È bergamasco il terzo miglior formaggio al mondo

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Il terzo miglior formaggio al mondo è bergamasco. È il Gorgonzola Dolce Dop del caseificio Arrigoni Battista di Pagazzano, unico rappresentante italiano selezionato per la finalissima alla 29esima edizione dei World Cheese Awards, il più importante concorso internazionale dedicato ai formaggi, quest’anno organizzato a San Sebastian, in Spagna.

L’erborinato di casa nostra ha prima ottenuto la Super Gold Medal, assegnata ai 66 formaggi che rappresentano le eccellenze a livello mondiale (tra cui sei prodotti italiani in tutto). È poi stato valutato da una seconda giuria specializzata, che ha scelto i 16 migliori formaggi in assoluto dal concorso, tra i quali è stato eletto il miglior formaggio del mondo: il norvegese Kraftkar del produttore Tingvollost, seguito dal Conish Kern di Lynher Dairies dal Regno Unito e, appunto, dal campione bergamasco.

Il concorso ha visto in gara oltre 3.000 formaggi da 30 Paesi. Con questo risultato il caseificio Arrigoni ha ulteriormente impreziosito il suo palmarès, che già comprende due Super Gold Medal, ottenute nel 2014 e nel 2015. In questa edizione dei World Cheese Awards ha anche ricevuto per il secondo anno consecutivo la medaglia d’argento con il Taleggio Dop mentre il Gorgonzola piccante Dop e l’Italico, un formaggio a pasta molle a crosta lavata, si sono aggiudicati il bronzo.

Ma anche altri produttori bergamaschi escono medagliati dalla competizione. Arrigoni Sergio di Olda di Taleggio ha ottenuto due ori con Branzi e con “Leonardo”, un argento con il Gorgonzola Dop e un bronzo con lo “Strachì del Belo Ecc”. Medaglie di bronzo anche per il “Pan di Cacio” del caseificio Taddei di Fornovo San Giovanni, “Surfin’ Blue”, formaggio erborinato prodotto con latte di bufala e affinato in una birra artigianale, dei Quattro Portoni di Cologno al Serio e le chicche di latte caprino de La Via Lattea di Brignano Gera d’Adda “Morla” e “Nocino”.




Piani di Bobbio, la stagione dello sci ha un’anteprima golosa

Gustinquota è la grande festa di preapertura della stagione dello sci ai Piani di Bobbio, un assaggio di quanto il comprensorio offre in termini di sport, natura e – perché no? – sapori. L’appuntamento è domenica 20 novembre. A partire dalle 10 e per tutta la giornata la cabinovia di Barzio sarà attiva gratuitamente per tutti, mentre da Valtorta la seggiovia Ceresola funzionerà, sempre gratuitamente, dalle 10 alle 12.30 e poi dalle 14 alle 16.30.

All’arrivo si potranno degustare e acquistare prodotti tipici del territorio e conoscere le novità in tema di articoli sportivi. Per i bambini ci saranno giochi e animazione e uno spazio sarà dedicato alla presentazione dei programmi delle scuole di sci e dei servizi a disposizione dei visitatori.

Alle ore 12 sarà celebrata la messa alla chiesetta dei Piani di Bobbio e nei rifugi sarà possibile pranzare con un menù completo a prezzo convenzionato. La giornata sarà accompagnata da musica dal vivo, giochi e gadget. Sono disponibili navette gratuite di collegamento dai parcheggi di “Barzio paese” con la partenza della cabinovia. Per l’occasione nella stazione a valle dell’impianto sarà inaugurato il nuovo noleggio B-Rent.

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Pizza perfetta in dieci mosse

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Se c’è un piatto che piace tutte le latitudini e a tutte le età, è la pizza. Alta o sottile, condita solo con pomodoro e basilico o arricchita con salumi, pesce, formaggi o verdure, non ha confini né di cultura né di scelte alimentari ed è il simbolo per eccellenza del made in Italy in tavola. Con le sue fette gustose è il piatto dell’amicizia a tavola, ma anche una ricetta economica e che permette di sbizzarrirsi nella farcitura perché si possono impiegare quasi tutti i prodotti conservati in frigorifero. Non ultimo, ha il benestare dei nutrizionisti che ci concedono di gustarla una volta (ma anche due) a settimana.

Tutti, chi più chi meno di frequente, la cuciniamo, ma siamo sicuri di farla nel modo giusto? La ricetta è facile, ma sbagliare è un attimo. La pizza perfetta deve essere fragrante e croccante all’inizio, non deve fare resistenza alla masticabilità e deve dare la sensazione che si sciolga in bocca. Invece capita che spesso sia gommosa, troppo asciutta, secca e bianca o al contrario troppo umida.

