Osio Sotto, il ristorante “La Braseria” diventa anche macelleria

Lo chef Luca Brasi
Lo chef Luca Brasi

Raccogliendo la sfida di una proposta gastronomica quanto più al passo con i tempi, cioè versatile e personalizzata, ma sempre condotta sotto l’insegna della qualità, la Braseria di Osio Sotto ha inaugurato la nuova macelleria – posta all’ingresso della sala del ristorante – dove proporre alla clientela l’acquisto delle sue carni pregiate. Chianina,  Blonde d’Aquitaine, Fassona, Aberdeen Angus, 100% Wagyu, Scottona Bavarese: queste le pregiate razze bovine, che rappresentano il fiore all’occhiello delle carni servite al ristorante e che da oggi sono in vendita alla Braseria. Si tratta di carni che provengono da allevamenti prevalentemente biologici, con capi allevati al 90% in Italia e carni fatte frollare per un minimo di 60 giorni direttamente nelle due grandi celle frigorifere, che rappresentano l’indimenticabile biglietto da visita della Braseria. Di queste carni in vendita saranno disponibili i tagli più prestigiosi: tra i quali la Costata, la bistecca Fiorentina, il Filetto e il Controfiletto. Ad ampliare l’offerta, lo chef Luca Brasi – cuoco già insignito della stella Michelin con La Lucanda– propone numerosi piatti che verranno da lui cucinati e che saranno disponibili attraverso un servizio d’asporto in grado di restituire nelle case, in famiglia o tra amici, tutto il sapore di quei piatti di carne che hanno reso celebre il suo ristorante. Disponibili in pratiche confezioni sottovuoto, la Fracosta di Wagyu laccato, il Reale di Fassone all’extravergine di oliva, l’Ossobuco in gremolada, la celebre Tartare della Braseria rigorosamente battuta al coltello. Oltre al Bollito misto che si cucina su prenotazione e insieme a tanti altri piatti proposti a rotazione o cucinati su richiesta del cliente.

 

Macelleria BraseriaAnche i salumi di qualità costituiscono una delle novità dell’offerta della Macelleria della Braseria. Tra questi la bresaola di Wagyu, il Prosciutto Crudo di Marco d’Oggiono, il Salame Nostrano Bergamasco (e a completare il tutto anche gli eccellenti formaggi Fantino). La Macelleria della Braseria è aperta tutti i giorni – 7 giorni su 7 – all’interno del ristorante. Ed è a disposizione dei clienti con orari quantomai flessibili: dalle 9 alle 14.30. E dalle 17.30 alle 23.00. Mentre solo il sabato dalle 16 alle 23. I cuochi della Braseria, sempre presenti, presiederanno le operazioni di taglio e raccoglieranno le ordinazioni dei clienti. Illustreranno i piatti disponibili e le novità che costantemente ampliano la carta della cucina d’asporto; e al tempo stesso sono disponibili per realizzare i desideri dal cliente.  «Voglio cucinare i piatti che amo e che fanno parte della nostra storia e tradizione – dichiara lo chef Luca Brasi –  ma che difficilmente oggi si riescono ancora a preparare a casa. Si tratta di piatti che necessitano di cotture lunghe o di un impegno forse eccessivo per i nostri tempi frenetici. Ma proprio per questo un vero bollito o un buon brasato riescono ancora a scaldare il cuore. Credo nelle carni che seleziono, conosco l’intera filiera produttiva e intendo offrire a ogni cliente curioso, ma soprattutto goloso, quella gioia che provo io stesso a casa, quando con la mia famiglia gusto una carne eccezionale cucinata come si deve».

La Braseria

Tel: 035.808692

info@la-braseria.com

via Risorgimento 17

Osio Sotto (Bergamo)

 




Vini e bevande, per Quattroerre 35 anni da protagonista

Gennaio 1982 – gennaio 2017. Per la 4R di Torre de’ Roveri 35 anni da protagonista nella distribuzione di vino, birra e bevande.

Hanno cominciato giovanissimi, i quattro fratelli Rota – Maurizio, Giampietro, Enrico e Luca -, saldamente uniti in un progetto che ha trovato la propria ispirazione nell’esempio e nel lavoro del padre. Un prezioso modello di riferimento che ha fatto il paio con la visione che le nuove generazioni portano con sé e che li ha spinti a trasformare la fiaschetteria dei genitori in un’azienda organizzata, dedita a più servizi per la ristorazione.

Le tappe importanti che hanno costellato il cammino della 4R sono molte. La prima, forse tra le più lungimiranti, fu quella di iniziare a mettere il vino sfuso in contenitori d’acciaio. L’ultima, forse quella più audace, diventare protagonisti nella produzione della birra artigianale tramite il Birrificio Otus di Seriate.

