Baioni 45, elogio della trattoria

Dino Sartirani e Adriana Gadda
Dino Sartirani e Adriana Gadda

Una vita in trattoria. Probabilmente non poteva andare diversamente la storia di Dino Sartirani, 61 anni, originario di Ponte San Pietro, cresciuto nelle trattorie gestite dalle due nonne e dalla mamma e poi con ulteriori significative esperienze professionali, tra le quali l’incarico di aprire due catene di ristoranti di cucina italiana in Israele, dove è stato, a più riprese, dal 1994 al 2007. Tornato in Italia ha diretto alcuni ristoranti sino a quando non si è presentata l’occasione per mettersi in proprio.

Nel febbraio del 2014 Sartirani, con la socia Adriana Gadda, ha aperto in città la Trattoria Baioni 45, che si trova appunto al numero 45 di via Baioni, riavviando un’attività che negli anni precedenti era andata avanti alternando diverse fortune.

«Il locale mi è piaciuto subito – racconta Dino – perché è della dimensione giusta per le nostre esigenze. Cinquanta coperti, e sinceramente preferisco anche quando non è strapieno, ti danno la possibilità di conoscere i clienti, di dialogare con loro e di presentare al meglio i piatti».

Trattoria Baioni - La salaIl locale è piacevole, accogliente nella sua semplicità. Dino si autodefinisce tuttofare e si destreggia in cucina, in sala e nell’addestramento del personale. «Lo diciamo chiaramente che la nostra vocazione è il pesce – prosegue – ma abbiamo anche una serie di piatti bergamaschi per i quali seguiamo le stagioni. Quindi lumache con polenta, rane, funghi porcini, stracotti e i vari ragù di cinghiale e capriolo senza dimenticare i nostri casoncelli per i quali seguo una ricetta della nonna».

Molto comunicativo ed espressivo, il patron ha adottato una linea ben precisa nel locale, che vuole abbia la schiettezza della trattoria. Afferma che non è un locale per tutti, nel senso che chi vuol spendere molto, o comunque di più, per il pesce dovrebbe dirigersi verso altri ristoranti. «Facciamo dei ricarichi minimi sul pesce – spiega -, acquistiamo in pratica ogni giorno e i prezzi ci sembrano corretti visto che facciamo tutto con semplicità. La nostra cucina? Abbiamo spogliato la ristorazione classica di quanto non era fondamentale, per farla diventare più essenziale e adeguata a una trattoria. “Come era una volta” è un po’ il mio motto anche se non manco di ricercare e sperimentare praticamente ogni giorno nuove soluzioni».

E la scelta paga visto che Trattoria Baioni 45, oltre ad avere degli ottimi giudizi su TripAdvisor si è vista pubblicare una recensione su un periodico di lingua inglese di Hong Kong. Il servizio era di una giornalista cinese che aveva pranzato in cinque ristoranti di Bergamo valutando la Trattoria il migliore.

La carta del locale è abbastanza ricca ma viene completata ogni giorno con un supplemento, secondo le disponibilità. Per quanto riguarda il pesce tengono comunque banco i menù a prezzo fisso, da 25 e 35 euro, che comprendono antipasto, primo, secondo e contorno. Solo vino e acqua sono extra e tenuto conto che c’è uno chardonnay della casa a 10 euro al litro si può veramente contenere la spesa. Il menù da 25 euro comprende impepata di cozze, capesante gratinate e insalata di piovra. Il primo è definito una calamarata risottata e si tratta di paccheri corti fatti in casa. Branzino o orata, un gamberone e calamari costituiscono il secondo piatto. Il menù da 35 varia solo per l’inserimento di tre cruditè mediterranee tra gli antipasti.

LA PROVA

Il menù low cost fa il bis a cena

Trattoria Baioni - casoncelliUn aspetto abbastanza inconsueto del menù a prezzo fisso tradizionalmente proposto per la pausa pranzo del mezzogiorno è che alla Trattoria Baioni 45 viene replicato alle stesse condizioni la sera. Una buona occasione quindi per soddisfare, senza eccessive pretese ma con gusto, le esigenze alimentari della cena con la modica spesa di dieci euro.

Dieci euro che comprendono primo e secondo piatto, contorni, vino, acqua e caffè. E si tratta di piatti non banali. Tra i primi troviamo infatti i casoncelli alla bergamasca fatti in casa, gnocchi al pesto, tortellini al pomodoro, mezze penne alla montanara e i pressoché immancabili spaghetti al ragù. Ampia anche la scelta tra i secondi piatti: spiedini di carne mista, arrosti misti, hamburger di chianina, bistecca di manzo, coppa alla griglia, medaglioni ai porcini e magatello di manzo all’inglese. Per per i contorni c’è una varietà di verdure cotte e crude.

Per il primo seguiamo un po’ l’onda degli altri clienti che sembrano apprezzare i casoncelli alla bergamasca: scelta più che mai azzeccata perché sono realmente fatti in casa con una ricetta particolare e, non da ultimo, si tratta di una porzione abbondante. Anche per il secondo ci facciamo guidare dal flusso e andiamo con il gettonatissimo hamburger di chianina. Una proposta così, come abbiamo già detto, non sfigurerebbe nemmeno per una cenetta e quindi la valutazione è quella di un rapporto qualità prezzo tra i migliori.

