Covid, coprifuoco alle ore 23 e riaperture anticipate. Come cambia l’Italia alle porte dell’estate

Il Cdm ha approvato il nuovo decreto: da domani coprifuoco alle 23, i ristoranti potranno lavorare anche al chiuso dal primo giugno, negozi dei centri commerciali aperti già dal prossimo weekend

Gli italiani diranno addio al coprifuoco con il solstizio d’estate, il 21 giugno; ma già dalle prossime ore potranno cenare fuori o circolare liberamente fino alle 23 e dal 7 giugno rientrare a casa entro mezzanotte o anche più tardi, se la regione in cui vivono o sono in vacanza avrà dati da zona bianca. Da lunedì potremo anche andare di nuovo in palestra e dalla metà di giugno le coppie potranno tornare a festeggiare i matrimoni. Ma di tornare a ballare, per il momento, non se ne parla: le discoteche rimarranno chiuse, unico settore che non ha una data per ripartire.

Ieri a Palazzo Chigi si è tenuta a tanto attesa riunione della cabina di regia chiamata a prendere, dati alla mano, attese e importanti decisioni sulle riaperture rispetto alla situazione attualmente in vigore. La conclusione, messa nero su bianco in un decreto approvato dal Consiglio dei ministri è che da domani il coprifuoco verrà spostato alle 23, per poi farlo slittare alle 24 dal 7 giugno e abolirlo del tutto dal 21 giugno. L’altra decisione importante riguarda il cambio dei parametri del monitoraggio con il quale vengono stabiliti i colori delle Regioni. L’Rt, l’indice di diffusione del contagio, non sarà più determinante: conteranno il tasso di occupazione di terapie intensive e reparti ordinari e l’incidenza dei casi. Con meno di 50 casi per 3 settimane consecutive e un rischio basso si va in zona bianca, in cui le uniche misure in vigore sono il distanziamento e l’uso della mascherina.

Dal 7 giugno coprifuoco a mezzanotte

uIl Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro della salute Roberto Speranza, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti relative all’emergenza epidemiologica da Covid-19. In considerazione dell’andamento della curva epidemiologica e dello stato di attuazione del piano vaccinale, il testo modifica i parametri di ingresso nelle “zone colorate”, secondo criteri proposti dal Ministero della Salute, in modo che assumano principale rilievo l’incidenza dei contagi rispetto alla popolazione complessiva nonchè il tasso di occupazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva. Inoltre, nelle “zone gialle” si prevedono rilevanti, ancorché graduali, modifiche.
Di seguito le principali: dall’entrata in vigore del decreto, il divieto di spostamenti dovuti a motivi diversi da quelli di lavoro, necessità o salute, attualmente previsto dalle ore 22.00 alle 5.00, sarà ridotto di un’ora, rimanendo quindi valido dalle 23.00 alle 5.00. A partire dal 7 giugno 2021, sarà valido dalle ore 24.00 alle 5.00. Dal 21 giugno 2021 sarà completamente abolito.

La road map delle riaperture

Dal 1 giugno sarà possibile consumare cibi e bevande all’interno dei locali anche oltre le 18.00, fino all’orario di chiusura previsto dalle norme sugli spostamenti; dal 22 maggio, tutti gli esercizi presenti nei mercati, centri commerciali, gallerie e parchi commerciali potranno restare aperti anche nei giorni festivi e prefestivi; anticipata al 24 maggio, rispetto al 1 giugno, la riapertura delle palestre; dal 1 luglio potranno riaprire le piscine al chiuso, i centri natatori e i centri benessere, nel rispetto delle linee guide e dei protocolli; dal 1 giugno all’aperto e dal 1 luglio al chiuso, sarà consentita la presenza di pubblico, nei limiti già previsti (25 per cento della capienza massima, con il limite di 1.000 persone all’aperto e 500 al chiuso), per tutte le competizioni o eventi sportivi (non solo a quelli di interesse nazionale); dal 22 maggio sarà possibile riaprire gli impianti di risalita in montagna, nel rispetto delle linee guida di settore; dal 1 luglio sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò potranno riaprire al pubblico; parchi tematici e di divertimento potranno riaprire al pubblico dal 15 giugno, anziché dal 1 luglio; tutte le attività di centri culturali, centri sociali e centri ricreativi saranno di nuovo possibili dal 1 luglio; dal 15 giugno saranno possibili, anche al chiuso, le feste e i ricevimenti successivi a cerimonie civili o religiose, tramite uso della “certificazione verde”. Dal 1 luglio sarà nuovamente possibile tenere corsi di formazione pubblici e privati in presenza.

Silb: “Il Governo si è completamente dimenticato di noi”

Restano sospese le attività in sale da ballo, discoteche e simili, all’aperto o al chiuso e per Maurizio Pasca, presidente del Silb/Fipe, l’Associazione italiana di imprese di intrattenimento di ballo e spettacolo “siamo rimasti ancora invisibili: sono ormai quindici mesi che il Governo si è completamente dimenticato di noi, dalle attenzioni del Governo sono escluse solo le attività dei locali e dell’intrattenimento”. Pasca ha quindi ribadito che questa settimana verrà sottoposto un protocollo ad hoc al Cts: “Miauguro che sia data la giusta attenzione e che siano portati avanti i due test in Puglia e a Milano, altrimenti un intero settore è a rischio fallimento”.

 




Divieto di consumo al banco nei bar Oltre al danno economico anche la beffa ambientale

Crollati del 40% i fatturati e in circolazione un mare di bicchierini di plastica, pari a 30 tonnellate di rifiuti al giorno secondo la Fipe

Oltre al danno (economico) anche la beffa (ambientale). Il divieto di consumare il caffè al banco che sta producendo un doppio effetto negativo: da un lato i fatturati dei bar sono crollati del 40%, dall’altro si sta mettendo in circolazione un mare di bicchierini di plastica. Secondo le stime dell’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, il divieto di consumo al banco da solo, ovvero escludendo l’asporto, genera infatti 30 tonnellate di rifiuti di plastica al giorno.

