Turismo e commercio: il 13 aprile al via il biennio formativo finanziato dagli Enti bilaterali del territorio

Seicento mila euro per la formazione gratuita rivolta a una platea di 23 mila lavoratori: in programma 39 corsi (che verranno integrati) per 658 ore

Con «tutte le sfumature del recruitment» il 13 aprile prende il via il nuovo biennio formativo 2021-2022 dedicato al mondo del commercio e del turismo promosso dall’Ente bilaterale territoriale del Terziario e dall’Ente Bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi, entrambi costituiti da Ascom Confcommercio Bergamo e dalle organizzazioni sindacali di categoria (Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil).
Interamente finanziata dai due enti bilaterali con oltre 600 mila euro, l’offerta formativa è articolata in diversi corsi di managment aziendale, comunicazione, informatica e web, oltre a quelli specifici per l’Horeca tra cui caffetteria, cucina, mixology: in totale sono 39 corsi per 658 ore di formazione gratuita rivolta ai lavoratori del settore del commercio e del turismo delle oltre 6 mila imprese iscritte ai due Enti (circa 4.400 quelle dell’Ente bilaterale territoriale del Terziario, quasi 2.000 quelle dell’Ente Bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi). I corsi, in programma fino a novembre, saranno quasi tutti in Fad tranne quelli per il settore della ristorazione che si terranno presso i laboratori della sede di Ascom Formazione a Osio Sotto.

Il nuovo catalogo formativo è legato da un doppio filo di intenti come spiega Enrico Betti, presidente dell’Ente bilaterale territoriale del Terziario: “È il primo catalogo formativo così strutturato e interamente finanziato dai due enti. Attraverso percorsi di specializzazione, aggiornamento e perfezionamento abbiamo infatti voluto investire sulla formazione professionale con l’obiettivo di migliorare le skills richieste dal mercato e dalle mutate condizioni dovute all’emergenza sanitaria ed economica. Abbiamo predisposto un’offerta formativa molto articolata e stiamo già programmando i nuovi corsi che porteranno a oltre mille ore totali di formazione in tutto il 2021 e che solo per il settore del terziario potrebbero coinvolgere oltre 15 mila lavoratori”.

“Nel 2020 il nostro Ente ha sostenuto le imprese, le lavoratrici e i lavoratori dei settori alberghiero e dei pubblici esercizi ed erogato circa 2800 sussidi emergenziali per oltre 750 mila euro: uno sforzo straordinario data la necessità impellente del momento – sottolinea Alberto Citerio, presidente dell’Ente bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi -. Quest’anno è il momento di pensare al rilancio e la formazione e la qualificazione professionale degli addetti e delle imprese del turismo saranno la chiave per guardare al futuro. Siamo certi che le 2.000 imprese della bilateralità di settore e i loro circa 8.000 addetti sapranno cogliere questa opportunità offerta gratuitamente.”

Per informazioni, iscrizioni e per consultare l’elenco completo dei corsi: www.entebilcombg.itwww.entebilturbg.it




Cinque ingredienti insoliti e difficili da trovare. Chi li conosce?

Avete mai provato il pandano? Sapete cos’è la lattuga sedano? E il fagiolo di Goa? Una guida su delle vere e proprie chicche da scovare

Il fagiolo di Clüsven

Il fagiolo di Clüsven fa parte del progetto di ricerca europeo Increase: prende il nome dalla località nel territorio di Gandino dove è stato coltivato, da oltre un secolo, dalla famiglia contadina Bonazzi. Roberto Colombi, già sindaco a Gandino, a inizio degli anni ’60, sposando una delle figlie Bonazzi, ha ricevuto dai suoceri i semi che ha piantato in località Rastei. Nel 2016 è stata avviata la coltivazione associata di mais spinato e fagiolo seriano. Si gusta nelle minestre di verdura, con la pasta e in umido con pomodori e spezie. 

 

Le foglie di pandano

a metà tra vaniglia e mandorla rende il pandano ottimo anche per i dessert, (la pandan chiffon cake è molto soffice e profumata e colpisce per la sua insolita tonalità verde). È perfetto anche per la preparazione di smoothie. Dove si compra? Lo si trova solo nei market orientali, spesso in polvere.

 

La lattuga sedano

Celtuce, lattuga sedano, lattuga cinese, lattuga asparago: tanti nomi diversi per un ortaggio molto diffuso in Cina e che sta attirando la curiosità di chef di tutto il mondo grazie alle sue proprietà benefiche. La lattuga sedano è infatti un vero e proprio toccasana, ricco di sali minerali e vitamine. Della pianta si consuma lo stelo, wosun in Cina, ma anche le foglie crude sono commestibili e sono ottime per le insalate. In cucina, la lattuga sedano può essere poi bollita, grigliata e accompagnata da diversi tipi di condimenti o salse. Una volta pelato, il gambo si consuma sia crudo che cotto: ha un lieve sapore di sedano, molto croccante e succoso.

 

Il fagiolo di Goa

Per la sua forma bizzarra viene chiamato fagiolo alato ed è noto anche come pisello asparago per il gusto dei suoi baccelli. Originario della Nuova Guinea e diffuso in Indonesia e Thailandia, dove può raggiungere i 4 metri di altezza, il fagiolo di Goa è uno scrigno di usi culinari: le foglie si consumano come gli spinaci, lesse o saltate, i graziosi fiori rossi sono usati come colorante, le radici si consumano previa cottura i semi, una volta essiccati, sono usati per preparare una bevanda simile al caffè, mentre con la granella secca si prepara un alimento fermentato detto tempeh. Un must da provare sono i suoi baccelli saltati in padella con del burro e serviti caldi. La nota dolente? Trovarlo nei market è un’impresa. Coltivarlo è l’unica soluzione (i semi si possono ordinare su internet).

 

Il kiwano

 

Chiamato melone cornuto il kiwano piace per la delicatezza del sapore, la nota esotica del suo gusto e le sue proprietà idratanti. Benché in molti paesi africani venga cucinato intero (arrostito o bollito con altre verdure), il kiwano è ideale per un consumo fresco. La polpa può essere aggiunta ad insalate, creme, yogurt, smoothie, macedonie e può diventare anche l’ingrediente segreto di un cocktail: provate ad aggiungerlo, ad esempio, a un Margarita o a un Mojito. Oltre alla polpa, anche la buccia, ricca di vitamina C, può essere consumata (previa cottura).

