Zogno e le castagne, un mese di iniziative con “Sapori e Cultura”

Si apre venerdì 4 novembre l’ottava edizione di Sapori e Cultura, l’iniziativa gastronomico-culturale che sino alla fine del mese fa scoprire il patrimonio museale e paesaggistico di Zogno, i suoi prodotti tipici e la tradizione enogastronomica locale, con un filo conduttore: la castagna. In programma incontri sulla storia, l’alimentazione, la natura in autunno, iniziative per i bambini, escursioni, concorsi, menù a tema e vere e proprie feste di piazza.

La presentazione è fissata alle 20.30 al Museo della Valle di Zogno con la presenza dello speaker radiofonico Teo Mangione.

IL PROGRAMMA

Sabato 5
ore 15 – BIBLIOTECA

Storie tra castagne e profumi d’autunno, rivisitazione per bambini della leggenda dei billigòcc

Domenica 6
ore 14 – PIAZZA MARTINA

Visita guidata a una selva di castagni, caldarroste e intrattenimento in selva

Venerdì 11
ore 20.30 – MUSEO DELLA VALLE

Serata culturale “La natura brembana nell’obbiettivo di Baldovino Midali”

Domenica 13
dalle ore 10 alle 18  – CASTEGNONE

Festa dei biligòcc nella contrada di Castegnone a Poscante. Bus navetta gratuito dal campo sportivo di Poscante

ore 14 – PIAZZA MARTINA

Alla scoperta della via delle castagne. Camminata con accompagnatrice di media montagna fino ai secadur di Castegnone

Venerdì 18
ore 20.30 – MUSEO DELLA VALLE

Serata culturale “Anche una castagna al giorno toglie il medico di torno?” con il biologo nutrizionista Paolo Paganelli

Domenica 20
ore 14.30 – PIAZZA MARTINA

Mini corso di cucina per la preparazione di confetture e creme alle castagne

Domenica 27
ore 10-18 – VIALE MARTIRI DELLA LIBERTÀ

CastagnAMO, mercatino e degustazione di prodotti locali. Caldarroste e vinbrulé, premiazioni concorsi, gonfiabili per bambini

Alla rassegna sono legati anche due concorsi per appassionati: uno fotografico sul tema cibi e cultura del territorio e uno di torte alle castagne 

E per chi vuole sedersi comodamente a tavola e assaggiare le proposte della ristorazione, fino al 30 novembre, in 12 locali è disponibile un menù a tema sulla castagna al prezzo fisso di 25 euro, comprese bevande e coperto. Chi sceglie lo speciale menù, potrà inoltre visitare a prezzo scontato (1,60 euro) il bel Museo della Valle.

I ristoranti che partecipano sono: Baita dei Saperi e dei Sapori, Antica trattoria Breve respiro, Casa Baggins, Casa Martina, Da Gianni, Da Tranquillo, Royal Wine ristorante bar, Trattoria del Maglio, La Staletta, Millenium pizzeria, Numero due e La Torre.

Per tutti i dettagli: www.saporiecultura.org




Cuochi, il Trofeo Baroni va a Clusane

Da sinistra: Luca Piccinelli, Nadia Mazzoleni e Stefano Ghisleni
Da sinistra: Luca Piccinelli, Nadia Mazzoleni e Stefano Ghisleni

È andato sulla sponda bresciana del lago d’Iseo il sesto Trofeo Fiorenzo Baroni, il concorso di cucina calda individuale per professionisti organizzato dall’Associazione Cuochi Bergamaschi, con il patrocinio della Camera di Commercio di Bergamo, nel corso della Fiera Campionaria.

Ad imporsi nell’ormai tradizionale gara dedicata ad uno dei fondatori dell’Associazione bergamasca è stato Luca Piccinelli, del Romantic Hotel Relais Mirabella di Clusane d’Iseo, che ha vinto la prima prova con “Risotto mantecato allo strachitunt, crema di zucca e maggiorana, terrina al broccolo e Galletto, cotechino e Branzi” e la finale con “Riso al salto e ricotta, insalata di Galletto, salsa al Branzi e pasta di salame croccante”.

