Da Gandino a Montalcino. Le gallette di mais Spinato accompagnano l’anteprima del Brunello

Spinetta Mais Spinato (2)Il mais Spinato di Gandino sposa un emblema dell’enologia italiana come il Brunello di Montalcino. Dal 19 al 22 febbraio a Montalcino (Siena), l’antica varietà bergamasca, al centro di un’ampia attività di valorizzazione, sarà partner ufficiale di “Benvenuto Brunello”, il tradizionale appuntamento organizzato dal Consorzio del Vino Brunello di Montalcino per presentare a stampa ed esperti del settore di tutto il mondo l’annata che sta per essere lanciata sul mercato e le anticipazioni su quella appena vendemmiata.

Benvenuto BrunelloQuest’anno l’anteprima avrà per protagonisti il Brunello 2011, il Brunello Riserva 2010, il Rosso di Montalcino 2014 e le altre due denominazioni del territorio, Moscadello e Sant’Antimo e tra una degustazione e l’altra saranno le “Spinette di Mais Spinato di Gandino”, gallette 100% mais, nella versione classica e in quella soft, a consentire la “pulizia della bocca” dei partecipanti.

«Per il Mais Spinato e per le eccellenze enogastronomiche della Valle Seriana – sottolinea Filippo Servalli, presidente della Comunità del Mais Spinato di Gandino – è un’opportunità di grande prestigio, a conferma del lavoro di relazione che in questi anni ha aperto scenari un tempo impensabili. Alla base di tutto c’è la storica, competente intraprendenza della gente della Val Gandino. Non è un caso che proprio a Montalcino l’impresa gandinese Edilmario (dei fratelli Roberto e Fabio Savoldelli) stia lavorando alla realizzazione della nuova sede del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, nel complesso di Sant’Agostino».

«L’abbinamento del Mais Spinato con il Brunello di Montalcino – sottolinea Antonio Rottigni, presidente della commissione De.C.O. del Comune di Gandino – è una novità di sicuro interesse per il contesto altamente specializzato cui si rivolge, ma al tempo stesso indica una via concreta e possibile per rendere sinergica e complementare la proposta al pubblico delle eccellenze dell’enogastronomia italiana».

L’edizione 2016 di Benvenuto Brunello sarà all’insegna dei festeggiamenti del cinquantenario del riconoscimento della Doc al Brunello, avvenuta il 28 marzo 1966. Come di consueto, oltre agli assaggi, sabato 20 febbraio presso la Chiesa di Sant’Agostino saranno assegnate le stelle alla vendemmia 2015 e i premi “Leccio d’Oro”, conferiti ogni anno dal Consorzio ai locali che hanno la Carta dei Vini con una gamma ampia e rappresentativa di vino Brunello e degli altri vini di Montalcino.




Regioni “gastro-alimentari”, la Lombardia tra i fondatori della rete europea

La Lombardia è tra i fondatori della Rete delle Regioni gastro-alimentari d’Europa, il cui iter ha preso il via nei giorni scorsi a Bilbao, nei Paesi Baschi, a margine della fiera enogastronomica di alto livello “Gustoko”, manifestazione che ha visto proprio la Lombardia come regione ospite.

«La rete mira a riunire – spiega l’assessore all’Agricoltura con delega all’Agroalimentare, Gianni Fava – Regioni che abbiano prodotti tipici, sviluppati a livello locale, con lavorazioni sostenibili e tradizionali o biologiche, ma anche territori regionali che siano aperti all’innovazione e alla sperimentazione in una gastronomia di alta qualità, capace di attrarre turismo».

Il nome della rete, proposto dalla Lombardia, è Regal, Re’seau des Re’gions gastro-alimentaires, che si adatta alla pronuncia dei diversi fondatori, tra i quali Paesi Baschi e Aquitania (Francia).

«Un’Europa delle Regioni enogastronomiche è possibile – ha evidenziato Fava – e sono orgoglioso che la Lombardia sia tra i fondatori, in particolare per la storia della cucina del nostro territorio, che da sempre ha saputo valorizzare i prodotti locali, integrandoli in una sapiente e secolare globalizzazione e che oggi conta 33 prodotti a marchio Dop e Igp e che, con 58 ristoranti stellati nel 2016, si colloca al primo posto a livello nazionale».




