Commercio, servizi e turismo: 7 milioni per supportare le imprese

Sette milioni di euro alle imprese aderenti agli Enti Bilaterali del Commercio e dei Servizi e del Turismo per riqualificare i comparti attraverso l’accesso al credito garantito da Asconfidi Lombardia e Fogalco e stabilizzare o incrementare l’occupazione, oltre a favorire l’emersione del lavoro sommerso.  L’azione di sostegno all’accesso al credito per le imprese del commercio e dei servizi  messa in campo da Ascom prevede un plafond di 5 milioni di euro, con un fondo rischi pari a 250mila euro; le imprese del turismo possono altresì  contare su un plafond di  2 milioni di euro, con un fondo rischi pari a 100 mila euro. L’importo di finanziamento massimo per le imprese aderenti agli Enti è fissato a 50 mila euro. La durata massima del finanziamento è di cinque anni. “In un momento di crisi e difficoltà, siamo protagonisti del futuro del nostro territorio  sul fronte occupazionale – spiega il direttore Ascom, Luigi Trigona -. Di fronte ad un Governo e ad una Riforma del Lavoro che stanno togliendo ai sindacati di lavoratori e delle imprese potere contrattuale, è importante collaborare fianco a fianco per il nostro territorio. Gli Enti Bilaterali sono deputati a mettere insieme le parti sociali per affrontare le problematiche che i comparti stanno vivendo ogni giorno e sostenere le attività attraverso lo stanziamento di un plafond, in collaborazione con Asconfidi Lombardia di 7 milioni di euro”. Il supporto alle imprese da parte di Ascom non si esaurirà con questa iniziativa: “Imprese & Territorio, espressione dell’associazionismo bergamasco, nei prossimi mesi promuoverà un intervento decisivo e sistemico per supportare ulteriormente  le imprese” – anticipa Trigona. Con questa iniziativa Bergamo fa da apripista al sostegno d’impresa che vede fianco a fianco sindacati, associazione di categoria e consorzi fidi: “Il nostro è il primo intervento in Italia di fondo rischi, iniziativa che sta attirando l’attenzione di altre province e che ci auspichiamo possa essere replicata al più presto anche altrove – dichiara  Enrico Betti, presidente degli Enti Bilaterali -. L’obiettivo, oltre alle iniziative di sostegno al reddito attraverso l’accesso al credito, è mantenere o incrementare la forza lavoro e fare emergere il lavoro sommerso. E, semplicemente, favorire il rispetto dei termini di pagamento e accredito degli stipendi. Come Enti Bilaterali abbiamo messo a disposizione un fondo privato, ora chiederemo anche agli istituti di credito di fare uno sforzo. La nostra iniziativa va di pari passo con quella intrapresa a livello amministrativo, come il recente stanziamento da parte della Provincia a favore dei disoccupati”.  Il vicepresidente degli Enti Bilaterali, Roberto Corona, Fisascat- Cisl, sottolinea l’importanza del patto di ferro tra impresa e lavoratori: “Come per l’apprendistato e la formazione, l’accordo vede la collaborazione di tutte le parti per dare sollievo alle imprese in difficoltà e favorire i progetti di investimento”. Il presidente della Fogalco nonché membro del consiglio di sorveglianza di Asconfidi Lombardia, Riccardo Martinelli, ribadisce il valore dell’iniziativa che rappresenta un aiuto concreto  alle pmi: “Le imprese incontrano sempre maggiori difficoltà nell’accesso al credito ed il rapporto con il sistema bancario, che richiede nuove e continue garanzie peggiora. Asconfidi ed Ente Bilaterale mettono a disposizione un “cassetto” per le imprese del commercio e del turismo  che, con un plafond di 7 milioni di euro e una durata dei finanziamenti fino a 5 anni, offrono ai nostri associati un aiuto tangibile. Il 97% delle imprese  è in difficoltà: fa fatica ad accedere al credito e necessita di un sostegno che noi non manchiamo di offrire”. La prassi per accedere ai finanziamenti è snella e agile: “L’approccio è immediato e i tempi di apertura di ogni pratica sono ridotti, considerando che ogni settimana Asconfidi si riunisce in consiglio e  la Fogalco  valuta ogni singola pratica in tempi stretti, 15 giorni al massimo – spiega Antonio Arrigoni, direttore Fogalco -. Attraverso Asconfidi, Fogalco offre garanzie al 50% dell’importo finanziato, ma l’ampliamento della garanzia fideiussoria può raggiungere l’80 % dell’importo finanziato”.




