Bergamo città senza contanti? I dubbi e le proposte dell’Ascom

Non tutto ciò che è tecnologico è per forza conveniente per un’impresa. Ci ha tenuto a sottolinearlo il direttore dell’Ascom Oscar Fusini nel corso dell’incontro “Senza contanti Bergamo è avanti!” organizzato a Loreto dal circolo 2 di Bergamo del Pd – con la partecipazione, tra gli altri, dell’assessore all’Innovazione del Comune di Bergamo Giacomo Angeloni e degli onorevoli Antonio Misiani e Sergio Boccadutri – per misurare come sono cambiate le abitudini dei cittadini con il progetto cashless city, volto a diffondere e incrementare l’utilizzo dei pagamenti elettronici tramite ogni tipo di carta e Pos.

Non è aumentando i Pos che crescono le transazioni

Se la propensione a utilizzare la moneta elettronica è più scarsa in Italia che all’estero, intanto, non dipende dalla diffusione dei terminali (Pos). «Il numero dei Pos nel 2014 in Italia era pari a 31 per mille abitanti, la più alta densità in Europa, più di Francia (24) Germania (9) Regno Unito (26) e Spagna (26) con una variazione in aumento dal 2010 al 2014 del + 37%, la più alta nella Ue», ha spiegato Fusini. «La dotazione complessiva di Pos nel nostro Paese risulta in linea rispetto agli altri principali paesi dell’area euro, mentre ci sono evidenti divari relativamente al numero di operazioni effettuate per ogni singolo Pos e per persona (34 operazioni per abitante, solo l’8,8% del Pil)».

Questo è perché il consumatore non possiede carta di credito o debito o perché non la vuole usare per svariati motivi (abitudine alla modalità di spesa, tempo del pagamento, sicurezza del pagamento, plafond carte, monte spesa volontario, scarsa abitudine al controllo bancario, rintracciabilità dell’acquisto). «L’assenza del Pos nel punto vendita è solo una delle motivazioni – ha evidenziato Fusini – mentre è l’unico aspetto sul quale si concentra l’attenzione».

Il nodo dei costi

Tanto è vero che l’obbligo di installare il Pos in Italia è stato esteso in pratica a tutte le attività, comprese quelle in cui la spesa è il più delle volte di piccola entità. «Secondo una ricerca del dicembre 2015 dei nostri colleghi dell’Unione del commercio di Sondrio – ha ricordato il direttore dell’Ascom bergamasca -, l’accettazione del pagamento elettronico per l’acquisto di un giornale quotidiano di € 1,30 (margine lordo € 0,244) con commissione Pagobancomat del 0,686% si riduce a + € 0,005 mentre con commissione carta di credito al 2,20% diventa addirittura negativo a – € 0,015. Allo stesso modo nel caso di un tabaccaio per la vendita di un pacchetto di sigarette di € 5,20 (aggio lordo 10% pari a € 0,52) nel caso di pagamento elettronico con commissione Pagobancomat pari a 0,686 l’aggio lordo scende a € 0,254 e nel caso di carta di credito con commissione al 2,20% scende addirittura a € 0,176».

«Esiste – quindi – un problema evidente di costi per talune merceologie i cui margini commerciali sono troppo bassi (tabaccai, edicolanti, agenzie viaggio, benzinai ecc.) o per i quali la spesa media è troppo bassa (bar panifici ecc.). Infine esistono costi fissi troppo rilevanti per esercizi nei quali l’utilizzo del Pos è limitato da parte della clientela. Nell’attuale contesto, gli oneri ricadono infatti solo ed unicamente sulle imprese, lasciate peraltro sole a cercare di strappare, da una posizione di minorità, condizioni contrattuali dignitose da soggetti che spesso sembrano operare in condizioni di vero e proprio oligopolio». «L’avvio, il mantenimento del servizio e le commissioni sui pagamenti rappresentano – ha evidenziato -, soprattutto per le imprese con margini di redditività e volumi di fatturato molto ridotti, un ulteriore aggravio a carico di settori già pesantemente vessati dalla crisi. I costi di noleggio, le commissioni percentuali le altre spese sono paradossalmente più alte per coloro che incassano poco rispetto a coloro che transano molto con un’incidenza spesso insostenibile».

Le proposte dell’Ascom

Oltre ai costi, anche problemi di affidabilità e inefficienze nel sistema frenano un utilizzo più ampio della moneta elettronica da parte delle piccole aziende commerciali. Se la diffusione in queste realtà è comunque auspicabile, per migliorare la sicurezza e il servizio, ecco allora alcune proposte dell’Associazione per fare in modo che l’aumento delle transazioni con Pos diventi economico anche per loro.

