Nasce la consulta nazionale del vino italiano

VinoPresentarsi uniti per rilanciare i valori e la cultura enologica del nostro Paese. È questa l’idea da cui nasce la Consulta Nazionale del Vino italiano, progetto che ha mosso ufficialmente i primi passi il 17 aprile scorso. A Roma si sono infatti riuniti, su iniziativa dell’Onav, i rappresentanti delle maggiori associazioni del comparto vitivinicolo nazionale, allo scopo di riflettere su alcune tematiche di scottante attualità. La Consulta Nazionale Vino si propone di affrontare concretamente i problemi del settore a 360° divenendo, per il consumatore, un punto di riferimento per tutto ciò che concerne la conoscenza del mondo enologico ed al contempo, di essere elemento propositivo di interventi sul fondamentale tema dell’educazione al consumo. Grazie all’adesione al progetto di una larghissima rappresentanza di Associazioni – tra cui Onav, Agivi, Ais, Aspi, Associazione Nazionale Le Donne del Vino, Movimento Turismo del Vino, Fisar, Fivi e SlowFood – sono dunque state gettate le basi di quello che sarà un lungo percorso di sensibilizzazione nei confronti delle Istituzioni e dei consumatori. Ognuna delle associazioni presenti ha infatti, per propria natura, diversi approcci e finalità. Fondamentale è perciò trovare un linguaggio ed uno scopo comune, che consenta di approntare un piano di lavoro ben definito, che possa essere sottoposto alle istituzioni. Il primo punto su cui si concentrerà il lavoro della Consulta sarà l’introduzione di una appropriata istruzione sulla vite e sul vino, sullo stile di alimentazione mediterraneo, in cui fondamentale è l’abbinamento cibo-vino, e sul valore del territorio vinicolo italiano, della sua storia e della sua gastronomia già nel percorso scolastico, come avviene in altri Paesi dell’Unione Europea. Di primaria importanza è infatti l’avvicinamento del consumatore al mondo del vino, alla sua storia millenaria e ai suoi valori perché solo attraverso la “conoscenza” si potrà dare nuovo respiro al comparto, valorizzando quella tipicità ed unicità del prodotto vino così strettamente legata al territorio e alla cultura del Gusto Italiano. La Consulta è aperta a nuove adesioni da parte di Associazioni ed Istituzioni e già in un futuro prossimo si prevede l’ampliamento dei partecipanti con alcune altre importanti presenze.

Per informazioni: 0141/535246




Anche la cicoria ha la sua sagra

È un’erba spontanea quella alla quale Cazzano Sant’Andrea, il più piccolo dei cinque paesi della Val Gandino, dedica la propria sagra. La cicoria, nome con il quale in Bergamasca si indica il tarassaco, è un vero e proprio simbolo della tavola primaverile, ghiotto bottino di tanti raccoglitori (e raccoglitrici) curvi nei campi nonché ingrediente immancabile – crudo, tagliato fine, in compagnia delle uova sode – della scampagnata di Pasquetta.

La sesta edizione dalla Sagra della Cicoria, organizzata dall’Associazione “Amici di Aurora” con il patrocinio di Comune, Gruppo Alpini e Parrocchia, si tiene dal 7 al 10 maggio nella struttura allestita presso la casetta degli Alpini in via Tacchini. Ogni sera, a partire dalle 19, saranno proposti piatti a base di cicorie e piatti della cucina tipica locale, all’insegna della semplicità e della genuinità. L’intrattenimento musicale è affidato al gruppo Mismountain Boys.

La manifestazione è preceduta – mercoledì 6 maggio, nella sala polivalente dell’Oratorio alle ore 20 – da un incontro con esperti di alimentazione ed erboristeria che approfondiranno gli aspetti legati alla tradizione alimentare e alle proprietà nutrizionali e terapeutiche della cicoria. Interverranno il farmacista Enrico Carrara, il docente di scienze alimentari Alain Zanchi e la studiosa di erbe spontanee Isabella Brasi. La serata sarà allietata dal poeta dialettale Amadio Bertocchi e dalla Compagnia teatrale stabile Città di Albino.




