Una serata a tutta birra. Artigianale e bergamasca

Una serata dedicata alla birra artigianale bergamasca. La propone l’Associazione di promozione sociale Avalon, che si occupa di gusto, musica e incontri e si trova in via Angelo Maj 35/C a Bergamo.

Nella serata di martedì 5 aprile sarà di scena il birrificio Via Priula di San Pellegrino con il suo mastro birraio Giovanni Fumagalli che illustrerà i metodi di produzione della birra artigianale bergamasca, racconterà le ricette del birrificio e condurrà la degustazione.

Si assaggeranno 6 birre di cui 2 di tipologia light, 2 medie e 2 strong. Su tutte, la novità di casa, la Maiz, fatta con diversi tipi di mais (Spinato di Gandino, Rostrato Rosso di Rovetta, Nostrano dell’Isola) provenienti da piccole realtà agricole locali. In abbinamento salumi e formaggi tipici. Il costo è di 30 euro.

Prenotazioni tel. 3201832220 – info@vinomediatica.it




Nuovi gusti alla frutta, sfida tra venti gelatieri bergamaschi

Venti gelaterie e 8 allievi delle tre scuole alberghiere bergamasche si sfideranno lunedì 4 aprile a colpi di gelato per aggiudicarsi la quarta edizione del Concorso di gelateria Artigianale, promosso dai Gelatieri bergamaschi aderenti ad Ascom.

Il tema scelto per l’edizione 2016 è “La frutta, abbinamenti di sapori e di colori”. Teatro della sfida l’Istituto Alberghiero “I.I.S. Serafino Riva” di Sarnico, dove a partire dalle ore 16 di lunedì prossimo avrà luogo il concorso che terminerà con la cena di gala e le premiazioni.

Il tema di quest’anno è indirizzato, in particolare, allo studio e all’abbinamento di due nuovi gusti di gelato alla frutta, un tema stimolante, che mette in gioco tutta la creatività e la professionalità dei gelatieri.

I nuovi gusti saranno valutati da una giuria qualificata, presieduta dal Maestro Pierpaolo Magni, fondatore della Coppa del Mondo di Gelateria, e composta da Bruno Federico (Ristorante “La Caprese”), Petronilla Frosio (Ristorante “Posta”), Roberto Proto (Ristorante “Il Saraceno”) ed Elio Ghisalberti (giornalista enogastronomico).

La giuria attribuirà un punteggio a seconda del gusto, dell’originalità e dell’armonia degli abbinamenti ma anche della consistenza, dell’aspetto visivo e dei colori naturali.

Queste le gelaterie in gara

1. Fior di Panna – Almenno San Bartolomeo
2. Mamma Mia – Antegnate
3. Selz Cafè – Clusone
4. Sweet Anastasia – Curno
5. Sottosopra – Dalmine
6. Gelatissimo – Darfo Boario Terme
7. Melograno – Madone
8. Bar Commercio – Osio Sotto
9. Dolce Sogno – Roncola San Bernardo
10. La Gatteria – Sarnico
11. San Marco – Sarnico
12. Mej – Sarnico
13. La Gatta – Sarnico
14. Lo chef del gelato – Trescore Balneario
15. Gelatiamo – Treviolo
16. La Crem – Vertova
17. L’Oasi – Villongo
18. Il Gioppino – Zanica
19. La voglia matta – Zanica
20. Artigel – Zanica

e gli studenti

1. I.I.S. Serafino Riva di Sarnico : Alfredo Salvoldi, Lorenzo Salvoldi e Federica Tambini
2. I.P.S.S.A.R San Pellegrino Terme: Miriana Cassis, Michele Bielli e Alessandra Roncelli
3. I.P.S.S.A.R. Alfredo Sonzogni di Nembro: Silvia Traina e Camilla D’Amico




Ritorna Veg+. Sono 19 i locali 2016 dove si può mangiare vegano

aperitivo-veganoPer mangiare vegano sicuro, di qualità e vario, a Bergamo Ascom e Lav hanno creato una rete virtuosa di ristoranti. L’iniziativa si chiama “Veg +”, è stata creata nel 2014 per rispondere alle sempre più numerose richieste di piatti veg che giungono anche nei ristoranti bergamaschi. Quest’anno ritorna con alcune novità: a partire dai locali aderenti: 19 (nella prima edizione erano 15), di cui 11 sono nuovi ingressi. Sono riconoscibili da una vetrofania con la scritta verde “Veg +. Qui mangi anche vegano 2016»”e propongono in carta piatti privi di prodotti di origine animale e certificati, ciascuno accompagnato dal logo Veg+.

Oltre a sottolineare i valori della dieta vegana, il progetto punta sulla qualità: tutti i piatti veg sono infatti realizzati solo con ingredienti di origine vegetale e sono approvati e certificati da Lav Bergamo e dalla scuola vegana di Sauro Ricci, chef del Joia di Milano, tempio stellato della cucina naturale e vegana, riconosciuto in tutta Italia.