Abbiamo stilato un vademecum fatto di piccoli trucchi e gesti esperti che vi consentiranno di scongiurare questi risultati e di ottenere una pizza al top, meritevole dei complimenti di parenti e amici. Alcuni li abbiamo “rubati” a due esperti di casa nostra: Tiziano Casillo, uno dei maestri pizzaioli più autorevoli ed apprezzati, e Ivan Morosini, panificatore, docente e vincitore di concorsi internazionali.

Tiziano Casillo
Tiziano Casillo

Ivan Morosini
Ivan Morosini

1 Scegliere la farina col giusto valore proteico

L’errore più comune che si fa è quello di sbagliare farina. Se non si sceglie quella più appropriata, il risultato rischia di essere pessimo. Con una farina troppo “morbida” l’impasto si bucherà, con una troppo forte la pizza risulterà gommosa e poco digeribile. Come scegliere tra le tante che si trovano nei lunghi scaffali dei supermercati?

«Per scegliere in modo corretto bisogna controllare sulla tabella nutrizionale della confezione la quantità di proteine – spiega Casillo -, è la forza della farina a determinare la bontà della pizza. Il valore proteico va da 7-8% fino al 12-13%. Nello scegliere la farina dobbiamo pensare al tipo di lievitazione che vogliamo fare perché ogni farina richiede un suo metodo di lavorazione e specifici tempi di lievitazione. Ad esempio, per fare una buona pizza, in modo veloce, è indicata una farina con contenuto di proteine tra l’8 e il 10%. Se invece si ha tempo per fare una lievitazione più lunga, si possono scegliere farine con proteine dal 10% in su».

Negli ultimi anni tra i panificatori e i pizzaioli si è diffusa la tendenza ad usare farine meno raffinate. Anche il consumo casalingo ha seguito questa strada. E ha fatto bene. «È diventata un po’ una moda – dice Morosini – ma è una moda positiva. Le farine più grezze sono più ricche di sali minerali, hanno un valore nutrizionale più alto e hanno una lievitazione più facile rispetto a quelle doppio zero. Inoltre a livello di sapore hanno qualcosa in più». Via libera quindi a farine integrali, di segale e a base di grano saraceno. La scelta qui dipende solo dal gusto: per chi desidera una pizza dal sapore spiccato è consigliata la farina di grano saraceno, chi invece vuole un gusto diverso dal solito può optare per quella di segale.

Per tutti il consiglio dell’esperto è comunque di miscelare le farine: «Io consiglio di utilizzare il 20% di farina alternativa – integrale, segale o grano saraceno – e il resto di farina 00». Ma se si vuole un gusto più ruvido, si può fare anche metà e metà. Con una attenzione: più la farina è integrale più lunghi sono i tempi di lievitazione e leggermente più lunghi i tempi di cottura.

2 Usare il lievito madre naturale

Il consiglio degli esperti è di usare il lievito madre naturale perché permette di realizzare una pizza più leggera, digeribile e dal gusto più intero. Richiede una lievitazione lunga, ma garantisce un prodotto organoletticamente più ricco, completo e sano. In alternativa, va bene il lievito di birra fresco in panetti che si trova nei supermercati.
Per aumentare il sapore e dare più consistenza all’impasto si può aggiungere del sale iodato. Attenzione, però: il sale non va mischiato con il lievito, altrimenti rovinerà l’effetto del lievito. Lievito e sale vanno sciolti in acqua in due recipienti diversi e poi uniti alla farina.

impasto-pizza-16x253 Preparare l’impasto la sera prima

La lievitazione è un passaggio fondamentale che determina la consistenza della pizza: se la lievitazione è eccessiva la pizza risulterà asciutta, secca e bianca, se al contrario la lievitazione è insufficiente, la pizza risulterà troppo umida. Per avere un buon risultato, con una farina dal valore proteico tra l’8 e il 10%, bisogna usare un panetto di lievito fresco di 25 grammi e lasciare lievitare l’impasto per due ore a una temperatura dai 25 ai 30° senza sbalzi (con farine più forti il tempo di lievitazione si allunga). Il consiglio però è di preparare l’impasto la sera prima e lasciarlo lievitare una notte intera in frigorifero. L’impasto raddoppierà di volume e la pizza risulterà più soffice e digeribile. Attenzione, in questo caso basta mezzo cubetto di lievito fresco.

4 Fare il doppio impasto

In fase si lievitazione un segreto che fa la differenza è il doppio impasto: si impasta una prima volta dopo la composizione quindi si fa riposare due-tre ore per far lavorare il lievito. Dopo quel tempo si rovescia, si rimpasta e si lascia riposare per altre sei-otto ore. Questo secondo riposo garantirà un impasto morbido. E per sapere quando l’impasto è lievitato si prende una pallina di impasto e la si mette in un bicchiere d’acqua. Se torna a galla vuol dire che è pronta. A questo punto si può stendere la pizza senza fatica.

