“Cavaliere dello Champagne”, i francesi premiano il sommelier Oscar Mazzoleni

Oscar Mazzoleni
Oscar Mazzoleni

Nei giorni scorsi, a Firenze, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, si è tenuta la solenne cerimonia del Grand Chapitre de Florence dell’Ordre des Coteaux de Champagne, nel corso della quale Oscar Mazzoleni, titolare dell’enobistro Al Carroponte di via De Amicis, a Bergamo, e maître sommelier, è stato investito Chevalier de Champagne. L’Ordres des Coteaux, che dal 1656 si pone come obiettivo la promozione delle peculiarità degli champagne, attribuisce il cavalierato esclusivamente a figure eminenti del settore, selezionandole in Francia e nei chapitres europei, tra cui Firenze. Oggi nel mondo intero l’ordine conta quattromila membri, di cui un ristretto numero in Italia. Tra questi, stelle di prima grandezza del panorama enologico italiano, tra i quali Annie Feolde (Enoteca Pinchiorri a Firenze, uno degli otto ristoranti italiani che possono fregiarsi delle tre stelle Michelin), Matteo Zappile (Chef Sommelier e dai primi di Ottobre anche Restaurant Manager del ristorante 2 stelle Michelin Il Pagliaccio di Roma, premiato Sommelier dell’Anno per I Ristoranti d’Italia 2017 de Le Guide L’Espresso) e Federico Graziani (miglior sommelier d’Italia 2008, oggi titolare di Profumo di Vulcano e partner di Feudi di San Gregorio e della maison Boizel).

Il cavalierato è stato conferito a Mazzoleni dal Commandeur Antoine Roland-Billecart, che ha tenuto a ricordare ai presenti alla cerimonia le importanti esperienze del maître sommelier bergamasco: “Ha lavorato con alcuni tra i più importanti chef d’Italia, come Enrico Bartolini, con grande passione ha aperto nel 2014 il suo locale; ha una grande conoscenza dello champagne sul campo”. Il Commandeur ha infine sottolineato come la carta dei vini di Al Carroponte di Bergamo sia una delle più ricche e interessanti sul mercato, a testimonianza del grande lavoro di ricerca di Mazzoleni e dell’entusiasmo che ancora oggi, dopo vent’anni di carriera, non manca mai.

 




Torna il Convivium, ristoratori a pranzo Al Cambio di Torino con lo chef Matteo Baronetto

ristorante del Cambio

Tornano i Convivium dell’Accademia del Gusto, i seminari rivolti ai ristoratori che prevedono un pranzo degustativo in ristoranti stellati alla scoperta della filosofia dei grandi chef. L’appuntamento è per mercoledì 15 marzo al Ristorante Del Cambio a Torino con partenza dall’Accademia del Gusto di Osio Sotto alle ore 11 (piazzetta don Gandossi,1).

Il ristorante, che dal 5 ottobre 1757 si rinnova ciclicamente rimanendo fedele a se stesso, dal 2014 è sotto la guida sapiente ed esperta dello chef Matteo Baronetto, classe 1977. L’approccio rigoroso e coraggioso di Baronetto, che affianca ingredienti e piatti di stretta tradizione a tecniche e abbinamenti originali, è un omaggio all’alta cucina italiana e al luogo storico in cui questa prende forma.

Per informazioni www.ascomformazione.it; info@ascomformazione.it




Mais “Nostrano Isola Bergamasca”, anche l’Ascom in campo per il rilancio

Mais ProvinciaÈ giallo e lucente come l’oro, ma vale molto di più: perché nutre, contiene sostanze salutari, ha un buon sapore e custodisce gelosamente in ciascuno dei suoi semi la storia e la tradizione di un pezzo della terra bergamasca. Il mais “Nostrano Isola Bergamasca” è infatti una varietà tipica dell’Isola, nato più di cento anni fa grazie all’introduzione di questa coltivazione da parte dei nobili Guido Finardi e Alessandro Roncalli, nell’area compresa fra i villaggi di Chignolo, Madone, Bottanuco, Suisio e Medolago. Nel 1916 entrambe le aziende vennero premiate per la qualità del “Nostrano dell’Isola”, che divenne poi oggetto di studio da parte della Stazione Sperimentale di Maiscoltura di Bergamo, e subito comincia ad essere esportato.