Trattoria Baioni 45

via Baioni, 45
Bergamo
tel. 035 4220033
chiuso il lunedi sera
www.trattoriabaioni45.com



Tutte le forme del caprino

caprini Via Lattea

Ci sono caprini al naturale che conquistano per la loro semplicità; aromatizzati alle spezie che attirano per i loro colori vivaci; grana stagionati e blu di capra che colpiscono per l’odore pungente e il gusto deciso. E poi c’è la ricotta, delicata e pastosa al palato; la robiola, fresca e spalmabile; lo yogurt, dolce e digeribile. Insomma, elencarli tutti non è facile. Già, perché di prodotti realizzati con il latte di capra ne esistono almeno una trentina. Da sempre punta di diamante dei piemontesi e dei nostri cugini d’Oltralpe, anche nel massiccio delle Orobie i formaggi di capra vantano oggi una consolidata cultura casearia.

I nuovi allevamenti realizzati con le più moderne tecnologie garantiscono un alimento sicuro nel rispetto della tradizione. Inoltre, abitudini e stili di vita sempre più sani stanno orientando il mercato verso cibi di qualità a scapito della quantità. In Bergamasca non sono soltanto il Branzi o il Taleggio a farla da padrone ma anche stracchini, erborinati, formaggelle a pasta molle, tutti rigorosamente di capra. Per non parlare della Roviöla della Valle Brembana realizzata con latte di capra Orobica, una specie protetta che tuttavia continua a mantenere viva una produzione autoctona di formaggi. Merito di una quarantina di allevatori di Valsassina, Valtellina e Bergamasca che da anni lavora alacremente per tutelare questa biodiversità alimentare di qualità che dal 2015 è presidio Slow Food. In generale i più gettonati, soprattutto da bambini e anziani, restano i classici caprini freschi al naturale. Le nuove tendenze in fatto di cibo spingono molto anche sugli aperitivi finger food a base di chèvre, magari aromatizzati con erbe, spezie, frutta secca e persino petali di fiori. Ecco qualche consiglio su come orientarsi tra le ormai numerose tipologie di caprini presenti sul mercato.

FRESCHI E COLORATI

Per attirare la clientela molti produttori puntano su formaggi aromatizzati, gradevoli all’occhio oltre che al palato. E così sempre più spesso nelle piccole botteghe sotto casa spunta qualche caprino variopinto, con colori che vanno dal rosso al verde, passando attraverso un più sobrio nero carbone. Merito delle diverse spezie, dal peperoncino all’origano, con cui i produttori si dilettano a vestire i loro caprini freschi. Tra i più richiesti spiccano i finger food da aperitivo, gli aromatizzati con semi stagionati al carbone vegetale, oppure all’anice, alla paprika, allo zafferano o all’erba cipollina. «Il caprino è il più semplice da produrre – spiega Lorenzo Facchetti, cotitolare dell’azienda familiare Via Lattea di Brignano Gera d’Adda –, è un formaggio da spalmare sul pane, un companatico che molti accompagnano al prosciutto. Spesso però in passato era fatto con il latte di mucca. Nel boom economico era più comodo perché le mucche rendevano di più producendo una maggiore quantità di latte rispetto alla capra. Così, la produzione di formaggi caprini avveniva solo in aree altrimenti non sfruttabili. Solo quando gli allevatori di capre si sono resi conto che il mercato si era appropriato di un nome che non gli competeva si è cominciato a produrre veri e propri caprini con latte di capra».

«Al momento vanno molto i formaggi di capra freschi, colorati, raffinati e trasformati – evidenzia -. Prima mangiavamo per nutrirci, ora le persone sono più attente all’alimentazione, sono più sedentarie, necessitano di meno calorie ma di più qualità. Quindi anche un mercato di nicchia come quello della capra negli ultimi vent’anni è aumentato. Il Piemonte e la Francia hanno fatto da apripista, ma non è stato semplice. I bergamaschi sono un po’ chiusi, abitudinari, per loro il must è il Taleggio. Piano piano i palati orobici si sono raffinati. Certo è ancora difficile convincerli a provare formaggi di capra decisamente puzzolenti, magari meno appaganti dal punto di vista visivo ma più gustosi, come una chèvre semi stagionata o il blu di capra. Gli aromatizzati, invece, vanno per la maggiore perché il colore delle spezie aromatiche rende i caprini invitanti spingendo anche il cliente più scettico al primo assaggio».

