Alimentari Turani, quando dietro al banco vince la tradizione

Serena Turani
Serena Turani

Ci sono attività che portano con sé la storia di un paese e di intere generazioni di famiglie. Attività che non conta l’insegna, tanto si va da tizio o da caio e tutti sanno chi sono. Sono il baluardo di una tradizione che resiste alle sfide del tempo e risponde alle lusinghe dei centri commerciali a suon di sorrisi, confidenze e servizio.

L’alimentari-salumeria Turani, a Valbrembo, risponde alla perfezione a questo ritratto. È l’unica rimasta delle cinque botteghe storiche del paese. Si è tramandata per tre generazioni e ancora oggi si trova in via Roma, dove è nata settant’anni fa. La sua storia inizia nel 1920 quando Battista Turani e la moglie Celeste Magni aprono una piccola macelleria. Con gli anni arrivano i figli, che, una volta cresciuti, si uniscono ai genitori nella gestione dell’attività e nel 1957 danno vita alla società Fratelli Turani. Germano e Mina si occupano della salumeria-alimentari, Marino e Maria della macelleria e Claudio dell’allevamento di bovini e suini. Sono «anni di sacrifici e di lavoro in cui si faceva tanta fatica». Ma, in compenso, ci sono tanta passione e buona volontà, e quindi si va avanti.

foto storica salumeria Turani - ValbremboNel tempo l’attività di famiglia si divide. A Claudio e Marino va la gestione della macelleria, Germano rimane alla conduzione della salumeria, che fa anche da vendita di pane, frutta e verdura, insieme alla moglie Rosalia Battaglia. La coppia ha due figlie. La maggiore, Marina, si sposa e va a vivere in Germania, mentre Serena, a metà degli Anni 90, dopo aver terminato gli studi da analista contabile, decide di seguire la tradizione e di lavorare nell’attività di famiglia.

È lei, oggi, a raccontare questi settant’anni di lavoro e dedizione. «Ricordo la mia infanzia con mia sorella Marina, tra scaffali e bancone, seduta in vetrina a guardare i miei genitori servire pazientemente i clienti. Lavoravano sempre, anche la domenica. Un ciclo continuo. Allora tutti i prodotti erano rigorosamente sciolti, dalla pasta allo zucchero, al caffè, all’olio. Si pesavano su una bilancia e si facevano i calcoli a mano. Era un altro tipo di lavoro rispetto a quello che si pratica oggi».

Questi vent’anni in negozio insieme ai miei genitori – commenta ancora Serena – sono stati anni di confronti e di fatiche, ma anche di tanti momenti di gioia. Tra noi c’è sempre stato, oltre al naturale rapporto affettivo, anche un solido rapporto lavorativo. Loro sono stati i miei maestri, mi hanno insegnato i segreti per curare la longevità di una attività. Ammiro la semplicità, la generosità, l’onestà e la grande ironia di mio padre e la professionalità, il rispetto e la dedizione di mia madre». Quella di Serena è una dedica d’amore e di ringraziamento soprattutto al papà per quello che ha fatto per la famiglia e il paese.

Rosalia e Germano Turani
Rosalia e Germano Turani

Oggi la guida della bottega è passata a lei. Germano fa da coadiuvante ma Serena ammette che «è ancora l’anima del negozio e va benissimo così. È un uomo diretto e scherzoso. E poi è una persona di cuore, non sa dire di no. Il negozio è la sua vita. Senza morirebbe». Insieme lavorano tra tradizione e rinnovamento. E anche i tre nipoti appena possono vanno in negozio per dare una mano. Serena ha portato tra gli scaffali alcune novità: ha rinnovato il locale, ammodernato gli arredi, acquistato un nuovo banco frigorifero e cambiato alcuni prodotti, sempre mantenendo la qualità e prezzi giusti, perché «per andare avanti e per poter reggere il confronto con la grande distribuzione bisogna avere prodotti buoni e prezzi concorrenziali».

Alcune cose sono rimaste dei punti fermi e sono il vanto del negozio: i salami stagionati in cantina e la famosa pancetta nostrana di Germano – che sono delle vere specialità a Valbrembo e che lui offre ai clienti durante l’attesa – nonché l’atmosfera familiare. «Con i clienti c’è un buon rapporto. Quando mio papà consegna la spesa si ferma spesso a bere un caffè e fare due chiacchiere e quando viene a mancare un nostro cliente facciamo di tutto per essere vicini ai familiari. È bene riconoscerlo: una parte importante del successo del nostro negozio è merito proprio dei nostri clienti, che ci hanno permesso di lavorare, di mantenere viva la nostro attività grazie alla loro fedeltà, ai loro consigli e al buon rapporto che si è mantenuto negli anni». «Il mio desiderio? Poter lavorare con i miei il più a lungo possibile – confida Serena – cercando di migliorare ulteriormente il servizio verso i miei clienti».




Calici di Stelle, degustazioni e osservazioni del cielo nel borgo di Calepio

castello calepio (1)

Il Comune di Castelli Calepio partecipa al circuito “Le Strade del Vino” e propone la settima edizione di Calici di Stelle, la manifestazione estiva proposta in collaborazione con il Movimento turismo del Vino in occasione della notte di San Lorenzo, coniugando il fascino delle stelle cadenti con la bellezza dei borghi e delle piazze di tutta Italia e il gusto dei prodotti dell’enologia e della gastronomia.

L’appuntamento è per venerdì 5 agosto, a partire dalle ore 19, nel Borgo di Calepio in via Conti Calepio. I parcheggi sono segnalati all’esterno del Borgo e sono serviti da bus navetta.

Il costo dell’ingresso è di 15 euro e comprende calice, tasca portacalice e ticket per 20 assaggi di vini e specialità selezionate della Lombardia, presentate da botteghe artigianali sotto gli antichi portici e nel giardino pensile del castello. La serata sarà accompagnata da esibizioni musicali curate dall’associazione MusicArte e dall’osservazione delle stelle a cura dell’astrofilo Maurizio Besenzoni.

Gli enoturisti potranno anche partecipare al concorso fotografico nazionale legato alla manifestazione, “La Stella di Federica”, cercando gli scorci più suggestivi e i momenti di convivialità più coinvolgenti. Il vincitore, selezionato da una qualificata giuria, riceverà una “Magnum” speciale frutto di un blend di vitigni autoctoni in rappresentanza di tutte le Regioni.

