Uova senza sorprese. Ecco come sceglierle e cucinarle al meglio

uova - confezione

Carlo Cracco ne ha fatto la sua bandiera, Paolo Parisi lo vende come fosse d’oro, Davide Scabin l’ha trasformato in un piatto visionario, il Cyber egg.

Pochi prodotti come l’uovo sanno essere tanto versatili in cucina. Può creare piatti semplici e raffinatissimi, comparire sulle tavole più povere e su quelle dei ristoratori più blasonati. Di gallina, di struzzo, quaglia, anatra, oca, lo si può bollire, strapazzare, friggere, fare al forno, declinare in tantissime ricette: in camicia, alla coque, alla diavola, all’occhio di bue, in insalata e, ovviamente, sodo e in frittata, con le sue infinite varianti.

Se pensate che cucinarlo sia facile, però, sbagliate: la cottura delle uova è fra le più insidiose delle basi di cucina e anche le ricette che consideriamo scontate, non lo sono. Lo sanno bene gli chef: alcuni raccontano addirittura di avere vissuto momenti di panico nella preparazione di un uovo in camicia. Ecco allora una piccola guida per scoprire curiosità che non conoscevate e per realizzare preparazioni perfette. Con una chicca, la ricetta dello chef Darwin Foglieni del ristorante Ol Giopì e la Margì di Bergamo, in via Borgo Palazzo.

1) IL COLORE DEL GUSCIO NON CONTA, IL TIPO D’ALLEVAMENTO SÌ

Prima di comprare le uova, è importante controllare che siano integre e pulite e che siano più fresche possibile. Un modo per scoprirlo è guardare il guscio, che deve essere opaco – se è lucido, sono vecchie. Il colore del guscio, invece, non c’entra con la qualità e bontà dell’uovo, ma solo con la razza della gallina. Il meglio del meglio è comprarle da un allevatore diretto che conoscete. Se questo non è possibile, preferite sempre uova di galline allevate con metodo biologico o comunque all’aperto. Di solito viene specificato sulla confezione, se non è così verificate sull’etichetta (deve esserci sempre) che il primo numero del codice riportato sia 0 e 1. Meglio le uova confezionate nel cartone perché si conservano meglio e si può riciclare il contenitore.

uovo - forchette2) C’È UN UOVO PER OGNI ESIGENZA

Nei supermercati si trovano uova di ogni tipo: oltre alle uova tradizionali, ci sono uova in bottiglia pastorizzate, inventate per prolungare la durata e migliorare l’igiene in cucina. Si può acquistare solo il rosso o solo il bianco e sono ideali per la preparazione di creme; c’è l’uovo liottizzato, consumato prevalentemente dagli sportivi; l’uovo light, a basso contenuto di grassi, e l’uovo a forma di tubo, ideale per tagliare fettine tutte uguali e imbottire tramezzini e panini. Per la pasticceria, infine c’è l’albume in polvere.

3) PROVA FRESCHEZZA

Ci sono più modi casalinghi per capire se un uovo è fresco oppure no. Il più immediato è quello anticipato al punto 1: guardare il guscio, se è lucido è vecchio. Un altro modo, più preciso, consiste nell’immergerlo in un bicchiere d’acqua con una manciata di sale: se va fondo è freschissimo, se resta a metà vuol dire che è abbastanza fresco ma è meglio non cucinarlo alla coque; se galleggia non va mangiato. L’uovo non deve contenere corpi estranei né deve emanare odore. Il tuorlo deve trovarsi in posizione centrale e deve essere immobile. Se l’uovo è rotto, meglio buttarlo. Controllate in ogni caso la data di deposizione: vanno consumate entro 3-4 settimane.

4) COME CONSERVARLE

Le uova vanno pulite con un tovagliolo e tenute al fresco. Conservatele a temperatura ambiente così come le acquistate se siete certi di mangiarle nel giro di pochi giorni; diversamente riponetele in frigorifero, lasciandole nella loro confezione e mettetele a testa in giù nel ripiano più alto, così si conservano meglio e più a lungo. Tenetele lontane da frutta e verdura per evitare il rischio salmonella e da alimenti con odori forti.

uovo - fritto - pane - colazione5) TUTTI I TRUCCHI PER LA COTTURA

I due segreti più importanti per avere una cottura perfetta sono usare uova a temperatura ambiente e cuocerle con calore moderato. Questo permette agli ingredienti di amalgamarsi e all’uovo di non diventare secco. Per ogni ricetta, poi, ci sono errori da evitare e dritte che consentono di ottenere un piatto perfetto, a prova di chef. Ecco i più importanti.

Bagnomaria e al vapore, in casa sono i metodi migliori

La cottura a bagnomaria permette di rispettare al massimo sapore e consistenza e limita l’uso dei grassi. Richiede 10 minuti abbondanti e un continuo rimescolamento, ma ne vale la pena. In assenza del roner, si può avere un ottimo risultato anche con la cottura a vapore e al forno che lasciano l’uovo più morbido (si cuociono le uova al forno a 70° per 15 minuti, oppure in una vaporiera, a bassa temperatura).

Uova sode, l’acqua deve essere fredda

Usate uova a temperatura ambiente e immergetele in acqua fredda (l’acqua calda crea uno “shock termico” che fa rompere il guscio più facilmente). L’acqua deve riscoprirle per tutta la durata della cottura. Per evitare che si rompano in cottura aggiungete all’acqua un po’ di sale. Se il guscio si crepa nell’acqua mentre l’uovo cuoce, aggiungete all’acqua dell’aceto, farà rapprendere subito l’albume che sta per fuoriuscire. Per sbucciarle più facilmente: a fine cottura togliete le uova dal pentolino e immergetele in acqua fredda; oppure, immergetele in un pentolino con acqua molto fredda, tappate con un coperchio e agitate velocemente da destra a sinistra per 20 secondi.