In sfida 12 cuochi di diversa età e provenienza, suddivisi in tre batterie eliminatorie da quattro concorrenti ciascuna. I primi classificati di ogni batteria più un concorrente ripescato in base al punteggio hanno gareggiato poi per la finale. Ogni batteria aveva a disposizione un “paniere misterioso” assegnato ad estrazione con i prodotti alimentari che i concorrenti dovevano utilizzare per creare il proprio piatto. Ingredienti comuni a tutti, ed obbligatori in ogni batteria, sono stati i Galletti Vallespluga, il riso Salera e una fetta di Branzi.

Ogni concorrente ha avuto a disposizione un’ora per pensare e realizzare il proprio piatto in sei mezze porzioni d’assaggio e un piatto finito da porzione intera per la valutazione della presentazione della ricetta.

Al secondo posto si è classificato Stefano Ghisleni, del ristorante Morlacchi di Bottanuco, che ha preparato per la finale “Raviolo ripieno di Galletto, riso, salsiccia e Branzi; gocce di basilico e spuma di ricotta”; al terzo Nadia Mazzoleni, del Ristorante dell’Hotel Settecento di Presezzo con “Risotto al Valcalepio con scaglia di Branzi, quenelle di ricotta e basilico e Galletto croccante”. Quarto finalista Mahedi El Omari, del ristorante Alfredo since 1964 di Milano, ma socio dell’Associazione Cuochi Bergamo, che come piatto finale ha proposto “Arancino di riso al Valcalepio con cuore di Branzi e pasta di salame e Galletto allo scalogno e vino rosso”.

Il vincitore si è aggiudicato il Trofeo Baroni 2016 ed un premio di 500 euro. Trecento euro sono andati al secondo e 100 alla terza classificata. Tutti i partecipanti hanno ricevuto l’attestato di partecipazione, uno strumento di cottura Pentole Agnelli e il box prodotti Azienda Agricola Salera

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In giuria: Carlo Cranchi, presidente dell’Unione Cuochi Regione Lombardia Fic; Francesco Gotti, chef del Bobadilla di Dalmine e allenatore del team junior della Nazionale Italiana Cuochi; Sergio Mauri, chef patron stellato, vicepresidente dell’Associazione Cuochi Como; Claudio Prandi, chef stellato del Lario e vicepresidente dell’Associazione Cuochi Lecco ed Ezio Gritti, già stellato bergamasco, rientrato da Bali e pronto per una nuova iniziativa in città, e Paolo Forgia, segretario regionale dell’Unione cuochi del Veneto.

Ad essere valutati gusto, estetica, corretta lavorazione e postazione di lavoro, scarti di lavorazione e innovazione.




Monasterolo, è tempo di bollito misto

bollito_mistoDall’11 al 13 novembre, nella tensostruttura riscaldata del campo sportivo di Monasterolo del Castello, in riva al Lago d’Endine, si terrà la Terza Sagra del Bollito. Tre giorni, con il via alle 19, in cui il famoso piatto della tradizione contadina tornerà protagonista, grazie a tagli di manzo, salame, lingua e gallina accompagnati da stuzzicanti salse. Le proposte culinarie della Sagra continuano con la Trippa e prelibatezze autunnali. Le serate di venerdi e sabato saranno accompagnate da gruppi rock e folk, mentre la domenica mattina la Fiera Agricola e la Mostra del Bestiame organizzeranno attività e spettacoli per bimbi e non. La cucina aprirà per pranzo fino alle 17.
Da 16 anni L’Associazione Porchet Fest, organizzatrice della Sagra del Bollito Misto e della PorchetFest, promuove eventi con l’unico obiettivo di donare il ricavato in beneficenza. Per informazioni e prenotazioni chiamare 340-0701780.




La castagna del bastian contrario

A dar retta all’impareggiabile Teofilo Folengo, quelli che nel XVI secolo la montagna di Clusone spediva in mezzo mondo erano uomini “bassi, grassi e grossi di sedere”.

