Caffè, la resa dei conti nel costo a tazzina, prezzo medio a Bergamo di 1,15 euro

Caffè, la resa dei conti nel costo a tazzina, prezzo medio a Bergamo di 1,15 euro

 Tra rincari ed esplosioni del prezzo delle materie urge un’analisi dei costi. Confcommercio Bergamo lancia la campagna a sostegno del caffè di qualità

Rito sociale irrinunciabile, prodotto di punta di ogni bar italiano, il caffè è senza dubbio – nelle sue molteplici varianti –  il prodotto più richiesto al bancone, come al tavolo. Il prezzo medio della tazzina a Bergamo si attesta a 1,15 euro, in base all’ultima rilevazione 2024 di FIPE- Federazione Italiana Pubblici Esercizi, cifra al di sotto della media nazionale che è di 1,19 euro. In Lombardia solo Varese ha un prezzo medio più basso 1,12 euro. Brescia è a 1,20 euro, Milano 1,17 euro e Mantova a 1,28 euro. Tra i valori più alti ci sono Bolzano, con 1,36 euro e Trento,  a 1,31 euro. Tutte le città del Nord superano Bergamo ad eccezione di Genova, Aosta, Rovigo e Varese. L’Italia è il Paese dove l’espresso – orgoglio nazionale-  costa nettamente meno che in altri Paesi: in Francia, Spagna e Grecia si va da 1,50 a 2,50 euro; questo penalizza oltremodo le imprese italiane che già fanno i conti con una struttura di costi e una fiscalità peggiore degli altri Paesi.

 

L’analisi del prezzo di un espresso 

1,15 euro a tazzina significa 1,045 euro al netto di IVA al 10%. Il costo per un caffè di qualità è di euro 0,18 euro per il caffè (considerando che la quantità corretta per un buon caffè è di 7 grammi), 0,15 euro per zucchero dolcificante e latte, 0,60 euro per il personale impiegato e 0,12 per altri costi fissi, quali energia, acqua e affitto locale. Costi che, calcolatrice alla mano,  non sono sostenibili e superano il prezzo. Se infatti si considera, arrotondando per eccesso a 1,20 euro il costo a tazzina, emerge un guadagno di 4 centesimi a espresso (1,09 al netto di IVA).
L’elevato turnover delle attività nel settore, impone una riflessione sulla sostenibilità, dopo un attento esame dei costi della materia prima e di gestione per arrivare a formulare un prezzo che possa garantire continuità all’azienda. L’attuale prezzo medio del caffè, con l’incidenza crescente dei costi anche accessori dal latte allo zucchero, non remunera il lavoro del barista.

L’esplosione del costo della materia prima

Il prezzo del caffè, come accade per altre commodity, dipende da fenomeni che solo parzialmente sono riconducibili al fattore domanda e offerta. Infatti, oltre alle tensioni geopolitiche e ai fattori meteo, occorre anche considerare gli effetti, non secondari, degli interventi sui mercati finanziari dei fondi di investimento, da sempre attenti a fiutare le opportunità di business nel comparto delle materie prime. Il prezzo dell’indice composito ICO, costruito come media ponderata dei prezzi dei principali blend (colombiano, Brasile, Robusta e altri) è andato a crescere sul finire del 2023, ma è nell’’anno in corso che ha avuto una forte accelerazione. Nell’ultimo monitoraggio di FIPE- Federazione Italiana Pubblici Esercizi,  nel mese di aprile, l’indice ICO presenta un prezzo medio del caffè verde di 5,21 euro/kg (216,89 US$cents per libbra). Nella prima metà del mese di aprile 2024, l’Indice composito è aumentato del 21,8% passando da 4,64 euro/Kg (193,39 US$cent per libbra) a 5,60 euro/Kg. (235,50 US$cent per libbra). Molti addetti ai lavori attribuiscono l’impennata dei prezzi alla forte contrazione dell’offerta da parte del Vietnam (che, come è noto, è il principale produttore di robusta), alle condizioni meteo avverse in Brasile, al rafforzamento del dollaro sull’euro che rende sfavorevole il tasso di cambio o, ancora, al dover evitare il passaggio nel Mar Rosso,  che determina l’aumento dei costi di importazione. I maggiori costi assunti dai torrefattori nell’ultimo anno stanno ricadendo a cascata sulla filiera, con aggravio dei costi in fattura per i bar.

