding è uno solo: differenziare i prodotti, i servizi e le aziende, basandosi sul concetto di singolarità con l’obiettivo di creare nella mente dei clienti l’idea che non esiste nulla di analogo sul mercato rispetto a quanto stanno analizzando in quel momento. Per Tom Peters, famosissimo “guru” americano del marketing, ciò che fa la differenza sono il valore, la credibilità e l'originalità (intrinsecamente legati alla storia e all'esperienza dell’azienda), che vengono trasmessi attraverso la promozione dei propri servizi e/o prodotti e più sono in grado di lasciare il segno, maggiore sarà la capacità di costruire una chiara identità. Sono numerosissime le tecniche di Branding utilizzate oggi ed è quindi necessario, soprattutto se si tratta di nuove realtà o della promozione di nuovi servizi, l’affidamento a società specializzate, che sulla base degli obiettivi prefissati, costruiranno una strategia efficace e riconoscibile nel tempo; insieme potranno essere studiati loghi, colori distintivi, slogan, parole particolari, imballaggio e molto altro ancora, che inevitabilmente apporteranno un notevole valore aggiunto. Non bisogna mai dimenticare che solitamente è più facile ricordare un'azienda “conosciuta” piuttosto che il prodotto in sé e quando le persone hanno una esperienza positiva con un brand, sono più propense ad acquistare quel prodotto o servizio anziché quelli della concorrenza. Pertanto un brand che si evidenzia al di sopra degli altri, ha un maggior numero di clienti disposti a pagare di più per avere un miglior prodotto o servizio che sia, confermando che con un marchio ben consolidato, si ottiene automaticamente una garanzia anche per eventuali nuovi prodotti-servizi futuri. E non mi sembra poco. La bibliografia sui principali modelli di branding è ricca e variegata di esempi dai quali possono essere presi parecchi spunti di riflessione e dai quali partire. Tra i più conosciuti quello denominato “Star Strategy”, che considera il prodotto come un individuo avente un corpo, un carattere in grado di connotarlo e uno stile capace di suscitare desiderio; il modello “Young & Rubicam”, che misura il valore del brand attraverso la differenziazione e la rilevanza, indicative del potenziale di “espansione” del prodotto e attraverso la “percezione” e la “familiarità” che determinano l’autorevolezza di un’azienda; o il modello “Aaker –  Joachimsthaler” secondo il quale l'identità aziendale, i suoi significati ed i valori di cui è portatrice, costituiscono una cornice di senso che si estende fino a determinare l'identità dei prodotti ad essa associati, mediandosi con le loro caratteristiche intrinseche. Insomma la materia è vasta e complessa e soprattutto in continua evoluzione, considerata l’importanza che ricopre e come già detto, conviene affidarsi a consulenti capaci e competenti che vi aiuteranno nella strada più giusta da percorrere. Per cui se vi siete chiesti come sia possibile che, anche in periodi di crisi, alcune aziende riescano a non ridurre i profitti, ma anzi, ad aumentarli, provate a dare un’occhiata alla loro strategia di branding e tutto vi sarà più chiaro: queste sono realtà che posseggono un valore “percepito” che supera il valore “reale” del prodotto stesso e che quindi possono permettersi di alzare il prezzo quando le altre lo abbassano e di battere la concorrenza anche se questa ha un prodotto molto simile. Ecco perché ogni azienda dovrebbe avere chiaro quale sia il proprio brand, cioè l‘identità percepita dal cliente quando propone un proprio servizio. E quelle realtà che non l’hanno mai fatto? Semplicemente per loro sarà più complicato raggiungere i potenziali clienti, comunicare con loro in maniera efficace e posizionarsi sul mercato in maniera efficace. Può sembrare strano, ma sono ancora molte le piccole e medie imprese che non conoscono il concetto di brand, anche se offrono un ottimo prodotto, che potrebbe far aumentare il fatturato e fissare in maniera esponenziale una percezione positiva tra i clienti, se solo l’immagine della propria realtà fosse promossa nel modo giusto. Non mi resta allora che concludere dicendo che se si possiede un’azienda (anche la più piccola, magari con un solo dipendente) è comunque inevitabile attivare precise strategie di brand, che permettono di essere al di sopra della concorrenza e di essere uno dei leader del proprio settore nel medio e lungo periodo. Vi auguro buon lavoro.