Su tutto una serie di valori non negoziabili: professionalità, rispetto per il cliente e massimo sostegno all’educazione enogastronomica. Senza dimenticare un concetto che i fratelli Rota ribadiscono ad ogni occasione utile: credere nel proprio lavoro e, soprattutto, credere nella cultura del lavoro.

Quattroerre

via Marconi, 1
Torre de’ Roveri
tel. 035 580701
www.quattroerre.com

La storia in dieci immagini




Sigep, Val Seriana sul podio con pane e pasticceria

Valle Seriana terra di campioni… del gusto. La 38esima edizione del Sigep, il Salone internazionale della gelateria, pasticceria, panificazione artigianali e del caffè, di scena nei giorni scorsi a Rimini, ha consegnato due importanti allori ai professionisti di casa nostra.

panificio zucca - vicitore concorso il pane di alex e sylvia - Giacomo ZuccaGiacomo Zucca, titolare dello storico panificio nella piazza Casnigo, ha vinto il primo concorso nazionale “Il pane di Alex e Sylvia”, ispirato al cartoon che ha caratterizzato il padiglione dell’Unione europea a Expo 2015, dedicato al pane. Dopo la selezione di cinque finalisti, la competizione riminese ha premiato la migliore realizzazione del pane raccontato dall’animazione, simbolo della volontà di coniugare i valori dell’Europa intorno ad un prodotto diffuso in tutte le sue regioni e dalla storia millenaria, un segno di unità nella diversità delle sue componenti, semplice e buono.

I panettieri dovevano partire dalla ricetta base del pane di Alex e Sylvia (con miele o zucchero scuro, burro o olio extravergine di oliva, farina di frumento, fiocchi d’avena e farina integrale come ingredienti principali) e bilanciando materie prime, forma e lavorazione realizzarne la versione più buona e accattivante possibile.

La finale era inserita in un incontro al quale hanno partecipato Fernanda Guerrieri, vicedirettore generale della Fao, e Roberto Capello, presidente dell’Aspan di Bergamo nonché della Federazione Italiana Panificatori, tra i promotori del concorso. Zucca non è nuovo ai successi. Con la Garibalda, pagnotta ormai conosciuta su tutto il territorio provinciale e prodotta anche da altri panifici, ha vinto il concorso “Un pane per Bergamo”, organizzato nel 2009 dalla Camera di Commercio e dall’Aspan.

mattia cortinovis - sigep 2017 - secondo posto camiponato mondiale pasticceria juniores
Mattia Cortinovis (a destra) con il compagno di squadra Andrea Marzo

Ha sfiorato invece di un soffio il titolo mondiale juniores di pasticceria Mattia Cortinovis, che affianca papà Giancarlo (anch’egli plurimedagliato nei concorsi nazionali e internazionali) nella pasticceria di Ranica. In coppia con il bresciano Andrea Marzo è stato staccato di soli sei punti (3.918 a 3.912) dai giapponesi Yokouchi e Yuki Matsuda, che si sono confermati Campioni del Mondo. Terza la Francia (3.733 punti), nove le nazioni in gara (Francia, Giappone, India, Filippine, Singapore, Messico, Polonia, Russia e Italia).

Le creazioni si sono ispirate al tema Planet Fantasy, il potere della fantasia, e sono state valutate in base alla qualità, alla ricerca nell’utilizzo delle materie prime e al perfezionamento del livello tecnico. Il mondiale juniores si è svolto in diretta streaming in tutto il mondo, con repliche notturne per favorire le nazionali con differente fuso orario. «Possiamo racchiudere questo mondiale in una parola: esperienza – hanno commentato i due ragazzi -. Un anno di allenamenti, poi questa sfida così incerta. Siamo soddisfatti, abbiamo dato il meglio di noi e in gara abbiamo fatto meglio di quanto non ci riuscisse nelle settimane scorse». Mattia Cortinovis, 22 anni il prossimo aprile, aveva vinto due anni fa, sempre al Sigep, il campionato italiano di pasticceria juniores.

 




Latte: è ufficiale, via libera all’etichetta Made in Italy

latte italianoStorico via libera all’indicazione di origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseari che pone finalmente fine all’inganno del falso Made in Italy con tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia che sono stranieri, cosi come la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, senza che questo sia stato fino ad ora riportato in etichetta. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nell’annunciare la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.15 del 19 gennaio 2017 del decreto “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 firmato dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Un provvedimento – sottolinea Moncalvo – fortemente sostenuto dalla Coldiretti che rappresenta un importante segnale di cambiamento a livello nazionale e comunitario. Il via libera – continua Moncalvo – risponde alle esigenze di trasparenza degli italiani che secondo la consultazione pubblica online del Ministero delle politiche agricole, in più di 9 casi su 10, considerano molto importante che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione.

