Il Green Pass è valido 9 mesi. Un’occasione per rilanciare anche il turismo di prossimità

 Giorgio Beltrami, presidente Visit Bergamo: “Il mondo dell’accoglienza dovrà cogliere le nuove esigenze adattando l’offerta con nuove regole in una logica di governance condivisa”

Il green pass, il certificato verde che fungerà da passepartout per spostarsi tra regioni di colore diverso, ma anche per partecipare a eventi, convegni, eventi civili e religiosi, avrà una validità di 9 mesi e non sei quindi, come inizialmente ipotizzato. Ma non solo: un’altra novità rispetto a quanto previsto è che sarà rilasciato già dopo la prima dose. È quanto prevede il Dl Covid pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore da oggi. Il pass (su cui è ancora in corso la discussione a livello europeo per varare un documento comune che consenta di spostarsi anche tra Paesi) verrà rilasciato “anche contestualmente alla somministrazione della prima dose di vaccino e ha validità dal quindicesimo giorno successivo alla somministrazione fino alla data prevista per il completamento del ciclo vaccinale”.

Una buona notizia per il settore turistico, di fatto tra i più colpiti dalla crisi, e chiamato a seguire un processo di rinnovamento importante come ricorda Giorgio Beltrami, presidente di Visit Bergamo e e presidente del Gruppo Bar, Caffè e Pasticcerie di Ascom Confcommercio Bergamo, intervenuto alla tavola rotonda del 17 maggio “Partiamo dai luoghi e facciamo rete. La rivincita dei territori per un turismo responsabile” di Bergamo Next Level, la rassegna organizzata da Università degli studi di Bergamo e Pro Universitate Bergomensi: “Nel mondo dell’ospitalità non èaffatto vero, come spesso si sente dire, che a fine pandemia, tutto tornerà come prima. Sono convinto, infatti, che questa maledetta esperienza modificherà i comportamenti del turista per lungo tempo, cambierà le sue abitudini e determinerà nuove aspettative che chiamano in causa noi operatori turistici ma anche enti e istituzioni. Per questo si deve guardare al futuro turistico con occhio diverso e innovativo come suggerisce anche la Fipe-Confcommercio che si sta orientando verso un nuovo modello di società turistica improntata sull’adattamento dei servizi alle nuove esigenze, partendo da percorsi diversi improntati principalmente alla sicurezza per l’utente. In questi ultimi anni stiamo assistendo ad un continuo mutare della fruizione turistica conseguenza anche del maggior tempo libero e le modalità di lavoro legate allo smart-warking, determineranno per molte persone una rivoluzione nell’utilizzo dello spazio-tempo in una sorta di lavoro itinerante. Tutto ciò coinvolgerà inevitabilmente il mondo dell’accoglienza che dovrà cogliere per tempo le modificate esigenze adattando l’offerta al nuovo che avanza. Se questa visione è condivisibile allora, tutti questi cambiamenti non possiamo subirli, dobbiamo saperli leggere per tempo e soprattutto governarli attraverso nuove regole”.

Cogliere i segnali del cambiamento

La condizione indispensabile nell’affrontare una tale sfida rimane la capacità, da parte degli attori in campo, di cogliere per tempo i segnali del cambiamento. Chi saprà interpretare prima degli altri competitors le nuove aspettative del visitatore godrà di un vantaggio sull’attrattività dei propri territori. Ecco perché’ dobbiamo fare squadra in modo che tutte le notizie riguardanti le aspettative del turista confluiscano il più rapidamente possibile ad una sorta di cabina di regia, agile e reattiva che possa mettere subito in campo tutti gli accorgimenti utili allo scopo e potrà essere di grande utilità – prosegue Beltrami che riveste anche il ruolo di vicepresidente regionale del coordinamento di Fipe Lombardia -. Le associazioni di categoria, proprio grazie a questo vantaggio, sono i primi soggetti a poter cogliere il mutamento della richiesta e pertanto devono riuscire ad attivare forme di stretta e agile collaborazione con gli enti turistici del territorio e con le amministrazioni comunali, in modo da concretizzare rapidamente azioni che soddisfino queste nuove richieste che ci troveremo a dover governare. Probabilmente non basterà più pensare alla sola destagionalizzazione ma, approfittando della maggiore discrezionalità di utilizzo del tempo libero, all’alleggerire, attraverso adeguate promozioni, sia nel campo dell’accoglienza che nel campo degli spostamenti, la pressione delle presenze dei fine settimana a favore delle altre giornate infrasettimanali. Tutto questo avrebbe il merito innanzitutto di ridurre gli assembramenti del week-end”.

L’altro importantissimo risultato sarebbe di migliorare l’offerta dei servizi  e terzo, ma non ultimo per importanza, la trasformazione della qualità occupazionale da precaria a indeterminata, grazie alla costanza del lavoro. “Abbiamo all’orizzonte nel breve due appuntamenti che porranno i nostri territori all’attenzione del mondo intero e cioè nel 2023 Bergamo e Brescia capitali della cultura e nel 2026 le olimpiadi invernali. Saranno questi gli eventi che segneranno la vera ripartenza turistica del dopo pandemia e rappresenteranno il ritorno alla cosiddetta normalità ma, credo, sarà una normalità diversa”.