I SAPORITI

Chiara Cazzaniga - Cascina Ombria - formaggi di capra
Chiara Cazzaniga e i prodotti di Cascina Ombria

Gusto pungente con punte piccanti, l’erborinato o blu di capra viene prodotto con lo stesso procedimento del gorgonzola. Tuttavia non è cremoso come il classico zola ma è più saporito. È ottimo accompagnato a miele di robinia o con un passito dolce e corposo. Un unico difetto: l’odore. Un dettaglio non da poco per uno zoccolo duro di bergamaschi che a questo tipo di formaggio proprio non riesce ad avvicinarsi: «La barriera più difficile da superare è il pregiudizio – spiega Chiara Cazzaniga che insieme al marito Alberto Gargani gestisce la Cascina Ombria di Caprino Bergamasco –. Tutti sono abituati al formaggio classico di mucca e quando sentono parlare di capra storcono il naso a prescindere. Si fanno influenzare anche dall’odore talvolta sgradevole che hanno questi prodotti. Quando si parla di formaggi genuini c’è ancora chi ha in mente la stalle puzzolenti di una volta. Oggi invece non è più così. Tutto viene prodotto con maggior attenzione alle regole sanitarie, ci sono più controlli e un’adeguata preparazione da parte dei produttori che si mantengono costantemente aggiornati attraverso i corsi. I bergamaschi dovrebbero quindi dimenticare i luoghi comuni anche perché ho notato che quando si decidono ad assaggiare il formaggio di capra ne rimangono piacevolmente colpiti e si ricredono». Molto saporito è anche il grana di capra. È un prodotto per estimatori sottoposto a una lunga stagionatura e per questo viene distribuito soprattutto nei periodi natalizi.

MISTO CAPRA-MUCCA

Formaggio orobico realizzato in modo artigianale nei pascoli d’alta quota, il Bitto storico è un presidio Slow Food. È prodotto con latte di vacca appena munto a cui va aggiunta una percentuale di latte caprino (dal 10 al 20%) ottenuto dalla capra Orobica. «Oggi le capre si alimentano nelle stalle con il fieno – racconta Marco Del Bono dell’azienda agricola Prat di Büs di Ardesio –, una volta invece pascolavano nei boschi e mangiavano foglie e germogli in montagna. Così il formaggio di capra aveva un gusto troppo intenso. Per questa ragione non si facevano formaggi di capra puri, si mischiava il latte vaccino. È il caso del Bitto la cui ricetta originale prevede un misto di latte di capra Orobica e mucca. Una nicchia apprezza e stima il formaggio di capra più saporito anche se in passato era considerato di seconda scelta. Oggi, invece, è molto ricercato anche perché non è un mercato saturo come quello della mucca. Gli allevatori di capre producono formaggi per sé o per qualche negozietto, difficilmente per la grande distribuzione. Questo perché la resa di un ovino è di gran lunga inferiore rispetto a quella di una mucca».

I PRESÍDI

Presidì -Formaggi capra orobica
I tre formaggi con latte di Capra Orobica, Presidio Slow Food

I formaggi prodotti con latte di capra Orobica intero e crudo vengono suddivisi in: pasta cruda, semicotta, molle e semidura; formaggi grassi a stagionatura breve (freschi tre giorni e stracchini 15 giorni) e grassi a stagionatura medio-lunga (minimo 30 giorni per le formaggelle). Oltre al Bitto storico, che prevede l’utilizzo di latte di mucca con una percentuale di latte di capra Orobica, ci sono altri tre formaggi tipici ricavati dal latte crudo di questo animale. C’è il Formagìn della Valsassina, un caprino fresco presente anche nella variante a crosta fiorita detto “Fiorone” il cui sapore, molto più intenso e piccante, richiama l’aroma dei funghi freschi. La formaggella di capra Orobica, invece, è chiamata Matüscin ed è prodotta solo nelle province di Bergamo, Sondrio e Lecco. Si distingue dai caprini della Bergamasca realizzati con il latte di qualsiasi tipologia di capra ed è tutelata dal marchio di garanzia della Camera di Commercio “Bergamo Città dei Mille sapori”. Infine c’è la Roviöla della Valle Brembana, uno stracchino che ha forma di parallelepipedo con faccia quadrata.

I ritrovamenti archeologici dimostrano che l’allevamento di capre era già praticato sulle Orobie intorno al 7000 a.C. Alla fine del Settecento, però, con lo sviluppo industriale si creò un conflitto tra l’allevamento di ovini e l’utilizzo di boschi per fare legna da carbonella per le aziende. Ma la capra Orobica a pelo folto e corna lunghe riuscì a sopravvivere alla cosiddetta “guerra delle capre”. Oggi di questi esemplari in via di estinzione ne sono rimasti poco più di 2.000. E proprio per tutelare questa specie, nel 2015 è nata l’associazione capra Orobica composta da una quarantina di allevatori di Valsassina, Valtellina e Bergamasca: «L’abbandono del territorio montano e la scarsa produzione di latte hanno contribuito a rendere la capra Orobica una razza in via d’estinzione – spiega il presidente Ferdinando Quarteroni, titolare dell’Agriturismo Ferdy di Lenna –. Lo scorso anno abbiamo quindi cercato di riunire all’interno di un’unica associazione i pochi produttori di capra Orobica che fanno parte del massiccio delle Orobie. La nostra speranza è quella di far conoscere questo animale e motivare i giovani ad allevarla in modo professionale. È una produzione di nicchia che tuttavia deve destare interesse anche in un mondo globalizzato. La capra pascola, mangia l’erba in zone non contaminate, fa formaggi sani ricchi di Omega 3. La sopravvivenza di questa razza è fondamentale per le aree montane con pendii molto impervi. La sua grande capacità di pascolare nelle zone più difficili da raggiungere permette di mantenere e sfruttare ettari di pascolo tutt’oggi inutilizzati».