“Questo è un motivo in più per eliminare un divieto, quello del consumo al banco, che non ha alcuna base scientifica – sottolinea Fipe-Confcommercio – e che sta invece distruggendo il modello stesso del bar italiano. Un disastro che si accompagna a quello provocato dal coprifuoco alle 22. In questo caso ad essere maggiormente penalizzati sono i ristoranti”.

Secondo l’Ufficio Studi, infatti, lo slittamento del coprifuoco alle 23 produrrebbe un beneficio per le casse dei locali, pari al 10% dei fatturati giornalieri, mentre arrivare fino alle 24 aggiungerebbe un ulteriore 7%. “In totale – spiega la Federazione – queste due ore in più di lavoro garantiscono un incremento di volumi di affari per i pubblici esercizi di 10 milioni di euro al giorno. Una boccata d’ossigeno importante ma ancora più importante è la ripresa al più presto dell’attività al chiuso. Non dimentichiamoci che, non solo il 46% dei locali italiani, 116mila bar e ristoranti, è sprovvisto di spazi all’aperto, ma la perturbazione che interesserà per tutta questa settimana buona parte del nostro Paese, sta determinando un nuovo lockdown di fatto anche per le altre attività. Anche per questo non si può più attendere oltre”.




Dal gusto del mese al contest sui social: la stagione tutta da gustare del Gruppo Gelatieri Bergamaschi

Con l’estate alle porte entra nel vivo la stagione del Gruppo aderente ad Ascom Confcommercio Bergamo che riunisce 44 gelaterie di città e provincia

Con l’estate alle porte entra nel vivo la stagione del Gruppo Gelatieri Bergamaschi Ascom Confcommercio Bergamo. Come ogni anno, infatti, la macchina organizzativa si è messa in moto e tra le azioni previste per il 2021 spicca “Il frutto del mese”, una nuova campagna che proporrà un frutto di stagione che ogni gelateria si impegnerà ad utilizzare per l’elaborazione di una propria ricetta. Dopo la fragola ad aprile, a maggio la protagonista tra le oltre 40 gelaterie associate sarà l’amarena, mentre a giugno sarà la volta dei frutti di bosco. Si prosegue con melone (luglio), pesca (agosto), nocciola (settembre) e castagna (ottobre).
A breve partirà anche un contest sui social (Gelatieri Bergamaschi Facebook e Instagram) che mette in palio mezzo chilo di gelato artigianale per il cliente che raccoglierà più like alla foto scattata al gusto del mese.

Le 44 gelaterie aderenti

Le gelaterie aderenti in città sono: Carmen Gelato, Cuore, Gelateria Cherubino, La Marianna, Stekko, Verderosa.
In provincia: Il Dolce Freddo (Albano Sant’Alessandro), Laboratorio Gelateria Franca (Albino), Fior di panna (Almenno San Bartolomeo), Gelateria Petite Fleur (Almenno San Salvatore), Royal Caffè (Alzano Lombardo), Gelato Artigianale F.lli Bogni (Arcene), Gelateria al Parco (Canonica D’Adda), Gelateria La Gabbia (Capriate San Gervasio), Fiocco di Neve (Castione della Presolana), Gelateria Ubaldo (Chiuduno), Selzcafè (Clusone), Gelatissimo (Darfo Boario Terme), Oasi (Fara Gera D’Adda), Bar Centrale (Lovere), Gelateria Gusto Libero (Luzzana), Pasticceria Melograno (Madone), Brina Gelato&Cioccolato (Martinengo), Gelateria artigianale di Nembro (Nembro), La Fonte (Oltre il Colle), Pasticceria Toffy, Bar Commercio Gelateria (Osio Sotto), Gelateria Bonazzi (Ponte Nossa), Gibogel (Rogno), Sottozero Gelato&Cioccolato (Rovetta), Gelateria Arlecchina (San Paolo d’Argon), Gelateria di Mangini Marco (San Pellegrino Terme), Yog (Sotto il Monte), Bar Roma (Sovere), Rubis di Fachinetti (Torre Boldone), Lo Chef del Gelato (Trescore Balneario), Gelatiamo (Treviolo), Gelateria Brina (Urgnano), La Crem (Vertova), Gelateria l’Oasi (Villongo), Artigel, Il Gioppino, Pasticceria Morlacchi, La Voglia Matta (Zanica).

Per informazioni: tel. 035.4120135.




Anche l’abito fa il piatto. E non è un vezzo di cucina gourmet

Un corretto impiattamento stimola i sensi, stuzzica l’immaginazione e crea una buona aspettativa. Ecco alcuni suggerimenti per una presentazione ad effetto

Che l’occhio voglia la sua parte ormai lo sappiamo tutti. Basta osservare il mondo attorno a noi per capire quanto l’immagine stia avendo un ruolo cruciale nella quotidianità. E così in cucina. Anche se la sostanza rimane sempre ciò che troviamo nel piatto, la sua presentazione è utile alla corretta percezione della proposta e, perché no, alla comunicazione vera e propria di un qualsiasi locale che si occupa di somministrazione: dall’alta ristorazione al bar, fino alla pizzeria e ai locali che si dedicano all’asporto come le gastronomie.