L’obiettivo dell’iniziativa è creare un indirizzario di ristoranti che offrono menù veg sicuri e di qualità e rendere la cucina vegana più accessibile a tutti: a chi ha già optato per questa dieta ma fatica a trovare delle proposte appropriate nei ristoranti, ma anche ai curiosi e a chi si vuole avvicinare a questo stile alimentare.

Il progetto è nato nell’ambito della campagna Cambia Menù di Lav che ha scelto Bergamo come punto di partenza grazie alla collaborazione – la prima a livello nazionale – tra un’associazione commercianti e un’associazione animalista. Ascom e Lav hanno collaborato creando un corso di alta formazione in quattro giornate dedicato a questo stile alimentare innovativo sorretto da forti contenuti etici, svoltosi all’Accademia del Gusto, quindi hanno creato una sorta di regolamento per garantire la qualità e la varietà delle proposte vegane nei ristoranti aderenti.

Quest’anno, a garanzia della qualità, è stato introdotto un elemento in più: una newsletter che raccoglie le recensioni dei clienti e che permette a Lav di dare riscontro ai ristoranti e, se necessario, anche suggerimenti e consigli per migliorare piatti e servizio.

I dati sul fenomeno “veg” parlano di una crescita costante: tra vegetariani e vegani si registra un vero e proprio boom, che ne vede le fila aumentate di circa 11.000 nuove unità alla settimana. Secondo l’Eurispes, nel 2015 l’8% degli italiani ha dichiarato di seguire un regime alimentare privo di carne o derivati animali, facendo registrare un +2% rispetto al 2013. Un importante contributo a questi numeri l’ha certo dato il pronunciamento dell’Oms sui rischi del consumo di carne e derivati per la salute, ma alla base di questo fenomeno c’è un cambiamento trasversale e strutturale delle abitudini alimentari.

Per informazioni sull’iniziativa: lav.bergamo@lav.it.

I ristoranti Veg+

A Bergamo
  • Sweet Irene
  • Ristorante Giopì e Margì*
  • Farina & co*
  • Hostaria San Lorenzo
  • Roof Garden (Hotel San Marco)
In provincia
  • Ristorante La Taverna* – Sotto il Monte Giovanni XXIII
  • Ristorante Da Franco* – Seriate
  • Settecento* – Presezzo
  • La Vacherie* – Brusaporto
  • Ristorante Vecchi Ricordi* – Cene
  • Il Borgo Zen Albergo della salute* (per gruppi solo su prenotazione) – Taleggio
  • Ristorante Donnarumma* – Songavazzo
  • La Marina Ristotel* – Pontida
  • Ortofrutta Valietti, gastronomia* – Zanica
  • Villa Pighet – Ponteranica
  • Ristorante Dè Firem Rostec – Misano Gera d’Adda
  • Ristorante Cadei – Villongo
  • Hotel Villa delle Ortensie – Sant’Omobono Terme
  • Albergo della Torre – Trescore Balneario
* nuovi aderenti



All’Accademia del Gusto arriva lo chef Lopriore. «Ecco come si riconosce una grande cucina »

Paolo Lopriore
Paolo Lopriore

Qualcuno lo indica come il vero genio creativo della cucina italiana contemporanea, altri lo accusano di fare una proposta troppo difficile e incomprensibile.

Allievo prediletto di Gualtiero Marchesi, Paolo Lopriore sarà all’Accademia del Gusto di Osio Sotto lunedì 4 aprile in un incontro – dalle 14 alle 19 – rivolto a chef e ristoratori che darà l’opportunità di conoscere da vicino la sua tecnica, la sua passione e il suo talento.

Spirito libero e carattere riservato, è senza dubbio uno dei personaggi più sorprendenti. Ha saputo scavalcare regole e dogmi della cucina e ha teorizzato un nuovo modo di fare ristorazione che alleggerisce la sacralità che aleggia nelle sale dei grandi ristoranti dando un ruolo da protagonista ai clienti. La sua idea è ritornare alla convivialità a tavola, con i commensali che decidono in prima persona come comporre il piatto, lo porzionano e lo condividono «perché condividere è un gesto che rispecchia l’italiano».

Ma la sua intuizione va oltre. Anche il rapporto tra sala e cucina cambia: immagina un supercameriere, alterego dello chef, un oste 2.0 che spiega i piatti, ma anche il territorio e, più in generale, il pensiero gastronomico.

Alle sue spalle, Lopriore ha un percorso intenso: inizia da Gualtiero Marchesi, ha una breve esperienza all’Enoteca Pinchiorri in Toscana, poi ancora con il maestro nel suo ritiro di Erbusco; quindi, a metà degli anni Novanta, la Francia (prima da Ledoyen poi da Toisgros con Michel Porthos) e la Norvegia alla Bagatelle di Oslo, a cui segue la rentrée all’Albereta, con un’altra stella della cucina italiana, Enrico Crippa, con il quale dà vita al Menù Oggi, una carta che ancora alcuni ricordano per la ricchezza di sensazioni. Dieci anni intensi al Canto della Certosa di Maggiano e i fornelli di Kitchen a Como. Dopo una breve parentesi al Tre Cristi di Milano, a maggio tornerà in pista con un locale tutto suo, ad Appiano Gentile, nella terra natale. «È un progetto ancora in divenire. Quello che posso dire è che sarà la somma delle mie esperienze precedenti: Siena e il lavoro sull’ingrediente, Como e il cambiamento legato al territorio e al clima, Milano e lo studio sulla tavola. Si chiamerà “Il Portico”, come la vecchia cartoleria che c’era prima».

