Ponteranica, sei ore di rock e buona cucina

Ponteranica in Rock - locandinaSei ore di musica inedita e sapori della nostra tavola sono gli ingredienti della nuova iniziativa organizzata dall’Associazione Ristoratori Ponteranica in programma sabato 14 maggio.

“Ponteranica in rock” è il titolo della frizzante serata che, dalle 18 alle 24 in piazza Mercato a Ponteranica, offrirà l’opportunità di gustare piatti semplici ma tradizionali e tantissima musica dal vivo con la vivacità band e musicisti che si esibiranno no stop tra pezzi originali, cantautorato e cover.

Si parte alle 18 con i rapper emergenti ReALE e Simone Foti, seguiti dal cantautorato di Fabio Scaccabarossi e la carica esplosiva dei Meadons. Alle 20 sarà la volta di The Travelling Cats feat. Dr.Faust con lo straordinario connubio del rockabilly e rock’n roll uniti a qualche nota blues e un pizzico di punk, tutto da ballare. Alle 21.30 arriva il cantautore bergamasco Mattia Ongaro accompagnato dalla sua band che presenterà alcuni brani tratti dal suo ultimo disco “Come il Mare”: una parentesi rock con un’artista di casa nostra, ampiamente conosciuto e e apprezzato dal panorama nazionale. Infine, alle 22, un grande omaggio a Luciano Ligabue con la migliore tribute band della zona, i Ligastory, cinque ragazzi con la passione per la musica e il rock nelle vene. E intanto, per tutta la serata, l’evento sarà presentato dagli speaker di Radio Pianeta e trasmesso in diretta sulle frequenze FM dell’emittente.

La grande festa è patrocinata dal Comune di Ponteranica, uno degli otto comuni del Distretto dei Colli e del Brembo, costantemente impegnato a promuovere e favorire l’attività dei commercianti, valorizzando le loro proposte con iniziative ad hoc.




Tellurit, la sfida in cantina di “mister Innowatio”

Fabio Leoncini
Fabio Leoncini

Ha 50 anni, origini argentine e si dichiara innamorato della nostra terra. A Bergamo è approdato nel 1998, direttamente dal Sudamerica, con un ruolo alla TenarisDalmine. Da allora ne ha percorsa di strada Fabio Leoncini. Dagli uffici al Kilometro Rosso, oggi amministra ed è azionista di riferimento di Innowatio, un gruppo energetico paneuropeo di nuova generazione che vanta un fatturato di 1,5 miliardi di euro e più di 230 dipendenti dopo la recente acquisizione della tedesca Clens. È un economista, Leoncini, che a Bergamo ha scoperto anche il potenziale enogastronomico del territorio. E così, da cultore del mondo del vino, ha deciso di fare il grande salto: è diventato anche produttore. La svolta tre anni fa, quando gli è capitata l’occasione di rilevare, a Pontida, in Valmora, i vigneti del farmacista Losa. Quattro ettari e mezzo in tutto dove dimorano Merlot, Chardonnay e Riesling della Bergamasca, reimpiantati all’80%.

La cantina l’ha chiamata “Tellurit” (come il minerale) e oggi – con la collaborazione dell’enologo Angelo Divittini – produce circa 6mila bottiglie: 4.500 di Bergamasca Igt Merlot e 1.500 di Bergamasca Igt Riesling. Quest’ultimo, tra l’altro, ha ricevuto l’attestato di eccellenza all’ultima edizione di Gourmarte. «La sfida è solo alle fasi iniziali – spiega Leoncini -. C’è tanto lavoro ancora da fare, considerato che la produzione potenziale del vigneto è di 20mila bottiglie l’anno». TelluritNei programmi c’è la ristrutturazione della cascina annessa al vigneto per poter vinificare in proprio (oggi Tellurit si appoggia alla vicina Cantina sociale) e il consolidamento del canale commerciale affidato a un uomo d’esperienza come Emilio Baldoni.

“Passione per natura” c’è scritto s ulle etichette. E non è un caso. «Da sempre – ammette Leoncini – ho avuto un marcato interesse per il mondo del vino, per la sua storia. Nel tempo, l’interesse è cresciuto ed è infine sfociato nella decisione di scendere in campo. Mi affascina la nuova sfida, in questo caso con la natura, che ha i suoi ritmi e ti costringe ad affrontare un nuovo modo di misurarti con il tempo».

Passione, in Leoncini, fa rima anche con visione. “Mister Innowatio” è convinto che nella Bergamasca andrebbero create le condizioni per una valorizzazione decisa dei prodotti della terra. «Viviamo in una realtà che può offrire molte opportunità – afferma – con ricadute positive anche sul turismo enogastronomico. È essenziale, però, che si punti alla qualità senza compromessi». Convinzioni che hanno reso naturale l’adesione di Tellurit a Sette Terre. «La condivisione dei valori promossi dall’Associazione dei Viticoltori Indipendenti di Bergamo è totale – afferma Leoncini -. Credo nella scelta di esaltare il terroir. Perché solo così si può raggiungere l’eccellenza e fare la differenza».

www.tellurit.com – f.leoncini@yahoo.com




Dal castello ai grattacieli, la scalata di Christian ai fornelli

Christian Fantoni (2)
Christian Fantoni

La favola di Christian Fantoni iniziò in un castello. Suo padre era giardiniere e guardiano del Palazzo Fogaccia di Clusone mentre sua madre era la cuoca personale del principe Giovanelli. È in quel luogo dall’atmosfera magica, spesso meta ambita di grandi cuochi e professionisti dei fornelli, che questo chef bergamasco maturò una crescente passione per le arti culinarie. Ma, dopo gli studi all’istituto alberghiero e la gavetta in alcuni ristoranti del nord Italia, dovette suo malgrado lasciare la sua Valle Seriana alla volta della Somalia dove lo attendeva il servizio militare nei paracadutisti. Fu un periodo duro che cambiò radicalmente la sua vita. «Tornato in Italia – racconta Cristian – lasciai la mia ragazza dell’epoca e non avevo più vincoli che mi legassero a Bergamo. Così, con l’aiuto del bergamasco Pierangelo Cornaro, decisi di andare a lavorare in America».

