Mais “Nostrano Isola Bergamasca”, anche l’Ascom in campo per il rilancio

Mais ProvinciaÈ giallo e lucente come l’oro, ma vale molto di più: perché nutre, contiene sostanze salutari, ha un buon sapore e custodisce gelosamente in ciascuno dei suoi semi la storia e la tradizione di un pezzo della terra bergamasca. Il mais “Nostrano Isola Bergamasca” è infatti una varietà tipica dell’Isola, nato più di cento anni fa grazie all’introduzione di questa coltivazione da parte dei nobili Guido Finardi e Alessandro Roncalli, nell’area compresa fra i villaggi di Chignolo, Madone, Bottanuco, Suisio e Medolago. Nel 1916 entrambe le aziende vennero premiate per la qualità del “Nostrano dell’Isola”, che divenne poi oggetto di studio da parte della Stazione Sperimentale di Maiscoltura di Bergamo, e subito comincia ad essere esportato.

Grazie alla lungimiranza di chi negli anni ha protetto e conservato la purezza del seme, si è potuto stendere un progetto di rilancio del prodotto come tipico dell’Isola Bergamasca, garantendo una filiera agro-biologica a km 0 con un mais originato, selezionato, coltivato, macinato e trasformato in farina di qualità in loco, e infine commercializzato attraverso la creazione di un marchio di qualità DOP.

logo maisL’idea è partita da PromoIsola sulla spinta di Expo, che ha acceso i riflettori sul tema dell’alimentazione: ne è nato un protocollo d’intesa con Engim Lombardia, Scuola di formazione professionale con sede a Valbrembo e attività laboratoriale a Brembate Sopra. Gli studenti del corso di Operatore agricolo, sotto la supervisione di un esperto ricercatore, si sono impegnati a coltivare il mais conservandone la purezza e migliorandone geneticamente la varietà, mentre con il sostegno di Ascom e della Camera di Commercio sono state coinvolte le aziende agricole operanti nell’Isola per la semina, la coltivazione e la raccolta della varietà, che attualmente viene trasformata in farina nel mulino Pennati di Medolago.

Infine la creazione del marchio ha visto il coinvolgimento di un’altra scuola professionale e cioè la Scuola d’Arte Applicata Andrea Fantoni, attraverso un concorso tra gli studenti del 3° anno del Liceo Artistico che ha portato alla scelta del marchio e le classi 5° del Centro Formazione Professionale per la creazione di manifesti e spot. Ora è in via di costituzione l’Associazione per la tutela e la valorizzazione delle varietà di mais dell’Isola Bergamasca.

PromoIsola sta lavorando anche con gli operatori del commercio alimentare e della ristorazione per la definizione di accordi mirati alla definizione di “alimenti” realizzati con questa farina, al fine di individuare “piatti tipici con farina Nostrano Isola Bergamasca” e “dolci con farina di Nostrano Isola Bergamasca”. Oltre alla classica polenta fatta con farina integrale e farina bramata, infatti, dal mais Nostrano Isola bergamasca si ottiene anche la farina fioretto che viene utilizzata per biscotti, birra, barrette nutrizionali, fiocchi di cereali, dolci, gelati e altro ancora.

Il Mais Nostrano Isola Bergamasca
Il Mais Nostrano Isola Bergamasca

“Siamo felici di ospitare e di aver collaborato, tramite il nostro ufficio Marketing territoriale, alla presentazione di questa eccellenza bergamasca – dichiara il presidente della Provincia Matteo Rossi -. Il mais Nostrano dell’Isola è un prodotto significativo non soltanto per la sua particolare storia, ma anche perché rappresenta alla perfezione Bergamo nel principale cibo che viene creato con il mais, la nostra amata polenta. Da Expo in poi abbiamo lavorato moltissimo sul tema dell’agricoltura sostenibile come via per lo sviluppo territoriale; fondamentale è la capacità di mettere in rete tutti i soggetti, dai giovani studenti agli agricoltori, dai commercianti fino ai ristoratori, il che ha consentito a PromoIsola di dare vita a un progetto vincente”.