Basta scorrere la bacheca di Facebook o Instagram per comprendere quanto lavoro ci sia dietro un piatto ben riuscito. Si parte dalla materia prima, fino alla sua corretta trasformazione, la scelta del piatto giusto, le corrette scelte cromatiche, e così via.  Quando ci si trova davanti a un piatto poco attraente, la voglia di metterlo sotto ai denti non sempre è alle stelle, anzi. Anche se può succedere l’esatto opposto, e cioè che una preparazione molto bella da vedere ha creato aspettative talmente grandi da deluderle appena dopo l’assaggio. Però è bene tenere in considerazione che per gli esseri umani, la vista è un senso molto importante e regala tantissime informazioni che inconsciamente guidano le nostre scelte in modo più radicato di ciò che siamo portati a pensare.

L’importante però è anche non sottovalutare gli altri sensi: come è ovvio che sia, il gusto e l’olfatto entrano in gioco nella percezione di sapori e aromi, mentre il tatto ci regala altre sensazioni, tra cui la struttura e la temperatura. L’impiattamento è quindi uno dei tanti aspetti da considerare per la buona riuscita del nostro piatto che ha l’obiettivo di stimolare i nostri sensi, la nostra immaginazione e creare una buona aspettativa. E non è assolutamente vero che è un’arte propria dell’alta ristorazione. Il consiglio è quello di abbandonare questo preconcetto e, a qualsiasi tipologia di locale si faccia riferimento, ricordiamoci sempre che anche il vestito, purtroppo, fa il monaco.

Come nasce un piatto: la creatività

Ognuno ha il proprio processo creativo e tutti coloro che lavorano in cucina o che le dedicano buona parte del proprio tempo libero lo sanno bene. Non esistono, quindi, regole precise se non quelle relative al corretto abbinamento tra aromi e sapori, ma anche tra colori. È sempre bello stimolare i propri ospiti con nuove proposte, ma non sempre è necessario osare. Basta talvolta modificare ingredienti o metodi di cottura, per trasformare e personalizzare piatti della tradizione. Poi, la creatività non ha limiti e la piccola innovazione può trasformarsi in grandi piatti ben riusciti. In linea generale si comincia sempre da un singolo ingrediente, per poi costruire un piatto. In modo identico si lavora nella re-interpretazione delle ricette classiche: non sono necessari grandi stravolgimenti per rendere una ricetta unica nel suo genere. Basta un poco di voglia di osare.

Gli strumenti necessari: forme e tecniche

In realtà non è necessario avere grandi strumenti per impiattare in maniera creativa. Piuttosto, è fondamentale allenare la manualità. Nelle cucine professionali in genere gli strumenti non mancano. La base è sempre il piatto: è il nostro foglio su cui disegnare. DI conseguenza la prima cosa da fare è scegliere il piatto giusto, sia per la sua forma, che per il suo colore e materiale. Ne esistono di tutti i tipi, innanzitutto bisogna considerare le caratteristiche dell’ingrediente principale del piatto. Forma e dimensione dipendono principalmente da questo. E poi, i colori che saranno presenti per capire se è meglio scegliere una base nera, bianca oppure colorata. In presenza di salse o creme, è possibile utilizzarle per “disegnare” sul piatto creando spirali, punti, strisce o virgole (oggi un poco fuori moda). Ecco che saranno necessari flaconi dosatori in plastica oppure sac à poche per dosarle e definire anche la dimensione di punti o righe da creare.
Un altro strumento utile potrebbe essere un pennello per alimenti, il mestolo (per impiattare gli spaghetti,  ad esempio) oppure una spatola per realizzare strisciate o altri segni. Per impiattare una tartare, un risotto, ma anche una pasta, possiamo dotarci di coppapasta di diverse dimensioni. Infine, la pinza: è davvero essenziale per posizionare gli ingredienti nella posizione corretta con precisione e senza toccarli con le mani. Ecco quindi che con pochissimi euro possiamo contare su strumenti molto semplici utili per le nostre creazioni.

Impiattamento dolce

Come impiattare in modo corretto

Ci sono regole che valgono per l’alta ristorazione ma anche e soprattutto per chi si dedica alla cucina tradizionale. Anche un semplice (ma buonissimo) piatto di spaghetti al pomodoro, se ben impiattato, può rendere l’esperienza ancora più soddisfacente.

  1. Innanzitutto scegliere dove posizionare il nostro ingrediente principale. Dobbiamo immaginare di dividere il piatto in quattro parti e decentrare leggermente la nostra preparazione. In alternativa, è bene scegliere l’esatto centro, soprattutto se si utilizzano piatti fondi o se il piatto si sviluppa verso l’alto. Quanto alle decorazioni, per un piatto quadrato è opportuno prediligere forme a parallelepipedo, mentre con piatti tondi forme sinuose, punti, virgole o spirali.
  2. Le porzioni non devono essere eccessive, ma nemmeno troppo piccole. Un equilibrio è importante per raggiungere un impatto visivo che non spaventi e che renda confortevole il consumo.
  3. La distribuzione degli ingredienti deve essere tale da non dividere eccessivamente gli elementi, anche se a molti chef piace non rispettare questa regola e dividere in modo netto gli elementi.
  4. Piatti bianchi o neri aiutano. Si abbinano bene a qualsiasi preparazione, mentre quelli eccessivamente colorati sono più impegnativi.
  5. Il piatto deve essere ben pulito, non devono esserci sbavature o impronte. Attenzione nell’utilizzo di parti grasse come l’olio extra vergine di oliva. Qualora dovessero esserci sbavature basta intervenire con della carta assorbente.
  6. Non esagerare con i fiori, insalate o altro vegetale e non aggiungere elementi non commestibili. Attenzione con le polveri e le spezie macinate: a parte in rare eccezioni, bisogna evitare di sporcare i bordi dei piatti. Bandito l’uso del prezzemolo fresco sul bordo del piatto.
  7. Per distribuire il risotto nel piatto, basta battere sotto con la mano e si distribuisce in modo omogeneo. Possiamo completare il piatto aggiungendo ingredienti, salse o polveri in superficie
  8. Gli spaghetti sono stupendi se serviti a nido: basta arrotolarli con l’aiuto di forchettone e mestolo prima di appoggiarli sul piatto. È possibile sviluppare il nido in orizzontale, come fosse sdraiato, oppure in verticale.
  9. Prevediamo infine uno sviluppo del piatto possibilmente in altezza, dandogli più volume possibile.
  10. Pizze e panini non sono esenti dal seguire queste regole. Un buon panino o una buona pizza devono prevedere una buona distribuzione degli ingredienti, in maniera tale che ad ogni morso o su ogni fetta vi siano tutti gli ingredienti scelti per la farcitura.