Grazie alla lungimiranza di chi negli anni ha protetto e conservato la purezza del seme, si è potuto stendere un progetto di rilancio del prodotto come tipico dell’Isola Bergamasca, garantendo una filiera agro-biologica a km 0 con un mais originato, selezionato, coltivato, macinato e trasformato in farina di qualità in loco, e infine commercializzato attraverso la creazione di un marchio di qualità DOP.

logo maisL’idea è partita da PromoIsola sulla spinta di Expo, che ha acceso i riflettori sul tema dell’alimentazione: ne è nato un protocollo d’intesa con Engim Lombardia, Scuola di formazione professionale con sede a Valbrembo e attività laboratoriale a Brembate Sopra. Gli studenti del corso di Operatore agricolo, sotto la supervisione di un esperto ricercatore, si sono impegnati a coltivare il mais conservandone la purezza e migliorandone geneticamente la varietà, mentre con il sostegno di Ascom e della Camera di Commercio sono state coinvolte le aziende agricole operanti nell’Isola per la semina, la coltivazione e la raccolta della varietà, che attualmente viene trasformata in farina nel mulino Pennati di Medolago.

Infine la creazione del marchio ha visto il coinvolgimento di un’altra scuola professionale e cioè la Scuola d’Arte Applicata Andrea Fantoni, attraverso un concorso tra gli studenti del 3° anno del Liceo Artistico che ha portato alla scelta del marchio e le classi 5° del Centro Formazione Professionale per la creazione di manifesti e spot. Ora è in via di costituzione l’Associazione per la tutela e la valorizzazione delle varietà di mais dell’Isola Bergamasca.

PromoIsola sta lavorando anche con gli operatori del commercio alimentare e della ristorazione per la definizione di accordi mirati alla definizione di “alimenti” realizzati con questa farina, al fine di individuare “piatti tipici con farina Nostrano Isola Bergamasca” e “dolci con farina di Nostrano Isola Bergamasca”. Oltre alla classica polenta fatta con farina integrale e farina bramata, infatti, dal mais Nostrano Isola bergamasca si ottiene anche la farina fioretto che viene utilizzata per biscotti, birra, barrette nutrizionali, fiocchi di cereali, dolci, gelati e altro ancora.

Il Mais Nostrano Isola Bergamasca
Il Mais Nostrano Isola Bergamasca

“Siamo felici di ospitare e di aver collaborato, tramite il nostro ufficio Marketing territoriale, alla presentazione di questa eccellenza bergamasca – dichiara il presidente della Provincia Matteo Rossi -. Il mais Nostrano dell’Isola è un prodotto significativo non soltanto per la sua particolare storia, ma anche perché rappresenta alla perfezione Bergamo nel principale cibo che viene creato con il mais, la nostra amata polenta. Da Expo in poi abbiamo lavorato moltissimo sul tema dell’agricoltura sostenibile come via per lo sviluppo territoriale; fondamentale è la capacità di mettere in rete tutti i soggetti, dai giovani studenti agli agricoltori, dai commercianti fino ai ristoratori, il che ha consentito a PromoIsola di dare vita a un progetto vincente”.




Fare la birra in casa, a Osio Sotto il corso con tanto di produzione

Marzo si apre all’Accademia del Gusto con il corso dedicato ai professionisti sulla “Caffetteria: dalla preparazione del caffè alle decorazioni”. In quattro incontri (dal 6 al 9 marzo, dalle 14 alle 19) il laboratorio pratico-teorico consentirà di apprendere le tecniche di preparazione di caffè espresso, cappuccino e altre bevande a base di caffè e schiume. Oltre ai decori sul cappuccino, alla latte art e al tocco finale per personalizzazioni golose con cioccolata, i corsisti impareranno a preparare caffè spritz, bicerin, marocchino e caffè greco.