Vaprio, in tavola torna “Il rafiolo di Leonardo”

Villa CastelbarcoFino al 10 maggio, nella Villa Castelbarco di Vaprio d’Adda, si terranno una serie di mostre ed eventi riuniti sotto il titolo “Incontro Oriente-Occidente: a tavola con Leonardo”. Un evento voluto dal Comune (il progetto è a cura dell’architetto Rosmary Pirotta) che ha saputo unire la cultura – grazie a una fitta serie di esposizioni tematiche – a momenti ludici di aggregazione finalizzati a una migliore conoscenza del territorio e delle sue tradizioni, legate in particolare al periodo del Rinascimento. In questo solco si inserisce anche lo spazio dedicato all’enogastronomia: per tutto il periodo della manifestazione, infatti, sarà proposto “Il rafiolo di Leonardo”, realizzato con ricetta originale del 1500 dal Raviolificio Lombardini di Canonica d’Adda (www.mammagaia.it) e proposto con un sugo inedito. «Il rafiolo – spiegano i fratelli Luca e Stefano Lombardini, titolari del pastificio – nasce in onore di Leonardo, che non disdegnava la buona cucina. Abbiamo così ridato vita a una ricetta del suo tempo che è negli scritti del cuoco romano Bartolomeo Scappi (1500-1577), sovrintendente delle cucine dei Papi Pio IV e Pio V. Tra le paste ripiene, abbiamo rispolverato i rafioli, dedicandoli a Leonardo. Il ripieno è a base di formaggi, verdure e spezie, tra cui cannella, pepe e altre. La pasta è preparata con due uova per ogni chilogrammo. di farina, come era a quel tempo». Il servizio catering di ristorazione e bar sarà gestito dal Gruppo Alpini di Vaprio d’Adda. Qui saranno in vendita le confezioni da 250 grammi del “Rafiolo di Leonardo” e naturalmente lo si potrà provare appena cucinato. A Villa Castelbarco, i visitatori troveranno altri fattori di interesse: l’ allevamento di lumache; percorsi olfattivo di “odori” catturati in bombolette spray; realizzazione di piatti in terra grezza ispirati al Rinascimento (a cura di Vanni Ceramiche di Albino); la ricostruzione dell’Ultima Cena, vetrate saldate a piombo, tavoli d’epoca e una pala religiosa del 1500; giochi antichi viventi. Prevista anche la possibilità di effettuare percorsi storici guidati lungo le sponde dell’Adda.




Salame bergamasco, il migliore è di Mornico

vincitori concorso salame bergamascoUn agriturismo, un norcino ed una macelleria si sono aggiudicati le prime tre posizioni alla quinta edizione del concorso provinciale del salame tradizionale bergamasco, organizzato il primo maggio dall’Associazione norcini bergamaschi nel corso della Fiera agricola della Bassa bergamasca di Treviglio.

La competizione era aperta ad amatori che preparano per il consumo familiare il proprio salame, norcini e laboratori artigianali di macellerie o spacci agricoli. Ad imporsi sui 44 campioni presentati alla gara sono stati nell’ordine il salame dell’agriturismo Villa Delizia dei fratelli Dolci di Mornico, quello preparato dal norcino Davide Merisio di Mozzanica e, al terzo posto, quello della macelleria Riccardo Giuliani di Almè. In quarta e quinta posizione due produttori privati, Lauro Medici ed Ernesto Maffeis, ottentenne di Seriate che si era già classificato al primo posto nel 2011, forte di una valida cantina per la stagionatura e del lavoro del maestro norcino Giuseppe Pezzotta. Mentre nel salame vincitore, preparato con le carni allevate in proprio nell’agriturismo e stagionato in loco, c’è la firma di Paolo Luisoni, presidente dei Norcini bergamaschi, che ha curato la produzione e l’asciugatura.