Per informazioni, tel. 0354494242-246 – segreteria@comune.castellicalepio.bg.it – www.comune.castellicalepio.bg.it.




Ad Ardesio un fine settimana DiVino

Taglia il traguardo della 12esima edizione Ardesio DiVino, la rassegna enogastronomica che per un fine settimana trasforma il paese dell’Alta Valle Seriana in una cantina a cielo aperto.

L’appuntamento è sabato 6 e domenica 7 agosto, quando, passeggiando per le vie, le piazze e i cortili del centro storico si potrà compiere un viaggio tra i profumi e i sapori della nostra Penisola, assaggiando, degustando e anche acquistando vini e prodotti tipici direttamente da selezionati viticoltori e artigiani del gusto.

La manifestazione è organizzata e promossa dalla Pro Loco di Ardesio con il sostegno dell’amministrazione comunale e di Regione Lombardia, Comunità Montana Valle Seriana e Promo Serio e quest’anno offre come novità la possibilità di scoprire angoli nascosti del piccolo borgo. Si aprono infatti le corti, per accogliere i viticoltori e le migliaia di visitatori, appassionati ed addetti al settore.

Per l’edizione 2016 sono attese oltre 5mila presenze. In degustazione e in vendita tante specialità di produttori italiani e stranieri: vino, naturalmente, e inoltre olio extra vergine di oliva, aceto balsamico, formaggi vaccini e di capra, parmigiano, salumi, miele, marmellate, farine, biscotti, cacao, caffè al farro, sidro, zafferano, infusi, sali, erbe spontanee di montagna.

Anticipa la kermesse venerdì sera, alle 21, la cena gourmet “Cena DiVina” all’Albergo Bigoni: con Davide Bigoni, chef patron del locale, e Paolo Tegoni, sommelier. Al centro del menù i legumi, ai quali la Fao ha dedicato il 2016 in quanto espressione di un futuro alimentare sostenibile, e curati abbinamenti enologici (40 i posti disponibili, su prenotazione tel. 0346 33289).

Oltre alle degustazioni presso gli stand enogastronomici il programma offre moltissimi eventi, spettacoli, concerti, degustazioni guidate e seminari. Sabato e domenica, dalle 19.30, cene eco-sostenibili nelle vie e piazze del centro storico a base di prodotti tipici selezionati.

www.ardesiodivino.it




Mille modi di servire il caffè. Scatta il concorso on line

espressoÈ il biglietto da visita di ogni locale. Il caffè, la bevanda più amata dagli italiani e uno dei simboli della nostra tradizione nel mondo. Farlo bene però è un’arte così come servirlo e renderlo unico.

Per raccontare i diversi modi in cui bar, pasticcerie e ristoranti danno un tocco in più al proprio espresso, la Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi, insieme ad Ica (Associazione Italiana Caffè) con la  collaborazione di Triestespresso, promuove il concorso riservato agli operatori: “Come personalizzi il tuo caffè?”.

È un contest on line gratuito al via da oggi, primo agosto, fino al 9 ottobre 2016. L’evento di premiazione si svolgerà sabato 22 ottobre durante la manifestazione fieristica “Triestespresso” nello stand Fipe – Ica.

Il concorso è aperto a tutti gli operatori di pubblici esercizi che entro il 9 ottobre 2016 compileranno in tutte le sue parti  il form di iscrizione presente sul sito Fipe, allegando una foto in formato JPG, al massimo di 5Mb (non verranno ammessi altri formati), accompagnata da una breve frase che illustri il messaggio dello scatto inviato. Potrebbe essere, ad esempio, un espresso con una tazzina particolare, magari contrassegnata da un logo e accompagnata da un dolce/cioccolatino o altro, con una frase che spieghi il messaggio legato all’immagine.

Il concorso ha un’unica sezione digitale e le foto inviate devono essere strettamente inerenti al tema “Come personalizzi il tuo caffè?”, non devono contenere immagini riconoscibili di persone ed ogni autore è personalmente responsabile di quanto è oggetto delle immagini.

 

La giuria sarà composta da tre componenti. Ogni giurato assegna un punteggio da 1 a 10 ad ognuno dei seguenti criteri: Cortesia (es. un dolcetto o un cioccolatino), Creatività (es. tazzina decorata), Originalità della didascalia (es. “la siesta del caffè”).

Durante Triestespresso, sabato 22 ottobre, si svolgerà la premiazione e tutti i partecipanti al concorso potranno ritirare il loro attestato di partecipazione. I primi cinque classificati vedranno le loro foto, con la relativa frase e l’indicazione del loro locale, esposte nello stand di Fipe-Ica, oltre che pubblicate sui siti degli organizzatori. Al primo classificato sarà, inoltre, riservata la partecipazione gratuita al corso “Sommelier dell’Espresso”.

Il regolamento

Il modulo di iscrizione




Grigliate, ecco che pesci pigliare

Dici grigliata ed è subito festa, estate, famiglia e amici. In riva al lago o nel relax di una giornata in montagna, sotto l’ombra di un albero e la sensazione del prato fresco sotto i piedi, la grigliata è la ricetta ideale per “colorare” le vacanze o il tempo libero.

I pregi di questo piatto sono tanti. È il metodo forse più tradizionale di cottura e – a patto di seguire le regole basilari – mantiene intatti il sapore e le proprietà nutritive del cibo. E poi è un modo semplice e veloce di preparare le pietanze. Si cucina e si mangia in compagnia e si mettono d’accordo gusti diversi perché si possono usare più varietà per un’unica preparazione.

In genere si tende a usare la carne. Cuocere una costina è più semplice che cucinare alla griglia una sardina e il rischio bruciatura meno probabile. Ma la cottura alla griglia, in realtà, non è molto difficile ed è perfetta per molti tipi di pesce. L’effetto chic, poi, è assicurato. Secondo gli esperti, per realizzare una grigliata di pesce a prova di cuoco ed evitare di ritrovarsi con pesci secchi, bruciacchiati e inermi sotto una fetta di limone, basta seguire alcuni accorgimenti: scegliere bene il pesce, cuocerlo poco, e cercare abbinamenti nuovi.

QUALI PESCI SCEGLIERE

Non c’è una regola precisa. La scelta varia a seconda dei gusti. In linea di massima vanno preferiti pesci dalla carne compatta e grassa, come salmone, sarde, trota, sgombro e simili, ma vanno benissimo anche rombo, triglie, seppioline, orate e molti crostacei, come gamberoni o scampi. Tutto il pesce azzurro dà ottimi risultati: sarde, acciughe, aringhe, sgombri e tonnetti. Anche i crostacei non possono mancare: gamberi, gamberoni, scampi, astici, aragoste, granseole, granchi, cicale.