 

 

La ricetta della Chiffon Pake al Pandano

Ingredienti

240 g di farina
300 g di zucchero
8 g di cremor tartaro
8 uova
2 pizzichi di sale
60 ml di latte di cocco
4 cucchiaini di estratto di pandano
125 ml di olio di semi di girasole
50 ml di acqua

Montate a neve ferma gli albumi e metteteli da parte. Montate i tuorli da soli fino a che non risulteranno chiari. Nel frattempo in una terrina setacciate la farina, lo zucchero, il sale e il cremor tartaro e mescolate. In una ciotola mettete il latte di cocco, l’estratto di pandano e l’acqua. Versate la crema verde ottenuta nei tuorli, aggiungete l’olio e montate per qualche minuto, unite gli ingredienti secchi e mescolate bene. Unite per ultimi gli albumi montati. Versate il composto in uno stampo apposito. Cuocete a 170° per circa 50-55 minuti.
Quando la torta sarà pronta, toglietelo dal forno e capovolgetela a testa in giù direttamente sul piatto dove desiderate servirla, lasciatela raffreddare e non appena sarà fredda si staccherà da sola. Spolverizzate con zucchero a velo e decorate con foglioline di menta.




“Picnic a casa”: l’iniziativa della Pro Loco di Almenno S. Bartolomeo che sostiene i ristoranti del territorio

Un invito a condividere sui social il picnic nel proprio giardino o sul terrazzo di casa servendosi del servizio d’asporto degli 8 ristoranti presenti negli Almenno e in Roncola

“Condividiamo anche quest’anno il picnic di Pasquetta. A casa e insieme”: così recita la locandina di “Picnic a Casa”, la storica iniziativa della Pro Loco di Almenno San Bartolomeo sostenuta anche da Ascom Confcommercio Bergamo e che in tempi pre-covid attirava a San Tomè tantissime persone all’insegna della condivisione del cibo e della buona tavola. Quest’anno, ovviamente, non ci saranno coperte sul prato nè la lunga tavolata di oltre 100 metri ma la Pro Loco ha pensato di rilanciare l’evento online, invitando i cittadini a organizzare un pranzo o picnic nel proprio giardino o sul terrazzo di casa e condividerlo sui social. Il tutto sostenendo i ristoranti del territorio servendosi del servizio d’asporto (con eventuale consegna a domicilio) offerto dai ristoranti d’eccellenza presenti negli Almenno e in Roncola (sulla pagina Facebook Pro Loco Almenno San Bartolomeo e nel gruppo Facebook Pro Loco Almenno sono pubblicati i menù proposti da ogni ristorante aderente all’iniziativa).

“Seppur stiamo vivendo un momento terribile e vista l’impossibilità e il divieto di incontrarsi – sottolinea Pietro Rota, presidente Pro Loco di Almenno San Bartolomeo – abbiamo deciso di proporre questa iniziativa per vivere insieme la giornata di Pasquetta ordinando, se possibile, il pranzo da asporto o in delivery ai ristoranti del territorio: un gesto per aiutare nel nostro piccolo questa categoria molto toccata dalle chiusure forzate. Dalle 10 alle 20 di lunedì 5 aprile i partecipanti sono quindi invitati, dopo aver messo il like alla pagina Pro Loco Almenno ed essersi iscritti al gruppo Facebook “Almenno nel Cuore”, a pubblicare una fotografia del proprio pranzo o picnic domestico nel Gruppo Facebook “Almenno nel Cuore”. Le fotografie che riceveranno più “Mi Piace” avranno bellissimi premi a palio”.

Otto i ristoranti aderenti: Ristorante Camoretti, Ristorante Collina, Ristorante Da Ivan di Almenno San Bartolomeo; Ristorante Palanca, Osteria di Via Marconi di Almenno San Salvatore; Ristorante Roncola, Ristorante Al Botto, Ristorante Narciso di Roncola. “Tenere viva in questo momento un’iniziativa che negli anni scorsi ha riscosso grande successo è importante perché consente di sentirsi parte di una comunità e un gruppo, anche se fisicamente lontani – sottolinea Petronilla Frosio, presidente dei ristoratori di Ascom Confcommercio Bergamo -. Una giornata di festa e buona cucina che diventa anche l’occasione per far sentire la propria vicinanza e soprattutto il proprio sostegno ai ristoratori, una categoria messa al palo dalla pandemia ma che si è sempre fatta trovare pronta a sostenere iniziative sul territorio in una logica di sistema, contribuendo alla valorizzazione dei prodotti locali e, di riflesso, all’attrattività del territorio stesso».




Paese che vai, Pasqua che trovi: la rinascita sulla tavole del mondo

Dalla Croazia alla Spagna, dalla Grecia alla Germania: andiamo alla scoperta delle ricette tipiche che arricchiscono le festività pasquali

Paese che vai, tradizioni, ricette e (soprattutto) menu che trovi. Le abitudini degli europei in tavola nella settimana di Pasqua non fanno certo eccezione: ognuno ha le sue e, a voler vedere, come ci si sposta di latitudine, sanno modificarsi in modo così radicale che in certi casi si fa persino fatica a raccoglierle tutte. Eppure, ci sono almeno un paio di capisaldi della tradizione che sono comuni a tanti Stati del Vecchio Continente. L’agnello, per esempio, ma specialmente le uova – seppure preparate in modi anche diversissimi da un Paese all’altro – potrebbero farci sentire un po’ più a casa se, in occasione della Pasqua, dovessimo trovarci seduti a tavola in qualsiasi altro posto in Europa, lontano dall’Italia. Dall’Osterlamm tedesco al Gigot d’Agneau alla francese, fino allo stufato portoghese, il piatto forte della tradizione pasquale in Francia, in Germania e in Portogallo è senz’altro l’agnello che – attenzione – nei Lander tedeschi è declinato anche nella versione da dessert. 

Da quelle bollite a quelle decorate a mano, proposte alla fine del pranzo oppure, come in Croazia e in Polonia, fin dalla prima colazione, le uova sono senz’altro le protagoniste della Pasqua non solo in Italia e in Europa, ma un po’ in tutto il mondo, e il perché è presto spiegato: associate spesso alla fecondità della primavera, le uova – anche per la loro forma molto particolare – hanno sempre rivestito un ruolo unico, quello del simbolo della vita in sé, ma anche del mistero, quasi della sacralità. Nell’iconografia cristiana, l’uovo è il simbolo della Resurrezione (leggi, della Pasqua), dove il guscio rappresenta la “tomba” dalla quale esce un essere vivente, mentre per i pagani l’uovo è il simbolo della fertilità e dell’eterno ritorno alla vita.

Ma torniamo alla tavola e alle tante specialità che arricchiscono dalla notte dei tempi i banchetti delle famiglie europee: c’è chi, come in Russia, festeggia con il porcellino al forno e chi invece, come greci, rumeni e spagnoli, si prepara ad abbuffate (anche di dolci) con zuppe dai mille, caratteristici, sapori. Vale la pena, dunque, iniziare una sorta di rapido viaggio per l’Europa, immaginando di salire su un moderno Orient Express, che ad ogni fermata ci fa visitare un Paese diverso e conoscere alcune delle sue specialità.