Il 6 marzo è in calendario l’incontro su “La cucina naturale di Sauro Ricci” dedicato a ricette della salute, con in cattedra il sous chef del Ristorante Joia di Milano, il primo ristorante vegetariano ad essere stato insignito della prestigiosa stella Michelin. Il seminario, rivolto agli appassionati, programma dalle 20 alle 23, illustra i principi di una filosofia di cucina sana, consapevole e creativa all’insegna dell’equilibrio e del benessere.

Giovanni Rodolfi
Giovanni Rodolfi

L’artigianalità e l’esperienza di un maestro birraio, il bergamasco Giovanni Rodolfi, tra i promotori del Birrificio San Biagio di Nocera Umbra, sono al servizio di tutti gli appassionati che desiderino apprendere i segreti della produzione della birra. Il corso “Fare la birra in casa con un maestro birraio” promette di fare di ogni corsista un “homebrewer”. Durante l’incontro, in programma l’11 marzo dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18, verrà prodotta una birra cotta in diretta, in modo da analizzare ogni fase del processo. Dall’ammostamento alla filtrazione, dall’ebollizione al raffreddamento e semina lievito all’imbottigliamento, fare la birra in casa sarà una missione possibile e ricca di soddisfazioni.

Tutti i corsi si svolgono nelle sede di Ascom Formazione ad Osio Sotto (piazzetta Don Gandossi 1). Per informazioni e iscrizioni: Ascom Formazione tel. 035 4185706/707 – info@ascomformazione.it (www.ascomformazione.it).




Perché Bergamo è la culla della pasta ripiena

Celestino Colleoni
Celestino Colleoni

Qualche peccatuccio di cui fare ammenda il vescovo-conte Attone, reggente di Bergamo dal 1058 al 1075, doveva con certezza averlo sulla coscienza. Fu così che nel settembre del 1072, preavvertendo forse l’incombente epilogo delle sue vicende terrene, il prelato decretò che i canonici delle due cattedrali di cui la città era dotata – quella di San Vincenzo, all’epoca la più cospicua, e la prepositurale di Sant’Alessandro – ad ogni anniversario della sua scomparsa fossero tenuti a recitare l’ufficio dei morti. Oltre che con la celebrazione del mattutino, del vespro e della missa pro defunctis, i religiosi dovevano onorare la ricorrenza imbandendo un lauto banchetto cui avrebbe preso parte anche un centinaio di poveri. Non facendo cieco affidamento sulle benemerenze morali acquisite e sulla postuma gratitudine del clero locale, Attone si premurò di assicurare alle proprie volontà un quanto più diligente adempimento disponendo nel testamento che le rendite dei possedimenti aviti ubicati in Romano, Martinengo e Brembate Superiore fossero da destinarsi ai sacerdoti in forza alle due pievi. Confidando ancor meno nel disinteresse dei pari grado verso la sfera dei benefici temporali, il metropolita elevò divieto ai suoi successori al seggio vescovile di Bergamo, nonché all’arcidiacono di San Vincenzo ed al prevosto di Sant’Alessandro, di allungare le mani sulle prebende contemplate nel lascito. A punizione di chi avesse trasgredito le sue disposizioni, il morituro evocava l’eterna dannazione in compagnia di Giuda traditore, combinata alle iatture enumerate nel salmo 108. Incombendo queste ultime per lo più sulla discendenza, v’è per giunta da presumere che il disponente nutrisse più di un dubbio a riguardo dell’inappuntabile osservanza del voto di castità da parte dei destinatari delle sue ammonizioni.