«Promuovere la realizzazione di piattaforme efficienti in grado di superare gli attuali schemi di produzione ed erogazione dei servizi di pagamento, riducendo i livelli di intermediazione finanziaria tra consumatore/cliente ed esercente», ha cominciato Fusini. E poi imporre l’effettivo tetto massimo alle commissioni interbancarie sulla base dei contenuti del Regolamento della Commissione Ue sulle commissioni interbancarie; sviluppare offerte “a pacchetto” particolarmente convenienti, sulla base di quanto è stato già fatto con i conti correnti di base per le fasce più disagiate della popolazione in seguito all’obbligo di dotarsi di un conto corrente; consentire a tutte le imprese di beneficiare delle economie di scala derivanti dall’aumento complessivo dei volumi transati che le nuove normative dovrebbero indurre, creando una relazione diretta, ed inversamente proporzionale, tra l’incremento dei volumi transati e la riduzione delle commissioni bancarie applicate alle imprese su ogni operazione; in ogni caso, in materia di obblighi Pos, introdurre principi di gradualità e sostenibilità, limitando gli obblighi di istallazione a operatori economici con livelli di fatturato al di sopra di predeterminati livelli ed imponendo la non utilizzabilità per talune merceologie».




Malvestiti: «Ascom più efficiente grazie alla nuova sede»

Paolo Malvestiti
Paolo Malvestiti

«Con quale spirito avremmo potuto ancora parlare di innovazione ai nostri imprenditori senza aver dato, noi per primi, un esempio forte?». Chi, come Paolo Malvestiti, ha fatto del pragmatismo la propria cifra imprenditoriale, la risposta l’ha già insita nella domanda. Contano i fatti. Conta che l’Ascom abbia rivoluzionato la vecchia sede storica, ricostruendola integralmente con un concept moderno, innovativo e più funzionale alle mutanti esigenze degli associati. E conta che la gamma di servizi, già di per sé ampia, sia in fase di ulteriore definizione e potenziamento all’interno di un rinnovato disegno strategico che vede appunto questa componente prevalere sempre più sulla funzione sindacale. Step decisivi, annota il presidente dell’Ascom, in grado di dare un senso compiuto al percorso di crescita dell’Associazione di categoria, sempre in prima linea per sfidare la crisi.

Presidente, una svolta…

«Assolutamente sì. E non è ancora finita»

Nel senso che?

«Che abbiamo ancora alcuni passaggi da completare. Vede, siamo sempre più costretti a fare i conti con cambiamenti rapidi e complessi e il dovere verso i nostri associati ci impone di mettere in atto scelte e strategie ben definite per rimanere al passo coi tempi. Pertanto, abbiamo bisogno di inserire nell’organizzazione forze fresche, professionalmente preparate, capaci di leggere l’evoluzione dei mercati e di indicare le nuove direzioni di marcia all’Ascom».

Nuova sede, nuovi vertici?

«È evidente. Oggi, dopo la lunga e felice stagione di Trigona – che non finiremo mai di ringraziare – abbiamo un nuovo direttore, Oscar Fusini, altrettanto capace, che può contare su uno staff di collaboratori che già da tempo ha intrapreso un percorso di aggiornamento. Ebbene, ritengo importante che l’evoluzione e il cambiamento interessino anche i vertici. Dobbiamo essere coerenti con il rinnovamento. Altrimenti è tutto inutile. Nuovo abito, nuove forze, per riprendere la sua domanda».

Sede AscomRiguarderà anche Lei, presidente?

«Ho già fatto cenno alle mie intenzioni: nel 2017, quando avremo le elezioni, non mi ricandiderò».

È una decisione definitiva?

«Sì, lo scriva pure. Ufficializziamo».

Nel frattempo?

«Come le stavo dicendo, lavorerò al rafforzamento della squadra di governo. Voglio dare all’Ascom l’opportunità di far leva su persone più rappresentative dell’attuale momento storico ed economico».

Non c’è il rischio che si perdano preziose competenze?

«La scommessa sarà quella di creare un connubio virtuoso tra l’esperienza di alcuni componenti dell’attuale Consiglio e l’effervescenza dei giovani chiamati a interpretare al meglio le nuove complessità del mercato».

Per molti, lasciare non sarà un momento facile….

«Posso immaginarlo. Ma per tanti di noi è tempo di uscire. Bisogna cambiare. Guardi, non l’ho mai detto prima, ma io stesso, già da un po’, ho capito che ho fatto il mio tempo. E ora che abbiamo completato il grande salto con la nuova sede, mi rendo conto che abbiamo la responsabilità di mettere in squadra persone capaci di cogliere le nuove evoluzioni commerciali».

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È da tanto che batte sul tasto del cambiamento…

«È assolutamente necessario. Dobbiamo metterci in testa che il commercio tradizionale nel tempo diminuirà sempre di più. Dovrà vedersela con altre forme di distribuzione, come la vendita online, a cui dobbiamo guardare con molta attenzione. È in atto una rivoluzione nell’approccio all’acquisto da parte dei consumatori e non possiamo farci trovare impreparati».