Fausti: «Leggi e liberi professionisti sono troppi»

L’articolo 10 della Legge 12 novembre 2011, numero 183, introduce novità importanti in merito alle professioni; la più rilevante è senz’altro la possibilità di costituire Società Tra Professionisti (STP). Se n’è parlato al Centro Congressi Giovanni XXII, lo scorso 25 ottobre, nel corso di una Giornata di Studio promossa dal Consiglio Notarile di Bergamo, in collaborazione con la Scuola di Notariato del Comitato Trivento, il Dipartimento di Giurisprudenza dell’ Università degli Studi di Bergamo e patrocinata dagli Ordini professionali provinciali. ?¢‚Ǩ¬®Un’occasione di approfondimento su un tema di grande attualità dove accademici e professionisti hanno passato ai “raggi x” la nuova norma e il regolamento interministeriale d’attuazione, di imminente pubblicazione. ?¢‚Ǩ¬®Luci e ombre di una grande riforma culturale, prima che giuridica, emerse con lucidità e serenità di giudizio. Nessuna chiusura di principio né posizioni massimaliste ma l’auspicio da tutti condiviso ad un riformismo ragionevole ed efficace.  Ne parliamo con Pier Luigi Fausti, presidente del Consiglio Notarile di Bergamo.
Una rivoluzione culturale per il mondo delle professioni. ?¢‚Ǩ¬®“Con la previsione delle STP, il legislatore ha sgretolato il baluardo, durato oltre mezzo secolo, che impediva l’accesso delle professioni intellettuali ai modelli societari. La novità è di fortissimo impatto anche in Italia dove il settore conta circa un milione e trecentomila lavoratori autonomi professionisti. A fronte delle resistenze più legate ad una visione tradizionale, ma non per questo meno significative, emergono problemi obiettivi che non vanno trattati con superficialità”.
Ci spieghi meglio…
“Il punto è che le attività professionali non possono essere omologate tout court alle attività economiche, a pena di perdere un fondamentale elemento di riequilibrio nei rapporti economici e sociali. Anche per molti avvocati inglesi le recenti leggi sulle società di capitali tra professionisti costituiscono – io direi, possono costituire – una minaccia per la professione legale e per ciò che rappresenta”.
Cosa si rischia, dal suo punto di vista??¢‚Ǩ¬®
“La prima e più importante critica verso la riforma viene dalla considerazione della stessa struttura della compagine sociale, poiché possono essere soci di una STP non solo i professionisti iscritti a ordini, albi e collegi, ma anche (se pure in forma minoritaria) i soggetti non professionisti per prestazioni tecniche o per finalità di investimento: infatti, nell’ambito di una STP in cui siano presenti soggetti non professionisti (tecnici e investitori) non è più assicurata concretamente l’indipendenza, né l’autonomia, né la riservatezza, né l’eliminazione dei conflitti, né il segreto professionale”.
Possiamo dire che “la proprietà” in una STP può rappresentare un problema?
“Per definizione il socio investitore tenderà a tutelare il proprio investimento (cioè il proprio interesse economico), e quindi la STP favorirà gli interessi del socio e non i diritti da difendere, attuando tutte le scelte necessarie alle proprie utilità e risolvendo comunque ogni contrasto in favore del socio e non della parte assistita”.  
La tanto discussa partecipazione di Soci di capitale nelle STP?
“Per alcune professioni tecniche può essere consentita e utile la partecipazione di soci di capitale, questa dovrebbe essere esclusa per altre professioni, come per la professione forense e il notariato, ad esempio, considerata la specificità e il riconoscimento costituzionale della funzione pubblica e dell’attività di difesa: è la specificità di queste professioni, nella somma di diritti e doveri, che ha consentito fino ad ora di ritenere legittima l’esclusione dei soci investitori”.
A suo giudizio, più ombre o luci?
“Lo svolgimento in comune di una attività professionale può concretarsi in diverse forme, già oggi note: lo schema societario che la nuova legge introduce è solo una delle possibili forme. Si tratta di verificare se sia una forma compatibile con le modalità di svolgimento dell’attività professionale, senza snaturarla, e se sia adatta a migliorare la qualità della stessa. Questo, infatti, dovrebbe essere il compito di un legislatore attento: promuovere le condizioni perché un’attività possa essere esercitata con competenza e soddisfazione per operatori e utenti. Ed allora, purtroppo, e senza che con ciò voglia darsi un prematuro giudizio sulla novità normativa, viene da domandarsi se non stiamo ancora girando intorno ai problemi: recentemente si è tenuto a Trento il” Festival delle Professioni” ed il titolo di una conferenza mi ha molto colpito: “Gran Bretagna 3.000 leggi, Germania 5.500, Francia 7.000, Italia oltre 150.000 leggi. Norme oscure e abuso del diritto: quale difesa rimane al cittadino?” Non solo. In Italia, i professionisti, in quasi tutti i settori, sono un numero spropositato rispetto alla media degli altri Paesi;  più che liberalizzare l’accesso alle professioni, occorrerebbe programmarlo e agire sui problemi davvero importanti: il controllo della qualità e la fedeltà fiscale”




