Dal bosco al piatto, funghi senza segreti in Alta Val Brembana

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Raggiunge l’undicesima edizione Fungolandia, la mostra del fungo della Val Brembana che esalta i profumati frutti del bosco in tante iniziative golose e altrettante occasioni per scoprire e vivere il territorio.

L’appuntamento è dal 3 all’11 settembre negli undici paesi di Altobrembo (Averara, Cassiglio, Cusio, Mezzoldo, Olmo al Brembo, Ornica, Piazza Brembana, Piazzatorre, Piazzolo, Santa Brigida e Valtorta) con iniziative per tutti i gusti e tutte le età: escursioni alla scoperta dei funghi, visite alle aziende agricole, eventi legati alla valorizzazione dei prodotti del territorio, convegni di carattere naturalistico-culturale, concorsi, ma anche degustazioni, aperitivi, menù promozionali a tema nei ristoranti convenzionati.

L’apertura ufficiale sarà sabato 3 settembre a Cassiglio, con una giornata tra mercatini, animazione per i bambini, esposizione di rapaci e caccia ai tartufi. Lo stesso giorno, al pomeriggio, a Olmo al Brembo sarà inaugurata la Mostra del Fungo della Valle Brembana, a cura dell’Associazione Micologica Bresadola di Agrate Brianza, preziosa occasione per ammirare tutte le specie fungine presenti nell’area. Sabato 3 settembre prenderanno il via anche le uscite “Alla scoperta del mondo dei funghi”, escursioni con i micologi per conoscere le varie specie e il loro habitat, proposte ogni giorno della manifestazione su percorsi sempre differenti.

Nel corso dei nove giorni sono in programma anche altre escursioni alla scoperta della natura e dei paesaggi di Altobrembo: nei boschi, nei pascoli e tra i borghi storici, valorizzando un’area di notevole valore ambientale.

Tra gli appuntamenti da non perdere, quello con il concerto in quota Sinfonie del Tramonto sulle Torcole di Piazzatorre, presso il Rifugio Gremei. Al calar del sole la musica degli ottoni risuonerà circondata dal panorama delle Orobie bergamasche.

Domenica 4 sarà invece una giornata dedicata ai sapori del territorio, con il Percorso sensoriale-degustativo nel bosco a Cusio, un’esperienza che toccherà tutti i sensi e che permetterà di gustare i prodotti dell’Alta Val Brembana direttamente dalle aziende agricole del territorio. I più piccini si divertiranno quindi con Puffolandia, l’appuntamento con puffi e funghi a Piazza Brembana, mentre a chiudere il primo week-end sarà il suggestivo “Percorso a lume di candela” a Mezzoldo, con dimostrazioni di attività artigianali e tappe alla scoperta della tradizione.

Nel secondo fine settimana gli appuntamenti golosi saranno a Valtorta, con l’Agrì-Fest, e a Ornica, con Funghi nel Borgo, una cena itinerante a base di funghi nel borgo rurale di Ornica. Sabato 10 a Olmo al Brembo è in programma uno spettacolo pirotecnico, preludio della grande chiusura di Fungolandia che si terrà domenica 11 a Santa Brigida.

Durante tutta la settimana di Fungolandia, ristoranti e bar aderenti all’iniziativa propongono menù a base di funghi locali e aperitivi con funghi e altre tipicità

www.fungolandia.it




Moscato di Scanzo, tutto pronto per la Festa. Che pensa anche ai terremotati

moscato scanzoÈ ormai tutto pronto per la Festa del Moscato di Scanzo e dei sapori scanzesi, la manifestazione che celebra il famoso passito (è la Docg più piccola d’Italia) e le altre eccellenze del territorio.

L’11esima edizione è in programma da giovedì 8 a domenica 11 settembre ed avrà come fulcro il percorso nel borgo storico di Rosciate tra le casette dei produttori associati alla Strada del Moscato di Scanzo, che proporranno in degustazione il proprio “nettare” e gli altri vini, ma anche miele, olio, formaggi, prodotti da forno, tutti provenienti dalle colline scanzesi, e pure il gelato al Moscato di Scanzo. Il ticket di solidarietà previsto per le degustazioni non poteva dimenticare la tragedia che ha colpito il centro Italia e sarà perciò destinato alla ricostruzione dei Comuni colpiti dal terremoto del 24 agosto, oltre che al progetto locale del Parco Inclusivo di via Galimberti a Scanzo.

Per quanto riguarda gli eventi, il carattere distintivo della manifestazione è quello di affiancare al piccolo campione dell’enologia bergamasca personaggi dal mondo dello spettacolo e dello sport, della cultura e dell’enogastronomia. E così quest’anno la Festa si aprirà (giovedì 8) con la comicità del cabarettista e attore Andrea Pucci e il suo spettacolo “I tabù del proprio io”. Venerdì 9 sarà la volta degli ospiti sportivi, tra i quali Mario Poletti, emblema dello Skyrunnig moderno, alcuni giocatori dell’Atalanta e della Foppapedretti Volley, mentre sabato 10 l’appuntamento sarà con la tradizionale sfilata e con il Palio del Moscato di Scanzo, una gara di pigiatura dell’uva tra contrade, disputata dai bambini delle scuole materne di Scanzorosciate.