Sono trascorsi più di trent’anni da allora. Oggi di esperienza Fantoni ne ha maturata moltissima e non solo come cuoco. A 43 anni ha giù aperto diverse trattorie a Milwaukee, Philadelphia, Washington, Mexico City, Miami, Boston, New Jersey e un grand hotel nell’Aqua building di Chicago. Ha lavorato anche per locali rinomati tra cui il “Bella Blu” di Enrico Proietti, chef trentino molto conosciuto a New York. Da qualche tempo Christian Fantoni è il cuoco di punta di RPM Italian, un raffinato ristorante che promuove con classe e qualità la cucina mediterranea.

Il menù è ricco di specialità, dalle fresche burrate ai toast con pan ciabatta, dalle insalate con il pecorino toscano alle focacce fatte in casa. Per non parlare delle numerose paste fatte a mano, ripiene e non: a piatti più classici come pappardelle alla bolognese, spaghetti alla carbonara, tortelloni in brodo e gnocchi di patate si alternano più sofisticati ravioli di spinaci con astice o caramelle ripiene di salsiccia con impasto bicolore al tartufo nero e salsa di taleggio. C’è poi una sezione dedicata ai piatti senza glutine che, in America, pare siano diventati un vero must sia per gli intolleranti che per i maniaci della linea. E per accontentare tutti gli stranieri e i loro bizzarri stereotipi sulla cucina tricolore, Fantoni è pronto a cucinare anche quelle pietanze che gli americani definiscono, chissà perché, “Italian classics” ovvero spaghetti con le polpette e pollo con il formaggio.

Sebbene gli statunitensi abbiano una visione distorta delle vere specialità italiane, non ci si può permettere di prendere questo mestiere sottogamba, soprattutto in una metropoli interattiva come Chicago dove il passaparola si trasmette a colpi di click: «La ristorazione è diventata molto competitiva – conferma Fantoni – devi essere sempre al 100% perché se sbagli qualcosa ti mettono in croce». Per il momento RPM Italian si difende bene piazzandosi su Tripadvisor al 43esimo posto su 7.359 ristoranti a Chicago.

L’INTERVISTA

«Internet è essenziale, ormai la maggioranza delle prenotazioni arriva da qui»

Quando è arrivata la svolta americana?

«Dopo il servizio militare nei paracadutisti in Somalia e nell’operazione Vespri siciliani, ho voluto partire per nuovi orizzonti. Con l’aiuto del bergamasco Pierangelo Cornaro, mi sono trovato a Los Angeles, nel famosissimo ristorante Rex, frequentato quotidianamente da attori famosi. In quel locale sono stati girati anche parecchi film. Ho cominciato a lavorare con una compagnia americana per la quale ho aperto molte trattorie in giro per gli Usa e anche un grand hotel nell’Aqua building di Chicago, il Radisson Blu, con la supervisione del Food & beverage. Giunto a New York ho lavorato per San Domenico NYC, Le Bernardin (il miglior ristorante di pesce a NY), Le Cirque. Ho aperto locali a Mexico City, Miami, Boston, New Jersey e poi, in società con altri colleghi Italiani, ho aperto il Barbaluc. Ho guidato la cucina al “Fiamma” con il grande Michael White, ho lavorato per il mitico Enrico Proietti al “Bella Blu” e i suoi ristoranti. Poi dopo 13 anni di lavoro nella Grande mela, mi sono trasferito a Chicago dove ora vivo. Ho lavorato al ristorante italiano “Filini” e sono stato l’executive chef per tre anni al 437 Rush di Chicago, un ristorante italiano con influenza di steak house. Ora sono il cuoco di RPM Italian».

RPM Italian - Chicago - chef Christian FantoniIn tutti questi anni è riuscito a far conoscere la cucina bergamasca nel mondo?

«I piatti che piacciono agli americano sono moltissimi. Tra i più conosciuti ci sono i Casoncelli, la polenta, il risotto ai porcini, il brasato, i salumi come la pancetta e il salame».

Quali sono gli aspetti positivi di lavorare all’estero nel settore della ristorazione?

«Gli americani mangiano fuori casa parecchio, quindi per noi cuochi c’è sempre molto lavoro. Inoltre non sei legato alle solite cose, puoi affrontare diversi aspetti della cucina, ti puoi anche permettere di esagerare…».

E quelli negativi?

«La lontananza dei familiari, soprattutto durante le feste, quando non si sta bene, o in certi momenti più particolari».

Caramelle RPMA quali chef si ispira?

«A Pierangelo Cornaro. È sempre stato un idolo per me perché ha fatto cose stupende per la Bergamasca».

Quanto è importante Internet per un ristoratore?

«Internet è diventato essenziale per la ristorazione, abbiamo un sito dove vengono messe foto, eventi e tutto ciò che riguarda il ristorante. Puntiamo soprattutto su Facebook, Instagram e Twitter. Ormai la maggioranza delle prenotazioni arriva da Internet».

