Tavernola, apre i battenti la sagra della sardina

sardina-e-polentaPrati verdi, aria pura, il lago sullo sfondo, serate di musica, ma soprattutto tante proposte dedicate all’agone, o meglio, alla sardina, come viene chiamata qui, sul Sebino, per la sua forma affusolata e le squame argentate che ricordano la sarda di mare.

Con più di un quarto di secolo di storia, la “Sagra della sardina” di Tavernola, promossa dalla Pro Loco del paese, è un appuntamento fisso delle estati sul Lago d’Iseo. Quest’anno si apre venerdì 10 luglio e prosegue nelle giornate di sabato 11 e domenica 12, per riprendere di nuovo venerdì, sabato e domenica della settimana successiva, nell’area verde della frazione Gallinarga.

Anche per questa 27esima edizione il piatto forte saranno le sardine con la polenta, sardine sott’olio, leggermente abbrustolite sul fuoco e servite con fette di polenta fredda tostata. Ma si potranno gustare anche alborelle fritte (richiestissime), filetti di persico saltati con burro e salvia, due tipi di pasta con pesce di lago e altri manicaretti, tra cui le sfongade, pagnottelle dolci preparate secondo la ricetta del paese, e la torta di amarene, dolce tavernolese per eccellenza la cui ricetta si tramanda da generazioni.

La cucina è aperta la sera a partire dalle 19 circa e domenica 12 luglio anche a pranzo (su prenotazione). I pesci sono forniti da pescatori di Clusane e di Montisola.

«La sagra è nata come una festa di contrada – ricorda Giulio Foresti, uno degli organizzatori storici -. Siamo partiti con 80 coperti e negli anni sono più che triplicati». Potere delle sardine che ogni anno prendono all’amo tantissimi appassionati da tutta la provincia, ma anche da Milano e Vicenza. «Chiedono quasi tutti le sardine con la polenta, è un piatto molto amato – dice Foresti -. Ma credo che il successo della sagra sia dovuto anche al fatto che si svolge in una località molto bella, in mezzo al verde e con la vista sul lago. I bambini possono giocare in sicurezza e i genitori godersi la serata».

Ogni anno la sagra registra il tutto esaurito e le strade del lungolago e del centro storico sono un continuum ininterrotto di auto. «Abbiamo pensato anche di spostarla nel centro storico del paese e di ingrandirla ma perderebbe il suo fascino, così abbiamo rinunciato» confida Foresti che per il futuro ha un desiderio: «Passare il timone della sagra ai giovani del paese in modo che non vada persa questa bella e importante tradizione».

 




Hell’s Kitchen, il bergamasco Ronzoni in finale. In palio un posto da chef executive

mirko ronzoni  hell's kitchen
Mirko Ronzoni

Conto alla rovescia e coltelli affilati per la finale di Hell’s Kitchen. Manca solo qualche ora per conoscere il nome del vincitore dell’infernale cucina guidata da Carlo Cracco, in onda su Sky Uno giovedì 9 luglio, dalle 21.10.

Mirko Ronzoni, 24 anni, bergamasco di Osio Sotto e docente all’Accademia del Gusto, se la giocherà in cucina con tre concorrenti: Chang Liu, 27 anni, aiuto cuoco di origine cinese, Chiara Pannozzo, 20 anni, aiuto cuoco di Latina e Eleonora Ricci, 29 anni,  romana, capo-partita.

La sfida a quattro si farà sempre più incandescente e alla fine in cucina ci sarà spazio solo per un duello a due ai fornelli. Sono ore di attesa e tensione per lo chef “pret- a – portèr” bergamasco: in palio c’è un volo in Sardegna nell’esclusivo Forte Village Resort per diventare chef-executive nel nuovo ristorante di Hell’s Kitchen e, in caso di vittoria, avrà giusto qualche ora per infilare in valigia, oltre a tante idee per il menù, qualcuno dei suoi abiti all’ultimo grido, che gli sono valsi il soprannome di chef “stiloso”.