Spagna

Immaginiamo di partire a ovest del Vecchio Continente, e di cominciare a indagare tra le specialità della caliente Spagna. Qui ci si prepara alla Pasqua durante la Settimana Santa che, per rispettare la tradizione di magro (i giorni che precedono la Pasqua fanno pur sempre parte della quaresima), concede alla tavola zuppe all’aglio o alle cipolle, con pane raffermo e paprika e una speciale “zuppa della vigilia” con baccalà, ceci e spinaci. Protagonista dei giorni che precedono la festa, il baccalà è spesso cucinato anche sotto forma di crocchette o in frittelle ed è presente anche nel Pa torrat del Venerdì Santo, un pane tostato al forno, con olio, aglio e formaggio, oppure con acciughe fritte e cipolle. Un po’ meno magro, è invece l’Hornazo castigliano, una torta di pane ripiena di uova, lombo di maiale e prosciutto, di cui c’è anche una versione dolce a base di mandorle, zucchero, anice e uova. Sempre in Castiglia la specialità è il Cochinillo asado, un maialino di 6 settimane preparato al forno.
E non c’è pranzo delle feste che non si concluda con uno o più dolci della tradizione. La Mona è una torta tipica catalana decorata con nocciole e uova colorate, ci sono poi le Torrijas, fette di pane fritto spolverate di zucchero e cannella, le Flores de Semana Santa, dolci croccanti a forma di fiori fritti in olio; i Bartolillos, ravioli fritti ripieni di crema pasticciera, le Rosquillas (ciambelle fritte aromatizzate all’anice), il Pestiños, dolce di origine araba tagliato a quadrato con due lembi ripiegati e bagnato con miele. E ancora: i Buñuelos, simili alle nostre frittelle e la Leche frita, crema fritta tagliata a pezzetti. 

Francia

Dalla Penisola iberica ai cugini francesi, per trovare il classico Gigot d’Agneau, che altro non è che il nostro cosciotto d’agnello che viene marinato nell’aglio, sale, pepe e olio d’oliva e poi arrostito al forno. È servito tradizionalmente con fagiolini e patate stufate e, in Provenza soprattutto, è insaporito con le classiche spezie locali. Arrosto, in crosta, allo spiedo e stufato, a Pasqua l’agnello in Francia è un piatto che si declina in tante ricette, anche a mo’ di spiedino (le tipiche brochettes d’agneau).
E se in Italia spopola la Torta pasqualina, ad accompagnare l’agnello Oltralpe c’è il Pâté de Pâques, una sorta di timballo ripieno di carne e uova, anche questo declinato in molteplici varianti. Uova e agnello sono così popolari in Francia, che li ritroviamo anche nei dolci. In Alsazia, in particolare, si preparano anche dei biscotti a forma di agnello.

Germania

Prossima fermata Germania, dove l’agnello pasquale è così tradizionale che lo si ritrova anche alla fine del pasto. L’Osterlamm (letteralmente, appunto, agnello di Pasqua) è un tipico dolce, preparato in molte varianti diverse. A parte i piatti tipici come l’Hefezopf (un tipo di brioche) e le uova bollite e colorate a mano, le tradizioni moderne si sono spostate da qualche tempo a questa parte verso il cosiddetto brunch, dove non possono mancare omelette e uova in salsa verde. Un’altra tradizione riguarda invece il giovedì santo, giorno in cui c’è l’abitudine di servire in tavola una zuppa di cerfoglio.

Osterlamm

Inghilterra

Prima di proseguire verso Est, immaginiamo di continuare il nostro viaggio puntando a Nord. E così dalla Germania ci trasferiamo in Inghilterra, dove l’agnello arrosto tradizionale è senz’altro il piatto più tipico delle feste pasquali. Gli amanti del cioccolato non possono sfuggire ai Brownies con le uova di cioccolato cremoso. Gli Hot cross buns sono invece dei panini al latte aromatizzati con cannella o chiodi di garofano, arricchiti con uvette e con una croce di pastafrolla in superficie. Ha invece un richiamo più religioso la Simnel cake, una torta la cui decorazione richiama i 12 apostoli: è un dolce arricchito da due strati di marzapane, ripieno di bucce di limone candite e di frutta secca.

Finlandia

Una delle tradizioni più popolari in Finlandia è mangiare il Mämmi, un budino al malto servitor con panna o gelato alla vaniglia. Il piatto viene di solito consumato durante il venerdì Santo e, in generale, durante il periodo di digiuno, di certo molto più che nel resto dell’anno.
Tra i piatti tipici della festa il Pasha, a base di formaggio simile al quark, analogo alla Pashka russa e alla Pasca rumena, di forma circolare con al centro una croce di pasta, e il Mammi, un budino di farina di segale condito con melassa che si consuma freddo con panna e zucchero.

Russia

Dal Nord ci spostiamo verso est e più precisamente nella sconfinata Russia, dove la Pasqua è sinonimo soprattutto di dolci. In tavola, al posto del coniglio, non può mancare il porcellino al forno, fatto marinare con succo di limone, pepe e alloro, quindi salato, imburrato e cotto in forno. Ma è appunto al termine del pranzo che le famiglie russe danno il meglio di sé. Il dolce principe dai monti Urali al confine con la Cina è senz’altro il kulish o koulich, un grosso muffin lievitato coperto con glassa di zucchero o zucchero a velo.

Polonia

Dalla Russia torniamo a spostarci di nuovo verso ovest e ci fermiamo in Polonia, un Paese prevalentemente cattolico, in cui piatti tipici come la Pasha, simile alla Paska russa, e il Mazurek, sono serviti di solito nei giorni di festa. Il Mazurek è una torta sottile realizzata con uno strato di frolla e uno di una pasta diversa, più morbida. Il dolce può essere guarnito con marmellata, cioccolato o con altre creme. Le uova sono invece le protagoniste della mattina di Pasqua: accanto a loro, per una colazione-pranzo molto ricchi, compaiono prosciutto cotto e salsicce, un po’ come avviene in Croazia.

Mazurek

Romania 

In Romania a Pasqua si cucina il Kozunak, una sorta di panettone preparato in diverse varianti, la più comune sembra essere quella con i semi di papavero. Un’altra specialità molto diffusa è la Ciorba, una zuppa acida cui vengono accostati generalmente arrosti di manzo e sformati di agnello. Il dolce tipico di Pasqua è la Pasca, una torta al formaggio.

Croazia

Il nostro viaggio in giro per l’Europa volge quasi al termine, ma prima del capolinea è d’obbligo una fermata in Croazia dove, come in gran parte del Nord Europa, le uova bollite e decorate a mano non mancano mai. Con una variante del tutto particolare: ogni commensale ha un uovo nella mano e deve colpire l’uovo dell’avversario per vedere quale dei due ha il guscio più duro. Vince chi possiede l’uovo che resiste meglio all’urto. Durante la Pasqua, tra i cibi più utilizzati ci sono il prosciutto cotto, le cipolline dolci, il radicchio e il rafano. Ma il piatto davvero tipico è il Pinca, un tipo di pane dolce, simile al Hefezopf tedesco. 