Di qui anche la scelta della nuova sede…

«Esatto. Un nuovo abito per essere più efficienti, accrescere le nostre potenzialità e dare più dinamicità a servizi come l’area legale, l’internazionalizzazione, l’innovazione tecnologica, l’ambiente e la sostenibilità, per citare alcune funzioni. Solo così potremo offrire risposte adeguate alle nuove esigenze degli associati che si trovano spesso a fare i conti con un mercato che è diventato particolarmente competitivo e selettivo».

Colpa della crisi?

«Non solo. Le cito un aspetto, sui tanti. Oggi i grandi brand hanno forti impatti sui territori. Grazie alla leva del marketing, sono in grado di orientare le propensioni al consumo e di concentrare in tempi anche relativamente brevi, e col massimo dei profitti, veri e propri fenomeni commerciali. Diventano “registi” del mercato, insomma, e condizionano i piccoli operatori costretti ad inseguire per cavalcare l’onda del momento. Ma alla fine è un gioco sfiancante per chi non ha i mezzi delle grandi catene».

sala corsiCome se ne esce?

«Qui entriamo in gioco noi, con le nostre consulenze, i nostri servizi e il nostro appoggio. Detto questo, credo che la dote vincente di un imprenditore oggi sia quella di saper dare una svolta netta, se necessario, alla propria attività. Se un commerciante si rende conto che il suo prodotto è maturo, deve avere il coraggio di guardare altrove. In altre parole, deve coltivare le capacità di sbagliare meno e di saper leggere l’evoluzione del mercato grazie alla conoscenza, alla professionalità e a una dialettica vincente col cliente».

Serve un bel salto culturale, però…

«Non a caso l’Ascom, con il suo polo di formazione a Osio Sotto, supporta ad ampio raggio chi vuole accrescere il proprio bagaglio professionale. E sempre non a caso, negli anni, ha aperto anche 10 delegazioni periferiche, distribuite in tutta la provincia, per essere più vicina agli operatori. Una scelta strategica, quella di andare noi sul territorio, proprio per lanciare un segnale preciso agli associati, ma anche per capire meglio le problematiche degli imprenditori».

Un dialogo centro-periferia destinato a migliorare

«È evidente. Possiamo dire che con la nuova sede il rapporto tra Bergamo e le delegazioni sarà ulteriormente ottimizzato, potenziato e funzionale, tutto a beneficio dei nostri associati».

Presidente, nella scelta dei materiali è stata data una forte prevalenza al vetro. Casuale?

«È stata una scelta precisa. Vogliamo dare un segnale di dinamismo e di effervescenza e, soprattutto, rafforzare la nostra identità di casa trasparente».

Lei ha seguito passo passo i lavori. Che esperienza è stata?

«Indimenticabile. Un bell’impegno, che ho potuto affrontare – voglio sottolinearlo – grazie allo straordinario apporto della famiglia che ha saputo mandar avanti egregiamente l’azienda sobbarcandosi anche la mia parte. In questo anno e mezzo ho gestito grandi responsabilità e ho conosciuto persone straordinarie, in linea con i valori in cui credo».

Ascom scaleQuali valori?

«Le rivelo un piccolo segreto. Ogni anno trascrivo sempre una frase, da una agenda all’altra, che per me è sacra: “Il valore della persona sta nella sua identità non nella sua comunicazione”. È profonda, e per me è una verità assoluta. Ecco, ho conosciuto molte persone vere e pochi venditori di fumo».

Per chiudere, c’è un messaggio che vorrebbe inviare agli associati alla vigilia dell’inaugurazione della nuova sede?

«Lo so che sembrerà retorico, ma mi piacerebbe che ogni imprenditore sentisse l’Ascom come parte integrante del suo mondo, un partner affidabile pronto a dare una mano. Perché è importante avere un supporto qualificato, un consulente d’aiuto nelle varie fasi di sviluppo. Oggi più di ieri».

(Servizio fotografico di Gian Vittorio Frau)




Edicole e librerie, prorogato al 19 febbraio il bando Voltapagina

bando VoltapaginaÈ stato prorogato alle ore 12 di venerdì 19 febbraio 2016 il temine per l’invio delle domande di finanziamento realtive bando “Voltapagina!”, con il quale la Regione Lombardia ha stanziato un milione di euro di contributi per interventi di innovazione e valorizzazione dei punti vendita di libri, giornali, riviste e periodici.

Edicole e librerie possono richiedere un contributo a fondo perduto nella misura del 70% per le spese relative ad arredi, attrezzature, opere murarie, acquisto di software, hardware o interventi di efficientamento energetico, sostenute a partire dal 18 settembre 2015 o da sostenere nei successivi 18 mesi dall’approvazione della richiesta. L’investimento minimo ammissibile è di 2.000 euro, mentre l’importo massimo del contributo concedibile è di 10.000 euro per impresa.

Lo Sportello del Credito della Fogalco, la cooperativa di garanzia dell’Ascom, è a disposizione per fornire informazioni e assistenza per la predisposizione della richiesta.