Il provvedimento riguarda – sottolinea la Coldiretti – l’indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari e prevede l’utilizzo in etichetta delle seguenti diciture:

  1. a) “Paese di mungitura”: nome del Paese nel quale è stato munto il latte;
  2. b) “Paese di condizionamento o di trasformazione”: nome del Paese nel quale il latte è stato condizionato o trasformato.

Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato o trasformato, nello stesso Paese, l’indicazione di origine può essere assolta con l’utilizzo della seguente dicitura: “origine del latte”: nome del Paese. Se invece le operazioni indicate avvengono nel territorio di più Paesi membri dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate – precisa la Coldiretti – le seguenti diciture: “latte di Paesi UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato o trasformato in Paesi UE” per l’operazione di condizionamento o di trasformazione. Infine qualora le operazioni avvengano nel territorio di piu’ Paesi situati al di fuori dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate le seguenti diciture: «latte di Paesi non UE» per l’operazione di mungitura, «latte condizionato o trasformato in Paesi non UE» per l’operazione di condizionamento o di trasformazione. Per le violazioni si applicano le sanzioni di cui all’art. 4, comma 10, della legge 3/2/2011, n. 4. Il provvedimento è scaturito dalla guerra del latte scatenata lo scorso danno dalla Coldiretti contro le speculazioni insostenibili sui prezzi alla stalla e sta portando ad un sostanziale aumento dei compensi riconosciuti agli allevatori senza oneri per i consumatori. 1,7 milioni di mucche da latte presenti in Italia ma anche pecore e capre possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, burro, formaggi e yogurt che – sottolinea la Coldiretti – è garantita da livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello comunitario con la leadership europea con 49 formaggi a denominazione di origine realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione. L’obbligo di indicare l’origine in etichetta – continua la Coldiretti – salva dall’omologazione l’identità di ben 487 diversi tipi di formaggi tradizionali censiti a livello regionale territoriale e tutelati perché realizzati secondo regole tramandate da generazioni che permettono anche di sostenere la straordinaria biodiversità delle razza bovine allevate a livello nazionale.

Il provvedimento entrerà in vigore pienamente dopo novanta giorni dalla pubblicazione avvenuta il 19 gennaio anche se sarà possibile, per un periodo non superiore a 180 giorni, smaltire le scorte delle confezioni con il sistema di etichettatura precedente. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa ma – continua la Coldiretti – l’etichetta resta anonima per circa 1/3 della spesa dai salumi ai succhi di frutta, dalla pasta al latte a lunga conservazione, dal concentrato di pomodoro ai sughi pronti fino alla carne di coniglio.  Due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione in etichetta, come pure i succhi di frutta o il concentrato di pomodoro dalla Cina i cui arrivi sono aumentati del 379% nel 2015 per un totale di 67 milioni di chili, secondo la Coldiretti. L’Italia sotto il pressing della Coldiretti ha fatto scattare il 7 giugno 2005 l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre a partire dal 1° gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro. A livello comunitario – continua la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto. Il prossimo passo – conclude la Coldiretti – è l’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato nella pasta come previsto nello schema di decreto che introduce l’indicazione obbligatoria dell’origine del grano impiegato nella pasta condiviso dai Ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e già inviato alla Commissione Europea.

 




Mantova, scoprire i piatti tipici in otto weekend

RISOALLAPILOTA
Il riso alla pilota

Prende il via sabato 21 gennaio, al Palazzetto dello Sport di Mantova (via Melchiorre Gioia 3 – area Polivalente), la quinta edizione del “Festival della cucina mantovana”, ampia rassegna dei gusti e delle tradizioni locali.

Per otto settimane (con una pausa dal 20 febbraio al 10 marzo) tutti i week end – sabato a cena e domenica a pranzo e cena – Associazioni gastronomiche del territorio mantovano si cimenteranno nella preparazione di primi piatti tipici della zona che rappresentano. Alle specialità si affiancano secondi (stinco, costine, stracotto, luccio in salsa, polenta e funghi, grana e mostarda, spalla, formaggi e molto altro ancora), dolci e vini tipici mantovani accuratamente selezionati dall’organizzazione.

Inoltre, in uno spazio allestito ad hoc, saranno in esposizione eccellenze gastronomiche delle Associazioni ospitate e si potranno avere informazioni sui prodotti, le specialità, le tradizioni e le feste.