Uova strapazzate, il sale va messo alla fine

Il segreto per ottenere delle uova strapazzate soffici è usare uova di qualità (biologiche o da galline allevate all’aperto), tenere la fiamma al minimo e mescolare continuamente. Le uova vanno rimosse dalla padella prima che la cottura sia finita, quando sono ancora un po’ liquide e mescolate ancora per qualche attimo. Sale e pepe vanno aggiunti a cottura completa. Per renderle ancora più soffici, incorporare una goccia di acqua gassata; per renderle più cremose, sostituire il latte con la panna, oppure miscelare latte e panna in porzioni uguali. Se si cuociono a bagnomaria vengono ancora più cremose.

Uovo in camicia, la corretta tempistica è decisiva

Le uova devono essere freschissime e tutti gli ingredienti vanno preparati prima di mettersi ai fornelli. La pentola deve essere ampia (almeno 10 cm di profondità). Le uova vanno rotte in un piatto e poi fatte scivolare delicatamente nella casseruola riempita di acqua. Meglio cuocere un uovo per volta. L’acqua non deve essere bollente e il calore deve essere moderato (se l’acqua è troppo calda l’uovo si indurisce). Prima di tuffare l’uovo, mescolate l’acqua con un cucchiaio, in questo modo si abbassa la temperatura e si crea un piccolo vortice che aiuterà il tuorlo ad avvolgersi nel proprio albume. Cuocete da 1 a 4 minuti, continuando a girare delicatamente con un cucchiaio per mantenere in movimento l’uovo. Per facilitare la cottura, unire all’acqua due cucchiai di aceto di vino bianco e aiutare l’albume ad avvolgere il tuorlo, irrorandolo di acqua mentre cuoce, per circa 20 secondi.

uova - frittataFrittata, con l’albume montato è più soffice

Per avere una frittata soffice e facile da girare, mescolate poco le uova senza amalgamarle completamente e unite alle uova un albume montato a neve, incorporandolo delicatamente dal basso verso l’alto, oppure qualche cucchiaio di latte o panna fresca. Gli altri ingredienti, ad esempio le verdure, vanno cotti e fatti raffreddare e uniti alle uova sbattute fuori dal fuoco. La padella deve avere il fondo pesante e deve essere scaldata bene, prima di aggiungere olio o burro. La cottura deve avvenire prima a fiamma moderata. Durante la cottura, incidere la frittata in modo che la parte liquida scivoli sotto e si rapprenda e spostarla lateralmente in modo che non si attacchi al fondo e non cuocia solo la parte centrale ma anche i bordi. Per rendere più profumata la frittata aggiungere alle uova sbattute del prezzemolo o dell’erba cipollina.

La nutrizionista: «Va bene mangiarne fino a quattro a settimana»

L’uovo è un alimento benefico sotto molti aspetti ed è adatto a tutte le età. Occupa uno dei primi posti nella scala degli alimenti ad alto valore biologico, perché contiene tutti gli aminoacidi essenziali e tutti in forma utilizzabile. Inoltre, è ricco di vitamine e sali minerali. «Altri componenti importanti sono l’acido oleico, l’acido linolenico e la lecitina. Quest’ultima, insieme ai due acidi grassi polinsaturi, è l’antagonista più importante del colesterolo e aiuta anche l’innalzamento del colesterolo HDL, detto colesterolo buono, che è una sostanza necessaria al nostro organismo». spiega la biologa nutrizionista Roberta Zanardini (robertazanardini@gmail.com).

Le uova non dovrebbero mancare nell’alimentazione di vegetariani, anziani, sportivi, bambini e adolescenti, è invece sconsigliato a chi soffre di calcolosi biliare, colecisti, ipercolesterolemia, alle persone immunodepresse e bimbi con familiarità per allergie alle proteine dell’uovo, dice Zanardini che consiglia: «Va bene mangiarne fino a quattro a settimana negli adulti e due nei bambini. Con una attenzione: diversamente da altri alimenti, da cotto (sodo) l’uovo risulta meno digeribile, quindi preferitelo alla coque, ma soprattutto evitate le fritture».

IL TOCCO DELLO CHEF

Darwin Foglieni
Darwin Foglieni

Ravioli al Formai de Mut con uovo in camicia e tartufo nero bergamasco – di Darwin Foglieni

Ingredienti (per 4 porzioni):
  • 400 g sfoglia fresca all’uovo
  • 200 g panna fresca
  • 300g Formai de Mut Alta Val Brembana Dop
  • 4 uova freschissime biologiche
  • un cucchiaio di aceto di vino

per il condimento

  • 20 g grana padano
  • 50 g burro di malga
  • 6 foglie di salvia
  • qb tartufo nero fresco bergamasco
Procedimento:

In una pentola far bollire la panna fresca. Al primo bollore togliere dal fuoco e unire il formaggio tagliato a cubetti, facendolo sciogliere completamente. Versare il tutto in un contenitore e riporre in frigorifero. Quando il composto è freddo, ricavare delle palline di fonduta e farcire i ravioli.

In una pentola con bordi alti far bollire l’acqua con l’aceto. Aprire un uovo per volta in una ciotolina e versarlo nell’acqua per pochi minuti. Con una schiumarola togliere le uova e asciugarle su un panno. Le uova possono anche essere cotte a vapore in forno. In questo caso portare il forno alla temperatura di 80°, adagiare le uova su una griglia, chiudere il forno e impostarlo a 70° per 15 minuti. Cuocere i ravioli in acqua, scolarli e disporli a porzione sul piatto, aggiungendo al centro un uovo in camicia. Condire i ravioli con burro fuso alla salvia, grana padano grattugiato e guarnire con qualche lamella di tartufo nero bergamasco.

ricetta ravioli uovo darwin foglieni




Carlo, il Maestro del commercio da 71 anni dietro al bancone

carlo rossetti caravaggio - i suoi salumi«Mi dicono di non fermarmi e io accetto il consiglio». A 84 anni Carlo Rossetti continua a fare il mestiere di famiglia, imparato da ragazzo e portato avanti con passione per tutta la vita, quello del salumiere, nella duplice accezione di produttore di salumi e di negoziante, nella piccola bottega in largo Cavenaghi 19 a Caravaggio, all’estremo opposto del viale rispetto al Santuario, dopo l’arco di Porta Nuova, che segna uno degli accessi al centro storico.

