Con i sommelier alla scoperta dei vini rossi dal mondo

Il nuovo mondo enologico è una realtà con grandi potenzialità. È il chiaro concetto emerso dal primo incontro-degustazione dell’anno “Vini rossi dal mondo”, organizzato dalla delegazione di Bergamo dell’Associazione Italiana Sommelier. L’evento si è tenuto a Villa Patrizia di Petosino, il ristorante gestito da un sommelier “storico” come Antonio Lecchi.

Introdotto dalla delegata provinciale dell’Ais, Roberta Agnelli, Guido Invernizzi, docente Ais – alle spalle numerosi viaggi nel mondo per visitare i territori vinicoli – ha presentato i nuovi vini, le loro sensazioni olfattive e gustative.

Le produzioni servite sono state spiegate con il supporto video per far meglio comprendere anche il contesto geografico visto che le 6 cantine selezionate sono sparse in mezzo mondo. La degustazione ha confermato la qualità, anche a prezzi interessanti, di molte di queste nuove realtà, oltre alla tipicità unica di alcuni vitigni.

Abbinati ai piatti preparati dalla brigata di Villa Patrizia, sono stati serviti: Malbec Norton Barrel (Argentina), Karasi Areni (Armenia), Jura “L’ami  Karl” Domaine de la Pinte (Francia), Syrah Sula (India), St. Clair Pinot noir (Nuova Zelanda) e Diemersfontein Pinotage (Sudafrica).

 




Sovere, la cena solidale si gusta al buio

cena al buioPer scoprire il gusto del cibo in modo diverso e avvicinare il mondo delle persone non vedenti, Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, associazione Genitoriacca e A.S.D. Omero Bergamo propongono una cena al buio.

L’appuntamento è in programma sabato 6 febbraio alle ore 19.30, nei locali della scuola materna di Sovere, in via San Gregorio e si svolgerà in una sala completamente oscurata.

Il menù sarà servito da persone non vedenti. Un breve e intenso percorso in cui si imparerà a toccare per conoscere, ad ascoltare per capire, a gustare il cibo per riconoscerne i sapori, a vedere nelle proprie difficoltà, le potenzialità dell’ “altro”. Il ricavato dell’iniziativa sarà devoluto all’associazione ASD-Omero Bergamo e all’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti.

Per informazioni 347 3326774.




Bocuse d’Or Italia, la vittoria al bergamasco Marco Acquaroli

marco acquaroli - la stampa
(foto – La Stampa)

Sarà ancora un bergamasco a rappresentare l’Italia al Bocuse d’Or, il più prestigioso concorso di cucina al mondo, voluto dal mitico chef Paul Bocuse.

Dopo Aberto Zanoletti, vincitore delle selezioni nel 2010, svoltesi alla fiera di Bergamo, è stato Marco Acquaroli, originario di Sarnico, ad imporsi al Teatro sociale di Alba nella sfida nazionale che ha visto in gara – nelle giornate del 31 gennaio e del primo febbraio – 12 concorrenti.

Poco più che trentenne, Acquaroli lavora attualmente in Svizzera al Four Seasons Des Bergues di Ginevra. Prima di questo ha collezionato altre esperienze in alcuni Four Seasons in giro per il mondo, al Geranium di Copenaghen e a Piazza Duomo ad Alba. Per accedere alla finale mondiale, in programma a Lione nel gennaio del 2017, dovrà superare lo scoglio degli Europei, in programma il 10 e 11 maggio prossimi a Budapest, con 20 nazioni partecipanti.

La nostra cucina ha brillato al concorso anche grazie all’altro bergamasco in competizione, Francesco Gotti, che si è aggiudicato il premio per il miglior piatto di carne (il tema era il cervo). Miglior piatto di pesce (storione e caviale) quello di Debora Fantini, unica donna in gara.




La birra artigianale prende il volo. A Orio il primo pub monomarca, firmato Elav

Da una parte un aeroporto che scala le classifiche nazionali. Dall’altra un birrificio che di idee e progetti ne sforna a raffica. È così che per la prima volta in un aeroporto italiano apre un pub momonarchio di birra artigianale.