Credito, nell’anno del Covid l’offerta cresce del 9% con una media di circa 25 mila euro a impresa

Il rapporto di ricerca Format Research sulle imprese conferma come la liquidità continua ad essere la reale criticità per il terziario

L’offerta di credito erogata dalle banche alle imprese del terziario in provincia di Bergamo è cresciuta del 9% da quando è scoppiata la pandemia, con 607 milioni di euro erogati e una media di 25 mila euro ad azienda, a fronte di uno stock di credito di circa 7 miliardi di euro. I prestiti erogati da parte delle banche alle imprese del terziario di Bergamo, circa 24 mila in tutta la provincia, sono stati necessari per sostenere i costi fissi e non per gli investimenti. È quanto emerge dal nuovo Rapporto di ricerca (Osservatorio sulle imprese del terziario) realizzato da Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo sulle imprese del terziario.  Il rapporto conferma il trend in atto da ormai più di un anno e cioè che la liquidità continua ad essere la reale criticità per il terziario.
L’indicatore, rispetto al semestre precedente, è migliorato di 3 punti (da 30 a 33) e in prospettiva salirà a 37 a fine anno secondo il giudizio degli imprenditori. Il livello, inoltre, sale di 10 punti rispetto al dato nazionale dove la situazione è ancora più pesante. L’indice a 33 è però ancora troppo basso (-44,1%) rispetto ai livelli pre Covid del secondo semestre 2019 quando si attestava a 59 punti. Il dato è fortemente condizionato dai numeri drammatici del settore turismo (17), mentre il commercio (38) ha già in parte recuperato e i servizi (43) stanno tornando ai livelli pre pandemia. A soffrire sono soprattutto le micro e le piccole imprese fino a 5 addetti.

Domanda di credito

È in leggera diminuzione la percentuale di imprese che ha chiesto un finanziamento negli ultimi 6 mesi: sono il 35% contro il 37,0% di settembre 2020 (-5,4%). Di queste il 52% ha vista accolta la domanda, il 35% ha dovuto accontentarsi di un ammontare inferiore, l’8% non ha avuto la domanda accolta e il 5% è in attesa.
Rispetto al semestre precedente, è aumentato da 50,7 a 52 la percentuale delle pratiche accolte, mentre si è ridotta drasticamente quella inerente il numero delle pratiche in sospeso che da 24,8% è scesa al 5%: un segnale che le relazioni tra banca impresa si stanno nuovamente normalizzando dopo la pandemia. In quest’ottica sono salite (dal 18% al 35%) anche quelle accolte con importo inferiore, mentre le pratiche respinte da 6,6% salgono all’8%. Al netto di chi è stato respinto e che, quindi, rifarà domanda nel trimestre successivo, il 10,5% delle imprese non ha ottenuto una risposta positiva dal sistema bancario.

Costo del finanziamento

Riguardo al costo del finanziamento, gli imprenditori del terziario bergamasco fanno segnare un peggioramento del sentiment che da 50 a scende a 48 (-4%). Il peggioramento è in atto da inizio pandemia e nelle aspettative degli imprenditori il problema sta peggiorando. Il dato bergamasca è nettamente peggiore di quello nazionale che si attesta a 53: ben 5 punti percentuali in meno sono specchio di una maggior consapevolezza degli imprenditori orobici oppure di un effettivo e peggiore trattamento economico.

Costo dell’istruttoria

Anche il costo dell’istruttoria viene giudicato in leggero peggioramento rispetto al semestre precedente. L’indice è peggiorato di due punti, scendendo a 37 (-5,1%) rispetto al secondo semestre 2020. L’indice è leggermente migliore di quello nazionale che si attesta a 35.

Durata dei prestiti

Anche per quanto riguarda la durata temporale del credito la situazione sta peggiorando e l’indice da 43 è sceso a 41 (-4,7%). Si registra proprio nella minore durata dei finanziamenti il crollo più alto dell’indice da inizio pandemia, mentre la situazione bergamasca resta nettamente migliore di quella nazionale, il cui indice è a 27 con 14 punti percentuali più bassi rispetto al dato orobico.

Garanzie richieste

In leggero peggioramento (42 punti) anche il giudizio delle imprese bergamasche rispetto alle garanzie richieste che scende quindi di due punti rispetto al II semestre 2020 (-4,5%). Il confronto con il dato nazionale che si attesta a 36, è comunque positivo. L’indice, inoltre, sta tornando verso la normalità dei tempi pre-Covid, dopo che nel 2020 era nettamente cresciuto a seguito dell’estensione della garanzia del Fondo Centrale di garanzia con il decreto Legge liquidità (Legge 5/06/2020 n. 40).

Costo dei servizi bancari

In leggero peggioramento anche l’indice relativo al costo dei servizi bancari registrato presso le imprese di Bergamo che da 48 scende a 46 rispetto al semestre precedente (-4,2%). L’indice è nettamente migliore di quello nazionale che si attesta a 37.

“Le moratorie previste dal decreto liquidità scadono il 30 giugno 2021 – conclude Riccardo Martinelli, presidente Fogalco cooperativa di garanzia di Ascom Confcommercio Bergamo -. Oggi la maggior parte delle imprese del turismo e del commercio non alimentare non riuscirebbe a far fronte agli impegni finanziari stante una situazione di crisi di mercato e di limitazione dell’esercizio dell’attività. Per questo siamo soddisfatti che il Decreto Sostegni bis abbia allungato i termini fino al 31 dicembre, data entro cui confidiamo saranno cessate le restrizioni e sarà ripartito il mercato”.

Per Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo “Il giudizio degli imprenditori bergamaschi del terziario sui servizi bancari è in peggioramento e la liquidità resta un problema grave per le imprese del terziario tant’è che ogni semestre, da un anno e mezzo a questa parte, più di un imprenditore ogni tre è stato costretto a ricorrere a un nuovo prestito. Di fatto la pandemia è stata un “bagno di sangue” per la liquidità delle micro e piccole imprese del terziario. L’indebitamento è andato crescendo e questo graverà sulle spalle delle imprese non appena le moratorie si interromperanno. E proprio in questa drammatica fase le condizioni di prestito stanno peggiorando anche se, dopo il trauma del primo semestre 2020, i rapporti tra banca e impresa si stanno normalizzando sia nel numero di pratiche accolte sia nella riduzione di quelle in attesa, tornate ai livelli pre-pandemia”.