IL LATO DOLCE

Paola Peracchi (azienda agricola Il Faggio)
Paola Peracchi (azienda agricola Il Faggio)

Se trasformato in formaggio stagionato ha un gusto deciso, ma sotto forma di yogurt o gelato il latte di capra assume un’inedita dolcezza adatta anche a chi è intollerante al lattosio o è attento alla linea. «Il latte di capra è più digeribile ed è quindi un prodotto ideale per chi soffre di intolleranze – ricorda Paola Peracchi dell’azienda agricola a gestione familiare Il Faggio di Albino –. Il gelato di capra non è più magro di quello di mucca, ha solo un tasso di colesterolo più contenuto e quindi risulta migliore dal punto di vista dietetico. La base è la stessa del gelato tradizionale. Gli ingredienti principali sono latte e panna di capra a cui si aggiungono i gusti più svariati lasciando libero spazio alla fantasia: lamponi, more, cioccolato, nocciola, insomma tutto. Il gelato di capra in generale è apprezzato. È molto richiesto nelle fiere soprattutto quella di Sant’Alessandro che si tiene a settembre a Bergamo oppure alla mostra zootecnica di Clusone».

IN TAVOLA

I caprini freschi si possono utilizzare come ingredienti per mousse, ripieni per ravioli, torte salate, gnocchi, crespelle e salse per carni bianche o rosse. La chèvre è ottima scaldata nel forno su un crostino di pane e una spolverata di rosmarino. C’è anche chi, con il caprino fresco, realizza salse aromatiche da accostare al pesce d’acqua dolce. Se invece preferite gustare appieno il sapore rotondo e appagante di questi formaggi è bene accompagnarli con miele e confetture, come spiega Sante Roberto Tessarolo, titolare dell’azienda agricola Al Maso di Camerata Cornello: «Tanti sono gli accostamenti che si possono ipotizzare. Il caprino, per esempio, è ottimo con un confettura di cipolla oppure di lamponi. Una marmellata mora e menta oppure una salvia e limone sono più sgrassanti quindi meglio con prodotti leggermente più grassi. Sui formaggi più saporiti sta bene una giardiniera, oppure consiglierei confetture agrodolci come la mela passata in grappa e miele. Una confettura di pera e cannella o quella di prugna e zenzero sono invece perfette con la robiola. Infine il miele, è ottimo con il blu di capra, un formaggio molto saporito simile al gorgonzola, che però ha un odore più intenso ed è solo per estimatori. In questo caso consiglio il tarassaco oppure il miele aromatizzato con mele o castagne affumicate».

GLI ESTROSI

Si chiama “Formaggio della sposa” e al suo interno contiene una moneta dorata fatta di zafferano. È l’ultima trovata in fatto di formaggi di capra partorita dal caseificio Via Lattea e che verrà messa in vendita proprio a partire dal mese di maggio. L’idea si ispira a un’antica tradizione che, attraverso l’uso di una moneta d’oro, augurava ricchezza e prosperità alla sposa. L’allevamento di Brignano Gera d’Adda sa come stupire i propri clienti. Già a San Valentino aveva infatti dedicato a tutti gli innamorati un formaggio a pasta molle a forma di cuore con un ripieno di caprino fresco ai frutti di bosco. Per non parlare delle perle di formaggio in crosta di cioccolato bianco. Anche Paola Peracchi, nel suo agriturismo Il Faggio di Albino, ogni giorno cerca di creare nuovi combinazioni, dai caprini con noci, erba cipollina e paprika al fagottino con fontanella di capra e asparagi. Particolari anche i caprini stagionati di Cascina Ombria soprattutto quelli avvolti nelle foglie di castagno, di radicchio e di porri, oppure aromatizzati alla birra, al sale e pepe o alle nocciole e uvetta.

Capre




Ponte San Pietro, lo street food “invade” l’Isolotto

La nuova tendenza in fatto di eventi è lo street food e a Bergamo è nato un nuovo marchio dedicato all’organizzazione di festival che radunano specialità da passeggio da tutta Italia e pure dall’estero. Si chiama Balù Street Deli debutta con il suo primo evento – Cibo di stra in festa dall’Italia e dal mondo – a Ponte San Pietro dal 20 al 22 maggio, nell’area dell’Isolotto lungo il fiume Brembo. La tre giorni vede la presenza di truck, ossia i furgoni attrezzati per la preparazione e la vendita dei cibi, e gazebo.

È rappresentata quasi tutta la penisola, con tipicità pugliesi, marchigiane, romagnole, piemontesi, siciliane, il cioccolato di Perugia, la carne sul bastone, mentre sul versante internazionale si può spaziare tra fish and chips e angus argentino ai waffle. La parte beverage è rappresentata da alcuni birrifici artigianali, tra cui uno americano. Sono previsto anche momenti di intrattenimento, anche se il piatto forte – precisano gli organizzatori -, è rappresentato proprio dalla possibilità di assaggiare tante golosità diverse preparate al momento.

La manifestazione si tiene dalle 14 a mezzanotte il venerdì e dalle 12 a mezzanotte il sabato e la domenica e rappresenta anche un’occasione per animare una zona che il paese vorrebbe rilanciare.