Non hanno bisogno di niente, cottura rapida e via. Per i tranci, vanno benissimo il pesce spada, il tonno (scegliere bistecche spesse), salmone e ricciola. Anche i molluschi sono adatti ma solo se si è un po’ esperti perché tendono a diventare gommosi. Meglio inoltre sceglierli di piccole dimensioni, così pure se si tratta di seppie, polpi e totani. Basta spennellarli con poco olio e fare cuocere per tempi brevissimi.

Pescheria Il Corallo
La pescheria Il Corallo di Seriate

«Per le grigliate il rombo è buonissimo, si mette direttamente sulla brace con la pelle – dice Stefania Lodetti della pescheria “Il Corallo”, aperta un paio di mesi fa in via Nazionale a Seriate -. Le orate sono un must, ma anche i calamari sono molto buoni sulla brace. Lo sgombro ha un sapore particolare e deciso, dipende dai gusti, ma è buonissimo. Sono molto indicati anche il gambero rosso e le seppie, che vanno pulite bene. Io consiglio spesso il salmone. Molti pensano sia buono solo affumicato invece fresco e cotto alla griglia è ottimo. Meglio evitare, invece, i filetti fini, astici, aragoste, merluzzi, baccalà, cefali, gallinelle e in genere tutti i pesci molto delicati perché la carne tende a diventare troppo friabile e a rompersi se sottoposta a questo tipo di cottura».

Tiziana Casali, responsabile qualità di Orobica Pesca consiglia i pagri e i dentici con un distinguo; il pagro è buono anche d’allevamento, il dentice invece solo pescato. Inoltre suggerisce le capesante: «Sono molto costose, ma anziché usare il mezzoguscio si prende solo la polpa e la si scotta sulla griglia sui due lati con olio e pepe: è buonissima».

Se si è un neofita del barbecue, meglio optare per pesci di grosse dimensioni e grassi come tonno, salmone, sgombri o sarde e rinunciare a quelli molto piccoli, senza avere rimpianti. Il grasso garantirà infatti che la polpa del pesce non si secchi in fase di cottura e che il risultato finale sia quindi una polpa morbida e succosa.

Sarde e sardine alla griglia sono deliziose, ma bisogna stare attenti a non farle bruciare e una grande orata può dare soddisfazioni in tavola senza creare troppi problemi. La regola è: più è grande il pesce, più la cottura è facile.

Per chi proprio non vuole rinunciare a gustarsi i pesciolini più delicati, Adriano Rossi, di Meditpesca a Sarnico suggerisce una soluzione salva-cena. «L’unico pesce non indicato sulla piastra è il granchio. Tutti gli altri vanno bene per il barbecue basta avere qualche accorgimento in più in fase di cottura». Per tutti il consiglio nella scelta del pesce da grigliare è lo stesso: «Per prima cosa fare attenzione che il pesce sia freschissimo e poi farsi consigliare al banco, perché a seconda della disponibilità del momento si possono trovare buone occasioni e così risparmiare sul conto».

LA PREPARAZIONE

Anche mani poco esperte possono eseguire benissimo una grigliata, perché non c’è bisogno di sfilettare il pesce e spezzettarlo e non serve neanche privarlo di lische e pelle. Basta rimuovere le interiora e lavarlo bene sotto l’acqua corrente, asciugarlo e ungerlo con dell’olio extravergine d’oliva. «Nel pulire il pesce – consiglia Adriano Rossi – va tolto delicatamente con un dito il filettino nero nella pancia (che è il sangue del pesce) perché sennò rende il pesce amaro». Un’altra accortezza raccomandata è di scolare bene l’olio in eccesso prima di mettere il pesce sulla griglia per non creare fiammate troppo alte e rischiare di bruciarlo». Se il pesce è surgelato, la cosa importante è di non metterlo sotto l’acqua tiepida ma di lasciarlo scongelare naturalmente.

LA MARINATURA

Con la marinatura corretta il pesce alla griglia può diventare molto più buono. Le erbe aromatiche qui la giocano da padrone e sono molto utili per dare al pesce un sapore deciso e aromatico dopo la cottura. La marinatura classica con olio extra vergine d’oliva, limone, aglio, pepe, sale, prezzemolo o timo funziona sempre. Per chi desidera qualcosa di più ricercato e di ispirazione orientale si può preparare con salsa di soia, saké, succo di zenzero, olio di sesamo, olio di semi di arachidi, cipolla, pepe. Adriano Rossi, per il branzino in particolare, consiglia una marinatura a base di olio extravergine d’oliva, pepe grosso e una foglia di alloro o di basilico (si mette nel frigorifero per un giorno quindi si toglie e si mette sulla piastra), oppure una preparazione più saporita fatta con un cucchiaio di succo di limone, tre cucchiai d’olio extravergine di oliva, sale marino, pepe nero macinato fresco e un trito finissimo di prezzemolo, rosmarino, salvia e aglio essiccato. Si spennella il pesce con la marinata più volte un’ora prima di grigliarlo e anche dopo la cottura. Al posto del succo di limone si può utilizzare anche il lime che dà un sapore più intenso.

La regola è che la marinatura deve essere composta sempre da un grasso, un acido, un elemento sapido e uno aromatico. Per eseguire una buona marinatura meglio utilizzare piccoli pezzi e riporre sempre in frigorifero gli alimenti mentre agisce, mai in contenitori metallici e prima di cuocere riportare l’alimento sempre a temperatura ambiente.

Un consiglio: le qualità di pesce più pregiate vanno grigliate preferibilmente nature, cioè con l’aggiunta di solo sale.