Succede nell’area imbarchi di Orio al Serio ad opera del Birrificio Indipendente Elav di Comun Nuovo, che ha siglato una partnership con la società che gestisce l’area per allestire e fornire lo spazio con le proprie birre e tutti i prodotti a marchio. Si tratta di  un pub tutto italiano dove i passeggeri in partenza potranno rilassarsi in attesa del proprio volo. Dieci spine offrono le birre cult del birrificio e a rotazione le speciali e stagionali, mentre sugli scaffali si trovano tutte le altre etichette Elav in bottiglia, da acquistare e portare anche in volo. In più i gadget Elav e tutti i prodotti dolciari della linea “Dissonanze di Elav”.

birrificio elav in aerporto orio al serio 2Forte di un incremento del 18,6% nel 2105, che ha portato a superare la quota dei 10 milioni di passeggeri (10.404.625), lo scalo bergamasco è impegnato a sostenere le potenzialità di traffico e a garantire al contempo la qualità dei servizi all’utenza, alle compagnie aree e agli operatori. Tra le azioni di adeguamento delle infrastrutture dedicate ai passeggeri, l’apertura di nuove attività nell’area imbarchi e da qui la possibilità di creare uno spazio unico nel suo genere con il primo pub di birra artigianale italiana a marchio.

«Un’importante novità che inaugura una nuova tendenza – spiega il Birrificio Elav -. Se infatti all’interno degli aeroporti siamo stati abituati a trovare prodotti di qualità e prestigio, perché così succede a moda e accessori e sempre più anche in riferimento al food&beverage, per il prodotto birra l’offerta si era fino ad ora limitata quasi esclusivamente a marchi industriali. Da parte sua la birra artigianale italiana ha raggiunto in questi ultimi anni livelli di qualità importanti, nonché un’ottima reputazione anche in ambito internazionale. Il posizionamento di Elav all’aeroporto di Orio risulta in questo senso come una naturale conseguenza di questo doppio movimento verso la qualità ed offrirà la possibilità al pubblico internazionale in transito ad Orio di godersi un’ottima birra artigianale Elav, sia prima che durante un volo. Oltre infatti a poter scegliere tra una vasta gamma di prodotti alla spina da godersi per ingannare l’attesa e l’ansia del volo, sarà anche possibile acquistare le bottiglie dallo scaffale o le stesse birre alla spina spillate con uno speciale sistema a pressione in bottiglie sigillate take-away da 1 litro».




Biligòcc, a Casale di Albino è tempo di sagra

Domenica 31 gennaio va in scena a Casale di Albino la 27esima edizione della “Sagra dei biligòcc”, la festa della castagna affumicata e bollita, che nella Valle del Lujo ha una delle sua patrie in Bergamasca (l’altra “famosa” è Poscante di Zogno).

I biligòcc nascono dalla selezione dei frutti migliori delle varietà più adatte – “ostane” e “careàne” – preparati in uno spazio e con un sistema tradizionali. L’affumicatoio è un ampio locale dove, all’altezza di tre metri, è collocata una graticola sulla quale vengono distribuite le castagne. Sotto il graticcio si apre la stanza del fumo, un secondo locale dove si espande un fumo denso e profumato, proveniente da un fuoco che brucia nella sottostante “stanza del camino”.

Le castagne vengono rimestate due volte al giorno con i rastrelli. Non si devono bruciare, infatti. E così si va avanti per circa 40 giorni. Dopo l’affumicatura, siamo ormai a dicembre, le castagne vengono riposte in sacchi di juta, in attesa di essere bollite soltanto qualche giorno prima della sagra. Su un fuoco all’aperto (“foghèra”) viene sistemato un pentolone, dove in 150 litri circa di acqua si fanno bollire dagli 80 ai 100 kg di castagne. Alla fine di ogni cottura, si gettano nella caldaia alcuni secchi di acqua fredda, che danno alle castagne la caratteristica grinzosità. Tolti dall’acqua, ecco pronti i biligòcc.

La giornata, organizzata dal Gruppo culturale Amici di Casale, offre la possibilità di gustare le castagne in tutte le loro lavorazioni. Alle 10.30 è in programma una visita guidata al museo etnografico e ci sarà spazio anche per musica, ballo, animaizone e un concerto di baghèt, la cornamusa bergamasca. C’è inoltre la possibilità di pranzare con piatti tipici.