Una così poco altera complessione, a giudizio del poeta, era da attribuirsi alla dieta quasi monofagica dei valligiani: panizza – la polentina di panìco che godette di universale diffusione sino all’introduzione del mais – e, soprattutto, castagne a volontà. Oltre che per le generose proporzioni, il posteriore dei nostri montanari doveva con certezza distinguersi, per dirla con Curzio Malaparte, in virtù di una non comune loquacità.

Secondo la medicina prescientifica il frutto del castagno, tra le molteplici pecche dietetiche di cui era tacciato, annoverava difatti quella di indurre una tutt’altro che commendevole ventosità intestinale. Come se non bastasse, all’ingiustamente vituperata derrata erano attribuite, al pari che alla rapa ed ai legumi più umili, deprecabili proprietà afrodisiache, che si riteneva acuissero la proverbiale lascivia degli zotici. Più recenti ed attendibili studi hanno acclarato come il regime forzatamente vegetariano di cui scriveva il Merlin Cocai fosse piuttosto all’origine di quel gozzo che per secoli ha marchiato la caricaturale iconografia del bergamasco.

In spregio all’avversione di clinici e naturalisti, la preminenza della castagna nel sistema alimentare dei nostri antenati si è storicamente affermata su basi affatto trasversali, oltrepassando i confini topografici dei distretti montani ed il limitare sociale delle classi meno abbienti. È ad esempio assodato che nel corso dell’alto medioevo la diffusione di quello che era chiamato l’albero del pane si spinse sino al cuore della pianura padana, dato che estese aree a castagneto erano censite nei pressi di centri come Spirano, Cologno al Serio e Capriate d’Adda.

Alla fine del XIII secolo Bonvesin de la Riva certificava altresì come la cibaria avesse acquisito il rango di genere di prima necessità anche negli agglomerati urbani lombardi, giacché se ne approvvigionava in gran copia la stessa Milano. L’iperbolico magister di Porta Ticinese distingueva al più tra la varietà di minor pregio definita “popolare”, relegata ad un ruolo intermedio tra la nutrizione animale e quella umana, ed i più aristocratici marroni riservati ai palati dei ceti altolocati.

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La bollitura dei biligòcc

Proprio perché prevalentemente legate alle consuetudini degli strati sociali più umili, le tecniche di trasformazione agroalimentare della castagna e le modalità del suo utilizzo in cucina serbano tratti singolarmente arcaicizzanti. Valga il caso dei biligòcc, il cui procedimento di elaborazione è a tutt’oggi identico a quello descritto nel IV secolo dall’agronomo latino Rutilio Palladio. Nelle Prealpi lombarde ed in Valtellina si prepara inoltre una minestra di castagne e riso denominata mach, il cui vincolo di discendenza dal celebre maccus dell’antica Roma – una passatina di fave ancor ai nostri giorni in voga nel mezzogiorno – non necessita certo di delucidazioni. Colpisce semmai che in Valgerola, sul versante settentrionale delle Orobie, la vivanda venga accomodata con l’utilizzo del panìco in luogo del riso, riproponendo così in un’unica portata l’accoppiata di derrate montane richiamata nel Baldus di Folengo.

Se nelle vallate alpine la cucina della castagna riserva il sorprendente incontro con alcuni pronipoti della gastronomia latina, nel Sannio – storica propaggine longobarda nell’Appennino Campano – conduce invece al non meno stupefacente rinvenimento di un lontano cugino dei ravioli di casa nostra. Si tratta del caozoncello, un tortello dolce ripieno della polpa lessata dell’achenio, la cui preparazione è finalizzata in frittura. Per quanto arduo sia ricostruire la filiera delle relazioni di apparentamento, è sbalorditivo che ad una sessantina di chilometri dal Vesuvio sopravviva un’enclave presso la quale imperturbabilmente si consumano gli alter ego meridionali di casoncelli e cassoeula – localmente denominata abbullit d’porc.