Ma Ronzoni ha dato in più occasioni prova di avere sangue freddo e disciplina da vendere e per di più alle start up – complice anche qualche consulenza effettuata negli scorsi anni – è già abituato. Ad ogni modo sarà dura scoprire il proprio destino davanti allo schermo: per questo Mirko ha deciso di condividere – e allentare – la tensione con un gruppo di amici e parenti, i primi fan dello chef di Dalmine. L’appuntamento, per poter contare su più schermi, è in un locale bergamasco.

Una sfida in un certo senso lo chef bergamasco l’ha vinta già: quella della notorietà. «Non nascondo che mi fa enorme piacere essere fermato mentre passeggio per Milano o tra i padiglioni di Expo e scoprire di avere supporter che mi chiedono addirittura un autografo o di fare una foto con loro» racconta Ronzoni. Ma da quest’esperienza infernale, porta a casa molto di più: «Nuove amicizie e la riscoperta di condividere quest’esperienza con altri ragazzi e di convivere con loro sotto lo stesso tetto, senza alcun contatto con l’esterno. E, anche se Carlo Cracco a volte può sembrare duro, credo di essermi meritato la sua fiducia. La speranza è quella che quest’esperienza in cucina sia solo l’inizio di un percorso di successo».




“GourmArte per Expo”, un poker di chef stellati atterra nel centro di Bergamo

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Massimo Bottura

GourmArte si fa “special” per Expo 2015. La manifestazione della Promoberg dedicata alle eccellenze enogastronomiche lombarde, da tre anni a questa parte organizzata in Fiera nel mese di dicembre, si trasferisce nel centro di Bergamo in occasione dell’esposizione universale.

Tra settembre e ottobre la rassegna propone quattro date che agli appassionati della tavola d’autore conviene annotarsi. Si tratta infatti di quattro incontri con altrettanti artisti della cucina italiana: Massimo Bottura (Osteria Francescana, Modena), Pino Cuttaia (La Madia, Licata – Agrigento), Annie Féolde (Enoteca Pinchiorri, Firenze) e Gennaro Esposito (Torre del Saracino, Vico Equense – Napoli). Il poker stellato (sul piatto ci sono complessivamente 10 stelle Michelin) sarà completato da un’ultima data a inizio novembre alla Cantalupa di Brusaporto, per una grande chiusura in tavola firmata dai fratelli tri-stellati Michelin di Bergamo, i Cerea del ristorante Da Vittorio.

L’evento si snoda tra il Balzer, lo storico locale recentemente rinnovato nell’ambiente e nella gestione, la tensostruttura del Quadriportico-Spazio Creberg e la Domus Bergamo, la “casa” allestita nel cuore della città per ospitare nel semestre di Expo gli eventi culturali e gastronomici del territorio.

Le date sono le seguenti: 2 settembre Massimo Bottura; 21 settembre Pino Cuttaia; 5 ottobre Annie Féolde e i suoi chef; 12 ottobre Gennaro Esposito. La chiusura con i fratelli Cerea è invece fissata per venerdì 6 novembre.

Il format dei quattro appuntamenti in città è lo stesso. A partire dalle 18, utilizzando la struttura della Domus Bergamo in piazza Dante, a pochi passi dal Balzer, il cuoco che firma la cena racconterà la sua esperienza professionale durante un aperitivo con prodotti locali e poi in un talk show che prevede anche la dimostrazione dell’elaborazione di un piatto con un prodotto bergamasco tra quelli riconosciuti dal marchio “Bergamo città dei Mille… sapori”. A seguire, indicativamente dalle ore 20,30, la cena al Balzer che prevede cinque portate per un totale di 60-80 coperti.

Gli ingressi alla Domus Bergamo (compreso lo show-cooking) e alla tensostruttura del Quadriportico-Spazio Creberg sono liberi e gratuiti. Il costo dell’aperitivo in Domus Bergamo è di 10 euro, mentre quello dellla cena al Balzer è di 99 euro a persona, tutto compreso.