Pirlo, il drink bresciano fa tendenza a New York

pirlo drink

Il “Pirlo”, l’amato aperitivo bresciano servito in bicchierini da osteria, ha conquistato anche il New York Times Magazine. Nei giorni scorsi la giornalista Rosie Schaap l’ha segnalato come il drink del momento perché – scrive – ha una ricetta semplice (1 parte di Campari + 2/3 parti vino bianco frizzante secco, no prosecco) ed è un drink social: non è troppo alcolico da far deragliare la conversazione e non è troppo lungo per non ordinarne un altro. Subito sono scoppiate le polemiche: chi asserisce sia un plagio dello spritz veneto, chi un’invenzione austriaca chiamata “vino spruzzato”. Anche sulla sua preparazione non c’è accordo. Voi che ne pensate? Qual è il vostro cocktail preferito?

Ecco qui il testo pubblicato.
Rosa Schaap
CookingNytimes.com

Like Andrea Pirlo, the celebrated Italian midfielder with whom it shares its name, the drink called Pirlo comes from Brescia, in northern Italy. But I can’t think of an aperitivo hour anywhere where it would not be perfectly at home. My friend Damiano Abeni, also a Brescian, introduced me to the Pirlo in Rome. It’s the easiest thing ever to make: Stripped to its essentials, the drink simply combines Campari with sparkling white Italian wine. But Damiano specifically uses Pignoletto frizzante (“NO PROSECCO allowed,” he wrote to me by email, caps his), and prefers to garnish with half a slice of Sicilian blood orange of the Tarocco variety. He favors 2-3 parts of wine to one part Campari, allowing that one “can play with the proportions,” and that in warm weather, ice may be added — but for Damiano, the addition of ice usually means “more Campari.” Unsurprisingly, he forgoes the club soda — but you may wish to add some if you like extra fizz (and lower alcohol).




Fare la birra in casa, a Osio Sotto il corso con tanto di produzione

Marzo si apre all’Accademia del Gusto con il corso dedicato ai professionisti sulla “Caffetteria: dalla preparazione del caffè alle decorazioni”. In quattro incontri (dal 6 al 9 marzo, dalle 14 alle 19) il laboratorio pratico-teorico consentirà di apprendere le tecniche di preparazione di caffè espresso, cappuccino e altre bevande a base di caffè e schiume. Oltre ai decori sul cappuccino, alla latte art e al tocco finale per personalizzazioni golose con cioccolata, i corsisti impareranno a preparare caffè spritz, bicerin, marocchino e caffè greco.

Il 6 marzo è in calendario l’incontro su “La cucina naturale di Sauro Ricci” dedicato a ricette della salute, con in cattedra il sous chef del Ristorante Joia di Milano, il primo ristorante vegetariano ad essere stato insignito della prestigiosa stella Michelin. Il seminario, rivolto agli appassionati, programma dalle 20 alle 23, illustra i principi di una filosofia di cucina sana, consapevole e creativa all’insegna dell’equilibrio e del benessere.

Giovanni Rodolfi
Giovanni Rodolfi

L’artigianalità e l’esperienza di un maestro birraio, il bergamasco Giovanni Rodolfi, tra i promotori del Birrificio San Biagio di Nocera Umbra, sono al servizio di tutti gli appassionati che desiderino apprendere i segreti della produzione della birra. Il corso “Fare la birra in casa con un maestro birraio” promette di fare di ogni corsista un “homebrewer”. Durante l’incontro, in programma l’11 marzo dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18, verrà prodotta una birra cotta in diretta, in modo da analizzare ogni fase del processo. Dall’ammostamento alla filtrazione, dall’ebollizione al raffreddamento e semina lievito all’imbottigliamento, fare la birra in casa sarà una missione possibile e ricca di soddisfazioni.