Come ha capito di volere fare il cuoco?

«I miei genitori desideravano che facessi l’Alberghiero. La passione è arrivata dopo. Il merito va a mia madre, una grande appassionata, che mi portava a scuola ogni giorno, e ai miei insegnanti che mi hanno coccolato nel mio percorso e nella mia scelta».

È stato in Francia, in Norvegia e da Marchesi, il guru della cucina italiana. Cosa ha preso da ciascuna di queste esperienze?

«In Francia sono stato in uno dei locali più innovativi. Lì ho preso la parte organizzativa del lavoro; c’era una proporzione ben equilibrata tra lavoro, clienti e staff e questo equilibrio è molto importante. Dalla Norvegia, e parliamo della Norvegia di vent’anni fa, ho imparato la libertà. Non c’era una storia culinaria quindi era possibile fare tutto. Da Marchesi dico sempre che ho preso il gusto, mentre il palato lo devo a mia mamma».

Marchesi ha detto che il vino gli fa schifo e non ne beve da 17 anni. È d’accordo?

«Noto con piacere che il vino non è più un passatempo a tavola, che si beve di meno e più di qualità. Il vino mi piace, ma non mi va l’abuso e non mi piace neppure l’aprire una bottiglia come gesto di prestigio. Il vino deve fare parte della tavola, per me ha il compito di accompagnare i piatti, ma non credo nell’abbinamento».

Alcuni critici gastronomici la considerano un genio assoluto. Marchesi l’ha eletta suo erede e il più dotato dei suoi ex allievi. È stato chiamato visionario, coraggioso, ermetico. Lei come definirebbe la sua cucina?

«Essenziale, non decorativa, concentrata sulla materia e sulla cottura, senza distrazioni e senza obblighi verso la guarnizione del piatto e verso chi mangia. A cottura ultimata sono i clienti a decidere quantità di salse e condimenti da usare per completare il piatto».

A fine gennaio ha partecipato al Congresso internazionale di gastronomia “Madrid Fusion”. Cosa significa fare avanguardia in cucina?

«Significa andare a semplificare i gesti quotidiani, mettere la propria fantasia nella tecnica. Da questo incontro sono nati grandi piatti».

Quale consiglio darebbe a chi vuole aprire oggi un’attività?

«Io mi sto spostando sulla ripetizione degli ingredienti: mi focalizzo su un ingrediente e ruoto le cotture per costruirci intorno un menù. Oggi questa può essere una nuova frontiera: partire da un animale di grossa taglia per i grandi eventi e da polli, galline e conigli per tavoli da due-quattro persone e creare diversi piatti. Non bisogna avere paura di ripetere un ingrediente, in Italia abbiamo un palato che apprezza la monotonia e riconosce le sfumature».

I clienti migliori sono gli italiani o gli stranieri?

«Sicuramente gli italiani, abbiamo un linguaggio comune. La soddisfazione al tavolo è diversa. Far capire allo straniero la nostra identità è più difficile».

C’è un ingrediente che non cucina?

«Mi piace tutto. È la curiosità che porta alla creatività. Non ho paura di sperimentare. Poi magari lo misuro, ma lo uso. Ho fatto anche salse di sangue».

Qual è il piatto più difficile da cucinare?

«Quello che non si sente dentro. Il gesto è una delle cose più importanti. Fa la differenza anche come vengono tagliate le cipolle, come vengono unite al pomodoro, come si versa l’olio. L’insieme di questi gesti».

Cosa pensa di Masterchef?

«Il format non mi appartiene, ma ho grande rispetto per chi lo fa. Sono professionisti, non dicono stupidaggini».

Come si riconosce una grande cucina?

«Dai punti cardine della cucina italiana: cotture ben eseguite, rispetto degli ingredienti, buon bilanciamento di sale, olio, burro. È sempre più difficile daottenere, c’è una crescente spinta a cuocere espresso».

E cosa fa grande un ristorante?

«Ci vorrà ancora qualche anno per arrivare al ristorante perfetto».

Qual è l’errore che un bravo ristoratore non dovrebbe mai fare?

«Pensare che il cliente conosca sempre meno di te, sottovalutarlo. Bisogna renderlo importante perché è venuto a trovarti, è alla tua tavola e ti dà anche dei soldi».

Uno chef tristellato poco tempo fa si è ucciso in Svizzera. Era stato truffato ma comunque era sotto pressione da tempo. Le stelle logorano?