Milano, alla prima del “Salon” persino gli abiti sono di cioccolato

Tre giorni di degustazioni, eventi, esposizioni ed un unico grande protagonista: il cioccolato. Arriva a Milano, dal 13 al 15 febbraio a The Mall, lo spazio polifunzionale nel nuovo Business District di Porta Nuova Varesine, il Salon Du Chocolat, evento nato a Parigi nel 1994 e oggi presente in 30 città su quattro continenti per una media di 20 manifestazioni all’anno.

Gli organizzatori Roberto Silva Coronel e Pietro Cerretani raccontano così le motivazioni che li hanno convinti ad “importare” in Italia il format espositivo parigino: «In Italia, negli anni passati, abbiamo sempre avuto un certo timore reverenziale nei confronti dei cugini francesi in tema food in generale, e cioccolato nello specifico. Salvo poi accorgerci che i nostri maîtres chocolatier non erano secondi a nessuno, anzi vincevano premi in Francia, così come i produttori italiani – dal Piemonte alla Sicilia – sono di assoluta eccellenza. Nel nostro Paese il cioccolato vale 3 miliardi di dollari, le nostre esportazioni continuano a crescere e ad oggi hanno raggiunto un valore complessivo di 665 milioni di euro (siamo i primi sul mercato cinese). L’altra motivazione, forse la più importante, è che il pubblico italiano è attento e colto, sa riconoscere la qualità e richiede food experience all’altezza. Per questo faremo di tutto per stupire i visitatori».

abito cioccolato 2

Cinque sono i temi che connotano il salone milanese. Il primo è il connubio tra cioccolato e fashion: l’evento “Chocolate Fashion Show celebrerà il talento creativo di giovani stilisti del Naba Fashion Lab di Milano. Gli studenti in collaborazione con i dieci maitres chocolatier di Ampi – Accademia Maestri Pasticceri Italiani (nello specifico: Davide Comaschi vincitore del World Chocolate Masters di Parigi 2013, Giancarlo Cortinovis, Alessandro Dalmasso, Denis Dianin, Francesco Elmi, Fabrizio Galla, Gianluca Mannori, Pasquale Marigliano, Roberto Rinaldini, Alessandro Servida) progetteranno dieci abiti realizzati con il cioccolato che animeranno la serata di gala del 12 febbraio sempre al The Mall. La sfilata verrà replicata sabato e domenica mentre gli abiti verranno esposti durante i tre giorni di apertura al pubblico.

Il secondo filone è la sensorialità della chocolate experience, sintetizzato nell’hashtag #ChocoSense. Gli ospiti potranno vivere degustazioni sensoriali legate al cioccolato e ai suoi migliori abbinamenti grazie alla collaborazione della Compagnia del Cioccolato presieduta da Gilberto Mora, dell’Istituto Internazionale Chocolier guidato da Luigi Odello.

Con #Chocoshow si vuole invece raccontare il tema legato alle esibizioni e masterclass dei grandi maîtres chocolatier italiani, internazionali. Un ruolo decisivo l’avranno sia i maestri dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani, capitanati da Iginio Massari e da Gino Fabbri sia altri noti pastry chef italiani e internazionali che si esibiranno in sorprendenti showcooking a base di cioccolato.

Il quarto cluster è #Chocofamily, giochi e attività per bambini e famiglie per conoscere, giocare, sperimentare e degustare. I professionisti di Kikolle Lab gestiranno i laboratori a tema e intrattenimento, in un’ambientazione che richiamerà il celeberrimo mondo di Willy Wonka, liberamente ispirata al romanzo di Roald Dahl. Nei giorni di San Valentino, non potranno mancare anche iniziative ad hoc per gli innamorati.

Infine #Chocoshopping è la grande area dedicata allo shopping del cioccolato. Chi visiterà il Salon du Chocolat Milano potrà portare a casa il meglio della produzione nazionale e internazionali delle grandi pasticcerie del mondo.

Il Salon du Chocolat Milano sarà un evento per il pubblico e per gli operatori del settore. La giornata di lunedì 15 febbraio sarà anche dedicata agli operatori: buyer, pasticceri, esperti e professionisti potranno incontrare le aziende espositrici, seguire workshop tematici e formativi.