Tutti i corsi si svolgono nelle sede di Ascom Formazione ad Osio Sotto (piazzetta Don Gandossi 1). Per informazioni e iscrizioni: Ascom Formazione tel. 035 4185706/707 – info@ascomformazione.it (www.ascomformazione.it).




Identità Golose, l’alta cucina torna di scena a Milano

Identità GoloseIdentità Golose. La tredicesima edizione della rassegna gastronomica milanese torna dal 4 al 6 marzo al Mi.Co Milano Congressi di via Gattamelata. Il Congresso, padre di ogni avvenimento successivo a Londra, San Marino, Shanghai e New York, ha mosso i primi passi a Palazzo Mezzanotte nel gennaio del 2005. Il suo ideatore e curatore Paolo Marchi ama ancora ricordare come è nata l’avventura: «Tornando dalla manifestazione Lo Mejor de La Gastronomia mi sono chiesto: perché i nostri cuochi devono andare in pellegrinaggio a San Sebastian, nei Paesi Baschi, per scambiarsi – e spesso copiare – idee con gli altri cuochi del mondo? Mettiamo in piedi anche noi un congresso di cucina». Detto fatto. Identità Milano da allora accoglie sul palco i più grandi professionisti della cucina e della pasticceria, tra i quali molti italiani: da Carlo Cracco a Massimo Bottura, da Massimiliano Alajmo a Davide Scabin, Nadia Santini e Heinz Beck. Cuochi che sanno dare un’impronta originale al proprio lavoro, nel campo della tradizione e lungo i sentieri della creatività. «L’Italia della gola vanta una straordinaria capacità di produrre beni che, per originalità e stile, raramente trovano eguali nel mondo. Un momento di cui essere orgogliosi», spiega Marchi, «il che non ci deve autorizzare a credere di essere i migliori in assoluto». Ecco giustificata la presenza di una buona percentuale di cuochi stranieri: nella prima edizione, accanto agli italiani, hanno tenuto lezione Ferran Adrià, Andoni Luis Aduriz e Quique Dacosta dalla Spagna, Wylie Dufresne dagli Stati Uniti e Jean-Luc Fau dalla Francia. E tutt’attorno, da subito, quegli artigiani della gola senza il cui lavoro sulle materie prime nessun piatto di uno chef sarebbe possibile.

Dal 2005, il congresso milanese è cresciuto ogni anno: si sono moltiplicati i produttori di ghiottonerie che espongono, il numero di lezioni e le giornate. E’ cambiata la sede – da Palazzo Mezzanotte al più spazioso Mi.Co. In 12 edizioni si sono alternati sul palco oltre 500 cuochi, pizzaioli e pasticcieri da più di 20 Paesi del mondo, sono fiorite iniziative collaterali come Milano FOOD&WINE Festival e Ristoranti Fuori Congresso. Tutti fattori che elevano il congresso Identità Milanoa momento irrinunciabile per tutti gli attori della gastronomia d’autore, italiana e mondiale.

Identità Golose Milano – Il Programma

 

 




Dal “Senatore Cappelli” al mais bianco, a Calvenzano la sfida è bio

azienda agricola fontana - cereali - calvenzano (1)

Alla produzione di massa non è interessato, a fidelizzare clienti attenti e consapevoli sì. Giovanni Fontana, 61 anni, nato ad Azzanello, nel Cremonese, ma da sempre agricoltore a Calvenzano, produce cereali, riscoprendone antiche varietà, vellutate di legumi, oltre a frutta e verdura, ricavandone squisite creme e confetture. La sua è una tradizione di famiglia: il nonno Giuseppe era ortolano e il papà Mario gestiva un’azienda lattiera. Oggi per assaggiare i suoi prodotti occorre cercare il suo banchetto a Treviglio al mercato del mercoledì mattina e ogni sabato di dicembre e a Bergamo il venerdì mattina, in piazza Pontida, oltre che negli scaffali dello spaccio Ciocca alla frazione Geromina.