«Possono creare molto stress, dipende da come vengono vissute. Io nel tempo ho subito dei cambiamenti di rotta e li ho sempre vissuti come punti di inizio. Quando si adottano sistemi che non ci appartengono ne soffriamo. La classificazione delle stelle è nata dalla Francia, noi l’abbiamo adottata ma non ci rappresenta, per questo a volte andiamo in confusione. Dovremmo avere una nostra identità ristorativa e su questa essere giudicati».

Crede che il web abbia portato benefici alla ristorazione?

«I social network e le recensioni on line tolgono ossigeno a chi lavora. Ci andiamo sempre a rapportare a un mondo che non ci dà la sua faccia. Non li amo molto. La nostra mente si riempie e non riusciamo più a liberarla».

Conosce chef o ristoranti di Bergamo? Se sì, quali apprezza?

«Il ristorante Da Vittorio della famiglia Cerea».

  • Per informazioni e iscrizioni alla lezione di Lopriore: Accademia del Gusto – tel. 035 4185706-707 – www.ascomfomazione.it



Ricette con gli anacardi per aiutare Sierra Leone

Mirko Ronzoni - foto Paolo Carlini
Mirko Ronzoni – foto Paolo Carlini

Quando la cucina può dare una mano allo sviluppo di una comunità. Succede con il concorso “Ricette di Cuore”, che ha per testimonial e “premio” lo chef bergamascao Mirko Ronzoni, vincitore della seconda stagione di Hell’s Kitchen Italia.

L’iniziativa rientra nel progetto “Un cuore per la Sierra Leone” dell’organizzazione non governativa milanese Coopi, Cooperazione internazionale, che punta sulla coltivazione dell’anacardio per rafforzare la sicurezza alimentare e contrastare la povertà nei distretti rurali di Port Loko, Bombali e Kambia. Il progetto sostiene 1.200 contadini, 400 donne e 48 cooperative agricole impegnate nella filiera di produzione e commercializzazione degli anacardi, grazie al contributo dell’Unione europea e della Fondazione Cariplo, all’appoggio di Comune di Milano, Regione Lombardia e al partenariato con l’Università di Milano, il Politecnico di Milano e Coop Lombardia.

L’anacardio è uno dei più importanti alberi da noci, si colloca al terzo posto nel commercio internazionale dopo le noci (29%) e le mandorle (21%). In Africa si coltivano circa il 45% degli anacardi del mondo, ma la lavorazione e la commercializzazione è a tutt’oggi molto limitata, sebbene abbia grandi potenzialità. Il frutto secco è saporito ed ha molteplici proprietà benefiche: fa bene al cuore, alle ossa, al buon umore.

Per partecipare basta registrarsi sul sito uncuoreperlasierraleone.org e inviare la propria ricetta a base di anacardi, entro il 5 maggio. Gli autori delle 20 migliori ricette potranno assistere ad un esclusivo show cooking live di Ronzoni, che mostrerà ai vincitori come l’anacardio, un seme a forma di cuore, possa essere utilizzato in tante gustose ricette.




Birra e cucina, un matrimonio di gusto

“Se ami il cibo, ma conosci solo il vino, è come se cercassi di comporre una sinfonia con solo metà delle note e metà orchestra”. Oliver Garrett, il celebre birraio americano della Brooklyn Brewery ne è convinto. Ogni prelibatezza gastronomica può sposarsi alla perfezione non soltanto con un bianco fermo o un buon rosso ma anche con una birra di qualità. Basta scegliere quella giusta.

Ma se in America e nei Paesi nordici questo binomio è ormai un’abitudine consolidata, per una terra più legata al vino come la Bergamasca, e l’Italia intera, si tratta di una tendenza di più recente espansione.

Sono stati i giovani, abituati a viaggiare all’estero e alla costante ricerca di qualcosa di alternativo, i primi ad apprezzare la cultura brassicola, soprattutto durante le sagre e le Oktoberfest. Ed ora questa antica bevanda, le cui origini risalgono alla Mesopotamia, ha letteralmente conquistato un pubblico più maturo, andando ben oltre il banale accostamento con la pizza o i crauti. In molti ristoranti, anche di alta cucina, non è raro trovare accanto alla carta dei vini una ricca gamma di bionde, rosse o stout in grado di esaltare o contrastare ogni sorta di cibo. E c’è chi addirittura mette la birra in tavola durante i pranzi di gala.

Tra i pregi di questa bevanda fermentata a base di acqua, malto, luppolo e lievito spiccano la versatilità, la moderata gradazione alcolica e un prezzo più contenuto rispetto al vino. La tavolozza di profumi e stili offerta dalla birra è ormai tra le più sofisticate. Ecco perché, prima di decidere a quale piatto abbinarla, va assaggiata, a meno che non ci si affidi ai consigli di esperti del settore come il biersommelier. Da quando la birra è stata messa al pari del vino, infatti, in Italia si è andata sempre più affermando questa nuova figura
professionale che in Germania esiste già da tempo.

