Deotto: “Tripadvisor è utile” I ristoratori: “Troppe penne avvelenate”

Tripadvisor raccoglie 75 milioni di recensioni, 60 milioni di visitatori unici mensili e ogni minuto sono 60 i nuovi contributi che arricchiscono il sito che in 12 anni di storia continua a crescere a ritmi costanti. In Europa il sito si piazza secondo (dopo booking.com) per visite mensili (dati a settembre 2012) con 19 milioni 546 utenti. In Italia il sito è di gran lunga il più visitato, primato raggiunto con 2 milioni 122 visite, con una crescita del 19,1% nel mercato viaggi e del 48,4% in un anno. Dati che definiscono Tripadvisor il portale di viaggi più grande del mondo ed uno strumento fondamentale per conquistare nuove quote di mercato.   Social network e siti dedicati rappresentano un importante passo avanti per riposizionare la propria impresa sul mercato e ristrutturare la propria immagine prestando attenzione alle opinioni di ogni ospite.
Vittorio Deotto, manager di Tripadvisor, ha presentato i dati più recenti rilevati dal sito più amato dai viaggiatori e indicato come sfruttare al meglio l’opportunità offerta dalla rete. Per prima cosa Deotto ha voluto sfatare il luogo comune secondo cui il sito raccolga commenti negativi: “Il 72% degli alloggi italiani ha ottenuto un punteggio, in una scala da 1 a 5, di 3,5 o superiore, a dimostrazione della scarsa incidenza di “critiche gratuite o peggio velenose”.  Quanto alla popolarità di ogni insegna, i parametri in grado di influenzare sono la data delle recensioni, il giudizio medio e il numero delle recensioni.  Per migliorare la propria immagine on-line non mancano una serie di dritte: “Tripadvisor deve essere considerato come il prolungamento dell’ufficio commerciale di ogni attività all’estero ed uno strumento per raggiungere clienti in tutto il mondo” continua Deotto. Il primo passo è registrarsi al Centro Gestione: “Solo così è possibile monitorare costantemente la propria reputazione. Tripadvisor è in costante crescita in Italia, dove nell’ultimo anno sono cresciute del 46% le strutture alberghiere recensite e, visto che il 90% della popolazione ha un dispositivo mobile e la nostra App (la seconda più scaricata nel settore viaggi, con oltre 26 milioni di download) agevola l’accesso dal cellulare, con oltre 50 guide di città disponibili off-line, quindi senza ricorrere a connessione, in 20 lingue, con oltre 35 milioni di utenti unici mensili”. E per amplificare ulteriormente il passa-parola non manca l’integrazione con Facebook  “Trip Friends”, che indica le impressioni di viaggio dei propri amici,  e “Friends of Friends”, che raggiunge gli amici degli amici. Il terzo passo è quello di monitorare ogni notifica (il sistema segnala ogni nuova recensione) e gestire il “rendimento” da una pagina che riporta in modo dettagliato pregi e difetti rilevati dai visitatori. E per sfatare – o confermare – il detto che vuole che l’erba del vicino sia sempre più verde, con relativa invidia da parte di chi lo guarda, magari dalla propria finestra, Tripadvisor dà la possibilità di confrontare – sempre in modo gratuito – il proprio rendimento con quello del concorrente: “Volendo – sottolinea Deotto – è possibile cambiare ogni giorno competitor in modo da avere un quadro preciso della propria impresa”.
Il quarto passo è pubblicare repliche della direzione ad ogni commento: “Nella risposta si possono inserire informazioni nuove, dall’offerta in corso alla ristrutturazione giusto per fare un esempio, che possono incentivare una nuova visita e convincere ulteriormente chi visita il sito”. Pubblicare foto è altrettanto importante, perché rappresentano un vero e proprio biglietto da visita. Tripadvisor offre la possibilità di scaricare gratuitamente widget (interfaccia, ndr) da utilizzare sul proprio sito: “L’hotel può così arricchire il proprio sito riportando il certificato d’eccellenza o le ultime recensioni ricevute. Una scelta – sottolinea Deotto – che si rivela fondamentale per ottimizzare i tempi per effettuare la prenotazione trattenendo il visitatore sul proprio sito, visto che un recente studio Focus Wright evidenzia come per prenotare un hotel si impieghino solo 7-8 minuti al massimo”. Per conquistare definitivamente il cliente e acquisirne nuovi di passaggio è importante pubblicare le offerte e promozioni in corso: “Le offerte diventano visibili su una mappa che ogni utente può interrogare e che ogni turista di passaggio può cogliere”. L’importante è che siano attrattive: “A Milano tanti alberghi continuano a proporre il week-end romantico, in una città che evidentemente è meglio punti su altri argomenti più forti, dalla moda ai musei, al Cenacolo”.
Il 57% è più propenso a prenotare un hotel che replica alle recensioni, rispetto ad un altro hotel che non risponde ai viaggiatori, sulla base di una recente indagine condotta a settembre da PhocusWright’s per TripAdvisor. L’84 % dei turisti afferma di migliorare la propria considerazione di un hotel se è stata pubblicata una replica della direzione appropriata per una recensione negativa. Il 78%  pensa che la risposta di repliche della direzione sia un indice di quanto si tenga ai propri ospiti.

LE REAZIONI

Ristoratori bergamaschi in coro: “serve una migliore selezione delle recensioni”

Taverna del Colleoni Dell’Angelo
Cornaro: “Uno strumento
che offre opportunità di crescita”

“Grazie a Tripadvisor registriamo un incremento della clientela internazionale che sfiora il 30 per cento. E’ uno strumento di grande successo, molto seguito da chi viaggia, anche se non esiste un filtro. Oltre trent’anni fa, quando lavoravo a New York, Zagat muoveva i primi passi nel mondo delle guide, affidando i commenti agli utenti, ed oggi è la guida più importante oltre Oceano. Ma ha sempre fatto da filtro al mare magnum di commenti e recensioni. Resta il fatto che, comunque sia, una guida fatta dalla gente rappresenta una risorsa eccezionale e da cogliere”. Cornaro non solo risponde ad ogni recensione negativa, ma stampa e appende ogni commento non al top nella bacheca del personale: “Chi lavora qui potrebbe lamentarsi, ma invece si limita con grande professionalità a leggere e a prendere atto di ogni critica. Il risultato alla fine è positivo perché non fa che contribuire a migliorare il servizio. Quanto alle critiche, ogni giorno io e mio figlio Nevio seguiamo ogni aggiornamento e rispondiamo alle critiche, mettendo ancora più impegno nel rispondere a quelle più catastrofiche. Del resto internet è nato per scambiarsi idee ed opinioni e non cercare di colloquiare o stabilire i contatti con la propria clientela è un grande sbaglio”. I furbetti della recensione esistono, ma meritano comunque, anzi forse a maggior ragione, una risposta: “Mi è capitato di avere una recensione negativa in cui il turista si lamentava di una polenta e salame, che a onore del vero non ho mai avuto in carta nella mia vita, e del locale deserto. Probabilmente o ha sbagliato locale o ha sbagliato l’orario, ad ogni modo l’ho invitato a venire a cena nel nostro locale quando gli si presenterà l’occasione”. Non mancano alcune pecche: “Il sito non ha previsto una distinzione tra diverse categorie di locali e ristoranti, così accade che si trovi la gelateria come il bar e il ristorante. In questo Tripadvisor non può che migliorare “.

Roof Garden
Ferrari: “Cerco di stare
alla larga da blog e commenti”

“Da tempo immemore evito di leggere blog e commenti e presunte (e sottolineo presunte) visite, ma inevitabilmente con Tripadvisor dobbiamo fare tutti i conti. Io stesso, da utente, lo consulto ogni volta che intraprendo un viaggio, specialmente per vedere quali offerte propongono. Mi è capitato anche di scrivere recentemente una recensione dopo una serata davvero indimenticabile a Il Pellicano (a corte di Antonio Guida, due stelle Michelin conquistate nel Relais a Porto Ercole, ndr)”. Ho letto cose meravigliose e cose terribili. Mi sono giustamente arrabbiato nel leggere recensioni di piatti totalmente inattuali, che proponevo almeno due anni prima. Leggo due o tre recensioni positive ed è possibile che la terza sembri firmata da un esorcista? Probabilmente  su internet c’è chi si dà alla pornografia e anche chi prova piacere nel denigrare il lavoro altrui con cattiverie gratuite. Per questo evito di farmi venire il sangue amaro e non apro la pagina in internet. Sto in cucina dieci ore al giorno almeno sei giorni su sette, senza calcolare il tempo che comunque dedico al ristorante anche lontano dai fornelli e ho deciso di stare alla larga dai commenti allo sbaraglio. Con piacere noto che tanti altri miei colleghi fanno lo stesso, una conferma che ho avuto da grandi chef come Antonino Cannavacciuolo e Chicco Cerea”.