Dalla fin eccessiva foga dell’anatema del prelato, di cui tutto si può affermare tranne che non conoscesse i suoi polli, traspare un moto di impotente rassegnazione. E poco sorprende leggere nella Historia quadripartita di Bergomo, pubblicata all’inizio del seicento da Celestino Colleoni, che più di un vescovo, nei decenni successivi alla morte di Attone, trovò il modo di arraffare i benefici devoluti in lascito ai canonici di San Vincenzo e di Sant’Alessandro. Le volte in cui non si ritrovavano con un pugno di mosche in mano, questi ultimi si vedevano assegnare, ad indennizzo dell’indebita sottrazione, una dozzina di castrati – ovini le cui carni godettero di grande popolarità lungo l’intero corso dell’età di mezzo – o una fornitura di generi di prima necessità tra i quali, come attestato da un documento del 1187, farina e oua per far rafioli. Se di trascurabile importanza nella ricostruzione delle vicende di Bergamo, gli episodi riferiti da fra’ Celestino rivestono un interesse straordinario per la storia della gastronomia. Quella risalente alla fine del XII secolo è infatti una delle più antiche testimonianze medievali che attestano la preparazione di paste ripiene in Europa. Dalle carte del cronista non è purtroppo dato di apprendere con quale denominazione fossero originariamente designati gli antichi tortelli, e se l’appellativo evidenziasse alcun legame lessicologico con il termine casoncello – il cui utilizzo è ampiamente documentato due secoli più tardi. Non pare comunque del tutto casuale che le prime evidenze (a.d. 1170) d’esistenza del calisone –  probabile progenitore del raviolo bergamasco (vedasi Affari di Gola del luglio 2016) – risalgano giusto agli anni nei quali le dispense dei complessi prepositurali di San Vincenzo e di Sant’Alessandro venivano rifornite di farina ed uova per preparare la sfoglia.

Grazie alla compunzione del vescovo Attone ed alla cupidigia dei suoi successori, si rendono dunque disponibili elementi in forza dei quali la data di nascita del casoncello potrebbe essere riaggiornata dall’anno 1386, contemplato nelle cronache di Castello Castelli, al 1187 indicato da fra’ Celestino. Quel che è ancor più certo, vagliando le note del meticoloso cappuccino, è che la città di Bergamo sia irrefutabilmente da ascriversi fra le storiche culle della pasta ripiena.

 




«Carote, datterini, zafferano: così il gelato diventa un alleato della salute»

Candida Pelizzoli per la premiazione Gambero Rosso 2017 © Francesco Vignali Photography
Candida Pelizzoli per la premiazione Gambero Rosso 2017 © Francesco Vignali Photography

Anche il gelato diventa funzionale, capace cioè di fornire, grazie ad uno studiato utilizzo degli ingredienti, sostanze benefiche per l’organismo. In Bergamasca c’è un’esponente eccellente di questa nuova tendenza: Candida Pelizzoli, titolare della gelateria Oasi di Badalasco, frazione di Fara Gera d’Adda, che ha recentemente visto premiati gli anni di ricerca, cura e attenzione al gelato artigianale come alimento nutrizionale completo (e nuova frontiera del gusto) con lo speciale riconoscimento “Gusto & Salute” attribuito dalla nuova edizione della guida del Gambero Rosso “Gelaterie d’Italia” nel corso del Sigep di Rimini.

«Il gelato funzionale è un ottimo alimento, sia dal punto di vista nutrizionale che gustativo – spiega Pelizzoli -. Le caratteristiche dei suoi componenti lo rendono infatti gratificante al palato e altamente digeribile. Grazie all’aggiunta di materie prime di alta qualità, il gelato funzionale è in grado non solo di nutrire in modo sano il nostro organismo, aiutandolo a mantenersi in salute, ma ci appaga con la ricchezza e l’originalità dei suoi sapori. L’attenzione al bilanciamento degli zuccheri, il controllo dei grassi e l’esplorazione di nuovi gusti ci permettono di intendere uno dei prodotti simbolo del “made in Italy” non solo come un alimento buono e nutriente, ma anche funzionale e adatto a tutte le circostanze».