Questa rassegna di bizzarrie si chiude con i dettagli di una delle antiche e suppergiù goliardiche tenzoni tra miserabili di cui è zeppa la storia. Soprattutto nelle lande a sud del Po, mazzamarroni era l’epiteto con il quale venivano dileggiati i montanari, che controbattevano apostrofando come mangiarape gli zotici dimoranti a quote più basse. E d’altronde già nel I secolo d.c. Plinio il Vecchio sottolineava come l’elettiva dimora della rapa fosse tra le brume delle piane alluvionali. È bene tuttavia precisare che dalle nostre parti il discrimine tra mangiamarroni e cagarape sarebbe risultato del tutto incomprensibile. Non solo per parecchi secoli si sono colte castagne sin sulle sponde del Fosso Bergamasco, ma le migliori rape del circondario sono da tempo immemore quelle coltivate sui declivi di Orezzo e di Bossico. Castagne in pianura e rape in montagna: come disconoscere che Bergamo sia patria dei più irriducibili tra i bastian contrari?




Street food e cene a tema con i piatti dei pastori

agnello-cacio-e-ovo (piatto tipico abruzzese)
Agnello cacio e ovo, un secondo piatto tipico abruzzese

Si apre questo fine settimana la terza edizione del Festival del pastoralismo, manifestazione che porta in città il mondo della montagna e che ha tra i momenti clou la transumanza (sabato 29 ottobre) di un gregge di pecore bergamasche in Città alta fino ad Astino (dove si darà dimostrazione della tosatura e della preparazione estemporanea all’aperto della carne “castradina”, accompagnata da formaggi e adeguata bevanda) e l’esposizione delle “capre biodiverse” alla Fara (domenica 30).

Sino a fine novembre, poi, ci sono poi laboratori, film, incontri e una mostra. Ma non mancano nemmeno eventi gastronomici, che si aprono anche ad altre regioni – Abruzzo, Sicilia e Liguria per la precisione – nella prospettiva di realizzare un evento riferimento sul tema del pastoralismo anche oltre i confini bergamaschi e lombardi.

Domenica 30 ottobre in piazza Mascheroni, sul far del mezzogiorno, inizierà lo Street food con gli amici teramani. Il programma culinario prevede la capra alla neretese (con i peperoni), polenta con sugo di capra e una speciale zuppa di legumi della tradizione della Val Vibrata (all’estremo nord dell’Abruzzo). Alle ore 16.30 la delegazione abruzzese intratterrà al ristorante da Mimmo gli interessati alla storia, cultura, tradizioni enogastronomiche della val Vibrata e del teramano davanti a un calice di Montepulciano superiore e a formaggi pecorini (in collaborazione con Cucine in festa di Zanica; Pro Loco Nereto negli Abruzzi; Associazione Comunità delle botteghe di città alta).

In collaborazione con il Centro studi valle Imagna sono state organizzate anche tre cene a tema alla Bibliosteria Cà Berizzi (via Regorda, Corna Imagna) valorizzando la presenza di ospiti delle regioni. Le cene saranno precedute e inframmezzate da conversari.

Sabato 29 ottobre

Sapori d’Abruzzo.La cucina teramana con capra alla neretese con peperoni, agnello cacio e ovo, zuppa di legumi. La serata vedrà la presenza di Lorenzo Ferretti (chef), Antino Amore (giornalista Rai), Francesco Galiffa (scrittore e storico).

Venerdì 4 novembre

La Vastedda… e gli altri formaggi della pecora del Belice accompagnati dalla cucina di mare del trapanese. Incontro con i coniugi Cangemi di Partanna (allevatori e casari). Con dimostrazione di lavorazione della particolarissima Vastedda (un cacio ovino a pasta filata).