Il distacco tra i “concorrenti” è stato comunque minimo, nemmeno trenta punti tra il primo (arrivato a quota 694) e il quinto (668). «Anche gli altri campioni in concorso si sono ben comportati – evidenzia Gualtiero Borella, responsabile dei corsi di formazione dell’Associazione -. Abbiamo riscontrato una qualità eccellente in tutti, l’assenza di grandi difetti, il che testimonia una crescita dell’attenzione e della qualificazione nella produzione tradizionale del salame bergamasco. Pur differenti per aspetto, i salami hanno risposto agli standard previsti dal disciplinare, lasciando però anche spazio alla personalizzazione». La giuria era composta da dieci esperti, tra cui assaggiatori Onas, che hanno seguito una serie di incontri per assicurare criteri di giudizio omogenei.

Sono in miglioramento, quindi, le competenze del settore ed è proprio questo uno degli obiettivi dell’Associazione con sede a Calcinate, nata per salvare la figura tradizionale e il mestiere del norcino (ol masadur) e promotrice di numerose occasioni di formazione e aggiornamento.




Con i sommelier si degusta il Tokaji

!cid_ii_i98f4m180_14d19b0e9ef64a7bLa delegazione bergamasca dell’Associazione Italiana Sommelier ha organizzato per martedì 12 maggio, alle 20.30, all’ Hotel Settecento di Presezzo, l’evento denominato “Bergamo Eszencia”, un viaggio nella Vecchia Europa, capitanati da chi, da quel lembo di Terra, incuneato tra Slovacchia, Ucraina e Romania è appena tornato, portando con sé un bottino di bottiglie preziose: Mariano Francesconi e il Tokaji. Mariano Francesconi delizierà i palati e stimolerà la curiosità dei partecipanti attraverso una selezionata e pregiata scelta di vini: Furmint secco, Tokaji Aszú 5 Puttonyos di due annate differenti, Tokaji Aszú 6 Puttonyos di due annate differenti e l’ Eszencia. Abbinamento culinario su due differenti Tokaji.

Costo per la serata 58 euro per soci Ais,  63 per i non soci.

Info e prenotazioni: Roberta Agnelli 347-7321538 e Luigi Mascheretti  349- 2676432.




Brebemi e l’intruglio mediatico targato Raspelli

Raspelli sulla BrebemiDopo l’inno di Elio e le storie tese alla Brebemi “bellissima perché vuota”, la direttissima Brescia-Bergamo-Milano si è meritata l’attenzione del giornalista enogastronomico Edoardo Raspelli che, annunciando l’apertura delle due aree di sosta Adda nord e Adda sud all’altezza di Caravaggio, ha comunicato la sua volontà di mettersi in prima persona ai fornelli di quella che sarà l’area ristoro (al momento ci sono solo piazzole di posteggio con servizi igienici e distributori automatici in strutture prefabbricate inaugurate lo scorso 10 aprile).

Il “cronista della gastronomia” si è diffuso in particolari succulenti, tali da invogliare ad imboccare l’autostrada anche solo per poter godere di una tale proposta. Raspelli dice infatti che sarà affiancato da «un cuoco del territorio: Graziano Bianchi, che con l’aiuto della famiglia manda avanti quel gioiellino affascinante di campagna che è Le Giare, a Monticelli d’Ongina, tra Piacenza e Cremona». «Il duo ricalcherà sulla Bre. Be. Mi. – dettaglia il giornalista – il menù del localuccio piacentino: piatti del territorio come pisarei e fasoi (gnocchetti con i fagioli) e cotechino, ma anche la cucina del mare, soprattutto quella del Sud. In autostrada si troveranno, quindi, grandi alzate di crostacei e conchigliacei crudi, tagliolini e spaghetti con filetti di sogliola, scampo, branzino e gambero, zuppe di pesce insaporite di aglio (non dimentichiamo che la zona tra Castelvetro Piacentino e Monticelli d’Ongina è una delle patrie italiane di aglio e scalogno!), fritti misti, spigola all’acqua pazza, catalana, orata al forno…».