La dinamica che vede il prezzo della tazzina fermo da tempo non dipende da elementi virtuosi, quindi da economie di scala raggiunte nella filiera, ma semplicemente dalla debolezza del sistema competitivo (elevato numero di micro-imprese che operano in micro-mercati locali) e da una gestione del business spesso poco attenta al controllo e alla gestione dei costi– commenta Diego Rodeschini, presidente gruppo Caffè Bar e Gelaterie di Confcommercio Bergamo-. Il nostro territorio presenta un prezzo medio della tazzina in linea con le città del sud Italia. Il prezzo in molti locali è troppo basso e spesso il caffè è venduto anche sottocosto”.Siamo di fronte ad un bivio pericoloso– continua Rodeschini-.  I recenti e pesanti aumenti del prezzo della materia prima, dei costi del latte e degli altri prodotti collegati al caffè, insieme  all’aumento dell’acqua e del costo del personale con il rinnovo del CCNL della categoria, aprono a preoccupazioni per la tenuta del sistema. Il prezzo del caffè sale- e di poco-  ogni cinque o sei anni, mentre i costi spesso raddoppiano. Il risultato è che una giornata di espressi al banco risulta davvero poco remunerativa per gli esercenti. La situazione diventa insostenibile per i bar tradizionali che chiudono e per molti altri che scelgono la strada del prezzo basso per caffè di bassa qualità. Il percorso è difficile perché il consumatore esprime preferenza per un prodotto di alta qualità, altrimenti beve il caffè in altro modo, rinunciando al servizio”.  A ciò si aggiunge un secondo rischio: quello di minimizzare l’importanza del servizio e della qualità del prodotto. “Bisogna sfatare il luogo comune secondo cui il prezzo di una tazzina di caffè dovrebbe essere uguale in tutti i bar – aggiunge Oscar Fusini, direttore Confcommercio Bergamo -. Il caffè non è un prodotto ma un servizio e il suo prezzo è la risultante di moltissimi fattori che giustificano appunto la differenza di costo tra un bar e l’altro. Per non proporre un caffè sottocosto si rischia di penalizzare il servizio e la qualità del prodotto. Occorre invece migliorare entrambi, come già avviene per il pane e il gelato artigianale, perché il consumatore è oggi più attento ed esigente e la qualità paga, sempre e comunque. Il consumatore vuole continuare a bere un caffè. Sì, ma buono. Come dice la nostra campagna” .

Confcommercio Bergamo lancia la campagna a sostegno della qualità

 “Ci prendiamo un caffè? Sì, ma buono”

Confcommercio Bergamo vuole dare un forte segnale verso il mantenimento della qualità del servizio che offrono i bar, in un corretto equilibrio tra prezzo, offerta e servizio. Come in ogni altro settore di produzione artigianale di qualità – pane, gelato, ristorazione- che sta  subendo un forte rincaro delle materie prime, è giusto che ci sia un’offerta ad un prezzo contenuto, ma non a scapito delle condizioni di sostenibilità. Per sensibilizzare l’attenzione del pubblico  su tutto ciò che ruota attorno a un buon espresso, Confcommercio Bergamo lancia la campagna “Ci prendiamo un caffè? Si ma buono. Questo bar sostiene il caffè di qualità”. Un adesivo-  in libera distribuzione negli uffici della sede e delle dieci delegazioni territoriali- dal titolo eloquente per dare il giusto valore a tutto il lavoro, dalla selezione della miscela al servizio, dalla manutenzione della macchina  ( dalla pressione alla  temperatura dell’acqua in uscita al tempo di percolazione)  al servizio. Perché come per ogni altro rituale sociale, anche la pausa caffè  richiede e merita le giuste attenzioni, per abbinare alla convivialità il piacere della degustazione.