Queste poche e semplici regole di base per impiattare a dovere. Ovvio che le regole, in questo caso, sono anche fatte per essere infrante con creatività, partendo sempre dal presupposto che semplicità non è banalità.




Divieto di consumazione al banco nei bar. La Fipe chiede con urgenza un intervento del Mise

Anche Ascom Confcommercio Bergamo si associa alla richiesta della Fipe: in Bergamasca la misura “pesa” su oltre 2.600 bar

La circolare del 24 aprile con cui il ministero dell’Interno ritiene che il DL “Riaperture” vieta ai bar la possibilità di effettuare la somministrazione al banco è giuridicamente incomprensibile e non ha alcun fondamento di sicurezza sanitaria. È quanto sostiene la Fipe secondo cui si tratta di un attacco al modello di offerta del bar italiano che si differenzia da quelli degli altri Paesi proprio perché basato sul consumo al banco. Per dare voce agli oltre 2.600 bar del territorio, Ascom Confcommercio Bergamo si associa alla richiesta del presidente Fipe, Lino Stoppani, per un intervento urgente da parte del Mise, perché ormai il tema della salute pubblica non può essere separato da quello della tenuta di un intero settore produttivo.

Si tratta, infatti, di un’interpretazione che nessuno si aspettava considerando che il decreto non esclude espressamente il consumo al banco ma, al contrario, ha voluto specificare con quali modalità può avvenire il consumo al tavolo (esclusivamente all’esterno fino al 31 maggio). D’altra parte, dopo 14 mesi di blocco delle attività di ristorazione, almeno l’aspettativa di una regolamentazione puntuale non dovrebbe essere tradita: in zona gialla i bar hanno sempre avuto la possibilità di effettuare la somministrazione al banco anche in virtù del fatto che si tratta di un consumo veloce, che non implica una lunga permanenza all’interno degli esercizi.

“È un attacco al modello di offerta del bar italiano che si differenzia da quelli degli altri Paesi proprio perché basato sul consumo al banco – dichiara Giorgio Beltrami, presidente del Gruppo Bar, Caffè e Pasticcerie di Ascom Confcommercio Bergamo, e vicepresidente regionale del coordinamento di Fipe Lombardia-. Un provvedimento punitivo ingiustificato anche sotto il profilo scientifico sui rischi sanitari che si corrono. Anzi la scienza continua a sostenere che il rischio di contagio cresce con l’aumento del tempo di contatto”. In attesa di aggiornamenti, Ascom Confcommercio Bergamo sta invitando gli associati a esporre la locandina dedicata.




“Colazione in viaggio”, un tour in 12 tappe tra Bergamo e provincia

Pubblicata la guida digitale di Marzia Bonalumi e Nadia Mangili: 12 mete descritte con foto ma partendo sempre dalla degustazione di una colazione o un brunch 

Marzia Bonalumi e Nadia Mangili pubblicano la guida digitale “Colazione in viaggio, 12 destinazioni a portata di share per Bergamo e Provincia”. Le mete sono selezionate e descritte attraverso l’idea di degustare una colazione o un brunch in un café o localino, scelto da Marzia che suggerisce cosa ordinare. Dopo aver fatto incetta di bagels, club sandwich, avocado toast, estratti, yogurt bowl, waffle, pancake, crostate, torte della nonna e tanti altri manicaretti, il viaggio continua alla ricerca di palazzi, ville, strade, giardini, terrazze panoramiche, scorci e opere d’arte, suggeriti da Nadia.
Le 12 mete, corredate dal suggestivo materiale fotografico, permettono di trascorrere una mattinata speciale tra Città Alta e i borghi medievali di Bergamo, ma anche quartieri, cittadine e comuni della Provincia, come San Pellegrino Terme, Stezzano, Crespi d’Adda e Treviglio.

Marzia Bonalumi e Nadia Mangili

Le autrici

Marzia Bonalumi è una seguitissima narratrice di colazioni e di localini dove gustare le prelibatezze più innovative e gustose. Ha aperto il suo profilo Instagram @flavouriteplace, una sorta di blog che lei definisce il suo Social Breakfast Club, un anno fa, e ha una schiera di follower che non si perdono mai un “where to go”.
Nadia Mangili, laureata in storia dell’arte, guida di Bergamo, crea da sempre tour alternativi, in collaborazione con professionisti provenienti da diversi ambiti. Sui social è conosciuta come la Margì (@lamargi.guidadibergamo), nome che le ricorda il gioco di carte bergamasche con cui giocava da piccola con sua nonna.

L’evento è stato ricalendarizzato a novembre, con una visita a Crespi, ma le norme di sicurezza anti Covid subentrate poco dopo hanno imposto l’annullamento. Nell’attesa di tornare a viaggiare insieme, non resta che affidarsi alla guida delle due esperte.

L’ebook è scaricabile da www.nadiamangili.com.