GourmArte per l’Expo è un evento Promoberg in collaborazione con Balzer, Domus Bergamo e Multimedia, e ha quali partner la Camera di Commercio di Bergamo, l’Ascom di Bergamo, l’Accademia del Gusto, l’Ente Bilaterale Commercio e Servizi di Bergamo e l’Ente Bilaterale Alberghiero e dei Pubblici Esercizi di Bergamo.

Per informazioni e prenotazioni per la cena, occorre rivolgersi a Balzer (tel. 035 234083 – info@balzer.it)




Cocktail e drink, è tempo di cucina liquida

blody mary più o menoNel mondo del bere mixato arriva una nuova tendenza che mischia le due arti portando tecniche, ingredienti e attrezzature dei ristoranti dietro il bancone dei bar. Si chiama “Cucina liquida”, arriva dagli Stati Uniti, spopola a Londra e Parigi, ed è la tendenza più trendy del momento.

Niente paura, non troveremo nel nostro bicchiere una porzione di risotto allo zafferano centrifugata: semplicemente, i cocktail vengono preparati secondo le tecniche di cucina e non quelle classiche da bar, e con prodotti destinati a un piatto e non a un bicchiere.

I cocktail tradizionali come i Martini e i frozen vengono reinventati in ricette nuove dove compaiono gelatine, spray, essenze, riduzioni, glasse, aromi e spezie. Il mixer e lo shaker fanno posto a piastre a induzione, pentole e omogeneizzatori. Il risultato sono proposte davvero insolite: Martini alle spezie, drink flambé, Margarita agli agrumi, Collins a base di centrifugati di verdura e frutta, cocktail con pomodori e persino con il cioccolato, il burro e la ricotta.

In Italia il precursore di questa nuova filosofia è Dario Comini, pluripremiato patron del Nottingham Forest di Milano, uno dei barman più quotati al mondo proprio per il suo estro innovativo. In “Mix and drink”, libro mastro della cucina liquida, spiega come ha adattato le tecniche della cucina molecolare alla stazione del bar, e realizzato nuovi cocktail con glasse, spume e gelatine, tutte realizzate in casa.

Gli accoliti di questa nuova filosofia sono ogni giorno di più: ciascuno ci “mette del suo” e dà vita a interpretazioni personali: c’è chi, come Comini, usa shaker e pentole per mixare marmellate, salse e puree e dar vita a sciroppi aromatizzati, riduzioni di liquori, infusi di distillati, spezie e puree; chi si rivolge agli amanti del bio con germogli e erbe da coltivazioni organiche; chi si ispira alle ricette della pasticceria e della cultura locale; e chi, addirittura, abbina liquori e vegetali in base a un’attenta analisi molecolare.

Il panorama spazia in tutta la Penisola: in Sicilia, a Castelvetrano, Gianluca Nardone all’Area 14 dà della Cucina liquida-Mixology l’interpretazione più golosa con i suoi “dessert drink” ispirati ai dolci tipici siciliani, il cannolo, la cassata siciliana e la cucchitedda. Gli ingredienti? Oltre a vodka e liquori vari, scaglie di cioccolato, ricotta di pecora, cubetti di latte, cannella e infusione di canditi.

A Brescia, Stefano Sabatti al Box&co Officine dello Spirito estrae dal cilindro ricette sempre nuove e su Facebook i clienti si propongono in massa per fare da cavie, mentre a Bergamo Fiorenzo Colombo, barman formatore, ha inserito la Mixology nelle sue materie di studio.