Veicoli commerciali, in due anni a Bergamo dimezzate le vendite

I conti tirati a fine anno non hanno fatto altro che confermare la continua e netta caduta delle vendite di auto. Secondo i dati forniti dal ministero dei Trasporti, a dicembre la Motorizzazione ha immatricolato 86.735 autovetture: il 22,51% in meno rispetto allo stesso mese del 2011 (quando ne furono immatricolate 111.928), portando il totale del 2012 a quota 1.402.089, ovvero il 19,9% in meno rispetto alle 1.749.739 del 2011. È così ulteriormente peggiorato l’andamento già critico del 2011, chiusosi con un -10,88%, trasferendo il titolo di annus horribilis a quello appena concluso. Bergamo non si sottrae all’andamento generale, anzi. Secondo i dati dell’Unrae, l’Associazione delle Case automobilistiche estere in Italia (che offre sostanzialmente lo stesso quadro del ministero a livello nazionale, con un –19,8%), le immatricolazioni di auto e fuoristrada nella nostra provincia sono scese in un anno del 22,6%, passando da 31.218 a 24.160, cioè più di settemila vetture, che vanno ad aggiungersi alle 5.400 perse dal 2010 al 2011 (-14,7%). Con 3.921 auto, Fiat resta il marchio più venduto, ma accusa un calo del 26,1%. Seguono Volkswagen con 2.472 (-21%), Opel con 1.859 (-27,8%), Ford con 1.608 (-35,5%) e Citroen con 1.171 (-16,3%). A pari merito con 987 vetture Toyota (che perde il 24,3%) e Audi (con un calo più contenuto, dell’11,6%).
Una flessione ancora più netta è quella che ha investito i veicoli commerciali, vera e propria cartina di tornasole dell’andamento dei settori produttivi, capace di registrare la fiducia o meno nelle prospettive di crescita delle aziende. In Italia le vendite sono passate in un anno dalle 160mila del 2011 alle 106mila di quest’anno, con un calo del 33,4% ed anche Bergamo si è attestata sul medesimo livello, con un –33,9%. Nella nostra provincia, però, il calo era già stato vistoso e di molto superiore alla media nazionale al termine dello scorso anno, con un calo di quasi il 24% rispetto al 6% generale. Un dato legato al tessuto economico, più ricco rispetto ad altri territori di aziende, soprattutto piccole, che non hanno mancato, quindi, far sentire le proprie difficoltà sul mercato delle quattro ruote. Prendendo in considerazione gli ultimi due anni la crisi del settore – e con essa quella delle attività economiche – si mostra perciò con ancor più evidenza. Le immatricolazioni di veicoli commerciali si sono infatti dimezzate, passando dalle 5.060 del 2010 alle 2.517 del 2012 (i dati totali forniti da Unrae comprendono anche gli autocaravan). La scure non ha risparmiato nessun marchio, colpendo più duro chi ha le fette più ampie di mercato. Fiat è passata da 1.955 nel 2010 a 1.183 nel 2011, a 818 nel 2012 (-58,1%), Iveco da 545 a 423, a 255 (-53,2%), Renault da 407 a 402, a 252 (-38%), Opel da 369 a 315, a 227 (-38,4%), Mercedes da 265 a 272, a 198 (-25,2%), Citroen da 347 a 334, a 177 (-48,9%).