Fontana fa tutto da sé, con convinzione, supportato dalla moglie Laura. Nei sette ettari di terreno in via Misano, coltiva soprattutto un frumento di grano duro introdotto un secolo fa e che sembrava scomparso, il Senatore Cappelli. La qualità della semola è eccellente e si presta, in particolare, a produrre pasta dal gusto superiore tanto che nel Sud è tuttora diffuso. La presenza di una quantità inferiore di glutine lo rende, inoltre, un alimento più salutare.

Giovanni Fontana
Giovanni Fontana

«Mio papà aveva conosciuto il genetista Nazareno Strampelli che ha “inventato” il Cappelli, dedicandolo allora a un senatore del Regno d’Italia, e vantava le sue proprietà organolettiche. Sapevo che le altre varietà sono state bombardate con irradiazioni di raggi gamma e le trasformazioni le hanno modificate nella loro struttura genetica favorendo nei consumatori lo sviluppo di intolleranze, ho voluto riscoprire la farina del Cappelli in modo da portare in tavola un alimento che fosse il più naturale possibile, nonostante le difficoltà nella coltivazione», spiega il produttore.

Le piante sono molto più alte, tra il metro e 40 e il metro e 80 centimetri e suscettibili di ripiegamento. Prima di avviare la sperimentazione nei suoi campi, Fontana si è informato, recandosi a Parma, nella sede dell’azienda agricola Stuard per conoscere le caratteristiche del grano. La produzione è di sei quintali l’anno, un quinto meno di un grano industriale. La farina è integrale o con il 70 per cento di crusca.

Da due tipi di mais pregiati ricava invece il macinato per polenta, taragna e bramata. Sono lo spinato, così chiamato per la forma appuntita del seme e dalla storia lunga quattrocento anni, e il marano, seminato nel Vicentino a partire dalla fine dell’Ottocento, entrambi dalla bassa resa, ma dalle ottime proprietà nutrizionali. E, l’anno prossimo, raccoglierà per la prima volta il biancoperla, varietà autoctona originaria del Trevigiano e del Veneziano, dalle pannocchie vitree, quasi perlacee, a rischio estinzione, da cui si ricava la tipica polenta bianca veneta.

Fiore all’occhiello dell’azienda bergamasca sono anche fagioli, piselli e ceci, essiccati e macinati a pietra privi delle bucce, nel mulino di proprietà, senza che possa avvenire la contaminazione da glutine, ideali per vellutate gustose e facilmente digeribili. La dose è la stessa del prodotto sgranato, le modalità di preparazione molto più semplici. Basta aggiungere acqua e patate per ottenere in un quarto d’ora la consistenza ideale. Si gusta immergendo con crostini di pane oppure pasta e spolverando la vellutata con abbondante Parmigiano grattugiato e un filo d’olio. «In pochi, se non le massaie, metterebbero la sera prima a bagno i legumi per poi passarli, il giorno dopo. Sono così andato incontro alle esigenze dei consumatori di oggi, con poco tempo a disposizione, offrendo anche a loro la possibilità di mangiare bene e sano», aggiunge Fontana.

La verdura della sua azienda è certificata biologica. Sul suo banco si trovano ortaggi di stagione come cavolfiori, zucche, cipolle, carote, finocchi, verze e patate.