Qual è il suo rapporto con le recensioni di Tripadvisor?

«È un sito molto importante. A volte ci sono clienti che non riescono a dirti le cose in faccia e quindi si sfogano su sui siti. Noi cerchiamo di usare tutto ciò per migliorare».

Come sono cambiati la ristorazione e il rapporto con i clienti grazie ai nuovi media?

«È diventato un settore molto competitivo, devi essere sempre al 100% perché se sbagli qualcosa sei crocifisso. Lo stress della cucina è anche dovuto a tutti gli show culinari che trasmettono in tv. Ora tutti pensano di essere chef e vogliono inventare i propri piatti».

Cosa le manca di Bergamo?

«Mi mancano la mia famiglia, la bella cenetta preparata dalla mia mamma, le mie montagne, le escursioni nei boschi in cerca di funghi e le gite al lago».




Formaggi, a Cogne l’affinatore “stellato” è bergamasco

Il sapere e la bravura degli affinatori bergamaschi si fanno strada anche al di fuori dei confini provinciali. E forse non c’è da stupirsi visto che i migliori prodotti orobici rimangono quelli legati al mondo caseario. Capita così, girando dalle parti di Cogne, in Val d’Aosta, di incontrare nello stellato Petit Restaurant, ospitato all’interno dell’Hotel Bellevue, un orobico Doc, trasferitosi ai piedi del Gran Paradiso. Si tratta di Roberto Novali, quarantottenne originario di Leffe che ormai da circa tre lustri cura la selezione di prodotti caseari che finiscono sul carrello dei formaggi. Avvicinatosi alla professione quasi per caso, visto che prima lavorava nel settore del tessile, Novali è diventato un punto di riferimento del ristorante e i clienti si affidino a lui per selezionare i formaggi da degustare al tavolo e per avere delucidazioni sulla provenienza.

D’altro canto il suo è un lavoro meticoloso, che parte dalla selezione dei prodotti freschi da portare a maturazione e passa attraverso le strategie di affinatura, fino ad individuare momento ideale per presentare il formaggio in sala. Con scelte spesso originali. Per fare un esempio, il Parmigiano Reggiano qui viene cosparso di olio di oliva per sopperire alla mancanza di umidità essendo Cogne a 1.500 metri di altezza. E poi c’è stata la decisione, che ormai risale a più di dieci anni fa, di affidarsi solo a formaggi rigorosamente italiani, tra i quali non possono certo mancare quelli bergamaschi. Dal Roccolo alla Formaggella della Val Gandino, dal Taleggio fino ai caprini della Via Lattea, che Novali conta di inserire a breve nel carrello.

Carrello formaggi - Petit Restaurant Cogne - affinatore Roberto Novali

Anche se i rapporti più stretti e proficui sono quelli raggiunti con Alvaro Ravasio di CasArrigoni di Peghera, in Val Taleggio. «Poi – rivela candidamente l’affinatore -, è chiaro che il formaggio più utilizzato qui in Val d’Aosta rimane la Fontina, della quale si fa un utilizzo davvero massiccio. Basti pensare che all’anno ne vengono consumate ben 200 forme, distribuite tra il ristorante, il Bar à Fromage e la Brasserie du Bon Bec in centro al paese. Tutte e tre sono locali della famiglia Roullet che è proprietaria dell’albergo e che possiede anche un alpeggio».

I riconoscimenti per il lavoro svolto, tra l’altro, non sono mai mancati, visto che negli anni, e in un paio di occasioni, il carrello di formaggi curato da Roberto Novali è arrivato alle finali nazionali giungendo sempre tra i migliori d’Italia. Ma non è tutto. Novali si occupa anche dell’orto che si trova vicino all’albergo e dal quale arrivano verdure e erbe per il ristorante, oltre a svolgere, nei due mesi circa durante i quali l’albergo rimane chiuso, opere di piccola manovalanza. Insomma, è un bergamasco tuttofare, che si rimbocca le maniche e che sfodera con nonchalance un dialetto orobico di tutto rispetto. Che forse non è più così complicato da capire per i valligiani e per i clienti dell’albergo i quali ormai conoscono bene l’affinatore bergamasco.

 




“Premio Qualità Italia”, torna il concorso enologico

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Torna il Concorso enologico nazionale “Premio Qualità Italia 2016” organizzato dalla Scuola di Alta Formazione e Perfezionamento Leonardo di Città Sant’Angelo, in Abruzzo.

Il concorso – approvato dal ministero delle Politiche Agricole e reduce da un’edizione, quella dello scorso anno, con cantine di tutte le regioni d’Italia e con numerosi riconoscimenti agli organizzatori – si appresta a registrare una partecipazione ancora più significativa, dal momento che le adesioni stanno arrivando in numero maggiore da molte regioni.

Anche quest’anno l’organizzazione si propone di mettere in evidenza la migliore produzione italiana per le categorie dei vini ammessi al concorso. Il tutto per valorizzare le tipicità italiane e regionali, premiare lo sforzo delle aziende produttrici e stimolare il continuo miglioramento qualitativo dei prodotti contribuendo così alla divulgazione del brand Italia nel mondo.

Le cantine interessate a partecipare devono far pervenire i campioni alla Scuola di Alta Formazione e Perfezionamento Leonardo entro il 3 giugno prossimo. Le degustazioni inizieranno il 15 giugno e la premiazione avrà luogo il giorno 9 luglio.

PremioQualitàItaliaIl regolamento, la scheda d’iscrizione e il verbale di prelievo sono consultabili sul sito ufficiale www.premioqualitaitalia.it e i contatti di riferimento sono: concorso@premioqualitaitalia.it, tel. 085 21963.