 




Musica, massaggi, docce: la dolce vita delle mucche della cascina Guardiola

Azienda agricola Ciocca - Treviglio - Antonio Ciocca e la moglie Antonella ViolaNella Bassa bergamasca un’azienda agricola ha scoperto il “segreto” per produrre formaggio, burro e yogurt eccellenti: il latte di mucche coccolate da spazzolatrici, allevate con un’alimentazione naturale ascolta
ndo musica in sottofondo e senza stress da super mungitura. Il caseificio è nella cascina Guardiola alla Geromina, frazione di Treviglio, dove c’è anche uno spaccio con i prodotti di altri agricoltori a chilometro zero, gestito da marito e moglie, Antonio Ciocca e Antonella Viola.

Ma non si può considerare l’attività casearia senza aver prima visitato l’azienda agricola in via del Bosco, in aperta campagna, avviata nel 1965 dal padre di Luigi, Antonio. Fin da allora l’allevamento rispettava i cicli della natura e i bovini erano solo 25. Nel 1992 è avvenuto il passaggio al figlio. Oggi i capi sono 110 e continuano a vivere in una condizione di cura invidiabile con tanto spazio e comfort a loro disposizione. Le mucche hanno un loro nome e sono parte preziosa di un’attività a carattere familiare, come dimostra il loro trattamento: si pretende che producano “solo” 25 litri di latte in media al giorno, sono nutrite con erba e fieno, partoriscono fino a otto volte e quando invecchiano sono messe in un’area più tranquilla. Nella stalla c’è anche una grossa spazzolatrice verde elettrica: gli animali autonomamente ci mettono sotto la testa e si fanno massaggiare collo e orecchie. Se il macchinario non si aziona, richiamano l’attenzione dell’addetto. Le mucche si coricano su morbidi materassini in gomma. E, d’estate, sopra le mangiatoie, ci sono docce nebulizzatrici che grazie ai ventilatori rinfrescando l’aria e le invogliano a mangiare.

azienda ciocca mucca che si spazzola da sola«Vuole sapere quale sarà il mio prossimo passo? Vorrei creare il pascolo, lasciarle libere, ci ho già provato ma non è facile, sono animali intelligenti – è il afferma Ciocca -. Un giorno, mentre stavo rifacendo il pavimento della stalla, avevo messo le bovine in un’area recintata, ma due vacche hanno spinto contro una loro compagna, riuscendo così a scavalcare l’ostacolo».

Ci sono anche stati alti e bassi, superati con costanza e dedizione al lavoro. «Avevo 400 capi, di cui 180 da mungitura, ho investito, assunto dipendenti e iniziato a vendere latte alle industrie, entrando in un circolo vizioso – spiega Ciocca – perché poi sei costretto a produrre sempre di più dal momento che il prezzo viene abbassato e non riesci più a far fronte alle spese. Gli animali, negli allevamenti intensivi, sono portati a fornire fino a sessanta litri di latte al giorno e così sfiancati, dopo un paio di parti, finiscono al macello».

Nel 2001 una malattia contagiosa gli ha imposto l’abbattimento di tutti i capi. Ma il trevigliese si è rimboccato le maniche e ha ricomposto la mandria, aprendo nel 2008 i distributori di latte crudo a Cavenago, Capriate, Suisio e Bellusco. Tuttavia, dopo il successo iniziale, il progetto non ha suscitato più il forte interesse iniziale. «Se non fai altro, non campi», si è detto l’allevatore che ha cambiato rotta, decidendo di dedicarsi alla trasformazione del suo latte. Chi si reca in cascina è attratto dal gusto unico di due formaggi speciali che, già nel nome delle due frazioni, sono un omaggio al territorio: Cerreto, compatto e dolce, realizzato da latte intero, stagionato da un mese e mezzo a tre mesi, che può somigliare alla fontina, e Geromina, a pasta morbida, con almeno otto mesi di stagionatura, prodotto da latte spannato in forme che raggiungono i nove chili.