Al Festival non mancano gonfiabili e baby dance (tutti i sabati alle ore 20), mentre gli adulti, sempre il sabato, dalle 22.30, possono, gratuitamente, recarsi nella sala “Gusto” e ascoltare i grandi DJ Afro, funky e disco che si alterneranno alla consolle. Passeranno infatti per il Festival: Baldelli, Mozart, Rubens, Lodola, Ebreo e Spranga. Tutte le domeniche inoltre a pranzo e a cena sono in programma eventi, animazioni e balli. Tra le iniziative collaterali un torneo di calcetto, un concorso di disegno per i più piccoli, esibizioni di associazioni sportive mantovane, balli di gruppo, animazione e musica.

Il sabato la manifestazione apre alle 19, la domenica a pranzo alle ore 11.30 (con il cocktail di benvenuto) e alle 19 la sera. L’ingresso e il parcheggio sono gratuiti.

IL PROGRAMMA

SABATO 21 E DOMENICA 22 GENNAIO
RISOTTI DI RISAIA – Associazione ASC di Castelbelforte

Risotti di ogni tipo: saltarei, pesciolino, pesce gatto, rane e ovviamente riso alla Pilota. Un incontro per mettere insieme diversi gusti e sapori.

SABATO 28 E DOMENICA 29 GENNAIO
FUJADI E BIGUI CON LI SARDELI – Associazione Nuova Unione sportiva di Villanova De Bellis

Un incontro per gustare un tipico piatto di pasta preparata secondo i canoni della tradizione popolare. Si potrà degustare, oltre a fujadi e bigui, un ottimo riso alla pilota.

SABATO 4 E DOMENICA 5 FEBBRAIO

I tortelli amari di Castelgoffredo
I tortelli amari di Castel Goffredo

TORTELLO AMARO E CAPUNSEL – Pro Loco Castel Goffredo e Confraternita del Capunsel Solferino

Spazio ai due piatti riconosciti a livello Europeo come prodotto tipico dell’Alto Mantovano. I capunsei sono cucinati con una piccola percentuale di amaretto come nella tradizione dei Gonzaga.

SABATO 11 E DOMENICA 12 FEBBRAIO
MACARUN COL STRACOT E RISO COI SALTAREI – Comitato Manifestazioni Barbassolo

I macarun col stracot: una particolarità culinaria che si propone di mantenere la tipicità e la tradizione della cucina di Barbassolo, quella delle vecchie osterie. Sarà inoltre servito riso con saltarei e riso alla pilota.

SABATO 18 E DOMENICA 19 FEBBRAIO
RISO ALLA VILLIMPENTESE E AGNOLI – Comitato Manifestazioni Villimpentesi e Polisportiva Borgo Virgilio

“La Festa del Risotto” a Villimpenta è una delle manifestazioni più popolari della zona, un’occasione per rivivere e tramandare un’antica tradizione. Oltre al risotto, l’associazione Borgo Virgilio ripropone gli agnoli, uno dei capisaldi della cucina mantovana, conditi con burro fuso e con pomodoro e salsiccia.

SABATO 11 E DOMENICA 12 MARZO
TORTELLI DI ZUCCA ALLA CESOLANA E RISOTTO LAMBRUSCO E SALSICCIA – Avis Cesole e Vere Terre

L’Avis di Cesole propone i tortelli di zucca alla Cesolana con solo salsiccia di suino e pomodoro, rigorosamente De.Co (Denominazione Comunale d’Origine). Mentre Terre Vere cucinerà un ottimo risotto lambrusco e salsiccia.

SABATO 18 E DOMENICA 19 MARZO
Riso alla pilota De. Co. e Risotto di zucca e salsiccia – Pro Loco Castel d’Ario e Vere Terre

La Pro Loco di Castel d’Ario proporrà un riso alla pilota rigorosamente De. Co. Terre Vere proporrà il risotto zucca e salsiccia simbolo della tradizione del territorio. La zucca infatti è il simbolo di Vere Terre.

SABATO 25 E DOMENICA 26 MARZO
Gran galà del Riso

Nell’ultimo fine settimana grande sfida dei risotti con il Gran Galà del riso in cui verrà decretato il miglior risotto della quinta edizione del “Festival della cucina Mantovana”.

Il Festival è organizzato da Palamantova e ha il patrocinio del Comune di Mantova.




A Bergamo è boom di allevamenti caprini da latte: +28 % negli ultimi 10 anni

caprini apreNegli ultimi 10 anni, nella Bergamasca si è verificato un vero e proprio boom di allevamenti caprini da latte, che sono passati dai 75 del 2006 ai 104 del 2016 (+28%). Il fenomeno è messo in evidenzia da un’analisi di Coldiretti Bergamo su dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica.  Secondo la Coldiretti provinciale il ritorno alla terra dei giovani si concretizza spesso proprio nell’allevamento caprino, che non è più confinato solo nelle aree montane ma è abbastanza diffuso anche in collina e in pianura. Molte aziende si sono dotate di caseificio aziendale per la produzione diretta di formaggi, altre invece consegnano il latte direttamente all’industria. Sono aumentate anche le realtà legate all’agriturismo. L’allevamento di capre da latte un tempo era considerato un comparto minore, di nicchia e  praticato solo in zone marginali, oggi invece rappresenta un tassello di tutto rispetto dell’agricoltura provinciale. Il trend in crescita della provincia di Bergamo è in controtendenza con quanto sta accadendo a livello regionale. Infatti nel 2006 in  Lombardia gli allevamenti di capre da latte erano 1.080, nel 2016 sono invece scesi a 710 ( – 35%).