La mattina di domenica 11 la novità della Moscato di Scanzo Trail, una gara di corsa su 20 km tra colline, vigne e cantine di Scanzorosciate alla scoperta di paesaggi incantati (verrà proposta anche una versione non agonistica della corsa con un percorso più “soft”) e la conferma delle camminate guidate lungo gli itinerari della Strada del Moscato (su prenotazione). Esperte guide del territorio accompagneranno i visitatori tra borghi, chiese, vigne e cascine del territorio di Scanzorosciate e dei luoghi del Moscato. Nel pomeriggio sarà la volta dello spettacolo di teatro dialettale della compagnia del Sottoscala di Rosciate, mentre nelle vie del borgo ci si potrà imbattere negli interventi teatrali a cura di Erbamil.

Un ruolo di primo piano lo hanno come sempre anche gli show-cooking, di scena sabato e domenica nel teatro dell’oratorio di Rosciate e condotti da due chef della Nazionale Italiana Cuochi, il bergamasco Francesco Gotti e il forlivese Gaetano Ragunì, entrambi responsabili del Team Junior. Proporranno ricette dedicate alla Lombardia Orientale, che per il 2017 si è aggiudicata il titolo di Regione Europea della Gastronomia. Trarranno perciò ispirazione dai prodotti delle quattro province coinvolte nel progetto, Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova. Lo show-cooking di sabato, su invito, con Francesco Gotti, sarà anche l’occasione istituzionale per parlare della nascente area turistica le Terre del Vescovado e dello stesso programma Erg (Regione Europea della Gastronomia) a cui Scanzorosciate ha aderito.

Anche la musica di qualità è un ingrediente immancabile. Per tutta la durata della Festa, le vie del borgo saranno animate dai ritmi di 17 gruppi, dal rock al pop internazionale fino alla musica leggera italiana e alla classica. Sul palco principale di piazza Alberico si esibiranno giovedì sera gli “Shine on Project” con il loro tributo ai Pink Floyd, venerdì sarà il turno della musica pop/rock internazionale con i “3ndy”, sabato della musica italiana con gli “Adrenalina”, domenica si ascolteranno i successi dei Beatles con i “Revolver” e tante altre proposte si potranno trovare negli altri angoli musicali allestiti nelle vie del borgo.

La Festa del Moscato di Scanzo arriva fino a via degli Orti e coinvolge sia la struttura scolastica F. Nullo sia il piazzale. Nel parco della scuola media si trova l’Orto didattico più grande d’Italia, mentre nella struttura scolastica verranno proposti concerti e i Laboratori del Gusto con Slow Food Bergamo, alcuni produttori associati alla Strada del Moscato e altri professionisti. Sarà inoltre allestita un’area bimbi dove in tutta sicurezza potranno giocare ed incontrare gli animali della fattoria. Un’altra importante novità è il servizio navetta gratuito messo a disposizione dal Comune di Scanzorosciate in collaborazione con Atb, che permetterà ai visitatori di lasciare la macchina nei parcheggi convenzionati e di raggiungere comodamente la Festa

Per una sosta gastronomica sono a disposizione un ristoro principale con piatti tradizionali e grigliate e altri tre punti food dove sarà possibile fare spuntini e pasti veloci a base di prodotti locali. Non mancano arte, la mostra di modellismo ed i concorsi, quello per gli addobbi di case e vetrine, della MoscaT-shirt e per la creazione della torta del Mosgatto, le cui premiazioni chiuderanno la manifestazione.

L’organizzazione è dell’Associazione Strada del Moscato di Scanzo e dei sapori scanzesi, che ha raccolto il programma dettagliato e le informazioni utili nel sito www.festadelmoscato.it




La frutta a Bergamo? Poca ma creativa

In Lombardia, secondo i dati recentemente comunicati dalla Coldiretti regionale, sono coltivati a frutta 7.859 ettari, con decine di varietà: dai kiwi alle mele, dalle pere ai meloni, dai mirtilli alle pesche. Quasi il 60% dei frutteti, con 4.864 ettari, è concentrato in provincia di Mantova, il 14%, pari a 1.132 ettari, in Valtellina e circa il 7% rispettivamente a Brescia con 544 ettari e a Pavia con 556 ettari. Bergamo è in posizione più defilata. Il suo territorio possiede circa 195 ettari coltivati a frutta, collocandosi dopo i 397 ettari di Cremona e prima degli 87 di Milano, dei 79 di Como, dei 70 di Varese, i 58 di Monza, i 40 di Lecco e, infine, i 23 di Lodi.