Il Pianone
Panattoni: “Critico verso questo strumento
sia come utente che come ristoratore”

“Sono abbastanza critico nei confronti di Tripadvisor sia da ristoratore che da utente, anche se comunque sia qualche cliente lo porta di sicuro. Mi è capitato di voler rispondere a due recensioni negative autenticandomi nel sito, ma purtroppo non mi è stato permesso. C’è stato perfino un caso eclatante di evidente errore nell’identificazione del locale, dal momento che si parla di un piatto come la pizza che in tanti anni di storia non abbiamo mai servito. Quando ho usato il sito in viaggio o in vacanza per cercare consigli su ristoranti sono rimasto un po’ deluso. Il problema è che chi scrive commenti non ha in larga misura grandi competenze e spesso non riesce a valutare l’effettiva qualità di quanto assaggia. Non mancano poi le recensioni al vetriolo: vuoi per il conto che è per sua definizione sempre troppo salato, vuoi come sfogo personale perché quella serata l’umore non era dei migliori”. Un solo giudizio negativo è in grado di metterne in discussione dieci positivi: “ La gente è più propensa a lamentarsi – a volte purtroppo muovendo critiche distruttive piuttosto che costruttive – che a tessere elogi. Ed anche questo è un aspetto da tenere in considerazione. Ci si scomoda a scrivere più per criticare che per condividere un’esperienza positiva”.  Un caso eclatante o sospetto? “Un paio di mesi fa ho letto una recensione negativa scritta da qualcuno che in quello stesso giorno aveva recensito ben 25 altri locali a Bergamo”. Non mancano i dispensatori di recensioni positive a pagamento: “Ogni giorno via mail ricevo offerte commerciali , tra cui la possibilità di acquistare  recensioni entusiaste su vari siti, tra cui Tripadvisor”. 

Porta Osio
Angeloni: “Pochi filtri e garanzie,
per questo resto scettico”

“Tripadvisor mi ha inviato un certificato di qualità da esporre e non posso che essere soddisfatto dei commenti positivi ricevuti, ma resto molto scettico nei confronti di uno strumento che non prevede filtri e garanzie che attestino l’effettiva visita al ristorante. Ad oggi Tripadvisor, nonostante io abbia ricevuto  recensioni oneste e positive, può essere utilizzato in modo improprio da chiunque, dal commentatore prezzolato al collega scorretto”. Alle critiche Nicholas Angeloni ha scelto di non rispondere: “E’ lecito lamentarsi, ma ho scelto di non dare importanza ad ogni commento. Mi capita di leggere risposte allucinanti da parte dei locali e non me la sento proprio di fare lo stesso, anche perché il cliente ha sempre e comunque ragione. Se il cliente muovesse le critiche di persona anziché sfogarsi poi sul web sarebbe decisamente meglio”. Un commento strano o sospetto? “C’è una donna misteriosa, che frequenta il mio locale in modo assiduo, almeno cinque-sei volte al mese che, pur riconoscendomi ben 4 stelle su 5, dichiara che il pesce da noi non è sempre fresco, cosa che non è assolutamente vera”.

Osteria Al Gigianca
Pesenti: “C’è pure chi ti ricatta
minacciando giudizi negativi”

“Tripadvisor porta senza dubbio tanti clienti. Essere nella top-ten dei locali recensiti in città ci porta un buon 30 per cento di clienti nuovi. Siamo a Loreto, siamo aperti da due anni, eppure tanti stranieri e turisti da fuori provincia decidono di fare un po’ di strada in più per raggiungerci, anche se siamo al di fuori dell’itinerario di visita tradizionale” . Oltre ai commenti positivi, non sono mancate le critiche e nemmeno i ricatti di qualche cliente che prova a mercanteggiare recensioni entusiaste in cambio di uno sconto: “Dopo la nostra segnalazione Tripadvisor ha convenuto con noi di rimuovere una recensione davvero aggressiva ed infamante, dopo un opportuno controllo. Sono capitate anche critiche assurde, come quella mossa ai nostri taglieri di salumi e formaggi tacciati d’essere di scarsa qualità, quando andiamo addirittura negli alpeggi a scegliere i formaggi migliori ed abbiamo produttori rinomati di riferimento per i salumi. Recentemente abbiamo ricevuto una promessa di recensione positiva ed un ricatto per un  commento negativo da un gruppo di ragazzi, che alla fine volevano uno sconto”. Ai commenti Al Gigianca ha scelto di rispondere ogni giorno: “Teniamo d’occhio costantemente il sito e abbiamo scelto di rispondere sia alle recensioni positive che a quelle negative”.




Il pane? Un prodotto anticrisi

Un piacere quotidiano, più che una necessità alimentare, almeno per un terzo degli italiani. Il pane resta un protagonista dei pasti, non importa se si consuma a casa, alla scrivania dell’ufficio o negli spazi del panificio stesso. È un prodotto anti-crisi, perché – dicono i consumatori – nulla è più gustoso e vario del pane artigianale, vincente sul piano della qualità, della varietà e della tradizione. Sono i principali orientamenti che emergono da una ricerca Swg, commissionata da Veronafiere in vista del Siab, il salone dedicato alle tecnologie e ai prodotti legati a pane, pasta, pizza, pasticceria, in programma a Verona dal 25 al 29 maggio 2013.
Lo studio ha coinvolto consumatori, panificatori e imprese della filiera (dai produttori di materie prime ai costruttori di attrezzature, tecnologie, materiali e accessori specifici per l’arte bianca), con l’obiettivo di comprendere le dinamiche di evoluzione del mercato della panificazione e degli spazi di possibile ri-posizionamento, delle priorità e aspettative di settore, delle strategie più utili a consolidare gli spazi di mercato.

Per due italiani su tre è importante
la denominazione “pane fresco”

Il pane mantiene il suo forte appeal e regge alcuni cambiamenti delle abitudini degli italiani, come ad esempio l’aumento dei pasti fuori casa. Il consumo è infatti allineato a quello del 2010, con un aumento – seppure lieve – della quantità media acquistata, passata da 496 grammi a settimana del 2010 ai 500 del 2012.
Le risposte fornite dai consumatori intervistati (un campione di 800 maggiorenni residenti in Italia) indicano chiaramente ai panificatori la strada da seguire per continuare a soddisfare le loro aspettative: specializzarsi e soprattutto differenziarsi da altre tipologie industriali è obbligatorio. Nello specifico, il 63% dei consumatori valuta molto utile l’introduzione della denominazione “pane fresco” per il pane prodotto in giornata e non sottoposto a trattamenti di conservazione; più della metà degli intervistati (52%) vede negativamente l’aggiunta di additivi e di miglioratori nella preparazione di prodotti da forno dolci e salati. Ma anche la parola “panificio” ha un valore importante: per il 60% degli intervistati, è infatti molto utile per caratterizzare quelle imprese che svolgono l’intero ciclo di produzione del pane. Per le medesime ragioni distintive e identitarie, il 70%o dei consumatori crede che sia molto utile introdurre l’obbligo della dicitura “pane conservato” per il pane che ha subito una qualche forma di trattamento per la conservazione.