Massima priorità alla liquidità, quindi, alla luce del fatto che “il Decreto Sostegni bis – conclude Martinelli – prevede la possibilità di allungare i prestiti, a fronte però di una riduzione della copertura statale delle garanzie a seguito del negoziato, in via di definizione, tra l’Italia e l’Europa che, di fatto, apre la strada a una riduzione delle garanzie statali nell’ambito dell’accesso al credito. In quest’ottica, noi di Fogalco-Asconfidi Lombardia siamo pronti ad accompagnare gli imprenditori e a sostituire le minor garanzie presso le banche per poter far ripartire le imprese e aiutarle a ritrovare quella liquidità necessaria per portare avanti l’attività”




Covid, coprifuoco alle ore 23 e riaperture anticipate. Come cambia l’Italia alle porte dell’estate

Il Cdm ha approvato il nuovo decreto: da domani coprifuoco alle 23, i ristoranti potranno lavorare anche al chiuso dal primo giugno, negozi dei centri commerciali aperti già dal prossimo weekend

Gli italiani diranno addio al coprifuoco con il solstizio d’estate, il 21 giugno; ma già dalle prossime ore potranno cenare fuori o circolare liberamente fino alle 23 e dal 7 giugno rientrare a casa entro mezzanotte o anche più tardi, se la regione in cui vivono o sono in vacanza avrà dati da zona bianca. Da lunedì potremo anche andare di nuovo in palestra e dalla metà di giugno le coppie potranno tornare a festeggiare i matrimoni. Ma di tornare a ballare, per il momento, non se ne parla: le discoteche rimarranno chiuse, unico settore che non ha una data per ripartire.

Ieri a Palazzo Chigi si è tenuta a tanto attesa riunione della cabina di regia chiamata a prendere, dati alla mano, attese e importanti decisioni sulle riaperture rispetto alla situazione attualmente in vigore. La conclusione, messa nero su bianco in un decreto approvato dal Consiglio dei ministri è che da domani il coprifuoco verrà spostato alle 23, per poi farlo slittare alle 24 dal 7 giugno e abolirlo del tutto dal 21 giugno. L’altra decisione importante riguarda il cambio dei parametri del monitoraggio con il quale vengono stabiliti i colori delle Regioni. L’Rt, l’indice di diffusione del contagio, non sarà più determinante: conteranno il tasso di occupazione di terapie intensive e reparti ordinari e l’incidenza dei casi. Con meno di 50 casi per 3 settimane consecutive e un rischio basso si va in zona bianca, in cui le uniche misure in vigore sono il distanziamento e l’uso della mascherina.

Dal 7 giugno coprifuoco a mezzanotte

uIl Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro della salute Roberto Speranza, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti relative all’emergenza epidemiologica da Covid-19. In considerazione dell’andamento della curva epidemiologica e dello stato di attuazione del piano vaccinale, il testo modifica i parametri di ingresso nelle “zone colorate”, secondo criteri proposti dal Ministero della Salute, in modo che assumano principale rilievo l’incidenza dei contagi rispetto alla popolazione complessiva nonchè il tasso di occupazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva. Inoltre, nelle “zone gialle” si prevedono rilevanti, ancorché graduali, modifiche.
Di seguito le principali: dall’entrata in vigore del decreto, il divieto di spostamenti dovuti a motivi diversi da quelli di lavoro, necessità o salute, attualmente previsto dalle ore 22.00 alle 5.00, sarà ridotto di un’ora, rimanendo quindi valido dalle 23.00 alle 5.00. A partire dal 7 giugno 2021, sarà valido dalle ore 24.00 alle 5.00. Dal 21 giugno 2021 sarà completamente abolito.

La road map delle riaperture

Dal 1 giugno sarà possibile consumare cibi e bevande all’interno dei locali anche oltre le 18.00, fino all’orario di chiusura previsto dalle norme sugli spostamenti; dal 22 maggio, tutti gli esercizi presenti nei mercati, centri commerciali, gallerie e parchi commerciali potranno restare aperti anche nei giorni festivi e prefestivi; anticipata al 24 maggio, rispetto al 1 giugno, la riapertura delle palestre; dal 1 luglio potranno riaprire le piscine al chiuso, i centri natatori e i centri benessere, nel rispetto delle linee guide e dei protocolli; dal 1 giugno all’aperto e dal 1 luglio al chiuso, sarà consentita la presenza di pubblico, nei limiti già previsti (25 per cento della capienza massima, con il limite di 1.000 persone all’aperto e 500 al chiuso), per tutte le competizioni o eventi sportivi (non solo a quelli di interesse nazionale); dal 22 maggio sarà possibile riaprire gli impianti di risalita in montagna, nel rispetto delle linee guida di settore; dal 1 luglio sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò potranno riaprire al pubblico; parchi tematici e di divertimento potranno riaprire al pubblico dal 15 giugno, anziché dal 1 luglio; tutte le attività di centri culturali, centri sociali e centri ricreativi saranno di nuovo possibili dal 1 luglio; dal 15 giugno saranno possibili, anche al chiuso, le feste e i ricevimenti successivi a cerimonie civili o religiose, tramite uso della “certificazione verde”. Dal 1 luglio sarà nuovamente possibile tenere corsi di formazione pubblici e privati in presenza.

Silb: “Il Governo si è completamente dimenticato di noi”

Restano sospese le attività in sale da ballo, discoteche e simili, all’aperto o al chiuso e per Maurizio Pasca, presidente del Silb/Fipe, l’Associazione italiana di imprese di intrattenimento di ballo e spettacolo “siamo rimasti ancora invisibili: sono ormai quindici mesi che il Governo si è completamente dimenticato di noi, dalle attenzioni del Governo sono escluse solo le attività dei locali e dell’intrattenimento”. Pasca ha quindi ribadito che questa settimana verrà sottoposto un protocollo ad hoc al Cts: “Miauguro che sia data la giusta attenzione e che siano portati avanti i due test in Puglia e a Milano, altrimenti un intero settore è a rischio fallimento”.

 




Divieto di consumo al banco nei bar Oltre al danno economico anche la beffa ambientale

Crollati del 40% i fatturati e in circolazione un mare di bicchierini di plastica, pari a 30 tonnellate di rifiuti al giorno secondo la Fipe

Oltre al danno (economico) anche la beffa (ambientale). Il divieto di consumare il caffè al banco che sta producendo un doppio effetto negativo: da un lato i fatturati dei bar sono crollati del 40%, dall’altro si sta mettendo in circolazione un mare di bicchierini di plastica. Secondo le stime dell’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, il divieto di consumo al banco da solo, ovvero escludendo l’asporto, genera infatti 30 tonnellate di rifiuti di plastica al giorno.