Tra le novità, lo zafferano con duemila bulbi seminati. «Il mio motto è che per coltivare sono essenziali, e bastano, acqua, sole e terra, non uso il diserbante né altre sostanze di sintesi neppure per sradicare le erbacce – sorride -: i controlli degli enti certificatori sono puntigliosi e constanti e io non “spingo” nulla, se le piante crescono bene, altrimenti pazienza, vorrà dire che me ne dovrò fare una ragione». Tuttavia, scandali e imbrogli nel settore non sono mancati e dopo un successo iniziale è seguito un calo. Solo di recente, il trend del biologico è di nuovo in ascesa. «Il mio suggerimento è di rivolgersi sempre a produttori piccoli, di fiducia, a noi che ci mettiamo la faccia – afferma Fontana -. Al consumatore, che si riempie il carrello al supermercato, consiglio di non guardare troppo all’estetica, ma al gusto e alla salute».

azienda agricola fontana - cereali - calvenzano (2)

Dalla verdura si ricavano le salse a base dolce come il finocchietto con mandorle e capperi, la crema di finocchio con olive, carote e mandorle con aceto balsamico a crudo che si sposa bene con pesce, patate lesse e piatti meno saporiti e il finocchio con aceto balsamico, ideale per accompagnare bolliti e antipasti. Altre salse si ricavano da fichi, con un pizzico di senape, cipolle, zucca, pomodori verdi e melone.

Per i golosi ci sono le confetture di ciliegie, frutti di bosco, albicocche, prugne, lampone, fragole, mirtilli, fichi e more. Se i dolci si vogliono preparare in casa, Fontana produce anche la farina più adatta, di sorgo o “di durra”, cereale originario dell’Africa, che cotto emana un aroma di nocciole, ricco di vitamine e sali minerali e sempre gluten free, dunque adatto alla dieta dei celiaci, che non vogliono rinunciare a torte, biscotti e pancake. La sua consistenza speciale si presta a essere usato puro, soprattutto nelle frolle o negli impasti vari. Basta aumentare la dose di olio, burro oppure uova e, per aiutare la lievitazione, è utile aggiungere una piccola quantità di aceto o succo di limone. L’alto livello di proteine fa ottenere croste croccanti.

Azienda agricola Fontana

via Misano, 14
Calvenzano
azagrgfontana@hotmail.it
tel. 333 4005859



L’allarme di Coldiretti: “Italia invasa dal riso straniero”

riso agricoltoriDall’aumento del 489% degli arrivi dal Vietnam al 46% dalla Thailandia, mai così tanto riso straniero è arrivato in Italia come nel 2016, con una vera invasione da Oriente da cui proviene quasi la metà delle importazioni. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti su dati Istat dalla quale si evidenzia che, nell’anno appena trascorso, è stato registrato un aumento record del 21% delle importazioni che ha fatto scattare ben 12 allerte sanitarie da contaminazione per il riso e i prodotti a base di riso da Paesi extracomunitari in Europa secondo i dati del sistema di allarme rapido comunitario (RASFF). Le partite “fuorilegge” pericolose per la salute dei cittadini – sottolinea la Coldiretti – riguardano la presenza irregolare di residui antiparassitari, di aflatossine cancerogene o altre tossine oltre i limiti, infestazioni da insetti, livelli fuori norma di metalli pesanti o la presenza di OGM proibiti in Italia e in Europa. Un pericolo per i consumatori che si estende a livello comunitario dove nell’ultima campagna di commercializzazione – precisa la Coldiretti – è stato raggiunto il record di importazioni con l’ingresso in Europa di 1.380.000 tonnellate di riso lavorato, di cui 370.000 dai Paesi Meno Avanzati. Ormai i due terzi delle importazioni – precisa la Coldiretti – non pagano più dazi a causa dell’introduzione da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato per i Paesi che operano in regime EBA (tutto tranne le armi) a dazio 0. Una misura che finisce in realtà per favorire le multinazionali del commercio senza ricadute concrete sugli agricoltori locali che subiscono peraltro lo sfruttamento del lavoro anche minorile e danni sulla salute e sull’ambiente provocati dall’impiego intensivo di prodotti chimici vietati in Europa.