Le specie coltivate in misura prevalente in Lombardia rimangono le pere e le mele, anche se negli ultimi dieci anni si è potuto vedere un deciso incremento del terreno destinato alla coltivazione dell’Actinidia (kiwi). La provincia di Bergamo non rispecchia la generale vocazione lombarda, infatti le maggiori estensioni, con esclusione della coltivazione dell’uva, rimangono quelle che storicamente hanno caratterizzato questi territori. Secondo dati forniti sempre dalla Coldiretti, la presenza del castagno si afferma quella predominante, con i suoi 60,68 ettari sul totale di circa 195. Al castagno, in termini di estensione della coltivazione, segue il noce, con i suoi 22,75 ettari di terreno coltivati. E poi in ordine il pero, il melo, l’albicocco, il pesco e il ciliegio. A questo punto arriva anche l’Actinidia con 5,20 ettari coltivati. Tra i piccoli frutti svetta il lampone che si aggiudica ben 14 ettari, molti, considerando che in genere gli impianti di piccoli frutti non raggiungono grandi estensioni e le aziende in provincia che si dedicano alla loro coltivazione sono molto piccole. A seguire la mora, il mirtillo e il ribes.

Ma come far sopravvivere aziende e comparti di queste dimensioni in un mercato che spesso soffoca i piccoli produttori? Diversificando la propria attività o vendendo prodotti trasformati e pronti all’uso, che possono generare un valore aggiunto, meglio ancora se unici. Non a caso molti piccoli agricoltori si sono dedicati alla produzione di confetture artigianali, anche se nel tempo, anche in questi settore, l’offerta si è moltiplicata. C’è anche chi ha iniziato a pensare a qualcosa di diverso per davvero e sta raccogliendo molte soddisfazioni.

Settimocielo – Camerata Cornello

Disidratata e confezionata, diventa snack per ogni occasione

settimocieloL’azienda agricola Settimocielo è nata nel 2009 a Camerata Cornello per volere di Alberto Sangalli che, nonostante provenisse da un altro settore, con dedizione ha scelto la vita all’aria aperta e in montagna. Sostenuto da questa motivazione ha avviato il suo progetto, che nel corso del tempo ha subito non pochi cambiamenti, nell’ottica dell’affinare le prospettive, fare ricerca e man mano raddrizzare il tiro cercando di proseguire per la strada giusta. All’inizio della sua attività, la produzione di frutta con la conseguente trasformazione in confettura non era molto diffusa, ma in pochissimo tempo questo impiego ha preso sempre più piede e Alberto ha deciso di cambiare direzione. Nel frattempo si è specializzato sempre più nella coltivazione e in tutto quello che ruota attorno ai piccoli frutti, immaginandone anche altri utilizzi. Ecco che la disidratazione, la forma più antica di conservazione scoperta dall’uomo, ha catturato il suo interesse ed… ecco fatto!

Alberto Sangalli
Alberto Sangalli

«Abbiamo iniziato a disidratare la nostra frutta – spiega Sangalli – e a confezionarla in sacchetti. Questo per permetterne un facile utilizzo ovunque, quasi fosse una caramella. A scuola, a casa, in ufficio, durante lo sport, un prodotto facile da consumare che mantiene tutte le proprietà della frutta, senza l’aggiunta di zucchero». Le sfoglie di frutta si possono anche utilizzare in altri modi, ad esempio nello yogurt per colazione, per arricchire gelati o dolci e così via. Un prodotto sano e comodo «che ha avuto molto successo – spiega ancora Sangalli – anche se a volte l’utilizzo è talmente semplice che non viene subito capito. Per questo motivo abbiamo deciso di iniziare a venderlo direttamente anche tramite il web. In questo modo possiamo raccontarlo e farlo conoscere». L’ultima invenzione di Alberto? La frutta disidratata e polverizzata, pronta da unire all’acqua per creare delle favolose e golose bibite e bevande.

Bacche di goji, lamponi, mirtilli, uva spina e frutti di bosco sono solo alcune delle proposte dell’azienda. Tutta la frutta utilizzata è coltivata in montagna e lavorata poche ore dopo la raccolta. Le diverse tipologie vengo anche abbinate in funzione delle proprie nutritive: goji e mirtillo, lampone e sambuco, sono solo degli esempi.

Tropico dei Colli – Bergamo

Le specie esotiche crescono in città

Giulia Serafini e Mirko Roberti
Giulia Serafini e Mirko Roberti

Quando due giovani laureati con una passione sfrenata per l’agricoltura e la medesima grande sensibilità si incontrano succedono cose che nemmeno si possono immaginare. E quindi, anche la frutta tropicale si fa bergamasca, grazie all’impegno e alla passione di Giulia e Mirko, che insieme hanno dato vita a Tropico dei Colli, progetto sperimentale su terreni ai piedi di Città alta, tra San Colombano e Valtesse, che presto ha ricevuto riconoscimento al concorso “Luberg 2015 – Diventa imprenditore”.

Detto, fatto ed è partita l’avventura. «Non ho mai immaginato che mi sarei occupata di agricoltura – spiega Giulia Serafini, classe 1990 –, infatti mi sono diplomata al classico e poi non sapevo davvero che fare. Un giorno mia mamma mi consigliò di provare ad informarmi per la facoltà di Agraria. In realtà ciò che mi ha più affascinato è stato il fare qualcosa a cui non avevo mai pensato, che non avevo considerato. È stato subito amore. Ho appena conseguito la laurea magistrale in Agraria». Attualmente lavora come guida all’Orto Botanico di Bergamo, dopo esperienze in varie aziende agricole. «Durante un corso – prosegue ancora Giulia – ho incontrato Mirko e abbiamo scoperto di condividere le stesse idee e sensibilità. Lui mi ha raccontato delle sue sperimentazioni con piante tropicali ed era già tutto chiaro: dovevamo farlo».