5 Niente mattarello e poca manipolazione

La manualità di chi impasta è fondamentale. Ma questa si apprende con l’esperienza e non la si può insegnare su carta. Questi consigli però potranno però essere utili: mescolare bene gli ingredienti, lavorare l’impasto in modo energico, stenderlo con i polpastrelli senza usare il mattarello con gesti decisi e allargare la pasta dal centro verso l’esterno facendo una pressione dall’alto verso il basso. Attenzione a non manipolare troppo l’impasto sennò si fa troppo elastico. Se nello stendere la pasta questa tende a ritirarsi basta lasciarla così come e farla riposare qualche minuto.

6 Usare poco pomodoro, di qualità, e olio extravergine di oliva

pizza-pomodoro-10x6Il pomodoro è il primo ingrediente a farcire la pizza. Se si usano i pomodori pelati è consigliabile tagliarli a pezzetti e farli scolare molto, molto bene oppure per una salsa più liscia schiacciarli e passarli. Se si usa la polpa di pomodoro è importante sceglierla di buona qualità. Molte possono risultare troppo dolciastre. I pomodori freschi tipo ciliegino, ad esempio i Pachino, vanno usati solo d’estate quando la loro qualità e freschezza ne garantiscono un sapore gustoso. Vanno lavati, tagliati a metà e, dopo averli fatti scolare un po’, disposti sulla pizza con la pelle rivolta verso l’alto. I pomodori più indicati sono i pelati San Marzano a pezzetti.

Oltre alla scelta del pomodoro, per la buona riuscita della pizza, è importante fare attenzione alle dosi e al modo in cui viene steso: il pomodoro deve essere un velo che lascia intravedere parte della pasta, può essere condito con olio extra vergine d’oliva e un pizzico di sale prima di cospargerlo sull’impasto e va disposto al centro e sparso col dorso del cucchiaio in modo rotatorio fino a distribuire una quantità uniforme su tutta la pasta. Non va passato sui bordi, altrimenti non risulterebbero croccanti.

Una curiosità: l’olio extravergine d’oliva oltre che come condimento può essere aggiunto nella preparazione dell’impasto: infatti migliora la consistenza del glutine e, avendo un punto di fumo più alto rispetto agli altri oli, migliora la cottura e non secca la pasta, lasciandola soffice e croccante.

7 Occhio alla mozzarella

Altro ingrediente fondamentale è la mozzarella. La sua qualità è importante: non deve filare tanto e non deve essere troppo umida. Il problema è che la maggior parte tende a bagnare la pizza, soprattutto quella di bufala. Se si vuole scongiurare il rischio “annacquamento”, un’alternativa che sta prendendo piede tra gli stessi piazzaioli napoletani è utilizzare della provola o della scamorza affumicata, che rendono la pizza asciutta e molto saporita, meglio ancora se mischiata con del fior di latte. Oppure vanno bene la mozzarella fior di latte e, per andare su un prodotto locale, la mozzarella di Seriate. Se si usa mozzarella fior di latte o mozzarella di bufala è importante spezzettarla (rigorosamente con le mani, non con il coltello), strizzarla e lasciarla scolare bene in uno scolapasta per alcune ore (oppure si può tagliare la sera prima e lasciarla in frigo in uno scolapasta coperto).

Attenzione: se la mozzarella fila troppo è un segno negativo, vuol dire che per produrla è stato usato del formaggio fuso.

8 Infornare su una teglia in pietra refrattaria o in alluminio rovente

La teglia non va scelta a caso. La normale placca da forno è troppo spessa quindi non è indicata. Meglio scegliere una teglia in pietra refrattaria o in alluminio sottile (vanno bene anche le vaschette usa e getta). Se non si hanno in casa, va bene anche la placca da forno ma va scaldata molto bene prima e va usata rovente.

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Per avere una pizza ben cotta e croccante bisogna infornare la pizza nel forno al massimo della temperatura sulla teglia rovente. La pizza perfetta ha infatti bisogno di molto calore, soprattutto dal basso. Il forno deve essere preriscaldato fino a quando non raggiunge la temperatura massima. Per una riuscita perfetta, l’ideale è infornare la pizza su una pietra refrattaria dopo averla scaldata in forno per mezz’ora a 250°. In questo caso per cuocere la pizza basteranno 5 minuti.

Attenzione, scegliere la modalità statica con “calore dal basso” e disporre la pizza sul fondo del forno perché il forno ventilato rischia di seccarla.