L’Italia – sottolinea la Coldiretti – è ancora il primo produttore europeo di riso su un territorio di 237mila ettari con un ruolo ambientale insostituibile e opportunità occupazionali, ma la situazione sta precipitando e a rischio c’è il lavoro per oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori di lavoro nell’intera filiera. Le importazioni sconsiderate di riso lavorato Indica dall’Oriente stanno facendo crollare la produzione in Italia dove – spiega ancora la Coldiretti – le semine si spostano sulla varietà japonica con gravi squilibri di mercato che spingono nello stato di crisi anche questo segmento produttivo. Il riso Made in Italy è una realtà da primato per qualità, tipicità e sostenibilità che va difesa – secondo la Coldiretti – con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza, la pubblicità dei nomi delle industrie che utilizzano riso straniero e attraverso interventi comunitari tempestivi ed efficaci nei confronti delle importazioni incontrollate, che prevengano il rischio di perdite economiche per i nostri risicoltori e non agiscano quando i danni si sono già verificati. In tal senso, la clausola di salvaguardia, già rifiutata dalla Ue senza una quantificazione evidente dei danni, dovrebbe essere applicata con una procedura più efficace dalla Ue.

 




Birra dell’Anno, due premi per Bergamo

Ci sono anche due birre bergamasche tra le 87 premiate dal concorso Birra dell’Anno, il contest organizzato da Unionbirrai dedicato alle produzioni artigianali, che ha vissuto la fase finale sabato a Rimini nel corso dell’evento internazionale Beer Attraction.

birra WAVE_RUNNER - Hammer Villa d'AddaDodicesima edizione, 257 birrifici partecipanti, 1.300 birre, 29 categorie e 72 giudici guidati da Lorenzo Dabove: sono i dati che riassumono la competizione. Nella categoria “Chiare e ambrate, alta fermentazione, medio grado alcolico, luppolate, di ispirazione americana (American Ipa)” il birrificio Hammer di Villa d’Adda si è aggiudicato il secondo posto con Wave Runner (alc. vol. 6,5%), secca e molto aromatica con un’intensa luppolatura data da un mix di luppoli americani utilizzati in diversi fasi della produzione.

Birrificio Valcavallina - Alba RossaBronzo invece per Alba Rossa del Birrificio Valcavallina di Endine Gaiano nella categoria “Chiare e ambrate, alta fermentazione, basso/medio grado alcolico, luppolate, di ispirazione anglosassone (Ipa)”. Si tratta di una birra (alc. vol. 6,4%) di colore bruno con riflessi ramati, con cappello di schiuma bianca, piuttosto persistente caratterizzata dall’amaro erbaceo dei luppoli inglesi, già capace di guadagnarsi il secondo posto lo scorso anno al medesimo concorso e la segnalazione nella guida Birre d’Italia 2015 e 2017 di Slow Food come “birra quotidiana”.

Il premio Birrificio dell’Anno 2017 è andato al più noto dei produttori italiani, il cuneese Baladin di Teo Musso.