Il fiore di Feijoa
Il fiore di Feijoa

L'Asimina
L’Asimina

«Io ho studiato Architettura Ambientale al Politecnico di Milano – spiega Mirko Roberti – e nutro da sempre una grande passione per il mondo vegetale. Studio e coltivo da anni diverse specie di piante utili con una particolare attenzione per i fruttiferi non convenzionali. Amo particolarmente gli alberi da frutto». Ma perché proprio piante tropicali? «Per fare una cosa nuova con delle specie molto rustiche, che si possono coltivare senza grandi interventi fitosanitari – spiega Giulia –, ma anche che possano offrire un prodotto unico. Grazie alle ricerche di Mirko abbiamo capito quali fossero le specie ben adattabili e abbiamo iniziato le sperimentazioni dall’inizio, con i vivaisti». Un approccio estremamente glocal, con l’obiettivo di trovare anche altri coltivatori, anche con piccoli appezzamenti, disposti a credere in queste cultivar. Per il momento le specie coltivate sono tre: il kiwi arguta, un piccolo kiwi rosso dalla buccia liscia e sottile, dolcissimo, da mangiare intero come una ciliegia; la Feijoa, scoperta da un ricercatore portoghese, da cui ha preso il nome, ha un profumo, una consistenza e un sapore unici, nonché un fiore stupendo ed è utilizzabile per gelati e sorbetti; l’Asimina, un frutto cremoso, dal sapore molto tropicale originaria del Nord America.

Francesca Belotti – Chiuduno

Frullati e dolci, ecco l’agri-streetfood

street food - Francesca Belotti - Chiuduno (1)A volte le cose succedono per caso e qualcuno ci scopre una grande passione. È quanto accaduto a Francesca Belotti, classe 1983, che ha dato vita nel 2010 a Castelli Calepio all’azienda agricola che porta il suo nome. «Mio papà Marino – racconta Francesca – aveva acquistato questo terreno con l’obiettivo di fare un investimento. Per diletto ho quindi cominciato a coltivare qualche pianta di piccoli frutti, su suo consiglio». Papà Marino e mamma Flora da sempre lavorano nel settore floricolo, con varie esperienze commerciali alle spalle. Esperienze che hanno sicuramente spinto e influenzato anche Francesca che pian piano si è dedicata alla coltivazione, partendo da zero e imparando giorno dopo giorno. Ma come accade spesso a chi si approccia con passione a una cosa nuova, ha visto molte opportunità per commercializzare la sua frutta e non se n’è lasciata scappare nemmeno una. «Prima ho pensato al periodo invernale e ho iniziato a trasformare parte della frutta in confettura, ma poi rimaneva l’estate. Come potevo valorizzare la mia frutta?», si è chiesta e da lì l’idea: uno street food a base di frutta! Coppette di frutta fresca, frullati di ogni tipo, dolci.

street food - Francesca Belotti - Chiuduno (2)

Partecipa a numerose sagre e un po’ meno agli eventi dedicati allo street food perché al momento non sono sostenibili a livello di spese per un’azienda agricola come la sua. Ma l’idea c’è, la direzione l’ha trovata e perfino il successo. «La gente vuole arrivare alla fonte – evidenzia – quindi attraverso la partecipazione ai mercati, il passaparola e i social network sono riuscita a raggiungere molte persone. Ora ha in cantiere anche altre iniziative, come cene in azienda, aperitivi e altro ancora». Per tutto il periodo estivo è possibile acquistare la frutta fresca direttamente in azienda. Anche nel periodo invernale è presente una piccola bottega in una bella casetta in legno in cui è possibile acquistare le conserve e altri prodotti del territorio.




Peghera, il Taleggio interpretato dallo chef Mainardi

Andrea Mainardi
Andrea Mainardi

Peghera, in Val Taleggio, patria del famoso formaggio e luogo d’eccellenza per la stagionatura, organizza una sagra che permette di conoscere i segreti della produzione e le virtù gastronomiche.

L’appuntamento con l’ottava edizione è per domenica 24 luglio ed avrà come ospite Andrea Mainardi, lo chef bergamasco conosciuto con l’appellativo di “atomico”, per la creatività e l’energia del carattere. Noto in tv per la partecipazione alla Prova del Cuoco di Raiuno e la conduzione dei programmi Ci pensa Mainardi e Tra due Fuochi su FoxLife, sarà il protagonista di uno showcooking alle 10.45.