Guide turistiche, ecco l’identikit. A Bergamo sono 140

In Italia le guide turistiche abilitate sono 17.100. Di queste, 1.389 si trovano in Lombardia e 140 a Bergamo. A comporre la prima banca dati del settore è stata Confguide, sindacato nato nel 2013 in seno a Confcommercio con l’obiettivo di contrastare il fenomeno dell’abusivismo e garantire servizi di qualità, che in occasione della Bit ha presentato anche la prima indagine, commissionata a Isnart, per fotografare le caratteristiche professionali, i principali target di clientela e le sinergie tra stakeholder del comparto.

I numeri sono ricavati dagli elenchi ufficiali disponibili online presso i siti istituzionali delle Regioni e Province italiane. In ambito regionale, la maggior parte dei professionisti è iscritta in provincia di Milano (417). Bergamo si colloca al quarto posto, dopo il capoluogo, Brescia (166) e Mantova (153). Seguono Pavia (112) e Como (102). Il record di operatori è in provincia di Roma, con 2.797.

Dallo studio emerge che 9 guide su 10 esercitano effettivamente la professione e nel 50% circa dei casi si tratta dell’attività primaria, svolta in misura prevalente. Quattro guide su 10 hanno anche altre abilitazioni professionali: l’80% associa la qualifica di accompagnatore turistico, mentre l’11,8% è anche direttore tecnico di agenzia di viaggi e il 10,6% è guida ambientale o escursionistica.

L’identikit dice che la professione è esercitata in prevalenza da italiani (87,9%) e madre lingua straniera (12,1%), con una prevalenza, per questi ultimi, di provenienza dalla Russia, dalla Francia, dalla Germania e dal Giappone. Le guide hanno un’età media di 43 anni (il 38% ha tra i 31 ed i 40 anni, il 32,1% tra i 41 ed i 50 anni), sono laureate (83,5% delle guide turistiche abilitate) in conservazione e tutela dei beni culturali, in storia dell’arte o archeologia (38%) oppure in lingue straniere (27%).

I principali committenti sono le agenzie di viaggi (indicate dal 55,7% delle guide) ed i Tour Operator (39,7%), seguiti dalle associazioni culturali (27,7%) e dalle scuole (25,1%), mentre la richiesta arriva da clientela privata per il 24% delle guide turistiche abilitate e da enti pubblici per il 6,3%.

È iscritto ad associazioni, cooperative, sindacati o società di servizi il 44,3% delle guide turistiche abilitate, di cui il 73,7% fa riferimento ad associazioni di categoria ed il 17,3% a cooperative. Circa 6 guide turistiche abilitate su 10 sono iscritte al registro Iva, mentre il regime fiscale più adottato è la ricevuta di lavoro occasionale (29,2%) ed il regime dei minimi per le partite Iva (26,2%). Ad assicurarsi con una polizza Rc terzi è il 37,1% delle guide.

Si lavora tutta la settimana (circa il 50% delle guide dal lunedì al giovedì, il 63,7% soprattutto di venerdì e l’83% circa nel week end), soprattutto a primavera (83,3%) e in estate (64,2%), ma per circa la metà delle guide c’è lavoro anche in autunno mentre è stagione di visite guidate anche l’inverno solo per il 17,2%.

Circa il 55% delle visite guidate viene svolto in lingua: in prevalenza inglese (57,6%), seguito a distanza dal francese (15,5%), dal tedesco (10,1%), dallo spagnolo (6,6%), dal russo (5,1%) e dal giapponese (3,1%).

L’indagine ha anche analizzato i contatti tra le guide e gli altri operatori della filiera turistica attraverso le strutture alberghiere certificate Ospitalità Italiana. Il 77,8% di queste ha dichiarato di essere in contatto con associazioni e/o guide turistiche e il rapporto nasce principalmente da un’iniziativa delle guide stesse, che si presentano di persona (modalità di contatto segnalata dal 43,5% degli operatori alberghieri) oppure inviano un’email (22,6%), mentre si rivolge ad associazioni di categoria il 31,5% delle strutture e passa attraverso agenzie di viaggio e Tour Operator il 13,1%. Il 71% degli operatori alberghieri Ospitalità Italiana dichiara di avere ospiti interessati a svolgere visite guidate, con un’incidenza media del 20% circa sulla clientela complessiva della struttura. A rivolgersi agli albergatori per una visita guidata sono soprattutto gruppi di amici o familiari (target indicato dal 54,2% delle strutture), seguiti dalle famiglie (38,6%) e dalle coppie di vacanzieri (33,3%). Il 64,3% degli albergatori si rende disponibile a supportare la propria clientela nella ricerca di una visita guidata sul territorio e la richiesta avviene in prevalenza tramite una telefonata diretta svolta dall’operatore dell’hotel alla guida (indicata dal 60,2% delle strutture) o tramite e-mail (49,1%), mentre solo il 19,4% degli albergatori passa attraverso un’associazione di categoria e il 9,3% si rivolge ad agenzie di viaggio o Tour Operator per richiedere il servizio adatto alle esigenze della propria clientela. Si tratta di un servizio per il quale la clientela degli hotel esprime evidente soddisfazione: basandosi sui commenti e sulle informazioni raccolte presso gli ospiti che hanno richiesto una visita guidata sul territorio, gli operatori alberghieri esprimono un voto medio di 8,4 (su un massimo 10) per le attività delle guide turistiche sperimentate dalla propria clientela.