Venerdì 11 novembre

La cultura e la cucina contadina della montagna genovese. Con Massimo Angelini, ruralista, scrittore, editore

Info e prenotazioni 366 546.2000 – info@caberizzi.it

Il programma del Festival




Le scivolate dei clienti tra “Tachipirinha” e whisky “Johnnie Wayne”

Guardare programmi di cucina in tv, condividere foto di piatti e giudizi on line ci ha reso fini intenditori? Sembrerebbe di no. Almeno a giudicare dagli strafalcioni, dagli errori e dalle cadute di stile dei clienti nei quali continuano a imbattersi chef, ristoratori e barman nel loro lavoro quotidiano. Peccato che non ci sia un Tripadvisor al contrario, un sito dove è chi sta dall’altro lato del menù a mettere a nudo chi frequenta i locali, altrimenti se ne sentirebbero delle belle. Ci abbiamo provato noi a mettere insieme una scherzosa “rivincita” raccogliendo gaffe, ingenuità e mancanze dei consumatori.

Come quella signora in un locale bergamasco che di fronte alla proposta di una spigola all’amo ha dichiarato con perentoria fermezza di non gradirla, ma di preferire del branzino (è lo stesso pesce, indicato con due diversi termini regionali). O la “collega” ben più raffinata che ha ordinato delle “cap santé”, inutile pronuncia francese per un antipasto di “capesante”.

cameriere-cliente-ristorante-menu-ritD’accordo, si dirà, il pesce è storia recente per i palati orobici. Ma nemmeno con la carne va meglio e così, come riferisce Diego Pavesi chef del ristorante Della Torre di Trescore Balneario, c’è chi chiede un filetto ben cotto lamentandosi poi perché è asciutto e chi non ha gradito il carpaccio «perché era crudo» (!). C’è anche poca dimestichezza con le regole della ristorazione. «Capita che per la pausa pranzo – evidenzia Pavesi – ci siano persone che ordinano alla carta, magari ognuna un piatto diverso, per poi rendersi conto di non avere abbastanza tempo per la cucina espressa». E che dire di coloro che si ritengono dei gourmet fatti e finiti? Quelli che amano provare i locali e fare classifiche? «Aderiamo al circuito trentacinqueuro.it – racconta lo chef – e talvolta, passando tra i tavoli, capita di sentire paragonare la proposta con quella del locale dove “con 20 euro ne mangi di pesce”, che la dice tutta sulla capacità di valutare la differenza di qualità delle materie prime, della preparazione e del servizio», riflette un po’ amaramente.

Che poi è anche una questione di tatto, o no, cari clienti. «Un classico – annota il patron dell’Arlecchino a Bergamo, Franco Previtali – è la telefonata per sapere se c’è posto in giornate particolari, come Ferragosto. Alla risposta che è tutto completo il commento è “ah, anche voi!”», che svela la scelta di ripiego. E poi ci sono quelli che hanno bisogno di conferme: «Pronto, è la Pizzeria Arlecchino? Fate la pizza?», è l’aneddoto preferito della figlia Francesca.

I non professionisti diventano comunque più attenti e diligenti quando si mettono alla prova in cucina. All’Accademia del Gusto di Osio Sotto ricordano ancora la signora che pulendo i porri gettava la parte bianca, anziché le foglie, e lo chef Pavesi di una persona fortemente allergica all’aglio che probabilmente aveva scelto il corso meno adatto, quello sul pesce. Ma i casi non sono così numerosi. «Anche nei corsi di pasticceria – racconta il docente Diego Mei – grandi svarioni non ce ne sono. Forse perché l’atteggiamento prevalente è quello di chi vuole imparare». Eppure un po’ l’ha spiazzato la signora che ha rifatto a casa la crema mostrata a lezione confessando che però era venuta più morbida. «Ho usato esattamente gli stessi ingredienti», ci ha tenuto a precisare. «Ma li ha pesati?». «No!», la risposta che demolisce la base stessa della pasticceria, che vuole ogni elemento esattamente bilanciato. «L’errore più frequente – evidenzia il pasticciere – è voler fare le dosi a occhio o pensare di poter sostituire un ingrediente con un altro senza compromettere il risultato, come la corsista che voleva fare una frolla con solo burro di cacao». «Un altro “peccato” – aggiunge – è badare più all’estetica che al gusto, come riuscire a fare dei macaron dal guscio liscio e ben sviluppato, ma cadere sul ripieno, che invece è la parte più importante di questo dolce». Poi è vero che ogni corso offre una galleria di tipi umani che meriterebbero un capitolo a parte. «Si va dall’impedito a quello che sa già tutto – sintetizza Mei -, ma ponendosi senza saccenteria e presentando gli argomenti in maniera semplice si riesce, alla fine, a far sentire tutti a proprio agio».