I commenti

La diminuzione della possibilità di spesa di famiglie ed aziende non è l’unica causa della flessione delle vendite di auto. Difficoltà nell’accesso al credito, aumento delle spese per il mantenimento delle automobili e della fiscalità sono altri aspetti di questa crisi che sta profondamente segnando, e ridisegnando, il settore.
«Un volume così esiguo di immatricolazioni ci riporta indietro ai livelli del lontano 1979 – ha evidenziato Jacques Bousquet, presidente dell’Unrae, l’Associazione delle Case automobilistiche estere in Italia -. La crisi coniuga al suo interno sia aspetti congiunturali sia strutturali. Il generalizzato aumento della pressione fiscale e dei costi di gestione, in particolare, ha determinato, oltre al depauperamento delle risorse economiche degli automobilisti, una modifica nelle abitudini di consumo della mobilità. Gli italiani si sono trovati davanti alla necessità di ridurre l’uso dell’automobile, con conseguente calo delle percorrenze medie e dei consumi di carburante (in media oltre il 10% in meno per benzina e gasolio), pur continuando a sostenere spese più elevate proprio per il carburante, per l’assicurazione, il bollo, ecc.». L’aumento della pressione fiscale sulle quattro ruote ha avuto così un effetto solo negativo, fa notare ancora l’Associazione, «influenzando in modo significativo la riduzione dei consumi complessivi nazionali e l’aumento del tasso di disoccupazione del Paese, senza fornire le risorse sperate alle casse dello Stato. Nell’intero anno, infatti, a causa delle mancate immatricolazioni si saranno persi 2,3 miliardi di euro di Iva rispetto all’andamento medio del mercato delle nuove immatricolazioni, a cui si aggiungono circa 95 milioni di euro di minor incasso Ipt, rispetto ai volumi dello scorso anno». Un quadro che diventa anche la base per le richieste al nuovo Governo: «I bisogni della filiera in termini di redditività, di mantenimento dei livelli occupazionali e le opportunità di gettito fiscale da parte dello Stato andranno viste in ottica di sinergia e come priorità per l’Esecutivo che guiderà il Paese dopo le elezioni. Se questo avverrà, potremo guardare con un po’ più di ottimismo alla prossima primavera».
«Il mercato automobilistico subisce l’overdose di imposte indirizzate a colpire, se non criminalizzare, l’acquisto, il possesso e l’uso degli autoveicoli», è stato ancor più diretto nel sottolineare Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di tutti i brand commercializzati in Italia di auto, veicoli commerciali, veicoli industriali e autobus. «Sono aumentati i pedaggi e l’Rc, e recentemente sono rincarati accise, bolli, Imposte Provinciali di Trascrizione, Iva. Ma il Governo Monti ha anche dato scacco alle vetture aziendali portando la deducibilità dal 40% al 20% (mentre in Europa chi acquista una vettura aziendale può scaricare il 100%). Senza dimenticarci che il varo del superbollo per le auto prestazionali ha massacrato le auto di lusso con cali fino al 70%, abbattendosi come uno tsunami sui colleghi che si sono trovati, dalla sera alla mattina, in difficoltà enormi, spesso insormontabili». Anche Federauto confida che il prossimo Governo, «di qualunque colore esso sia, prenda coscienza della grave crisi e ponga in essere delle misure idonee. Il Paese, dopo tasse, tasse, e ancora tasse, ha bisogno di misure vere e condivise per il rilancio dell’economia e della competitività sui mercati mondiali, senza dimenticare il fondamentale "consumo interno", che pesa per l’80% del Pil». In caso contrario le previsioni dell’associazione sono ancora fosche con un mercato che scenderà a 1.330.000 unità.