“La riscossa del comparto sul nostro territorio  – spiega Lucia Morali allevatrice di capre di San Giovanni Bianco e vice presidente di Assonapa (Associazione Nazionale  Pastorizia) –  è dovuta oltre che alla necessità di individuare nuovi ambiti produttivi anche alla capacità degli imprenditori di intercettare le nuove tendenze alimentari. Oggi il consumatore riserva un’attenzione particolare al latte e ai formaggi caprini, che sono facilmente digeribili e meglio tollerati dalle persone allergiche alle proteine del latte vaccino. Questo ha permesso agli allevamenti di avere più spazio di mercato e quindi di migliorare la propria redditività. Per la tutela e la valorizzazione delle nostre produzioni possiamo ora contare  anche sul recente decreto che ha introdotto l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del latte, mettendoci al riparo dalla concorrenza sleale di che sfrutta impropriamente il valore del made in Italy”. Nella Bergamasca la crescita dell’allevamento caprino si è incrociata con la radicata tradizione casearia e da questo incontro è nata una gamma di prodotti ampia e variegata, che comprende sia quelli a coagulazione acida, come i caprini freschi e le croste fiorite, sia quelli a coagulazione presamica, come gli stracchini e le formagelle. I formaggi caprini si prestano anche ad essere arricchiti con spezie ed erbe aromatiche. Negli ultimi tempi stanno incontrando il favore dei consumatori anche lo yogurt e il gelato realizzati con latte di capra.

“Ho avviato la mia azienda nel 2012 – racconta Federica Cornolti di Ponteranica – mentre stavo frequentando l’università. Pur non essendo figlia di agricoltori ho sempre avuto una grande passione per questa attività. Ho però capito che questa era la mia strada durante il tirocinio richiesto dal mio corso di studi e che ho fatto proprio in un allevamento di capre. E nata così la mia avventura imprenditoriale. Con la stalla ho costruito anche il caseificio e oggi ho 40 capi di razza Saanen in lattazione e faccio la vendita diretta dei formaggi che produco. E’ un lavoro molto impegnativo e i problemi non mancano, ma mi appassiona e mi dà anche soddisfazioni”. Francesca Belloli di Calcio ha invece iniziato la sua scommessa nel 2007 con 20 capre da latte razza Saanen. “Ho adottato la politica dei piccoli passi però mi sono da subito appassionata a questo mondo. Pian piano ho implementato i capi e così sono arrivata ad avere un allevamento ben strutturato. Ho chiuso il 2016 con 180 capi in lattazione, il mio obiettivo per il 2017 è di arrivare a 230 capi. Il latte che mungo non lo trasformo direttamente ma lo conferisco a un caseificio. Sono abbastanza soddisfatta perché c’è una buona richiesta di questo prodotto”.

 

 




Olio d’oliva, quattro incontri per conoscerlo e degustarlo

OLIO OLIVAQuattro incontri, di giovedì, per saperne di più sull’olio di oliva e imparare a degustarlo. Li organizza la Comunità montana dei laghi bergamaschi dal 19 gennaio al 9 febbraio nell’ambito dei “Laboratori del saper coltivare”.

Le serate, tenute Marco Antonucci – assaggiatore professionista, iscritto nell’elenco nazionale dei tecnici ed esperti in oli extravergini e vergini d’oliva del Mipaf con qualifica di capopanel internazionale nonché coordinatore dell’International Oil Expert Association – hanno carattere tecnico/pratico. Oltre ad approfondire i principali aspetti produttivi, passeranno in rassegna diversi tipi di oli, valutandone pregi e difetti, dando poi spazio a suggerimenti per eliminare errori di produzione.

Gli appuntamenti si tengono nelle sedie della Comunità montana di Lovere, Casazza e Villongo. Sono aperti a tutti e l’entrata è libera.

Il calendario

Giovedì 19 gennaio – ore 20.30

Lovere, via del Cantiere 4

“L’olio del frantoio è sempre extravergine?”

Giovedì 26 gennaio – ore 20.30

Casazza, via Don Zinetti 1

“L’olio del frantoio è sempre extravergine?”

Giovedì 2 febbraio – ore 20.30

Villongo, via Roma 35

“L’olio del frantoio è sempre extravergine?”