La giornata, dalle 9.30 alle 18, propone bancarelle con prodotti artigianali ed un programma che unisce sapori, cultura e intrattenimento. Alle 9.45 si terrà una dimostrazione di caseificazione, mentre, dopo lo showcooking dello chef, si potrà pranzare con un menù tipico nei ristoranti convenzionati al costo di 18 euro. Alle 14 sono previste due visite, alle cantine di stagionatura del Taleggio Dop o alla Pala di San Giacomo del pittore Palma il Vecchio nella chiesa Parrocchiale. Ci saranno anche uno spettacolo di burattini (alle 15) ed un emozionante esibizione di freestyle in bici, oltre ai gonfiabili, a una mostra e al servizio ristoro.




Treviglio, il negozio gourmet già guarda al Canada

Vuole creare una storia nel settore alimentare e ha deciso di partire da un negozio campione nella sua cittadina, Treviglio. Omar Buttinoni, 41 anni, ha aperto “Leonardo”, in via Verga, non una semplice gastronomia, ma un negozio che si basa sulla filosofia del mangiar bene e sano e che diventerà il marchio per i prossimi franchising, prodotti inclusi. Papà imprenditore nel settore farmaceutico e mamma psicologa, attiva nella mediazione familiare, il trevigliese vanta una lunga esperienza nel suo settore. A 24 anni gestiva la discoteca Stonehenge, in piena movida milanese, dedicando particolare attenzione alla ristorazione.

Dopo quattro anni, è arrivata la svolta. «Cercavo un club più grande, ma è capitata l’occasione di occuparmi del ristorante “Il capanno”, all’interno del parco zoo della Preistoria a Rivolta d’Adda, poi del “Volo a vela” a Valbrembo, scoprendo la mia vera strada, anche se non ho mai tralasciato il divertimento, organizzando eventi – spiega Buttinoni -. Con “Leonardo” ho voluto riscoprire le tradizioni e i sapori italiani, con materie biologiche da sempre, senza ogm, né conservanti».

leonardo negozio pasta fresca treviglio (1)Nella bottega, dallo stile vintage e familiare, si trovano in mostra sugli scaffali passate di pomodoro, mieli, pesti verdi e gialli al curry, raffinatezze come la marmellata di corbezzoli o d’uva, ideale da spalmare sul pane per la colazione, per farcire crostate o preparare sorbetti, la grandina di manzo da consumare fredda in insalata, il riso integrale venere color nero e quello corallo, al radicchio e con salsiccia e fagioli. Per la frutta sciroppata ci sono i vasetti con uva e castagne. Svariati i legumi, considerati il cibo più prezioso, mentre vino e olio extravergine sono biologici e vanno a ruba.

leonardo negozio pasta fresca treviglio (2)Nel banco frigo c’è la pasta fresca, prodotta dagli artigiani di un laboratorio, modellandola e richiudendola a mano: tortelli alla borragine, ravioli ripieni al salmone, alle noci e agli spinaci, fagottini al cinghiale, oltre ai più comuni casoncelli, cappelletti, gnocchi, pappardelle, tortelli alla zucca caserecci, secondo un menù che viene integrato dalle novità in base alla stagione. Accanto, ci sono altre eccellenze di nicchia: le olive ammaccate del Cilento, le salse alle gocce di moscato, alle cipolle e ai mirtilli.

Il prezzo è commisurato alla qualità. «Chi assaggia torna e la nuova clientela non manca mai», sorride Buttinoni che ha in programma l’ampliamento dell’offerta con paste fresche per intolleranti a lattosio, glutine e uova, oltre ai salumi. L’attività, inoltre, non si fermerà a Treviglio. Dopo l’estate è in programma l’apertura di un punto vendita in franchising a Monza e ci sono i contatti per sbarcare a Vancouver. «A richiedere la vera qualità italiana è la comunità di connazionali, i gestori per il Canada li ho già individuati, i prodotti avranno il marchio Leonardo e la pasta fresca sarà conservata sotto vuoto in modo da poter essere venduta entro un paio di settimane», anticipa. Anche se il sogno è un altro. «Essere presenti a New York, ci arriverò, un passo alla volta».




La sfida di “Francesco”, imprenditore a 22 anni

Francesco e Stefano Rampolla
Francesco e Stefano Rampolla

Si chiama “Francesco” la Gelateria Artigianale Italiana appena aperta a Torre Boldone, in via Donizetti, davanti alla scuola media. È una start up che vede in campo un giovane imprenditore bergamasco di soli 22 anni, Francesco Rampolla. Il quale, con l’aiuto del fratello gemello Stefano, ha deciso di investire sul proprio territorio di residenza. Sì, perché Francesco, oltre ad aver denominato la sua nuova impresa con il proprio nome, ricordando anche quello del nonno, ha voluto – con l’apertura dell’attività – rimarcare il senso di appartenenza al proprio ambito e, in qualche modo, fare da traino per i giovani che, come lui, hanno un sogno nel cassetto. Studi alberghieri a Nembro, tappe nelle cucine stellate dei fratelli Cerea, Da Vittorio (dove impara il rispetto per le materie prime), di Patrick Guilbaud, a Dublino (dove comprende ancor di più il valore dei prodotti italiani) e di Alain Ducasse al Louis XV presso l’Hotel de Paris di Monte Carlo (dove affina il metodo), Francesco, tornato in Italia, decide di focalizzare la sua attenzione sul gelato artigianale, il suo sogno, appunto. E dopo una breve esperienza alla “Romana”, in centro a Bergamo, e in altre gelaterie della provincia, compie il grande passo. Ed ecco “Francesco”. Gelateria_Francesco