 




Balsamico, invecchiato o tradizionale? Conosciamo l’aceto

Aceti con caratteristiche organolettiche e metodi di produzione diversi: fare chiarezza è importante per scegliere al meglio

Forse parlare di aceto, al singolare, non rende davvero l’idea di quanto questo mondo sia vasto e diversificato. In commercio ne esistono tante tipologie, essenzialmente perché alla base c’è una reazione fermentativa ad opera di microrganismi, gli acetobatteri, che lavorano molto bene in presenza di alcol etilico, trasformandolo in acido acetico. Condizione importante perché questi microrganismi prendano il sopravvento e trasformino l’alcol in acido è la presenza di ossigeno. Senza aria non si sviluppano e l’alcol etilico manterrà le sue caratteristiche.

È facile pensare, quindi, a una produzione che derivi dall’utilizzo di mosto oppure vino, ma sono altresì molto diffusi gli aceti prodotti dalla fermentazione alcolica di frutta, cereali, malto oppure miele. Non entrando nel merito di quest’ultimi, anche se sempre più diffusi e utilizzati non solo in cucina, il metodo tradizionale per la produzione di aceto parte dalla diluizione del vino, che non dovrebbe superare gli 8-10 gradi alcolici per poi essere messo in grandi barili con bocche di areazione, e la presenza della cosiddetta “madre”, in cui sono concentrati gli acetobatteri che trasformeranno l’alcol etilico presente nel vino in acido acetico. Ma esistono prodotti assolutamente unici e di alta qualità: parliamo degli aceti balsamici e i balsamici tradizionali, attorno cui spesso vi è molta confusione, anche fra gli addetti ai lavori.

Aceto balsamico: cosa è e come si produce

Purtroppo, molti degli aceti denominati “balsamici” in commercio, non sono nient’altro che normalissimi aceti di vino aromatizzati e colorati. In realtà l’aceto balsamico proviene da lavorazioni specifiche che partono dalla cottura del mosto di uva, fermentato naturalmente, che viene poi acidificato molto lentamente attraverso un processo chiamato “metodo Solera” che consiste nel mettere l’aceto in piccole botti di legni diversi, disposte a piani, e ogni anno una parte dell’aceto viene messo nella botte sottostante, creando nel tempo un perfetto blend tra i vari mosti fermentati e acidificati.

Dopo l’acidificazione, il balsamico si presenta leggermente denso e di colore scuro, con aromi complessi, terziari e persistenti. Al sapore spiccano la dolcezza e la piacevole acidità, mentre a livello tattile stupisce la piacevole sensazione vellutata, rotonda.  Tralasciando i “balsamici” a buon mercato, simili ad aceti di vino normalissimi ma semplicemente colorati e aromatizzati, esistono diverse possibilità per scegliere un aceto balsamico di qualità senza spendere necessariamente una follia. Innanzitutto i regolamenti ci vengono in aiuto: esistono, infatti, certificazioni e disciplinari di produzione a garanzia del prodotto che ci aiutano nella scelta.

Aceto balsamico di Modena IGP: un balsamico prodotto secondo il metodo

L’aceto balsamico di Modena ha una storia davvero lunga e, fin dal 2009, la sua provenienza è tutelata dal marchio europeo IGP (Indicazione Geografica Protetta). Per disciplinare, la sua zona di produzione ricade nelle province di Modena e Reggio Emilia. Viene prodotto attraverso la cottura dei mosti parzialmente fermentati (in quantità minima del 20%) di uve delle cultivar Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni con l’aggiunta del 10% minimo di aceto di vino, ma anche di vino e aceto balsamico invecchiato. Dopo l’acidificazione, il balsamico viene affinato per un minimo di 60 giorni e, a discrezione, invecchiato per un tempo variabile. Oltre i 3 anni potrà fregiarsi della dicitura “invecchiato”. La certificazione garantisce che tutto il processo di lavorazione e trasformazione (fermentazione, acidificazione e invecchiamento) abbia luogo nelle province di Modena o Reggio Emilia.

L’aceto Balsamico di Modena IGP è un buon prodotto, perfetto anche per aggiungere bontà a molti piatti senza avere dei costi proibitivi; questo lo rende adatto ad essere utilizzato in quasi tutte le tipologie di ristoranti, non andando a incidere eccessivamente sul food cost. È estremamente versatile e perfetto ad esempio per guarnire insalate, primi piatti come paste all’uovo o risotti, ma anche carni bianche o di maiale, senza andare ad appesantirne sapore e aroma.

Aceto balsamico tradizionale di Modena e di Reggio Emilia: il più pregiato

Da non confondere con l’altro, il “tradizionale” gode della Denominazione di Origine Protetta nelle sue due indicazioni geografiche: Modena e Reggio Emilia. È prodotto grazie alla parziale fermentazione e poi alla cottura di mosti provenienti esclusivamente da uve di Trebbiano e Lambrusco prodotte nei due territori provinciali di riferimento. Non va confuso con il normale balsamico: il tradizionale è infatti prodotto a partire esclusivamente dal mosto cotto delle due cultivar autoctone. Anche il processo di invecchiamento è molto più lungo e lento. Questo giustifica la differenza di prezzo, ma anche di sapore, consistenza e aroma. L’aceto balsamico tradizionale DOP esiste poi in due versioni: l’affinato, con almeno 12 anni di invecchiamento, e l’extravecchio, con almeno 25 anni, da non confondere con l’aceto balsamico di Modena IGP invecchiato.

Si tratta di un prodotto sostanzialmente diverso, molto più complesso e, di conseguenza, anche l’utilizzo e l’abbinamento diventa ancora più difficile. Ovvio che è perfetto con i formaggi a grana molto stagionati, come il Parmigiano Reggiano DOP nelle versioni riserva. È abbinabile alle carni crude che hanno subito un’importante frollatura, ma anche a guarnire dolci a base di fragole. Insomma, la sua aromaticità importante lo rende adatto ad abbinamenti che lo possano innanzitutto sostenere a livello gustativo, ma anche che non lo snaturino in tutta la sua complessità, frutto dei lunghi anni impiegati per la sua produzione.