Spada alla griglia

COME GRIGLIARE IL PESCE

Il pesce va salato prima della cottura e sistemato su una griglia ben calda. Il tempo di cottura è un elemento molto importante e dipende dalla dimensione del pesce. Di solito, non si va oltre i dieci minuti per lato. Il rischio di cuocerlo a temperatura sbagliata, quando si è alle prese con un pesce non grasso, è altissimo. In generale, le regole di cottura sono: braci non troppo roventi, griglia alta e se possibile cottura indiretta (ad almeno 30 cm dalla brace). Inoltre, quando si cuoce il pesce sul barbecue girarlo al momento e nel modo più opportuno può fare la differenza tra una cena gustosa e un mucchietto di costosa carbonella animale: il pesce sarà cotto dal lato inferiore quando questo si staccherà facilmente dalla griglia. Se avrete oliato a dovere sia il pesce sia la griglia stessa questo metodo “empirico” di misurazione del tempo dovrebbe essere affidabile. «Solitamente, per un pesce intero bastano 6/7 minuti, 3 minuti da un lato e 3 dall’altro. Per i filetti, invece, sono sufficienti 4 minuti – dice Adriano Rossi -. Per i molluschi – capesante, cozze e simili – le cotture devono essere basse e brevi sennò diventano gommosi. Le seppie e i calamari si spellano bene e si cuociono poco, così rimangono teneri». I pesci senza squame e quelli particolarmente delicati come il filetto di merluzzo si possono cucinare mettendo un foglio di alluminio con sale grosso sulla piastra, che al termine della operazione si sfila. Il foglio garantirà la giusta cottura al pesce e manterrà compatta la polpa. Da considerare il barbecue con il coperchio, se si vuole limitare gli effluvi. In questo caso, però, meglio scegliere solo grandi pezzature, crostacei, cartocci.

GLI STRUMENTI ESSENZIALI

Oltre alla griglia occorrono una pinza per alimenti, due pinze molto grandi, per girare il pesce, e un pennello per aromatizzare il pesce in fase di cottura. Tutti questi attrezzi devono essere in metallo, lunghi almeno 30 centimetri e con il manico in legno. Possono essere utili anche dei fogli d’alluminio, delle foglie di vite o dei rametti di rosmarino.

Tiziana Casali, responsabile Qualità di Orobica Pesca
Tiziana Casali, responsabile Qualità di Orobica Pesca

GIGLIATE PER TUTTE LE TASCHE

A differenza di quanto molti pensano, per fare una buona e apprezzata grigliata di pesce non serve prosciugare il portafoglio. Anche puntando alla qualità, si possono spendere cifre contenute. «Si tende ad andare sui classici pesce spada, scampi, gamberoni, tonno, ma questi pesci hanno prezzi elevati – dice Tiziana Casali di Orobica Pesca -. Invece è bello potersi concedere più volte una grigliata di pesce variando i prodotti». In pescheria si possono trovare pesci di tutti i prezzi: dai prodotti pescati che sono più cari, a quelli allevati e surgelati, più economici. Basta scegliere cosa comprare. Se si è disposti a destinare alla grigliata un budget importante ci si può orientare su crostacei come gamberi di prima qualità, mazzancolle o gamberi di Sicilia che sono il top di gamma tra il fresco. Diversamente, sono di ottima qualità ed economiche le orate allevate in Toscana e quelle allevate in Grecia e, tra i crostacei, gli scampi congelati, il gambero argentino congelato a bordo e gli scampi danesi. Un altro pesce low cost consigliato per il barbecue, spesso ignorato, è lo sgombro, un prodotto ottimo anche dal punto di vista nutrizionale perché contiene tantissimo Omega 3 e grassi buoni. Per una grigliata economica, Rossi di Meditpesca consiglia sgombro, sugarello, sarde di mare e tonno già abbattuto, che costa meno di quello fresco.

LE RICETTE

Per una preparazione veloce salva-cena, Tiziana Casali consiglia: spiedini con code di gambero argentino già sgusciato negli aromi con un po’ di pan grattato e un filo di olio e servito con purea di ceci o di porri fredda. In dieci minuti, garantisce, sono in tavola. Un’altra ricetta veloce sono gli spiedini di calamari: si puliscono tutti, si salta la parte di scarto (i ciuffi) con aromi in padella, si mixa con parmigiano e uovo quindi si fa il ripieno lo si mette nel calamaro crudo, si chiude con stuzzicadenti e si cuoce alla griglia con un filo d’olio, quindi si condisce con un finocchio crudo tagliato fine e decorato con fette di arancia fredda e qualche mandorla tostata e olive taggiasche (attenzione: i calamari non devono essere grandi).

La ricetta - Spiedino di gamberi calamari ripieni grigliati

Per una grigliata di alta qualità una soluzione molto raffinata è quella di abbinare un pesce pescato, tartare e crudità, ad esempio gambero rosso e gambero viola, tartare di spada e tonno, capesante grigliate. Per i bambini, infine, la ricetta più apprezzata sono gli hamburger di trota o di tonno con le patatine fritte. Sono facili da cuocere e piacciono sempre. L’importante è che siano cotti poco, soprattutto se di tonno.

IL SERVIZIO

Il pesce grigliato deve essere servito immediatamente, appena tolto dalla griglia insieme a olio, sale e qualche erba aromatica. Per chi lo gradisce, si possono mettere in tavola anche delle fettine di limone (ma i cultori inorridirebbero) e delle salse: si può scegliere tra un semplice intingolo a base di olio, timo e aglio oppure servire delle vere e proprie salse per la grigliata di pesce.




Peghera, il Taleggio interpretato dallo chef Mainardi

Andrea Mainardi
Andrea Mainardi

Peghera, in Val Taleggio, patria del famoso formaggio e luogo d’eccellenza per la stagionatura, organizza una sagra che permette di conoscere i segreti della produzione e le virtù gastronomiche.

L’appuntamento con l’ottava edizione è per domenica 24 luglio ed avrà come ospite Andrea Mainardi, lo chef bergamasco conosciuto con l’appellativo di “atomico”, per la creatività e l’energia del carattere. Noto in tv per la partecipazione alla Prova del Cuoco di Raiuno e la conduzione dei programmi Ci pensa Mainardi e Tra due Fuochi su FoxLife, sarà il protagonista di uno showcooking alle 10.45.

La giornata, dalle 9.30 alle 18, propone bancarelle con prodotti artigianali ed un programma che unisce sapori, cultura e intrattenimento. Alle 9.45 si terrà una dimostrazione di caseificazione, mentre, dopo lo showcooking dello chef, si potrà pranzare con un menù tipico nei ristoranti convenzionati al costo di 18 euro. Alle 14 sono previste due visite, alle cantine di stagionatura del Taleggio Dop o alla Pala di San Giacomo del pittore Palma il Vecchio nella chiesa Parrocchiale. Ci saranno anche uno spettacolo di burattini (alle 15) ed un emozionante esibizione di freestyle in bici, oltre ai gonfiabili, a una mostra e al servizio ristoro.