Per informazioni e prenotazioni www.valledellujo.it




Bocuse d’Or, il bergamasco Gotti in gara per rappresentare l’Italia

andrea tiziani e francesco gotti
Andrea Tiziani e Francesco Gotti

Due anni fa, dopo la finale mondiale del Global Chef Challenge in Norvegia aveva pensato di dire basta alle competizioni. Ma il richiamo del Bocuse d’Or, il più importante concorso di cucina al mondo (di cui Bergamo ha organizzato le selezioni nel 2010 e 2012), è stato più forte. E così eccolo, Francesco Gotti – executive del Bobadilla di Dalmine, consulente per le aziende e allenatore del team Junior della Nazionale italiana cuochi, senza dimenticare qualche apparizione sorprendente in tv – nella lista dei dodici chef che domenica 31 gennaio e lunedì primo febbraio si sfideranno ad Alba per rappresentare l’Italia, prima nella sfida europea, a Budapest nel maggio di quest’anno, e poi, nel gennaio del 2017, a Lione per l’evento continentale voluto dal mitico Paul Bocuse (che per 50 anni è riuscito a confermare le tre stelle Michelin e che tra pochi giorni compirà 90 anni).

Gotti sarà in gara lunedì mattina, accompagnato da un altro bergamasco, il 21enne Andrea Tiziani di Mozzo, che già conosce perché fa parte della nazionale Junior. «Con quali ambizioni mi presento? Credo con quelle di tutti gli altri concorrenti – afferma Gotti -, fare bene e cercare di vincere, con la consapevolezza che sarà dura per tutti, perché chi arriva a queste gare certo di cucina ne sa. Nella scelta di partecipare, lo ammetto, c’è stata una buona dose di “pazzia”. Mai avrei pensato di farlo, ma le competizioni internazionali regalano sensazioni uniche, evidentemente ne ho bisogno e il Bocuse d’Or, che rappresenta l’eccellenza dei concorsi, alla mia età (43 anni ndr.) era un’occasione da non lasciarsi scappare».

Storione e caviale per il piatto di pesce e cervo per la carne i temi sui quali tutti i partecipanti sono chiamati a cimentarsi. «Non sono materie prime facili, ma le conosco – rileva -. Il cervo è anche legato al nostro territorio, lo storione è più complicato, nella struttura, nelle carni, chi non l’ha mai utilizzato rischia di fare disastri! Ciò che intendo trasmettere con i miei piatti è massima semplicità ma di sostanza, vorrei far emergere gusto, sapore, rispetto della materia prima, vorrei che fossero compresi gli strumenti e le cotture utilizzate, aspetti che si stanno un po’ perdendo. L’estetica e la presentazione sono importanti ma non devono prendere il sopravvento, dicano che per me la cucina non è una cialda che fa fumo».

Dalla sua Gotti ha l’esperienza in numerosi concorsi. «Un conto è saper cucinare – spiega – un altro è prendere parte a gare come questa. Ho il vantaggio di sapere cosa vuole dire partecipare a una finale mondiale, lavorare in un box di 4 metri quadrati con 2mila occhi puntati, con 4 ore a disposizione. La pressione è altissima, occorre sangue freddo, tutto deve essere precisissimo, tempi, dimensioni, pesi, percentuali, temperature. Ma so anche che per il successo, oltre a bravura e attenzione, serve un po’ di fortuna. Occorre che tutti questi elementi combacino, un piccolo errore o contrattempo possono costare caro», dice ricordando il mondiale in Norvegia (disputato con un ginocchio rotto), dove il terzo posto gli è sfuggito per una manciata di punti.

Gli altri chef che partecipano alla selezione sono Marco Acquaroli (altra presenza bergamasca, originario di Sarnico lavora oltreconfine, al Four Seasons Des Bergues di Ginevra), Lorenzo Alessio, Riccardo Basetti, Debora Fantini, Andrea Alfieri, Daniele Lippi, Giovanni Lorusso, Michelangelo Mammoliti, Leonardo Marongiu, Stefano Paganini e Giuseppe Raciti. La kermesse è organizzata da Luigi Cremona e Witaly, il presidente di Bocuse d’Or Italia è Giancarlo Perbellini, il presidente di giuria è il tristellato Enrico Crippa del Duomo di Alba, alla guida di una squadra altamente qualificata. Le gare si svolgono presso un’isola degli chef accanto al Teatro ottocentesco di Alba, in tre sessioni da quattro concorrenti ciascuna.