Perché Bergamo è la culla della pasta ripiena

Celestino Colleoni
Celestino Colleoni

Qualche peccatuccio di cui fare ammenda il vescovo-conte Attone, reggente di Bergamo dal 1058 al 1075, doveva con certezza averlo sulla coscienza. Fu così che nel settembre del 1072, preavvertendo forse l’incombente epilogo delle sue vicende terrene, il prelato decretò che i canonici delle due cattedrali di cui la città era dotata – quella di San Vincenzo, all’epoca la più cospicua, e la prepositurale di Sant’Alessandro – ad ogni anniversario della sua scomparsa fossero tenuti a recitare l’ufficio dei morti. Oltre che con la celebrazione del mattutino, del vespro e della missa pro defunctis, i religiosi dovevano onorare la ricorrenza imbandendo un lauto banchetto cui avrebbe preso parte anche un centinaio di poveri. Non facendo cieco affidamento sulle benemerenze morali acquisite e sulla postuma gratitudine del clero locale, Attone si premurò di assicurare alle proprie volontà un quanto più diligente adempimento disponendo nel testamento che le rendite dei possedimenti aviti ubicati in Romano, Martinengo e Brembate Superiore fossero da destinarsi ai sacerdoti in forza alle due pievi. Confidando ancor meno nel disinteresse dei pari grado verso la sfera dei benefici temporali, il metropolita elevò divieto ai suoi successori al seggio vescovile di Bergamo, nonché all’arcidiacono di San Vincenzo ed al prevosto di Sant’Alessandro, di allungare le mani sulle prebende contemplate nel lascito. A punizione di chi avesse trasgredito le sue disposizioni, il morituro evocava l’eterna dannazione in compagnia di Giuda traditore, combinata alle iatture enumerate nel salmo 108. Incombendo queste ultime per lo più sulla discendenza, v’è per giunta da presumere che il disponente nutrisse più di un dubbio a riguardo dell’inappuntabile osservanza del voto di castità da parte dei destinatari delle sue ammonizioni.

Dalla fin eccessiva foga dell’anatema del prelato, di cui tutto si può affermare tranne che non conoscesse i suoi polli, traspare un moto di impotente rassegnazione. E poco sorprende leggere nella Historia quadripartita di Bergomo, pubblicata all’inizio del seicento da Celestino Colleoni, che più di un vescovo, nei decenni successivi alla morte di Attone, trovò il modo di arraffare i benefici devoluti in lascito ai canonici di San Vincenzo e di Sant’Alessandro. Le volte in cui non si ritrovavano con un pugno di mosche in mano, questi ultimi si vedevano assegnare, ad indennizzo dell’indebita sottrazione, una dozzina di castrati – ovini le cui carni godettero di grande popolarità lungo l’intero corso dell’età di mezzo – o una fornitura di generi di prima necessità tra i quali, come attestato da un documento del 1187, farina e oua per far rafioli. Se di trascurabile importanza nella ricostruzione delle vicende di Bergamo, gli episodi riferiti da fra’ Celestino rivestono un interesse straordinario per la storia della gastronomia. Quella risalente alla fine del XII secolo è infatti una delle più antiche testimonianze medievali che attestano la preparazione di paste ripiene in Europa. Dalle carte del cronista non è purtroppo dato di apprendere con quale denominazione fossero originariamente designati gli antichi tortelli, e se l’appellativo evidenziasse alcun legame lessicologico con il termine casoncello – il cui utilizzo è ampiamente documentato due secoli più tardi. Non pare comunque del tutto casuale che le prime evidenze (a.d. 1170) d’esistenza del calisone –  probabile progenitore del raviolo bergamasco (vedasi Affari di Gola del luglio 2016) – risalgano giusto agli anni nei quali le dispense dei complessi prepositurali di San Vincenzo e di Sant’Alessandro venivano rifornite di farina ed uova per preparare la sfoglia.

Grazie alla compunzione del vescovo Attone ed alla cupidigia dei suoi successori, si rendono dunque disponibili elementi in forza dei quali la data di nascita del casoncello potrebbe essere riaggiornata dall’anno 1386, contemplato nelle cronache di Castello Castelli, al 1187 indicato da fra’ Celestino. Quel che è ancor più certo, vagliando le note del meticoloso cappuccino, è che la città di Bergamo sia irrefutabilmente da ascriversi fra le storiche culle della pasta ripiena.

 




Ristoranti italiani all’estero, l’albinese Belotti tra i top Usa del Gambero Rosso

Michele Belotti copertina Gambero Rosso UsaGiusto il tempo di festeggiare il primo compleanno del suo locale, Belotti Ristorante e Bottega a Oakland, costa est della Baia di San Francisco, che il trentenne bergamasco (di Vall’Alta di Albino) Michele Belotti è stato riconosciuto dal Gambero Rosso tra i “Top Italian restaurants in the world 2017”, la guida ai ristoranti italiani nel mondo che segnala i locali che sanno diffondere la cultura gastronomica e i grandi prodotti made in Italy, finendo poi sulla copertina dell’edizione internazionale della rivista.