La ricerca degli ingredienti è meticolosa e attenta anche ai prodotti del territorio o di stagione: si va dal gusto carota viola-mora ricco di antociani e caroteni a quello al datterino-lampone fonte di flavonoidi per la presenza del pomodoro, passando per il mix tra pesca e zafferano con il suo apporto di carotenoidi e di fibre. Gusti decisi ma allo stesso tempo leggeri, dove dolce e salato si compensano per il piacere dei palati più esigenti e attenti alla salute. «L’idea è nata per diminuire il carico glicemico e sostituirlo con le fibre – prosegue -, puntando, nel pieno rispetto della normativa europea, ad ottenere funzionalità differenti come il miglioramento della funzione intestinale e del sistema immunitario e la riduzione del colesterolo in base agli ingredienti funzionali utilizzati. Per questo con il supporto di risultati di importanti ricerche ed esperti del settore, il gelato viene proposto come alimento in grado di integrare tutti i nutrienti necessari all’organismo».

Candida Pelizzoli è da sempre in prima fila nella ricerca applicata all’arte del gelato. È presidente dell’associazione Maestri della Gelateria Italiana e festeggerà a maggio i trent’anni del locale che conduce insieme al marito Colombano Mariani e alla figlia Alessandra. Sue le realizzazioni di gelato al vino (2001), gelato alle erbe e piante benefiche (2004), gelato dell’amore (2005), gelato ai liquori (2006) presentate in occasione del Sigep.




Marron glacé, uno su due in Europa è made in Bergamo

marron glace italcanditiBergamo patria dei marron glacé? Ebbene sì! La metà delle preziose e golosissime castagne glassate consumate ogni anno in Europa, ossia 700 tonnellate, viene prodotta a Pedrengo dalla Italcanditi Vitalfood, come si legge in un’ampia intervista al fondatore, Angelo Goffi, realizzata dalla rivista Città dei Mille. il prodotto è uno dei fiori all’occhiello della storica azienda, nata nel 1963 dall’esperienza nel laboratorio artigianale del padre Alfredo, fin al 1945 specializzato nei marron glacé, nella frutta candita e nelle confetture e oggi leader a livello europeo nella produzione di confetture, creme, frutta candita, preparati per yogurt, verdure stabilizzate, creme salate e salse.

Il dominio nel settore dei marron glacé si deve «ai prezzi prezzi più concorrenziali sul mercato – ha spiegato il titolare nell’intervista -, ovvero agli investimenti tecnologici nell’impiantistica della produzione». Si parte da castagne attentamente selezionate, che vengono pelate a vapore e lavorate artigianalmente per conservarne sapore, fragranza e morbidezza, utilizzando tecnologie produttive avanzatissime, unite ad un severo controllo sulla qualità e sulla rispondenza ai più elevati standard di igiene.

L’innovazione dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo sono, del resto, nel Dna dell’azienda, che ha una produzione complessiva di 60mila tonnellate, 400 dipendenti, un fatturato di 100 milioni di euro ed esporta in cinquanta Paesi nel mondo.

Un punto di forza è rappresentato anche dalle politiche energetiche e di tutela dell’ambiente, in primis dagli impianti fotovoltaico e a biogas, ricavato dall’impianto di depurazione delle acque reflue dello stabilimento.




Settimana della Birra Artigianale, aperte le adesioni all’evento nazionale

birra artigianale - da Settimana della birra artigianaleSono ufficialmente aperte le adesioni alla Settimana della Birra Artigianale 2017 che ritorna, per il settimo anno consecutivo, da lunedì 6 a domenica 12 marzo coinvolgendo birrifici e locali di tutta Italia. L’evento prevede sette giorni di iniziative dedicate alla birra artigianale di qualità: degustazioni, promozioni, cene con abbinamenti, visite a birrifici, presentazioni di nuove birre, mini festival e molto altro ancora.

Protagonisti sono tutti i soggetti che quotidianamente lavorano con i prodotti dei microbirrifici italiani e stranieri. La partecipazione è gratuita. Chiunque proponga o promuova la birra artigianale può aderire: quindi non solo pub e birrifici, ma anche beershop, ristoranti, bistrot, enoteche, associazioni di settore, siti di e-commerce. Chi aderisce dovrà lanciare almeno una promozione oppure organizzare almeno un evento dedicato alla birra di qualità nei sette giorni della manifestazione. L’adesione può essere effettuata online sul sito www.settimanadellabirra.it.