Grecia

L’ultima fermata del nostro immaginario Orient Express ci porta in Grecia, dove si festeggia la Pasqua ortodossa con la zuppa Maghiritsa, preparata con interiora di agnello tagliate finissime e lessate con cipolla, aneto, riso. Accompagna tutto una salsa a base di uovo e di limone. Le interiora d’agnello possono essere gustate anche allo spiedo (il piatto si chiama Kokoretsi), mentre il dessert tipico si chiama Tsoureki ed è un pane dolce lievitato, aromatizzato con semi di ciliegio selvatico e decorato con uova sode. Il pandolce è tipico anche in Olanda, dove prende il nome di Paasbrod: è arricchito all’interno con uva passa e ribes, ed è morbido come una ciambella.




Bergamo, al via i controlli nei ristoranti che svolgono il servizio mensa

Fusini, direttore di Ascom: “Il servizio è una deroga ma va svolto nel piena rispetto della legge. Sul nostro sito l’elenco dei ristoranti associati in regola”

Dalla prossima settimana scattano i controlli da parte della Polizia Locale a tutte quelle attività di ristorazione che svolgono servizio di mensa in città a beneficio di lavoratori di studi, imprese, ecc.: un’attività, questa, pensata non solo per contrastare eventuali irregolarità, ma soprattutto per tutelare tutti coloro che nel settore rispettano le regole, tra tanti sacrifici e difficoltà in questo periodo così delicato per il perdurare dell’emergenza sanitaria covid19 nel nostro Paese. Nella nostra città sono poco meno di 30 i ristoranti che si sono “convertiti” a mense aziendali, nelle scorse settimane.

La norma

Come si legge anche nel più recente Dpcm, nelle zone arancioni e rosse “continuano a essere consentite le attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, nei limiti e alle condizioni di cui al periodo precedente”. La possibilità di svolgere servizio mensa alle aziende non può però rappresentare una scorciatoia di ristoranti, bar, trattorie per accogliere in pausa pranzo, oltre ai lavoratori, anche altri clienti: in caso di mancanza di uno o più requisiti previsti dal Ministero sono previste sanzioni. Lo scopo della disposizione è quello di lasciare la possibilità di risolvere il problema della pausa pranzo per tutte quelle aziende che non possono ricorrere allo smart working e che non hanno una mensa interna e, dunque, necessitano di una soluzione per gestire in modo sicuro la pausa pranzo dei propri dipendenti.

L’iter per trasformare un ristorante in mensa aziendale è piuttosto preciso. Prima di tutto deve esistere l’autorizzazione da parte delle autorità territoriali, che avviene, in questo momento di emergenza covid19, in modo semplificato. Sarà poi fondamentale l’esistenza di uno specifico contratto di mensa aziendale tra ristorante e azienda, che preveda delle specifiche convenzioni per il pranzo, concesse solo nei giorni lavorativi. La copia di questo contratto dovrà poter essere mostrata su richiesta degli organi territoriali, insieme all’elenco nominativo del personale beneficiario del servizio (il tutto rispettando la Privacy Policy). È chiaro quanto la verifica di questi due requisiti sia alla base dei controlli che scatteranno nei prossimi giorni in città.

“Conosciamo – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo – le difficoltà economiche e finanziarie delle attività di ristorazione che sono in asfissia da mesi e il bisogno del servizio di ristorazione che oggi è precluso. Dobbiamo però ricordare che il servizio mensa dei ristoranti è una deroga che abbiamo ottenuto e che deve essere svolta nel piena rispetto della legge, pena la sanzione con chiusura del locale. Temiamo inoltre il rischio di un cambio di direzione delle autorità con il divieto di erogazione del servizio. Oltre ad aver seguito diverse decine di ristoranti che hanno richiesto l’estensione del servizio, Ascom pubblica l’elenco dei ristoranti che svolgono un servizio mensa a disposizione delle potenziali aziende clienti del servizio”.

“In città – spiega Cesare Rossi, vicedirettore di Confesercenti Bergamo – abbiamo istituito uno sportello ad hoc per accompagnare i ristoratori a diventare mense in questo periodo d’emergenza e abbiamo interloquito con moltissime Amministrazioni della Provincia per agevolare e rendere omogenei i processi autorizzatori. Anche per questo motivo abbiamo accolto con favore la comunicazione del 12 marzo, nella quale Regione Lombardia invitava i Comuni a semplificare e snellire le procedure in capo alle imprese. È però doveroso richiamare le poche prescrizioni rimaste per evitare eventuali sanzioni, anche a favore della correttezza degli operatori che seguono con attenzione le regole, che ci tengo a ribadire: a oggi il servizio mensa è possibile previo accordo/convenzione firmato dalle parti che preveda un elenco dei dipendenti potenziali utilizzatori del servizio mensa nei pubblici esercizi; il servizio mensa a oggi non è possibile per lavoratori autonomi e indipendenti”.

“Durante tutto il periodo dell’emergenza sanitaria – conclude la Comandante della Polizia Locale Gabriella Messina – gli agenti di via Coghetti ha svolto una grande attività di supporto alla cittadinanza, svolgendo una puntuale attività di controllo sul rispetto delle prescrizioni previste per ridurre il più possibile la possibilità di contagio. Anche in ambito commerciale, la Polizia del Comune di Bergamo ha svolto numerosi controlli su tutte le attività presenti nella nostra città, cercando soprattutto di spiegare quali regole e quali modalità fossero da mettere in atto, consapevoli del grande sforzo di adeguamento e responsabilità chiesto agli esercenti della città durante la pandemia. Alcune attività sono state sanzionate perché, palesemente e a volte anche consapevolmente, non hanno rispettato le norme. Ma l’attività di sanzione – prosegue Messina – è a tutela dei fruitori di questi esercizi, ma soprattutto doverosa verso tutti coloro che, con grandi sacrifici, cercano di rispettare le regole e coloro che, non essendo in grado di rispettare le prescrizioni in alcuni casi, decidono di chiudere l’attività. Durante il 2020 sono stati svolti 5512 controlli e comminate 24 sanzioni, nel 2021 i controlli sono stati 1573, con un totale di 49 sanzioni.”




Dehors, in città procedure semplificate per tutto il 2021

Confermati anche gli oltre 200 spazi di somministrazione all’aperto realizzati nel 2020. Tutti gli spazi, inoltre, saranno esentati dal pagamento del nuovo canone unico patrimoniale

Anche per il 2021 Bergamo punta ad arricchire le sue piazze e i suoi giardini di dehors e spazi di somministrazione all’aperto. Il perdurare dell’emergenza sanitaria e delle limitazioni di capienza a cui sono e saranno soggetti anche nei prossimi mesi bar e ristoranti motiva l’Amministrazione comunale a replicare la sperimentazione che nell’estate dello scorso anno portò ad autorizzare oltre 200 tra nuovi dehors e ampliamenti di quelli esistenti, conciliando così sicurezza sanitaria e sostegno alle attività di ristorazione e somministrazione.
Lo scorso anno, il Sindaco Giorgio Gori, aveva, in occasione della riapertura di bar e i ristoranti in città il 18 maggio 2020, firmato un’ordinanza per agevolare l’ampliamento dei dehors esistenti e la creazione di nuovi di spazi di ristorazione e di somministrazione all’aperto. Non solo, il Comune di Bergamo aveva anche previsto l’esenzione della COSAP a partire dai primi di marzo 2020 fino alla fine dell’anno: la gratuità è stata poi prorogata ed è allo stato attuale ancora vigente per effetto dei diversi decreti legge emanati mesi scorsi.