La regola generale è che la birra deve essere robusta e intensa quanto le pietanze a cui viene accostata: il connubio risulta particolarmente riuscito se c’è qualche sapore o aroma in comune. Birra e formaggio, per esempio, dovrebbero essere entrambi aciduli. Gli ingredienti leggermente amari della birra stimolano l’appetito. E allora perché non iniziare il pasto con una birra leggera per pulire il palato e preparare lo stomaco al cibo? Veniamo poi ai primi. Alle zuppe leggere si accosta una chiara e secca; alle minestre, invece, una maltata come la Scotch Ale. Parlando di secondi, una Ale chiara, caratterizzata dal forte aroma del luppolo, va d’accordo con le insalate verdi, mentre le birre amare sono adatte a quelle condite con aceto. Con bistecca o roastbeef meglio optare per le scure, mentre le birre di luppolo secche contrastano il piccante dei piatti esotici. Via libera, invece, alle chiare per pesce e pizza.
La birra si sposa bene anche con il dolce: una Doppelbock, al delicato gusto di ciliegia, o una Imperial Stout sono perfette con il cioccolato. Per le torte fruttate meglio una Lambic. E per chiudere il pasto si consiglia una birra “pesante” ma dolce che faciliti la digestione.

In Bergamasca oggi ci sono locali specializzati tra i migliori d’Italia e parecchi birrifici riconosciuti su scala nazionale anche da specialisti del settore come la Guida alle Birre d’Italia curata da Slow Food. Tra i più famosi spiccano Endorama di Grassobbio, Hammer di Villa d’Adda, Hopskin di Curno, Sguaraunda di Pagazzano, Maspy di Ponte San Pietro. E poi c’è la Elav di Comun Nuovo che ha lanciato un’originale versione della Vienna Lager preparata con la polenta, sfruttando le croste che restano attaccate al paiolo. Da segnalare anche il birrificio Valcavallina di Endine Gaiano e il Via Priula di San Pellegrino che lo scorso febbraio si sono aggiudicati un secondo e un terzo posto all’11esima edizione del premio Birra dell’anno, promosso dall’associazione Unionbirrai.

A conferma della sempre più marcata attenzione al connubio tra birra artigianale e cibo, è nato il primo concorso internazionale Armonia “Birra nel piatto”, che premia l’utilizzo delle birre in cucina e nella ristorazione.

I locali: «Etichette selezionate danno una marcia in più alla proposta»

Le esperienze di De Gusto, In Croissanteria e Fiore dell’Oste

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Luca Carrara

In un mercato sempre più competitivo, esibire una carta delle birre ricca e dettagliata sta diventando un punto di forza per parecchi locali. Meglio ancora se il ristoratore sa suggerire al cliente il connubio ideale tra cibo e birra. In gioco non c’è la classica pizza abbinata a una bionda ma una vasta gamma di ricette, dall’antipasto al dolce, che ben si sposano con stout e bevande luppolate prodotte artigianalmente. «La sfida è unire la buona birra alla buona cucina, affiancare alla paziente spillatura la preparazione di piatti curati e ricercati, arrivando a creare un locale accogliente e prezioso, laddove il valore è dato dal gusto per ciò che si prepara e si serve», racconta Luca Carrara, 32enne che da agosto 2014 gestisce il De Gusto in via del Lazzaretto all’incrocio con via Baioni, a Bergamo. In meno di due anni questo risto-pub cittadino è balzato in vetta alle preferenze degli internauti su Tripadvisor e non solo. Merito anche dei suoi tre cuochi bergamaschi William Bertocchi, Jonathan Signorelli e Cinzia Mismetti che, dopo gli studi all’alberghiero di Nembro, hanno viaggiato molto per scoprire tutti i segreti della cucina internazionale. Ciò che ne deriva è un menù in costante evoluzione che varia a seconda delle stagioni.

Tra le proposte inserite di recente al De Gusto spiccano il risotto alla valtellinese, il merluzzo con piselli e liquirizia, la selezione di formaggi, il tutto accompagnato da birre alla spina: Canediguerra Bohemian Pilsner, Brown Porter, Rodenbach Grand cru, Hilltop Barry’s bitter, Endorama Buendia, Carrobiolo Triple. «L’obiettivo – afferma Carrara – è riuscire a far apprezzare la birra anche in momenti in cui non è abituale berla, come l’aperitivo e la cena; abbinare la birra a tapas e piatti golosi e stuzzicanti è un modo per valorizzarla al meglio».