I prodotti sono finiti anche in vetrina per tutta la durata di Expo nel padiglione allestito vicino all’albero della vita. Le varietà casearie sono tante: c’è il mucchino, che piace ai bambini, simile al caprino, ma prodotto con latte vaccino, e i freschissimi come mozzarella, ricotta, crescenza e primo sale. Nelle formagelle, stagionate per due mesi, si spazia con i sapori: possono essere al peperoncino, al pistacchio, alla cannella, alle olive, all’erba cipollina, al finocchio e ai capperi. Il latte è conferito all’Associazione produttori latte della Pianura Padana e a Copagri per il progetto “Buono e onesto”, che consiste nel confezionamento diretto dagli allevatori. Il suo simbolo, presente sulle confezioni in tutta Europa, è la mucca Onestina colorata con la bandiera del Paese di origine. Con questo latte, i soci producono il Sovrano, un formaggio a pasta dura stagionato 25 mesi, con latte vaccino all’80% e di bufala al 20, Fattorie Bresciane con caglio vegetale e meno sale, stagionato 12 mesi, il Supremo, a 15 mesi, con solo latte vaccino. Ci sono anche la Guardiola, spalmabile, e il Pronto pentola, una miscela macinata perfetta per mantecare risotti o pasta. Lo yogurt è, oggi, solo bianco. «Non utilizzo nient’altro che prodotti di stagione, pertanto non essendoci fragole, more o mirtilli che mi rifornisce la Cascina Pelesa, preferisco non aggiungere frutta che non conosco», conclude Ciocca.

formagelle azienda ciocca




La giornata del mais, lunedì il punto su coltivazione e mercato

generica mais ritLunedì 8 febbraio, dalle 9.30, alla Sala Mosaico della Camera di commercio di Bergamo si terrà la Giornata del Mais organizzata dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria CREA – Unità di ricerca per la maiscoltura di Bergamo, diretta da Carlotta Balconi, con la collaborazione della Regione Lombardia. Quest’anno il tema affrontato è “Il mais: opportunità di mercato, coltivazione e reddito”. Durante il convegno si tratteranno anche i seguenti argomenti: il mercato del mais: prospettive per il 2016 (Dario Friso), linee guida per il controllo delle micotossine (Amedeo Reyneri), le nuove vie del miglioramento genetico (Gianni Barcaccia), monitoraggio dell’areale maidicolo mediante telerilevamento (Alberto Crema). A seguire una tavola rotonda moderata da Lorenzo Andreotti dal titolo “Mais italiano: che mercato ci aspetta?”. Interverranno Coldiretti Bergamo, Confagricoltura Bergamo, MiPAAF, Associazione Granaria di Milano, Assosementi, Ami, Aires, Assalzoo, Confai, Roquette Group.

Nella sessione pomeridiana saranno presentati i risultati delle attività di sperimentazione agronomica realizzate nel corso della campagna maidicola 2015 da CREA, Unità di Ricerca per la Maiscoltura di Bergamo, in collaborazione con altre istituzioni di ricerca. Gli interventi saranno dedicati alle reti nazionali di sperimentazione agronomica (Gianfranco Mazzinelli), alla performance agronomico-qualitativa degli ibridi da trinciato (Michela Alfieri), all’attività di sperimentazione del Registro nazionale delle varietà (Anna Giulini, Giovanni Corsi) e all’attività di miglioramento genetico (Fabio Introzzi, Luigi Degano). Un contributo sarà dedicato alle micotossine e al livello di contaminazione nelle produzioni maidicole italiane, rilevato tramite la rete di monitoraggio nell’ambito del Progetto Rete Qualità Mais finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Sabrina Locatelli). Infine una prospettiva di valorizzazione nutrizionale del mais per l’alimentazione umana (Elisabetta Lupotto).




Biligòcc, a Casale di Albino è tempo di sagra

Domenica 31 gennaio va in scena a Casale di Albino la 27esima edizione della “Sagra dei biligòcc”, la festa della castagna affumicata e bollita, che nella Valle del Lujo ha una delle sua patrie in Bergamasca (l’altra “famosa” è Poscante di Zogno).

I biligòcc nascono dalla selezione dei frutti migliori delle varietà più adatte – “ostane” e “careàne” – preparati in uno spazio e con un sistema tradizionali. L’affumicatoio è un ampio locale dove, all’altezza di tre metri, è collocata una graticola sulla quale vengono distribuite le castagne. Sotto il graticcio si apre la stanza del fumo, un secondo locale dove si espande un fumo denso e profumato, proveniente da un fuoco che brucia nella sottostante “stanza del camino”.