I vertici dell’Ascom sul territorio. Incontro con la delegazione di Albino

da sinistra Paolo Malvestiti, Simona Ghirardi, Antonietta Agazzi, Stefania Gritti e Giorgio Lazzari

 

Proseguono gli incontri in provincia da parte dei vertici dell’Ascom. Dopo Zogno, il presidente Paolo Malvestiti, il direttore Oscar Fusini e Giorgio Lazzari, responsabile delle relazioni esterne, hanno fatto visita alla delegazione di Albino, nell’ambito del programma volto a rafforzare l’integrazione e il raccordo tra gli uffici periferici dell’Associazione e la sede centrale.

È stata l’occasione per confrontarsi con la responsabile della delegazione Stefania Gritti e le collaboratrici, fare il punto sulle strategie interne ma soprattutto raccogliere problematiche, istanze e proposte del mondo delle imprese commerciali, del turismo e dei servizi del territorio.

La delegazione di Albino dell’Ascom si trova in viale aldo Moro, 2/19. È la sede di riferimento per le attività della media Val Seriana, della Val Gandino e dell’Altopiano di Selvino-Aviatico.




Parcheggio all’ex Faunistico, «decidano i cittadini con un referendum»

ReferendumUn referendum per stabilire se il parcheggio sotto l’ex Parco Faunistico, in Città alta, sia da fare oppure no. Lo propone l’Associazione per la Città alta e i Colli di Bergamo insieme a Italia Nostra e Legambiente all’Amministrazione comunale come strumento per favorire la trasparenza e la partecipazione attorno ad un problema definito «tutt’ora pesantissimo per le sue ricadute, qualunque sia la soluzione adottata, aggravato dalle note vicende giudiziarie e dal trascinamento da un’Amministrazione all’altra fino alla attuale, senza essere risolto».

L’associazioni hanno già esposto, in una memoria inviata il 19 gennaio 2016, le proprie motivazioni contrarie all’opera in ordine ai problemi ambientali, di mobilità, urbanistici e sociali che si pongono. Ed ora ritengono «un dovere civico avanzare la proposta emersa dal nostro dibattito per uscire dall’alternativa fra una paralizzante contrapposizione di argomenti, a favore o contro, e una presa di decisione centralistica, che ammette poche discussioni».

La richiesta è di un referendum rivolto a tutta la cittadinanza, non solo ai residenti nel centro storico, così che possa essere informata «sulle alternative fondamentali di questa decisione e possa pronunciarsi». «Crediamo opportuno – dicono – che il referendum, per una materia così delicata, sia consultivo e promosso dalla stessa Amministrazione Comunale, ai sensi degli articoli 9.1 e 9.2 del Regolamento della Partecipazione del Comune di Bergamo. L’Amministrazione Comunale, allo scopo di ottenere “un contributo derivante dalla conoscenza diretta ed immediata del parere dei cittadini” (art. 9.1) si potrà avvalere del referendum precisando il quesito (anche con la collaborazione delle tre Associazioni firmatarie della memoria citata), ricavandone l’orientamento fondamentale su cui costruire i progetti e l’azione successiva».




Si va in pensione più tardi. E i banchi del mercato perdono clienti

Il commercio ambulante vive un periodo di boom. Nel 2015, in Italia, secondo le ultime indagini, sono state più di 9.700 le nuove attività su suolo pubblico, per un aumento percentuale del 15,5%.

Anche a Bergamo la tendenza è confermata, ma con valori di crescita più bassi (+4,9%) e non per tutte le categorie. A fine 2015 il saldo è stato di 2.335 attività, 110 imprese ambulanti in più rispetto alle 2.225 registrate al dicembre 2014. Le categorie più in crescita sono tessuti-scampoli con 46 attività in più, abbigliamento (+27), seguiti da articoli regalo e fotografia (+15), bigiotteria (+11) e i libri (+8). In lieve calo la biancheria intima, i prodotti per animali (ciascuna ha perso due attività) e un po’ tutto l’alimentare, in particolare dolciumi e pasticceria (-6). Fa eccezione la categoria carni che ha visto nascere due imprese e i prodotti ittici freschi, stabili con 15 imprese.

Il fenomeno è complesso. «Tra cessazioni e nuove aperture c’è una variazione positiva, ma il dato “reale” è di certo inferiore» dice Mario Dolci, presidente di Fiva Bergamo, la federazione dei venditori ambulanti. «Il fatto – spiega – è che chiunque può fare richiesta e aprire un’attività ambulante, basta non avere pendenze o precedenti penali. E in molti casi questo rappresenta un escamotage che permette a chi è extracomunitario di dichiarare di avere un lavoro e, così, chiedere il permesso di soggiorno. Ci vogliono sei mesi per attivarla poi chi va a verificare se davvero l’attività è stata aperta? Senz’altro i dati sono falsati da questo fenomeno».