 




Dal 26 aprile tornano le zone gialle: via libera ai dehors anche a cena. Ecco la roadmap delle riaperture

Pranzo e cena solo nei locali che hanno tavoli all’aperto e dal primo giugno anche al chiuso ma solo a pranzo. Piscine aperte dal 15 maggio, palestre dal 1 giugno. E dal 15 giugno ripartono le fiere

Tornano le zone gialle dal 26 aprile, dove i dati lo consentono, ma a riaprire saranno solo le attività all’aperto. Gli esercizi di ristorazione, quindi, potranno lavorare sia a pranzo che a cena, a patto di avere uno spazio esterno. Il Consiglio dei ministri ha varato mercoledì 21 aprile il nuovo decreto anti coronavirus le cui bozza era stata licenziata venerdì scorso. Nessuna novità di rilievo, a parte l’astensione politicamente pesante della Lega, che contesta la conferma del coprifuoco alle 22.

Il calendario delle riaperture (Scarica il Decreto Riaperture).

Da lunedì 26, dunque, si comincia a riaprire e tra i primi ci saranno i ristoratori: in zona gialla, fino a tutto il mese di maggio, sarà possibile pranzare o cenare solo nei locali che hanno tavoli all’aperto, mentre dal primo giugno si potrà mangiare anche al chiuso, ma solo a pranzo. Sempre in area gialla riapriranno con specifici protocolli teatri, cinema, spettacoli e musei. Dal 15 maggio sarà consentita l’attività nelle piscine scoperte e dal primo giugno nelle palestre al chiuso, data in cui saranno aperti al pubblico anche manifestazioni ed eventi sportivi di interesse nazionale.
Il 15 giugno ripartono le fiere e dal primo luglio sarà la volta di congressi e parchi tematici. Per quanto riguarda gli spostamenti tra le Regioni resta necessaria l’autocertificazione, dove è già prevista, ma da subito si potrà girare più liberamente con in tasca il “certificato verde”, che attesti la vaccinazione, l’esecuzione di un tampone negativo o l’avvenuta guarigione dal Covid. Chi avrà il pass potrà anche accedere a determinati eventi, culturali e sportivi.

“Le aperture per le sole attività all’aperto rischiano di penalizzare almeno la metà delle imprese che non possono usufruire di questa possibilità. Per i pubblici esercizi della montagna, poi, è una doppia penalizzazione considerate le condizioni climatiche -a ricordato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nel suo intervento alla giornata “Legalità, ci piace!”  Chiediamo due ulteriori accorgimenti: favorire una sensibilizzazione nei confronti delle amministrazioni locali nel permettere di utilizzare nuovi spazi pubblici, così da  maggiore vivibilità delle nostre città e territori; anticipare prima possibile le aperture anche all’interno, con distanziamento e protocolli di sicurezza”.

Zambonelli, presidente Ascom: “Così non va: ci sono ancora troppi nodi da sciogliere e regole da definire con più chiarezza”

Avere una data per poter ripartire sono segnali che vanno nella giusta direzione ma “ci aspettavamo maggiore coraggio e soprattutto maggiore chiarezza – sottolinea Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo, in merito al Decreto Riaperture approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri -. C’è infatti di fondo un errore di metodo. Il calendario delle riaperture è sulla bocca di tutti e sulle pagine dei giornali ma non basta presentare delle slide in pdf. Per chi lavora, in primis le associazioni di categoria, servono provvedimenti veri e non comunicati stampa. I nostri associati sono confusi e ci stanno contattando per capire come gestire i clienti e le prenotazioni in vista di eventi e cerimonie all’aperto, considerando anche l’incognita del maltempo. A oggi, infatti, non c’è nessun decreto messo nero su bianco che definisce regole precise e tutti questi bei proclami cadono nel vuoto se poi mancano protocolli di sicurezza e un metodo comune a tutti da seguire”.

Niente passi falsi, dunque, anche perché l’obiettivo comune al mondo del commercio e del turismo è quello di tornare a lavorare a pieno ritmo: “La data del 26 aprile da sola non basta – prosegue Zambonelli -. Dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori e bisogna lavorare da subito a un protocollo di sicurezza sanitaria stringente che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso: finché la ristorazione non potrà ripartire in toto, infatti, anche tutta la filiera connessa continuerà a subire danni economici gravissimi”.

C’è poi il nodo delle date scelte: “Per alcuni settori non si tratta di una ripartenza vera e propria – conclude Zambonelli -. Penso in primis ad alberghi e ristoranti ma anche alle piscine, chiamate a riaprire troppo presto, così come è assurdo invece pensare di aspettare luglio per i parchi tematici. E poi ci sono i centri commerciali che sarebbero dovuti ripartire prima: la chiusura nel weekend, operativa da più di sei mesi, ha tagliato il giro d’affari del 40% rispetto al 2019 e il fatturato annuo di 56 miliardi di euro. Sono numeri che mettono a repentaglio la tenuta delle aziende, con il rischio di forti ricadute occupazionali”.

Fipe: “Un primo passo, ma serviva più coraggio”

Anche per la Fip-Confcommercio “si tratta solo di un primo punto di partenza, perché troppe imprese restano tagliate fuori dalla limitazione del servizio ai soli spazi esterni, subendo così una discriminazione. Per queste realtà il lockdown non finirà il 26 aprile. È fondamentale avere già nei prossimi giorni una road map molto precisa che indichi come e quando le riaperture potranno coinvolgere, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza, anche tutti quei locali che hanno a disposizione solo spazi interni. Parallelamente sarà importante invitare i Comuni a fare tutto quanto in loro potere per favorire la concessione di suolo pubblico agli operatori sfavoriti da questa riapertura parziale”. Fipe sottolinea infine che “sarà essenziale che tutti quanti, imprenditori e avventori, dimostrino il massimo senso di responsabilità, rispettando pedissequamente le norme di sicurezza sanitaria stabilite dal Comitato tecnico scientifico. Non possiamo permetterci passi falsi. L’obiettivo comune deve essere quello di tornare a lavorare, e dunque a vivere, a pieno ritmo”.