10 Aggiungere la mozzarella e gli altri ingredienti in un secondo momento

L’errore più comune è farcire subito la pizza, perché in questo modo si asciuga e gli ingredienti si bruciano prima ancora di essere sfornati. Un consiglio prezioso è di infornare la pizza con il solo pomodoro. La mozzarella va aggiunta quando la cottura sta per terminare (cuoce in tre minuti). Gli altri ingredienti a seconda di quanto tempo devono cuocere: ad esempio, il prosciutto crudo va messo sempre alla fine, all’uscita dal forno (se cuoce rilascia un odore non gradevolissimo e si penalizza il sapore), patate e salsiccia richiedono 15 minuti quindi possono essere infornati subito insieme al pomodoro; melanzane e zucchine vanno messe verso la fine; la rucola va rigorosamente unita da cruda e abbondantemente sulla pizza appena sfornata. Il basilico, come il prezzemolo, vanno aggiunti solo alla fine della cottura e non durante, altrimenti perdono parte del loro profumo.

Per evitare che le foglie di basilico fresco messo sulla pizza si secchino durante la cottura, si possono immergere per un istante nell’olio. Se si sceglie di guarnire con verdure fresche, il consiglio è di tagliarle molto sottili in modo che cuociano completamente in forno con la pizza. In questo caso sono belle da vedersi se tagliate per il lungo.

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A Cremona c’è la Festa del torrone. Pacchetti speciali per chi ci va in treno

festa-torrone-cremonaOltre 250 iniziative – tra giochi, momenti di intrattenimento, appuntamenti culturali ed enogastronomici – animano la nuova edizione della Festa del Torrone di Cremona, in programma dal 19 al 27 novembre nelle strade e nelle piazze della città. Tema di quest’anno è Il Tempo con l’omaggio a Janello Torriani, maestro orologiaio, inventore e genio del ‘500, cui è dedicata una grande mostra.

La manifestazione ha come fulcro l’ampio mercato con espositori di torrone, cioccolato e dolci provenienti da tutta Italia e dall’estero, ed appuntamenti come le costruzioni giganti di torrone, la rievocazione del matrimonio tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti e l’assegnazione del Torrone d’oro, a personaggi di spicco del territorio.

Per chi vuole conoscere e apprezzare al meglio il protagonista della festa, le degustazioni ed esperienze sensoriali sono tante. Ne “I mille gusti del torrone” lo si assaggia nelle declinazioni al limoncello, al pistacchio, alla castagna, ma sarà possibile provare anche torrone artigianale spagnolo abbinato a distillati spagnoli (una novità ispirata alla biografia di Janello Torriani), “la strana coppia: torrone e birra”, “Il dolce incontro tra torrone e vino aromatico” e partecipare a laboratori su due ingredienti fondamentali come le nocciole e il miele. Per chi vuole assaggiare le proposte della ristorazione ci sono i percorsi gastronomici “A tavola con Ugo”, realizzati da dieci ristoranti di tutta la provincia di Cremona ispirati alla figura e alle ricette del grande attore con la passione per la cucina, Ugo Tognazzi. www.festadeltorrone.com

E per chi vuole raggiungere la manifestazione in treno, Trenord offre una nuova proposta Discovery Train che comprende viaggio di andata e ritorno da tutte le stazioni della Lombardia, visita guidata della città e pranzo con menù tipico cremonese al RistoTorrone, al costo di 34 euro. Il biglietto speciale è disponibile nei weekend del 19-20 e del 26-27 novembre, ha validità giornaliera per un adulto e – per il viaggio a/r e la visita guidata – per un ragazzo fino a 13 anni legati da un rapporto di parentela. La visita guidata e il pranzo devono essere prenotate almeno il giorno prima del viaggio.

Con il biglietto si avrà diritto, inoltre, a sconti sull’ingresso alla mostra Janello Torriani al Museo del Violino e sull’acquisto del torrone cremonese allo stand ufficiale della manifestazione.

Il biglietto per la Festa del Torrone è in vendita online tramite l’e-Store, l’App Trenord, le biglietterie, le Self Service e i MyLink Point di Milano Cadorna e Milano Porta Garibaldi.

Cremona è raggiungibile con i treni Trenord che fanno servizio su tre direttrici: la Mantova-Cremona-Lodi-Milano, la Cremona-Treviglio e la Cremona-Brescia. Sono 120 le corse che fermano a Cremona nei giorni feriali, 107 al sabato e 99 alla domenica e nei giorni festivi.




Cuochi bergamaschi, la cena di Natale si fa show

La cucina si fa show e la cena di Natale dell’Associazione cuochi bergamaschi si adegua.