Le castagne vengono rimestate due volte al giorno con i rastrelli. Non si devono bruciare, infatti. E così si va avanti per circa 40 giorni. Dopo l’affumicatura, siamo ormai a dicembre, le castagne vengono riposte in sacchi di juta, in attesa di essere bollite soltanto qualche giorno prima della sagra. Su un fuoco all’aperto (“foghèra”) viene sistemato un pentolone, dove in 150 litri circa di acqua si fanno bollire dagli 80 ai 100 kg di castagne. Alla fine di ogni cottura, si gettano nella caldaia alcuni secchi di acqua fredda, che danno alle castagne la caratteristica grinzosità. Tolti dall’acqua, ecco pronti i biligòcc.

La giornata, organizzata dal Gruppo culturale Amici di Casale, offre la possibilità di gustare le castagne in tutte le loro lavorazioni. Alle 10.30 è in programma una visita guidata al museo etnografico e ci sarà spazio anche per musica, ballo, animaizone e un concerto di baghèt, la cornamusa bergamasca. C’è inoltre la possibilità di pranzare con piatti tipici.

Per informazioni e prenotazioni www.valledellujo.it




Gelati, al Sigep c’è anche quello al caprino bergamasco

Al Sigep di Rimini, palcoscenico delle novità e delle tendenze di tutto il mondo in tema di gelateria e pasticceria di scena dal 23 al 27 gennaio, Bergamo non manca di dare la propria impronta. Sia con le aziende espositrici, ben 32, sia con gli artigiani del gelato, sempre pronti a mettere a punto gusti speciali e intriganti.

Quest’anno, nell’ambito delle iniziative dei Maestri della Gelateria Italiana (pad. C1, stand 021), i due Maestri orobici Candida Pelizzoli e Ronald Tellini si cimenteranno rispettivamente nella preparazione in diretta in un gelato al caprino bergamasco (sabato 23 gennaio) e del nuovo gusto Campos (lunedì 25).

Il tema sviluppato in questa edizione dall’Associazione – che ha sede presso l’Università dei Sapori di Perugia – è “Gusti e Colori della Natura” e prosegue nel percorso già avviato di valorizzazione dei gelati attenti alla salute e all’apporto calorico che non dimenticano, però, il piacere del palato. Sono coinvolti 16 Maestri della Gelateria, ognuno chiamato a presentare la propria proposta, giocando tra identità territoriale ed artistica.

candida pelizzoli - gelateria Oasi - Badalasco«La scelta di fare un gelato al caprino – racconta Candida Pelizzoli, della gelateria Oasi di Fara Gera d’Adda, che è anche vicepresidente dell’associazione – risponde al tema del gelato funzionale e salutistico, ma diventa anche occasione per promuovere il prodotti del territorio. Proprio qui a Badalasco, a una manciata di chilometri dalla gelateria, ci sono ben tre aziende che producono latte e formaggi di capra, non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di utilizzare prodotti freschi e locali». Il gelato al caprino è fatto con pochissimi ingredienti: latte di capra, formaggio caprino e un po’ di zucchero. «È quindi indicato per chi ha intolleranze al latte vaccino, come me – spiega Candida -, in più ha poche calorie e pochi grassi. Al palato è fresco e cremoso e ricorda la piacevolezza del formaggio, cosa che lo rende indicato anche per abbinamenti diversi, ad esempio con insalate e piatti freddi».

ronald tellinij.pgHa pescato in casa anche Ronald Tellini, titolare della gelateria Pandizucchero di Almè, ma il risultato è più “esotico”. Il suo gelato, Campos, prende infatti il nome dal suo collaboratore brasiliano, Diego Campos e da sua padre, che gli ha fatto scoprire la varietà di cacao utilizzata, che si unisce alle nocciole per dare vita al gusto gianduia, variegato con lamponi poché e croccante feuillettine. «Il risultato – dice Tellini – è un gelato con un indice glicemico più basso di circa il 20% rispetto alla media», ma sicuramente prezioso e goloso a giudicare dagli ingredienti.

Come Candida Pelizzoli anche Tellini caratterizza la propria attività per la ricerca continua. «Credo che sia ciò che permette di distinguersi e di continuare a sopravvivere – evidenzia, dall’alto dei suoi 26 anni di esperienza e la passione per i semifreddi -. In questo periodo, ad esempio, sto mettendo a punto dei frollini a base di farina di castagne, nocciole e cioccolato, e anche per carnevale non farò le solite chiacchiere, ma delle lattughe mantovane dalla sfoglia sottilissima. Lavorare in questo modo significa prove su prove, selezione delle materie prime e, ovviamente, anche prezzi un po’ più alti, ma è l’unico modo per differenziarsi».