in croissanteriaIn linea con la moda del momento Nicolò Vezzoli, titolare della pasticceria In Croissanteria di Carobbio degli Angeli, ha fatto un cambiamento radicale negli ultimi tre mesi. Dopo l’esordio dolce, con vendita di pasticcini e brioche, oggi ha allargato la sua offerta proponendo uno street food di qualità per il pranzo e la cena, il tutto abbinato a una vasta selezione di birre artigianali. E i consensi non tardano ad arrivare: «Pur non essendo una birreria nel vero senso del termine, il nostro giro di clientela sta aumentando – dice Vezzoli –. Abbiamo aperto come pasticceria ma poi abbiamo pensato di aggiungere piatti più strutturati che si avvicinano allo street food, dagli hamburger ai cibi etnici rivisitati, dall’astice canadese alla pizza gourmet, il tutto accompagnato da una delle nostre tre birre artigianali: la bionda, la rossa e la Indian Pale Ale. La prima si adatta bene a cibi leggeri come il nostro hamburger “Italo” con burrata e pesto. La rossa sta bene con piatti più strutturati come l’hamburger con il cheddar, il bacon e l’insalata. La Ipa, invece, è più amarognola, di nicchia, per intenditori, deve piacere. Interessante è anche l’accostamento tra la birra e le quattro pizze gourmet che stiamo inserendo nel menù. Si tratta di pizze alternative che hanno in prezzo dai 15 ai 25 euro perché farcite con ingredienti selezionati: gambero rosso, burrata, pata negra, trancio di tonno scottato, gamberi avvolti nel bacon».

Anche Cristian Borace, titolare del Fiore dell’Oste di Brusaporto, ha deciso di allargare la sua offerta culinaria affiancando al suo consolidato ristorante il “Forno dell’Oste”, uno spazio adibito alla degustazione di birre artigianali e buon cibo. «Il vino la fa sempre da padrone – ammette Cristian – però quando organizziamo le serate di degustazione cibo e birra il riscontro è positivo». E poi c’è un notevole risparmio rispetto al vino: «Si passa dai
20 euro di una buona bottiglia di vino ai 12 euro di una birra da 750 ml – conferma Cristian –. La più leggera è la classica bionda Ale non pastorizzata e non filtrata ad alta fermentazione, con un grado alcolico del 5%. Con il suo aroma maltato leggero, morbido, dal sentore di erbaceo e di miele, si abbina
agli antipasti o alla classica pizza.Le birre doppio malto leggermente dolciastre si sposano coi taglieri di formaggi; quelle più strutturate stanno bene anche con i dolci. Usiamo la birra anche come ingrediente nella preparazione di risotti, stufati, ma anche di pane e torte. Tra i nostri piatti forti spiccano il risotto pancetta e birra rossa, gli gnocchi ceci e birra, le costine di
maiale e lo stinco alla birra. Con la birra ho persino preparato il tiramisù e il caramello».




Giornata europea del gelato, a Bergamo si celebra in 44 gelaterie

Locandina Giornata Europea del Gelato - 2016Sono 44 le gelaterie bergamasche che quest’anno hanno aderito alla Giornata Europea del gelato artigianale. L’appuntamento è giovedì 24 marzo e in provincia di Bergamo è promosso dai gelatieri aderenti all’Ascom.

L’evento è stato istituito nel luglio 2012 dal Parlamento di Strasburgo per promuovere il prodotto artigianale e ricordare le sue qualità. A coordinarlo è Artglace, la Confederazione che riunisce le associazioni nazionali di gelatieri dell’Ue, che ha scelto di valorizzare di anno in anno tipicità dei territori delle nove nazioni aderenti. Questa è l’edizione del Belgio e il gusto che lo rappresenta è “Poire Royale”, gelato di pera, variegato con marmellata di mela e pera e i tipici biscotti speziati, gli speculoos, sbriciolati. Le gelaterie saranno riconoscibili per la vetrofania e la locandina con il nuovo “look” della “Giornata”.

Ecco chi partecipa

In città

Tassino Eventi, Cherubino, Frigidarium.

In provincia

Franca (Albino), Fior di Panna (Almenno San Bartolomeo) e Petite Fleur (Almenno San Salvatore), Rosa (Arcene), Sofia Pasticceria (Boltiere), Nevelatte (Brembate), Willy Wonka (Capriate San Gervaso), Da Giò (Chiuduno), Artigiana Gelati, Selz Cafè (Clusone), Pezzotta (Costa di Mezzate), Gelateria Benghy (Costa Volpino), Sottozero (Curno), Iceberg (Fontanella), Agriall (Grassobbio), N-Ice (Grumello del Monte), Franca (Leffe), Artigiana Gelati (Lovere), Willy Wonka (Medolago), Bar Commercio (Osio Sotto), Gelateria Margot (Palosco), Gelatteria (Pedrengo), Nevelatte (Pontida), Capriccio 84 (Presezzo), Tosseghini Franca, Il Borgo Antico (Romano di Lombardia), Dolce Sogno (Roncola San Bernardo), La Gelateria (San Pellegrino Terme), La Gatta, Mej (Sarnico), Paradiso del Gelato (Seriate), Nonno Mino (Terno d’Isola), Rubis (Torre Boldone), Lo Chef del Gelato (Trescore Balneario), Gelatiamo (Treviolo), Nevelatte (Verdello), La Crem (Vertova), L’Oasi (Villongo), Artigel, Il Gioppino e La Voglia Matta (Zanica).