Carlo è lì da sempre (i suoi genitori, Giuseppe e Giaele, hanno aperto l’attività nel 1927 a pochi metri dal negozio attuale, che è invece del ’38) e lo scorso 5 marzo per la sua longevità lavorativa ha ricevuto nella sede dell’Ascom di Bergamo l’Aquila di Diamante, il distintivo con il simbolo della Confcommercio destinato a chi raggiunge i cinquant’anni di carriera, nell’ambito della premiazione dei Maestri del Commercio di 50&Più, che in Bergamasca ha assegnato complessivamente 14 riconoscimenti.

salumeria Rossetti - caravaggio - foto storica
La bottega in un’immagine del 1947…

Salumeria Rossetti - Caravaggio
… e oggi

«Sono diventato titolare della salumeria nel ’65 – ricorda Rossetti, che si è già appuntato al petto le Aquile d’argento e d’oro ed ha ottenuto nel 2002 il titolo di Cavaliere -, ma già a 7-8 anni, dopo la scuola, davo una mano a pulire le ossa con un coltellino e dai 13 ho cominciato a lavorare stabilmente al fianco dei miei genitori e dei miei fratelli, Giulio e Arturo. Sono perciò 71 anni che faccio questo mestiere». «Negli anni – aggiunge ripercorrendo le tappe della storia di famiglia – abbiamo aperto anche una macelleria qui di fianco e una Masano e una salumeria a Fornovo San Giovanni. Oggi è rimasta solo la mia attività, che è potuta crescere grazie alla fondamentale presenza di mia moglie Maria e prosegue con mio figlio Pietro e mia nipote Giulia, che ha 26 anni. Vedere che quanto abbiamo costruito partendo da mio papà sta andando avanti è ciò che mi rende più orgoglioso. Io, dal canto mio, continuo a fare tutto con piacere, la lavorazione delle carni, la preparazione dei salumi, il servizio al banco. Amo il rapporto con i clienti, che in certi casi va avanti da generazioni, ma anche curare le nostre produzioni. Sto bene, sono ancora impegnato dalle sei dal mattino alle otto di sera e non mi pesa». Anche la moglie Maria, classe 1934 non ha comunque mollato del tutto – ci svelano – e quando occorre dà il suo aiuto “dietro le quinte”.

Che sia un negozio storico lo si capisce senza bisogno di targhe o vetrofanie (anche se c’è l’intenzione di chiedere il riconoscimento ufficiale alla Regione Lombardia). Una sola vetrina/ingresso, l’insegna “salumeria” a caratteri rossi su fondo bianco, una trentina di metri quadri di superficie in totale, bancone ben fornito, salumi appesi, scaffali e frigo dove trovare quasi tutto: è la classica bottega “di una volta”, non di quelle artificialmente retrò che usano ora, ma il distillato di anni al servizio delle necessità alimentari del paese, che, con garbo e attenzione, va avanti senza effetti speciali.

Carlo Rosetti e il figlio Pietro
Carlo Rosetti e il figlio Pietro

Il punto di forza sono i salumi e gli insaccati freschi. Settantun anni di esperienza si sentono nel perfetto equilibrio della salsiccia al formaggio, la specialità più amata della salumeria. Nella Bassa è in uso aggiungere del Grana grattugiato all’impasto e il risultato in casa Rossetti è un prodotto che sin dal profumo mentre sfrigola in padella si annuncia nella sua golosità. Mobida, avvolgente, saporita al punto giusto, la si può gustare semplicemente arrostita, oppure sgranata nel risotto, come ragù per condire pasta o gnocchi o anche in umido: nella zona in autunno la si prepara in una sorta di spezzatino con i funghi chiodini. E poi ci sono i cotechini, il salame, i cacciatori, lo zampone quando è stagione. «Abbiamo smesso di produrre i salumi che rischiedono una stagionatura più lunga, come coppe e pancette – dicono Carlo e il figlio Pietro -. Continuiamo invece a fare la mortadella di fegato, un insaccato della tradizione che oltre alla carne impiega anche il fegato del maiale, spezie e vin brulé. Ai giovani è difficile che piaccia, ma chi l’ha sempre apprezzata ce la chiede. È stagionata circa un mese, la si fa bollire per un’oretta e si accompagna con purè o lenticchie. È un salume saporito, del genere della salama ferrarese. Qualcuno la mangia anche cruda».

In tempi prodotti omologati, l’artigianalità dei Rossetti è una preziosa eccezione e non stupisce che chi è andato ad abitare lontano da Caravaggio richieda ai parenti qualche loro salame o salamella come souvenir. «Il segreto? È la freschezza – afferma Carlo –. Prepariamo gli insaccati ogni martedì e se serve anche il venerdì. La salsicca al formaggio, per esempio, va mangiata subito, altrimenti prende acidità. Poi, ovviamente, contano la selezione della carne e dei tagli, che non siano nervosi, l’uso di spezie e aromi di buona qualità, la cura nella lavorazione», tutti elementi sapientemente affinati in tanti anni di lavoro.

Esperti del maiale quali sono, i Rossetti offrono anche prodotti di macelleria, solo suina, quindi lonza, filetto, braciole, costine, spiedini, involtini, fegato. L’ingresso di Pietro, coadiutore del padre dall’89 e appassionato di cucina, ha portato in negozio alcuni piatti di gastronomia rigorosamente prodotti in casa, classici come l’insalata russa fatta con le verdure fresche, il vitello tonnato, il roast beef, le torte salate, il cotechino con lenticchie o spinaci. Nel pieno rispetto della tradizione il venerdì c’è il merluzzo fritto e, dopo il successo riscontrato durante la festa di Caravaggio, il sabato è giorno di trippa. Sul banco anche altri salumi, tra cui un crudo di Langhirano e una porchetta di Ariccia, tra i formaggi un Parmigiano di montagna e a rotazione anche qualche francese e di capra.

«Lo spazio è poco – evidenzia Pietro –, ciò che cerchiamo di fare è proporre ogni giorno qualcosa di diverso tra i prodotti freschi. Grandi strategie non ce ne sono, è importante capire quali sono le esigenze e dove vanno i gusti, ci aiuta la conoscenza che abbiamo della clientela». «I momenti difficili ci sono stati e ci saranno, ma pian piano abbiamo sempre cercato di andare un passo avanti», gli fa eco il padre, che con la sua lunga carriera conferma la validità di questa semplice filosofia.