La Settimana della Birra Artigianale è un’idea del blogzine Cronache di Birra (www.cronachedibirra.it) nata con la finalità di sostenere un settore in forte ascesa. La manifestazione si rivolge sia agli appassionati sia ai semplici curiosi e in generale a chiunque voglia sfruttare l’occasione per conoscere meglio le creazioni dei produttori artigianali. Dopo l’edizione record dello scorso anno – che ha contato 791 aderenti per 616 eventi e 441 promozioni – l’obiettivo per il 2017 è di raggiungere e superare queste cifre coinvolgendo sempre più persone in una grande festa “diffusa”.

Come è ormai consuetudine, per aprire la manifestazione domenica 5 marzo si svolgerà a Roma un grande evento dedicato a tutti coloro che condividono lo spirito dell’iniziativa, cogliendo l’occasione per svelare in anteprima assoluta tante birre inedite realizzate da altrettanti birrifici italiani: il Ballo delle Debuttanti si terrà alla Luppolo Station, il locale nei pressi della Stazione Trastevere.

 




Le signore dei casoncelli

da sinistra, Bianca Licini, Giuliana e Iosette Carenini
da sinistra, Bianca Licini, Giuliana e Iosette Carenini

“Tot nostrà meno ol pà” (“tutto nostrano tranne il pane”). Sin dall’inizio dell’attività – era l’8 dicembre del 1969 – la trattoria del Moro, di Ponteranica, ha avuto ed è rimasta fedele a questo motto che corrisponde ad una filosofia operativa, ad un modo di lavoro.

Il Moro era Carmelino Carenini, che con la moglie Maria Fiorona ha avuto l’idea di aprire una trattoria nei pressi della propria abitazione. Una posizione poco appetibile, se vogliamo, da un punto di vista strettamente commerciale, visto che da Ponteranica si deve salire qualche chilometro sulla montagna, anche se le indicazioni sono molto chiare. Non ha però sbagliato, dal momento che l’attività continua fiorente fino ai nostri giorni, in una struttura che può ospitare sino a 170 coperti.

trattoria del Moro esternoCerto le punte di lavoro sono nei fine settimana sia invernali, per la particolarità della cucina, sia estivi, per la piacevole freschezza che può spezzare la calura cittadina. Una specie di gita fuori porta, anche se nel periodo estivo non sono in pochi a salire per la pausa di mezzogiorno con la proposta del menù a prezzo fisso di 11 euro.

Dalla metà degli anni Ottanta un terzetto di briose e simpatiche signore manda avanti l’attività. Tutto è rimasto in famiglia: Iosette, in cucina, e Giuliana, in sala, sono infatti figlie di Carmelino Carenini mentre Bianca Licini, anche lei in sala, è cognata delle altre due. «Abbiamo clienti che vengono da noi da generazioni – racconta Giuliana –. Si tratta di gruppi di amici ma soprattutto di famiglie. Bambine che oggi sono mamme, si può dire che molti sono clienti da quarant’anni. Certo qualcosa sta cambiando, stanno arrivando anche i turisti, soprattutto stranieri, particolarmente quelli che visitano la pala del Lotto, nella chiesa di Ponteranica. Ecco quindi che abbiamo anche il menù in inglese e poi, per stare al passo con i tempi, abbiamo anche un menù vegetariano. Per il resto non è cambiato niente, seguiamo la nostra cucina tipica bergamasca, semmai abbiamo variato il modo di presentare i piatti».