Qualità e nuovi servizi le leve
per far crescere il settore

Le soluzioni indicate per crescere fanno leva principalmente su due azioni. Da un lato la ricerca della qualità, dell’originalità, della riscoperta di tradizioni e di prodotti ricercati. Dall’altro un percorso di innovazione sia sul piano tecnico-gestionale che nella riorganizzazione degli spazi del forno come un’area dove è possibile mangiare con minori costi. Secondo il campione, infatti, il risparmio medio di chi sceglie il panificio per mangiare sfiora i 3 euro a pasto.
Consumatori, panificatori e filiera evidenziano i cardini attorno ai quali sviluppare il business dell’arte bianca. Innanzitutto, puntare sulla qualità, concetto sposato dal 56% degli artigiani del pane, del 54% dei consumatori e del 31% delle imprese della filiera. Il 26% dei panificatori e il 14% dei consumatori ritiene che un passo importante da compiere sia la trasformazione del panificio in piccole boutique del gusto. Un’altra soluzione all’insegna del rilancio del comparto, riconosciuta dal 16% dei consumatori (e dal 7% dei panificatori) contempla la possibilità di ampliare la gamma di prodotti da forno dolci e salati.
Ma anche l’opportunità offerta dal decreto liberalizzazioni del 2007, che consente ai panifici di offrire pasti veloci e di qualità è una strada individuata dal 12% dei consumatori e dal 7% dei panificatori, più tradizionalisti nel considerare il negozio più come luogo di acquisto che come punto di ristoro di qualità.
Innovazione, nelle aspettative dei consumatori, significa anche nuovi servizi, come la possibilità di ordinativi su misura e on line, la consegna a domicilio. Una modernizzazione a largo raggio, insomma, nella quale gioca un ruolo fondamentale anche tutta la filiera: dalle materie prime alle attrezzature, dall’arredamento fino al packaging, all’abbigliamento ed agli accessori in generale.

La sfida è guadagnare spazio
nei consumi fuori casa

Lo scenario in cui disegnare la ristrutturazione del settore passa attraverso un aumento del consumo alimentare fuori casa nel corso della settimana, elemento che accomuna il 63% degli intervistati. Solo nel 2007 erano il 46%. Si consuma di più, rispetto a cinque anni fa, in pizzeria (passata dal 18 al 21%) e al bar, passato dal 9 al 13%, mentre il ristorante e la trattoria sono sostanzialmente stabili al 21%.
Sale anche la quota del panificio. Il 7% degli italiani lo sceglie abitualmente (mangiano in panificio più o meno spesso) per un pasto rapido ed è una tappa frequente per un rimanente 12% (che sceglie il panificio saltuariamente). I motivi? Un connubio vincente fra qualità e minore spesa, con un risparmio medio a pasto di 2,92 euro. A dare la spinta è la percezione di quello che si acquista. Siano essi prodotti da forno dolci o salati, il panificio artigianale offre prodotti più buoni (40% sui prodotti dolci, 54% sui salati), più freschi (39% se dolci, 44% se salati) e più genuini (29% se dolci, 26% se salati).




A Natale via Quarenghi “apre” quattro negozi

Pur essendo in centro, via Quarenghi viene percepita come un mondo a parte, una zona d’ombra nella mappa della città. Questo, secondo i residenti, avviene non perché la area presenti chissà quali maggiori rischi per la sicurezza, ma per un motivo più semplice, la mancanza di una reale attrattività commerciale. Il moltiplicarsi di supermarket cinesi, phone centre, kebab e ritrovi etnici, tutti concentrati nella parte bassa della via, ha di fatto appiattito l’offerta e ristretto il numero dei potenziali visitatori ai soli interessati a quel tipo di attività. Ora che anche il turn over di locali e negozi gestiti da cittadini extracomunitari sembra rallentare e che nuovi cartelli “affittasi” e “vendesi” compaiono al fianco di saracinesche abbassate da tempo, l’Associazione Quarenghi – la realtà attraverso la quale il Comitato dei residenti realizza le iniziative di animazione e promozione -, lancia un’operazione “dimostrativa” che ha chiamato “Aperti per Natale”.
Dall’8 al 23 dicembre, in pieno clima di scarpinate in lungo e in largo alla ricerca dei regali, ha infatti riaperto quattro negozi sfitti, tutti nella parte bassa della via, quella percepita come off limits, mettendoli a disposizione di artisti e onlus. Al civico 21 si potrà trovare un atelier artistico di fotografia e pittura, con le opere di Ivan Mologni, poeta dell’immagine, e dei maestri d’arte Ivan Colombo, Leonardo Corvino, Elisabetta Mastro e Riccardo Moretti. Nella corte interna al numero 29, l’associazione Donne Internazionali allestirà il proprio mercatino di Natale proponendo decorazioni in cristallo di Boemia e altri oggetti, al 48/d prenderanno posto gli intarsi lignei di Osvaldo Mazzoleni, mentre al 50/a Lorella Brembilla metterà in mostra le proprie creazioni nello spazio “L’arte creativa di Lella: borse… e non solo”.
«Siamo conviti – afferma Giulia Martinelli, presidente del Comitato – che il commercio possa dare un impulso importante alla riqualificazione dell’area, ma deve offrire qualcosa che altrove non si può trovare. Con questa iniziativa ci piacerebbe lanciare questo stimolo, far vedere come la via può cambiare volto grazie all’apertura di attività nuove». «È un’idea – prosegue – sulla quale stavamo lavorando da qualche tempo (annunciata già in un’intervista alla Rassegna ndr.) e siamo davvero contenti di essere riusciti a realizzarla. Ci ha fatto molto piacere, in particolare, l’entusiasmo con il quale i proprietari hanno risposto mettendo a disposizione gratuitamente i loro locali, tra i quali anche spazi suggestivi e dimenticati come quello all’interno della corte. L’Associazione si è poi occupata di rendere nuovamente agibili gli spazi, a cominciare dal ripristino dell’energia elettrica, mentre la scelta di puntare su onlus e artisti è legata sia alla maggiore snellezza burocratica per la collocazione di questo tipo di attività e alla volontà di proporre qualcosa legato all’arte, alla creatività e alla solidarietà. È davvero bello veder tornare a vivere le vetrine e speriamo che la curiosità per questo evento indirizzi i passi dei bergamaschi anche su via Quarenghi e ne faccia percepire le potenzialità». 




Nel Distretto di Zingonia i regali li fanno i commercianti

I negozianti del Distretto del Commercio Area Zingonia – che riunisce i comuni di Boltiere, Ciserano, Osio Sotto, Verdellino e Verdello – hanno deciso di prolungare la stagione dei regali. Hanno infatti dato vita ad un concorso che premia chi fa gli acquisti nei punti vendita aderenti che va oltre il periodo delle Feste. Dall’11 dicembre al 15 febbraio, grazie all’iniziativa chiamata “Premia i tuoi acquisti”, si potrà tentare la sorte in due modi, scoprendo se c’è un premio immediato sotto la striscia argentata “gratta e vinci” o partecipando all’estrazione finale. Per concorrere all’estrazione occorrerà completare con cinque timbri di negozi diversi l’apposita scheda, che sarà consegnata gratuitamente. Si avrà diritto al timbro con un acquisto di almeno 10 euro, secondo le modalità stabilite da ciascuna insegna e indicate chiaramente all’interno dell’esercizio. In palio ci sono buoni spesa del valore complessivo di 1.500 euro. Il primo premio è di 350 euro (due buoni da 100 e tre da 50 euro), il secondo è di 250 euro (un buono da 100 e 3 da 50 euro), il terzo di  150 euro (tre buoni da 50 euro), seguiti da premi di 50 euro cadauno e da ulteriori buoni spesa, buoni sconto e buoni regalo messi in palio direttamente dai commercianti e da utilizzare nei loro negozi. I buoni spesa potranno essere utilizzati nei negozi aderenti all’iniziativa nel periodo 10 marzo – 30 giugno 2013.
Ogni scheda per la partecipazione all’estrazione finale consente di partecipare anche al concorso del tipo “gratta e vinci”. Dopo aver ricevuto la scheda, basta che il cliente rimuova la patina argentata per scoprire subito se ha vinto o meno uno buoni spesa messi in palio (per un valore complessivo di 1.000 euro) da utilizzare presso qualsiasi punto vendita associato al concorso. In caso di vincita, i buoni spesa spendibili solo al completamento della scheda con i cinque timbri apposti da cinque commercianti diversi aderenti all’iniziativa. Anche in questo caso i vincitori potranno usufruire dei buoni spesa entro il 30 giugno 2013.
I punti vendita che partecipano sono più di cento (l’elenco è disponibile sul sito del distretto http://areazingonia.wordpress.com) nei comuni di Boltiere, Osio Sotto, Verdello e Verdellino. La gamma delle merceologie è molto ampia e permette di soddisfare, in pratica, ogni esigenza, dalla spese quotidiana all’abbigliamento per tutta la famiglia, dagli elettrodomestici all’arredamento, dalla cartoleria ai fiori, senza dimenticare parrucchieri, estetiste, negozi di ottica e fotografia, lavasecco, il fuori casa, con bar, pasticcerie, ristoranti e pizzerie e i punti vendita specializzati, ad strumenti in strumenti musicali, filati, cornici, moto, tappezzeria e tanto altro ancora. Con questo progetto il Distretto persegue il proprio obiettivo di accrescere l'interesse, la conoscenza e l’attrattività delle attività commerciali ed artigianali del territorio.