La premiazione di Rossetti con l'Aquila di diamante della Confcommercio. Da sinistra: Paolo Malvestiti presidente Ascom, Renato Borghi presidente naizonale di 50 & Più, Sergio Gandi vicesindaco di Bergamo, Giuseppe Capurro presidente di 50 & Più Bergsmo e Alessandra Locatelli consigliere provinciale
La premiazione di Rossetti con l’Aquila di diamante della Confcommercio. Da sinistra: Paolo Malvestiti presidente Ascom, Renato Borghi presidente naizonale di 50 & Più, Sergio Gandi vicesindaco di Bergamo, Giuseppe Capurro presidente di 50 & Più Bergsmo e Alessandra Locatelli consigliere provinciale




Vino, nella vendita online vincono i grandi brand

vinoTannico ha presentato i dati della ricerca sul mondo del vino, effettuata con il panel di consumatori più ampio mai utilizzato, pari a 50mila consumatori. Un campione decisamente consistente considerato che su 10 bottiglie vendute online 3 vengono consegnate da Tannico. La ricerca è nata grazie ai dati estrapolati da Tannico Intelligence, un servizio dedicato alle cantine e ai consorzi, che permette di accedere a milioni di informazioni registrate sulla piattaforma di vendita della più grande enoteca online d’Italia. La risposta principale a cui questa ricerca ha dato voce è: cosa bevono gli italiani e come si distinguono fra loro? Che peso ha il marketing nelle vendite? E le stelle e gli astri hanno anche loro un peso? Sono i dati a parlare e il risultato è spesso sorprendente e a tratti anche piuttosto divertente.

Consumi e tendenze

Tra le prime evidenze di questa analisi, emerge inaspettatamente un testa a testa tra la Lombardia e l’Abruzzo, che si contendono il primato di high spender in Italia con 11 euro di prezzo medio a bottiglia, seguiti da Veneto (9,5 euro), Sicilia (8 euro) e Molise (6,5 euro). A sorpresa Gallarate , vicino a Milano, vince il premio di città che investe di più per una bottiglia di vino. In questa produttiva cittadina della provincia di Varese, il prezzo medio di vendita al pubblico per bottiglia arriva a circa 17 euro (il 95% in più rispetto a Genova e il 120% in più rispetto a Napoli). A seguire Firenze (13,5 euro), Milano (10 euro) e Roma (9 euro). Nella vendita di vino online si conferma il primato dei grandi brand, che battono i piccoli produttori in termini di vendite (10%), considerati probabilmente più affidabili per i neofiti del calice, che faticano a orientarsi nel mare magnum delle cantine italiane. Al primo posto emerge una tra le cantine più note della Sicilia, Donnafugata (9,67%), simbolo del rinascimento enoico del sud Italia. Di misura Ferrari (9,56%) si conferma il re delle bollicine made in Italy da metodo classico, mentre il bronzo per i più venduti se lo aggiudica Tramin, una cantina altoatesina che coniuga i grandi numeri a quella costanza qualitativa tipica delle migliori realtà artigianali. A seguire Contadi Castaldi (6,07%), Tenuta San Guido (6,02%) San Michele Appiano (5,65%), Bertani (5,21%), Antinori (5,14%) Bellavista, (4,87%) e Planeta (3,99%). Nel comparto delle bollicine, la vittoria dello Champagne è schiacciante (49%), grazie soprattutto all’ampio acquisto di prodotti del gruppo Moët. Se però consideriamo la totalità delle bollicine italiane, sia da metodo classico che charmat, queste battono per due punti percentuali (51%) l’insieme di tutti gli Champagne francesi. Tra le bollicine italiane preferite dalla rete svetta in cima al podio il Franciacorta (26%), che distacca persino il più economico Prosecco (19%), che tuttavia dà il lungo al Trento DOC (6%), fanalino di coda della nostra classifica – denominazione penalizzata dall’avere solo una cantina particolarmente conosciuta al grande pubblico. Entrando nel particolare, tuttavia, è interessante sottolineare come subito dopo il Dom Pérignon (10,69%) ci sia Ferrari (6,96%), che fa la parte del leone di tutte le bollicine trentine, oltre che italiane. A seguire Louis Roederer (4,99%), Monte Rossa (4,78%), Contadi Castaldi (4,60%), Ruinart (4,00%), Bellavista (3,61%) Philipponat (3,58%) e Andreola (3,25%).

Uomini, donne e millennial: chi acquista cosa?

Sulla base 50mila acquirenti, i clienti di Tannico sono stati divi in tre fasce: uomini e donne sopra i 35 anni e ragazzi fra i 18 e i 35 anni, maschi e femmine (Millennial ). Cliché confermati a metà, sul rapporto tra donne e vino , con qualche piccola sorpresa. La preferenza del gentil sesso cade complessivamente sulle bollicine, sia italiane che francesi (47%), con il superamento di un solo punto percentuale dello Champagne (24%) su quelle prodotte lungo tutto lo stivale (23%). Sul fronte d’oltralpe svettano le Maison Dom Pérignon e Ruinart, che danno qualche considerevole lunghezza a Philipponat, Canard Duchene, Aubry, Krug, Louis Roederer, Moët & Chandon e Jacquesson. In Italia vince nuovamente Ferrari, a cui segue Monte Rossa, Contadi Castaldi, Andreola, Berlucchi, Bellavista, Ferghettina, Mosnel e Fratelli Berlucchi. A sorpresa, tuttavia, le donne scardinano un vecchio cliché dimostrando di apprezzare anche i vini rossi, acquistati per il 31%, seppur da pronta beva, contro i bianchi preferiti per il 22%, con particolare predilezione per gli aromatici come il Gewürztraminer. Se le donne apprezzano una buona bollicina, gli uomini confermano la tendenza di essere degli estimatori dei rossi (44%), a cui seguono le bollicine (35%) e i bianchi (21%). Nella fascia dei rossi corposi vincono a mani basse quelli da invecchiamento (20% diviso fra Bolgheri, Barolo, Amarone e Brunello). Si conferma, invece, la maggiore propensione all’acquisto maschile, che rimane non solo più alto ma ricorrente e fatto di un numero superiore di bottiglie.