Milano, come sempre, è ancora più all’avanguardia: al Carlo e Camilla in Segheria (il locale di Cracco), Filippo Sisti alza il livello della sperimentazione con il Foodpairing, ovvero la creazione di cocktail a partire da un ingrediente a cui vengono abbinati, in base alla loro analisi molecolare, elementi del tutto insoliti. Qualche esempio? Il Blue Cheese Martini, una rivisitazione del classico Dry Martini, preparato con formaggio erborinato, vermouth, gin e un macerato di salvia e olive; lo Smoke Lavander, con noci pestate, burro caldo e whisky; e due versioni alternative del Bloody Mary, il Louisiana Soul (gin, carne salata, succo di pomodoro concentrato, pomodorini pachino, aglio, capperi, coriandolo, paprika affumicata e peperone), e il Celery Mary (centrifuga di sedano, cetriolo, pepe rosa, basilico, sale, erbe e pomodoro al naturale). La proposta più strana è però l’Easter-ismo, un drink servito nelle uova di struzzo.

Con la nuova tendenza si definisce una nuova figura professionale, il barchef, e nascono corsi che insegnano i segreti per diventarlo. Con una sorpresa inaspettata: la mixologymania sta catturando anche i bar dei piccoli paesi.

Nicola MorSpiega Nicola Mor, docente della scuola Cefos di Brescia: “Oggi, anche nel mondo del bere si tende a stancarsi presto e a cercare continue novità e nuovi gusti. Si beve e si mangia più per curiosità che per bisogno. I clienti vanno a Parigi, a Londra, assaggiano questi nuovi cocktail e quando tornano li chiedono ai loro baristi. Complici la crisi economica e i controlli alcolemici tendono a rimanere nel bar di paese, e così anche molti baristi di locali in provincia si stanno avvicinando a questa nuovo modo di lavorare”.

“Rispetto agli anni bui 80-90 quando il barman era lo studente universitario che lavorava per pagarsi gli studi – prosegue Mor – oggi c’è una riscoperta di questo mestiere, si cerca di essere sempre più preparati dal punto di vista tecnico e di creare nuovi sapori. Il nome di barchef è nato per differenziarsi, per far capire che si sta facendo qualcosa di diverso e nuovo. Dietro la tendenza della cucila liquida c’è il desiderio di preparare tutto da sé, di dare un’impronta personale al proprio lavoro”.

“Fare Mixology – chiarisce – significa lavorare con maggiore attenzione e ricerca, puntare sulla qualità delle materie prime utilizzate nella miscelazione. A partire dal bicchiere, dalla qualità del ghiaccio e degli altri ingredienti. Ad esempio, invece di usare il sale tradizionale sul bicchiere del Margarita si impiega il sale dell’Himalaya o il sale aromatizzato al pistacchio e i drink vengono accompagnati da gelatine o Lime essiccato, secondo la moda più in voga in questo momento all’estero. Il concetto chiave che sottende questa nuova filosofia è la possibilità di preparare le basi necessarie per i cocktail, e questo implica che si apprendano tecniche di erboristeria e di cucina”.

Potrebbe essere una tendenza temporanea (ma Mor è pronto a scommettere il contrario); una cosa è certa, si aprono nuove frontiere per il mondo dei bar, la via alla sperimentazione è aperta e i risultati sembrano piacere.




L’assessore Fava: «Ai giovani consiglio di tornare a lavorare la terra»

Sono giornate campali per un assessore regionale all’Agricoltura che si ritrova l’Expo in casa. Cassa di risonanza mondiale, ma anche attenzione dei media al minimo passo falso. Eppure Gianni Fava va avanti per la sua strada, convinto che la qualità del sistema agroalimentare lombardo alla fine sarà la vera carta vincente della kermesse. Mantovano di Viadana, cresciuto nella terra dei meloni più buoni del mondo, il leghista Fava ha da sempre assaporato la genuinità dei prodotti della campagna: recentemente quando Parmigiano e Grana accusarono il colpo della crisi, con i prezzi in calo e l’embargo russo che tagliò le gambe ai produttori, propose al ministro Martina di ritirare migliaia di forme dal mercato per destinarle agli «indigenti e alla fasce più deboli della società». Solidale, ma non romantico, sa che l’agricoltura moderna deve soprattutto poggiare su una sostenibilità economica, su processi innovativi che pure non rinneghino la tradizione di prodotti secolari.