Il bis sarà dal 24 al 26 giugno alla cascina Carlinga di Curno, dove è in programma, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, anche il terzo e ultimo degli appuntamenti programmati per quest’anno. L’idea dei promotori è di estendere nel tempo il raggio di azione in Lombardia.




Gli champagne di Bottazzi tengono banco Al Carroponte

Lo champagne ha tenuto banco Al Carroponte di via De Amicis, a Bergamo. Mercoledì sera quattro proposte di due produttori, Le Brun Severnay e Caillez Lemaire, hanno infatti accompagnato un gustoso e bilanciato menù a base di pesce. Alla serata ha partecipato anche l’azienda importatrice Bottazzi, una storica realtà tutta italiana nata nel 1957 e condotta oggi dalla terza generazione di appassionati di enologia. È stato lo stesso Bruno Bottazzi in persona a illustrare le peculiarità dei prodotti selezionati per il tasting da Oscar Mazzoleni, titolare di Al Carroponte da oltre un anno e con un’esperienza ventennale da maître e sommelier in realtà stellate nazionali ed estere.

Mazzoleni, profondo appassionato di bollicine, ha conosciuto Bruno Bottazzi e i suoi champagne poco più di un anno fa, ne ha apprezzato le interessanti qualità e ha deciso di proporre ai suoi ospiti ciò che maggiormente lo ha colpito: Caillez Lemarie Rosé Extra Dry, poi due Le Brun Severnay (Extra Brut Sélection e Cuvée X.B. 2.5) e, infine, Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Brut Fut de Chene 2006. Quattro proposte che hanno accompagnato un menù ben abbinato alle bollicine: Gazpacho di pomodoro con gambero rosso di Mazara del Vallo; Tataki di tonno con crema di mais e pop corn; Truciolo Carla Latini dedicato a Marchesi con broccolo romano, guanciale croccante e petali di pecorino; Trancio di tonno rosso alle erbe fini con fave ai due colori e, per concludere, Cheese cake con zuppetta di mango e fava tonka.




Onaf in Val Taleggio alla scoperta dei formaggi a pasta molle

cheese

I prodotti caseari sanno protagonisti a “Dalla pianura alla montagna: la stagionatura e l’affinamento dei formaggi a pasta molle”, iniziativa primaverile del ciclo “Alle origini del formaggio” promossa da Onaf Bergamo sabato 21 maggio a Peghera in Valtaleggio. La visita si terrà a partire dalle ore 9.30  presso CasArrigoni in via Arnoldi 575. Grazie alla guida di Alvaro Ravasio di CasArrigoni, presidente del Consorzio per la Tutela Strachitunt DOP e degli esperti Onaf  di Bergamo, si potrà conoscere come avviene il processo di maturazione, come selezionare, stagionare e affinare i formaggi a pasta molle. Il ritrovo sarà alle 9.30 a CasArrigoni. Quindi prenderà il via la visita degli ambienti interrati, realizzati con materiali naturali e adibiti alla stagionatura. Si parlerà di come umidità, temperatura, casse di legno di pino, teli in cotone, salatura manuale, spazzolatura, spugnatura, maturazione centripeda influenzano le caratteristiche strutturali eorganolettiche dei formaggi molli. Infine, sarà proposta in degustazione una selezione di prodotti, dai Domitilla caciotta di latte capra, Taleggio DOP a latte crudo, prodotto e stagionato in Valtaleggio, Stracchino di Vedeseta da latte appena munto di vacche di razza Bruna, al Roccolo formaggio molle a pasta cruda, giudicato uno dei 58 formaggi più buoni del mondo (Super Gold Award 2013); fino allo Strachitunt DOP, erborinato naturale a due paste e il Rosso Imperiale, erborinato piccante affinato con pigiato d’uva di Recioto e vino passito. La visita terminerà alle 12 circa. Per partecipare è richiesta una quota di 10€. Per prenotarsi, scrivere una mail a bergamo@onaf.it o inviare un sms al 3392334 029, entro giovedì 19 maggio.

CasArrigoni è un’azienda di medie dimensioni storicamente legata alla valle dove ha sede e origine: la Valtaleggio. Li la tradizione casearia radicata ha condotto due fratelli, Tina e Marco Arrigoni , con Alvaro rispettivamente marito e cognato, a intraprendere un attività di stagionatura dei formaggi che fanno parte della grande tradizione casearia lombarda. L’azienda, che incentra la propria strategia su prodotti di altissima qualità e sul sostegno e recupero dell’economia e storia locale, si è negli anni orientata lungo tre principali direttrici: la cura nella stagionatura in montagna secondo metodi tradizionali, la diffusione di produzioni piccole e antiche e la creazioni di nuovi formaggi che hanno avuto riconoscimenti a livello internazionale.




Accademia del Gusto, le agenzie di viaggio scoprono la Thailandia

accademiagustoascom cartelloL’Accademia del Gusto incontra la Thailandia. Giovedì 19 maggio, a partire dalle ore 19, la Scuola di cucina di Ascom ospita trenta agenzie di viaggio che si sfidano nella preparazione di un menù thailandese. Conoscenza e gusto dello stile thai diventano così veicolo di un territorio meta di molti italiani e bergamaschi. All’evento sono presenti rappresentanti dell’Ente del Turismo Tailandese e delle compagnie aeree Thai Airways e Bangkok Airways. L’iniziativa è promossa dal tour operator Amo il Mondo, divisione di Settemari spa, operatore attivo da oltre 30 anni nell’outbound turistico, che ha lanciato COOKING LAB, un format di incontri con le agenzie di viaggio, che si rifà alle proposte esclusive di turismo esperienziale, caratteristiche della propria programmazione.