Anche nel 2021 la scelta è di andare in questa direzione e sarà diffusa un’ordinanza che dispone un pacchetto di provvedimenti che vengono incontro agli esercizi commerciali anche in questo 2021. L’ordinanza prevede innanzitutto, in base a quanto disposto dal recente Decreto Sostegni del Governo Draghi, che la procedura semplificata per l’installazione o l’ampliamento di dehors su strade e piazze della città rimanga in vigore fino al prossimo 31 dicembre, con le modalità previste già lo scorso anno.

L’Amministrazione di Bergamo ha poi deciso di prorogare tutti i dehors che sono stati richiesti e previsti lo scorso anno attraverso le procedure semplificate: confermati, quindi, fino al 31 dicembre 2021 gli oltre 200 spazi di somministrazione all’aperto realizzati in città nel 2020.

Non solo procedura semplificata: tutti gli spazi saranno esentati dal pagamento del nuovo canone unico patrimoniale (che dal 2021 ha sostituito il Canone di Occupazione del Suolo e Aree Pubbliche) almeno per il primo semestre del 2021: lo ha stabilito il Governo, che contestualmente ha stanziato 165milioni di euro per compensare i Comuni della mancata riscossione della tariffa a cui sono soggetti tutti i dehors fino al prossimo 30 giugno.

“Al momento possiamo assicurare la gratuità fino al 30 giugno – sottolinea il Sindaco, Giorgio Gori – , seguiamo con attenzione il percorso di conversione della legge nazionale, che potrebbe ulteriormente prorogare la gratuità dell’occupazione del suolo pubblico, e lavoriamo, in alternativa, per capire di quante risorse il Comune di Bergamo potrà disporre, per decidere eventuali autonome agevolazioni per dehors e spazi di somministrazione all’aperto. L’obiettivo è quello di incoraggiare una “convivialità sicura”, come quella che può avvenire negli spazi aperti, e dare sostegno ai ristoratori e baristi della città, particolarmente penalizzati dalle restrizioni collegate al perdurare della pandemia”.




Oggi è la Giornata europea del gelato artigianale: il gusto del 2021 è il “Mantecado” spagnolo

Una crema antica alla vaniglia, variegata con salsa d’arance e decorata con scaglie di cioccolato fondente

Oggi è il “Gelato Day” e si apre ufficialmente la stagione 2021 del gelato artigianale. L’iniziativa della Giornata Europea del Gelato Artigianale, giunta alla nona edizione e finalizzata a promuovere l’arte gelatiera, sarà caratterizzata dal “Mantecado”, gusto dell’anno scelto dalla Spagna e possibile da gustare anche a casa con il servizio di delivery, visto che in Italia, come in molti altri Paesi d’Europa, non sarà possibile recarsi fisicamente in gelateria per l’emergenza sanitaria. La possibilità di delivery sarà garantita anche attraverso una collaborazione con Deliveroo.

Il gusto Mantecado, una crema antica alla vaniglia, variegata con salsa d’arance e decorata con scaglie di cioccolato fondente, sarà proposto nella sua ricetta originale o nelle creative varianti dei mastri gelatieri in tutta Italia che aderiscono all’evento. Gelato Day, unica giornata cui il Parlamento europeo abbia mai dedicato a un alimento, prevede anche attività social con il nuovo canale YouTube del Gelato Day, che va ad affiancarsi alle pagine ufficiali della Giornata su Facebook e Instagram. L’iniziativa consentirà di scoprire come si prepara il gelato artigianale.

I numeri del gelato artigianale in Europa

La Giornata Europea del Gelato Artigianale, voluta da Longarone Fiere e Artglace e dedicata, in via esclusiva dal Parlamento europeo, a un alimento riconosciuto patrimonio di tutta la filiera.
Il Gelato, infatti, unisce l’Europa e a dimostrarlo sono in numeri: le vendite di gelato hanno raggiunto i 9,5 miliardi di euro nel 2018, pari al 60% del mercato mondiale, con una crescita del 5 % rispetto al 2017 e un numero di addetti pari a 300.000. Le gelaterie artigianali sono sempre più numerose non solo in Italia (circa 39.000 punti vendita), ma anche nel resto d’Europa. Solo in Germania se ne contano 9.000 (di cui 3.300 gelaterie pure e oltre 4.500 di proprietà di italiani) in cui lavorano più di 20.000 persone, di cui la metà di origine italiana. E non sono da meno Spagna (2.200 gelaterie), Polonia (2.000) e Inghilterra (1.100), seguite da Austria (900), Grecia (680) e Francia (450).
Non solo: se un tempo la stagione andava da marzo ad ottobre, oggi non è più così. Si gusta un ottimo gelato artigianale anche per 10 mesi su 12 e già da febbraio viene reclutato il personale per tutta la stagione. Un bene, dunque, non solo per il palato ma anche per l’economia.

La passione di sempre in un contest virtuale

Numerose sono state le singole iniziative intraprese in questi 8 anni per valorizzare il Gelato Artigianale, spesso con grandi risvolti benefici. La soluzione adottata per il Gelato Day 2021 è quella di organizzare un Video Contest, al quale potranno così partecipare i Gelatieri di tutta Europa: distanti ma uniti. Il contest, alla sua prima edizione, è promosso da Artglace e si svolgerà dal 15 febbraio al 30 giugno 2021. Si rivolge ai gelatieri artigiani che svolgono la propria attività sul territorio europeo con la duplice finalità di promuovere, attraverso video, il gusto dell’anno e la volontà di rimanere uniti, nonostante le difficoltà del momento, per celebrare insieme un evento così importante.

Cosa prevede? La realizzazione di un video, della durata massima di 90 secondi, che abbia come protagonista il Gusto dell’anno, lo spagnolo “Mantecado”, la cui ricetta è scaricabile dal sito www.gelato-day.com. I parametri valutati saranno originalità della presentazione, qualità del video, illustrazione del processo produttivo del gusto “Mantecado”, estetica e decorazione della vaschetta.
Tutti i video che rispetteranno i criteri indicati nel regolamento, verranno pubblicati sulla piattaforma ufficiale del Sigep 2021, una vetrina unica per essere visualizzati e conosciuti da un pubblico di esperti internazionale. Fermo restando che la gara è rivolta a gelatieri artigiani europei, saranno comunque ben accetti e pubblicati i video provenienti da nazioni extra europee.