A mettere d’accordo uomini e donne, tuttavia, sono alcune cantine molto note come Dom Pérignon, Donnafugata, Ferrari e la Cantina Tramin. Tra le grandi sorprese emerse da questa ricerca, i Millennial della rete sembrano del tutto diversi da quella “generazione 1000 euro”, che li vorrebbe con lavori precari, senza reddito fisso e uno stile di vita morigerato. Al contrario i Millennial, sia maschi che femmine, acquistano vini che rappresentano uno status symbol, come lo Champagne e bottiglie da invecchiamento (Bolgheri, Barolo, Amarone e Brunello per il 23%), incredibilmente molto di più della fascia over 35 maschile, che sceglie più Prosecco rispetto ai giovani. I Millennial invece preferiscono al Prosecco (8%), il metodo classico (15%, diviso tra Franciacorta e Trento Doc) più di tendenza ed elegante.

 

 




A Pasqua non sapete che colomba pigliare? C’è la degustazione guidata

colomba marchesiMai provata la colomba abbinata a un gin tonic? Chi vuole esplorare nuove sfumature e sensazioni del dolce pasquale può partecipare giovedì 13 aprile alla seconda serata di degustazione organizzata da Panificio Marchesi e Tassino Café nel locale di largo Rezzara a Bergamo.

L’incontro (alle 21, costo 15 euro) proporrà tre versioni della colomba artigianale del panificio – tradizionale, con gocce di cioccolato fondente e ai marron glacé – accompagnate rispettivamente a gin tonic, vermouth e passito veronese Ismaele 2009, sotto la guida professionale di Alessandro Salamina e Giuseppe Tironi che illustreranno le scelte dal punto di vista “scientifico”, gustativo e – perché no? – emozionale.

«Abbiamo voluto offrire un approccio diverso, più approfondito, al prodotto – spiega Roberto Marchesi, titolare del panificio -, anche con qualche azzardo, ma capace di far percepire, grazie agli esperti, le differenze nella qualità». Le colombe, insieme ai panettoni, sono prodotti di punta del panificio tanto da meritarsi ognuno un sito dedicato (www.ilpanettonemarchesi.it  – www.lacolombamarchesi.it) e sono richiesti in tutta Italia. «La fidelizzazione è alta, chi li ha provati torna – evidenzia -. Credo che ci sia già una grande attenzione da parte dei consumatori nella scelta del dolce, con questa iniziativa abbiamo voluto dare ulteriore valore, ma anche festeggiare insieme a clienti e amici la Pasqua».

L’appuntamento, già realizzato il 6 aprile con abbinamenti di altri tre tipi di colomba a tre vini, si inserisce in un progetto più ampio di collaborazione tra Panificio Marchesi e Tassino Café, che hanno anche realizzato il truck “certificato” East Lombardy, per portare nelle grandi manifestazioni (tra le prossime la Mille Miglia e la Fiera millenaria nel mantovano) i piatti ed i prodotti dei quattro territori insigniti per quest’anno del titolo di Regione europea della Gastronomia, ossia Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova.




Il birrificio Otus stappa l’emozione anche al Vinitaly

otus a vinitaly 2017 (1)

Calano i consumatori e i consumi di bevande alcoliche in Italia. Cresce, tuttavia, la consapevolezza della cultura mediterranea del mangiare e bere, mentre l’eccesso è sempre meno di moda. Dalla ricerca Nielsen per Federvini, emerge infatti che i consumi di bevande alcoliche in Italia, in 10 anni, tra il 2005 e il 2015, sono diminuiti del 25%, da 31,1 milioni di ettolitri a 22,9 milioni.

Questo a causa di cambiamenti di varia natura: demografici (la popolazione italiana invecchia), sociali (sono cambiati momenti e luoghi di consumo), economici, ma anche per nuovi atteggiamenti alimentari sempre più orientati al salutismo e, non ultimo, per una sempre maggiore competizione con gli altri settori del beverage.

otus a vinitaly 2017 (2)All’interno di questo macro mondo emerge però che le nuove generazioni si orientano con più semplicità verso la birra. Fenomeno che non è passato inosservato neppure agli organizzatori della fiera internazionale dedicata al vino di Verona, che, da qualche anno, hanno “scoperto” la grande attenzione anche del pubblico professionale all’arte di miscelare cereali con acqua, luppolo e lievito. L’appuntamento con il Vinitaly – dal 9 al 12 aprile – non è più quindi solo dedicato al vino. E il Birrificio Otus di Seriate ha pensato di non perdere quest’opportunità per presentarsi agli operatori professionali (stand 12 del padiglione Sol&Agrifood -ingresso principale Cangrande).

otus a vinitaly 2017 (3)Tramite la collaborazione con Assobirra – Associazione dei Produttori della Birra e del Malto – Otus intende far conoscere agli ospiti di questo palco mondiale la propria filosofia nel produrre birre artigianali. «Vinitaly è una kermesse mondiale incredibile e unica – racconta Giampietro Rota, consigliere delegato del birrificio di Seriate -. È una vetrina che permette di mostrarsi al mondo intero e di trasmettere determinate emozioni legate a questo comparto così diverso ma complementare al vino. Abbiamo allestito uno spazio dove è possibile degustare le nostre specialità sia alla spina che in bottiglia, partendo proprio dall’ultima nata in casa Otus: la RedVolution. Parlando proprio di questa birra, abbiamo voluto un prodotto complesso ed intrigante, senza però perdere mai di vista la facilità di beva, caratteristica fondamentale per noi nell’interpretare l’arte della produzione di birra artigianale. RedVolution è una birra rossa doppio malto, prodotta ispirandoci allo stile Bock, da noi chiaramente reinterpretato».