I vini premiati saranno oggetto per l’intero 2016 di particolari azioni promozionali da parte della Scuola.
Le categorie di vino a concorso sono:
• Igt (Indicazione Geografica Tipica: rossi, bianchi e rosati)
• Doc (Denominazione di Origine Controllata: rossi annate 2015, 2014, 2013, 2012, 2011 e precedenti, bianchi annate 2015, 2014 e precedenti, rosati)
• Docg (Denominazione di Origine Controllata Garantita: rossi, bianchi e rosati)
• Vini Frizzanti (Rossi Doc e Igt, Bianchi Doc e Igt, Rosati Doc e Igt)

 

 




“Un lago diVino”, a Sarnico fine settimana con le cantine del territorio

Sono ben 35 le cantine che prenderanno posto negli stand in piazza Umberto I e Besenzoni a Sarnico per “Un lago diVino”, la manifestazione che porta in primo piano le produzioni enologiche del territorio, organizzata dall’Associazione Commercianti di Sarnico.

La kermesse si svolgerà sabato 7 (dalle ore 15 alle 22) e domenica 8 maggio (dalle 10 alle 20) e darà la possibilità di conoscere da vicino le aziende della Valcalepio e della Franciacorta, ma anche numerosi ospiti da fuori territorio, dall’Oltrepò Pavese alla Valpolicella, dalle Langhe fino al Salento, alla Sicilia e alla Champagne. Ci sarà spazio anche per distillati, sigari e bere miscelato e per una buona selezione di aziende olivicole, del Sebino, del Veneto, del Salento e siciliane nella sezione della mostra mercato dedicata all’olio di oliva.

Gli assaggi potranno essere effettuati acquistando un ticket al costo di 12 euro, compresi calice e sacchetto portabicchiere. Con la collaborazione della scuola alberghiera dell’Istituto Riva di Sarnico le cantine proporranno degustazioni guidate, mentre Slow Food curerà i laboratori sull’olio extravergine, sui formaggi Castellaccio di Barrique e Gran Tonale in abbinamento al Moscato di Scanzo e su due piatti a base di pesce siluro, ravioli degustati con tre “bollicine” e pasta al ragù di siluro nel migliore abbinamento con Valcalepio bianco (il costo è di 10 euro).

Dalle 16 di domenica andrà in scena il concorso di gelateria artigianale “Gelato diVino”.

Entrambe le giornate saranno animate dai truccabimbi e dal “più divertente gioco a quiz dal vivo”.

Info: Sarnicom 377 9008793

sarnico divino

 




IseodiPinta, in piazza 30 birrifici artigianali

iseo di pinta 2015

A Iseo si rinnova l’appuntamento con “IseodiPinta”, il festival della birra artigianale. Sabato 7 e domenica 8 maggio nel centro storico una trentina di birrifici proporranno le loro specialità. Ci saranno birrai dal centro e nord Italia, alcuni birrifici del Sebino, della Franciacorta e dalle Bergamasca. Dall’Europa, birre danesi, tedesche, norvegesi, inglesi, belghe, olandesi e austriache. Gli stand saranno visitabili sabato dalle 18 alle 24 e domenica dalle 12 alle 22. La manifestazione ha due obiettivi: valorizzare la qualità della produzione artigianale, mettendo in risalto la passione che muove i produttori e avvicinare la domanda a un consumo più etico, rivolto anche alla produzione artigianale e non solo alla grande distribuzione. Sarà proposta anche birra artigianale senza glutine.




Il Seminario Veronelli elegge il nuovo consiglio direttivo. Maculan presidente

Angela Maculan
Angela Maculan

“Il vino non è certo più necessario alla vita che la musica e la poesia. Ma che sarebbe la vita senza la musica, senza la poesia, senza il vino?”. Così scriveva Luigi Veronelli, critico, giornalista e intellettuale che per mezzo secolo ha accompagnato la crescita qualitativa dei vini, dei giacimenti gastronomici e della cucina d’Italia. Un’opera infaticabile a favore della cultura materiale che ancora oggi ispira il Seminario Permanente Luigi Veronelli, associazione senza fini di lucro di cui è stato a lungo Presidente Onorario. A costituire l’Associazione, il 7 aprile 1986, con Veronelli furono alcuni tra i più importanti vignaioli italiani: Piero Antinori, Giacomo Bologna, Marco Felluga, Ambrogio Folonari, Angelo Gaja, Vittorio Vallarino Gancia, Giannola Nonino, Mario Schiopetto e Maurizio Zanella. Il 7 aprile 2016, a trent’anni esatti di distanza, il Seminario Veronelli ha rinnovato i propri vertici con la volontà d’inaugurare un nuovo corso nella diffusione della cultura del vino e degli alimenti.