Sorpreso da un tale annuncio, il ristoratore ha confessato di non sapere nulla dell’iniziativa ed ha ipotizzato un pesce d’aprile da parte dell’amico Raspelli. «Raspelli è un amico, questo sì – ci ha spiegato Bianchi -, ma non ci siamo mai confrontati in alcuna occasione su un’idea simile, anche perché siamo piacentini, un po’ fuori zona… . L’unica ipotesi è che si tratti di uno scherzo ed è questo ciò che abbiamo detto anche al presidente della Brebemi Francesco Bettoni che ci telefonato incuriosito per la notizia». Ad avvalorare la supposizione l’abbondanza di portate di pesce nel goloso comunicato e, naturalmente, la data di diffusione: lunedì 30 marzo con l’embargo della notizia fino al mercoledì, appunto il primo aprile, che non viene citato per non destare sospetti.

Il mistero non si svela del tutto nemmeno interpellando il diretto interessato. «Ho dato in esclusiva ed anteprima la notizia dell’apertura delle due Aree di Posteggio a Caravaggio (Adda Nord ed Adda Sud) – risponde Raspelli -: l’apertura del “mio” ristorante a base di… sogliole e … branzini… era ed è una mia aspirazione. In bocca alle balene».

Nel comunicato “incriminato”, il critico precisava anche perché, a suo parere, la direttissima A35 è particolarmente comoda e sicura, regalava un elenco ristoranti di preferiti ora per lui più facilmente raggiungibili grazie al nuovo collegamento (per la Bergamasca, San Martino di Treviglio, Caffè Rubini di Romano di Lombardia, Tre Lanterne di Martinengo, Saraceno e Giacomo di Cavernago) e annunciava – ci risiamo? – che nelle due aree di Caravaggio, Adda Nord ed Adda Sud, «sarà in parte ambientato il film che vedrà tra i protagonisti Edoardo Raspelli».

Insomma, più che un pesce d’aprile un intruglio mediatico.

 




Salame bergamasco, a Treviglio si elegge il migliore

Il salame bergamasco. Per tanti è un’autentica passione, che spesso innesca una ricerca tra cascine e macelleria per trovare il proprio ideale. Già, perché se la ricetta base è quella – che prevede l’impiego delle carni nobili del suino -, le varianti e sfumature sono pressoché infinite e sono legate a fattori diversi, dalla selezione degli animali alla macinatura dei pezzi, alle proporzioni degli ingredienti, all’impiego degli aromi fino alle condizioni di stagionatura.

Ad eleggere il miglior salame tradizionale bergamasco torna il Concorso provinciale promosso dall’Associazione norcini bergamaschi e giunto alla quinta edizione. L’appuntamento è a Treviglio, alla Fiera agricola della Bassa bergamasca dove l’associazione è presente per l’intera durata della manifestazione (dal 30 aprile al 3 maggio) con dimostrazioni del mestiere di norcino, prodotti, abbigliamento e attrezzature. La giornata che vedrà protagonista il salame è venerdì primo maggio e, oltre al concorso, propone una gara alla “stima del peso di un salame oltre misura” e una di “bravura e velocità nella legatura del salame bergamasco”, con le premiazioni di tutte le competizioni a partire dalle 14.

L’evento è atteso come qualificato momento di confronto dagli amatori che preparano per il consumo familiare il proprio salame, dai norcini, ma anche da diversi laboratori artigianali di macellerie o spacci agricoli, in rappresentanza di metodi, gusti e tradizioni di tutta la provincia, valli, città e pianura. E non mancano gli allievi dei corsi di norcineria organizzati dall’Associazione – nata per salvare la figura e il mestiere del norcino (ol masadur), come elemento di continuità delle tradizioni del territorio – , che cominciano a misurarsi con i norcini più esperti.

Chi è a caccia di sapori tradizionali non manchi di fare un giro.