Sono 116mila i locali senza spazio esterno

Fipe fai inoltre notare che riaprire solo le attività che hanno i tavolini all’esterno “significa prolungare il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi”. Il 46,6% dei bar e dei ristoranti italiani non ha infatti spazi all’aperto, una percentuale peraltro che nei centri storici, soggetti  a regole molto più stringenti, aumenta considerevolmente. “Se questo è il momento del coraggio dice Fipe – che lo sia davvero. I sindaci mettano a disposizione spazi extra per le attività economiche che devono poter apparecchiare in strada ed evitare così di subire, oltre al danno del lockdown, la beffa di vedere i clienti seduti nei locali vicini”. Per la federazione la data del 26 aprile da sola “non basta. Dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori. Bisogna lavorare da subito a un protocollo di sicurezza sanitaria stringente, che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso e bisogna darci un cronoprogramma preciso, a partire dal 26 aprile. Non c’è più tempo da perdere. Nelle prossime ore chiederemo all’Associazione nazionale dei Comuni italiani di collaborare con noi per spingere i sindaci a concedere il maggior numero di spazi esterni extra, in via del tutto eccezionale e provvisoria, agli esercizi che in questo momento ne sono sprovvisti. Sarebbe un bel segnale di unità e di voglia di uscire dal pantano tutti insieme”.

 

Federalberghi: “Le terme sono già aperte e potranno offrire maggiori servizi”

Bene gli indirizzi formulati dalle Regioni, che “confermano gli alti standard di sicurezza garantiti dalle aziende termali”, ma non è chiaro “a quali ipotesi di termalismo si faccia riferimento quando si parla di riaperture al primo luglio. Ci auguriamo solo che eventuali profili di limitazioni alle attività termali presenti ad oggi nei testi normativi vengano aboliti al più presto”. Lo sottolinea Emanuele Boaretto, presidente di Federalberghi Terme, per il quale comunque “un ulteriore segnale positivo verrà dalle decisioni che il Governo si appresterebbe ad assumere e che consentirebbero di riprendere a breve i flussi turistici e sanitari idonei a far ripartire il settore dopo un anno di grosse difficoltà”. In ogni caso, conclude la Federazione, è bene ricordare che “gli stabilimenti termali italiani sono aperti già oggi per le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza (fangobalneoterapia e inalazioni, ad esempio) e per attività riabilitative e terapeutiche”.

 

Vacanze, gli stabilimenti balneari sono pronti ad accogliere i turisti stranieri dal 15 maggio

Gli stabilimenti balneari “sono pronti ad accogliere i turisti anche stranieri, in particolare i tedeschi, che con la Pentecoste dal 13 maggio hanno un periodo di vacanze di 15 giorni. La nostra richiesta è stata accolta, siamo soddisfatti: l’apertura a giugno ci avrebbe penalizzato rispetto ad altri mercati concorrenti come la Grecia e la Spagna. L’importante è che l’Italia c’è, è pronta”.  Così Antonio Capacchione, presidente del Sib Fipe- Confcommercio, soddisfatto per l’accoglimento della richiesta fatta nei giorni scorsi al ministro del Turismo, Massimo Garavaglia. I balneari hanno iniziato già da qualche settimana a fare lavori di manutenzione sulle spiagge perché “non è che alziamo una saracinesca e apriamo – spiega Capacchione – alle volte c’è bisogno di un mese, di due mesi, dipende dalle dimensioni degli stabilimenti e quindi confido che dal 15 maggio si possa iniziare davvero a lavorare”




Prosecco? Chiamatelo Glera

Il vitigno autoctono a bacca bianca è la cultivar perfetta per diversi vini frizzanti e spumanti

 

Glera è un vitigno autoctono per uno dei vini spumanti italiani più conosciuti ma la sua origine non è ancora chiara e, infatti, sono molti quelli che sostengono provenga da un piccolo paese del Carso triestino ubicato al confine con la Slovenia, Prosecco, dove il vitigno veniva chiamato appunto Glera. Da lì si sarebbe poi diffuso nella provincia di Treviso, fino poi ai Colli Euganei. Un’altra tesi vede invece il suo percorso all’esatto inverso. Di certo, questo vitigno trova la sua principale diffusione e fortuna sulle colline della provincia di Treviso, tra Conegliano e Valdobbiadene. Proprio qui vengono coltivati i circa 6500 ettari dei 7000 totali di impianto censiti in Italia.

È un vitigno molto rustico e di gran vigore, è considerato un vitigno semi-aromatico. Si coltiva bene sia in collina che in pianura, ma proprio sulle ripe scoscese delle zone limitrofe a Valdobbiadene, per la difficoltà di lavorazione dei terreni, è possibile trovare anche piante molto vecchie. Per la sua trasformazione in vino, si presta molto bene alla spumantizzazione, ma anche alla produzione di vini frizzanti e fermi. Il Veneto e la zona del Carso Triestino (Friuli-Venezia Giulia) sono dunque le zone in cui è diffusa la coltivazione di questi vitigno e viene impiegato in diverse quantità per la produzione di vini che appartengono a diverse Denominazioni d’Origine. Non di solo Prosecco si tratta. È un vitigno che regala al vino tenui aromi fruttati e floreali, con un corpo leggero e un’acidità interessante. 