Da Ghisalba a Nocera Umbra per rilanciare le birre “trappiste”

Giovanni Rodolfi - mastro birraio monastero san biagio - nocera umbra
Giovanni Rodolfi

Con quella barba lunga, lo sguardo mistico e la pacatezza nel parlare, Giovanni Rodolfi potrebbe essere tranquillamente uno dei religiosi che vivevano tra le mura del Monastero di San Biagio, a Nocera Umbra, in un’oasi di silenzio perfetta per meditare e per riflettere sui massimi sistemi.

Invece il campo di azione prediletto di questo bergamasco, originario di Ghisalba, ma trapiantato nel Centro Italia, è il mondo delle birre artigianali, che, nell’azienda agricola – ospitata all’interno del monastero, oggi con hotel, azienda agricola, punto ristoro e area di bio-benessere – vengono prodotte riscuotendo un successo capace ormai di superare i confini regionali. È proprio il mastro birraio a raccontarci, in qualche battuta, le vicende che lo hanno portato a trasferirsi qualche anno fa dalla campagna bergamasca alle colline umbre.

«Il mio approdo in terra nocerina – afferma Giovanni Rodolfi – avviene nel 2009 ed è dovuto all’amore per la mia attuale moglie Cleonice, anche lei bergamasca. Molti anni fa, lavoravo per la Heineken, ma quando ci siamo sposati ho fatto la scelta di spostarmi in Umbria dove lei già viveva. E con questa rivoluzione familiare si sono aperte delle possibilità per sviluppare un’attività brassicola nell’Antico Monastero di San Biagio. L’idea in fin dei conti era quella molto semplice di valorizzare le risorse del territorio. Quando al monastero sono terminati i lavori di ristrutturazione, s’è iniziato a pensare a quale economia potesse far vivere le persone del luogo e qui c’erano già dall’inizio due elementi che si sposavano bene per la produzione della birra. Innanzitutto – continua Rodolfi – l’esistenza di un antico monastero e, com’è ben noto, stiamo parlando di luoghi che hanno da sempre ospitato una tradizione brassicola in tutta Europa, basti pensare alle trappiste in Belgio. E poi la qualità dell’acqua di Nocera Umbra, da unire ai luppoli, ai lieviti e ai malti ricavati dall’orzo di nostra produzione».

Le Birre San Biagio, tra le pochissime artigianali d’ispirazione monastica prodotte in Italia, sono tutte non filtrate, non pastorizzate e rifermentate in bottiglia, e vogliono in qualche modo rappresentare il luogo dalle quali provengono mantenendo una forte identità locale e una forte distinzione dalle tante che ormai si trovano in commercio.

«Noi siamo una delle tante tra le diverse realtà di birrifici artigianali che sono nati negli ultimi anni in tutto il mondo – spiega il mastro birraio – e qualcuno potrebbe dire ormai ce ne sono perfino troppi. Eppure, bisogna pensare che si tratta semplicemente di un ciclo naturale dell’economia. Prendiamo il mondo del vino. Quando si lavora troppo con la chimica e il prodotto tende alla standardizzazione, ecco che nascono i vini bio-dinamici. Così sta accadendo anche con la birra, e se pensiamo al numero di cantine vinicole che ci sono in Italia forse possiamo dire che c’è ancora un notevole margine di crescita. Poi è chiaro – aggiunge Rodolfi – che noi a San Biagio cerchiamo una via personale e una interpretazione che in qualche modo leghi le due vocazioni del luogo e il lavoro interno all’azienda, ovvero la coltivazione di piante officinali e le birre. Per questo motivo l’idea per il futuro è proprio quella di creare un laboratorio birrario, magari lavorando anche sulla zitologia, sull’unione del cibo con la birra e sulla didattica. Quando si abbina la birra si tende sempre ad abbinare per similitudine e non per contrasto. E per questa ragione è molto più facile abbinare la birra che il vino».

monastero san biagio - nocera umbra

Rodolfi però ha le idee chiare anche sul mondo della birra ai tempi nostri e sulle differenze che esistono tra l’Italia e gli altri Paesi: «In Italia abbiamo poca cultura in campo birraio. La stiamo rubando in giro per il mondo grazie alla grande volontà dei micro-birrifici. Direi che il fenomeno delle birre artigianali è trasversale e lo trovi ovunque, in tutte le nazioni. Sino all’altro ieri, ma diciamo pure 20 anni fa, la birra in Italia era… la bionda, per tutta la vita. Oggi il fenomeno artigianale sta facendo scoprire il gusto della birra cruda, naturale, con etichette innovative e prodotti interessanti. Poi è chiaro che se vai soprattutto verso il Nord Europa, la cultura è più birraria, ed è dovuta ad un fattore molto semplice. Da quelle parti non hanno mai avuto la possibilità di selezionare vitis vinifera e le coltivazioni presenti portavano naturalmente a lavorare sulla realizzazione di birre. Ci sono poi 3 grandi culture della birra da considerare: quella tedesca con prodotti più leggeri e puri; quella belga, dove i birrai sono invece più liberi di sperimentare e, infine, quella anglosassone, ma per quest’ultima ci vorrebbe un capitolo a parte solo per descriverne le caratteristiche».

E per quanto riguarda i prezzi? Cosa si può dire? Sono corretti, sono alti o bassi? «È semplice – risponde Rodolfi -. Ogni prodotto fa storia a sé e dipende a che tipologia di birre ci si riferisce. Se si tratta di multinazionali come Heineken e Carlsberg, di semi-artigianali come Forst, Pedavena o Menabrea, di artigianali (vedi Baladin, Il Ducale) o quasi familiari come la nostra San Biagio. In tutti questi casi il prezzo varia anche sensibilmente, come per il vino, e spesso dipende dalla capacità di vendere immagine».

Il Monastero di San Biagio oggi è molto diverso da come uno può immaginare sia abitualmente un luogo di preghiera e di raccoglimento in mezzo alla natura. Qui le antiche celle dei monaci sono state trasformate in comode e accoglienti stanze per gli ospiti, la cucina ha il piglio rustico e i sapori della tradizione locale, sostenuti da un certo gusto e da una buona qualità, dettata non solo dall’ottima materia prima, ma anche dall’attenzione verso il cliente e le sue esigenze. La struttura vive di un rural-chic decisamente intrigante e mantiene intatte le caratteristiche di luogo a stretto contatto con la natura, dove ci si occupa del benessere psico-fisico, si gode della pace e del silenzio (nelle stanze non ci sono televisori e l’utilizzo del wi-fi è limitato) e dove si brinda davanti a un buon bicchiere di birra monastica.