A Natale negozi testimonial di solidarietà

“Mettici il cuore!… per un Natale aperto alla missione” è lo slogan della nuova edizione della tradizionale campagna natalizia che vede l’Ascom affiancare il Centro Missionario della Diocesi di Bergamo e l’associazione “Pro Jesu” onlus nel sostenere alcuni progetti di solidarietà e al contempo richiamare l’attenzione sul significato della Festività. E un cuore – in pannolenci color panna, tempestato da preziose perle ed arricchito con decorazioni in nastro di raso marrone e scozzese con fili d’argento, il tutto guarnito con spilla gioiello in strass e cristalli – è il simbolo dell’iniziativa di quest’anno, il testimonial che si chiede ai commercianti di acquistare ed esporre per sostenere la campagna. Con un contributo di 15 euro, i negozianti possono ritirare un kit che, oltre all’addobbo a forma di cuore, contiene una locandina con la presentazione della campagna, dei calendarietti-segnalibro da omaggiare ai clienti, chiudipacco natalizi per i regali e la spiegazione del progetto. L’operazione non prevede una raccolta fondi nel punto vendita, ma semplicemente di farsi promotori, grazie al materiale fornito, degli obiettivi e del messaggio dell’iniziativa nei confronti dei cittadini che quotidianamente frequentano gli esercizi. L’invito a partecipare è rivolto, in particolare, ai dettaglianti alimentari, agli ambulanti della Fiva in occasione delle bancarelle di Santa Lucia, ai panettieri dell’Aspan, chiamati anche a realizzare per l’occasione un pane a forma di cuore, e agli operatori turistici attraverso il coordinamento del Consorzio di promozione turistica della Città di Bergamo. Anche i pasticceri del Capab e il distretto del commercio Bergamo Centro sono stati coinvolti.
I fondi raccolti quest’anno andranno a sostegno di quattro progetti dedicati al futuro di ragazzi e giovani, in Bolivia, Costa d’Avorio, Terra Santa e Albania. In Bolivia l’intervento si inserisce in una lunga esperienza di sostegno alle famiglie ed ai più piccoli nei “Clubs de Madres” ed è affidato a Suor Giusy Manenti, della comunità delle Suore del Bambino Gesù, nella zona dell’altipiano di Potosì. Qui da qualche anno le suore hanno iniziato ad organizzare brevi corsi di economia domestica, taglio, cucito e confezionamento di abiti tipici della cultura andina con l’obiettivo di offrire un’opportunità di crescita sociale e culturale. In Costa d’ Avorio, invece, il “Centro Sanitario Palazzolo” delle Suore delle Poverelle ha come scopo principale quello di aiutare i poveri e la raccolta fondi vuole sostenere la realizzazione di un laboratorio di analisi ed ottenere il riconoscimento della struttura a “Centro Medico-sociale”, così da avere il diritto ad un medico ed un tecnico superiore per le analisi di laboratorio inviati dal Ministero della Salute. In Terra Santa i cristiani vivono in una situazione di fatica e indigenza, faticano a trovare un posto di lavoro, a sostenere le semplici spese quotidiane, a permettere a ragazzi e giovani di frequentare la scuola e raggiungere un sufficiente livello di preparazione. Per questo motivo la campagna sosterrà percorsi scolastici formativi e professionali, nell’ambito di un progetto affidato a padre Pierbattista Pizzaballa, bergamasco, Custode di Terra Santa. In Albania, infine, l’obiettivo è realizzare una chiesa per la comunità parrocchiale di Shengjin, un paese di circa 5.000 abitanti sulla costa, nella diocesi di Lezhe, a maggioranza cattolica.
La campagna coinvolge ogni anno molte altre realtà territoriali e si articola in numerose iniziative. A cominciare dal Concerto di Natale nella basilica di Sant’Alessandro nell’ambito del quale sarà assegnato il premio “Beato Papa Giovanni XXIII” ai missionari bergamaschi. E ancora: il coinvolgimento delle scuole e degli oratori nel concorso “Mettici il cuore!… anche tu”, la presenza della “Luce di Betlemme”, la capanna con la Natività sul Sentierone, la possibilità di acquistare e donare il “panettone della Solidarietà”, la vendita di presepi e oggetti provenienti dal sud del mondo a Oriocenter, il servizio di confezione dei pacchi all’Iper di Seriate, una serata con le esperienze di giovani impegnati nelle missioni, un concerto del coro Idica, per concludere con la meditazione musicale “Il cuore dei Magi” il 6 gennaio nella Chiesa parrocchiale del Sacro Cuore a Bergamo. Si possono sostenere i progetti anche attraverso il sito www.websolidale.org, che vende i presepi on line e dà la possibilità di inviare gli auguri natalizi via internet tramite la “Cartolina solidale”.
L’Ascom, che sin dall’inizio è stata tra i promotori della campagna, rivolge anche quest’anno l’invito ai propri associati a condividere questo percorso, con l’obiettivo «di far conoscere sempre di più la proposta per una sempre maggiore sensibilizzazione».