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Il campionario più vasto di stramberie e incidenti da ordinazione ce l’hanno probabilmente i baristi. Vuoi perché si è più di fretta o sovrappensiero o perché non sempre c’è il supporto della lista e si va a orecchio. Come chi chiede il whisky “Johnnie Wayne” (storpiatura con riflessi cinematografici del marchio Johnnie Walker), la birra doppio smalto o un succhiotto (lapsus?) di frutta fresca. Tutti casi raccolti da Gabriele Aresi, titolare del 30 & Lode Cafè di via Dei Caniana a Bergamo che ha anche gestito l’estivo al parco della Trucca.

Pure la caffetteria, con le sue innumerevoli varianti, è fonte di sorrisi («un caffè con latte macchiato»), richieste al limite dell’assurdo («un caffè liscio, ben caldo, in tazza ghiacciata») e situazioni spiazzanti. «Ad un signore che aveva ordinato un cappuccino – svela Aresi –, la cameriera aveva chiesto “cacao o cannella?”, mandandolo nel panico. “Perché, quello normale è finito?” la preoccupata reazione del cliente». «Come ci si comporta in questi casi? Si fa finta di nulla – dice il barman – per non rischiare di offendere, ma poi si condivide l’episodio con i colleghi e ci si scherza su».

Un’altra categoria è quella dei super esperti che proprio tali non sono. «Chi ordina un gin tonic raccomandandosi di preparalo con l’Havana 3 (che però è un rum ndr.) o chi è convinto di avere la ricetta perfetta per il Negroni. Non credo che i programmi tv abbiano reso più preparati i clienti – riflette Aresi -, anzi, probabilmente li hanno illusi di poter esprimere giudizi in libertà e di criticare».

Anche il barman e formatore Gianfranco Di Niso si è dovuto destreggiare tra nomi improbabili e richieste strampalate. «Molto frequente è sentirsi ordinare una Tachipirinha anziché una Caipirinha – afferma -, in altri casi è persino difficile capire cosa il cliente voglia e gli si fa qualche domanda per essere più sicuri». “Quel cocktail inventato a Mosca”, ad esempio, è una parafrasi diffusa, pur se inesatta, per il Moscow Mule. «L’incidente diplomatico l’ho rischiato di fronte ad una signora napoletana – confessa – che mi ha chiesto una “premuta di arancia”. Lì ho fatto davvero fatica a trattenermi dal ridere, ma è stato difficile convincere anche quell’altra signora che voleva a tutti i costi lo spritz alla spina». Neppure tra gli aspiranti professionisti mancano gli svarioni. «Inevitabilmente, durante i corsi, il pisco, brandy sudamericano, diventa “psico”», dice Di Niso, che, per riportare un po’ di equilibrio nel match tra avventori e baristi ricorda anche la scivolata di un collega. «Alla richiesta di una Pina Colada, ha passato in rassegna con attenzione tutte le bottiglie per poi uscirsene con un “Mi dispice, è finita!”».




I re della pizza sfornano a Milano

Oggi la pizza è un piatto che può essere paragonato alle delizie dei ristoranti più famosi, non poteva quindi mancare una kermesse tutta dedicata al mondo della pizza d’autore.