Gianni Fava - assessore regionale agricolturaAssessore, cosa l’ha colpita dell’avvio di Expo?

«Il grande flusso di pubblico e l’interesse nei confronti dei diversi modelli produttivi del pianeta e le diverse culture, che raccontano i popoli e i loro territori. Le aspettative, anche da parte di Regione Lombardia, il cui padiglione è stato visitato con grande interesse, sono molto alte. Spero che l’intero semestre mi colpisca per i risultati raggiunti in termini di attenzione verso problematiche la cui risoluzione è imperativa, come la tutela dei prodotti tipici, la lotta agli sprechi alimentari, una maggiore sinergia in chiave internazionale che, declinata banalmente in chiave comunitaria, significa più Europa delle Regioni e maggiore conoscenza delle diverse agricolture. Se così fosse, sono sicuro che in futuro Bruxelles ci risparmierebbe alcune aberrazioni legislative e burocratiche che derivano, essenzialmente, dalla mancata conoscenza pratica del settore primario».

Perché i nostri prodotti lombardi dovrebbero spiccare all’attenzione dei visitatori nella miriade di offerta Expo?

«Per la loro unicità. Non sono riproducibili altrove, per quanto qualche esponente dell’industria si ostini ad affermare che alcune produzioni possono essere replicate in qualsiasi parte del mondo. I nostri prodotti raccontano storie, culture, modi di vivere a volte anche millenari. Expo sarà l’occasione per raccontare ai visitatori di tutto il mondo cosa produciamo, come lo facciamo, con quali vantaggi in termini di controllo sanitario e quindi di sicurezza. Dalle indagini emerge sempre con chiarezza che i consumatori apprezzano il made in Italy, vissuto come elemento distintivo di una qualità più elevata, ma allo stesso tempo richiedono informazioni ulteriori in termini di origine dei prodotti, coltivazione, modalità di allevamento, benessere animale, alimentazione. Su molti di questi aspetti siamo in grado di offrire risposte esaustive».

Bergamo è stata definita dal ministro Martina, città di punta per l’Expo: quali secondo lei le eccellenze migliori tra formaggi, vino, salumi e tipi di mais?

«È tutta questa grande varietà a caratterizzare quella che l’amico ministro Martina ha definito città di punta di Expo. Oggi va di moda il termine biodiversità. Bergamo può vantare numerosi prodotti tra Dop, Igp e Doc ed è una delle grandi province lombarde dell’agroalimentare, sia in termini di biodiversità, appunto, che di gusto. Da lombardo sono orgoglioso della grande ricchezza di Bergamo e della Lombardia. Mi piace ricordarlo spesso, perché per troppo tempo la nostra regione è stata identificata come terra di industria, giornali, moda e design. Siamo la prima regione agricola d’Italia e anche la prima a livello europeo in termini di agroalimentare, con una produzione lorda vendibile che nel 2013 ha raggiunto i 13,3 miliardi di euro e nel 2014 ha registrato un incremento dell’1,3%. Bergamo è una delle città di punta, certo».

Lei parlando di Dop, in particolare dei formaggi, ha detto che devono essere sostenibili e su certe produzioni troppo piccole ha parlato di romanticismi, di posizioni da rivedere…

«In passato ho sottolineato che ottenere e mantenere una Dop comporta degli oneri finanziari e che, in alcuni casi, vi è sì da un lato la tipicità, la storicità e la qualità richiesta per fregiarsi del marchio, ma mancano le dimensioni per poter varcare i confini della regione stessa di produzione. La stessa Unione Europea si è dimostrata scettica a concedere il marchio di qualità, quando poi l’esiguità delle produzioni rappresentavano un limite considerevole. Detto questo, credo che in questa nuova fase che si è aperta con la fine delle quote latte, produttori e consorzi debbano fare sintesi e muoversi con l’obiettivo di mantenere i prezzi alti e garantire redditività a tutti gli anelli della filiera. Ciascuno però, e mi ripeto, nel rispetto delle proprie competenze».