Una sfida non certo facile, a soli 22 anni e, soprattutto, senza una tradizione di famiglia alle spalle. «Ci voleva coraggio – commenta Rampolla -. Non mi è mancato, grazie al supporto della mia famiglia, ma anche di Fogalco e dei Lions della Valseriana». «La gelateria è “Artigianale” – sottolinea Francesco – perché facciamo tutto in casa, con tanta passione e con prodotti selezionati e di prima qualità. Non a caso, scegliamo noi gli ingredienti al mercato della frutta o dai nostri migliori contadini, cercando di instaurare rapporti solidi che durino nel tempo. È “Italiana” perché voglio valorizzare il nostro territorio e la nostra agricoltura. Per questo abbiamo sposato l’idea del “meno è meglio”, avvalendoci di aziende in sinergia con la nostra filosofia e con le nostre esigenze, come Agrimontana e Domori». Pochi i gusti in offerta – tra questi gli immancabili pistacchi di Bronte Dop e la nocciola Igp del Piemonte – ma tutti all’insegna della qualità, con particolare attenzione anche al mondo vegano e alle intolleranze alimentari. «Produciamo anche torte gelato, semifreddi, ghiaccioli alla frutta e stecchi gelato – evidenzia Francesco -, oltre a ottime cremolate di frutta fresca di stagione. La stagionalità, in effetti, è importantissima per poter offrire la migliore qualità dei prodotti». Provare per credere.

chiccogel.torreboldone@gmail.com




Bergamo terza in Lombardia per numero di gelaterie

Sono 2.558 le gelaterie in Lombardia attive nel 2016, in crescita dell’1% rispetto alle 2.532 del 2015, 26 in più. In particolare grazie a Milano, che ne ha 29 in più e Brescia, che ne ha 10 in più. Più nel dettaglio, Milano ne ha  744, Brescia 392, Bergamo 271 (con 1020 addetti), Varese 260, Monza 182, Pavia 158, Como 156. E’ quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano sui dati a fine marzo 2016 in confronto con lo stesso periodo del 2015. Milanesi e lombardi si confermano quindi appassionati di gelato: la metà lo mangia sempre, anche in inverno, di solito un chilo al mese durante l’anno. Perlomeno, stando all’indagine su oltre mille persone. Un gelato di crescente qualità e diffusione per il 54%. Il cono da gelateria va per la maggiore, per uno su due, mentre uno su dieci punta sulla vaschetta in gelateria. Si gusta al pomeriggio (61%) e alla sera (21%), quando si ha voglia di qualcosa di goloso (47%). A uno su due in estate capita di pranzare con il gelato. Uno su quattro anche col cattivo tempo. Cinque minuti il tempo medio per degustarlo, tra un quinto di lenti, che impiegano il doppio e un decimo di rapidi a cui bastano 2-3 minuti. È buonissimo e rinfrescante per due su tre ed è determinante per portare il buonumore.




Tavernola, la sardina (di lago) torna protagonista

sardina-e-polenta
Prati verdi, aria pura, il lago sullo sfondo, serate di musica, ma soprattutto tante proposte dedicate all’agone, o meglio, alla sardina, come viene chiamata sul Sebino, per la sua forma affusolata e le squame argentate che ricordano la sarda di mare.

Con più di un quarto di secolo di storia, la “Sagra della sardina” di Tavernola, promossa dalla Pro Loco del paese, è un appuntamento fisso delle estati sul Lago d’Iseo. Quest’anno si apre venerdì 8 luglio e prosegue nelle giornate di sabato 9 e domenica 10, per riprendere di nuovo venerdì, sabato e domenica della settimana successiva, nell’area verde della frazione Gallinarga.

Il piatto forte saranno le sardine con la polenta, sardine sott’olio, leggermente abbrustolite sul fuoco e servite con fette di polenta fredda tostata. Ma si potranno gustare anche alborelle fritte (richiestissime), filetti di persico saltati con burro e salvia, pasta con pesce di lago e altri manicaretti, tra cui le sfongade, pagnottelle dolci preparate secondo la ricetta del paese, e la torta di amarene, dolce tavernolese per eccellenza la cui ricetta si tramanda da generazioni.