Supermercati in franchising, l’allarme dei gestori

I dati lo indicano come una formula che regge davanti al calo dei consumi, un sistema che, pur toccato – come tutti – dalla crisi, ha dalla sua parte elementi capaci di offrire maggiore competitività alle aziende commerciali. In effetti il franchising – con la sua dotazione di esperienza, prodotti, ambiente, immagine e comunicazione già collaudati – rappresenta una strada più semplice rispetto al “fai da te”, sia per i negozianti che vogliono aggiornare la propria offerta in una chiave più moderna sia per chi vuole lanciarsi per la prima volta in un’attività in proprio, prospettiva oggi presa in maggiore considerazione per via delle difficoltà occupazionali.
Secondo il rapporto di Assofranchising, ad esempio, lo scorso anno in Italia il fatturato dei franchisor, ossia le aziende affilianti, è aumentato di 166 milioni di euro (+0,7% rispetto all’anno precedente, +2% nel biennio 2009-11) ed i punti vendita, al netto delle chiusure, sono saliti di 83 unità (+0,2%), una lieve positività che diventa ben più significativa paragonata alla generale flessione del numero di aziende commerciali.
Ma la crisi, se da un lato accende l’interesse sull’affiliazione, dall’altro ne evidenzia i problemi. Per supermercati e market, in particolare, Renato Rodigari, presidente del gruppo gastronomi e salumieri dell’Ascom, oggi parla di vero e proprio allarme, della necessità non più prorogabile di rivedere i rapporti tra le grandi catene ed i gestori, perché è su questi ultimi che finiscono per ricadere le maggiori conseguenze del difficile momento economico. «In Bergamasca – afferma – ormai tutti i supermercati appartengono ad una rete in franchising, indipendentemente dalla superficie. Anche il piccolo market sotto casa si trova a dover affrontare un passaggio, in pratica, obbligato se vuole rimanere sul mercato. Il franchising, in questo settore, non è più un aspetto particolare della distribuzione, ma rappresenta la forma prevalente in cui vengono esercitate le attività, non solo a Bergamo ma in tutta Italia. Questo nuovo scenario fa nascere l’esigenza di maggiore attenzione e supporto alle imprese, che come Ascom ci stiamo impegnando a portare avanti a livello nazionale».
I gestori, o franchisee, lamentano gli eccessivi vincoli imposti dall’azienda madre, che in tempi di crisi arrivano a minacciare la sostenibilità e la sopravvivenza dell’attività. «I contratti sono differenti a seconda del marchio – spiega Rodigari –, in media, comunque, un punto vendita è obbligato ad acquistare il 98% dei prodotti dalla società affiliante, a seguire politiche di prezzo imposte e a partecipare alle promozioni e alle raccolte punti sostenendone le spese. A carico del gestore ci sono poi i costi del personale, delle utenze, l’affitto e la manutenzione ordinaria, solo per citare le principali». L’imprenditore si trova così stretto tra due fuochi che gli lasciano ben poco margine di azione. «In pratica – prosegue il presidente – non ha autonomia nella gestione e, anzi, spesso si trova addirittura costretto ad agire contro la propria scelta imprenditoriale, eppure risponde personalmente dell’andamento dell’attività senza ricevere alcun supporto dal franchisor in caso di difficoltà. Detto fuori dai denti, la catena si prende i vantaggi, mentre se ci sono delle perdite se le accolla tutte il gestore».
Le ragioni di questo squilibrio sono dovute al diverso peso degli attori in campo. L’avvocato Barbara Bari sta seguendo alcune vertenze tra affiliati e franchisor in Bergamasca ed ha avuto modo di approfondire l’argomento analizzando vari contratti relativi ai supermarket. «La legge che ha introdotto in Italia l’istituto giuridico del franchising – spiega – è del 2004. Di per sé contiene regole precise e oggetti specifici che devono essere contenuti nei contratti, nella prassi, però, avviene che i contratti sottoscritti sono quelli predisposti dall’affiliante, ossia dai grandi gruppi della distribuzione organizzata che, naturalmente, li impostano a proprio favore. Ciò capita in primo luogo perché nella maggior parte dei casi si contravviene all’obbligo di trasmissione 30 giorni prima della firma all’affiliato, che non ha quindi la possibilità di approfondire le condizioni né di ottenere modifiche che ristabiliscano l’equilibrio tra le parti». Tra gli aspetti maggiormente fonte di controversie c’è il fatto che «gli affiliati non vengono informati o lo sono in modo parziale degli investimenti iniziali richiesti – prosegue l’avvocato – e che non riescono ad avere un quadro preciso delle potenzialità del punto vendita e dei costi di gestione».
Il nodo sta perciò nell’avvio del rapporto. «Da parte degli imprenditori c’è un po’ di timore reverenziale – ammette Rodigari – nei confronti di questi colossi e non si pensa di poter controbilanciare le loro proposte, spesso presentate quasi come delle concessioni. La prima azione che l’associazione di categoria oggi può fare è migliorare l’informazione, consigliando per lo meno di valutare con un professionista il contratto se non addirittura proponendo un servizio apposito di consulenza». «Oltre a richiedere che vengano riportate nel contratto tutte le informazioni che il franchisor fornisce all’affiliato in tema di investimenti e spese di gestione del punto vendita – dice l’avvocato Bari -, si può consigliare di mettere nero su bianco altri punti importanti come la descrizione del know-how e del tipo di consulenza commerciale che saranno forniti al gestore, gli ambiti e le estensioni della clausola di esclusiva, la durata del contratto e gli obblighi di riservatezza sul know-how acquisito». «Le condizioni – rileva Barbara Bari – possono anche variare in base alla posizione del punto vendita, alla qualità del bacino di utenza o a particolari esigenze. Il momento economico porta inoltre a ipotizzare di prevedere una revisione periodica delle voci, che tenga conto di fattori come il calo dei consumi e l’aumento dei costi». 
Tra gli altri aspetti gravosi e penalizzanti segnalati dagli affiliati ci sono la presenza di una fideiussione “a prima richiesta” che il franchisor può far valere a fronte di un qualsiasi inadempimento, la difficoltà a raggiungere i target fissati e, nel caso il rapporto si incanali verso la conclusione, problemi legati alle modalità e ai tempi di preavviso (che vanno ad investire anche i dipendenti) e a farsi riconoscere l’eventuale incremento di fatturato realizzato durante la gestione. «Le difficoltà, come si vede, sono molte – riassume Rodigari – e la crisi le sta accentuando, per questo crediamo serva un intervento su base nazionale che tuteli gli imprenditori. I vincoli eccessivi stanno mettendo a rischio un importante valore per il sistema commerciale, che è la conoscenza che il gestore ha delle specificità territoriali e la capacità di modulare l’offerta in base a queste». «Il riequilibrio tra le parti è legato al contratto – conclude l’avvocato -, ma anche qualche ritocco alla legge, prevedendo ad esempio sanzioni più immediate e pesanti in caso ci si discosti dalla norma, potrebbe dare una mano».




Consumi, il bar è ancora “re” nel fuoricasa

Nonostante le difficoltà economiche e nonostante la spesa per i consumi alimentari domestici sia in forte calo, gli italiani continuano a spendere nei pubblici esercizi, soprattutto nei bar.
Con 1,5 miliardi di consumazioni all’anno il bar rimane il luogo preferito dagli italiani per fare colazione. Sono almeno 20 milioni gli italiani a cui capita, più o meno saltuariamente, di entrare al mattino in uno dei 172 mila bar dislocati nelle città, nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti e lungo la rete autostradale.
Il profilo del consumatore tipo della colazione fuori casa ha tra i 25 e i 44 anni, un diploma di scuola media superiore ed è lavoratore dipendente. E’ soprattutto per questo, ovvero in conseguenza della contrazione dei livelli di occupazione, che anche la colazione fuori casa ha risentito degli effetti della crisi di questi anni.
Con uno scontrino medio di 2,60 euro la colazione al bar genera un volume d’affari di 3,9 miliardi di euro pari al 21% del valore complessivo delle vendite del canale.
Brioche e cornetti, quasi sempre accompagnati da caffè o cappuccino sono la combinazione preferita per la colazione al bar. In crescita, ma ancora marginale, il consumo di prodotti alternativi come spremute, succhi di frutta, spremute, yogurt e cibi salati.
Il prezzo medio della tazzina di caffè è 0,93 euro mentre quello del cappuccino è di 1,25 euro.
Per il presidente Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani «È encomiabile la capacità con il quale il Pubblico Esercizio italiano riesce a mantenere il prezzo della tazzina a prezzi fortemente inferiori rispetto alla media europea, con costi per il servizio che imporrebbero un pubblico riconoscimento per un servizio che meriterebbe ben altri prezzi».
Nell’ultimo anno la dinamica dei prezzi della caffetteria si è mantenuta costantemente (e largamente) al di sotto dell’inflazione generale. Anche per la pausa di metà mattina o per il break pomeridiano il bar rimane, con oltre il 40% delle occasioni di consumo, il luogo più frequentato dagli italiani.
Con una densità di 2,8 esercizi ogni mille abitanti, un orario medio di apertura giornaliero che supera le dodici ore, il bar è il luogo di prossimità per eccellenza. La Lombardia è la regione con la maggiore presenza di bar. Ve ne sono circa 30mila, pari al 17% del totale. Ma altrettanto importante è la diffusione dei bar in Veneto, Lazio e Campania. La densità aumenta sensibilmente, per diverse ragioni non ultima la vocazione turistica, in Valle d’Aosta (4,6), Liguria (4,4) e Sardegna (3,8).
Nel mondo del bar sono occupate 351mila persone. Degli oltre 200 mila lavoratori dipendenti 122 mila sono donne e 24mila hanno un contratto di apprendistato. I dipendenti stranieri sono il 22% del totale. Ma le donne hanno un ruolo di rilievo anche come imprenditori. Oggi le imprese che hanno almeno una donna con una carica attiva nelle imprese del settore sono il 56,5% del totale. Nel Nord ci sono regioni in cui la quota sfiora il 70%. Al di sotto della media si collocano quasi tutte le regioni del Mezzogiorno, dove nell’immaginario collettivo il bar è ancora vissuto come un luogo a forte caratterizzazione maschile. Al contempo è enormemente cresciuto il numero di imprenditori di origine straniera. La media nazionale è del 10,2%, ma in alcune regioni del nord si supera il 15%. Anche in questo caso l’incidenza più bassa si registra al sud dove il settore è ancora presidiato dall’imprenditoria endogena.