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Dario Cecchini

L’evento tradizionale per lo scambio degli auguri in vista delle Feste tra le “berrette bianche” cambia scenario e impostazione. Si svolge in un autosalone, si anima di isole tematiche con le eccellenze del territorio e come guest star non ha il cabarettista di turno ma un esperto a tema, il famoso macellaio toscano Dario Cecchini che alla sapienza nella dimostrazione del taglio delle carni unisce le capacità di coinvolgimento di un vero performer.

L’appuntamento è martedì 22 novembre (il giusto anticipo prima che chef e ristoratori si tuffino nei preparativi per le festività) nella sede di Autotorino, a Curno in via Bergamo 66, a partire dalle 19.30. Alla serata sarà presente anche il presidente nazionale della Federazione italiana cuochi che risponderà alle domande dei colleghi in un faccia a faccia sulle tematiche più attuali per la professione e le nuove sfide. Ad arricchire il tutto una ricca lotteria, la solidarietà di Telethon e le “Cuochine di Babbo Natale”.

Il costo di partecipazione per gli associati è di 60 euro e comprende il tesseramento per l’anno 2017, la cena, grembiule e gadget. Per gli ospiti il costo è di 40 euro. Sono a disposizione 350 posti. Per informazioni e prenotazioni 0363 326970 (Roberta).




Stella Michelin al ristorante “Casual” di Città Alta

L'executive chef del ristorante Casual Cristopher Carraro e il direttore Marco Locatelli
L’executive chef del ristorante Casual Cristopher Carraro e il direttore Marco Locatelli

Salgono di nuovo a nove i ristoranti stellati di Bergamo, scesi a otto lo scorso anno con l’uscita dalla Guida rossa del Vigneto di Grumello.

A Parma, alla presentazione dell’edizione 2017, è stata infatti annunciata l’assegnazione della stella al ristorante “Casual” di Città Alta, locale aperto nell’ex sede del Gourmet, che va quindi ad aggiungersi ai confermati Da Vittorio (3 stelle), Frosio di Almè, Antica Osteria dei Camelì di Ambivere, Il Saraceno di Cavernago, A’anteprima di Chiuduno, LoRo di Trescore Balneario, San Martino di Treviglio e Osteria della Brughiera di Villa d’Alme, tutti con una stella.

Casual, aperto nell’aprile scorso sotto la direzione di Enrico Bartolini, vanta in cucina il giovane e talentuoso Cristopher Carraro, classe ’88, che veste il ruolo di resident chef. Ad affiancarlo, Marco Locatelli, direttore di sala.

Bartolini ha incasso ben quattro stelle nell’edizione 2017, un caso unico nel panorama italiano. Dopo aver abbandonato il “Devero”, a Cavernago, lo chef toscano ha dato un’impronta ben riconoscibile all’ex Gourmet, firmando contestualmente l’apertura di altri due locali: all’interno del Mudec – Museo milanese delle culture (che ha conquistato le due stelle) – e a Castiglione della Pescaia (Grosseto), all’interno della Tenuta La Badiola, di proprietà della famiglia Moretti (Bellavista), una stella Michelin . Per il locale di Città Alta, in particolare, s’è tratto di un’autentica rivoluzione, a partire dal restyling fino alla proposta in linea col verbo gastronomico dello chef Bartolini.

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Nicoletta e la piadina, amore al primo morso

Nicoletta Mafessoni, al centro, con le collaboratrici
Nicoletta Mafessoni, al centro, con le collaboratrici

Impazza lo street food e la piadina ne è la rappresentante più conosciuta, senza dubbio quella più copiata, a volte anche male. Quando però è preparata con cura, lo si deve ammettere, è qualcosa di irresistibile. Il prodotto è tipico della Romagna, ma – a sorpresa – è la piadina lombarda ad avere maggiore successo. La più grande catena italiana di piadinerie è infatti bresciana, si chiama La Piadineria e conta 115 ristoranti dislocati dal Nord al Centro Italia e una prossima apertura a Nizza. Dal 1994, anno in cui è stata fondata, ha conosciuto un trend di crescita senza sosta. Nicoletta Mafessoni, 49 anni, bresciana, è franchisee di una piadineria a Bergamo in via Borgo Palazzo 100/G e di una a Iseo. Da cliente affezionata si è trasformata in una delle imprenditrici più convinte e propositive del gruppo. «Lavoravo come contabile, l’idea è nata per caso – racconta -. Andavo spesso a pranzo alla piadineria di Brescia con un’amica. A differenza di altre catene i prodotti erano di qualità e trovavo una grande attenzione verso i clienti. Un giorno ho saputo che cercavano imprenditori per nuovi locali. Ne ho parlato con la mia amica, che allora lavorava come meccanico nell’officina di riparazione di macchine agricole del padre e ci siamo lanciate». la-piadineria-piadina