“Questo è un motivo in più per eliminare un divieto, quello del consumo al banco, che non ha alcuna base scientifica – sottolinea Fipe-Confcommercio – e che sta invece distruggendo il modello stesso del bar italiano. Un disastro che si accompagna a quello provocato dal coprifuoco alle 22. In questo caso ad essere maggiormente penalizzati sono i ristoranti”.

Secondo l’Ufficio Studi, infatti, lo slittamento del coprifuoco alle 23 produrrebbe un beneficio per le casse dei locali, pari al 10% dei fatturati giornalieri, mentre arrivare fino alle 24 aggiungerebbe un ulteriore 7%. “In totale – spiega la Federazione – queste due ore in più di lavoro garantiscono un incremento di volumi di affari per i pubblici esercizi di 10 milioni di euro al giorno. Una boccata d’ossigeno importante ma ancora più importante è la ripresa al più presto dell’attività al chiuso. Non dimentichiamoci che, non solo il 46% dei locali italiani, 116mila bar e ristoranti, è sprovvisto di spazi all’aperto, ma la perturbazione che interesserà per tutta questa settimana buona parte del nostro Paese, sta determinando un nuovo lockdown di fatto anche per le altre attività. Anche per questo non si può più attendere oltre”.




Commercio e servizi cominciano a credere nella ripresa. Ma il turismo soffre la situazione di incertezza

Presentati i risultati della ricerca “Clima di fiducia e congiuntura economica delle imprese del terziario Bergamo” realizzata da Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo

È stata presentata questa mattina la ricerca dal titolo “Clima di fiducia e congiuntura economica delle imprese del terziario Bergamo” realizzata da Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo. L’Osservatorio sul terziario delle imprese di Bergamo è basato su un’indagine continuativa, a cadenza semestrale, effettuata su un campione statisticamente rappresentativo dell’universo delle imprese del terziario (commercio, turismo e servizi) della provincia di Bergamo (n. 700 interviste a buon fine ogni semestre).
L’obiettivo dell’indagine è quello di rilevare, descrivere e analizzare il clima di fiducia (sentiment), l’andamento dell’impresa e i livelli di occupazione delle imprese del terziario di Bergamo sia a livello congiunturale (ultimi sei mesi rispetto ai sei mesi precedenti) sia a livello prospettico (situazione nei sei mesi successivi alla rilevazione rispetto ai sei mesi precedenti).

Clima di fiducia delle imprese bergamasche

Il clima di fiducia nell’economia italiana delle imprese di Bergamo del terziario è a quota 20%, in leggero aumento (+1%) rispetto al II semestre 2020 e nettamente sopra quello nazionale che è al 13%. La previsione basata sul proseguo della campagna vaccinale ci porta al 25% entro fine anno. Siamo ancora nettamente al di sotto del clima prima della pandemia che era pari al 42%-52% rispetto al 2019.
Il clima è pesantemente influenzato dal sentiment delle imprese del turismo le cui aspettative sono ferme al palo, con un indice del 12% addirittura in peggioramento all’11% entro fine anno, e in particolare per le microimprese di 1 addetto e le piccole fino a 5 addetti che nelle aspettative restano nettamente sotto media. È invece in miglioramento il sentiment per l’andamento della propria impresa che risale al 30% (+3% rispetto al secondo semestre 2020 e +6% rispetto al dato nazionale). Le previsioni a fine anno, inoltre, danno un ulteriore recupero al 35%.
Entrando nel merito dei singoli settori si nota che mentre i servizi hanno praticamente recuperato la perdita (38% con proeizione a fine anno al 44%), il commercio è in recupero (32% e 37% a fine anno), mentre restano pessime, 16% e 24%, le aspettative sulla ripresa della propria impresa nel settore del turismo.

“La politica portata avanti dal Governo e fatta di annunci contrastanti non è stata apprezzata – sottolinea Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo – . Il green pass italiano annunciato non è diventato ancora realtà, mentre restano diversi snodi cruciali come il coprifuoco, la quarantena per i turisti e il servizio al tavolo e al banco all’interno dei ristoranti e dei pubblici esercizi. Per questo solo il recupero della libertà di azione e quindi della mobilità potrà dare fiato al turismo e, indirettamente, al commercio”.

Consumi in Italia

In consumi sono ancora in affanno. Il primo trimestre 2021 ha registrato un calo del 6% rispetto al primo trimestre 2020 dove la perdita dei consumi era stata dell’11% rispetto all’analogo trimestre del 2019. Anche se più contenuto, siamo, quindi, di fronte ancora a un calo con la nota positiva che arriva dal mese di marzo in cui si è registrato un recupero del 20% rispetto allo stesso mese del 2020 di primo lockdown. Il 2020 ha registrato un calo del consumo di servizi del 30% e dei beni dell’8%. A pagare sono soprattutto i servizi ricreativi (-78%) e ricettivi (-53%) ma anche dell’abbigliamento (-24%), contro un aumento dei beni alimentari del 2%. Il dato provinciale può essere ritenuto in linea con quello nazionale.

Ricavi delle imprese bergamasche

L’indicatore dell’andamento dei ricavi delle imprese del terziario orobico è in miglioramento al 31%, siglando un + 5% rispetto al secondo semestre 2020 e + 8% rispetto al dato nazionale. Le previsioni danno un aumento ulteriore al 36% a fine anno. Anche in questo caso, mentre il recupero è deciso nel settore dei servizi (37% con proiezione a fine anno a 45%), e in parte nel commercio (32% con proiezione a fine anno a 38%), resta debolissimo il turismo con un indice al 15% e un recupero al 25% a fine anno. Riguardo alla dimensione di impresa, nell’indice dei ricavi restano pesantemente sotto media le micro e le piccole da 2 a 5 addetti e da 6 a 9 addetti, mentre il recupero è marcato in quella di grandi dimensioni.