Tra le iniziative, la cena di gala in programma domenica 31 gennaio, che sarà firmata da Perbellini, Crippa e dal norvegese Orjan Johannessen, ultimo vincitore del Bocuse d’Or. La curiosità è che nel 2010, quando le selezioni furono organizzate a Bergamo, fu proprio Gotti a curare la cena di gala per mille persone alla Fiera. Che sia di buon auspicio?

Intanto i colleghi dell’Associazione Cuochi bergamaschi hanno organizzato un pullman per seguirlo e fare il tifo per lui.




Bambini al ristorante, «il divieto è legittimo»

cibo-bambini-coloriL’ultimo in ordine di tempo a salire alla ribalta della cronaca è stato un ristoratore romano – titolare de “La Fraschetta del Pesce” in zona Casalbertone – che con un eloquente cartello all’entrata dichiara: «A causa di episodi spiacevoli dovuti alla mancanza di educazione, in questo locale non è gradita la presenza di bambini minori di 5 anni, nonché l’ingresso di passeggini e/o seggioloni per motivi di spazio».

Il tema dei bambini al ristorante e delle limitazioni al loro accesso si ripresenta ciclicamente (qualche anno fa, ad esempio, la discussione era partita per il divieto ai pargoli dopo le 21 di una pizzeria nel bresciano) e così la Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi del sistema Confcommercio, ha colto l’occasione per fare il punto sulla possibilità di un titolare di pubblico esercizio di selezionare la clientela.

La fonte normativa è nell’articolo 187 del regolamento di esecuzione del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, che risale al 1940 e che recita: «Salvo quanto dispongono gli articoli 689 e 691 del codice penale (divieto di servire alcoolici a minori ed ubriachi), gli esercenti non possono, senza legittimo motivo, rifiutare le prestazioni a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo».

«Per fornire una interpretazione esatta occorre identificare i legittimi motivi che possono consentire ad un esercente di rifiutare la prestazione – spiega la Federazione -. Sicuramente non possono essere addotte motivazioni di carattere sessuale, politico, religioso e razziale, in quanto in contrasto con disposizioni di ordine pubblico. Ciò premesso, si deve ritenere come, in assenza di una specifica giurisprudenza, eventuali limitazioni (ad esempio sul modo di vestire) debbano essere, in ogni caso, oggettive e predeterminate e portate preventivamente a conoscenza della clientela».

Sono pertanto ritenute legittime prescrizioni concernenti l’abbigliamento (richiesta di giacca e cravatta, ad esempio) o l’obbligo di prenotazione del tavolo.

Per quanto riguarda l’accesso di minori (ferme restando le limitazioni connesse ad una eventuale attività in contrasto con la loro presenza ed imposte per legge o per atto della Pubblica Amministrazione, come topless bar, lap dance), la Federazione ritiene «legittimo l’operato di chi nel proprio locale limita l’accesso di bambini che si possono, con tutte le probabilità, rivelare fastidiosi ed indisponenti per il resto della clientela anch’essa meritevole di tutela, sulla base dell’assioma per il quale il proprio diritto finisce dove inizia quello dell’altro». «Obiettivamente esistono, inoltre, motivazioni connesse alla sicurezza degli stessi bambini che consigliano di evitarne la presenza in locali dove vi sono apparecchiature o altre occasioni di pericolo che sfuggono alla sorveglianza dei genitori».




Il locale che va controcorrente: dalla pizzeria di montagna alla cucina gourmet

Quando tanti suoi colleghi hanno aggiunto la pizza nel loro menù, Paolo Cortinovis, 39 anni, a Selvino ha compiuto un gesto controtendenza e coraggioso: si è sbarazzato del forno e ha votato il suo ristorante alla cucina gourmet. Dal ’69 il Sorriso era un ristorante-pizzeria. Lo gestiva il papà Emilio, lì conosciuto come Nani. Nel 2004 Paolo e la moglie Michela sono subentrati nella conduzione del locale. «Abbiamo cercato da subito di portare sempre più avanti il ristorante, poi l’hanno scorso abbiamo fatto una scelta radicale e deciso di fare solo ristorante».  «I clienti sono rimasti spiazzati. Da un giorno all’altro si sono trovati senza pizza – racconta Paolo -. Per me non è stata una scelta difficile. La mia cucina era già ricercata, ho solo seguito la mia linea». «All’inizio mi dicevano “tu sei pazzo” ma la pizzeria portava avanti solo i numeri, con la qualità che avevo in mente io non c’entrava niente.  Mio papà, che era il pizzaiolo, è stato d’accordo, era stanco di lavorare al forno».