Era il 2003. Nicoletta, giovane mamma di due bambini, aprì i due locali pressoché in contemporanea. Il tempo le ha dato ragione: oggi, dopo due brevi parentesi di gestioni diverse, guida le due piadinerie da sola, affiancata da sei collaboratori, ed è soddisfatta: «Non tornerei più a lavorare in ufficio, ma la mia esperienza in contabilità mi è stata utile: l’errore lo vedo prima che avvenga. La soddisfazione più grande – confessa – è quando i bambini vengono di loro spontanea volontà a dirmi “la tua piadina è buonissima!”». A Bergamo lo staff è composto da quattro ragazze, Nicoletta si divide tra le due sedi. «Rispecchiano il mio modo di essere – dice delle collaboratrici – e ho piena fiducia, gestiscono la piadineria come fosse loro». Il locale in orario di pranzo è molto frequentato, la clientela è fatta di studenti, impiegati e famiglie. Attraverso un barcode possono esprimere il proprio giudizio. La pasta viene fatta al momento e si può avere anche con farina integrale o di kamut. Le varianti sono un centinaio ma con le diverse combinazioni possibili diventano molte di più e ogni giorno ci sono proposte speciali con gli ingredienti di stagione. Una delle piadine più richieste è al crudo, squacquerone e rucola. Nei progetti c’è l’apertura di un terzo locale. «Mi piacerebbe, vediamo – riflette -. Quando ho deciso di affiliarmi avrei preferito aprire in un centro commerciale ma in quegli anni non rientrava nelle strategie del gruppo. Da qualche anno invece sì e chissà…». Alla domanda su quanto sia difficile per una mamma fare l’imprenditrice risponde: «Gestire due locali e la famiglia è impegnativo ma non ne farei una questione di genere. Sono riuscita a creare un buon rapporto con il co-fondatore del gruppo Antonio Milani e con i miei collaboratori».

 

 

 

 

 

 




Il ritorno di Ezio Gritti. Dal 26 novembre apre il ristorante sul Sentierone

1-foto_quarantaEzio Gritti torna con un proprio ristorante nel cuore di Bergamo. Il 26 novembre prossimo apre infatti, in pieno centro, il ristorante Ezio Gritti. Torna a Bergamo – nella sua Bergamo – e lo fa rientrando dalla porta principale e mettendoci la firma. Lo fa con un ristorante che porta il suo nome e non lascia adito a dubbi su quanto questo luogo rappresenterà sé stesso e il suo amore per la cucina. Un ristorante che racconterà della storica esperienza di Gritti a l’Osteria di Via Solata  – ristorante stellato di Città Alta; racconterà della fortunata parentesi internazionale in quel di Bali; racconterà della sua Bergamo e del suo amato Territorio. E lo farà nel modo più diretto possibile: attraverso i suoi piatti. Piatti che rappresenteranno anche l’Ezio Gritti di adesso poiché – come in ogni forma d’arte e di cultura – tradizione e innovazione possono dare il meglio, solo se fortemente connesse.

Il ristorante, sul Sentierone, nell’ex sede del Ciao, si presenta come novità assoluta nella ristorazione attuale cittadina. Un ritorno che gli appassionati gourmet attendevano da tanto – da quando quel 30 dicembre 2013, Ezio lasciò la gestione e i fuochi de l’Osteria di Via Solata, per spostarsi al Solata Restaurant di Bali in Indonesia. Un trasferimento che, nel nome stesso del nuovo ristorante, rimarcava il ricordo ed evidentemente la nostalgia dello Chef per quel luogo e per la sua Bergamo. Un ricordo che lo riporta alla sua terra e alla sua città: «Era da un po’ che ero stato colto da questa nostalgia fanciullesca. Mi mancava Bergamo, mi mancavano i suoi profumi, i suoi sapori… le sue montagne.  E sapevo perfettamente che sarei tornato! Lo sapevo sin dal momento in cui sono partito per Bali. Quando ho scelto di rientrare, non volevo semplicemente tornare in Italia. Volevo riportare il mio nome a Bergamo – la mia città».
Una scelta ragionata quella di Gritti che ha un progetto ben chiaro in testa: «La mia sarà una proposta differente per la città di Bergamo. Una proposta gourmet e di assoluta eccellenza – che mai tradisca la mia filosofia – ma che al contempo si apra alla gente, con un’idea più fruibile e informale, libera dagli eccessi e concentrata su qualità e perfezione – così da inserirsi perfettamente nella situazione storica ed economica che rappresenta il nostro presente».