A presiedere l’Associazione è stata eletta Angela Maculan, figlia di Fausto – promotore attivo del rinascimento del vino italiano – e rappresentante di un’azienda che ha saputo imporsi scrivendo un nuovo capitolo della secolare storia dei vini di Breganze (Vicenza). Definita affettuosamente dal padre “miglior prodotto” dell’annata 1977, Angela racconta d’essere “nata in cantina”, d’aver approfondito la sua passione per la vitivinicoltura attraverso la laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie all’Università di Padova e d’aver appreso sul campo ad occuparsi dell’export dell’azienda familiare: grazie a numerosi viaggi all’estero, infatti, da vent’anni comunica al mondo l’eccellenza della cultura gastronomia italiana. Esperienze entusiasmanti e impegnative che l’hanno resa una professionista concreta, determinata, desiderosa di veder crescere la propria azienda e l’intero comparto vitivinicolo. A lei, dunque, il compito di guidare il nuovo consiglio direttivo, eletto nel giorno esatto del trentennale, una compagine composta da sostenitori convinti dei valori veronelliani, volti e cuori profondamente legati al Seminario Permanente Luigi Veronelli. I nuovi Consiglieri sono: Paolo Pizziol, direttore dell’azienda Villa (Monticelli Brusati, Brescia), Alessio Fornasetti, titolare di Torre San Quirico (Azzate, Varese), Fabio Contini, al secondo mandato da consigliere e patron, con la moglie Annalysa, dell’azienda Rossi Contini (Ovada, Alessandria) e Giuseppe Piazza, co-fondatore di Nordest Innovazione (Vicenza), società di consulenza aziendale per l’organizzazione e la gestione delle imprese con competenze specifiche nel mondo vitivinicolo. Alle esperienze e alle competenze del Consiglio Direttivo si aggiungono quelle di un’équipe coordinata da Andrea Bonini, confermato Direttore del Seminario Veronelli.




Aromatiche, quel tocco in più per ogni piatto

orto botanico valle della biodiversità
La Valle della Biodiversità ad Astino

Una foglia di melissa esalta l’asprezza di una limonata, quella di menta dà vigore a un tè freddo, mentre i fiori di monarda impreziosiscono un anonimo aperitivo. Il rosmarino è adatto a patate e arrosti oppure tritato si può unire all’impasto di soffici focacce e filoncini profumati. L’origano si abbina alla pizza, ma sta bene anche con carne di agnello e di maiale. Il basilico, invece, è da sempre l’ingrediente principe del pesto o della classica pasta al pomodoro. E poi c’è la salvia, inseparabile compagna di burro e pancetta nel condimento dei tradizionali casoncelli alla bergamasca. Insomma, le erbe aromatiche, anche quelle più comuni, conferiscono ai piatti di ogni giorno una nota di gusto.

Ma per condire le loro prelibatezze i veri amanti della cucina casalinga non possono certo rassegnarsi al sapore artificiale di spezie liofilizzate. Così negli ultimi tempi sta crescendo il numero di bergamaschi che preferiscono coltivare sul balcone di casa piantine aromatiche pronte all’uso. Grazie ai loro molteplici principi nutritivi, sono adatte a una dieta sana e rappresentano un valido sostituto del sale. «A Bergamo abbiamo una situazione favorevole e ottimale per la coltura delle erbe aromatiche – spiega Gabriele Rinaldi, direttore dell’Orto Botanico Lorenzo Rota di Bergamo Alta –. Aprile e maggio sono mesi ideali per trovare vivai ben forniti di piante di sicuro interesse per insaporire i nostri piatti. Sul nostro territorio sono attive alcune realtà che producono ortaggi biologici e piante aromatiche, ma questo non vieta al singolo di dotarsi di prodotti a chilometro zero direttamente a casa propria».

orto botanico 3Per trovare la giusta ispirazione per la creazione di un terrazzo profumato potrebbe rivelarsi di indubbia utilità una visita alla Valle della Biodiversità ad Astino. La sezione distaccata dell’Orto Botanico è infatti un piccolo angolo di paradiso dove vengono ospitate circa 300 specie differenti di piante e le loro 1.500 varietà in un terreno che si estende per 9.000 metri quadri di superficie. Unica realtà italiana dedicata interamente alle piante alimentari, la Valle della Biodiversità è stata protagonista lo scorso marzo a Milano dell’area dedicata agli orti botanici della Lombardia nell’ambito di “Fa’ la cosa giusta”, fiera del consumo critico e del vivere sostenibile. Un’occasione unica che ha dato ai visitatori la possibilità di scoprire il mondo dal punto di vista delle piante, attraverso storie, immagini, esperienze sensoriali e semplici esperimenti scientifici. «Ad Astino – racconta Rinaldi – abbiamo parecchie erbe aromatiche, soprattutto della famiglia della lamiaceae. Abbiamo specie declinate in più varietà con sapori particolari come la monarda, le cui foglie hanno un aroma simile al bergamotto e, essiccate, vengono usate nelle bibite, nel tè e nei sacchetti profumati. Ogni anno coltiviamo circa 150 piante con proprietà aromatiche. Le perenni sono visibili già ad aprile, le annuali crescono più avanti».

Per avere sapori sempre a portata di mano anche sul terrazzo di casa, non serve una particolare propensione. Bastano buona volontà, contenitori adeguati e un piccolo spazio: «Coltivazioni in vaso, fioriera, cassone o in un piccolo giardino danno grandi soddisfazioni – conferma Rinaldi –. Ci sono però alcuni elementi imprescindibili: tutte le piantine hanno bisogno di sole, un po’ di acqua e di terriccio di ottima qualità, possibilmente biologico senza residui chimici dannosi. I produttori di piante aromatiche in Bergamasca non sono moltissimi, le colture biologiche, poi, si contano sulle dita di una mano. I consumatori e i ristoratori, invece, dovrebbero essere più esigenti nel preferire le piante biologiche perché garantiscono più sicurezza alimentare e rispetto dell’ambiente».