 




Claudia, la regina delle formaggelle col computer in stalla

C’è la tradizione e c’è l’innovazione: non sempre queste due componenti fondamentali riescono ad andare d’accordo, specie in agricoltura: Claudia Riccardi di Gromo non solo è riuscita in questa quadratura del cerchio, ma l’aiuto della tecnologia ha contribuito ad elevare la qualità dei suoi formaggi.

Ormai nel paese seriano dove è nata e dove ha sede l’azienda agricola che porta avanti con i fratelli Angelo e Giovanni, Claudia tutti la riconoscono come colei che “ha portato il computer in stalla”. In effetti, pur non amando questa etichetta-tecno, Claudia mostra di saper stare al passo con i tempi e non si sposta mai senza il suo pc, anche quando produce le sue quattro tipologie di formaggio molto richieste («Meglio farne poche, ma bene, mi ha insegnato un vecchio casaro»): la formaggella che l’ha resa famosa per i premi vinti (con pasta semicotta da latte crudo di due mungiture); lo stracchino a pasta cruda d’alpeggio tipico della Bergamasca; il formaggio di monte a pasta semicotta e il primosale, fresco, leggerissimo, all’occorrenza anche erborinato.

Claudia, quando è nata la sua passione per il formaggio?

Claudia Riccardi - casara - Gromo«Essendo nata in una famiglia di agricoltori di montagna, dove l’amore, la dedizione e lo spirito disacrificio per il proprio lavoro sono i valori fondamentali, fare il formaggio è stato uno sbocco naturale. Produrlo in montagna e venderlo direttamente al consumatore è l’unico modo per mantenere in vita micro-imprese come la mia in un contesto avverso, sia per la globalizzazione dei mercati sia per le condizioni molto svantaggiate rispetto a chi lavora in pianura».

La vita di una casara è diversa da quella dei suoi coetanei? Trova il tempo per divertirsi, andare in giro con amici, in vacanza?

«Prima di essere casara sono un’imprenditrice agricola: essere titolare di una piccola impresa comporta tanti impegni e responsabilità. Essere bravi casari non basta in una azienda come la mia, bisogna saper far quadrare i conti, essere dei buoni venditori del proprio prodotto e avere competenze su materie burocratiche e fiscali. Ciò non toglie che si possa avere una vita sociale simile a quella dei propri coetanei».

La definiscono un po’ casara hi-tech, perché si fa aiutare dalla tecnologia. Come questa può incidere nel suo lavoro?

«Essere definita così è un po’ strano, perché il mio lavoro richiede soprattutto manualità ed esperienza: è un’arte antica e cerco di farlo rispettandone le tradizioni. Certo, poi c’è la tecnologia moderna e io utilizzo sempre il Pc, per la gestione economica ed amministrativa della mia azienda. La rete offre opportunità di conoscenze ed informazioni indispensabili per qualsiasi realtà; inoltre consente di aprire nuovi orizzonti, conoscere realtà diverse e potersi confrontare».

Ci racconta la sua giornata tipo?

«Sveglia alle 6,30, alle 7 sono in caseificio dove arriva il latte appena munto direttamente dalla stalla (gli animali sono seguiti da due miei fratelli, contitolari dell’azienda). Il latte viene messo nella caldaia e incomincia la caseificazione. Finita la lavorazione del latte, pulizia delle attrezzature e dei locali; prosegue poi con il locale di stagionatura, salatura, con rivoltamento delle forme. Cambio i teli di asciugatura, spazzolatura dei formaggi già stagionati, pulizia locale e bucato. Alle 8 apro lo spaccio attiguo al caseificio per la vendita diretta al consumatore dei miei prodotti. Settimanalmente trascorro una buona parte del mio tempo negli uffici Coldiretti, Asl, posta, banca, per pratiche burocratiche. Quando produco lo stracchino, la caseificazione avviene anche la sera, perché è un formaggio fatto con il latte appena munto. Questo impiega almeno due ore, dalle 18 alle 20. Poi finalmente posso rilassarmi».

Lei è ritenuta soprattutto la “regina delle formaggelle”, peraltro un prodotto molto inflazionato, presente quasi in ogni valle: cos’è che può distinguerla e farle veramente fare il salto di qualità?