Questione latte, a che punto siamo? Ci sono stati attriti forti non solo sul prezzo: ma questa diatriba finirà mai? E come?

«Da un lato sono soddisfatto che i produttori, la cooperazione e i consorzi del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano abbiano accolto favorevolmente la proposta che ho lanciato sulla possibilità di legare il prezzo del latte a un sistema indicizzato che tenesse in considerazione la valorizzazione conseguente al circuito delle produzioni Dop. Allo stesso tempo, mi preoccupa l’atteggiamento dell’industria di trasformazione. Questa chiusura rischia di condannare a morte il made in Italy lattiero caseario, con conseguenze irreversibili per la chiusura delle stalle, l’abbandono del territorio e la perdita di un patrimonio anche culturale. Se è questo che l’industria desidera, proseguano sulla linea del non dialogo. Ma a farne le spese saranno anche loro».

Lei non nasconde mai di venire dalla campagna: il contadino di oggi sta meglio di quello di ieri? E un giovane, visti i sacrifici che si facevano un tempo in campagna, perché dovrebbe essere invogliato a lavorare in agricoltura?

«Il contadino di oggi sta meglio in termini di fatica del lavoro. Le nuove tecnologie hanno rappresentato un notevole passo in avanti, anche se l’agricoltura ha i propri ritmi e i propri cicli, che dipendono dalle stagioni. In termini di burocrazia e redditività, non sono così sicuro che l’imprenditore agricolo di oggi stia meglio di quello di 30 anni fa. Negli anni Ottanta circa l’80% del bilancio comunitario era destinato alla Politica agricola comune, oggi la percentuale è scesa al 38%, con una platea di 28 paesi destinatari».

Quindi un giovane, visti i miglioramenti dettati dalla tecnologia e qualche delusione maturata in fabbrica, dovrebbe essere invogliato a lavorare in agricoltura oggi?

«Assolutamente sì, perché lavorare in campagna è tra i mestieri più belli in assoluto, con una grande responsabilità verso la società. Si produce per sfamare gli uomini e gli animali, in un mondo sempre più popoloso e con esigenze crescenti di sicurezza alimentare e qualità. Inoltre, gli agricoltori sono sentinelle dell’ambiente e del territorio. Un dato esemplificativo: gli agricoltori sono solo il 2% della popolazione lombarda, ma gestiscono l’80% del territorio. Dove mancano si innalzano in maniera esponenziale i rischi di catastrofe idrogeologica. Nel Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 ai giovani assicureremo le giuste opportunità per l’insediamento e la crescita, ma è necessario che il mondo agricolo ritrovi margini di reddito, altrimenti suggerire ai ragazzi di diventare agricoltori rischia di essere un messaggio vuoto».

 

 




Prodotti tipici lombardi, on line la guida

prodotti tipici lombardia - guidaConosciuta per la moda, il design, l’industria e la finanza, la Lombardia è anche la prima regione agricola italiana e una tra le più significative a livello europeo. Le oltre 50mila aziende agricole lombarde gestiscono l’80% del territorio e producono, in un contesto di assoluta biodiversità, il 42% del latte nazionale, il 39% della carne suina, il 42% del riso italiano.

Una piattaforma di qualità che trae origine da una profonda tradizione agricola e di allevamento non soltanto in pianura, ma anche sulle colline e sulle montagne della regione che sviluppa una produzione lorda vendibile di oltre 7 miliardi di euro, ai quali devono sommarsi quasi 5 miliardi di euro di export.

A descrivere il patrimonio agroalimentare lombardo in una fase importante per il Made in Italy e in clima Expo c’è una guida della Regione scaricabile on line, che dà anche accesso alle App e agli e-book dell’agricoltura lombarda.