Tra le piante più gettonate per gli orti casalinghi, spicca la salvia che è presente in natura con una decina di varietà differenti: «Il nome salvia significa salute e, non a caso, ha molte proprietà officinali. Aiuta la digestione dei grassi e ha parecchie qualità dal punto di vista culinario – prosegue il direttore –. Le varietà più eccentriche si possono trovare nelle mostre mercato. Alcuni tipi di salvia hanno sapore di ananas. Altra pianta facile da coltivare è la menta, perfetta nelle tisane o in un’insalata, con le sue varietà: la piperita con foglie appuntite, la menta comune, più opaca e rugosa, la tondifoglie, la marocchina… C’è poi il rosmarino che, lasciato in terra piena, diventa anche di due o tre metri di altezza con un bell’arbusto; il timo che cresce in vasi piccoli; la melissa che è infestante e quindi semplice da far sviluppare sul balcone di casa. E non dimentichiamo l’origano. Il finocchio si coltiva in un vaso da 18 ai 24 centimetri: i semi si usano per la tisana, per il pesce, per il riso, per il pane oppure consiglio di masticarli a fine pasto per una buona digestione».

Seppur ben curato, un orto casalingo non può durare per sempre: «Non illudetevi che le erbe aromatiche siano eterne – conclude Rinaldi –. Pur essendo perenni, dopo qualche anno tendono ad assumere un aspetto dimesso. Eventualmente, per mantenere vivo il nostro orto, si possono fare delle talee. Basta tagliare un rametto da una nostra piantina e farla radicare in un vaso con terreno umido oppure potrebbe essere divertente scambiarsi rametti tra amici per ottenere più varietà».

L’ESPERTO

Calliari: «Ecco come coltivarle in casa»

Gino Calliari
Gino Calliari

La moda di creare orti casalinghi sul balcone ha origini molto lontane. Già ai tempi degli assiri e babilonesi il sovrano Nabucodonosor aveva nel suo giardino pensile un angolo dedicato alle erbe aromatiche. Con la crescente disponibilità del sale, nel corso dei secoli le erbe sono state piano piano confinate a un utilizzo sporadico. Complici le loro proprietà salutari oggi sono però tornate a rivestire un ruolo di primo piano nella nostra cucina. E così, con l’arrivo della primavera, sono parecchi i bergamaschi che con vasi, semi e paletta alla mano si dilettano a far crescere pianticelle aromatiche- sul terrazzo di casa. Gino Calliari ex vivaista esperto in floricoltura e giardinaggio, ci spiega quali accorgimenti seguire e gli errori da evitare per avere erbe saporite e rigogliose.

Quali sono le erbe aromatiche più diffuse?

«La varietà di piante aromatiche è molto vasta. Le essenze più in uso sono salvia, rosmarino, basilico, timo, maggiorana, origano, prezzemolo, erba cipollina, alloro, erba di San Pietro».

Quali sono le condizioni più favorevoli per la coltivazione?

«Quasi tutte amano il pieno sole, più sono esposte, più sono aromatiche».

Come si sceglie il vaso giusto?

«Si coltivano sia in terrazzo, in cassettine oppure in fioriere a ciotola o a cassette, sia in pieno campo, lungo il perimetro dell’orto. Queste erbe aromatiche, quando sono in fioritura, vengono visitate da insetti pronubi che sono utilissimi per l’impollinazione degli ortaggi da frutto come esempio i pomodori, le melanzane, i peperoni, ecc».

Come possiamo proteggere le nostre piantine da insetti e parassiti dannosi?

«Per infestazioni da insetti meglio ricorrere a prodotti a base di piretro oppure di Neemazal, insetticida estratto dalla corteccia della pianta di Neem. Qualora si formassero delle infezioni da funghi tipo oidio, detto anche mal bianco, o maculature sulle foglie, consiglio di utilizzare prodotti bio a base di rame e zolfo».

Con quale frequenza vanno innaffiate le erbe aromatiche?

«L’innaffiatura per le piante in contenitore deve essere abbondante. Poi bisogna lasciare che il terriccio si asciughi quasi totalmente e poi bagnarle di nuovo».

Come si sceglie il terriccio?

«Il terriccio da usare per le fioriere deve essere di buona qualità, invece per le piante dimorate a cielo aperto è sufficiente un terreno di medio impasto con l’aggiunta di concime biologico».

Con che frequenza vanno concimate?

«Durante la stagione vegetativa le piante da contenitore vanno concimate ogni due mesi con concime biologico. Per le piante in piena terra la concimazione va effettuata alla fine dell’inverno e nel mese di maggio».

E quando arriva l’inverno?

«In inverno bisogna tagliare le aromatiche quasi a filo del terreno. Buona norma sarebbe quella di proteggerle al piede con foglie secche, torba, trucioli di legno, corteccia di pino o coprirle con un tessuto non tessuto, preferibilmente bianco. Prima della fioritura è bene togliere il fiore dalla erbe aromatiche in quanto la pianta migliora il suo aroma».

 

Per chi non ha il pollice verde

Produzioni biologiche made in Bergamo

Esiste anche una produzione locale e biologica di erbe aromatiche. A Esamate, frazione di Solto Collina, l’Azienda agricola “L’Asino del Lago”, coltiva una sessantina di varietà di erbe, tra aromatiche e officinali. Sono raccolte a mano esclusivamente nel periodo balsamico specifico per ogni specie e vengono essiccate con un metodo delicato che preserva i principi attivi. Diventano tisane e miscele aromatiche, che vengono confezionate in sacchetti, bustine e barattoli. Si possono trovare i classici salvia, rosmarino, origano, prezzemolo e timo, ma anche piante meno note, come il levistico montano, una sorta di sedano, o i mix di erbe e fiori per grigliate, arrosti, formaggi e minestre.