Novel food e insetti commestibili? Il dado è tratto (anche in Ue)

Via libera all’impiego delle larve della farina gialla negli snack e come ingrediente. E all’Istituto agrario di Treviglio c’è già chi alleva insetti stecco e grilli 

Novel Food, sapete cosa sono? I “nuovi alimenti” come le larve gialle essiccate del tenebrione mugnaio, meglio noto come tarma della farina. Fantascienza? No futuro prossimo. Il cambiamento delle abitudini a tavola sembra infatti essere sempre più vicino dopo che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha dato il suo primo parere scientifico favorevole all’utilizzo alimentare umano di un insetto intero, ai sensi del regolamento Ue 2015/2283 sui Novel Food, ovvero tutti quei prodotti – e sostanze – alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo significativo all’interno dell’Unione europea. Il dado è ormai tratto si potrebbe dire ed entro sette mesi la Commissione europea dovrebbe presentare una proposta da far approvare ai paesi membri per il via libera al consumo della larva gialla della farina (Tenebrio molitor) essiccata termicamente, intera o sotto forma di farina, che può essere mangiata senza rischi come snack o ingrediente di preparati per biscotti, barrette proteiche e pasta.

Le valutazioni Efsa in termini di sicurezza sono una tappa necessaria per la regolamentazione dei nuovi alimenti in quanto la sua consulenza scientifica affianca il lavoro degli enti europei e nazionali che autorizzano tali prodotti per il mercato europeo. Siamo, quindi, alle porte di rivoluzione normativa prima che culturale. Fino al 2018, infatti, la licenza per commercializzare grilli, larve e locuste a tavola era di competenza nazionale, con mercati di nicchia ben radicati in Belgio, Olanda, Danimarca, Finlandia e Regno Unito (quando faceva parte dell’Ue). La richiesta di autorizzazione al commercio (presentata da un’azienda francese) potrebbe valere per tutti i paesi dell’Unione Europea. E non è l’unica: dall’entrata in vigore del regolamento sui nuovi alimenti il 1° gennaio 2018, l’Efsa ha ricevuto un gran numero di richieste di valutazione in merito a un’ampia varietà di fonti di alimenti sia tradizionali che inedite e, attualmente, l’Autorità sta valutando dieci domande sugli insetti come alimenti: si va dai grilli e cavallette essiccati, interi o macinati e altre larve simili alle larve delle tarme della farina.

Insetti a tavola? Noi italiani non siamo ancora pronti

Ovviamente schizzinosi, buongustai e alfieri delle tradizioni hanno già storto il naso: la conferma arriva da un recente sondaggio della Coldiretti, secondo cui “il 54% degli italiani considera gli insetti estranei alla cultura alimentare nazionale”. In giro per il mondo – rileva la Coldiretti – si possono trovare molti esempi che vanno dalla pasta all’uovo artigianale ai grilli ai millepiedi cinesi arrostiti al forno per renderli croccanti e poi affumicati, dalle tarantole arrostite senza conservanti né coloranti dal Laos ai vermi giganti della farina dalla Thailandia che sono arrostiti e dicono che abbiano un gusto simile alle patatine con un leggero aroma di pollo. Ma ci sono anche il baco da seta all’americana, la vera “star” degli insetti commestibili, le farfalle delle palme dalla Guyana francese, fritte e condite, le cimici d’acqua dalla Thailandia, ricche di fibre, proteine e vitamine, fino agli “aperinsetti”: vermi della farina aromatizzati alla paprica, al curry e al sale marino “made in Belgio”, magari da mandare giù con un sorso di Vodka con bachi da seta. E per i palati più temerari i anche scorpioni dorati dalla Cina e neri dalla Thailandia, scarabei consigliati come aperitivo servito in spiedini, anch’essi thailandesi. Vastissima la scelta di grilli, da quelli al curry e cocco a quelli piccanti al gusto barbecue, fino a quelli al peperoncino dolce, tutti made in Thailandia.

All’Istituto agrario Cantoni di Treviglio un allevamento di grilli

E in Italia? Siamo ancora agli albori ma lo sguardo è rivolto al futuro. E così se in Piemonte è nata la prima fattoria di insetti italiana e nel Veronese ci sono già diversi allevamenti, anche da noi c’è chi sta provando ad andare controcorrente: Claudia Tondolo, professoressa di tecnologie agrarie dell’Istituto agrario Cantoni di Treviglio, ha allestito nel laboratorio un allevamento di 400 esemplari di Acheta domesticus, il grillo domestico, e altri insetti che troviamo alle nostre latitudini e non solo. “Nel corso degli anni ho approfondito le tecniche di allevamento applicata all’entomologia – spiega la professoressa -. Da Entomodena abbiamo portato a scuola le prime coppie di insetti fogliasecca, insetti stecco peruviano e il bacillus Rossius, l’insetto stecco italiano. Gli alunni si sono appassionati tantissimo e quindi abbiamo realizzato un piccolo allevamento a scuola. Ovviamente si tratta di entomologia agraria senza nessun fine alimentare anche se gli insetti e le loro farine sono ricchi di proteine nobili, privi di colesterolo e contengono il chitosano che riduce l’assorbimento dei grassi. A differenza delle proteine vegetali, si tratta di proteine complete di alta qualità contenenti tutti gli amminoacidi essenziali. ono inoltre una forma di allevamento ecosostenibile. Allevare insetti, infatti, consente un risparmio di acqua molto elevato. I grilli, ad esempio, bevono pochissimo: basta una spugnetta inzuppata d’acqua per circa 200 insetti”.

Per Tondolo, la zootecnia applicata al mondo degli insetti ha pochi segreti: “È importante dar loro il cibo giusto – conferma la docente -. Si nutrono di rovi, che ci sono tutto l’anno, e rose e rosacee mentre gli Acheta domestica (i grilli, ndr) mangiano scarti vegetali e alimentari e spesso gli diamo le verdure delle nostre serre”. Gli insetti hanno un ciclo di vitale di circa un anno e creare le condizioni ottimali per la loro crescita è essenziale: “Vanno accuditi tutti i giorni e non solo per il nutrimento ma anche per la temperatura: mantenere un clima caldo tra i 20 e 25° aumenta il loro metabolismo, favorisce lo sviluppo e quindi il ciclo riproduttivo. In queste condizioni e al sicuro da predatori come rettili e uccelli siamo in grado di allungare loro la vita anche di un anno”.

E ovviamente i grilli possono diventare farina: “Abbiamo ottenuto due cucchiaini di farina da due allevamenti da circa 400 grilli ciascuno – conferma Tondolo -. Il procedimento è semplice: vanno messi in una pentola a pressione con un separatore per la pastorizzazione a 120 gradi, poi in un fornetto a 90° per l’essicazione ed è incredibile il profumo di nocciole e cioccolato che emanano”. Et voilà pronti per la degustazione: “Con un pizzico di farina di grillo abbinata a quella di grano – conclude Tondolo – abbiamo prodotto una focaccia molto proteica e che condita con olio e sale nutre quanto una bistecca ai ferri. Ma la farina di grillo è ottima anche per torte e biscotti”.