Che momento è, in realtà, per il commercio ambulante?

«C’è un grande turnover. Gli ambulanti nuovi si notano, quelli che se ne vanno meno. I nuovi imprenditori puntano soprattutto su abbigliamento e articoli per la casa a basso costo. Non è facile resistere sul mercato: per poter continuare a esercitare, in Lombardia, i commercianti su area pubblica devono dimostrare di essere iscritti all’Inps, alla Camera di Commercio, all’Inail e dichiarare di avere fatto dichiarazione dei redditi dell’anno prima. Nessun altro commerciante è tenuto a dimostrare di avere questi requisiti».

Il caro affitto e le tasse sembra stiano spingendo le attività fuori dai negozi…

«Se è così, saltano dalla padella alla brace. È tutto relativo. In una zona di pregio i costi sono alti, a volte anche esagerati, in altre zone, in periferia e in provincia, c’è ancora la possibilità di aprire con pochi soldi, poi però bisogna vedere se si riesce a sopravvivere. Come si fa a pensare di aprire e far sopravvivere un negozio in centro a Bergamo se chiudono quelli storici. Lo stesso vale nel commercio ambulante. Se uno vuole acquisire il giro di affari di un ambulante che va in pensione, se il giro vale costa. Oggi per una azienda strutturata è difficile mantenersi. La possibilità di andare avanti si gioca soprattutto sulla professionalità».

Quali sono i problemi maggiori del settore?

«L’allungamento dell’età pensionabile ha fatto perdere una fascia importante di clienti ai mercati. È una faccenda da non sottovalutare. Le persone più anziane vengono a mancare, gli altri devono lavorare quindi non frequentano i mercati. E gli affari ne risentono. Un altro problema è che il ricambio generazionale è limitatissimo: chi va in pensione spesso cede a ambulanti extracomunitari, alcuni sono bravissimi ma altri sono confusionari. Nell’ultimo anno c’è un leggero aumento degli ambulanti italiani che entrano sul mercato: nella nostra provincia conosco circa 7/8 casi di extracomunitari che hanno ceduto a italiani, qualcosa si sta muovendo. Quello che conta è che le aziende abbiano tutte gli stessi diritti e gli stessi doveri».

Qual è la situazione dei mercati in città e in provincia?

«Dipende dai Comuni. Ci sono amministrazioni attente, con cui collaboriamo in modo produttivo e con le quali si riesce ad arginare ad alcune criticità. Altre in cui il vigile di turno rende improduttivo questo dialogo. In linea di massima, però, il bilancio è positivo.  Certo il fatto di operare su area pubblica ci espone alla possibilità di finire coinvolti in qualche cantiere. Al momento non ce ne sono, ma possono nascere da un momento all’altro».

L’abusivismo è un problema pressante?

«Rispetto ad altre realtà del sud Italia dove il fenomeno è conclamato ed è più ufficiale del commercio ambulante ufficiale, da noi il fenomeno è più limitato; riguarda l’abusivo che stende il lenzuolo con la sua merce. A livello nazionale si vedono situazioni molto critiche».

Che rapporto c’è con i negozianti?

«Fino a qualche anno fa si vedeva il mercato come qualcosa che portava via ai negozi, ora si è capito che non è così e si lavora in sinergia. La prima cosa per entrambi è portare gente in paese, sottraendoli ai centri commerciali, poi ciascuno se la gioca in base alla sua bravura e professionalità».

A livello di associazione su cosa siete impegnati?

«A livello nazionale siamo in dirittura di arrivo sulla Bolkerstein, ci sono ancora alcuni problemi sul peso da dare all’anzianità dell’azienda, ma sono risolvibili. In un momento difficile come questo vediamo disaffezione verso la rappresentanza di categoria. Vorremmo fare passare il messaggio che siamo sempre impegnati a rappresentare i bisogni e le istanze dei commercianti».




Sicurezza, Upag punta l’attenzione su motoseghe e decespugliatori

motosegaProsegue l’impegno per la promozione della sicurezza in agricoltura da parte dell’Upag, l’Unione dei professionisti Agri Garden aderente all’Ascom di Bergamo che, in collaborazione con Confai, Coldiretti e Confagricoltura (con cui condivide la presenza al tavolo provinciale per la sicurezza in agricoltura, al quale siedono anche Regione, Asl, Inail e sindacati), propone l’annuale convegno di informazione, sensibilizzazione e approfondimento.

Quest’anno l’attenzione è puntata su “Utilizzo in sicurezza delle attrezzature manuali nel settore agricolo, forestale e della manutenzione del verde”, ossia strumenti come motoseghe, falciatrici e decespugliatori, che non sono solo in uso tra imprenditori agricoli e utilizzatori professionali, ma anche nel vasto panorama degli hobbysti.