 




Vinitaly, 13 le aziende bergamasche al Pala Expo Lombardia

vinitaly 2013 - 36Vinitaly rappresenta da 50 anni a questa parte l’appuntamento più importante per il mondo del vino. Anche nel 2016 il Consorzio Tutela Valcalepio sarà presente al Pala Expo Lombardia presso gli spazi B8-C8 quale unico rappresentante dell’enologia bergamasca, con il suo stand collettivo dal 10 al 13 aprile. Sono 13 le aziende che rappresenteranno le Doc e le Igt di Bergamo durante la quattro giorni di Verona. Ci saranno le aziende più grandi ma anche alcune di dimensioni più ridotte per mostrare in maniera quanto più fedele possibile il variegato panorama aziendale della provincia orobica. Sono: 4R – Villa Domizia, Cantina Sociale Bergamasca, Cascina del Bosco – Lorenzo Bonaldi, Castello degli Angeli, De Toma, Il Calepino, Il Cipresso, La Rovere, La Tordela, Locatelli Caffi, Medolago Albani, Tallarini e Tosca: ecco i 13 protagonisti di questo cinquantesimo Vinitaly.

Nello spazio dedicato a Bergamo non mancheranno gli appuntamenti con la gastronomia tipica, organizzati anche quest’anno in collaborazione con la Camera di Commercio di Bergamo che lancerà il nuovo progetto “De Casoncello. Storie di Bergamo e di Casoncelli” proprio a Verona durante una conferenza stampa che si svolgerà lunedì 11 aprile 2016 alla Sala Respighi del Pala Expo Lombardia.

Ma Bergamo è anche fulcro del progetto ERG 2017 che vede uniti i territori di Bergamo, Mantova, Brescia e Cremona per una sempre maggior promozione e conoscenza delle eccellenze enogastronomiche. Il progetto ERG nel suo complesso e nello specifico la Cantina di ERG, che verrà realizzata presso Domus Bergamo, saranno presentati alla stampa durante una conferenza stampa martedì 12 aprile, allo spazio polifunzionale del Padiglione Lombardia.

Immancabile anche il banco d’assaggio dedicato ai vini che si sono aggiudicati una menzione all’11° Concorso Enologico Internazionale “Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet Insieme” nello spazio D8 del Pala Expo Lombardia. Numerosi inoltre gli aggiornamenti social, appositamente pensati per far vivere la frizzante atmosfera della fiera anche a chi non potrà essere fisicamente presente a Vinitaly. Oltre che al Pala Expo Lombardia B8-C8, si può vivere il Vinitaly firmato Consorzio Valcalepio su Facebook alla Pagina del Consorzio, sul profilo Instagram @consorziotutelavalcalepio e su Twitter @Valcalepio.




Un’idea per Pasquetta? Il picnic con gli agricoltori al Castello di Malpaga

Dopo l’exploit del debutto, lo scorso anno con 7mila visitatori (guarda la gallery), al Castello di Malpaga (Cavernago – Bg) torna lo speciale picnic di pasquetta con i prodotti agricoli. “Picnic ed enogastronomia al Castello di Malpaga” è il titolo della manifestazione che Confagricoltura Bergamo e il Castello di Malpaga organizzano lunedì 28 marzo, con la partecipazione di aziende agricole provenienti dal nord Italia che metteranno in vetrina e venderanno le proprie eccellenze enogastronomiche.

L’intenzione è quella di valorizzare in modo congiunto il patrimonio storico,  culturale ed enogastronomico dell’area e soprattutto ripetere il grande successo della prima edizione, testimoniato dai lusinghieri riscontri registrati sia tra il pubblico sia tra gli operatori.

Confagricoltura - pasquetta Malpaga (7)Mangiare e bere bene sarà il vero valore aggiunto della gita di Pasquetta 2016. L’aia si animerà di aziende agricole dalle quali si potranno acquistare piatti e prodotti da gustare nel fossato della dimora che fu del condottiero Bartolomeo Colleoni, utilizzando come sedute e appoggi rustiche ma comode balle di fieno. Basterà portarsi il cestino e un plaid, passeggiare tra i ben 30 espositori e comporre il proprio pranzo, spuntino o merenda acquistando tra ciò che piace di più. La scelta sarà davvero ampia e comprenderà proposte di cucina come risotti e polenta o persino le lumache, in tema con l’atmosfera d’altri tempi, e poi formaggi vaccini e caprini, salumi, birra agricola artigianale, vino, e ancora miele, confetture, olio per riempire la dispensa di casa di tipicità.

Confagricoltura - pasquetta Malpaga (11)L’evento diventerà quindi il palcoscenico di tutto quanto c’è di bello, buono e soprattutto di qualità nel panorama enogastronomico. Sarà inoltre possibile ammirare un’esposizione di carrozze e addirittura salirci per un suggestivo giro per le vie del borgo. L’associazione Malus Pagu, contattata per animare la giornata, proporrà coreografie medievali finalizzate al coinvolgimento del pubblico e il tutto sarà accompagnato da musica del quattrocento; l’intervento poi di un simpatico e bravo giullare intratterrà la gente accorsa con iniziative goliardiche.