Paolo Cortinovis e la moglie Michela
Paolo Cortinovis e la moglie Michela

A cambiare del tutto il locale Paolo ci pensava già dal 2009, poi si è deciso: gli affari andavano bene, i piatti piacevano, così a gennaio lui e Michela hanno chiuso per due mesi e hanno ribaltato tutto, dalla cucina alla sala. Ora il ristorante non ha più niente dello stile di montagna che aveva prima. Gli ambienti sono raffinatissimi, in linea con la proposta in carta. In menù si possono trovare piatti di pesce, paste fresche fatte in casa, carni e dolci al piatto, che cambiano secondo la stagionalità e sono frutto di una ricerca attenta degli ingredienti e di una cura precisa nella presentazione.

I piatti della tradizione sono proposti in chiave moderna e con abbinamenti particolari. In questo periodo si possono trovare i casoncelli di Paolo, piatto irrinunciabile per i clienti, il piccione in doppia cottura servito con patate affumicate e la trilogia di castagne: castagnaccio, marron glacè e castagne al vapore e rum con panna montata.

La cantina ha più di 100 etichette con una buona rappresentanza di vini del territorio ed è in crescita. In sala i posti, che prima erano 60, sono scesi a 35, sempre per una logica di qualità e c’è un grazioso giardino. «Tanti clienti mi hanno detto che finalmente il ristorante rispecchia la mia cucina, era quello che desideravo. Ora le tavolate non le faccio più, ma sono soddisfatto della mia scelta».




Cuochi, i primi Campionati della cucina italiana di scena a Montichiari

Dal 18 al 21 marzo prossimi alla Fiera di Montichiari (Bs), la Federazione italiana cuochi organizza i primi Campionati della cucina italiana.

Su un’area di 1.500 mq, le strutture della Fic ospiteranno le più svariate discipline internazionali da concorso di cucina e pasticceria, offrendo la più estesa e completa competizione italiana per le categorie in gara. In programma ci sono infatti ben 10 sfide, quelle di cucina calda (sia a squadre sia per singoli), cucina fredda (a squadre e singoli), pasticceria da ristorazione (singoli), la combinata a squadre (cucina calda + fredda), due competizioni artistiche (settore salato e dolce) e due contest (le selezioni italiane per la “Catering Cup” di Lione e la finale italiana del concorso per il miglior allievo degli Istituti alberghieri).

Il concorsi sono aperti a cuochi e professionisti iscritti alla Fic, operanti in Italia e all’estero. La competizione è riconosciuta dall’Associazione mondiale Cuochi Wacs.

Lo spazio della Federazione è all’interno del padiglione “Origine”, salone nazionale dedicato ai prodotti agroalimentari tipici ed alle produzioni d’eccellenza. Per l’occasione, sul palco dell’associazione si farà spazio a testimonianze inedite di produttori d’eccellenza, seminari formativi e cooking show di grandi professionisti ad integrare quattro giorni di iniziative e confronto.




Risotti, ad Alzano si elegge quello da “competizione”

Il ristorante Locanda della Corte di Alzano ci ha preso gusto. E così, dopo aver vinto nel settembre scorso il “Trofeo Salera” per il miglior risotto, ha scelto di prepararsi per tempo al prossimo concorso. Venerdì 29 gennaio organizza “La Festa del risotto”, un menù a tema durante il quale i partecipanti sanno chiamati ad eleggere la nuova ricetta da portare alla competizione.

Il menù prevede dopo lo stuzzichino di benvenuto, tre risotti, tutti realizzati con i prodotti dell’azienza cerealicola bergamasca Salera: “Tortino di Risotto Venere con Gambero Rosso di Mazara del Vallo”, “Risotto mantecato all’Asiago Dop 18 mesi con Croccantino di Carciofi” e “il nostro Risotto Meneghino”. Per finire i dolcetti di Carnevale dello chef. In abbinamento i vini Costaripa Molmenti, Riesling Renano Olmo Antico, Inama Bradisismo.

Il costo della serata è di 48 euro, compresi tre calici di vino serviti in abbinamento. Per prenotare tel. 035 513 007 – info@locandadellacorte.it