Le Birre di San Biagio sono la Monasta, un’ambrata doppio malto da abbinare a secondi di carne o salumi e formaggi stagionati; la Verbum, una weizen ideale con la pizza o con gli antipasti di pesce; la Gaudens, una pils perfetta con primi piatti leggeri; l’Ambar, una ale scura doppio malto che si può abbinare con facilità sia alla ostriche che, a fine pasto, con dolci al cacao, e infine la Aurum, una strong ale chiara da sorseggiare con i secondi di carne e salumi o i formaggi stagionati.




Birre “trappiste” made in Italy, a Bergamo e San Paolo d’Argon due serate per degustarle

Le Birre di San Biagio sono tra le poche birre artigianali italiane di ispirazione trappista ed a produrle è un mastro birraio bergamasco, Giovanni Rodolfi, che da Ghisalba si è trasferito a Nocera Umbra, nell’azienda agricola – con hotel, punto ristoro e area benessere – nata dal recupero dell’antico monastero di San Biagio, appunto.

Si possono degustare anche a Bergamo in alcune serate appositamente create per farle conoscere ed apprezzare. Dopo quella al Numero Due di Zogno, nuovo ristorante di Claudio Rubis, con vista sul fiume Brembo, andata in scena mercoledì 20 luglio, il 24 luglio sarà la volta di un apericena al Caffè della Funicolare in Città Alta, dove a partire dalle 18, per 10 euro, si potranno abbinare una bottiglia di birra e un tagliere, mentre il 31 luglio chiuderà la serie di incontri il ristorante Florian Maison a San Paolo d’Argon, con un aperitivo gourmet dove, oltre alle birre, ci saranno anche la musica dal vivo jazz/swing del duo Savoldelli/Novali e i piatti del cuoco di casa, Umberto De Martino.

Le Birre di San Biagio sono la Monasta, un’ambrata doppio malto da abbinare a secondi di carne o salumi e formaggi stagionati; la Verbum, una weizen ideale con la pizza o con gli antipasti di pesce; la Gaudens, una pils perfetta con primi piatti leggeri; l’Ambar, una ale scura doppio malto che si può abbinare con facilità sia alla ostriche che, a fine pasto, con dolci al cacao, e infine la Aurum, una strong ale chiara da sorseggiare con i secondi di carne e salumi o i formaggi stagionati.




Treviglio, il negozio gourmet già guarda al Canada

Vuole creare una storia nel settore alimentare e ha deciso di partire da un negozio campione nella sua cittadina, Treviglio. Omar Buttinoni, 41 anni, ha aperto “Leonardo”, in via Verga, non una semplice gastronomia, ma un negozio che si basa sulla filosofia del mangiar bene e sano e che diventerà il marchio per i prossimi franchising, prodotti inclusi. Papà imprenditore nel settore farmaceutico e mamma psicologa, attiva nella mediazione familiare, il trevigliese vanta una lunga esperienza nel suo settore. A 24 anni gestiva la discoteca Stonehenge, in piena movida milanese, dedicando particolare attenzione alla ristorazione.

Dopo quattro anni, è arrivata la svolta. «Cercavo un club più grande, ma è capitata l’occasione di occuparmi del ristorante “Il capanno”, all’interno del parco zoo della Preistoria a Rivolta d’Adda, poi del “Volo a vela” a Valbrembo, scoprendo la mia vera strada, anche se non ho mai tralasciato il divertimento, organizzando eventi – spiega Buttinoni -. Con “Leonardo” ho voluto riscoprire le tradizioni e i sapori italiani, con materie biologiche da sempre, senza ogm, né conservanti».

leonardo negozio pasta fresca treviglio (1)Nella bottega, dallo stile vintage e familiare, si trovano in mostra sugli scaffali passate di pomodoro, mieli, pesti verdi e gialli al curry, raffinatezze come la marmellata di corbezzoli o d’uva, ideale da spalmare sul pane per la colazione, per farcire crostate o preparare sorbetti, la grandina di manzo da consumare fredda in insalata, il riso integrale venere color nero e quello corallo, al radicchio e con salsiccia e fagioli. Per la frutta sciroppata ci sono i vasetti con uva e castagne. Svariati i legumi, considerati il cibo più prezioso, mentre vino e olio extravergine sono biologici e vanno a ruba.

leonardo negozio pasta fresca treviglio (2)Nel banco frigo c’è la pasta fresca, prodotta dagli artigiani di un laboratorio, modellandola e richiudendola a mano: tortelli alla borragine, ravioli ripieni al salmone, alle noci e agli spinaci, fagottini al cinghiale, oltre ai più comuni casoncelli, cappelletti, gnocchi, pappardelle, tortelli alla zucca caserecci, secondo un menù che viene integrato dalle novità in base alla stagione. Accanto, ci sono altre eccellenze di nicchia: le olive ammaccate del Cilento, le salse alle gocce di moscato, alle cipolle e ai mirtilli.

Il prezzo è commisurato alla qualità. «Chi assaggia torna e la nuova clientela non manca mai», sorride Buttinoni che ha in programma l’ampliamento dell’offerta con paste fresche per intolleranti a lattosio, glutine e uova, oltre ai salumi. L’attività, inoltre, non si fermerà a Treviglio. Dopo l’estate è in programma l’apertura di un punto vendita in franchising a Monza e ci sono i contatti per sbarcare a Vancouver. «A richiedere la vera qualità italiana è la comunità di connazionali, i gestori per il Canada li ho già individuati, i prodotti avranno il marchio Leonardo e la pasta fresca sarà conservata sotto vuoto in modo da poter essere venduta entro un paio di settimane», anticipa. Anche se il sogno è un altro. «Essere presenti a New York, ci arriverò, un passo alla volta».




Bergamo e l’aperitivo, ecco i must dell’estate

Il cliente abituale preferisce stare al bancone per spiluccare qualche tartina, sorseggiare un buon drink e fare quattro chiacchiere con il gestore. Le coppie scelgono un luogo appartato, magari il dehors, per un cocktail a due immersi in un’atmosfera magica con musica soft di sottofondo. Poi ci sono i giovani che si incontrano per una festa o un’apericena a buffet, riempiono i loro piatti scegliendo tra i molteplici sfizi che stipano il bancone del bar e li condividono con gli amici al ritmo di un dj set.