Giovedì 9 febbraio – ore 20.30

Villongo, via Roma 35

“La resa, le piante, i costi, i frantoi, i contenitori, gli errori… Parliamone”




InGruppo, entra Ezio Gritti. E al ristorante si va con l’autista

ingruppoDal 16 gennaio al 30 aprile 2017, gli chef dei più rinomati locali bergamaschi danno vita alla quinta edizione di Ingruppo, il progetto che mette insieme ambienti, gusto, tradizione e innovazione. Diciannove professionisti della ristorazione bergamasca, con due “escursioni” nelle province di Lecco e Milano, uniranno le forze per rimarcare la loro appartenenza ad un progetto volto alla valorizzazione del moderno ristorante. Lo faranno con prezzi accessibili. Perché il vero obiettivo di Ingruppo è portare nei propri ristoranti quella parte di clientela intimorita dalla spesa eccessiva e la clientela più giovane con l’augurio d’educarla al piacere di una sosta che generi una felicità a tutto tondo.

Le novità

La nuova edizione di Ingruppo si avvale di alcune importanti novità. A unirsi ai ristoratori che da tempo animano Ingruppo (i titolari di A’Anteprima, Al Vigneto, Antica Osteria dei Camelì, Casual Ristorante, Colleoni & Dell’Angelo, Collina, Nuova Trattoria Dac A Trà, Da Vittorio, Ristorante Enrico Bartolini al Mudec, Frosio, Il Saraceno, La Caprese, Lio Pellegrini, Loro, Osteria della Brughiera, Posta, Roof Garden Restaurant, Villa Patrizia Ristorante) quest’anno vi sarà Ezio Gritti, col suo ristorante omonimo inaugurato recentemente sul Sentierone, nel cuore di Bergamo. Una new entry attesissima, che fa già gola a tutti gli appassionati di alta cucina e che con le sue ricette, intrise di tradizione e autenticità, darà nuova energia a tutta l’iniziativa.

Ma non è tutto: per la nuova, attesissima, stagione, Ingruppo ha deciso di attivare una speciale convenzione che darà la possibilità agli avventori dei propri ristoranti di lasciare a casa l’auto. Ingruppo, infatti, ha voluto fare sistema con il territorio, contribuendo alla promozione dell’eccellenza enogastronomica locale su strade più sicure, attraverso una mobilità più efficiente e sostenibile: per questo, i clienti di Ingruppo potranno evitare corse e code per i parcheggi e affidarsi ad autisti professionisti, evitando di mettersi alla guida al termine della cena. Il tutto, ad un prezzo speciale.

La formula

Per il quinto anno consecutivo Ingruppo conferma la sua formula: dal 16 gennaio al 30 aprile 2017, con l’esclusione del 14 febbraio e del 16 aprile (giorno di Pasqua), i ristoranti aderenti all’iniziativa offriranno la possibilità di consumare menù completi (almeno un antipasto, un primo, un secondo e un dolce con, c’è da scommettere, golose sorprese degli chef) comprensivi di vino, bevande e caffè, al costo prestabilito di 55 euro a persona per 16 dei 19 ristoranti coinvolti. Mentre il costo sarà di 110 euro a persona per tre di loro (A’Anteprima, Da Vittorio, Enrico Bartolini Mudec). La formula è valida sia a pranzo che a cena compatibilmente con i giorni di apertura dei locali. La prenotazione può essere effettuata via telefono o via e-mail, direttamente al ristorante, specificando la richiesta del menù “Ingruppo”.




Olio d’oliva, ma come si fa a capire quando è buono?

olio oliva - generica

È su tutte le nostre tavole, ma siamo in grado di stabilire se un olio d’oliva è buono o scadente? E, non meno importante, lo conserviamo nel modo giusto? Perché la dicitura “olio extravergine di oliva” da sola non garantisce che siamo di fronte a un olio di qualità.

Marco Antonucci - olio (1)
Marco Antonucci

Con l’aiuto di Marco Antonucci, da molti anni impegnato a livello internazionale nella diffusione della cultura dell’extravergine e dell’analisi sensoriale attraverso seminari, corsi, incontri, guide, articoli e pubblicazioni di carattere sia divulgativo che universitario, abbiamo realizzato un vademecum fatto di piccoli trucchi che vi aiuteranno a riconoscere un olio buono da uno che non lo è. E a conservarlo in modo corretto. Tanto per iniziare, sfatiamo subito una convinzione diffusa: il colore non è importante.

Leggere con attenzione l’etichetta

Il primo consiglio è leggere bene l’etichetta. Più informazioni sono riportate, più chiare sono, e più possiamo fidarci del prodotto. L’indicazione Igp o Dop, che garantisce che l’olio è di una determinata area, e il marchio di consorzi locali possono essere buoni indici di qualità, oltre a tutte le indicazioni di legge.