Lombardia, un’app fa da guida sulle 12 Strade del Vino

applombardia2.037 chilometri di percorrenza segnalati da cartellonistica stradale, 821 associati, tra cui 200 viticoltori, 150 produttori, 42 vini lombardi Docg, Doc e Igt, 100 agriturismi, oltre a ristoranti, trattorie, ospitalità alberghiera ed extralberghiera, 124 isole di sosta dagli associati, con 300 biciclette a disposizione, 42 infopoint, 56 totem touch consultabili dal pubblico. Sono i numeri delle 12 Strade del Vino e dei Sapori di Lombardia, ciascuna delle quali può contare ora su una App dedicata (scaricabile da Apple App Store o Android Google Play Store, cercando Jeco Guides) e quindi su una guida interattiva a portata di smartphone.

Il viaggiatore che intraprende le Strade del Vino e dei Sapori di Lombardia potrà muoversi con facilità tra cantine, aziende agricole, agriturismo, enoteche, osterie e strutture ricettive che tengono alti i requisiti dei prodotti tipici regionali, lungo itinerari che uniscono al buon bere e al buon mangiare risorse paesaggistiche, siti d’arte, monumenti, palazzi, chiese e musei di cultura popolare.

Ogni app è composta da sezioni che riguardano la descrizione della Strada, i piatti e prodotti tipici, le ricette, gli itinerari e i vini, oltre ad alcune informazioni relative alla Federazione delle Strade dei Vini e dei Sapori e all’agricoltura lombarda. Ogni Strada è navigabile da mappa, con simboli intuitivi, e ogni app è in “realtà aumentata” per smartphone e tablet.

La Lombardia è stata una delle prime regioni italiane che ha sviluppato concretamente l’idea di Strade del Vino promuovendo la realizzazione del sistema Strade del Vino e dei Sapori di Lombardia.

Queste le strade che fanno parte della Federazione e che ora hanno l’app dedicata

  1. Strada del Vino e dei Sapori della Valtellina
  2. Strada dei Sapori delle Valli Varesine
  3. Strada del Vino e dei Sapori della Valcalepio
  4. Strada del Vino Franciacorta
  5. Strada del Vino Colli dei Longobardi
  6. Strada del Vini e dei Sapori del Garda
  7. Strada dei Vini e dei Sapori Mantovani
  8. Strada del Riso e dei Risotti Mantovani
  9. Strada del Tartufo Mantovano
  10. Strada del Gusto Cremonese nella Terra di Stradivari
  11. Strada del Vino San Colombano e dei Sapori Lodigiani
  12. Strada del Vino e dei Sapori dell’Oltrepò Pavese

In Valcalepio

La Strada del Vino e dei Sapori della Valcalepio si snoda su tre percorsi. Il primo, denominato I Conventi, parte dall’uscita autostradale di Capriate S. Gervasio e termina a Bergamo;  lungo il suo tragitto è possibile ammirare l’Abbazia di San Egidio a Sotto il Monte Giovanni XXIII, l’Abbazia di Pontida e la splendida chiesa di San Tomè ad Almenno San Salvatore. Il secondo percorso, Il Cuore della Valcalepio, inizia da Bergamo per terminare a Grumello del Monte. Al suo interno è possibile ammirare, oltre alla città di Bergamo, l’Abbazia di San Paolo D’Argon, la Cappella di Santa Barbara, affrescata da Lorenzo Lotto, all’interno di Villa Suardi a Trescore Balnario e gli innumerevoli Castelli appartenuti alla famiglia del condottiero Bartolomeo Colleoni. Il terzo percorso denominato Il Lago, si snoda dall’uscita autostradale di Grumello del Monte per ritornarvi dopo aver toccato il Lago d’Iseo a Sarnico e aver incontrato il quattrocentesco Castel Dei Conti a Castelli Calepio.