“Rispetto a prima della pandemia, ovvero al secondo semestre 2019 dove l’indice era al 52%, siamo al 40,4%. È il segnale che la ripresa c’è ma dal baratro nel quale siamo crollati la salita sarà lenta e pesante – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Sui ricavi il recupero proseguirà ma sarà più lento del previsto e, secondo questa tendenza, le aspettative per il recupero dell’indice di ricavi non arriverà prima della metà del 2023, augurandoci di non dover più subire restrizioni nei prossimi mesi”.

Andamento occupazione

Grazie al blocco dei licenziamenti, l’indice sull’occupazione ha perso molto meno degli altri, almeno per ora. Sebbene l’indice sia 11 punti sotto quello del secondo semestre 2019, il valore è a 40 (+1% rispetto al secondo semestre 2020 e + 12 rispetto all’indice nazionale) ma le previsioni a fine anno danno una perdita di ulteriore 3 punti. Il settore dei servizi è al 45% e senza previsioni di peggioramento, quasi come prima della pandemia, il commercio in media a 40, sostenuto dal settore alimentare che è cresciuto, mentre il turismo è a 28 e in previsione al 24% a fine anno. A pagare sono soprattutto le imprese da 2 a 5 addetti, nettamente sotto media. L’impatto dello sblocco dei licenziamenti avrà un effetto pesante nella nostra provincia. Le imprese bergamasche del terziario prevedono di perdere in media il 17% della forza lavoro con punte del 24% nel turismo. L’impatto sarà più contenuto nel commercio (-15%) e nei servizi (-11%).
In termini numerici, i pesi cambiano perché si stimano licenziamenti di circa 2.500 lavoratori nel comparto turismo, circa 6.000 nel commercio e, al netto dei lavoratori pubblici e dei servizi alle persone, di circa altre 3.000 persone nei servizi. L’impatto sarà quindi pesante con quasi 12.000 dipendenti fissi che rischiano di perdere il posto di lavoro. Inoltre, il blocco dei licenziamenti, se da un lato ha salvaguardato il personale dipendente e la difesa delle competenze in azienda, dall’altro ha creato due problemi: quello più sentito dalla imprese (87,3%) ha riguardato l’impossibilità di poter diminuire i costi aziendali, l’altro (12,7%) l’impossibilità di sostituire il personale con figure necessarie.

“Ora il Governo deve prendere una delle due direzioni: mantenere o togliere il divieto di licenziamento – spiega Enrico Betti, responsabile area Politiche del lavoro Ascom Confcommercio Bergamo -. La scelta non è semplice: togliere il divieto significa risparmiare soldi pubblici e costi alle imprese ma far perdere il lavoro a molte persone e disperdere le competenze aziendali, necessarie per la ripresa. Allungare ulteriormente il termine, già fissato al 30 giugno o al 31 ottobre a seconda della categoria, significa ingessare il mercato. La nostra posizione è di trovare soluzioni diverse in base al settore e alle condizioni dell’impresa. Pubblici esercizi e ristorazione, ad esempio, prevedono una ripartenza più veloce rispetto al turismo e quindi eliminare il blocco dei licenziamenti potrebbe dare dinamicità al settore. Viceversa, per il comparto ricettivo occorrerà stanziare ulteriori fondi per gli ammortizzatori sociali. Ad ogni modo, per salvare l’occupazione il Governo dovrebbe stanziare sgravi fiscali per le imprese che mantengono i posti di lavoro già in essere più che bonus per le nuove assunzioni. Sgravi che siano proporzionali alla perdita di fatturato e che si esauriscono con il recupero delle vendite”.

Chiusura delle imprese

Il 13,8% delle imprese ha dichiarato che resterà aperta senza difficoltà mentre il 54,6% con qualche difficoltà. Solo il 2,8% ha dichiarato che chiuderà l’attività nel corso dell’anno mentre a preoccupare ulteriormente sono il 28,8% degli intervistati che ha dichiarato di restare aperti seppur con molte difficoltà o di dover diminuire o eliminare parte dell’attività. Ne deriva che oltre un terzo delle imprese del terziario bergamasco, pari a 7.580 imprese, resta a forte rischio di chiusura e, con esso, circa 10.000 persone tra titolari e coadiuvanti.




Centri commerciali: 350 negozi hanno aderito alla protesta contro le chiusure nei weekend

Circa il 60% del totale. Oscar Fusini, direttore Ascom: “Si stima una perdita di oltre 5,5 milioni di euro di fatturato per ogni fine settimana di chiusura”

Circa 350 negozi dei centri commerciali della Bergamasca hanno aderito alla protesta di questa mattina promossa da tutte le principali associazioni di rappresentanza contro le chiusure nel weekend previste dal Decreto Riaperture. Una percentuale che sfiora il 60% del totale dei negozi presenti nei sette centri commerciali principali della provincia che alle ore 11 hanno abbassato le saracinesche per alcuni minuti per protestare contro le misure restrittive che da oltre sei mesi impongono la chiusura nei giorni festivi e pre-festivi. Un gesto simbolico e pacifico, ma con un obiettivo preciso: la riapertura 7 giorni  su 7 di tutti i negozi.

“La situazione è gravissima e occorre che la politica prenda atto della situazione e intervenga con un provvedimento immediato – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -.  Siamo di fronte al rischio di un’ecatombe per le imprese dei centri commerciali che hanno il diritto di avere dalle istituzioni risposte certe e tempestive per rimettere in moto un comparto tra i più danneggiati dalla crisi. Abbiamo, infatti, stimato una perdita di oltre 5,5 milioni di euro per ogni fine settimana di chiusura: un danno enorme che coinvolge anche tutta la filiera collegata. Considerando, inoltre, che da inizio pandemia il terziario bergamasco ha perso circa 1,3 miliardi di consumi, se non ripartiamo al più presto il dramma sarà totale. Stiamo parlando del futuro di moltissimi imprenditori e di decine di migliaia di lavoratori presi dalla disperazione e dalla rabbia”.