È importante verificare anche la provenienza delle olive: non c’è una regione di provenienza migliore dell’altra, ma esistono tecniche virtuose di gestione dell’oliveto, raccolta, trasformazione e conservazione che permettono di avere un olio di qualità. Se le olive sono lavorate in frantoio aziendale, ad esempio, è una garanzia in più (il frantoio aziendale consente la lavorazione delle olive dopo poche ore dalla raccolta, conferendo agli oli alti valori nutrizionali). Altre informazioni importanti sono i dati del confezionatore (se non è lo stesso produttore), il numero del lotto (che facilita la rintracciabilità), il contenuto in acido oleico, di polifenoli, di vitamina A, D ed E. La trasparenza informativa tra produttore e consumatore è un elemento decisivo nel mercato di oggi. Il consiglio di Coldiretti è di guardare anche la data di scadenza e preferire l’extravergine nuovo guardando l’annata di produzione che molti indicano volontariamente in etichetta.

«Da qualche anno c’è scritto se l’olio è comunitario o non comunitario – dice Antonucci -. L’indicazione da cercare è “prodotto e confezionato da”. È questa “e” a fare la differenza. Anche la scritta “olio italiano al 100%” va benissimo ed è garanzia di qualità. Al contrario, la scritta “olio proveniente da Comunità europea” deve far pensare che l’olio può essere spagnolo o greco. Se è riportato anche l’anno di raccolta è un altro segno di qualità. Se non c’è scritto, è facile che nella bottiglia siano presenti anche oli di altri anni». «Il colore, invece, non va considerato – aggiunge – non dà né gusto né profumo».

olive - generica 2
Il profumo deve ricordare l’oliva

Quello che leggiamo in etichetta non basta a garantire la qualità. È importante anche valutare la componente olfattiva. L’olio deve avere un profumo che ricorda l’oliva, perché alla fine non è altro che una spremuta di olive (in gergo si dice che l’olio deve avere un “fruttato maggiore di zero”). Sembra una banalità scriverlo, però è utile e da tenere sempre a mente. Se profuma di erba appena tagliata, di pomodoro, carciofo, mela o mandorla, siamo in presenza di un buon prodotto.

Deve avere un gusto amaro e piccante

«L’olio è come il vino, per capire se è buono va assaggiato – spiega Antonucci -. Se all’assaggio si nota una sensazione di amaro in bocca, leggermente tendente al piccante in gola, allora l’olio è buono». Amaro e piccante, insieme al fruttato, sono i tre pregi che un buon olio extravergine deve avere e garantiscono anche le proprietà salutistiche del prodotto: alcuni composti nobili dell’olio come l’oleuropeina e l’oleocantale (l’uno antinfiammatorio, l’altro antiossidante potentissimo) garantiscono la loro presenza nel prodotto proprio attraverso il gusto, il primo di amaro e il secondo di piccante. Per assaporare bene l’olio lo si tiene su palato e lingua almeno 20 secondi, quindi si deglutisce.

olio oliva - bottiglietta paneNon deve essere rancido né acido

Uno dei difetti più comuni dell’olio è il “rancido”, dovuto all’invecchiamento dell’olio che è causato dalla luce, dal calore o dall’ossidazione (come sapore e odore assomiglia al grasso del prosciutto crudo lasciato una giornata al caldo a contatto con l’aria). «Per bene che lo si conservi, a un certo punto muore, come il burro – spiega Antonucci -. Dipende da come è conservato, ma in generale la durata media di un olio è un paio di anni».

Un altro difetto è la fermentazione. «Le olive si raccolgono la mattina e si portano al frantoio il pomeriggio. Se si lascia passare più tempo e le olive vengono ammassate in ambienti poco aerati e umidi, fermentano. In questo caso l’olio assume un leggero odore di aceto». In generale, se si percepiscono odori che richiamano verdure o frutti passati o peggio ancora l’odore della salamoia o di rancido, è segno che il prodotto è scadente e forse non è nemmeno extravergine.

Non deve avere il fondo

«Un terzo difetto che può avere l’olio è di presentare il fondo. «Come per il vino, anche per l’olio, la bottiglia non deve avere il fondo. Se l’olio è novello va bene, ma va consumato subito. In generale però è sempre bene filtrare l’olio ed evitare di acquistare oli che presentano uno strato sul fondo della bottiglia», consiglia Antonucci.