L’appuntamento è a Treviglio giovedì 18 febbraio a partire dalle ore 8 nell’auditorium della Same Deutz-Fhar (via F. Cassani, 15). «Dopo aver trattato, nelle scorse edizioni, di trattori agricoli e di fitofarmaci – spiega Giuseppe Ogliari, segretario dell’Upag –, allarghiamo la platea degli interessati, andando a coinvolgere anche il mondo degli appassionati e dei gardenisti. Il tema, del resto, è cruciale perché le operazioni con le motoseghe sono la seconda causa di infortunio in agricoltura dopo gli incidenti dovuti al ribaltamento di trattori e moto agricole. Il convegno sarà quindi l’occasione per illustrare come queste attrezzature si usano in sicurezza, quali requisiti devono avere per essere a norma e come si effettua la corretta manutenzione».

Grazie a qualificati relatori, l’incontro farà anche il punto sulle normative in tema di patentino trattori e revisione delle macchine agricole, due capitoli annosi per aziende e addetti, rispetto ai quali si evidenzieranno le ultime evoluzioni. Saranno inoltre illustrati gli aggiornamenti sul versante della sorveglianza sanitaria in agricoltura e nella manutenzione del verde.

La partecipazione è libera, previa prenotazione. Segnalandolo al momento dell’iscrizione, sarà possibile partecipare, al termine dei lavori, alla visita guidata dello stabilimento Same Deutz-Fahr sino ad esaurimento dei posti.

  • Programma

ore 8

accoglienza e registrazione dei partecipanti

ore 8.45

saluti Same Deutz-Fahr e Camera di Commercio di Bergamo

ore 9

Giorgio Mura, “Protezioni attive e passive nell’utilizzo della motosega e del decespugliatore”

ore 9.45

Giorgio Mura, “Utilizzo in sicurezza e manutenzione della motosega e del decespugliatore”

ore 10.30

intervento a cura di Same Deutz-Fahr, “La tecnologia e la sicurezza Same Deutz-Fahr per il garden e per l’hobbistica”

ore 11

Renato Delmastro, “Novità in materia di sicurezza in agricoltura: evoluzione normativa, focus su patentino trattori e revisione macchine agricole”

ore 11.30

Giovanni Pietro Mosconi, “Aggiornamenti in tema di sorveglianza sanitaria in agricoltura e nella manutenzione del verde”

ore 12

dibattito, spazio per domande e chiusura lavori

ore 13

pranzo a buffet

ore 14

inizio visite guidate stabilimento Same Deutz-Fahr

  • Relatori

GiorgioMura, responsabile tecnico Andreas Stihl S.p.A

Giovanni Pietro Mosconi, dirigente responsabile della Struttura Complessa di Medicina del Lavoro dell’Ospedale di Bergamo

Renato Delmastro, Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto per le Macchine Agricole e Movimento Terra

  • Moderatore

Marco Limina, direttore MAD Macchine Agricole Domani

  • Direzione scientifica

Matteo Guerretti, dottore Agronomo, dottore di Ricerca in Genio Rurale

Per le adesioni: giuseppeogliari@libero.it; c.cisana@confaibergamo.it; giuseppe.paro@coldiretti.it; l.gusmini@confagricolturabergamo.it

 




“Dimmi che pane scegli e ti dirò chi sei”. I fornai regalano il Paneoroscopo

pane-2.jpgIl tuo pane preferito è la ciabatta? Sappi allora che sei un tipo accogliente, un po’ abitudinario e una vera icona del relax domestico al quale gli astri consigliano di fare più sport e “camminare” molto. Se invece scegli l’arabo, ogni tanto ti piace “farcirti” con sapori forti e in amore sogni spesso ad occhi aperti, ma attenzione ai miraggi perché le oasi felici, del deserto, non sono poi molte!

Per San Valentino, nei panifici bergamaschi scatta il “Paneoroscopo”, un simpatico gioco grazie al quale chi, sabato 13 e domenica 14 febbraio, acquista panini e pagnotte riceverà un divertente profilo astrologico legato al prodotto scelto, ideale pensiero per gli eterni innamorati, sempre pronti a interrogare le stelle per saperne di più sulle inclinazioni del proprio carattere e la propria vita a due.

L’iniziativa è il secondo appuntamento del Calendario del Panificatore, un programma di eventi all’interno del progetto “Stagioni di pane” promosso dall’Aspan che, di mese in mese, coinvolge i fornai ed i loro clienti nella riscoperta di antiche usanze e tradizioni e nella valorizzazione del pane nella quotidianità.

Il percorso ha preso il via lo scorso 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, patrono dei panificatori. In quella circostanza sono stati coinvolti gli over 65, chiamati a recarsi nei panifici aderenti e a scrivere frasi e ricordi sul mondo contadino dove il pane era protagonista. Per San Valentino, sono i fornai per primi a mostrare la propria passione, che dà origine ai tanti tipi di pane che accompagnano la vita di tutti i giorni. Scelte date per scontate e alle quali non si fa magari più caso e che l’originale Paneoroscopo, invece, rende speciali.