Il concept originale è stato pensato per far vivere ai partecipanti una serata divertente e mirata a conoscere uno degli aspetti più autentici della cultura di un territorio, la sua gastronomia, prendendo parte attivamente, in una vera scuola di cucina, alla realizzazione di un menù tipico, seguito da una degustazione dei piatti preparati. “Abbiamo accettato con molto entusiasmo la sfida di Amo il Mondo nel proporre una serata a tema con un percorso didattico esperienziale che risultasse al contempo ludico – dichiara Daniela Nezosi, direttore di Accademia del Gusto –. Insieme alla chef Francesca Marsetti, che vanta molte esperienze curricolari fusion, abbiamo studiato un menù tipico tailandese, calandoci nell’atmosfera thai e curando ogni dettaglio: le materie prime provengono direttamente dalla Thailandia e la serata inizierà sorseggiando il tè Chan-Yen e terminerà offrendo agli ospiti un Fortune Thai Cookie. Non mancherà un allestimento floreale di orchidee, studiato con il presidente del Gruppo Fioristi Ascom, Adriano Vacchelli, ed un ricco buffet realizzato direttamente dai partecipanti al format”. Il format prevede un cocktail di benvenuto, seguito da un briefing di presentazione della Thailandia alla presenza dei rappresentanti dell’Ente del Turismo Tailandese e delle compagnie aeree Thai Airways e Bangkok Airways. Al termine della prima parte della serata, gli agenti di viaggio si trasferiranno in cucina e s’impegneranno nella creazione di piatti guidati dalla chef Francesca Marsetti. A conclusione dell’evento, una degustazione delle pietanze preparate, decreterà il gruppo vincitore, quello che meglio avrà rappresentato lo stile thai nel gusto e nell’impiattamento.

“Il principio ispiratore delle proposte di viaggio di Amo il Mondo – commenta Roberto Servetti, Direttore Prodotto Amo il Mondo – è quello di far vivere autenticamente le destinazioni. Per i nostri momenti di formazione dedicati alle agenzie abbiamo voluto creare un’esperienza analoga, qualcosa di nuovo, capace di trasmettere lo spirito più vero di un territorio. Abbiamo dato una valenza esplorativa a un classico del team building, la cooking session, trasformandola in un modo simpatico ma creativo e fortemente interattivo per conoscere un paese.”

 

Nel menù

Kaeng ka ri kung – Zuppa di gamberi al curry giallo

Cucumber relish – Insalata di cetrioli

Nuea tot sa mun prai – Manzo fritto

Moo sateh – Maiale in salsa Satay

Paw pia thawt – Spring rolls

Poo jaa – Crocchette di granchio e maiale

Pat thai – piatto tradizionale con gamberi

Coconut rise – Riso basmati al cocco

 

 

Per ulteriori informazioni:

Accademia del Gusto – info@ascomformazione.it




Italia in Rosa, sul Garda è tempo di chiaretto e rosé

ChiarettoUn appuntamento ormai fisso per gli appassionati del “bere rosa”. Italia in Rosa, la prima manifestazione italiana completamente dedicata al mondo del rosè, torna in scena dal 10 al 12 giugno con una nona edizione ricca di novità. Dopo il boom di presenze del 2015, la rassegna organizzata dal Consorzio Valtènesi si terrà nel castello trecentesco di Moniga del Garda, conosciuta come la Città del Chiaretto, in una location vista lago di grande suggestione inaugurata lo scorso anno con grande successo. Anche quest’anno si prevede la presenza di circa 100 cantine con il meglio della produzione in rosa. In primo piano le zone storicamente vocate di tutta Italia come ovviamente il Garda, il Salento, l’Abruzzo, passando per le eccellenze di numerose altre zone nazionali oltre che per una rappresentanza di rosé francesi. L’area espositiva nel parco del castello verrà ulteriormente ampliata, aumenteranno le degustazioni guidate (gratuite su prenotazione) e nella serata di sabato si terrà una grande Cena in Rosa, dove tutti i partecipanti, vestiti ovviamente in rosa, potranno portare il proprio cibo (in rosa anche quello) e cenare in un’area riservata nel giardino del castello ovviamente con i vini di Italia in Rosa, ottenendo uno sconto sull’ingresso. Di particolare rilevanza il convegno “Il futuro del rosé: numeri e dimensioni di un mercato in forte espansione”, in programma sabato 10 alle 10.30 a Villa Galnica di Puegnago, sede del Consorzio Valtènesi: ospite d’onore Michel Couderc, Responsabile del Centro Studi ed Economia del Conseil Interprofessionel Vins de Provence, che presenterà i dati dell’Osservatorio 2016 sui Rosè con le ultime tendenze mondiali. Alla tavola rotonda parteciperà anche Tiziana Sarnari, analista di mercato Ismea specializzata nel comparto vino: una presenza estremamente significativa ed indicativa del ruolo emergente ricoperto dai vini rosa anche sul mercato nazionale.