Insomma, con l’arrivo della bella stagione l’happy hour si rivela un prezioso momento di aggregazione dalle molteplici sfaccettature, adatto a tutte le fasce d’età. Una versione ultramoderna degli antichi caffè letterari dove tra un piatto di pasta fredda e qualche salume si stacca la spina dopo il lavoro, si scambiano idee, si risolvono problemi, si divulgano consigli. Il tutto accompagnato da gin tonic, Moscow mule oppure da uno Hugo a base di Prosecco, sciroppo fiori di sambuco, selz e foglie di menta. Sono questi infatti i drink più gettonati dell’estate 2016. Tra i cibi invece spopola la moda vegan-salutista, con assaggi che vanno dalla quinoa al farro, dalle verdure in pinzimonio fino a croissant e macedonie che chiudono in dolcezza un aperitivo che ha ormai assunto le sembianze di una cena low cost. E in una Bergamo sempre più multietnica non mancano finger food esotici come tapas, mini burger, ma anche cous cous, sushi e nachos messicani. Il tutto a un prezzo fisso che va dai 5 ai 10 euro.

CAPITOLO DRINK

  • I più gettonati dell’estate

Il successo dello spritz è pari a quello del gin and tonic che in epoche recenti è stato rispolverato anche dai più giovani. A detta dei principali barman di Bergamo, quest’estate andrà per la maggiore lo Hugo, un cocktail più leggero del classico spritz che prevede cubetti di ghiaccio, sciroppo di sambuco, vino frizzante, seltz o acqua minerale e qualche fogliolina di menta. C’è poi chi si sta scervellando per trovare combinazioni inedite. È il caso del Tassino Cafè che ha deciso di lanciare una nuova versione dello spritz con frullato di giuggiole sotto spirito, sciroppo di sambuco e Spumante Fior d’arancio Docg.

  • Largo alle spezie

Spezie e cibi d’oriente sono il trend del momento. Non a caso il Moscow Mule, drink ghiacciato a base di zenzero fresco, vodka, succo di lime e ginger beer, servito con fette di cetriolo e menta fresca sta riscuotendo ampi consensi: «Lo zenzero del Moscow mule ha un sapore predominante – spiega Alessandro Salamina, titolare del Tassino Cafè di largo Rezzara –. È una spezia diuretica e salutista, inizialmente utilizzata nelle tisane e oggi approdata nei cocktail. Le spezie contenute nei drink ben si accostato ai cibi orientali ed esotici che spesso compaiono sui banconi dell’aperitivo, come la quinoa, il cous cous, sushi di pesce, nachos».

  • Il vintage

Succo di mezzo lime, due cucchiaini di zucchero di canna raffinato, foglie di menta cubana, rum, ghiaccio e acqua gassata. È questa la formula del Mojito, cocktail dal gusto un po’ retrò che in quest’estate 2016 sta tornando alla ribalta. Amato dagli attori e scrittori che nel periodo del proibizionismo americano erano soliti andare a La Habana per bere alcolici e fare vita mondana, il mojito è una bevanda fresca e dissetante, ideale per le serate più torride. Tra le versioni più originali che hanno rivoluzionato la ricetta base spiccano il Virgin mojito senza rum, il black mojito con un liquore alla liquirizia e il mojito fidel che prevede birra al posto dell’acqua frizzante. C’è un grande ritorno anche ai cocktail storici preparati con prodotti di qualità e spiriti premium come l’Americano, il Negroni e il Cosmopolitan.

  • L’analcolico alternativo

William Locatelli e Sabrina Franchini
William Locatelli e Sabrina Franchini

Fresco, salutare e senz’alcol. Sarà questo il motto di quest’estate per astemi, vegani e salutisti che stanno cavalcando l’onda dei centrifugati a base di frutta e verdura. Ma è anche la rincorsa alla temuta prova costume a incentivare un consumo di cocktail meno calorici e più sani. Un’idea per un aperitivo rinfrescante da sorseggiare in estate è il ginger fruit cocktail, caratterizzato dalle note leggermente piccanti dello zenzero. Di recente anche alcuni studenti bergamaschi di istituti superiori e centri di formazione professionale si sono messi in gioco in una gara di cocktail per dire no all’abuso di alcol. Nell’ambito dell’iniziativa Giovani Spiriti hanno creato drink originali e colorati, dallo Yellow Drink (a base di sciroppo di fiori di sambuco, succo di limone, pompelmo e ananas con buccia di limone e mirtilli per decorazione) al Bitter Sweet (con bitter analcolico, succo di cranberry e soda water). Insomma, un piacere contro il caldo estivo che salvaguarda la linea ma anche i punti sulla patente. Tuttavia, pare che siano ancora parecchi i giovani che continuano ad associare il divertimento all’alcol, come conferma William Locatelli, titolare insieme alla moglie Sabrina Franchini del Glamour Cafè di via Don Luigi Palazzolo: «Sappiamo tutti che chi guida non dovrebbe bere. Purtroppo però non c’è ancora una cultura radicata in questo senso. I ragazzi se ne fregano dei punti sulla patente. Chi esce per festeggiare non si limita alle bibite, ama brindare con qualcosa di più strutturato. Durante il pranzo, invece, non beve quasi più nessuno, solo acqua. Il vino o l’aperitivo alcolico si consumano prevalentemente la sera dopo il lavoro». Un trend confermato anche dal titolare del Tassino Alessandro Salamina: «Lo spettro del controllo alcolemico non preoccupa una clientela matura che vive il suo svago in orari limitati, dalle 19 alle 23, e accompagna sempre il bere con qualcosa da stuzzicare. In generale c’è voglia di azzerare i pensieri nel momento dell’aperitivo. L’esperienza aiuta comunque a moderare gli eccessi. Magari ci si muove in moto o a piedi per frequentare più comodamente i locali del centro città».

CAPITOLO CIBO

  • I finger food classici

La moda dell’apericena resiste. Complice la crisi, sono ancora tanti coloro che praticamente cenano con pochi euro sorseggiando un drink. Gli stuzzichini anni 70 e 80 a base di patatine, olive, noccioline e salatini hanno ceduto il passo da tempo a sontuosi buffet che appagano l’occhio e il palato. Sul bancone si propongono tanti classici della cucina italiana e locale come riso, pasta fredda, baguette imbottite, insalatone, tartine, salumi, insomma ogni ben di Dio. Via libera anche a torte salate, polentine, salumi, formaggi, spiedini di mozzarella, ciotoline di casoncelli, polpette. «In generale il cibo servito dev’essere di qualità, meglio se artigianale come le pizzette, le focacce, i lecca lecca di grana e le frittate fatte in casa – dice Diego Belotti, titolare dello Zerotrecinque di piazza Matteotti –. Ciò che alla gente piacerà sempre (a noi gestori un po’ meno) è il fatto che questi aperitivi sono a volontà. Per chiudere in dolcezza, sul bancone si mettono persino bicchierini di macedonia oppure la brioche del giorno tagliata a fette con crema di cioccolato. Insomma, con soli 8 euro praticamente si cena».