Di certo per arrampicarsi, sia pure alle prime pendici della montagna (la strada è sufficientemente agevole), ci vogliono dei buoni motivi soprattutto, nel nostro caso, gastronomici. In realtà, sotto questo profilo, per andare alla Trattoria del Moro ne basta uno: i casoncelli alla bergamsca. Su questo piatto sono in molti i ristoratori, a torto o a ragione, a ritenere di avere la ricetta migliore, quella col segreto tramandato da qualche nonna. Attenzione: dal Moro non si scherza, qui i casoncelli sono veramente buoni e pur non potendo stilare una graduatoria di merito riteniamo di poterli collocare in un novero abbastanza ristretto di eccellenze. Piacevano persino al compianto Vittorio Cerea, il quale suggeriva di aggiungere solo un po’ di uova in più nell’impasto. Non sappiamo se sia stato fatto.

trattoria del moro - ponteranica - casoncelli - rit

«Di casoncelli ne prepariamo un bel po’ – conferma Iosette Carenini, regina assoluta della cucina – visto che sono il nostro piatto forte e ci atteniamo scrupolosamente alla ricetta originale. Non vedo motivo per cambiare dal momento che stanno funzionando bene sin da quando è iniziata l’attività. Per quanto riguarda gli altri piatti, proponiamo solo quelli della cucina tipica bergamasca. Abbiamo provato anche con il pesce ma ci sembrava un po’ un controsenso in questa cornice. Noi abbiamo tutta una storia nostra, alleviamo maiali, conigli, galline e coltiviamo verdure, avendo cura comunque di far seguire a questi prodotti tutta la trafila prevista dalle norme sanitarie. Sì, i casoncelli van bene, ma anche con il salame di nostra produzione non scherziamo!».

Trattoria del Moro - Ponteranica - la cantinaLa scrupolosa osservanza della cucina bergamasca viene declinata sulla carta del Moro in piatti che possiamo citare tutti, visto che non sono moltissimi: salame con polenta e funghi o affettati misti per antipasto. Casoncelli burro e salvia, tagliolini ai funghi porcini e foiade al sugo di lepre quali primi piatti mentre le seconde portate sono costituite da costata, nodini, spiedini, cotechini, polenta e coniglio al vino rosso, polenta e manzo al barolo, polenta e stracotto d’asino, polenta con funghi porcini trifolati, polenta lumache e funghi porcini, cinghiale con verdure stufate e polenta con funghi porcini e branzi. C’è anche la polenta taragna che può essere abbinata ai diversi piatti.

Con tre portate e vino della casa si possono spendere sui trenta euro, ma quattro fette di salame con un po’ di polenta ed un piatto di casoncelli valgono da soli la pena di un paio di chilometri di salita.

Trattoria del Moro

via Castello, 42
Ponteranica
tel. 035 573383
chiuso il lunedì
www.trattoriadelmoro.com



Vini e bevande, per Quattroerre 35 anni da protagonista

Gennaio 1982 – gennaio 2017. Per la 4R di Torre de’ Roveri 35 anni da protagonista nella distribuzione di vino, birra e bevande.

Hanno cominciato giovanissimi, i quattro fratelli Rota – Maurizio, Giampietro, Enrico e Luca -, saldamente uniti in un progetto che ha trovato la propria ispirazione nell’esempio e nel lavoro del padre. Un prezioso modello di riferimento che ha fatto il paio con la visione che le nuove generazioni portano con sé e che li ha spinti a trasformare la fiaschetteria dei genitori in un’azienda organizzata, dedita a più servizi per la ristorazione.

Le tappe importanti che hanno costellato il cammino della 4R sono molte. La prima, forse tra le più lungimiranti, fu quella di iniziare a mettere il vino sfuso in contenitori d’acciaio. L’ultima, forse quella più audace, diventare protagonisti nella produzione della birra artigianale tramite il Birrificio Otus di Seriate.

Su tutto una serie di valori non negoziabili: professionalità, rispetto per il cliente e massimo sostegno all’educazione enogastronomica. Senza dimenticare un concetto che i fratelli Rota ribadiscono ad ogni occasione utile: credere nel proprio lavoro e, soprattutto, credere nella cultura del lavoro.

Quattroerre

via Marconi, 1
Torre de’ Roveri
tel. 035 580701
www.quattroerre.com

La storia in dieci immagini