I Prosecchi, non il Prosecco

Spesso si parla di Prosecco in senso generico (a volte con riferimento perfino alla categoria del vino spumante, e questo è un grave errore) senza considerare che esistono diverse tipologie di vino spumante commercializzato con un nome simile, ma non identico. Esiste il Prosecco DOC, che deve contenere una percentuale di Glera non inferiore all’85% del totale e viene prodotto in un territorio molto vasto: in tutte le provincie del Veneto, con esclusione di Rovigo e Verona, e in parte del Friuli-Venezia Giulia.

All’interno della zona ove è possibile produrre il vino DOC, sono presenti ristrette aree dove si produce l’Asolo Prosecco DOCG e il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Superiore DOCG. Quest’ultima denominazione comprende anche due “cru”: Rive, che si riferisce a 43 micro aree presenti in diversi comuni o frazioni della zona, e Cartizze, che comprende il vino prodotto con le uve coltivate in soli 106 ettari ubicati attorno alla località Cartizze. Questo è il “prosecco” più pregiato, con caratteristiche aromatiche più complesse rispetto al vino spumante prodotto nella restante zona. L’errore più ricorrente è la dicitura “Conegliano superiore di Cartizze”: non esiste il Cartizze di Conegliano e non solo per toponomastica, ma soprattutto per legge (il disciplinare della DOCG). Il Cartizze prende il nome da una ristrettissima zona del Comune di Valdobbiadene (circa 106 ettari, con circa 140 piccoli proprietari). 

Gli altri vini con denominazione prodotti con la Glera

La Glera è utilizzata comunemente anche per produrre altre tipologie di vino e non solo il famoso vino spumante. Sempre nella zona collinare della provincia di Treviso, tra Valdobbiadene e Conegliano, sono prodotti i vini appartenenti alla DOCG Colli di Conegliano e, nel passito bianco Torchiato di Fregona, è possibile utilizzare una percentuale di uva proveniente dalla cultivar Glera. Nelle provincie di Gorizia e Trieste, esiste la denominazione Carso DOC, che comprende anche il vino Carso Glera DOC: un vino fermo prodotto con almeno l’85% di Glera.
Infine, la zona dei Colli Euganei, che si trova in provincia di Padova, ospita l’omonima DOC, che comprende il Serprino DOC, un biotipo del vitigno Glera con cui si producono un vino spumante e uno frizzante.

 

 




#Vogliamo una data: Ascom in piazza insieme a Fipe per dare voce alla galassia del terziario

 

La delegazione bergamasca di Ascom presente all’assemblea Fipe a Roma per chiedere al Governo una data della ripartenza per i pubblici esercizi

Titolari di bar e ristoranti, ovviamente, ma anche il mondo del catering e del banqueting, la ristorazione commerciale e collettiva, le discoteche, le imprese balneari e gli imprenditori del gioco legale e dell’intrattenimento: tutti insieme per chiedere al governo un programma per la riapertura definitiva delle loro attività, alcune delle quali chiuse da 14 mesi, e una data certa per avviarlo.

Sei mesi dopo “#SiamoATerra”, la manifestazione organizzata in 24 città con la partecipazione di migliaia di imprenditori, la Federazione italiana dei Pubblici Esercizi, torna oggi in piazza a Roma per dare volto e voce all’esasperazione di un settore in ginocchio e alla galassia dei pubblici esercizi. Una manifestazione legale, corretta ed espressione di una categoria che soffre ma che ha diritto di riaprire per una forma di protesta ordinata e costruttiva, coerente con lo stile della Fipe che ha sempre cercato un confronto con le istituzioni, rifuggendo populismi, polemiche e strumentalizzazioni e che oggi vuole dare un altro segnale forte.

fipe assemblea roma

Presente anche una delegazione bergamasca

A partecipare al sit-in organizzato in piazza (La diretta dell’Assemblea Fipe a Roma) c’è anche la delegazione bergamasca di Ascom Confcommercio Bergamo formata dal direttore Oscar Fusini e Giorgio Beltrami, presidente del Gruppo Bar Caffè di Ascom e vicepresidente regionale del coordinamento di Fipe Lombardia: “Scendiamo in piazza con un solo obiettivo: una data certa per riaprire – commenta Beltrami -. Bar, ristoranti e locali serali sono fermi da troppo tempo senza possibilità di lavorare a pieno regime e poi c’è la stagione turistica alle porte. Paesi come Spagna e Grecia sono già in pista per le prenotazioni mentre da noi non c’è ancora nessun orizzonte temporale certo e il rischio è di far saltare un’intera stagione”.

Se, infatti, nella manifestazione di ottobre il disagio era stato espresso apparecchiando simbolicamente tavole vuote nelle piazze d’Italia, stavolta si è scelto di convocare direttamente in piazza San Silvestro l’Assemblea Straordinaria della Federazione per chiedere direttamente al governo, e alla politica in generale, un impegno preciso: una data della ripartenza e un piano per farlo in sicurezza.

Gli interventi in piazza: da Sangalli a Stoppani

Durante la mattinata si sono susseguiti i collegamenti live con le piazze di tutta Italia, intervallati agli interventi di tanti piccoli imprenditori che racconteranno le loro storie di quotidiana disperazione. Sono inoltre previsti gli interventi del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e del presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani.
Intanto, nel giorno dell’audizione davanti alle Commissioni congiunte V e VI del Senato sul Dl Sostegni, il direttore generale Fipe, Roberto Calugi, ha lanciato un nuovo appello alla politica sottolineando che “attorno alla riapertura dei pubblici esercizi si combatte una battaglia politica che non fa bene a nessuno. Qui è in gioco il futuro di migliaia di imprenditori e di oltre un milione di lavoratori. Ci aspettiamo che il governo affronti il tema della ripartenza dei nostri locali così come ha fatto in passato per altre categorie, prevedendo un piano preciso, misure stringenti e controlli a tappeto per punire chi non le rispetta”.