  • L’etnico

Oggi tra i classici italiani come mozzarelline, pizza e olive ascolane si trovano persino stuzzichini multietnici a base di cous cous, sushi e nachos messicani. Molto in voga sono inoltre i finger food americani e spagnoli, come conferma Giovanni Carminati dell’Underground Cafè di Seriate: «Le tapas, piccole fette di pane con farciture di vari sapori e colori, sono molto ricercate. Queste tartine tipicamente spagnole possono essere servite fredde con salsine varie, pomodoro o prosciutto, oppure calde con pesce o formaggio. È una tradizione iberica che ultimamente sta spopolando anche da noi. Gettonato è anche lo stile americano: si va dai piccoli panini con hamburger ai club sandwich. Il buffet a volontà è un continuo via vai: il 99% preferisce star comodo e bere l’aperitivo al tavolo, alzandosi solo di tanto in tanto a riempire i piattini». L’etnico spopola anche nei cocktail che vengono miscelati con spezie di vario tipo per ottenere un gusto che solletica il palato e ben si accosta coi finger food esotici.

L’AMBIENTE

  • Dal bancone al risto-bar

Veronica Angiolini
Veronica Angiolini

«Sei già dentro l’happy hour, vivere costa la metà», cantava Ligabue in una delle sue celebri canzoni. Goloso ed economico, l’aperitivo è infatti un modo furbo per saziarsi con pochi euro in locali alla moda senza ricorrere a costosissime cene. La tendenza crescente è quella di puntare sui risto-bar dove è possibile sorseggiare un drink comodamente seduti al tavolo e magari tirare l’ora di cena ordinando piatti via via più elaborati: «Sempre più persone, sia bergamaschi che turisti, amano far tappa in un locale a 360 gradi con una cucina aperta fino a tarda sera – spiega Veronica Angiolini, responsabile del Vox di Bergamo, in viale Papa Giovanni XXIII –. I risto-bar sono perfetti per stuzzicare qualcosa insieme in modo informale perché non sono così impegnativi come un ristorante. L’aperitivo è lo spunto iniziale per poi ordinare qualcosa di sfizioso come una pizza e dividerla a metà. È una tendenza già consolidata all’estero e che sta prendendo piede negli ultimi tempi anche da noi. Immersi in un’atmosfera rilassante con musica jazz o bossanova, si inizia bevendo un mojito e poi magari lo si accompagna con un antipastino di salumi bergamaschi o si passa a una cena amichevole. In generale ho notato che l’aperitivo è un fenomeno più locale, gli stranieri invece conoscono poco il nostro rito del buffet, sono più propensi al consumo di alcolici al tavolo anche senza cibo di contorno. Quando poi però capiscono il meccanismo apprezzano». Cresce anche il numero di giovani bergamaschi che preferiscono l’atmosfera più informale di un risto-bar per festeggiare un compleanno o la loro laurea. Con una spesa contenuta, infatti, è possibile offrire una degna alternativa a una costosa cena al ristorante solleticando il palato degli invitati con sfiziosi finger food a buffet.

  • Musica ed eventi

Molti locali amano trasformare il momento dell’happy hour in un party dove, oltre a sorseggiare un drink e sgranocchiare qualche golosità, si ascolta musica, si balla, si organizzano persino sfilate o eventi mondani. È il caso del Tassino che tutti i venerdì dalle 19 alle 22 ospita Vinilisti in Vetrina: in quest’occasione la vetrina del gelato si trasforma in consolle dove giradischi con vinili di funk, soul e lounge creano il sottofondo giusto per la serata. E ancora il giovedì per chi ama del buon vino c’è Wine T’Aim, una serata dedicata interamente al vino per presentare nuove aziende e mettere a confronto vitigni o annate differenti dello stesso prodotto. Al Bobino di piazza della Libertà o al Cubo Cafè di Seriate bazzicano spesso famosi dj per animare le serate mentre A.I. Giardini di piazza della Repubblica i titolari puntano su un’atmosfera newyorkese con musica lounge e un dehors raffinato che non ha bisogno di altri effetti speciali per attirare la clientela.

IL FUTURO DELL’HAPPY HOUR

  • Il tramonto del buffet

La prima grande trasformazione dell’originale aperitivo all’italiana in un happy hour pantagruelico si è verificata negli anni Novanta. Da allora i bergamaschi non hanno più abbandonato questo appuntamento mondano. Eppure la moda del buffet potrebbe avere i mesi contati. Chi bazzica nella Milano da bere si è accorto che, da qualche tempo, sono sempre di più coloro che preferiscono farsi servire l’aperitivo comodamente seduti al tavolo. Già, perché se è vero che da un lato i buffet al bancone danno la possibilità di gustare una innumerevole sequenza di leccornie, è altrettanto vero che i più attenti alla salute e alle norme igieniche storcono un po’ il naso di fronte a cibi deperibili alla portata di tutti e che restano in esposizione per ore perdendo di conseguenza la loro freschezza. «A Milano, città di tendenza che lancia le mode, l’aperitivo a buffet sta perdendo quota – spiega Diego Belotti, titolare dello Zerotrecinque di piazza Matteotti –. Faccio un esempio: quando ci si deve servire con salsine di vario tipo da spalmare o da mettere nel proprio piattino, ci si impiastra col cucchiaino, è poco igienico. Oppure nelle ciotole di patatine o salatini tutti toccano tutto. Questa è la ragione per cui in futuro sempre più locali, soprattutto quelli più sofisticati, opteranno gradualmente per un servizio al tavolo a scapito del buffet».

I PIÙ BEVUTI A BERGAMO

1. Spritz
2. Gin and tonic
3. Hugo
4. Moscow Mule
5. Mojito
6. Cocktail classici (Americano, Negroni, Cosmopolitan)
7. Prosecco
8. Analcolici della casa alla frutta, centrifughe
9. Birra artigianale
10. Crodino, San Bitter