denis-lovatel-pizzaioloSi chiama ChePizza!, è organizzata da Italian Gourmet ed è in programma dal 28 al 30 ottobre al Superstudio Più di via Tortona 27 a Milano, nel district design. Su oltre 3.000 mq di superficie la manifestazione chiama a raccolta, per la prima volta, i migliori pizzaioli da Nord e Sud della Penisola, che prepareranno le loro specialità in diretta e le venderanno al pubblico. Dalla pizza fritta di Gino Sorbillo (dell’omonimo storico locale napoletano) alla pizza nel padellino di Gianni Dodaj (del Fantasy di San Donà di Piave) passando attraverso le creazioni del Campione del Mondo Pasquale Moro sino al doppio crunch vegano di Renato Bosco (Saporé di Verona) e poi ancora le proposte di Simone Padoan, Roberto Ghisolfi, Massimo Giovannini, Denis Lovatel, Simone Lombardi, Eduardo Ore, Teodoro Chiancone, Romualdo Rizzuti, Valerio Torre, Massimo Gatti, Antonino Esposito, Ciro Oliva e Antonio Pappalardo.

È un’occasione per degustare le più creative e golose pizze d’Italia, ma anche per imparare a farle, conoscere i segreti degli impasti, i dettagli delle cotture, saperne di più sulle proprietà nutrizionali. La manifestazione è infatti articolata in cinque aree tematiche, che permettono di approfondire diversi aspetti del mitico piatto: “Acqua e farina”, dedicato agli impasti e alle qualità nutrizionali delle diverse miscele; “Bianco & rosso”, gli ingredenti di qualità del made in Italy; “Il Lievito madre”, con le dritte per produre, conservare e alimentare la pasta madre viva; “Rossocult”, l’area culturale dedicata gli incontri sulla storia del piatto, sul ruolo che ha nella cucina contemporanea, sugli sviluppi futuri, ma anche ai dibattiti dedicati alla pizza nel cinema con frame e spezzoni di alcune delle apparizioni più famose sul grande schermo; “Chef”, con le dimostrazioni e gli incontri con i maestri pizzaoli. L’ingresso per un giorno costa 6 euro. Le pizze possono essere acquistate tramite i “pomodorini”, talloncini che vengono distribuiti al costo di 5 euro l’uno.

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Per il Gambero Rosso “Al Carroponte” è il miglior bistrot d’Italia

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Oscar Mazzoleni

Al Carroponte di Bergamo, l’eno-bistrot di via De Amicis, a Bergamo, realtà giovane ma ormai consolidata nel panorama della ristorazione orobica, è stato insignito del premio speciale come “Migliore Bistrot dell’Anno” sull’intero territorio nazionale. Il riconoscimento è arrivato dal Gambero Rosso, nell’ambito della presentazione della guida Ristoranti d’Italia 2017 avvenuta a Roma nei giorni scorsi. La professionalità e la determinazione del patron, Oscar Mazzoleni, come pure del suo staff, hanno portato a questo significativo riconoscimento a solo due anni dall’apertura, dimostrando come le proposte di spessore siano in grado di sfidare le leggi di un mercato sempre più difficile come quello della ristorazione. Mazzoleni, patron e anima del locale, ha sottolineato che la filosofia moderna del bistrò consiste nel “fondere tradizione e innovazione in modo armonico”. Una caratteristica, questa, che emerge in modo evidente varcando la soglia del locale: il carroponte da cui prende il nome e che sovrasta il bancone del wine bar è simbolo della continuità col passato, ma coabita in modo armonioso con la modernità degli spazi circostanti, in cui il legno si fonde col ferro e con l’alluminio. Per Mazzoleni la proposta del bistrò si traduce in “uno spazio dove poter gustare piatti e vini importanti in un’atmosfera confortevole, all’interno di un ambiente ricercato ma informale”, dove i dettagli sono curati nei minimi particolari ma appaiono all’ospite estremamente naturali. L’attribuzione del premio come Bistrot dell’Anno secondo la Guida Ristoranti d’Italia di Gambero Rosso è per Mazzoleni “un risultato grandissimo, a cui non avremmo mai osato pensare e che ci riempie di orgoglio e di entusiasmo per il futuro”. al-carroponte

Pochi giorni prima, Al Carroponte aveva ricevuto anche il premio Vite Colte de L’Espresso, attribuito alle migliori eno-tavole dell’anno presenti nella Guida I Ristoranti d’Italia 2017. “Essere una delle migliori eno-tavole dell’anno – sottolinea Mazzoleni – significa offrire non solo una cucina di qualità, attenta alle materie prime e ai dettagli senza eccessivi formalismi, ma anche poter scegliere la bottiglia o il calice da abbinare al piatto all’interno di una carta dei vini ricca di proposte importanti, che oggi si avvicinano al migliaio”.