 

 




Sinuoso, dolce e semplicemente irresistibile

È il caramello salato, perfetto per torte e dessert. Luigi Biasetto, campione del mondo di pasticceria, svela i segreti di questo ingrediente dalle mille sfaccettature

Mai come quest’anno la pasticceria vuole essere un omaggio all’ottimismo, un inno di speranza per il futuro e per una ripartenza. L’ultima moda è il caramello salato, sinuoso, dolce e con una piacevole punta sapida. Perfetto per torte e dessert, è una preparazione apprezzata anche dall’industria dolciaria. Ed è talmente buono da creare dipendenza. Ce ne parla Luigi Biasetto, campione del mondo di pasticceria nel 1997 e oggi titolare dell’omonima pasticceria a Padova.

Maestro Biasetto, qual è il valore dello zucchero nel farci sentire bene?

Il dolce in sé ha permesso all’essere umano di sviluppare delle connessioni cerebrali tali da far sì che si evolvesse. Gli antropologi hanno dimostrato che è lo starter del cambiamento. Lo zucchero è fondamentale perché è il primo alimento che ci fornisce l’energia. Qualcuno lo considera una specie di “droga” perché il nostro organismo ne ha bisogno per carburare. E crea una forma di positività. Le persone, in un momento di depressione o sconforto, si rifugiano nel vino o nel dolce. Consideriamo, ad esempio, il cioccolato: contiene la teobromina che stimola nel nostro cervello i sensori del benessere. Dalle analisi condotte in passato e confermate, è simile alle sostanze che si sviluppano nell’innamoramento. In questo periodo di emergenza sanitaria abbiamo assistito a un aumento esponenziale nella vendita di dolci, un po’ perché per molti mesi siamo stati costretti all’isolamento sociale, un po’ perché senti maggiormente il bisogno di zucchero. Un anno fa, a inizio pandemia, tutti si sono buttati nel fare dolci e pane in casa. Adesso basta. Anche perché siamo più liberi di uscire rispetto a prima.

Come spiega il grande uso del caramello salato tra i pasticceri e nell’industria dolciaria, tanto da essere oggi l’ultima tendenza?

I cinque gusti fondamentali percepiti dalle cellule recettrici sono: dolce, salato, acido, amaro e umami, cioè affumicato. Un piatto perfetto ha questi cinque sapori in equilibrio. Nessuno prevarica sull’altro. Anzi, si alternano l’uno all’altro, dando una sensazione di piacevolezza, proprio come nel vino. Il caramello salato è un concetto logico e non nuovo. Furono gli aztechi a introdurre la cottura esasperata della carne con caramelizzazione degli zuccheri in presenza del sale: è la reazione di Maillard, sempre vincente, che avviene in seguito all’interazione di zuccheri e proteine durante la cottura. Non a caso il macaron più venduto dal più grande fornitore al mondo, l’impresa francese Ladurée, è al fior di sale e caramello al burro salato. C’è equilibrio tra il dolce dello zucchero, il salato che vai ad aggiungere, l’amaro quale inizio della carbonizzazione, l’umami viene di conseguenza. Manca l’acidità e neanche tanto perché lo zucchero quando si caramellizza, oltre i 72 gradi, si inverte: una volta bagnato sarà sempre liquido, non sarà mai più solido. In quel momento il ph, l’acidità, scende. E io ho i cinque gusti in equilibrio.

Quali sono i segreti per preparare un perfetto caramello salato?

Si prende una pentolina, la si mette sul fuoco e si preriscalda il contenitore. Poi si versa lo zucchero a pioggia, fin quando inizia a caramelizzare. Lo zucchero di canna si presta meno, poiché tanto più è scuro (dunque impuro), tanto più brucerebbe. Inoltre, contiene la glicerina (che impedisce che diventi un sasso dopo due ore) che carbonizza a 130 gradi. L’operazione va eseguita senza acqua, caramelizzando a secco: quando inizia a scaldarsi il fondo, verso un cucchiaio di zucchero che prima si scioglie poi inizia a caramelizzare e proseguo fino alla quantità desiderata. Mia nonna, a fine cottura, aggiungeva una noce di burro, che si scioglieva istantaneamente e conferiva al caramello il profumo del burro nocciola. Poi lo versava sul marmo e lo tagliava a quadratini.

Quanto e che tipo di sale si usa? 

Un grammo. E su questo si apre panorama infinito: quello di Trapani è un buonissimo sale, però ha un potere salino molto elevato, a parità di quantità, rispetto a quello di Cervia. Preferisco sali meno pronunciati e un pochino più minerali, poiché sono meno violenti, soprattutto in degustazione. Esempi di sale prezioso sono quello dell’Himalaya e l’inglese di Maldon, che ha la pecca del costo (22 al chilo), ma ne vale la pena, è spettacolare.

E il caramello mou, come si prepara?

Si aggiunge una quantità di panna pari allo zucchero: ad esempio, 100 grammi di zucchero e 100 di panna. Si fa bollire la panna per evitare che il contrasto di temperatura tra lo zucchero a 170-180 gradi e la panna fredda possa scottare: porto a bollore la panna con un baccello di vaniglia che conferisce aromi unici, verso la panna bollente sopra il mio caramello, piano piano, mescolando continuamente e ottengo un caramello mou. I più esperti, per dare cremosità e togliere un po’ di dolcezza, possono aggiungere del burro fino al 50 per cento rispetto alla panna: dunque, 100 grammi di zucchero, 100 di panna, 50 di burro e hai fatto un caramello incredibile.

Il caramello si presta a svariati utilizzi. Ci può dare qualche ricetta personale?

Una mia specialità è il macaron fior di sale. L’aggiunta di un pizzico di sale avviene prima di chiuderlo perché quando lo mangi il sapore non è omogeneo, ma avverti il sale. È molto più divertente e meno banale. Il caramello mou con frutto della passione è un altro abbinamento piacevole: ci consente di preparare Antilla, un dolce con pan di Spagna al cocco, mousse al caramello e passion fruit. C’è anche il macaron fior di sale con passion fruit. E la pralina, che non è nient’altro che un caramello con una parte di nocciole. Mi spiego: pralinare, fin dai secoli passati, significa macinare con un mortaio zucchero, nocciole (oppure mandorle o arachidi) e caramello. Questa frutta secca caramellata diventa pasta. Usando la stessa modalità, il signor Ferrero ha creato il suo prodotto più venduto, la Nutella, ovvero un gianduia con zucchero caramellato e nocciole che contengono il 50/60 per cento di olio: quando le macini l’olio esce dal frutto e rende pastoso il composto dal profumo di caramello che diventa un pralinato. Anticamente la frutta caramellata, ricoperta di cioccolato, nasceva con il termine pralina. I belgi hanno poi diversificato, inventando cremini, cubetti, cioccolato pressato e cioccolatini. Poi c’è la crema spalmabile con il caramello mou e, a fine cottura, anziché aggiungere la panna, si mette la purea di lamponi, un po’ di burro ed è speciale. Preparo anche un panettone con caramello mou anziché lo zucchero nell’impasto, togliendo la parte di burro e mettendo le noci pecan al posto della frutta candita. Uno dei dolci più amati in America è la torta pecan pie, al caramello, con sciroppo d’acero e una montagna di noci.