In California dal 2011, già apprezzato a San Francisco, aprendo il suo locale Belotti ha bruciato le tappe conquistando giorno dopo giorno i consensi della critica a stelle e strisce. Della sua proposta vengono esaltati la pasta (la migliore dell’East Bay), gli gnocchi, i piatti con il tartufo, i brasati, la polenta. I maestri ai quali riconosce la sua formazione sono gli stellati Paolo Frosio dell’omonimo ristorante di Almé e Ugo Alciati e Luca Zecchin del piemontese Da Guido Ristorante.

In una intervista ad Affari di Gola del dicembre 2015, poco prima di intraprendere la propria avventura imprenditoriale, aveva raccontato anche della speciale passione per i prodotti bergamaschi, dallo stracchino di Vedeseta ai taleggi alla farina di mais Spinato di Gandino. E nel menù, naturalmente, non mancano i casoncelli (secondo la ricetta di mamma) e i tortelli di polenta taragna.

Il premio del Gambero Rosso – Best Trattoria – non fa che legittimare la sua scelta di valorizzare gli autentici sapori della cucina italiana.

 

 




Prodotti tipici e cucine del mondo in passerella in Fiera

Thailandia intaglio (agri travel & slow travel Expo)Il cibo è un filo rosso che accompagna la terza edizione di Agri Travel & Slow Travel Expo, il salone internazionale dedicato alla promozione del turismo rurale e slow, in programma alla Fiera di Bergamo dal 17 al 19 febbraio.

La manifestazione si occupa di turismo accessibile, cammini, percorsi eno-gastronomici, viaggi a cavallo e in bicicletta alla scoperta del paesaggio, ospitalità diffusa, agriturismi, fattorie didattiche, nuove tecnologie per agevolare il turista e ha nel cibo un testimonial privilegiato per le diverse attività.

C’è, ad esempio, un ampio programma di showcooking e degustazioni, per conoscere Paesi e regioni a partire dal profumo della loro cucina. Si può spaziare dalla Thalandia al Marocco, dalla Lithuania alla Puglia, passando per le proposte delle Pro Loco d’Italia a quelle del Distretto della Bassa Bergamasca, senza dimenticare i focus sulle erbe e la cucina della Venezia Orientale.

Nella Piazza dei Sapori dell’Unione Nazionale delle ProLoco Italiane Unpli, saranno inoltre rappresentata 16 Regioni italiane, con un lungo elenco di prodotti tipici, tutti da provare: formaggi, miele, mosto cotto dalla Basilicata, salumi e olio calabresi, vino, mozzarelle e liquori campani, prosciutto di San Daniele, Montasio, frico croccante dal Fiuli, le olive all’ascolana, il ciauscolo e i vini marchigiani, il pane, i dolci tipici, i prodotti caseari della Puglia, i vini e i salumi piemontesi, le mele del tentino, il farro, le lenticchie e le bruschette umbre fino ai dolci e ai patè siciliani e ai vini veneti.

Il Salone ha il patrocinio dell’Organizzazione Mondiale per il turismo dell’Onu – Unwto e ha l’onore di aprire in Italia gli eventi dedicati al 2017 Anno Internazionale del Turismo Sostenibile per lo sviluppo, il cui slogan è “Travel, Enjoy, respect”.

Orari

Venerdì e sabato dalle 15 alle 23; domenica dalle 10 alle 20.

Biglietti

Intero € 7; ridotto € 5 (registrazione online, ragazzi 13-16 anni e over 65); gratuito fino a 12 anni

Parcheggio

Auto € 3; bus € 10

http://www.agritravelexpo.it/