La manifestazione è servita anche a ribadire che in centri, parchi e gallerie commerciali la sicurezza è massima: non a caso, nessun focolaio si è mai registrato da inizio pandemia grazie ai rigorosi protocolli rigorosi adottati. “È del tutto incomprensibile come gli stessi protocolli di sicurezza che consentono ai centri commerciali di restare aperti da lunedì a venerdì non risultino adeguati nel fine settimana, consentendo la stessa sicurezza nella gestione degli accessi e degli afflussi – prosegue Fusini -. E lo è ancora di più alla luce del fatto che sin dall’inizio dell’emergenza, centri, parchi e gallerie commerciali hanno adottato misure di sicurezza ancora più stringenti rispetto a quanto richiesto a livello governativo e dalle singole Regioni”.




“Abbiamo perso un presidente, abbiamo perso un amico”: Fiva e Ascom in lutto per Mauro Dolci

Morto ieri in un incidente stradale il presidente degli ambulanti. “Ci lascia in eredità un esempio di grande determinazione, sempre disponibile all’interlocuzione e alla mediazione” 

“Abbiamo perso un presidente, abbiamo perso un amico: una persona da ammirare e un valido dirigente che metteva anima e corpo nella difesa della propria categoria”. Sono parole di profondo cordoglio quelle espresse dalla dirigenza di Ascom Confcommercio Bergamo per la scomparsa di Mauro Dolci, presidente della Fiva Bergamo, che ieri ha perso la vita in un tragico incidente a San Giovanni Bianco.
Lo scontro contro un’auto in via Carlo Ceresa è avvenuto poco dopo mezzogiorno: Dolci stava viaggiando in sella alla sua Bmw K1600 Gt sulla ex 470. Appena fuori dell’abitato di San Giovanni Bianco, verso Piazza Brembana, ha perso il controllo del mezzo e ha impattato contro un’Alfa Romeo che arrivava dall’altro senso. Lo scontro è stato talmente violento che Dolci è volato a 20 metri di distanza: l’impatto è stato fatale ed è stato subito trasportato in condizioni critiche in ospedale a San Giovanni Bianco dove è morto verso le 14.30.

Una vita per la sua categoria
Dolci, 65 anni e residente a Zogno, era presidente della Fiva di Bergamo dal 2008. Nel 2009 era entrato a fare parte del Consiglio di Fogalco, la Cooperativa di garanzia di Ascom Confcommercio Bergamo, e nel consiglio direttivo di Ascom Confcommercio Bergamo. Nel 2013 era stato nominato presidente vicario di Fiva nazionale e nel 2014 coordinatore di Fiva Lombardia. La sua attività di ambulante ha una storia lunga più di 50 anni, quando cominciò a mettere piede sulle piazze bergamasche a 15 anni appena terminate le scuole dell’obbligo.
Anche se era da poco andato in pensione non era raro incontrarlo nei principali mercati della Bergamasca insieme al figlio Paolo, dietro ad un bancone colmo di formaggi e salumi, una preziosa eredità tramandata dal nonno. Un uomo sincero, onesto e deciso, dedito al proprio lavoro e alla professione. Ma anche una figura importante per il commercio ambulante bergamasco, sempre in prima linea nel tutelare la categoria degli ambulanti bergamaschi, in difficoltà per la pandemia. 

Il ricordo dei colleghi e della dirigenza Fiva e Ascom

Lunedì i colleghi di Mauro Dolci hanno ricordato il loro presidente e, come tradizione quando viene a mancare uno degli associati, la postazione è stata lasciata vuota. In mattinata è stata deposta una corona di fiori per commemorare la sua scomparsa. Alla cerimonia, che ha previsto un breve momento di raccoglimento, erano presenti numerosi ambulanti, insieme al vice presidente di Fiva Confcommercio Bergamo, Diego Pesenti, al vicepresidente di Anva Confesercenti Bergamo, Flavio Steibel, e al direttore di Ascom, Oscar Fusini.

“Siamo provati per quanto accaduto. Mauro era una persona disponibile e con a cuore l’associazione. Sarà dal punto di vita umano e associativo una grandissima perdita per noi – affermano il presidente e il direttore di Ascom Confcommercio Bergamo, Giovanni Zambonelli e Oscar Fusini-. Dal punto di vista associativa è sempre stato un punto di riferimento per tutti gli ambulanti bergamaschi negli ultimi decenni. Sempre presente e a disposizione di tutti. Sempre in contatto con le diverse amministrazioni per le problematiche del settore. Ci mancherà tantissimo, perché era parte della famiglia Ascom”.

“La notizia della tragica scomparsa del Presidente Dolci ha lasciato senza parole tutta la federazione. Mauro si è sempre speso in maniera disinteressata a favore della categoria degli ambulanti, sempre in prima linea per risolvere piccoli e grandi problemi sui nostri mercati e sulle nostre fiere. Anche nell’ultimo anno, Dolci si è molto impegnato a tutelare le attività degli ambulanti e i loro mercati, ma senza negare ne sottovalutare il rischio di contagio da Coronavirus. Ci lascia in eredità un esempio di grande determinazione, sempre disponibile all’interlocuzione e alla mediazione” dice il vicepresidente di Fiva Bergamo, Diego Pesenti.

In tanti, all’indomani della tragica fatalità, piangono e ricordano Dolci, che era un appassionato di moto ed era solito fare lunghi viaggi. Dalla famiglia, la moglie Ivonne e il figlio Paolo (a breve Dolci sarebbe diventato nonno), fino ai colleghi e alle Amministrazioni comunali, con le quali aveva stretto forti rapporti di reciproca collaborazione, soprattutto in questi ultimi mesi dove si era prodigato nella tutela della categoria degli ambulanti bergamaschi in difficoltà per la pandemia.

Per un ultimo saluto a Mauro Dolci, la Camera ardente è stata allestita nella chiesa di Foppa a Zogno. I funerali si svolgeranno nella chiesa parrocchiale di Zogno giovedì 13 maggio alle ore 17.00.