Panificatori, l’Aspan investe sulla formazione

Il personale ben preparato è una ricchezza per l’impresa (e per tutto il territorio). I panificatori dell’Aspan lo sanno bene ed è per questo che non si sono limitati a ripetere il concetto a mo’ di slogan, ma si sono dati da fare per tradurlo in realtà. Si sono infatti attivati per promuovere – attraverso l’Abf, l’azienda speciale per la formazione della Provincia – l’avvio di un corso per operatore della panificazione e della pasticceria nella Bassa Bergamasca ed hanno sostenuto direttamente i costi per l’allestimento e le attrezzature del laboratorio, oltre a fornire la docenza nelle materie di propria competenza.
Il corso è partito quest’anno a Castel Rozzone, dove è già attivo da un anno un percorso per operatori del legno, e nei giorni scorsi si è tenuta l’inaugurazione ufficiale. Si tratta di un corso di formazione triennale che permette di assolvere all’obbligo scolastico dopo la terza media e di conseguire un attestato di Qualifica di II livello europeo. Una proposta che ha intercettato le aspirazioni dei ragazzi, visto che al debutto ha ricevuto richieste di iscrizione quasi doppie rispetto ai 25 posti disponibili, assegnati ad estrazione.
«Abbiamo fatto un importante sforzo economico – afferma il presidente dell’Aspan Roberto Capello – perché siamo convinti che la qualità dell’impresa e del prodotto sia influenzata dal livello e dalla formazione degli operatori. Le nostre aziende della zona manifestavano già da tempo la necessità di addetti qualificati, difficili da trovare nelle vicinanze probabilmente perché la sede di Bergamo risultava troppo distante per i ragazzi, così è nata l’idea di metterci in gioco in prima persona per sfornare i nuovi potenziali panificatori: è un’operazione che testimonia la volontà della categoria di costruirsi il proprio futuro».
Il laboratorio può contare su due forni, due impastatrici, sfogliatrice, formatrice, tavoli, insomma tutta l’attrezzatura che lo studente potrà trovare in un panificio di medie dimensioni. «Un elemento qualificante – tiene a sottolineare Capello – è che le lezioni sono tenute da panificatori in attività, questo, se da un lato è penalizzante per gli operatori, che devono sottrarre tempo alle proprie imprese, dall’altro ha il grande vantaggio di offrire ai ragazzi la visione del mercato aggiornata a cinque minuti prima dell’ingresso in aula del docente. È vero infatti che il pane ha una tradizione millenaria, ma è altrettanto vero che i gusti e le richieste variano di continuo e la grande capacità richiesta al fornaio è saperle intercettare e soddisfare».
Anche il direttore del Cfp di Castel Rozzone, Primiano Braccia, sottolinea il valore del contatto diretto con gli imprenditori. «Trattandosi di un corso che deve soddisfare l’obbligo scolastico – spiega – sono previste materie tradizionali come italiano, storia, geografia, scienze, informatica e inglese, ma, oltre alla pratica effettuata in laboratorio, hanno un grande peso anche gli stage nelle aziende, che permettono agli studenti di rendersi conto della realtà lavorativa». «Come dimostrano le numerose domande di iscrizione – prosegue -, l’interesse per la proposta è alto, forse perché è un’attività che dà spazio alla manualità e alla creatività e si realizza un prodotto sempre apprezzato. Una riprova viene dal successo incontrato anche dal corso serale per adulti, articolato in 370 ore compresi laboratori e stage, che ha raccolto una ventina di iscritti, tra giovani e chi si vuole reinventare una carriera, ancor più significativo se si pensa che, a differenza di quello per i ragazzi, è a pagamento».
Ma tutti questi aspiranti panificatori e pasticceri troveranno lavoro? «Per l’artigianalità di qualità ci saranno sempre prospettive – risponde senza esitazione il presidente Capello -. Per confortare le nuove leve possiamo ricordare inoltre che la nuova modalità di acquisto del pane, spalmata durante tutto l’arco della giornata, ha alleggerito il lavoro, spostando l’attività dal cuore della notte ad un’organizzazione che privilegia il servizio just in time, ossia l’offerta di pane fresco il più caldo possibile. Questa evoluzione ha, tra l’altro, favorito l’aumento delle donne addette alla produzione, è bene perciò suggerire anche alle ragazze di prendere in considerazione l’idea di frequentare un corso di panificazione».
Il nuovo laboratorio si propone anche come punto di riferimento per chi l’attività ce l’ha già, per la cosiddetta formazione continua. «Uno dei pregi della nostra categoria – dice Capello – è la disponibilità a condividere le conoscenze, forse perché ci si è resi conto che il concorrente non è il forno vicino, ma i prodotti alternativi al pane, e che se è alto il livello complessivo dell’offerta artigianale ci guadagnano tutti. La nuova struttura potrà perciò ospitare anche incontri e seminari di aggiornamento».  
Il corso di panificazione di Castel Rozzone si aggiunge a quelli già attivati da Abf a Bergamo e a Clusone. Aspan, che ha fatto del raccordo con la scuola una sua priorità sin dalla fine degli anni Ottanta, cura inoltre la docenza del percorso che si svolge alla Fondazione Istituto Sordomuti di Torre Boldone e la formazione per i detenuti nel laboratorio di panificazione attrezzato nel carcere di Bergamo.
Nell’attesa della nuova annualità, i ragazzi interessati ad intraprendere questa professione possono segnarsi le date degli open day organizzati da Abf: il 24 novembre e il 19 gennaio a Castel Rozzone, 15 dicembre a Bergamo in via Gleno e a Clusone, dove si replica il 19 gennaio.




Dall’Incubatore al Point, «così le idee d’impresa potranno crescere ancora»

Come le idee imprenditoriali che nel corso della loro permanenza nell’Incubatore spesso si modificano ed evolvono per centrare al meglio il proprio obiettivo, anche il progetto camerale di accompagnamento alla nascita di imprese giovani ed innovative non è rimasto fermo e nel tempo ha individuato nuovi ambiti e strumenti di sviluppo. Lo ha fatto dotandosi di una sede tutta sua – il Centro formativo per la creazione d’impresa a Brembate Sopra, che ha permesso di raddoppiare il numero di iniziative ospitate – e focalizzando man mano l’attenzione su temi emergenti, come il turismo, le nuove tecnologie e la green economy. Le nuove sfide sono quelle legate al contesto sempre più difficile con il quale le imprese sono chiamate a confrontarsi e alla maggiore complessità dei progetti stessi. L’undicesima annualità, i cui risultati sono stati presentati nei giorni scorsi insieme con il bando per il 2013 (le domande devono essere presentate entro il 7 dicembre, i dettagli su www.incubatore.bergamo.it), ha ospitato 15 realtà, tutte già operative sul mercato, cinque delle quali legate al turismo, cinque alla sostenibilità ambientale ed energetica e 12 caratterizzate da un’impronta tecnologica.
Per molte di loro si tratta della prosecuzione dell’esperienza e talvolta dello sviluppo di un nuovo progetto, magari proprio a partire dall’incontro “alla macchina del caffè” di colleghi con competenze in settori diversi. «Una delle esigenze che più si avvertono ora – ha spiegato il responsabile del progetto, Giovanni Fucili – è quella di un accompagnamento più lungo, perché le idee sono più articolate o si evolvono durante il percorso, il mercato è più difficile e c’è la necessità di farsi comprendere». La permanenza più essere prolungata fino a tre anni, ma c’è anche una nuova prospettiva. «L’obiettivo dell’Incubatore – ha ricordato Giorgio Ambrosioni, componente del CdA di Bergamo Sviluppo, l’azienda speciale della Camera di Commercio che realizza l’iniziativa – non è solo quello di fare emergere l’innovazione ma di darle concretezza, la solidità per rimanere sul mercato e fornire nuovi spunti alla nostra economia. In questo senso il Point, il Polo per l’innovazione tecnologica di Dalmine, appare come una sede privilegiata per le attività nate a Brembate Sopra, un luogo che offre le condizioni e le esperienze per creare sinergie, un’occasione di rigenerazione del Point stesso». «Per molto tempo l’industria è stata il settore portante in Bergamasca, ma può esserlo anche il terziario avanzato ed è grazie alla scommessa che avete fatto – ha detto rivolgendosi ai neoimprenditori – che si può colmare il gap nel nostro sistema produttivo. Ci si interroga sempre più spesso sul futuro del nostro territorio, ebbene, credo che le chiavi si possano già trovare nei vostri progetti».
Intanto a rappresentare qualcosa di più di un buon auspicio per le aziende che prima o poi lasceranno la struttura ci sono le performance sin qui messe a segno. «In dieci anni – ha ricordato il direttore di Bergamo Sviluppo Cristiano Arrigoni – ha selezionato 104 progetti, di cui 84 sono stati realizzati, ossia il 75%. Settanta sono ancora attivi, pari al 90%. Il progetto, unico in Italia portato avanti da una Camera di Commercio, ha ricevuto inoltre numerosi riconoscimenti e si è articolato in nuove iniziative. Tra le ultime, la formazione e l’assistenza per la partecipazione ai concorsi Start Cup Bergamo e Lombardia e la collaborazione con il Rotary Club Bergamo con cui sono stati avviati percorsi di assistenza e mentoring per le imprese in uscita, che richiedevano, appunto, di potersi confrontare con manager, imprenditori e professionisti esperti». L’affiancamento sarà potenziato nel 2013. «È realizzato attraverso il programma Virgilio – ha spiegato Fabio Bergamaschi – che opera da più di vent’anni con tutte le Camere di Commercio d’Italia. A Bergamo gli iscritti al Rotary sono 560 e possono diventare tutor dei nuovi imprenditori». A dare ulteriori stimoli alla struttura ci pensano i partecipanti. «Un grosso problema è trovare finanziamenti – ha rilevato Sergio Cocco di Wineamore – che possono riguardare sia il capitale per far crescere il progetto sia la liquidità. È un peccato che non possano essere messe meglio a frutto le percentuali così alte di successo che l’Incubatore può vantare e il valore rappresentato dalla selezione e dall’accompagnamento realizzati da un ente qualificato e super partes come la Camera di Commercio». Pur riconoscendo di trovarsi già in una posizione privilegiata, che apre molte opportunità, un’altra difficoltà, segnalata da Sergio Forleo di Maply, è quella di farsi ascoltare. «Sembra più che altro un problema di mentalità – afferma -, solo riuscire a parlare al telefono con chi potrebbe essere interessato alla proposta è un’impresa».
 