Non può costare meno di 12 euro

«Il detto “costa poco, vale poco” nel caso dell’olio d’oliva va tenuto sempre a mente. Bisogna diffidare degli oli a prezzi bassi. Un buon olio extravergine di oliva, lavorato con metodi artigianali e di qualità, deve avere un costo minimo di 12 euro al litro. Se il prezzo è più basso, quasi di sicuro la sua qualità non è eccellente ed è composto da un mix di oli provenienti da Paesi europei ed extra-europei, non soltanto da olio extravergine di provenienza italiana. La cosa migliore è acquistare l’olio direttamente dal produttore, sia per risparmiare accorciando la filiera, sia per avere la possibilità di assaggiare il prodotto prima dell’acquisto e per verificare personalmente come avviene la produzione».

Va conservato come il vino

Una volta acquistato un buon olio extravergine, è importante conservarlo nel modo corretto. «L’olio è più delicato del vino. La prima accortezza è evitare di sottoporlo a temperature elevate e dividere la damigiana in tante bottiglie. Se lo acquisto in Puglia in damigiane e lo metto nel baule dell’auto a una temperatura di 40 gradi e poi, arrivato a casa, lo ripongo in cantina lo uccido». Anche la conservazione in casa richiede alcune attenzioni. «Molti conservano male l’olio – avverte Antonucci -. La bottiglia deve essere riposta lontano dai fornelli e al buio, a una temperatura tra gli 11 e i 16 gradi, altrimenti si guasta. Inoltre quando si apre una bottiglia bisogna richiuderla subito, cosa che non si fa di solito. A differenza del vino, infatti, l’olio non ha conservanti quindi se si lascia aperto si ossida. Infine, quando la bottiglia è finita la si deve buttare perché sulle pareti si forma dell’olio ossidato». «Se si conserva l’olio come il vino non si hanno problemi» garantisce l’esperto.




L’inno alla “ciccia” del macellaio-poeta

Dario Cecchini
Dario Cecchini

In tempi in cui della carne si preferisce avere la visione più distante possibile dall’animale – in forma di fettine o arrosti, belli e pronti da mettere in padella – Dario Cecchini, il macellaio di Panzano in Chianti che ha reso il suo negozio una meta turistica internazionale, fa l’esatto contrario e trasforma in uno show (riuscitissimo!) niente meno che il sezionamento e il taglio di una mezzena di manzo.

È stato lui l’ospite della cena degli auguri dell’Associazione cuochi bergamaschi, che nell’occasione lo ha nominato socio onorario.

Gesti sicuri, parlata schietta e i versi di Dante a dire che dentro le vene di questo artigiano, erede di una tradizione nella macelleria lunga 250 anni, scorre anche il gusto per la poesia. «L’animale bisogna trattarlo il meglio possibile, dargli cibo buono, una vita lunga e una morte dignitosa, più compassionevole possibile. E per rendergli il giusto onore va usato tutto, dal naso alla coda, perché se la qualità c’è, è dappertutto». È il primo caposaldo del Cecchini-pensiero.

Il secondo, e conseguente, è l’elogio delle parti meno nobili. «La prima ricetta dell’Artusi è il brodo, che, guarda caso, si fa con le ossa, non con il filetto». E che dire della pancia del manzo? «Oggi ci si fanno gli hamburger, ma a me sembra sprecata – evidenzia -, prima ci si facevano bolliti eccezionali».

Sarà che è stato tirato su con gli “scarti” della macelleria di famiglia. «Da piccolo pensavo che la mucca avesse 5 teste, 20 zampe e 4 code – ricorda -. Le bistecche erano per i clienti e alla nonna portavano da cucinare tutto ciò che in bottega non era richiesto. La mia “prima volta” con la bistecca è stata al compimento dei 18 anni: è stato meraviglioso, ma è stato meraviglioso anche tutto quanto avevo mangiato fino ad allora, grazie alla sapienza in cucina della nonna».

Natale del cuoco 2016 -premiazione cecchiniIl giusto incentivo ai cuochi in sala a trasformare con passione e arte anche le parti più difficili. «Anche la gente, che ha sempre visto il manzo come un oggetto misterioso, sta cominciando a capire che la carne non deve essere per forza magra», rassicura Cecchini, che intanto svela un segreto: «Il taglio migliore, quello che i macellai non vendono mai ma che tengono come ricompensa per la famiglia è il “ragno”, un pezzettino brutto e un po’ grasso, con delle nervature a mo’ di ragnatela, da cui il nome». Dalla coscia, farcita di midollo e insaporita con sale e aromi, ha invece ricavato il pezzo forte di Natale della sua macelleria, il brasato al midollo.

Quanto alla bistecca, le regole sono poche ma tassative. «Deve essere alta troppo, grande troppo e bella troppo. Sotto i quattro centimetri è carpaccio – sentenzia – . Va cotta sulla brace otto minuti da un lato, otto dall’altro e otto per in piedi e mangiata nella maniera più primitiva possibile, portando in tavola solo sale e olio».

Con buona pace della fettina.