Anche sui Colli di Bergamo, nell’azienda agricola “Le Sorgenti”, è partita una coltivazione biologica di erbe e piante aromatiche con annesso laboratorio autorizzato per essiccarle, estrarre tinture madri e oli essenziali. L’iniziativa è di Fabrizio Gelmini e Cristian Testa, rispettivamente tossicologo e medico naturopata, con un approccio rivolto ad esaltare le virtù salutistiche delle aromatiche (e sono davvero tante), ma anche a dare la possibilità di utilizzare in cucina aromi biologici e a chilometro zero, come alloro, salvia, timo, menta e melissa. Da non sottovalutare nemmeno il loro l’utilizzo sotto forma di olio essenziale, come aromatizzante e pure per conservare meglio cibi e bevande, grazie al potere antimicrobico e antiossidante.

Acquisti sfusi per assaggiarne di più

Sara Crema
Sara Crema

Chi non ha una particolare propensione per gli orti fai-da-te potrà trovare una lunga serie di spezie, erbe e aromi pronti da mettere in tavola nel Negozio Leggero di via Don Luigi Palazzolo 11 a Bergamo. In questa bottega dedicata all’ambiente, al risparmio e alla buona alimentazione Sara Crema e Claudia Carissoni vendono oltre 1.500 prodotti sfusi dalla pasta alle tisane, dal detersivo al deodorante naturale e una buona selezione di erbe aromatiche. Qui è possibile fare la spesa comprando solo il contenuto e questo permette al cliente di acquistare le quantità necessarie, di provare articoli nuovi e di sperimentare in cucina con spezie, cereali, legumi della tradizione o prodotti etnici e vegan. «La definizione di pianta aromatica viene spesso interpretata in modi diversi – spiegano le responsabili della bottega Sara e Claudia – c’è infatti chi considera anche le spezie delle piante aromatiche. Quelle che noi intendiamo per erbe aromatiche e che si possono trovare nei nostri scaffali sono: origano siciliano da agricoltura biologica, timo, rosmarino italiano, erbe di Provenza (un mix di erbette molto profumato), alloro, maggiorana, melissa, erba cipollina, prezzemolo, dragoncello, menta italiana e da agricoltura biologica. Sono tutti prodotti selezionati Ecologos, un ente di ricerca ambientale applicata che ha fatto della riduzione dei rifiuti alla fonte il suo obiettivo e che svolge attività di ricerca scientifica dal basso coinvolgendo cittadini, amministrazioni pubbliche e realtà private con proposte concrete per un futuro sostenibile. Inoltre vendiamo tutto sfuso. L’assenza di imballaggi permette la riduzione dei rifiuti oltre che la possibilità di acquistare a prezzi accessibili una quantità minima di prodotto se lo si vuole solo provare, così da ridurre anche gli scarti alimentari». Negozio Leggero fa parte di una rete di negozi nata a Torino nel 2009 e oggi è presente in Italia con 12 punti vendita e uno in Svizzera, nel Canton Ticino.




«Vi racconto cosa significa lavorare in un ristorante stellato»

Alessandro Negrini e Fabio Pisani_credits Brambilla_Serrani (5)
Alessandro Negrini e Fabio Pisani – credits Brambilla_Serrani

Aimo e Nadia è uno di quegli indirizzi dai quali non si può prescindere se si vuole entrare in contatto con la storia della ristorazione italiana. Perfino oggi che Aimo ha superato gli ottanta anni di età, che si mostra un po’ meno nel ristorante ed ha passato il timone di comando a una formidabile coppia di giovani e brillanti cuochi, capaci idealmente (e non solo) di unire a tavola l’intera penisola, visto che Alessandro Negrini è un valtellinese Doc, mentre Fabio Pisani arriva dalla lontana Puglia.

Uno degli aspetti più sorprendenti di questo inevitabile avvicendamento nel locale di via Montecuccoli a Milano è stato certamente l’approccio soft, da parte del duo Negrini/Pisani, e la volontà di mantenere lo stile e l’impronta tradizionale della cucina storica, pur con interessanti accorgimenti che hanno saputo portare il ristorante verso uno stile più moderno e lineare. Anche quando si è trattato di presentare i classici della casa o, invece, di stimolare la curiosità del cliente verso nuovi prodotti e delizie del Bel Paese.

L’esperienza a tavola qui diventa un vero e proprio Gran Tour italiano come dicono delizie quali la cicerchia, i calamaretti spillo, i mandarini di Calabria o il bergamotto che spuntano puntualmente dal menù. In attesa di scoprire quali saranno le novità che riguardano Aimo e Nadia per le prossime stagioni, visto che si parla di un restyling della sala e di un dehors esterno tutto ancora da realizzare, abbiamo incontrato uno dei due cuochi, Alessandro Negrini, per capire, tra le altre cose, dove sta andando la cucina italiana e come lavorano ai fornelli i giovani che escono dalle scuole alberghiere. Un discorso curiosamente affrontato proprio nel momento stesso in cui dalla porta d’ingresso del locale faceva capolino un cinese di quindici anni che, prendendo a due mani il coraggio, ha chiesto ai due cuochi di poter fare uno stage presso il ristorante.

Cosa sta accadendo di questi tempi nei ristoranti? Quali sono i trend del momento, le principali novità e cosa chiedono i clienti?