Beltrami: “Momento drammatico per i pubblici esercizi”

“In questo periodo tante attività stanno chiudendo con passivi importanti, che purtroppo trasformano l’abbassamento delle serrande in veri e propri drammi familiari. Si tratta spesso di attività recenti che ad un anno o poco più dall’apertura non sono riuscite certo a coprire gli ingenti investimenti fatti – spiega amareggiato il presidente provinciale della Fipe-Pubblici esercizi dell’Ascom, Giorgio Beltrami -. E purtroppo il quadro, considerate le previsioni tutt’altro che rosee, non può che peggiorare da qui alla fine dell’anno, visto anche che pensare ad una ripresa dei consumi ai livelli del 2007 è pura utopia. Le imprese storiche stanno a malapena sul mercato e sono tante quelle nuove che aprono mettendo a repentaglio anche i risparmi di una vita. Il mercato risente dell’effetto liberalizzazioni che in trent’anni ha fatto crescere del 50 per cento il numero delle imprese”.
Non esiste bar che non risenta della crisi, dalla caffetteria al lunch-bar al locale serale: “I prezzi sono bloccati e da anni si è perso il “treno” del quotidiano: il caffè costa 1 euro, mentre ormai i giornali costano 1,20- 1,50 euro, eppure la terza settimana tanti rinunciano anche alla tazzina al bancone. I tagli più evidenti riguardano la pausa pranzo: chi riesce a mantenere il numero di pasti del 2010 – e sono davvero poche le imprese che ce la fanno – registra comunque una riduzione del fatturato visto che tutti hanno tagliato il budget del pranzo fuori casa. I locali serali devono continuare ad innovarsi e ricercare una formula vincente che resista al mutare della moda o della tendenza del momento”. Quanto all’occupazione, anche a Bergamo crescono gli stranieri: “Sono ormai davvero pochi gli italiani che desiderano fare questo mestiere che è ormai sempre più considerato un lavoretto stagionale o temporaneo per chi va a scuola o un ripiego in attesa di migliore occupazione. Non manca fortunatamente chi sceglie di diventare barman e frequenta i nostri corsi professionali all’Accademia del Gusto, ma ultimamente sono sempre più gli stranieri”. Al di là dei numeri, la passione non può non accompagnare un lavoro a stretto contatto con il pubblico: “Il bar funziona – al di là delle statistiche e delle previsioni – quando crea relazioni, quando davanti al bancone si conoscono due perfetti sconosciuti che iniziano a fare due chiacchiere e quando nel nostro locale si danno appuntamento ragazzi, mamme, colleghi e amici”.