La lettera di saluto del direttore Ascom

Pur costandomi grande fatica, ritengo che tributare l’ultimo saluto della nostra Ascom a Mauro Dolci sia per me un grande onore, perché chi l’ha conosciuto ha apprezzato il suo valore e riconosciuto in lui una grande persona. Nato praticamente sui banchi del mercato, è cresciuto professionalmente fino a diventare un eccellente piccolo imprenditore. Godersi questa soddisfazione non gli bastava. Ha maturato fin da piccolo la sua missione. Ha investito tutto sé stesso nella partecipazione alla vita associativa e si è preparato per diventare un punto di riferimento sindacale.

Abbinava il pensiero politico della rappresentanza alle competenze tecnico pratiche tipiche dell’operatore. Per la sua stoffa, la sua competenza e il suo modo di agire oltre che presidente provinciale Mauro negli ultimi anni ha assunto anche la carica di presidente regionale e vicepresidente vicario nazionale di Fiva Confcommercio. Conosceva ogni balzello normativo e regolamentare dell’ambulantato ed era un interlocutore riconosciuto da ogni amministrazione e un supporto prezioso per i funzionari interni dell’Ascom.

Era onesto e schietto. Non era per forza morbido nella sua funzione, perché chi rappresenta gli interessi non può assecondare tutti. Dietro la corazza dura c’era, però, una forte sensibilità e rispetto per gli altri. Per Mauro fare associazione era soprattutto fare il bene degli altri, della categoria ma anche del territorio, perché capiva quando gli interessi di parte dovevano lasciare spazio al bene di tutti. Ha sempre sminuito i suoi meriti e alle insoddisfazioni e alle critiche ha sempre risposto con grande impegno.

Mauro resta un patrimonio per la sua famiglia, a cui ci stringiamo e che ringraziamo per averlo assecondato nel suo sogno associativo. Anche in noi resterà forte il legame con lui. Lo terremo sempre nel cuore. Quello che invece ha fatto per la sua categoria, gli ambulanti bergamaschi, resterà per sempre nella storia della nostra Associazione.

Grazie Mauro a nome di tutti gli associati Ascom.




Campagna vaccinale nelle aziende Sottoscritto il protocollo tra Ats Bergamo e le parti sociali

Anche Ascom Confcommercio Bergamo tra le associazioni firmatarie. Il Generale Figliuolo definirà modalità e tempistiche delle somministrazioni 

È stato sottoscritto il protocollo d’intesa provinciale tra l’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo e le Parti sociali per l’estensione della campagna vaccinale anti­ Covid19 alle aziende bergamasche. Al momento hanno aderito Ance Bergamo, Ascom Confcommercio Bergamo, C.G.I.L. Bergamo, C.G.I.L. Valcamonica Sebino, C.I.S.L. Bergamo, C.N.A., Cassa Edile Bergamo, Coldiretti Bergamo, Compagnia delle Opere Bergamo, Confagricoltura Bergamo, Confai Bergamo, Confartigianato Imprese Bergamo, Confesercenti Bergamo, Confimi Apindustria Bergamo, Confindustria Bergamo, EA CPTA, Confcoperative Bergamo, E.BI.TE.N. Lombardia, EA Edilcassa Bergamo, F.A.I. Bergamo Autotrasporti, Ferderfarma Bergamo, Legacoop Lombardia, L.I.A. (Liberi Imprenditori Associati), Scuola edile Bergamo, UIL Bergamo, Unione Artigiani Confindustria Bergamo, Uniscom. Altre associazioni sono in corso di adesione.

Le aziende, nella loro responsabilità sociale e d’impresa, hanno manifestato grande disponibilità ad aderire alla campagna vaccinale diventando soggetti attivi nel contrasto alla diffusione del virus SARS-CoV-2 – commenta Massimo Giupponi, direttore generale di ATS Bergamo – La sottoscrizione del protocollo dimostra come tutti abbiano a cuore questo tema e vogliano partecipare attivamente alla campagna massiva. La vaccinazione sul luogo di lavoro è un’iniziativa di tutela della salute pubblica e si configura come un’opportunità ulteriore, che integra l’offerta vaccinale del Sistema Sanitario Regionale, nel pieno rispetto del Piano strategico nazionale”.

ATS Bergamo, vista la numerosità delle richieste pervenute, ha ritenuto di definire opportuni criteri dimensionali e i necessari requisiti tecnici volti ad efficientare e garantire il buon esito della campagna vaccinale, prescrivendo quale criterio imprescindibile per l’individuazione delle aziende il potenziale maggiore impatto per numero di lavoratori da vaccinare. La vaccinazione prevista dal protocollo è destinata ai lavoratori e lavoratrici che ne abbiano fatto volontariamente richiesta, nonché ai datori di lavoro o loro titolari e, come precisato dal Piano nazionale, può procedere indipendentemente dall’età dei lavoratori. D’altra parte, proprio perché si inserisce nel Piano strategico nazionale delle vaccinazioni, l’avvio delle somministrazioni presso le aziende è subordinato alle tempistiche che verranno definite dal Generale Figliuolo e, naturalmente, alla disponibilità di vaccini.

ATS Bergamo fornirà ai medici competenti e al personale sanitario individuato dalle aziende la documentazione inerente i vaccini forniti, comprensiva delle linee guida per la raccolta del consenso informato da parte dei lavoratori e di tutto quanto necessario a rendere edotti gli operatori sanitari circa le modalità corrette con le quali operare (istruzioni per la conservazione, manipolazione, trattamento e somministrazione del vaccino, anamnesi del soggetto da vaccinare, controindicazioni…) – entra nel dettaglio il direttore sanitario di ATS Bergamo, Carlo Alberto Tersalvi -. Inoltre, Ats garantirà ai medici competenti e al personale sanitario individuato, nonché agli ulteriori eventuali operatori, l’accreditamento alla piattaforma individuata da Regionale Lombardia per la registrazione dell’anamnesi pre-vaccinale e dei dati vaccinali, fornendo le istruzioni necessarie”.