 




Alla Campionaria arriva il festival della birra artigianale

La Fiera Campionaria di Bergamo apre le porte a uno dei fenomeni del beverage più vivaci degli ultimi tempi, quello delle birre artigianali. In Lombardia le aziende si sono triplicate negli ultimi cinque anni e Bergamo è tra le province più attive, tanto che anche l’happening più popolare del polo espositivo cittadino – in programma dal 28 ottobre al primo novembre per la 38esima edizione – ha scelto di dare spazio al settore.

FIERAmente BIRRA è una nuova area nel padiglione C dedicata a 14 microbirrifici artigianali, bergamaschi e non solo, che oltre a presentare i propri prodotti (per un totale di circa 70 etichette) allestiranno corsi e degustazioni. L’evento è promosso in collaborazione con La Compagnia del Luppolo, associazione con sede a San Giovanni Bianco che promuove il consumo intelligente di birre speciali e birre artigianali di alta qualità.

Il padiglione C, del resto, è da sempre il regno del gusto, con gli stand delle specialità regionali e il grande spazio di “Bergamo, Città dei Mille… Sapori”, il marchio della Camera di Commercio per la promozione e la valorizzazione dei prodotti agro-alimentari del territorio. Altra protagonista è l’area-laboratorio dell’Aspan, l’associazione dei panificatori bergamaschi, pronti a sfornare in diretta quintali di panini fragranti, pizzette e focaccine per il piacere del pubblico e per informare sulle iniziative della categoria. L’ingresso alla Campionaria è gratuito (3 euro il parcheggio).

www.campionaria-bergamo.it

I birrifici presenti 

  • Birrificio Adda (Brembate – Bg)
  • Birra Collesi (Pesaro)
  • Birra Muttnik (Milano)
  • Birrificio indipendente Elav (Comun Nuovo – Bg)
  • Birrificio Porta Bruciata (Rodengo Saiano – Bs)
  • Birrificio Valcavallina (Endine Gaiano – Bg)
  • Birrificio Via Priula (San Pellegrino Terme – Bg)
  • Brew Farmer (Collebeato – Bs)
  • Double Bear (Stezzano – Bg)
  • Birrificio Lemine (Almenno San Salvatore – Bg)
  • Tri Bagai (Assago – Mi)
  • La Curtense (Passirano – Bs)
  • Monangi brew pub (Dalmine – Bg)
  • Terre d’Acquaviva (Fontanelle di Atri – Te)

>>Le degustazioni, gli esperti e le iniziative




Incentivi per le imprese che partecipano alla fiera Il Bontà

il-bonta-immagini-slide-8Le imprese bergamasche che vogliono partecipare alla fiera Il Bontà – Salone delle eccellenze enogastronomiche artigianali e delle attrezzature professionali di Cremona possono avere un contributo fino a 700 euro da parte della Camera di Commercio di Bergamo. La fiera si terrà dall’11 al 14 novembre prossimi. Il contributo è a fondo perduto ed è previsto per il noleggio dell’area espositiva. Possono chiederlo le micro, piccole e medie imprese della città e della provincia.

Le domande di contributo firmate dal legale rappresentante devono essere presentate a mezzo Pec all’indirizzo cciaa.bergamo@bg.legalmail.camcom.it entro il 4 novembre.

L’iniziativa si colloca nell’ambito del progetto Lombardia Orientale Regione Europea della Gastronomia 2017, che vede coinvolti i territori di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova. È inoltre inserita nei programmi promozionali dell’ente camerale volti a favorire lo sviluppo del sistema economico locale.

Maggiori informazioni: www.bg.camcom.gov.it.