LE ESPERIENZE
Il portale di moda pensato per i piccoli negozi
 

L’idea di mettere a punto un nuovo prodotto o servizio molto spesso nasce da un proprio bisogno, la classica lampadina che si accende constatando che, in una certa situazione, servirebbe quel certo aiuto. Luca Ubiali, sviluppatore web di 31 anni, non fa mistero di non sapersi destreggiare nella scelta dell’abbigliamento, per questo ha pensato ad un modo per rendere più semplice trovare il proprio look tra le molteplici offerte del settore, utilizzando il canale che più gli è congeniale.
All’interno dell’Incubatore d’Impresa, ha messo a punto www.vestibilia.com, una piattaforma dalla doppia anima. Da un lato è un social network dove le appassionate e gli appassionati di moda possono condividere i propri outfit, mettere cioè in rete, sentendosi un po’ come le blogger diventate vere e proprie guide per lo stile, le fotografie dei capi, degli accessori e degli abbinamenti che si ritiene possano fare tendenza e dove scambiarsi opinioni, consigli e informazioni sugli acquisti. Dall’altro è uno spazio aperto a brand e negozi, che possono allo stesso modo mostrare le proprie proposte, le novità, i prezzi e le offerte. «Andare per negozi senza un obiettivo preciso – confessa -, mi mette in crisi, così ho pensato a qualcosa che permettesse di farsi un’idea in anticipo di quello che può fare al proprio caso, di individuare il prezzo, il punto vendita che lo propone e andare a colpo sicuro».
La parte “social”, gratuita, è funzionale a creare un’ampia platea composta da appassionati di moda, da chi vuole essere sempre aggiornato, chi vuole esprimere la propria creatività nel vestire o semplicemente da chi vuole saperne di più accedendo alle diverse sezioni e categorie. Per i negozi è prevista la possibilità di una presenza “base” gratuita, alla quale possono essere affiancati, a pagamento, funzionalità più avanzate o servizi di supporto. «È un portale – spiega l’ideatore – pensato soprattutto per le piccole attività, che solitamente non riescono a sviluppare la propria presenza on line. Attraverso il sito potranno, ad esempio, avere le statistiche sulle visite, dare visibilità alle offerte, ai marchi, creare pagine personalizzate, ma anche promuovere eventi o contest tra gli iscritti alla piattaforma, il tutto in maniera semplice, proprio perché possa essere curato anche dalle piccole insegne indipendenti». Il servizio partirà su Bergamo, ma è replicabile in altre zone. Al momento si stanno raccogliendo le adesioni – ed i pareri – dei commercianti, la previsione è di aprire lo spazio al pubblico della rete nella prima metà del nuovo anno.
 
Gli AcchiappAnimali voglio aprire nuove sedi
 
La rassegna stampa – che spazia dai quotidiani e dai telegiornali nazionali alle trasmissioni più seguite fino ai periodici per tutte le età – la dice lunga sull’interesse suscitato dall’iniziativa. Ma dietro al clamore per un servizio atteso, anche perché investe spesso le sfera affettiva, ci sono risultati capaci di dargli solidità. A luglio del 2010, sulla soglia dei trent’ani, due educatori cinofili, Andrea Granelli e Luca Spinelli, hanno dato vita all’associazione AcchiappAnimali, portando in Italia, e in Europa, le tecniche per il ritrovamento di animali smarriti apprese a Seattle da Kat Albrecht, la prima pet detective degli Stati Uniti, che con un suo libro li ha “illuminati” su una nuova attività da fare con i cani e per i cani. Il sistema parte dall’analisi del profilo dell’animale scomparso – cani e gatti soprattutto, ma non solo – che porta ad individuare i motivi dell’allontanamento e la zona che potrebbe aver raggiunto e ad intervenire con una serie di strumenti, dai maxiposter facilmente leggibili anche da chi è in macchina agli appostamenti, alle fotografie notturne fino al posizionamento di gabbie di recupero. Nelle ricerca hanno un ruolo fondamentale i loro cani, Napoleone, un Setter irlandese di sette anni, e Grace, Bloodhound di due anni e mezzo, appositamente addestrati a seguire con il loro fiuto le tracce dello scomparso. «In due anni – racconta Andrea – abbiamo seguito 400 casi e il tasso di ritrovamento è dell’80% quando l’intervento è richiesto entro le 48 ore dalla scomparsa e del 70% sul totale delle chiamate». Il loro approdo all’Incubatore è legato alla prospettiva di espansione. «Le richieste sono molte – prosegue – ed essendo solo in due non possiamo soddisfarle tutte. Stiamo pensando di organizzare dei corsi di formazione e dare vita ad altre sedi, in particolare al centro e al sud, dove oggi non riusciamo ad intervenire di persona. Ci siamo rivolti all’Incubatore soprattutto per le consulenze giuridiche e commerciali, sui contratti e le modalità su cui impostare i rapporti con le altre sedi». Andrea e Luca sono impegnati anche nel loro centro cinofilo, Dogzone, in città, l’unico con piscina per la riabilitazione, e stanno mettendo a punto nuove idee per prevenire le fughe, dedicate questa volta ai canili e agli allevatori. «Quella di AcchiappAnimali è comunque un’attività di cui si può vivere – rileva Andrea -. Certo è un lavoro impegnativo, che prevede anche appostamenti notturni o di correre per chilometri, anche lungo una ferrovia o una strada provinciale, quando il cane ha fiutato una pista. Occorre una forte passione per la natura e gli animali, ma le soddisfazioni non mancano». «I costi del servizio di ricerca non sono eccessivi – dice – ma li abbiamo voluti fissare, anziché prevedere la libera donazione, per selezionare in qualche modo, tra i tanti casi di scomparsa che si verificano, i proprietari più motivati, anche perché loro stessi hanno un ruolo attivo nelle operazioni».