«Ha una base maltata importante con note dolci di miele, frutta sotto spirito, cioccolato e caffè – continua Rota – con una componente luppolata generosa determinata da luppoli di nuova generazione continentali quali lo Sloveno Styrian Wolf e il tedesco Saphir, che completano il bouquet generando note floreali e speziate. Ha un residuo zuccherino importante tipico delle Bock, bilanciato da un amaro delicato che non la rende stucchevole».




Programmi per Pasquetta? A Malpaga torna il pic nic con gli agricoltori

Confagricoltura - pasquetta Malpaga (8)

Una cornice suggestiva, la comodità del “fuoriporta” e tante cose buone da mangiare: ha tutte le carte in regola per diventare un classico per la Pasquetta la manifestazione “Picnic ed enogastronomia al Castello di Malpaga”, promossa da Confagricoltura Bergamo e dal Castello di Malpaga.

L’appuntamento, giunto alla terza edizione, è lunedì 17 aprile con aziende agricole provenienti dal nord Italia che metteranno in vetrina e venderanno le loro eccellenze alimentari.

L’intenzione è quella di valorizzare in modo congiunto il patrimonio storico, culturale ed enogastronomico e, soprattutto, ripetere il grande successo delle prime due edizioni. L’aia si animerà dunque di aziende agricole dalle quali si potranno acquistare direttamente piatti e prodotti da gustare nel fossato della dimora che fu del condottiero Bartolomeo Colleoni. Basterà portarsi un plaid, passeggiare tra gli espositori presenti e comporre il proprio pranzo, spuntino o merenda acquistando tra ciò che piace di più. La scelta sarà davvero ampia e la provincia di Bergamo sarà ben rappresentata grazie ad una “delegazione” di aziende agricole molto attiva e ormai ben collaudata.

Nel corso della giornata i bambini potranno giocare liberamente nell’area gioco creata appositamente per loro e scoprire colori e profumi nelle aree verdi, i genitori invece potranno rilassarsi nel fossato del Castello ed assistere a spettacoli di artisti di strada.

La manifestazione si apre alle 10 e chiude alle 18. L’ingresso è gratuito. Nella stessa fascia oraria, dalle 10 alle 18, all’interno del Castello di Malpaga ci sarà la possibilità di effettuare visite guidate a pagamento. I visitatori avranno l’occasione di scoprire i segreti del Castello con i racconti delle guide vestite in abiti medievali e ammirare i bellissimi affreschi presenti all’interno delle Sale. Il costo è di 7 euro per gli adulti e di 4 euro per i ragazzi dai 6 ai 12 anni. Fino ai 5 anni la visita guidata è gratuita.




Il vino si compra al supermercato, ma su bottiglioni e brik vincono le denominazioni

vino supermercatoGli italiani comprano il vino soprattutto nei supermercati: nel 2016 hanno acquistato sugli scaffali 500 milioni di litri, spendendo 1 miliardo e mezzo di euro. E il 60% di questi acquisti è rappresentato dai vini con riferimento territoriale (Docg, Doc, Igt), il comparto che cresce di più: + 2,7% nel 2016 e + 4,9% nel primo bimestre 2017 (a volume). Si ricercano sempre più la qualità ed i legami col territorio. Cantine e insegne della Grande distribuzione sono pronte a migliorare la collaborazione per soddisfare questa domanda dei consumatori.

È quanto emerso oggi a Vinitaly nel corso della 13° tavola rotonda organizzata da Veronafiere sul tema del vino nella Grande distribuzione in cui sono state presentate la ricerca dell’istituto IRI e una relazione su Brexit e Vino di Alex Canneti, direttore delle vendite off-trade della Berkmann Wine Cellars di Londra.

La ricerca dell’IRI ha delineato i cambiamenti in atto nelle abitudini dei consumatori. Diminuiscono gli acquisti dei bottiglioni da un litro e mezzo, dei vini sfusi, delle damigiane, e dei brik, mentre la bottiglia da 75 cl è sempre più regina del mercato. I vini fermi sono più richiesti dei vini frizzanti, che probabilmente risentono del boom degli spumanti (+7% nel 2016). Crescono rapidamente anche i vini biologici, una proposta ancora di nicchia nella Grande distribuzione. Cambiamenti influenzati anche dal graduale ricambio generazionale e dal rinnovato interesse dei giovani per il vino. Gli studi IRI sul comportamento dei consumatori nella Grande distribuzione evidenziano che l’86% di essi è propenso a sperimentare nuovi prodotti, si informa sulle novità a scaffale, spesso sui siti web di settore (il 33%).

«Siamo sulla strada giusta, auspicata da tempo – ha detto Cesare Cecchi, consigliere di Federvini (Chianti Cecchi), nel suo intervento in tavola rotonda -. Non dobbiamo assolutamente tradire questa qualità che viene cercata dal consumatore, sarebbe un errore imperdonabile. Le cantine devono continuare a ricercare la qualità del prodotto, senza accettare scorciatoie, e i distributori devono incoraggiare la produzione a proseguire su questa strada».

Un rapporto, quello tra produttori e distributori, che è molto migliorato negli ultimi anni, ma è possibile fare di più, come ha ricordato Gabriele Nicotra, direttore Acquisti Unes Supermercati (Gruppo Finiper): «Persiste da parte di alcune cantine importanti una diffidenza verso la Grande Distribuzione, che evitano una relazione diretta con le insegne distributive pur sapendo che a volte il loro prodotto ci arriva tramite canali non ufficiali. Questo è un peccato, soprattutto per il consumatore che ormai cerca anche i prodotti di pregio sugli scaffali dei supermercati».

Tuttavia l’asse portante della collaborazione tra cantine e insegne distributive è rappresentato dalle imprese medie piuttosto che dalle grandi case vinicole, secondo Eugenio Gamboni, direttore commerciale del Gruppo Vegè: «Un asse da consolidare, composto prevalentemente da piccole e medie imprese, legate da conduzioni famigliari, a volte provenienti da generazioni, con le quali si discute e ci si confronta liberamente, distanti dal mondo molto più complesso della grande industria e delle multinazionali».