Alla Vecchia Scuola Bolognese per imparare l’arte della sfoglia

ricette-pasta-sfogliaDai tortellini alle lasagne, fino alle immancabili tagliatelle. Per imparare le tecniche e i segreti della sfoglia, la protagonista indiscussa della cucina bolognese e dunque della storia della cucina italiana, l’Accademia del Gusto , la scuola di cucina dell’Ascom, organizza un corso in trasferta nella patria della sfoglia: la Vecchia Scuola Bolognese di Bologna.  La giornata si intitola “A scuola da una sfogliatina”, è in programma lunedì 20 aprile ed è rivolta ai professionisti che vogliono apprendere l’arte di impastare e tirare la sfoglia da una vera sfoglina, per imparare a realizzare una sfoglia a regola d’arte seguendo i precetti della tradizione. Sarà un laboratorio pratico-dimostrativo nel corso del quale verranno illustrati le tecniche di impasto, la tiratura  a mattarello della sfoglia, i ripieni base e verranno spiegate le ricette di tortellini, tortelloni, tagliatelle, brodo per tortellini, ragù alla bolognese, lasagne classiche alla bolognese.
La lezione comprende il pranzo con degustazione delle paste prodotte durante la prima parte della giornata e sarà tenuta dalla Famiglia Spisni e dallo staff della Vecchia Scuola Bolognese. La partenza è fissata alle ore 7 dall’Accademia del Gusto si Osio Sotto con navetta privata. Rientro intorno alle ore 21.30.
Per informazioni e iscrizioni: Ascom Formazione, tel. 035.41.85.706/707/715 o info@ascomformazione.it (sito web: www.ascomformazione.it).

 




Espresso, gli errori più frequenti dei baristi

Bere un buon caffè, come segnalato da diversi lettori di Affari di Gola, ha ormai quasi il sapore dell’impresa. Dietro al servizio della tazzina italiana dal gusto e dall’aroma che non trova ancora eguali al mondo, c’è un lungo lavoro di filiera che parte dalle piantagioni e, passando dalla tostatura e torrefazione, arriva in chicchi selezionati sul mercato e poi nei locali. Ma qualcosa in uno di questi passaggi, dalla torrefazione al servizio nei pubblici esercizi, deve pur andare storto se l’espresso non è spesso all’altezza delle aspettative.

Luigi OdelloLuigi Odello, docente di Analisi Sensoriale presso università italiane e straniere, presidente dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (oltre che  segretario generale dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano e dell’International Academy of Sensory Analysis) ci aiuta a mettere in luce difetti ed errori nella filiera del caffè.

Professore, il problema della qualità del caffè sta alla radice, nelle piantagioni?

«L’Arabica vuole il freddo (anche se non troppo) e il cambiamento climatico vorrebbe che la coltivazione salisse di quota, ma questo non è possibile. Così, per evitare l’azione nefasta dei patogeni che distruggono le piantagioni si fa ricorso a ibridi resistenti. In effetti, in tempi non lunghi potremmo trovarci ad avere caffè molto diversi dagli attuali con cambio di personalità sensoriale delle miscele alle quali siamo abituati. Non solo, ma nuovi ibridi brasiliani, in questo caso di Robusta, potrebbero essere coltivati in Amazzonia. Il caffè troverebbe quindi nuovi territori di enorme estensione nel paese più progredito in fatto di meccanizzazione. Oltretutto il caffè cresce all’ombra di altre piante e questo consentirebbe di evitare disboscamenti. Se questo è ottimo per il pianeta lo potrebbe essere un po’ meno per la qualità dell’Espresso Italiano, la preparazione che più di ogni altra al mondo necessita di una materia prima eccellente».

Quanto incide la torrefazione sul gusto? Quanto la mano del barista?

«La qualità sensoriale è determinata dal valore di tutti gli step di filiera ed è sufficiente che uno di essi sia pari a zero perché il risultato finale sia nullo. La torrefazione ha indubbiamente il suo peso. Oggi ci troviamo di fronte a tendenze estreme che tendono, per motivi diversi, a tostare velocemente. È come cogliere un frutto acerbo: se non abbiamo la fornitura della giusta quantità di energia in un determinato tempo otteniamo miscele che originano espresso deformi in cui gli aromi non sono sviluppati e l’acidità è elevata. Caffè che possono avere un senso per filtro e altre preparazioni, ma non per la tazzina nazionale. Ovviamente il barista deve fare la sua parte: più una miscela è elegante, complessa ed evoluta e più difficile è il suo trattamento in macchina».

Come si riconosce un buon caffè?