La cucina è aperta la sera a partire dalle 19 circa e domenica 12 luglio anche a pranzo (su prenotazione). um ininterrotto di auto. «Abbiamo pensato anche di spostarla nel centro storico del paese e di ingrandirla ma perderebbe il suo fascino, così abbiamo rinunciato» confida Foresti che per il futuro ha un desiderio: «Passare il timone della sagra ai giovani del paese in modo che non vada persa questa bella e importante tradizione».

sagra sardina tavernola - programma 2016




Caseificio Taddei, doppietta di premi e nuovi prodotti

Camilla e Massimo Taddei
Massimo e Camilla Taddei

Vincere un concorso caseario nazionale è già difficile, figuriamoci la doppietta nel giro di una settimana: eppure per il caseificio Taddei di Fornovo nulla sembra impossibile, grazie alla tenacia e al rigore con cui i titolari Massimo e Camilla curano la qualità dei loro formaggi, che li ha portati a esportare in mezzo mondo, ottenendo recentemente anche preziosi ordini proprio nella tana del nemico, quei francesi che sono stati “sfidati” durante il Salon du Fromage di Parigi, riscuotendo consensi unanimi, non solo per il taleggio Dop, per il quale già Edoardo Raspelli aveva “incoronato” la coppia regina bergamasca, ma per tante altre delizie del palato che hanno saputo portare alla conoscenza del mercato transalpino.

Tornando alla doppia vittoria italiana, la medaglia d’oro con il Blutunt all’Alma Caseus in occasione di Cibus e quella d’argento per la Toma bergamasca al CaseoArt di Pandino, la soddisfazione è grande, anche se Camilla Taddei, che da sempre cura il marketing e la parte commerciale, sa bene che queste soddisfazioni fanno parte di un percorso che arriva da lontano: «Sia io che mio marito Massimo conosciamo la nostra azienda e il cammino compiuto negli anni, ma questi riconoscimenti ufficiali, che arrivano da esperti del settore, garantiscono per noi che il lavoro fatto non è solo di parole ma di costanza e serietà, proiettando sempre di più l’azienda in un mercato di qualità».

Per il Blutunt, erborinato bergamasco molto gettonato negli ultimi anni dagli appassionati, è stato addirittura un percorso in crescendo a Cibus: dopo due argenti, ecco arrivare l’oro: «È un riconoscimento – aggiunge Camilla Taddei – alla qualità e alla crescita costante che negli anni ha avuto questo formaggio, pur collocandosi sempre in una fascia di nicchia del mercato. Premia il lavoro e il rispetto delle regole: viene infatti prodotto seguendo un disciplinare imposto dalla Camera di commercio di Bergamo e per questo può fregiarsi del marchio “Mille Sapori di Bergamo” ed è certificato dalla CSQA».

E se il Blutunt, come il Taleggio e il Salva Cremasco, possono dirsi veterani di Casa Taddei, ha destato impressione la Toma Bergamasca, per la prima volta proposta in un concorso e subito premiata a Pandino: «La nostra toma – spiega Camilla – rappresenta un’altra produzione sulla quale abbiamo investito tempo e lavoro fino ad arrivare al risultato che ci eravamo prefissati e cioè un formaggio che si colloca nella nostra tradizione, con una pasta morbida ed elastica, sapore delicato con retrogusto di fieno e una stagionatura importante. L’argento ricevuto a Pandino è stato una bellissima quanto inaspettata sorpresa, anche se sinceramente ci speravamo perché da buoni produttori e stagionatori conosciamo le potenzialità di questo formaggio».

Sperimentare e proporre, accanto ai caci della tradizione, sempre nuove golosità è una prerogativa dei Taddei, che hanno già pronta un’altra novità: «La passione per questo lavoro ci solletica sempre a creare cose nuove – spiega ancora Camilla – e quando Massimo sparisce dall’ufficio per chiudersi in caseificio a “confabulare” con i casari e il responsabile di stagionatura, vuol dire che qualcosa bolle in pentola. Questo nuovo prodotto che sta già riscuotendo un notevole gradimento da parte dei nostri clienti è “Il Quartino del Casaro”, formaggio a crosta lavata con una stagionatura di 60/70 giorni e un gusto deciso. Buon appetito!».




La Confraternita di San Lucio apre le porte al “Re del Taleggio”

Confraternita San Lucio -Intronizzazione ritSan Lucio, protettore dei casari di tutto l’arco alpino e dei “formaggiai” di molte città del Nord Italia, dona anche il nome alla Confraternita fondata a Piacenza da poco più di un anno e che riunisce “per chiamata” (come nei club di servizio, Rotary, Lions, etc) tutte quelle figure (allevatori, produttori, affinatori, critici, giornalisti, distributori) che si sono distinte in campo caseario a livello nazionale.

Il club non è altro che una “costola” dell’associazione fondata in Francia nel 1969 dal mitico Pierre Androuet, conosciuto anche come il “Papa del formaggio”, che ne è stato anche il presidente fino al 1992, quando il suo posto è stato preso dal collega e connazionale Roland Barthelemy.

Della “casa madre” facevano già parte due bergamaschi: Giulio Signorelli “Ol Formager” e Bruno Gritti, l’inventore del Blu di Bufala.