Si è dichiarato ottimista il consigliere dell’Unione Italiana Vini, Emilio Pedron (Bertani Domains): «Negli anni di grande crescita, la proposta d’acquisto nella GDO è stata più facile e legata molto alla convenienza. Oggi anche il vino nel canale moderno si può definire un prodotto maturo e l’acquisto del vino nella GDO è lo specchio fedele del mutamento dei consumatori e dei loro stili di acquisto».

Tra le cantine espositrici a Vinitaly, intanto, è affiorata la preoccupazione sulla incertezza sui mercati britannico e statunitense, un tema affrontato da Alex Canneti della Berkmann Wine Cellars di Londra: «La Brexit è una sfida per le vendite dei vini italiani poiché l’Australia, il Sud Africa e la Nuova Zelanda saranno i primi Paesi a istituire trattati bilaterali con il Regno Unito. L’unica soluzione a questa minaccia è consentire al Regno Unito un periodo di 10 anni per condividere gli stessi oneri doganali dell’Unione e negoziare un trattato di libero commercio. Quindi tutto dipenderà da come evolverà il negoziato post Brexit tra UK e UE».

«Ma le potenzialità per l’export di vino italiano nella Grande distribuzione britannica (le insegne Majestic and Waitrose in primis) sono grandi – ha aggiunto Canneti – non solo per le bollicine, ma anche per il vino rosso. Pensiamo al Cannonau, al Passimento/Amarone, al Chianti Classico, al Veneto Classico e ai morbidi e succosi vini siciliani e pugliesi. Buone anche le prospettive dei nuovi bianchi di tendenza, come il Fiano, il Vermentino, il Pecorino e il Grillo. E non dimentichiamo il successo che si registra da anni delle “fantasy label”.

 




Gelaterie, Petite Fleur di Almenno San Salvatore vince la sfida della stracciatella

La vincitrice Enrica Natali premiata dal Maestro pasticciere Pierpaolo Magni

 

È Enrica Natali della gelateria Petite Fleur di Almenno San Salvatore la vincitrice del “Concorso gelateria artigianale”, la sfida promossa dai Gelatieri Bergamaschi di Ascom Bergamo Confcommercio lunedì 3 aprile alla Scuola Alberghiera ABF di Clusone.

Natali ha vinto la competizione con la “Stracciatella del buonumore”, una preparazione originale a base bianca con cioccolato extrafondente all’origano dei colli almennesi con coriandoli di cioccolato bianco e rapa rossa e coriandoli di cioccolato bianco e curcuma.

Seconda classificata Teresa Nodari della gelateria Rosa di Arcene con “Anima di stracciatella”, base bianca con cioccolato fondente belga al 70%, rosmarino e pepe di Timut. In terza posizione, Paolo Bignardi della gelateria Fior di Panna di Almenno San Bartolomeo con “Incanto di stracciatella”, base bianca latte fresco, panna fresca, meringa, miele d’acacia, stracciatella di pistacchio verde di Bronte Dop, biscotti Lotus (con cannella).

Il concorso, giunto alla quinta edizione, come da tradizione ha proposto un tema legato al territorio, la stracciatella, che si vuole creata a Bergamo nel 1961 da Enrico Panattoni nella pasticceria-gelateria ”La Marianna”.

In gara c’erano 14 gelaterie, tra le migliori della Bergamasca, e 20 studenti delle scuole alberghiere: Ipssar San Pellegrino, Ipssar Nembro, Abf Clusone, Riva di Sarnico e Fondazione Isb di Torre Boldone. A suon di tecnica e fantasia hanno battagliato per stupire i giurati con reinterpretazioni personali partendo da una base fiordilatte e il cioccolato. Alla fine delle gare, la giuria – guidata dalla grande esperta Luciana Polliotti, presieduta dal Maestro Pierpaolo Magni, fondatore della Coppa del Mondo di Gelateria, e completata dai giornalisti Emanuela Balestrino e Franco Irranca e dagli chef Alessia Mazzola e Giuseppe Cereda – ha premiato i gelati migliori per gusto, struttura e originalità.

Nella sezione “junior” riservata agli studenti la vittoria è andata a Noemi Afiero e Valeria Nossa dell’Alberghiero di Nembro con la loro “Stracciatella con croccante di polenta”, base bianca con cioccolato, farina di mais e miele. L’istituto ha anche conquistato il riconoscimento messo in palio dall’Ascom.

Nel corso della giornata hanno riscosso grande interesse anche i due giovanissimi talenti bergamaschi, Matteo Corna della gelateria Gelatiamo di Treviolo e Mattia Cortinovis, secondo classificato alla Coppa del mondo di pasticceria Juniores tenutosi a gennaio al Sigep 2017 di Rimini. Oltre a portare le loro migliori ricette, i due pasticceri hanno indicato ai ragazzi la via per il successo: la passione per ciò che si fa.

Tutti i gelatieri in gara

Paolo Bignardi – Fior di Panna (Almenno San Bartolomeo)

Daniel Rossi – La voglia matta (Zanica)

Niccolò Panattoni – La Marianna (Bergamo)

Matteo Corna – Gelatiamo  (Treviolo)

Massimo Pagani – Bar Gelateria Alpino (Casirate d’Adda)

Bianca Giorgi – Baciami cocco (Chiari – Bs)

Vito Giammello – Lo chef del gelato (Trescore)

Enrica Natali – Petite Fleur (Almenno San Bartolomeo)

Teresa Nodari – Gelaterie Rosa (Arcene)

Omar Quadri – Pasticceria Sofia (Boltiere)

Sergio Pezzoli – Laboratorio gelateria Franca (Albino)

Massimo Bosio – Selz Cafè (Clusone)

Marcello Gusmini – La Crem (Vertova)

Pietro Andreoli – Gelatissimo (Darfo Boario Terme)

La galleria fotografica

Secondo posto per la gelateria Rosa di Arcene Paolo Bignardi, gelateria Fior di Panna, terzo classificato Le migliori allieve, Noemi Afiero e Valeria Nossa 




Valcalepio, al Vinitaly lancia il gioco delle denominazioni

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Il Vinitaly 2017 per il Consorzio Tutela Valcalepio e le 13 aziende che animeranno la Piazza Valcalepio del Pala Expo Lombardia (Spazi B8-C8) dal 9 al 12 aprile sarà all’insegna del gioco. «Il vino è passione, divertimento, gioco – dice il direttore del Consorzio, l’enologo Sergio Cantoni – e abbiamo deciso di condividere questo gioco con tutti coloro che verranno a trovarci a Verona».