Molti piatti di Ezio saranno ispirati dal territorio, senza comunque dimenticare la storia e l’esperienza che lo hanno forgiato. L’elemento comune sarà sempre e comunque la semplicità, con l’obiettivo di presentare pietanze che parlino con chiarezza e raccontino una storia vera. Fine sommelier ed esperto di vini, Ezio Gritti promette anche una Cantina che non farà rimpiangere la storica proposta de l’Osteria di Via Solata: etichette italiane, d’Oltralpe e ovviamente anche qui, tanto, tanto Territorio. Lo Staff, giovane e bergamasco DOC, vedrà otto persone muoversi tra i fuochi e cinque in Sala.

RISTORANTE EZIO GRITTI
Piazza Vittorio Veneto, 15
24122  – Bergamo
T. +39.035246647
info@ristoranteeziogritti.com
www.ristoranteeziogritti.com

 

 




Grumello, da venerdì a domenica torna la magia del cioccolato

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Lo scorso anno circa 10mila visitatori si sono fatti conquistare da un mondo fatto di cioccolato, magia e giochi. Quest’anno Chocolab fa il bis e torna al palafeste di Grumello del Monte (via Kennedy, 70) da venerdì 11 a domenica 13 novembre. La manifestazione, a ingresso gratuito, propone degustazioni di diversi tipi di cioccolato, spazi per bambini ed intrattenimenti, giocolieri, spettacoli e persino dimostrazioni di massaggi al cioccolato. L’obiettivo è coinvolgere tutte le fasce d’età con proposte a tema, dai laboratori interattivi per i più piccoli alle iniziative per ragazzi, agli abbinamenti, per gli adulti,  di birra e passito. Insomma un week end interamente dedicato al cioccolato, da assaggiare e acquistare in tutte le sue forme.
L’evento quest’anno si aprirà con una grande festa il venerdì dalle 19 alle 22. Durante tutto il week end sarà possibile pranzare e cenare all’interno della manifestazione. Sabato e domenica l’apertura è dalle 10 alle 22. L’appuntamento è organizzato da 3Mendi che, sempre a Grumello ma in piazza Camozzi, propone anche, il 19 e 20 novembe, la prima edizione di “Sapori d’autunno” dedicato ai prodotti enogastronomici più tipici della stagione.

info@3mendi.it

 

 




Rivera: «Vi svelo i due piatti che porto nel cuore»

Gianni Rivera, a capotavola, con mamma Edera, papà Teresio e il fratellino Mauro - foto MarconiProduction
Gianni Rivera, a capotavola, con mamma Edera, papà Teresio e il fratellino Mauro – foto ©MarconiProduction

Quelle paste e minestre dal sapore antico ma soprattutto gli agnolotti della festa, quelli preparati da mamma Edera fin dal sabato sera, che non ha più dimenticato e che sono diventati nel tempo una sorta di ever-green, un “santo graal” gastronomico che lo ha accompagnato ovunque. Il rapporto tra Gianni Rivera e il cibo è sempre stato semplice e schietto: per il sommo protagonista della partita del secolo Italia-Germania 4-3 e capitano del Milan euromondiale, la tavola ha voluto sempre dire cibo genuino e calore conviviale.

È attorno a una tavola imbandita, oltreché sul rettangolo da gioco, che sono nati rapporti formidabili come quello col paròn Nereo Rocco, o dispute feroci, all’insegna di arbitraggi scandalosi e congiure pallonare. Un tour del palato che parte fatalmente dalla sua patria alessandrina, per poi aprirsi alla lunga esperienza milanese e infine approdare nella Capitale, da uomo della politica. Cucine diverse, aromi, gusti e ingredienti spesso agli antipodi, che però il primo Pallone d’Oro italiano ha saputo armonizzare nel tempo.

«Non sono mai stato un gran goloso e giocando al calcio non avrei neppure potuto permetterlo, ma il gusto per la buona tavola l’ho sempre avuto, anche per quella carica di umanità e convivialità che porta con sé».

Per Gianni quest’ultimo anno è stato un’autentica maratona: ha scritto con l’aiuto della moglie Laura la sua autobiografia (530 pagine ricche di ricordi di ieri e di oggi: per info il sito è www.giannirivera.it), presentandola in decine di piazze italiane e raccogliendo ovunque un’accoglienza calorosissima.

Gianni Rivera - foto ©MarconiProduction
Gianni Rivera – foto ©MarconiProduction

Sono passati quasi 40 anni dalla sua ultima partita (che coincise, nel 1979, con la conquista della Stella del decimo scudetto per il Milan) eppure in fatto di popolarità sembra non abbia mai smesso di giocare, al punto che l’ex Golden Boy partirà a breve per una tournée all’estero (prime tappe Canada e Usa) per continuare la presentazione. «La cosa bella è che ai nostri incontri ci trovo anche un sacco di giovani che non mi hanno mai visto giocare. Oggi però, con la tv o sul web, è facile andare a rivedere le partite del passato». Tra gli incontri più calorosi quello in Puglia con Al Bano: «Siamo amici da lunga data – spiega Rivera -, lui sì che è riuscito a conciliare al meglio la canzone con un’agricoltura che non ha mai abbandonato. E oltre a gustare le delizie del Salento, ho degustato i suoi vini: superbi».