Riva di Solto, la sagra del pesce festeggia vent’anni

sagra pesce riva di solto 2Dal 3 al 5 luglio, Riva di Solto propone la “Sagra del Pesce”, una delle rassegne culinarie più storiche e amate del Sebino. Quest’anno la tre giorni rivolese festeggia vent’anni e mette in scena un’edizione anniversario per celebrare la ricorrenza.

«La sagra è nata su iniziativa della Commissione sport e turismo per il sostegno alle squadre di calcio del paese – spiega Giuseppe Zenti del comitato organizzatore “Amici della Sagra del Pesce” -. Abbiamo pensato a un’iniziativa che valorizzasse il pesce del lago d’Iseo e l’olio d’oliva di Riva di Solto».

La rassegna negli anni è cresciuta, fino a diventare uno degli appuntamenti gastronomici più partecipati e attesi sul lago. «Siamo partiti con una manifestazione improvvisata e oggi i risultati sono stupefacenti. Abbiamo riscontrato che la sagra è conosciuta anche al di fuori delle province di Bergamo e Brescia, questo ci fa molto piacere, è un’occasione in più per far conoscere uno scorcio del lago d’Iseo caratteristico, Riva di Solto».

La ricetta del successo è da vent’anni la stessa: menù dedicati al cento per cento al pesce di lago. È proprio questa la caratteristica peculiare della sagra; dare la possibilità ai visitatori di assaggiare tutti i pesci del lago, cucinati nelle ricette della zona: sardine, coregoni, persici, alborelle, lucci, lessati e conditi con olio d’oliva e verdure, al sale, marinati, in carpione, fritti, alla griglia, al forno. Tra i primi ci sono la pasta al ragù di coregone e la pasta alle sarde, preparata con cubetti di sardine essicate sott’olio, pomodorini e vari aromi; come antipasto viene proposta la bruschetta con l’olio di oliva extravergine di Riva di Solto e, tra i secondi, il piatto più caratteristico è la sardina con la polenta. Per non rinunciare a nulla, consigliamo il “Menù del Pescatore”, composto da alborelle in carpione, bocconcini di tinca fritta, trota marinata, sardine fresche alla griglia e pesce sott’olio alla griglia con polenta.

sagra pesce riva di soltoLa sagra si svolge nella bella e suggestiva piazza dei Giardini di Doana, affacciati sul lago, in uno scorcio del paese tra i più belli del Sebino ed è animata da musica e mercatini. Quest’anno per celebrare la ricorrenza ci sarà una mostra fotografica che ripercorre i suoi vent’anni di storia. Il ricavato da sempre viene devoluto alle associazioni presenti in paese e in collina e alle due parrocchie di Riva di Solto e Zorzino, solo una piccola cifra viene trattenuta per programmare l’edizione dell’anno successivo.




Parre, “Gir di Fontane” con soste gastronomiche

Unisce l’escursione al gusto “Il Gir di Fontane de Par”, scarpinata alla scoperta delle fontane presenti sulle montagne parresi (i monti Trevasco, Vaccaro e Alino), intervallata da corroboranti soste gastronomiche a base di piatti e prodotti locali, su tutti i famosi Scarpinocc, ravioli con ripieno di formaggio. L’iniziativa, organizzata dal Gep in collaborazione con KM Sport e il Ristorante Tennis Miravalle, è in programma sabato 4 luglio ed è giunta alla sesta edizione.

Il percorso si snoda tra le località Trinità, Cornel, Mandre, Borlesa, il rifugio Vaccaro, il roccolo Alvit, la chiesa del Monte Alino e si conclude all’Oratorio San Giovanni Bosco con una rinfrescate anguriata. Ad ogni tappa viene servita una portata diversa accompagnando ogni momento della giornata.