Partendo dalla constatazione della grande ricchezza del panorama enologico orobico (quattro le tipologie della Doc Valcalepio, 14 quelle della Doc Colleoni, numerose le variazioni possibili sotto l’Igt Bergamasca) e allargando lo sguardo a comprendere tutta la regione Lombardia si è voluto coinvolgere il pubblico della fiera in un gioco a tema vitivinicolo. Nello spazio Valcalepio della fiera sarà allestito un maxi pannello magnetico raffigurante la regione Lombardia. Il gioco consisterà nel posizionare correttamente le 31 referenze dell’enologia lombarda. Numerosi i premi in palio per chi indovinerà il maggior numero di magneti. L’intera “operazione gioco” sarà poi oggetto di un reportage sui social network consortili e anche il pubblico da casa potrà giocare con il Consorzio attraverso il web.

Alla fiera veronese, la più importante vetrina internazionale per i produttori di vino, saranno 13 le realtà bergamasche che coloreranno con i loro bianchi e rossi la Piazza Valcalepio: 4R, Bonaldi – Cascina del Bosco, Cantina Sociale Bergamasca, Castello degli Angeli, De Toma, Il Calepino, Il Cipresso, Medolago Albani, La Rovere, La Tordela, Locatelli Caffi, Tallarini e Tosca.

A fare da padroni di casa, come di consueto, il Consorzio Tutela Valcalepio e Vignaioli Bergamaschi, che animeranno il banco di degustazione in fronte allo stand con i vini vincitori del 12° Concorso Enologico Internazionale “Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet Insieme”. Si rinnova inoltre anche per il 2017 il matrimonio con il marchio Mille Sapori di Bergamo creato dalla Camera di Commercio di Bergamo e presente  nei quattro giorni della kermesse.

Durante tutte le giornate del Vinitaly i panettieri associati nell’Aspan di Bergamo confezioneranno la famosa Garibalda (la pagnotta di farina integrale, fioretto di mais, semola rimacinata di grano duro, grano saraceno integrale e pasta madre nata per rappresentare il territorio) e proporranno la degustazione del pane
realizzato con la farina Quivicino ottenuta con i grani della Lombardia. Tutti i giorni dalle 12 alle 15 il team di Rosa Carissimi del raviolificio Poker di Albano Sant’Alessandro presenterà i suoi Scarpinocc di Parre e i Casonsèi de la Bergamasca preparati secondo il disciplinare del marchio camerale. Saranno inoltre ospiti nello stand consortile realtà produttive come la latteria sociale di Calvenzano, che nelle giornate del 9 e 10 aprile proporrà in degustazione i suoi formaggi, e Ibs e Cà del Botto che metteranno a disposizione degli ospiti del consorzio i loro pregiati salumi nelle giornate dell’11 e 12 aprile.

Ospiti della Piazza Valcalepio anche i soci Aspi che hanno organizzato delle degustazioni totalmente incentrate sui Valcalepio Dco e sui Moscato di Scanzo Docg.




E l’ex operaia divenne coltivatrice di tartufi

Eufemia Maiorano
Eufemia Maiorano

Fino a quattro anni fa era operaia in un’azienda tessile. Dopo la chiusura dello stabilimento, la cassa integrazione e la mobilità, si è reinventata come contadina. Eufemia Maiorano, classe 1961, oggi è titolare dell’azienda agricola “La sella” a San Giovanni Bianco, nella frazione San Pietro d’Orzio, un piccolo villaggio agricolo un tempo autonomo e collocato su un’altura. Accanto alla produzione di zafferano, la neoimprenditrice ha affiancato quella del tartufo. “Ero fuori dal mercato del lavoro, la terra mi ha dato un’opportunità e l’ho colta al volo – spiega Eufemia -. I due impieghi sono agli antipodi, non si possono paragonare e i sacrifici nella nuova professione non mancano, sono passata dallo stare sempre rinchiusa in fabbrica al lavorare fuori, anche quando piove e fa freddo”.

Le piantine seminate, nella primavera del 2012, sono 130. E in estate il suo Satana, un incrocio tra un cocker e uno springer, potrà fiutare i primi tartufi. Appartengono alle varietà Uncinato, Estivo e Nero pregiato e si differenziano per la stagione di raccolta.

eufemia Maiorano e il cane SatanaIl primo, che si ritrova nel terreno già in primavera, ha un profumo delicato, con note di nocciola, porcino e grana. Si può gustare sia cotto sia crudo in svariati piatti.

Segue la raccolta dell’Estivo, o Scorzone, che può raggiungere dimensioni notevoli e ricorda l’aroma del malto: viene perlopiù impiegato per realizzare salse e nella produzione di insaccati. Il prezzo di entrambi è sui 250 euro al chilo, molto più “economici” rispetto al Nero pregiato, che si trova in inverno, possiede un gusto dolce e, spolverizzato, impreziosisce qualunque preparazione. Il suo valore può superare i 600 euro al chilo.

Il prezzo di mercato varia anche a seconda della pezzatura, della forma e della qualità organolettica. Il tartufo non va confuso con i tuberi: è un fungo sottorraneo e simbionte. Ogni prodotto è associato a una pianta che lo farà crescere, spesso un albero micorizzato. Nella tartufaia bergamasca, che si estende su seimila metri quadri, sono il nocciolo e il carpine bianco. Il tartufo si sviluppa in un tempo minore, sui sei-sette anni rispetto ai venti-venticinque del tiglio. “Il primo passo da compiere è far analizzare il terreno, deve essere calcareo, umido, vicino a corsi d’acqua, poi armarsi di pazienza – spiega Eufemia Maiorano -. Le spese di gestione annuali sono basse: sono necessarie la cura, l’irrigazione e la potatura delle piante, poi la produzione può essere costante anche per trent’anni”.

I tartufi della Sella saranno destinati alla vendita diretta. Info al 393 1543560.