Saranno inoltre organizzati laboratori del cioccolato in collaborazione con Slow Food Bergamo e per i più piccoli, oltre ad aree didattiche e ludiche, ci sarà la possibilità di cimentarsi in una gincana tra balle di paglia alla guida di piccoli trattori a pedali.

Grazie alla recente convenzione fatta a livello nazionale con Confagricoltura saranno anche presenti alcuni asini dell’associazione “Asini si nasce… e io lo nakkui”. Sarà un piacevole momento per capire il modo corretto di accudirli e di curarli, i loro interessi e i loro desideri, le loro somiglianze e le loro differenze, il loro modo di comunicare e di collaborare, di giocare e di corteggiarsi.

La Bergamasca sarà ben rappresentata, con un buon gruppo di aziende agricole molto attivo e ormai ben collaudato. «Ben vengano iniziative di questo tipo e fa molto piacere che un settore come quello agricolo sia ancora molto attivo e dinamico», commenta il presidente di Confagricoltura Bergamo Renato Giavazzi. «Come Confagricoltura Bergamo stiamo investendo molto sulla vendita diretta. Il nostro impegno ad alcune fiere di settore e il successo del mercato agricolo alla Cascina Carlinga di Curno ne sono le testimonianza. Sono i nostri associati e le nuove realtà agricole che lo richiedono con determinazione».

L’ingresso alla manifestazione è gratuito. All’interno del Castello ci sarà la possibilità di effettuare visite guidate a pagamento tutto il giorno, dalle 10 alle 18. I visitatori avranno l’occasione di scoprire i segreti del Castello con i racconti delle guide vestite in abiti d’epeoca e ammirare i bellissimi affreschi presenti all’interno delle Sale.

Per maggiori informazioni: www.castellomalpaga.it




Divieto ai minori e ticket d’ingresso a 80 euro. Quando il Vinitaly ci spiazza

Vinitaly rappresenta da 50 anni a questa parte l’appuntamento più importante per l’enologia nazionale ed internazionale. Anche quest’anno il Consorzio Tutela Valcalepio sarà presente al Pala Expo Lombardia quale unico rappresentante dell’enologia bergamasca, con il suo stand collettivo dal 10 al 13 aprile. Nello spazio dedicato a Bergamo non mancheranno poi gli appuntamenti con la gastronomia tipica, organizzati anche quest’anno in collaborazione con la Camera di Commercio. Numerosi anche gli aggiornamenti social, appositamente pensati per far vivere la frizzante atmosfera della fiera anche a chi non potrà essere fisicamente presente a Vinitaly.

A tale proposito, due sono le riflessioni che sorgono spontanee nel momento in cui si sceglie di informarsi meglio sul 50° Vinitaly: il costo del biglietto e un particolare divieto di accesso.

L’Ente Fiera ha scelto di posizionare il costo del biglietto giornaliero ad un livello davvero alto: 80 euro. Una cifra elevata che, nelle speranze degli organizzatori, dovrebbe decurtare il numero di avventori “non desiderati”. Una delle conseguenze sarà l’allontanamento di una parte del pubblico appassionato e non solo. Vero è che la manifestazione nasce come momento d’incontro a livello professionale ma, a mio parere, dovrebbe comunque mantenere il suo aspetto di importante appuntamento anche per le persone desiderose di apprendere e conoscere. Non vorremmo mai che il pubblico iniziasse a considerare il vino un bene di lusso, qualcosa di riservato ad un elite, errore già commesso in passato e da cui dovremmo trarre opportuno insegnamento. Non solo, se il fine fosse quello di elevare la “qualità” dei visitatori, la domanda che mi pongo è perché mai l’operatore professionale debba pagare questa cifra.

Nella stessa direzione va anche la seconda informazione che si apprende dal sito della manifestazione. Si legge esplicitamente che “Per il mantenimento dello standard professionale, Vinitaly è aperto esclusivamente agli operatori specializzati, maggiorenni: non è permesso l’ingresso ai minori di 18 anni anche se accompagnati”. Ancora una volta si sceglie la strada della demonizzazione di un settore, quello enologico, che, non va mai dimenticato, vive e cresce grazie all’apporto del pubblico consumatore. Importante, quindi, mantenere professionale la manifestazione ma fondamentale, a mio parere, è non perdere di vista la cultura e la tradizione che questo comparto rappresenta per noi. Da produttore (vale anche per i ristoratori) mi chiedo perché mai non possa portare con me i miei figli minorenni, per far vivere a loro una esperienza concreta

del lavoro che ci permette di vivere. Come recita il motto della fiera “Da un grande passato nasce un grande futuro”, mi chiedo, perciò, come possiamo trasmettere certi valori senza avere a fianco i nostri giovani. Non ci resta che aspettare Vinitaly e solo ad aprile potremmo trarre le dovute conclusioni.