«Con le promozioni prima dei saldi una dannosa guerra ai ribassi»

La liberalizzazione delle vendite promozionali a ridosso dei saldi, adottata in via sperimentale in Lombardia da questa estate, sta creando più di un malinteso, a partire dalla libera associazione “promozioni- anticipo dei saldi invernali”.  La probabile origine di tale equivoco, in cui sono incappati anche i  media nazionali, sta nella sperimentazione che la Regione ha messo in campo, sospendendo il divieto delle vendite promozionali nei trenta giorni antecedenti i saldi.
La stessa Federazione Moda Italia, aderente al sistema Confcommercio, ha precisato, per voce del presidente Renato Borghi, che non può esserci confusione al riguardo e che i saldi invernali partiranno il 5 gennaio prossimo, data unica scelta anche quest’anno sulla scia dell’esempio positivo adottato l’anno scorso grazie all’azione di FederModa e Federdistribuzione intrapresa nell’ambito della conferenza Stato- Regioni.
Ascom intende ribadire agli operatori del settore moda del proprio territorio – ed anche chiarire ai consumatori desiderosi di cogliere le migliori opportunità di acquisto in questo periodo economico di certo non favorevole – che la merce in saldo sarà a disposizione della clientela solo a decorrere dal prossimo 5 gennaio. Nella nostra provincia, come nel resto della Lombardia che ha adottato la via della sperimentazione, non vi sarà alcun divieto di effettuare promozioni a partire dal 5 dicembre. Ma la gelata dei consumi sta surriscaldando il clima di concorrenza tra insegne e non mancano interpretazioni poco ortodosse delle “promozioni”. L’errore fatale nasce infatti dall’interpretazione scorretta delle vendite promozionali, snaturate nella loro essenza e finalità: “Le promozioni nascono per acquisire nuovi clienti e invitare agli acquisti di un capo, o comunque di un numero ristretto di articoli, proposto ad un prezzo scontato per un periodo limitato, come ancora oggi accade nell’elettronica di consumo – sottolinea il presidente del Gruppo Moda e Abbigliamento Diego Pedrali -. E invece si vedono sconti del 40-50 e addirittura 60 per cento. Percentuali mai viste, rare da trovare in occasione dei saldi, che di certo non contribuiscono a salvare la stagione, né tanto meno a rafforzare la categoria, impegnata in un’infruttuosa lotta al ribasso del cartellino. Si stanno creando reazioni a catena e veri e propri effetti domino a danno delle stesse imprese che per timore sperano di risollevare la stagione tagliando i prezzi. E’ importante evitare l’effetto strike a bowling  con un birillo che cadendo fa cadere nello stesso destino tutti gli altri”.
Un Far West all’insegna della deregulation, con sconti e ribassi mai visti: “Un’autoriduzione dei propri margini – da cui non si scappa, tra tasse e contributi da versare e studi di settore – che di certo non contribuisce a risollevare la stagione, ma anzi non fa che affossare l’intero comparto” continua il presidente che ricorda che, ad essere contrari alle vendite promozionali in base a quanto emerge dai sondaggi, sono gli stessi commercianti, il 62,5% degli imprenditori Ascom partecipanti al questionario effettuato dall’Associazione la scorsa estate.
“La richiesta è quella di mantenere il divieto, abrogato sperimentalmente in Lombardia, di effettuare vendite promozionali nei trenta giorni antecedenti ai saldi. Il desiderio espresso dalla categoria è quello di procrastinare la data di inizio dei saldi, nati come vendite di fine stagione e quindi snaturati nella loro essenza, visto che cadono nel cuore, se non all’inizio della stagione”. Le previsioni, con consumi simili al Dopoguerra, invitano all’unione e non alla divisione o alla lotta al ribasso del cartellino: “Le previsioni del nostro Ufficio Studi evidenziano già un Natale gelido per i consumi. Gli acquisti saranno come nel secondo dopoguerra prevalentemente alimentari – continua Pedrali -. Tra i regali di Natale le calzature occupano il nono posto delle priorità degli italiani, l’abbigliamento oscilla tra la 14esima e la 18esima posizione, ricoperta rispettivamente da cappotti, giacconi e giubbini e da abiti e tailleur. Se c’era una stagione in cui dovevamo stare uniti era proprio questa e invece la liberalizzazione ha portato ad un clima di concorrenza aspra, quasi una lotta per la sopravvivenza con il motto “Mors tua, vita mea”. Non è questa l’exit strategy: “La svendita non rappresenta certo lo strumento per rimettere in piedi il settore. Facendo sistema si possono ottenere risultati importanti, ad esempio sul fronte delle forniture  dove le richieste da parte delle case madri sono spesso insostenibili. Sia Federazione Moda Italia che Ascom stanno facendo di tutto per portare avanti, grazie all’azione sindacale, dalla revisione delle condizioni generali di vendita alla richiesta di regolamentazione dei temporary shop alla lotta alla contraffazione” .
Se il presidente di Confcommercio Sangalli ha evidenziato il rischio che si scateni una tempesta perfetta sul Paese, Pedrali rincara la metafora meteo: “Non vorrei che dal Natale freddo, come emerso dai sondaggi sui consumi, si scateni una tempesta che abbiamo contribuito in parte noi stessi a creare. I problemi non mancano e i risvolti sono sempre più drammatici, tra saracinesche abbassate per sempre e imprenditori che arrivano al gesto estremo di togliersi la vita”. Il dato relativo alle chiusure è allarmante: “Nei primi nove mesi dell’anno hanno chiuso 9.500 insegne di moda e abbigliamento  italiane. Negli ultimi due anni, 21mila negozi sono stati costretti ad arrendersi alla crisi”. Anche  i dati più recenti di Sistema Moda Italia danno l’ idea dell’impatto della crisi: “Secondo l'elaborazione, nel 2012 l'industria del Tessile-Moda nazionale registrerà  un fatturato inferiore ai 50,5 miliardi di euro (contro i 52,8 miliardi di euro del 2011), un calo del 4,4% che sfiora i 3 miliardi di euro. Questo significa che si ripercuoterà inevitabilmente sui negozi e sulle attività che operano nel settore”.
 
IL SONDAGGIO / A proposito delle promozioni prima dei saldi
La maggioranza dei commercianticontraria all’abrogazione del divieto

 
Per sondare gli umori dei commercianti del settore abbigliamento e pelletteria nei confronti delle “promozioni libere” svincolate da ogni limite, Ascom ha inviato alle imprese associate un questionario alla fine dello scorso luglio. I commercianti del Gruppo Abbigliamento si sono dichiarati scettici nei confronti della nuova opportunità offerta dalla Regione: il 62,5 % degli imprenditori che ha partecipato al questionario è contrario all’abrogazione del divieto di effettuare le vendite promozionali nei trenta giorni antecedenti i saldi. Solo il 35 % si dichiara favorevole alla nuova opportunità di effettuare promozioni tutto l’anno, mentre il 2,5% si astiene dal prendere una posizione netta. Le vendite promozionali – questo il sentiment emerso dal sondaggio – non solo non hanno acceso i saldi, ma hanno spento le speranze di una ripresa delle vendite – ancorché a prezzi stracciati data l’alta percentuale di sconto effettuata nei saldi estivi – in occasione delle vendite di fine stagione.  La maggior parte delle imprese che hanno risposto al questionario – il 57% – ha scelto di non effettuare promozioni a ridosso dei saldi; solo il 41,3% dei partecipanti al sondaggio non ha esitato a cogliere la nuova opportunità offerta dalla Regione. Chi ha scelto di ridurre il prezzo di cartellino lo ha fatto in larga misura – il 16,3% – su tutti gli articoli; il 7,5% ha scelto di scontare solo un paio o pochi altri articoli in più; ha optato per un mix di promozioni il 7,5% dei partecipanti al sondaggio, mentre il 3,8% ha puntato con decisione ad un solo articolo. I commercianti hanno scelto di riservare gli sconti ai clienti più affezionati (1,3%) e attraverso carte fedeltà (l’1,3 %). Il 5% ha adottato altre strategie di vendita. Dai risultati del questionario emerge l’ormai definitivo superamento di una formula un tempo particolarmente in voga come il  “3 per 2”, che ormai sembra essersi avviata sulla via del tramonto.