«Non è difficile da dire. Perché se vogliamo è anche quello che ci aspettiamo quando varchiamo la soglia di un ristorante. Si tratta dell’emozione, della capacità di trasmettere attraverso il cibo un’immagine, una persona, un luogo, un pensiero felice. In fin dei conti sono quelle stesse sensazioni che noi abbiamo codificato nel tempo e nella nostra memoria gustativa e che ci piace poi ritrovare nel piatto. Anche per questo la storia e la tradizione qui da Aimo e Nadia sono un valore imprescindibile. Se invece si vuole fare il gioco di quale potrebbe essere l’ingrediente più in voga per il 2016, io dico che saranno le cozze. E in realtà non è un’ affermazione dettata da certezze incrollabili, se non per il fatto che le vedo sempre più presenti in molti menù. Poi sai, tutto accade ciclicamente e come la vita anche la cucina è una ruota che gira. Non dimentichiamo il successo che, ad esempio, hanno avuto le acciughe o l’aceto balsamico nel recente passato».

Black lemon - credits Brambilla_Serrani
Black lemon – credits Brambilla_Serrani

Da parte del cliente c’è anche un approccio più salutista e attento verso quello che si mangia?

«Sicuramente, e non è una questione di opportunità da parte del ristoratore, come molti pensano. In realtà le porzioni nel corso degli anni sono decisamente diminuite ed è un dato di fatto che chi si siede al tavolo fa fatica a mangiare in quantità. Non a caso si tende a star meno seduti al ristorante rispetto a un tempo».

Veniamo a un tasto che in Italia a volte è dolente, quello della formazione dei giovani che escono dalle scuole e vengono catapultati nelle cucine.

«Come sempre in questi casi, conta molto la provenienza del giovane. Ci sono scuole che lavorano bene e altre meno bene. In realtà andrebbe fatta una rigorosa selezione già all’ingresso delle scuole, per scremare chi vede la professione come un bel gioco del momento, grazie anche al successo mediatico di tutto ciò che riguarda il food. In questo modo avremmo dei giovani vogliosi e pronti ad affrontare nel migliore dei modi il mondo del lavoro. Poi c’è da dire che non tutti gli istituti alberghieri possono contare su insegnanti validi e che fanno loro stessi una continua formazione e si aggiornano sulle novità della ristorazione; e questo è un grandissimo problema. Infine manca il lato pratico delle scuole alberghiere, un po’ per questione di investimenti è un po’ perché queste istituzioni sono spesso mosse da meccanismi burocratici che non aiutano. Così il giovane si ritrova da un giorno all’altro a passare dal lato teorico della cucina a quello pratico, con gravi difficoltà. In un mondo che, in qualche modo, è un po’ militaresco».

Da Aimo e Nadia cosa chiedete ai giovani che bussano alla vostra porta?

«Innanzitutto la serietà. Poi un pizzico di curiosità ma sempre restando fermi al proprio ruolo. Negli ultimi anni ho visto troppo spesso da parte di giovani di talento perdere il senso delle proporzioni, voler a tutti i costi correre verso il futuro, quando invece andrebbe prima studiato e conosciuto meglio il passato. C’è sempre la tendenza a voler fare i fenomeni e a non restare umili. Invece se c’è una cosa che ci insegna la cucina di Aimo è l’assoluta grandezza della cucina di tradizione, dell’italianità, di un pensiero genuino da diffondere e interpretare in modo da incuriosire anche le nuove generazioni di clienti che magari si affacciano per la prima volta alla grande ristorazione».

Qual è il lavoro fondamentale per un ristorante che, come Aimo e Nadia, vanta due stelle Michelin?

«Innanzitutto l’accoglienza e l’attenzione per il cliente che deve vivere i suoi momenti nel ristorante come un’esperienza unica. Poi c’è anche la creatività della cucina, ma senza lasciarsi prendere la mano. Altrimenti ci si perde. Invece, la costanza, il rigore, la serietà, la passione permettono di durare più a lungo. Il progetto è sempre quello di migliorarsi, di avvicinare clienti nuovi».

Una bella sfida per due cuochi così diversi per provenienza e background…

«Sì, ma io e Fabio in qualche modo ci completiamo a vicenda. È sempre stimolante e divertente questo dualismo nord/sud che si avverte in cucina anche se poi per entrambi la missione è quella di preservare il gusto primario e il “bambino” creato da Aimo. Con l’idea di riattivare la memoria gustativa attraverso piatti in parte nuovi. Noi percepiamo Il Luogo di Aimo e Nadia come un ristorante che ha una sua forza essenziale e in fin dei conti non ci sentiamo dei traghettatori. Infatti i clienti storici continuano a tornare e a rivivere certe sensazioni. Per assurdo, un giorno io e Fabio potremmo perfino non essere più in cucina, eppure il ristorante continuerebbe a vivere da protagonista».

Non a caso molti sono piatti della memoria…

«Certo, basti pensare alla Zuppa etrusca, con verdure dell’orto, legumi e farro della Garfagnana alle erbe aromatiche e fiori di finocchio selvatico. Con tutte le verdure che vengono cotte separatamente e assemblate solo all’ultimo. Oppure gli Spaghetti al cipollotto fresco e peperoncino, che risale, nella sua prima versione, all’anno 1965. E in mezzo a tutto questa storia c’è anche qualche tocco di Valtellina e di Puglia. Il ricordo delle mie valli lo si incontra subito a inizio pasto, visto che utilizzo il grano saraceno in una cialda croccante con burro e arancia, mentre il sud esce con tutta la sua prepotenza nella Cicerchia con marasciulo, lampascioni e olive, oppure nel raviolo di baccalà con pasta di pane di Matera».

Zuppa etrusca - credits_Brambilla_Serrani
Zuppa etrusca – credits_Brambilla_Serrani