Pensare che quella verso il vino per Rivera è una vocazione relativamente tardiva. «Da ragazzo ero completamente astemio, poi cominciai ad assaggiare il vino a Orvieto, durante l’anno di militare. Non l’ho più abbandonato, anche perché dopo pochi anni al Milan incontrai Nereo Rocco come allenatore e con lui non potevi non accompagnare un buon piatto con un vino generoso».

Da buon piemontese Gianni ama i rossi: «Tra i miei tanti incontri ho avuto la fortuna di conoscere il re dei vignaioli piemontesi Giacomo “Braida” Bologna e con lui gli assaggi sono diventati ancor più raffinati grazie alle fantastiche Barbera come la Monella o il Bricco dell’Uccellone della sua cantina. Ma anche il Grignolino non lo dimentico. Anche mister Liedholm, già verso la fine della sua carriera da allenatore, si mise a produrre vino molto buono e proprio sulle mie colline alessandrine, a Cuccaro Monferrato. Negli spogliatoi poi arrivavano spesso champagne e spumante per festeggiare le nostre vittorie sportive». E a proposito di bollicine, altro amico storico di Gianni è quel Maurizio Zanella, patron di Ca’ del Bosco, con cui tante volte si è ritrovato a brindare in Franciacorta.

Da calciatore comunque, fin dai tempi in cui giovanissimo militava nelle file dei grigi dell’Alessandria (esordio in A a 15 anni e 9 mesi contro l’Inter: un segno del destino) per poi passare al Milan neppure maggiorenne, il cibo del prepartita era un po’ diverso da quello preparato da chef e dietologi delle società calcistiche di oggi: «Negli anni Sessanta non si guardava certo la dieta: poche ore prima di un match capitava anche di mangiare piatti pesanti come un risotto alla parmigiana o delle bistecche gigantesche, ma vi garantisco che noi giovani di allora digerivamo anche le pietre».

C’era anche il pesce di rigore a quei tempi: «Sempre di venerdì, anche per un precetto di tradizione religiosa, soprattutto il merluzzo. Poi durante la settimana a casa, riso o pasta e qualche volta la carne, mentre la domenica arrivava appunto il piatto forte, gli agnolotti. Fin dal sabato, mia mamma preparava con cura il ripieno con lo stufato: quando arrivavano in tavola era veramente una festa».

Spostandosi a Milano, Gianni frequenta anche i ristoranti della borghesia meneghina, ma poi finisce spesso all’Assassino di Ottavio Gori, toscano di Fucecchio come Indro Montanelli, il buen ritiro di patron Rocco, dove spesso si ritrova a tirar tardi la notte una comitiva di grande spessore intellettuale in cui spiccano anche Gianni Brera, lo stilista Ottavio Missoni e Gino Veronelli. La vita di atleta non permette al Golden Boy di fare le ore piccole, ma nelle sere di svago spesso ci fa capolino anche lui: «Era affascinante sentir parlare Veronelli di cibo e di vino – ricorda l’ex bandiera del Milan -, penso a cosa direbbe oggi della moda dilagante degli hamburger e patatine fritte: sarebbe inorridito».

Diventato anche politico e anche uomo di governo negli anni scorsi, Gianni è ora tornato alle sue radici calcistiche (è presidente del Settore Tecnico di Coverciano) e ha scelto Roma come sua città di adozione, eppure, parlando di cucina, il piatto che accomuna di più tutta la sua famiglia, la moglie Laura e i suoi due figli, «resta il risotto alla milanese con l’ossobuco: praticamente un piatto unico universale che ho imparato ad apprezzare a Milano, ma che trovo facilmente anche a Roma e che ci cuciniamo anche a casa secondo la ricetta tradizionale. Con gli agnolotti sono i due piatti, dell’infanzia e della maturità, a cui rinuncio più a fatica».

Oggi però l’ex campione è molto attento all’alimentazione: «Il cibo non mi ha mai fatto ingrassare: forse mi ha salvato il fatto che, a differenza della stragrande parte degli italiani, io non sono per niente goloso di dolci. Oggi cerco di mangiare cibi senza glutine, evitando zuccheri in eccesso. Ho anche riscoperto la verdura in tutte le sue sfaccettature, cruda o cotta, non manca mai nella mia dieta quotidiana: forse dai giovani è troppo sottovalutata, eppure, oltre a far bene, può anche essere molto gustosa se cucinata in maniera creativa».