Come si è avvicinato a quest’arte?

Sono figlio di immigrati, ho avuto la fortuna di nascere in Belgio e di potermi formare a Bruxelles, dove ho frequentato una scuola prestigiosa. Ci sono varie di tipi di chiamate, la mia era un’attrazione nei confronti dei dolci. Le mie nonne preparavano caramelle, creme, budini, frittelle, galani, ciambelloni. Forse, era nel Dna di famiglia.

Cosa pensa dei talent culinari?

Io credo che abbiano un’influenza positiva. Le scuole alberghiere non hanno mai avuto così tanti candidati. Le famiglie hanno scoperto un mestiere dove i ragazzi possono realizzarsi. Trasformare la materia non è comune: è la fusione di materie prime apparentemente inerti per creare qualcosa di nuovo. Posso fare un piatto in 20 minuti: metto un petto di pollo sulla brace, le patate nel microonde, lavo un’insalata. In pasticceria in 20 minuti hai solo iniziato a pesare gli ingredienti. Non hai preparato niente. Poi dovrai amalgamare e mescolare nel rispetto dei passaggi e metterai in forno, ma non sai cosa uscirà. L’esame di Stato in pasticceria in Francia è articolato in cinque punti: pesare, mescolare, infornare, far uscire qualcosa di decente dal forno, realizzare qualcosa che somigli a una torta. Con i primi tre sei qualificato dal sistema.

La pasticceria è un’attività che è entrata nelle carceri del mondo, come ce lo spiega?

Il 92 per cento dei criminali che hanno seguito un corso di pasticceria in galera imparano il rispetto delle regole e ad avere pazienza e non torneranno a delinquere. Questa attività insegna a provocare un sentimento positivo. Mangiare un dolce è sempre una gioia perché vai a stimolare quei collegamenti arcaici che hanno fatto di noi quello che siamo oggi.

 

Rosanna Scardi




Italy Beer Week, la Settimana della birra artigianale si trasferisce sul web

Dal 22 al 28 marzo su Italybeerweek.com le novità e le iniziative online e offline del mondo birrario artigianale 


Per anni quello della Birra Artigianale in Italia è stato uno dei pochi settori in ascesa della nostra economia. La contrazione dei consumi dovuta alla pandemia sta mettendo a dura prova i microbirrifici, che risentono principalmente delle restrizioni applicate ai locali specializzati. Anche per supportare il comparto in questo momento delicato, dal 22 al 28 marzo 2021 si terrà la Italy Beer Week, il più grande “evento diffuso” dedicato alla birra di qualità.  La Italy Beer Week è infatti l’evoluzione della Settimana della Birra Artigianale, manifestazione nata nel 2011, organizzata da Cronache di Birra, sito e testata giornalistica.

L’undicesima edizione sarà la prima con la nuova denominazione: un cambiamento non solo formale ma anche di contenuto, con eventi pensati per un mercato più maturo. “La birra artigianale non è più un prodotto di nicchia da far scoprire al grande pubblico. Tanti sono i bevitori abituali, sempre più esigenti e vogliosi di seguire le evoluzioni di un mondo in continuo fermento” afferma Andrea Turco, direttore editoriale di Cronache di Birra.

Quest’anno le attività promosse dai singoli aderenti saranno inevitabilmente condizionate da possibili restrizioni, tante iniziative assumeranno una veste digitale, ma non mancherà il consueto contributo di idee ed entusiasmo da parte dei professionisti del settore. “Per forza di cose ci siamo ritrovati ad accelerare un ripensamento del format che era già in programma – dice Salvatore Cosenza, organizzatore insieme ad Andrea Turco della manifestazione – Una sfida interessante per noi e per tutti gli aderenti: le attività on line saranno tante ma speriamo di non dover abbandonare del tutto l’idea di vivere momenti conviviali, con tutte le precauzioni del periodo”.

Contenuti e obiettivi della Italy Beer Week

La Italy Beer Week vuole continuare a supportare il movimento birrario italiano e verranno coinvolte realtà diverse su tutto il territorio nazionale. Birrifici, pub, beer shop, ristoranti e associazioni potranno segnalare liberamente le iniziative sul sito Italybeerweek.com. Come sempre l’adesione sarà gratuita e ogni partecipante potrà contribuire con degustazioni, cotte pubbliche, incontri con birrai, tap takeover, presentazioni di nuove birre, webinar, dirette sui social e altro ancora.

L’obiettivo finale è quello di suscitare la curiosità dei neofiti, tenere alto l’interesse di chi è già fidelizzato e soprattutto sostenere i consumi, in un momento estremamente delicato per l’intera filiera.

Il “Ballo delle debuttanti”

Come da tradizione, anche l’edizione 2021, sarà preceduta dal “Ballo delle debuttanti” delle birre inedite italiane. In mancanza dell’omonimo festival, che si teneva annualmente a Roma, è prevista una “Home Edition”: la vendita on line di una box di 13 birre di altrettanti produttori, acquistabile su 1001birre.it sito di e-commerce specializzato.

“Il Ballo è sempre stato il “calcio d’inizio” della Settimana, un appuntamento tanto atteso per assaggiare le novità dei birrifici italiani. Senza mutarne lo spirito, lo abbiamo reso fruibile comodamente da casa” commenta Andrea Turco.

“L’idea di una box, con 13 birre nuovissime, acquistabile da tutti gli appassionati italiani rende ancor più nazionale la nostra festa, con l’evento inaugurale che abbandona la sua dimensione romanocentrica” aggiunge Salvatore Cosenza.

Tra le 13 novità, nella box c’è anche la “Debuttante del debuttante” ovvero la nuova birra del vincitore del Premio Lallemand, dedicato ai produttori che hanno iniziato l’attività nell’ultimo anno.

 

Le evoluzioni del settore

I numeri delle passate edizioni sono importanti: 3145 aderenti, 2450 eventi, 1653 promozioni e scontistiche speciali. Cifre che hanno seguito di pari passo la crescita del comparto. Nel 2010 in Italia si potevano contare solo 311 birrifici artigianali, attualmente sono oltre 800, con conseguente aumento esponenziale anche dei volumi di vendita nel mercato interno (il 4% del totale dei consumi di birra) e delle esportazioni. Da prodotto di nicchia, la birra artigianale è entrata a far parte del paniere di beni quotidiani per molti.