Ma c’è di più. Poiché l’evento vuole celebrare tutti coloro che vogliono bene e hanno delle passioni, i clienti che vorranno partecipare potranno scrivere il nome della loro grande passione nel “Pancuore” esposto nei panifici aderenti, oppure scattando un selfie e pubblicandolo sulla Pagina Facebook “Stagioni di Pane di Aspan”.

I negozi premieranno la partecipazione dei clienti con omaggi e con la consegna del Paneoroscopo a seconda del tipo di pane che hanno scelto di acquistare. Condividendo messaggi e iniziative creative il progetto punta a valorizzare il lavoro dei panificatori e i loro prodotti.

Non resta che scoprire cosa ci riserva il Paneoroscopo se amiamo la Garibalda, l’integrale, la michetta o la mantovana… I profili sono tratti da Ciboroscopo di Stefania Pendezza, referente dello sportello “Per e oltre Expo” dell’Ascom che supporta il progetto dell’Aspan.




Caffè al bar, «serve un rilancio di prodotti e servizio»

 

Un bar italiano serve in media 175 tra caffè e cappuccini al giorno per un incasso quotidiano di 184 euro. «Cifre che fanno ben comprendere quanto sarà complicato per colossi come Starbucks fare breccia nel mercato italiano» dichiara Luciano Sbraga, direttore dell’Ufficio Studi della Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi che ha fatto il punto su come si evolve il mondo del caffè in un recente convegno organizzato in collaborazione con l’Associazione Italiana Torrefattori.

«La caffetteria è il prodotto di punta del bar italiano e costituisce circa un terzo del relativo volume d’affari – dichiara Luciano Sbraga -. Si tratta di un bene dal consumo estremamente ampio su tutto il territorio italiano, ma che ha bisogno di un rilancio in termini di qualità, sia del prodotto stesso che del servizio. Questi attori sono spesso pregiudicati da una competitività serrata e dalla presenza di realtà poco qualificate lungo tutta la filiera produttiva e distributiva. Serve una svolta anche per quanto riguarda il rapporto con i fornitori che deve essere improntato ad una maggiore qualità degli approvvigionamenti, insieme all’esigenza di rinnovare il parco attrezzature, come ad esempio il bancone, l’attrezzatura più importante di un locale: secondo la ricerca Fipe “Il bar – I rapporti di filiera” infatti, nel 94% dei casi l’acquisto risale ad oltre 6 anni fa, e in 8 casi su 10 ad oltre 10 anni».

Entrando nel dettaglio delle vendite di caffè per tipologia di pubblico esercizio, le 175 tazzine di caffè e cappuccino sono così ripartite: una media di 220 è venduta nei lunch bar, seguita da 202 dei morning bar e 200 nei bar non specializzati. Chiudono la classifica con 170 tazze i bar multipurpose e solo 85 gli evening bar.

Dal punto di vista occupazionale, nel mondo del bar sono impiegate 363mila persone, di cui 206mila dipendenti (media annua 2014). Nel corso del 2014 il 18% delle richieste di personale espresse dalle imprese ha riguardato la professione del barista. In diversi casi le imprese hanno lamentato la difficoltà di reperimento del personale per l’inadeguatezza dei candidati.

I dati della Fipe toccano anche la questione dei rapporti di filiera, che registrano un elevato tasso di fidelizzazione: nell’80% dei casi infatti i fornitori sono gli stessi da oltre sei anni e nel 60% dei casi (più nel beverage che nel food) da oltre 10 anni. La fiducia è la parola a cui più ricorrono gli esercenti per descrivere i criteri sulla base dei quali seleziona i fornitori. Seguono professionalità e qualità dei prodotti; solo nel 16% dei casi i gestori fanno riferimento al prezzo che il fornitore pratica.

La multicanalità è un requisito a cui gli operatori non rinunciano alla ricerca della migliore opzione: il 60% infatti effettua confronti tra fornitori prima di acquistare la merce. Non manca tuttavia uno zoccolo di esercenti per i quali la ricerca di fornitori alternativi non ha motivo di essere, grazie alla piena fiducia nei confronti dei fornitori abituali.

Per quanto riguarda infine le attrezzature, le macchine del caffè nella maggior parte dei casi vengono prese in comodato d’uso dai torrefattori; in ogni caso per il futuro le intenzioni di investimento per rinnovare o arricchire la propria dotazione di attrezzature riguarda un buon numero di imprese. In particolare nel biennio 2015 – 2016 il 14% delle imprese ritiene di dover acquistare nuove attrezzature e nel triennio successivo la percentuale sale al 25%. In definitiva il 40% circa degli intervistati acquisterà nuove attrezzature nell’arco dei prossimi cinque anni.

Per quanto riguarda la catena del valore, infine, i dati di Fipe mettono in luce come il prezzo del caffè subisce un incremento di 9 volte nel passaggio dai crudisti ai torrefattori fino agli esercenti.