Info ed aggiornamenti sul sito www.italiainrosa.it.




Il bocconiano dice addio all’Alta finanza, «meglio “La Polenteria”»

Gabriele Vitali, a destra, con il socio Silvio Vangelisti
Gabriele Vitali, a destra, con il socio Silvio Vangelisti

Da un paio di anni, chi capita nelle strade affollate del quartiere di Soho, a Londra, può vivere l’esperienza di ritrovare i sapori di casa e il gusto tipico bergamasco in un piccolo ristorante chiamato La Polenteria, che, come dice bene il nome, mette in primo piano (e perfino in vetrina) proprio la polenta e in particolar modo quella tutta orobica di Nicoli.

L’idea è venuta a Gabriele Vitali, originario di Pizzino in Val Taleggio, laurea alla Bocconi, il quale, dopo diversi anni trascorsi nella capitale britannica occupandosi di investimenti finanziari in un grande gruppo bancario, insieme all’amico (bresciano) Silvio Vangelisti, che invece era odontotecnico, ha deciso di fare il grande salto nella ristorazione. Ed è subito stato un gran successo. Prima di tutto per la filosofia totalmente “gluten-free” del menù (ed è stato il primo ristorante italiano a proporlo a Londra), poi per l’ambiente raccolto e intimo, da trattoria moderna, e infine per la cucina generosa e ricca, che mette in campo anche altri classici regionali italiani e non solo la polenta. Anche se quest’ultima rimane la vera protagonista, visto che viene proposta negli antipasti con asparagi, scamorza e uova, o nella versione più esotica con una vellutata di menta e la crema di soia. E poi nei piatti principali, con gli Gnocchi di polenta, tartufo e formaggio, e in preparazioni decisamente più azzardate come nel caso degli Gnocchi di polenta con salmone affumicato e crema di avocado o nel Filetto di maiale con salsa di liquerizia e polenta grigliata. E c’è perfino, a fianco della Panna cotta e del Tiramisù, una “Polenta cheesecake” per chi vuole completare il pasto tematico con un dolce.

piatto - la Polenteria - LondraLa polenta rappresenta il 50% del menù, ma non mancano pasta e ravioli fatti in casa con sapori che virano spesso verso un gusto internazionale, anche perché a La Polenteria la clientela italiana rappresenta solo un quinto degli ospiti che si siedono nei 32 coperti del ristorante. I vini in carta sono esclusivamente italiani, con un’attenzione particolare per quelli bresciani (Benaco e Lugana), ma la filosofia vegana e gluten-free che ispira tutta la proposta consiglia anche di sperimentare in accompagnamento i succhi di frutta freschi o, come sembra essere di tendenza negli ultimi tempi, qualche cocktail.

«La scommessa della Polenteria è stata vinta – racconta Gabriele Vitali -, e siamo molto soddisfatti di come sta andando il ristorante. Al punto che potremmo quasi decidere di aprirne un altro in futuro. Gli inglesi, quando siamo arrivati, non conoscevano la polenta ma hanno iniziato ad apprezzarla e ora la richiedono con continuità. All’inizio avevamo solo quella in carta, con pochi riferimenti, ma abbiamo deciso strada facendo di offrire una scelta un po’ più ampia alla nostra clientela, così sono arrivati altri piatti come le Lasagne vegane, la Burrata con rucola, la parmigiana e le Tagliatelle al pesto rosso. Per dare anche qualche tocco della cucina italiana mantenendo fede alla scelta di soddisfare vegani, vegetariani e amanti del senza-glutine».

La Polenteria esterni - Londra




“Sette Terre” cresce e diventa wine partner dei Maestri del Paesaggio

Da sinistra in piedi: Fabio Leoncini (Tellurit), Eligio Magri (Eligio Magri), Cristina Papetti (Sassi della Luna), Simonetta Ferrario (Caminella), Laura Micheli (Valba) e Carlo Ravasio (Sant’ Egidio). Da sinistra accovacciati: Daniel Pennacchio (Cascina Lorenzo) e Antonio Lecchi (Casa Virginia)
Da sinistra in piedi: Fabio Leoncini (Tellurit), Eligio Magri (Eligio Magri), Cristina Papetti (Sassi della Luna), Simonetta Ferrario (Caminella), Laura Micheli (Valba) e Carlo Ravasio (Sant’ Egidio). Da sinistra accovacciati: Daniel Pennacchio (Cascina Lorenzo) e Antonio Lecchi (Casa Virginia)

“Sette Terre” sale a otto, s’appresta a far da portabandiera dei vini bergamaschi in un grande evento internazionale in programma a Bergamo, e, soprattutto, conferma i suoi principi costituenti, in primis il profondo legame con la terra. O meglio, con le terre, la Maiolica, la Marna di Bruntino, la Volpinite, il Sass de Luna, l’Arenaria, il Flysch e le Torbiditi, quell’insieme di sedimenti che caratterizzano l’arco collinare bergamasco e che sono in grado di regalare nettari dalla forte personalità a chi sa coglierne le peculiarità. È da queste “miniere” che nascono i vini degli otto Viticoltori Indipendenti di Bergamo. L’Associazione non ha neanche due anni di vita, eppure cresce e consolida il proprio cammino esaltando il terroir e la massima espressività del vino. «Il tutto – annota il presidente Carlo Ravasio – all’insegna della sostenibilità ambientale e con l’obiettivo di rendere i consumatori bergamaschi nuovamente orgogliosi dei propri prodotti. Abbiamo del resto i mezzi e un ambiente armonioso, dobbiamo solo decidere se fare o meno qualcosa di diverso». «Non siamo in antitesi con nessuno, sia ben chiaro – puntualizza Ravasio -. L’importante è che tutti i produttori portino avanti il territorio, che si faccia distretto, crescita e valore. La terra, aggiunge il presidente – è un passato che insegna. A noi il compito di osservare e trovare la giusta armonia per produrre qualità».