La crisi pesa sulle famiglie. In Bergamasca persi 1,3 miliardi con ripercussioni per 1 lavoratore su 4

Fusini, direttore di Ascom: “Coloro che stanno pagando lo fanno a caro prezzo rispetto a chi non ha avuto ripercussioni economiche legate alla pandemia”

A più di un anno dall’inizio della crisi legata al Covid-19 e in piena campagna vaccinale è tempo di bilanci per il mondo del terziario e delle attività che hanno subito – e che stanno ancora subendo per il protrarsi della pandemia – un danno economico significativo. Secondo la stima di Ascom Confcommercio Bergamo, infatti, la perdita nei quattro macro settori particolarmente colpiti dalla crisi (commercio non alimentare; servizi alla persone e imprese; ricreazione, sport, spettacoli e cultura; alberghi e pubblici esercizi) è stata di 1,380 miliardi, di cui 900 milioni per bar e ristoranti e 480 milioni per gli altri settori.
Nei quattro settori sono coinvolti oltre 123 mila lavoratori tra dipendenti, titolari, soci amministrativi e coadiuvanti: circa 87.000 riguardano il comparto del commercio, turismo e servizi, i più colpiti dalla situazione, mentre 36.000 gli altri settori produttivi. Di questi, Ascom stima che circa 59.000 siano indipendenti e 64.000 siano invece dipendenti.

“Considerando che gli occupati in Bergamasca sono 482.000 (dati Istat) questi numeri sono specchio delle terribili conseguenze del Covid sul terziario e su settori preponderanti per l’economia del territorio – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Il quadro che emerge, infatti, è che nella nostra provincia 1 lavoratore su 4 sta subendo le ripercussioni economiche dovute alle restrizioni a seguito della pandemia”.

Conseguenze che vanno oltre l’ambito lavorativo e che colpiscono anche il reddito delle famiglie: per Ascom su 465 mila famiglie (dati Istat) sono circa 90.000 i nuclei familiari bergamaschi colpiti dalla crisi, pari al 19,35% del totale, ovvero uno su cinque. “Se grave è la situazione dei dipendenti che hanno goduto degli ammortizzatori sociali con una perdita di una fetta del loro stipendio, è ancora più drammatica la situazione dei lavoratori indipendenti e di titolari, soci, amministratori di società, coadiuvanti familiari che finora hanno percepito indennizzi irrisori – prosegue Fusini -. La gravità di questa crisi non è solo nella sua dimensione, con numeri senza precedenti dal Dopoguerra per i bergamaschi, ma per la sua selettività. Coloro che stanno pagando lo fanno a caro prezzo rispetto a chi non ha avuto ripercussioni economiche legate alla pandemia. Questa è la differenza tra chi è ‘garantito’ e chi non lo è, a dimostrazione della disperazione e della rabbia accumulata da molti in questi mesi. Per questo, il nostro Paese è chiamato a pensare a reali misure di indennizzo più specifiche per chi ha realmente patito la crisi, oltre a strutturare politiche adeguate di sostegno a lungo termine”.




I centri commerciali non ci stanno Saracinesche abbassate l’11 maggio La protesta in tutta Italia

Le associazioni del commercio chiedono risposte certe e tempestive e la riapertura immediata nei weekend così come previsto nella bozza del Decreto Riaperture 

Saracinesche abbassate per alcuni minuti per protestare contro le misure restrittive che da oltre sei mesi impongono la chiusura nei giorni festivi e pre-festivi. Succederà martedì 11 maggio, alle 11, in 30mila negozi e supermercati di tutti i centri commerciali d’Italia per iniziativa di Ancd-Conad, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese, Cncc–Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali e Federdistribuzione. Le Associazioni del commercio vogliono così dare voce ai 780mila lavoratori delle 1.300 strutture commerciali integrate presenti su tutto il territorio nazionale, costretti da oltre un anno a vivere in un clima di forte incertezza, aggravato da misure che impediscono appunto a migliaia di attività commerciali di lavorare nei giorni più importanti della settimana in termini di ricavi e fatturato.

La manifestazione servirà anche a ribadire che in centri, parchi e gallerie commerciali la sicurezza è massima: non a caso, nessun focolaio si è mai registrato da inizio pandemia grazie ai rigorosi protocolli rigorosi adottati. L’impegno del settore si è visto anche nella messa a disposizione volontaria e gratuita di 160 strutture per la creazione di hub vaccinali. Da inizio emergenza il settore si è impegnato in un dialogo costruttivo con il Governo. Le Associazioni del commercio coinvolte auspicano ora di “poter avere dalle istituzioni risposte certe e tempestive, per rimettere in moto un comparto tra i più danneggiati dalla crisi, che continua ad operare solo parzialmente e senza una chiara prospettiva di ripresa”.

“Stiamo assistendo a un paradosso sotto diversi punti di vista. In primis perché la riapertura dei centri commerciali nel weekend, di fatto i giorni più importanti della settimana in termini di ricavi e fatturato, era prevista nella bozza del Decreto Riaperture che disponeva la riapertura il sabato e la domenica dei centri commerciali nelle zone gialle  – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. È dunque assurdo che siano rimaste invariate le misure restrittive eccezionali per queste strutture, senza indicazioni sulla riapertura definitiva. Non devono esistere due pesi e due misure perché siamo tutti sulla stessa barca: i negozi dei centri commerciali sono imprese come le altre ed è assolutamente necessario fornire risposte chiare a migliaia di lavoratori coinvolti per rimettere in moto un comparto tra i più danneggiati dalla crisi, che continua ad operare solo parzialmente e senza una chiara prospettiva di ripresa”.

“È infatti del tutto incomprensibile come gli stessi protocolli di sicurezza che consentono ai centri commerciali di restare aperti da lunedì a venerdì non risultino adeguati nel fine settimana, consentendo la stessa sicurezza nella gestione degli accessi e degli afflussi – prosegue Fusini -. E lo è ancora di più alla luce del fatto che sin dall’inizio dell’emergenza, centri, parchi e gallerie commerciali hanno adottato misure di sicurezza ancora più stringenti rispetto a quanto richiesto a livello governativo e dalle singole Regioni, ribadendo la totale disponibilità a rafforzarle qualora necessario e assicurando tutte le garanzie necessarie a tutelare al meglio consumatori, dipendenti e fornitori dal rischio di contagio”.