«Non serve essere esperti per riconoscere odori di muffa, medicinale, bruciato, fumo, e simili…  La qualità inizia dall’assenza dei difetti. Quando vi servono una tazzina di caffè non lasciatevi ingannare dalla vista: avvicinate la tazzina al naso e abbandonatevi alle sensazioni che vi procura. Cogliete sentori di fiori, frutta fresca, frutta secca ed essiccata, cacao e vaniglia, pepe e qualche altra spezia, o almeno alcune di queste? Al gusto è equilibrato (non molto acido e non molto amaro), sciropposo e setoso, senza un briciolo di astringenza? Perfetto, ora affondate la vostra mente nel piacere e aprite pure gli occhi. La crema è color nocciola con riflessi fulvi di trama finissima? Ci avrei scommesso».

Quali sono le regole per prepararlo al meglio?

«Per l’Espresso Italiano il barista è guidato da una formula inderogabile: 25 millilitri in 25 secondi usando 7 grammi di caffè per tazza. Quando la soddisfa ha buone possibilità di dare al cliente il caffè che desidera, sempre che abbia operato con attrezzature pulite e abbia scelto una buona miscela. Questa regola sembra una sciocchezza, ma se metteste alla prova il vostro barista come facciamo alla competizione “Espresso Italiano Champion” con un macinadosatore starato (che quindi fa granellini troppo piccoli o troppo grandi) vi rendereste conto che non è poi così facile. L’Espresso Italiano necessita sempre di un professionista per la sua preparazione».

Quali sono gli errori più frequenti che fanno i baristi?

«Ne commettono una quindicina almeno: scarsa pulizia delle attrezzature, mancanza di controllo della temperatura della macchina e del tempo di estrazione, pressatura del caffè nel filtro insufficiente, particelle di caffè sul bordo del filtro, abbandono dell’espresso sulla macchina per fare altre cose, servizio maldestro….  Il peggiore errore negli ultimi tempi  riguarda la scelta della miscela. Spesso il barista non giudica il caffè in base alle sue caratteristiche sensoriali, ma per la facilità di ottenere un risultato che soddisfi la vista, dalla crema alla struttura. Ecco perché invitiamo tutti a non guardare la tazzina quando ci viene servita. E tantomeno a valutare il tempo che impiega lo zucchero ad affondare: una delle peggiori indicazioni che sia mai stata data per confondere il consumatore».

Qual è il futuro dell’espresso italiano?

«Nei giorni scorsi è stato rinnovato il consiglio dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano che certamente rappresenta l’organismo più operoso, determinato e coeso nella promozione e nella tutela della tazzina made in Italy. Il progetto di quest’anno ha come claim “Nel mondo, a fianco del barista”. Questo significa che si continuerà con la consueta fermezza a valutare la qualità delle attrezzature e delle miscele e ad abilitare baristi, per i quali sono previsti due concorsi: l’Espresso Italiano Champion e il Best Coffee Taster (il migliore assaggiatore). Ma parallelamente verrà aperta una finestra sui paesi produttori alla ricerca di caffè di alta qualità, una porta verso l’internazionalizzazione trasferendo la nostra cultura e un bacino di innovazione che non riguarderà solo la tecnologia, ma anche nuovi strumenti di marketing».

Siamo arrivati al paradosso di dover imparare dall’estero a servire un caffè perfetto?

«Direi proprio di no. Almeno per quanto riguarda l’Espresso Italiano che, quando fatto bene, vince. Alcune statistiche affermano che il canale dei caffè speciali rappresenta l’11% del mercato: l’Espresso Italiano si colloca in questo segmento. Sta a noi mantenerlo nella sua veste tradizionale che racchiude il perfezionamento di oltre un secolo prodotto da costruttori di attrezzature (macchine e macinadosatori) e di torrefattori che hanno saputo creare miscele in grado di sopportare forti rapporti tra polvere a acqua (7 grammi su 25 millilitri, contro 5 grammi su 100 o su 200 millilitri) e forti pressioni (9 bar) a temperature contenute».