La denominazione originaria è la “Guilde des fromagers – Confrerie de Saint Uguzon” (Sant’Uguccione è il nome francese di San Lucio) che tiene i suoi capitoli periodicamente un po’ in tutte le regioni della pianura padana. Tra i “confratelli” più recenti è entrato a far parte del capitolo italiano, nell’ultima conviviale tenutasi in provincia di Reggio Emilia, il bergamasco Massimo Taddei, titolare con la moglie Camilla dell’omonima azienda di Fornovo San Giovanni e presentato nell’occasione come il Re del Taleggio (Raspelli docet), fresco di doppia affermazione all’Alma Caseus durante il Cibus, a Parma, e al CaseoArt a Pandino con due dei suoi “campioni”.

confraternita san lucio - gonfaloneLa Gilda Internazionale è presente in 33 Paesi, tra cui una dozzina di nazioni europee, ma c’è anche in Russia, Stati Uniti d’America, Canada, Australia e Giappone, oltre ad alcuni Paesi Latino Americani. «In questa logica di crescita, non poteva mancare l’Italia – dichiara Hervé Davoine, presidente della Confraternita italiana di San Lucio – e gli italiani che credono nella Confraternita come strumento di valorizzazione culturale di tutta la filiera del latte potranno, una volta “intronizzati”, dare il loro contributo alla causa».

Davoine, che alla vicepresidenza, oltre a Anna Maria Sepertino, ha voluto anche uno dei massimi esperti italiani come Vincenzo Bozzetti, cremonese, molto noto anche in Bergamasca, spiega che «l’associazione è in rapida crescita: anche in quest’ultimo incontro sono entrati a farne parte una decina di nuovi soci, che individuiamo in tutta la filiera, dagli operatori professionali ai casari, ai tecnici della filiera latte, agli stagionatori, agli addetti alla vendita».

Il presidente Davoine ha un obiettivo: «Ci piacerebbe che l’immagine del comparto caseario crescesse in Italia come meritano i numeri della sua economia. In Francia l’uomo dei formaggi è riconosciuto come artigiano di alto profilo: ci sono corsi, scuole, diplomi, concorsi. È un mestiere nobile, che attira molti giovani: lavoriamo per far crescere anche in Italia la reputazione come merita».

In tanti si sono stretti attorno a Taddei nella riuscita serata reggiana dell’“intronizzazione” a Castelnuovo di Sotto: tra i primi Vittorio Emanuele Pisani, storico direttore del consorzio Taleggio prima e attualmente del Provolone Valpadana, anch’egli in Confraternita da qualche mese. Tra i nuovi confratelli anche Libero Stradiotti, presidente del Consorzio Provolone Valpadana Dop. «Questo mio ingresso nella Confraternita – ha spiegato il titolare dell’azienda di Fornovo -, oltre ad essere un grande privilegio, è il miglior riconoscimento al lavoro fin qui svolto, sia nel mio caseificio dove cerco di salvaguardare e riproporre i formaggi della tradizione bergamasca, spesso dimenticati, sia in ambito istituzionale dove in passato mi sono reso parte attiva alla fondazione di due Dop, Quartirolo Lombardo e Salva Cremasco. Ma in particolare un pensiero lo rivolgo al mondo del Taleggio Dop di cui sono stato per quasi 20 anni vicepresidente, presidente fino al 2014 ed attualmente ancora consigliere».

Camilla e Massimo Taddei
Massimo e Camilla Taddei

L’azienda ha superato da tempo il secolo di vita: è stata fondata dal bisnonno di Massimo, Giandomenico, nel 1885, ed è stata tra le festeggiate da Tuttofood il mese scorso con una serata di gala speciale in onore di tutte le sue aderenti “centenarie” a Villa Reale a Monza.

Anche Taddei ha le idee chiare per cercare di incoraggiare la cultura casearia in Italia: «Penso sia fondamentale tornare a spiegare alla gente come si fa e che cosa è il formaggio: l’ho notato anche in alcuni incontri onlus (come quello con l’università della terza età) dove sono stato invitato per parlare delle origini e delle principali differenze delle produzioni casearie. Quando si apre la discussione ci si accorge di come oggi siamo bombardati tutti i giorni da “teorie” alimentari che spesso non hanno nessuna “pratica”, ma creano solo confusione e falsi allarmismi. Fare invece della comunicazione corretta, spiegando le qualità dei nostri campioni caseari è la chiave per fidelizzare i consumatori».

C’è poi un aspetto, che vede Massimo con la moglie Camilla da sempre in prima linea: valorizzare il primato caseario di Bergamo in Italia, prima di tutto sul fronte Dop, ma non solo. Qualcosa si è fatto durante l’Expo con il progetto “Forme”, da tre anni la Casa degli Alti Formaggi di Treviglio consolida una divulgazione esemplare, ma le potenzialità per spingersi ancora oltre ci sarebbero. «A patto che – sottolinea Taddei – si trovi finalmente il giusto equilibrio “geografico”, eliminando quella ormai obsoleta diatriba tra i produttori di montagna e pianura. Solo allora si potranno organizzare manifestazioni magari legate alla bellezza monumentale della nostra città, chiedendo anche l’impegno dell’amministrazione pubblica ad investire nel comparto, dove, oltre alle Dop, ci sono produzioni casearie di grande tradizione. Questo porterebbe alla valorizzazione del territorio esaltando anche le risorse umane della filiera, dagli allevatori ai casari, dai produttori agli affinatori, che in provincia sono di assoluta eccellenza».