Il ritrovo è a partire della 8 al ristorante Miravalle per la verifica delle iscrizioni, il pagamento della quota e la distribuzione dei gadget della manifestazione.

La partenza è dalle 9. Queste le tappe e il menù

  • Cornèl: colazione, con caffè o tè e biscotti
  • Mandre: panino e bibita
  • Borlesa (in alternativa Baita Forcella): aperitivo
  • Rifugio Vaccaro: pranzo a base di Scarpinocc, formaggi, affettati
  • Roccolo Alvit: caffè, digestivo (c’è anche la possibilità di visitare il roccolo)
  • Chiesa del Monte Alino: merenda, con torte e tè (in collaborazione con il Gruppo Sociale)
  • Anguriata all’Oratorio San Giovanni Bosco

L’escursione sarà effettuata con qualsiasi condizione atmosferica e al raggiungimento minimo di 50 partecipanti (max. 250).

È richiesto un abbigliamento da montagna consono e un minimo di allenamento. Il percorso, di difficoltà media, è di 17 chilometri e prevede un dislivello di 920 metri, dai 600 del paese a oltre 1.500.

Il costo è di 20 euro (10 per i bambini fino a 12 anni), da versare al momento della partenza.

Le iscrizioni si raccolgono entro il 3 luglio al ristorante Miravalle oppure all’indirizzo e-mail rifugiovaccaro@libero.it

Il ricavato sarà destinato alla ristrutturazione dell’oratorio di Parre.




“…ma che cavolo mangi?” Come alimentarsi e ridere di gusto

cavolo“…Ma che cavolo mangi? Come mangiare e ridere di gusto” è l’appuntamento organizzato da Confindustria Bergamo in collaborazione con Asl Bergamo messo a punto per chi vuole affrontare divertendosi tematiche molto serie legate all’alimentazione e al benessere delle persone. L’ evento, aperto a tutti e organizzato da Confindustria Bergamo, si terrà il 7 luglio nella Sala Biagi di Palazzo Lombardia a Milano, a partire dalle 14.30. La conduzione, affidata a Fabrizio Fontana, è una garanzia: al noto comico televisivo è affidato il compito di trattare argomenti come l’alimentazione protettiva, le nuove etichettature dei prodotti e la sana alimentazione sul luogo di lavoro, in maniera piacevole e leggera. Il tutto per rendere un momento dai contenuti tanto importanti per il benessere della persona occasione di svago e divertimento. Sullo sfondo il programma WHP di Regione Lombardia, nell’ambito del quale si offrono nuove possibilità alle aziende per migliorare l’alimentazione e la salute di chi lavora, agendo sulla ristorazione aziendale, sui distributori automatici…ma anche usando le nuove tecnologie.

Per partecipare  ci si può iscrivere collegandosi a http://www.confindustriabergamo.it/aree-di-interesse/eventi-convegni-e-seminari/evento-whp-7-luglio-2015-regione-lombardia




Ol Colabiol, a luglio cena di pesce a prezzo promozionale

ol colabiol - VerdelloPer sentirsi al mare anche in città il ristorante pizzeria Ol Colabiol di Verdello propone per tutto il mese di luglio una promozione per una cena a base di pesce.

L’offerta comprende uno stuzzichino d’apertura, carpaccio di spada affumicato con pomodorini e olive nere e gran fritto di calamari, gamberi, sarde e acquadelle. Il tutto accompagnato da vino, acqua e caffè. Il costo è di 20 euro (anziché 33). Se si aggiunge un sorbetto o un gelato il prezzo è 23 euro.

L’offerta è valida tutte le sere solo su prenotazione (tel. 035 4873109).

Il ristorante è in piazza monsignor Chiodi al numero 1. È ospitato in quello che anticamente era uno “stall”, una struttura rurale da cui prende il nome. Lo conduce Raniero Ubbiali che in cucina ha collezionato esperienze stellate e nel 2010 ha scelto di aprire un locale suo nella casa abitata da generazioni dalla sua famiglia.