Una linea chiara, sintetizzata al meglio dal motto “La terra, l’ambiente, la qualità, l’anima di Bergamo nel bicchiere”, un insieme di valori che l’Associazione ha “sposato” nel luglio del 2014, al momento della nascita, e che si sta rivelando premiante visto che il numero dei soci è in crescita. Due i nuovi ingressi: Sassi della Luna, azienda agricola di Cenate Sopra guidata da Cristina e Claudio Papetti, e Tellurit di Pontida, nelle mani di Fabio Leoncini, amministratore delegato del Gruppo Innowatio, con sede al Kilometro Rosso e attivo nel settore energetico, che tre anni fa ha rilevato i vigneti dal farmacista Losa. È vero, nel frattempo dalla compagine è uscita l’azienda più grande, “Le Corne” di Grumello del Monte, tra i fondatori del sodalizio, ma trattasi, precisa Ravasio, «non di un disconoscimento dei nostri valori ma di una scelta legata a una fase progettuale dell’azienda».Logo Sette Terre

Ad oggi, pertanto, le aziende che compongono l’associazione sono Caminella di Cenate Sotto, Cascina Lorenzo di Costa Volpino, Eligio Magri di Torre de’ Roveri, Sant’Egidio di Sotto il Monte, Valba e Sassi della Luna di Cenate Sopra, Casa Virginia di Villa d’Almé e Tellurit di Pontida, per un totale di 43 ettari vitati, 200mila bottiglie prodotte e 39 etichette. Altre richieste d’ingresso da parte di produttori bergamaschi sono al vaglio dell’Associazione. «Tuttavia – evidenzia il vicepresidente Antonio Lecchi – avanziamo con cautela perché vogliamo che all’adesione corrisponda anche una fedele condivisione dei nostri principi sia morali che qualitativi, vogliamo che il serio viticoltore dopo le fatiche e l’impegno per la sua migliore produzione, sia premiato dalla scelta del consumatore e che lo stesso diventi orgoglioso di bere e promuovere la qualità della viticoltura della terra bergamasca. Il tempo è passato, le guerre, la mezzadria, la riforma agraria del 1947 hanno portato a fare ai tempi delle scelte soprattutto di autarchia, oggi possiamo permetterci di parlare di ricerca, di valore e soprattutto d’impegno per la migliore qualità».

L’Associazione Sette Terre vuole essere sempre vicina alla cultura, al cibo ed al rispetto dell’ambiente, per questo motivo ha deciso di essere wine partner al grande evento internazionale “I Maestri del Paesaggio” in programma dal 7 al 25 settembre prossimi in Città alta. «È un momento di eccellenza legato alle tematiche del paesaggio – commenta Ravasio – che coinvolge un’intera città. Ci sentiremo orgogliosi portabandiera della qualità del vino bergamasco: speriamo che tanti ristoratori ed enotecari facciano un sforzo, provino a credere al nostro territorio e sentano anche loro il profumo della nostra terra».

 

 




Al Carroponte serata innaffiata dagli champagne

Champagne CarroponteIl 18 maggio, alle 20.30, l’eno-bistrot “Al Carroponte” guidato da Oscar Mazzoleni apre le porte alla Francia e propone una serata di degustazione dedicata alle bollicine per eccellenza, gli champagne. L’evento vedrà come protagonisti i prodotti importati da Bottazzi, una realtà tutta italiana, nata nel 1957, e condotta oggi dalla terza generazione di appassionati di enologia. Nel corso della serata saranno serviti Caillez Lemarie Rosé Extra Dry, poi due Le Brun Severnay (Extra Brut Sélection e Cuvée X.B. 2.5) e, infine, Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Brut Fut de Chene 2006.

La freschezza, la ricercatezza e la classe degli champagne proposti sarà accompagnata da un menù di cinque portate, prevalentemente di mare, studiato per l’occasione. Ecco in sequenza i piatti che saranno proposti: Gazpacho di pomodoro con gambero rosso di Mazara del Vallo; Tataki di tonno con crema di mais e pop corn; Truciolo Carla Latini dedicato a Marchesi con broccolo romano, guanciale croccante e petali di pecorino; Trancio di tonno rosso alle erbe fini con fave ai due colori e, per concludere, Cheese cake con zuppetta di mango e fava tonka.

La serata è organizzata per un numero massimo di 40 persone. Il costo pro-capite è di 85 euro.

Info e prenotazioni:  www.alcarroponte.it – via Edmondo De Amicis 4, Bergamo – Tel 035-2652180