Concessionarie, anche Livio Cella fa i conti con la crisi

Anche un nome storico come Livio Cella, concessionario Toyota e Lexus in via Borgo Palazzo, sta facendo i conti con la crisi dell’auto. L’azienda ha infatti avviato la richiesta di concordato ma resterà sul mercato come rivenditore specializzato indipendente Toyota e Lexus, ai quali affiancherà l’emergente cinese Great Wall. Come sede unica rimarrà l’attuale salone Lexus. «È un passaggio difficile – afferma Stelio Cella, socio dell’azienda -. In sessant’anni di attività non ci siamo mai trovati di fronte ad una decisione simile. Negli ultimi anni, viste le difficoltà del settore, abbiamo sostenuto l’attività con capitali personali e ci siamo ridotti i compensi, ma di fronte al continuo calo del fatturato e soprattutto dell’utile sulle vetture vendute ci siamo chiesti se avesse senso avere un marchio e perdere soldi».
«In un momento critico come questo – spiega – rispettare gli obblighi della casa madre, come quelli sulla pubblicità e sugli standard o del pagamento in anticipo delle auto, solo per fare qualche esempio, è diventato insostenibile. Dire addio alla rivendita ufficiale è una svolta netta, ma crediamo, o almeno auspichiamo, che, al di là del marchio, possano sostenerci nel nuovo corso il nome e l’immagine che ci siamo costruiti in tutti questi anni e che un studio, tra l’altro, indica al secondo posto nella classifica dei rivenditori di auto più conosciuti a Bergamo. Anche vent’anni fa, del resto, quando siamo passati da Peugeot a Toyota, allora pochissimo diffusa oggi il primo costruttore al mondo, sembrava una mossa azzardata, ma siamo stati premiati dalla fiducia dei clienti».
Nella vicenda, a pesare in maniera significativa sono le direttive della casa automobilistica, un aspetto generalmente meno evidenziato tra i vari problemi che gravano sul settore. «Aver rispettato le richieste fino in fondo ha finito con il penalizzarci – constata Cella -. Siamo stati gli unici in Italia ad avere un salone totalmente dedicato a Lexus, come voleva l’azienda, ed avevamo anche cominciato a lavorare per l’apertura di una nuova sede a Carobbio degli Angeli, sempre su richiesta di Toyota che, per la verità, ne avrebbe voluta una anche in Val Seriana. Non rispettare le richieste significava perdere subito il mandato. Oggi quella stessa eventualità sarebbe letta come una fortuna, considerando quanto pesano le imposizioni del costruttore».
Se nella crisi qualche opportunità e strada nuova bisogna pur cercarla, la scelta della Livio Cella è andata verso il marchio cinese Great Wall. «Il 2013 sarà l’anno del sorpasso della Cina sull’Europa nella produzione di auto – nota -, e Great Wall, che  può ora contare anche su designer tedeschi provenienti dall’Audi, ha in serbo prodotti molto interessanti. In un contesto in cui c’è scarsa disponibilità di spesa, credo che potrà essere interessante la possibilità di spendere il 30% in meno. I produttori in questi anni hanno continuato ad implementare i contenuti delle auto facendo aumentare di conseguenza i prezzi, oggi invece l’esigenza è in primo luogo quella di risparmiare». 




Cultura, un click per un progetto bergamasco

Sono gli ultimi giorni per votare on line l’unico progetto bergamasco approdato alla fase finale del bando culturale promosso dal Sole 24 ore ed altri enti, che mette in palio un premio da 100mila euro. Si tratta del Progetto Diaforà, che vuole dare vita nel quattrocentesco Convento della Ripa a Desenzano di Albino – acquisto nel 2007 dalla Cooperativa La Fenice – ad un Centro di studi e ricerca sulla differenza umana, con laboratori dedicati a bambini, disabili, giovani e anziani, per unire la pratica alla teoria. La struttura, di grande suggestione paesaggistica e culturale, riscopre così il proprio ruolo originario, di quando cioè i monasteri erano poli dell’educazione e della trasmissione dei saperi,  proponendosi come sede per seminari, conferenze, laboratori, simposi e in grado di accogliere studiosi e studenti per offrire corsi residenziali, in modo analogo ai campus universitari.
C’è tempo fino al 13 gennaio per sostenere la proposta (è la numero 14) accedendo alla piattaforma www.che-fare.com. Tra il 24 settembre ed il 3 novembre 2012 il bando ha raccolto oltre 500 progetti di innovazione culturale. Di questi ne sono stati selezionati 32 e pubblicati sul sito per essere votati dal pubblico. Gli utenti hanno anche la possibilità di finanziare i progetti preferiti, sostenendoli tramite crowdfunding con Eppela, mentre i proponenti hanno modo di auto-narrarsi attraverso l’uso della piattaforma per l’informazione partecipativa Timu. I primi cinque classificati saranno valutati da una giuria, composta da personalità del mondo della cultura, che eleggerà il vincitore il 29 gennaio 2013.

Per votare: http://www.che-fare.com