Via Quarenghi, “senza un piano, poche chance per il commercio”

Da poco meno di un anno c’è un bando comunale che sostiene l’apertura di nuovi negozi nelle aree più carenti di servizi di vicinato, ma in via Quarenghi le vetrine vuote, le serrande abbassate ed i cartelli “affittasi” o “vendesi attività” aumentano anziché diminuire. Nella zona dei supermarket cinesi, dei phone centre, dei kebab e dei ritrovi etnici, non solo faticano a trovare spazio le attività tradizionali, ma sembra si sia rallentato anche il subentro dei servizi prevalentemente rivolti agli immigrati. Una ragione in più per pensare a come dare un nuovo volto alla zona che, benché vicinissima al centro, viene percepita dalla maggior parte dei bergamaschi come off limits, e la cui riqualificazione è da tempo oggetto di attenzione delle Amministrazioni comunali.    
Per cogliere criticità, potenzialità e proposte decidiamo semplicemente di percorrerla da cima a fondo, partendo dalla parte bassa, la meno invitante, in compagnia di Giulia Martinelli, presidente dal Comitato quartiere Quarenghi. «Il commercio può dare un grandissimo aiuto alla rinascita della via – afferma –, ma deve essere attrattivo. Più che per il timore di fare incontri spiacevoli, che obiettivamente non è fondato almeno di giorno e soprattutto dopo il massiccio intervento delle forze dell’ordine contro gli spacciatori, la gente non arriva qui perché non c’è niente da vedere o da comprare. Chi possono attirare vetrine in cui sono ammassati abiti, scarpe e accessori di bassa qualità? O locali che in bella mostra hanno solo cartoni di birra? Che senso hanno cinque phone centre in 300 metri?».
Ma nemmeno un bar caffetteria gestito da italiani, come il “Secondo Tempo” al numero 36, ha avuto grandi chance ed ha chiuso dopo neanche sei mesi. «È indubbio che per resistere in via Quarenghi – rileva Giulia Martinelli – bisogna offrire qualcosa in più, qualcosa che non si trova altrove, altrimenti il confronto è perso in partenza con le altre zone della città. Non è un caso che due attività che qui funzionano siano il negozio “La Giacca”, specializzato in abiti da lavoro, e il ristorante macrobiotico, esercizi con una proposta unica e per questo capace di attrarre clientela da un ampio bacino». Non bastano, quindi, nuove insegne a cambiare il volto alla via, servono, secondo la presidente, «innanzitutto idee e capacità imprenditoriali in chi li gestisce, ma anche un confronto e una programmazione di più ampio respiro sui destini commerciali della via». «Il bando del Comune – afferma – poteva essere un’occasione per dare degli indirizzi più precisi. Anche il Distretto del commercio può essere il luogo ideale per mettere a fuoco questi temi, ad esempio per un’analisi precisa dei bisogni dei circa mille residenti, per coinvolgere i proprietari degli immobili, per individuare la vocazione della zona e stilare un progetto complessivo di rilancio del commercio. Il Comune ha anche tutti gli strumenti legislativi per farlo».
Se i problemi maggiori li ha la parte bassa della via, anche dopo l’incrocio con le vie Spaventa e Palazzolo non mancano vetrine vuote o annunci di una prossima chiusura. Qui ad incidere sono soprattutto la crisi e il caro affitti, come in altre zone della città, ma qualche accorgimento potrebbe dare una mano, incanalando anche da queste parti chi passeggia in centro. «In pratica siano sul retro di via XX settembre – fa notare la presidente del Comitato -. Basterebbe che i negozi avessero l’entrata anche su via Zambonate, che l’accesso alla Galleria Mazzoleni e al vicolo Macellerie fosse più invitante e la piazzetta destinata a qualcosa di più gradevole di un parcheggio di motociclette per creare un collegamento interessante con la via dello shopping più frequentata della città».
Se il Comitato, creato nel 2002 e poi rinvigorito nel 2006, si occupa di «incanalare il malcontento in azioni positive, di rafforzare il rapporto tra i residenti e segnalare alle istituzioni ciò che non va», l’Associazione, nata nel 2008, è la realtà che promuove iniziative. Consapevole che siano proprio le vetrine una chiave per valorizzare la via e restituirle vivibilità, sta ora lavorando per rimettere in gioco, almeno nel periodo natalizio, quelle dei negozi sfitti, ospitando artisti o onlus con i propri lavori. «Abbiamo pensato ad un evento temporaneo – spiega Giulia Martinelli – che crei curiosità e porti visitatori. Al momento stiamo ancora valutando le modalità, ma quella degli artisti e delle associazioni senza scopo di lucro pare la più percorribile anche sul versante dei costi».