«La differenza la fanno la capacità del produttore e la volontà del consumatore di non fermarsi al primo prodotto che trova. Se quest’ultimo non si accontenta e vuole conoscere la provenienza del prodotto, chi lo produce, come lo produce, come vengono nutriti e trattati gli animali, avrà tutti gli elementi necessari a valutarne le qualità. Il produttore, da parte sua, deve garantire la salubrità e la genuinità del prodotto venduto».

Di quali premi vinti lei va più orgogliosa?

«Un po’ tutti. Nel paese in cui vivo, a inizio estate viene organizzata la sagra “Gromo sempre in forma” con il concorso per la miglior formaggella. Diciamo che una grande emozione l’ho provata nella prima edizione del 2011 quando ho vinto il secondo e terzo premio con due formaggelle di diversa stagionatura. Nel 2012 ho migliorato ancora, vincendo il primo e il secondo premio sempre con due formaggelle, una di 30 giorni e una di 90. Nel 2014 ho vinto il primo premio con una formaggella di 30 giorni. Nel 2015 ho vinto il secondo premio per la formaggella e il secondo per lo stracchino».

Quando i produttori uomini si vedono superare nei concorsi da una giovane casara donna, cosa nutrono: invidia o ammirazione?

«Spero ammirazione. Personalmente non ho mai nutrito invidia verso bravi casari: anzi, ho sempre cercato di imparare soprattutto dagli anziani con tanta esperienza e tradizione. Peraltro, quando frequentavo il corso di casaro, il mio insegnante mi consigliò di imparare a fare pochi prodotti, ma di farli bene, soprattutto prodotti locali. Ho sempre seguito questo consiglio e mi sono resa conto che aveva perfettamente ragione: oggi in tanti richiedono i miei prodotto e questo mi riempie di soddisfazione».




Turismo enogastronomico, Marchesi firma sette itinerari in Lombardia

marchesiLa buona tavola è un fattore di attrazione turistica sempre più importante. Lo dicono gli studi e le ricerche, che indicano nella possibilità di vivere la vacanza come esperienza, conoscenza e contatto diretto con il territorio uno dei maggiori interessi dei viaggiatori. Ed è una carta che ha deciso di valorizzare anche la Regione Lombardia che, nell’ambito del progetto “Da Expo al Giubileo” finanziato con 20 milioni di euro, ha previsto una linea di intervento dedicata al “Turismo legato alla food&wine experience”.  L’obiettivo è promuovere, attraverso la costituzione di partenariati locali, l’attrattività del territorio mediante la valorizzazione degli itinerari del turismo esperienziale enogastronomico e l’integrazione tra i soggetti della produzione, distribuzione, somministrazione e ristorazione.

In quest’ambito si inserisce “Wonderfood (and wine) Premium”, che si avvale della collaborazione tecnica della Accademia G. Marchesi e del maestro Gualtiero Marchesi in qualità di testimonial di sette itinerari turistici a tema enogastronomico, che valorizzeranno il territorio in chiave turistica guidando il visitatore alla scoperta delle eccellenze vinicole e gastronomiche lombarde.




Dopo le Feste due chili in più. Ecco cosa mangiare per tornare in forma

frutta-e-verdura-di-stagione-febbraioI banchetti ed i brindisi delle Feste hanno regalato agli italiani due chili in più secondo la Coldiretti, che rileva come ad aggravare la situazione abbiano contribuito la sospensione delle attività sportive e la maggiore sedentarietà per le lunghe soste a tavola.

Passata l’Epifania, comincia quindi la stagione in cui si cerca di di rimettersi in forma e l’associazione degli agricoltori stila quindi una lista dei prodotti le cui proprietà terapeutiche e nutrizionali sono utili per disintossicare l’organismo e per accompagnare il rientro in salute alla normalità dopo gli stress dei viaggi e delle mangiate natalizie.

Tra la frutta da non dimenticare ci sono arance, mele, pere e kiwi, mentre per quanto riguarda le verdure quelle particolarmente indicate sono spinaci, cicoria, radicchio, zucche, insalata, finocchi e carote. Tutte le insalate e le verdure vanno condite – sottolinea la Coldiretti – con olio d’oliva, ricco di tocoferolo, un antiossidante che combatte l’invecchiamento dell’organismo e favorisce l’eliminazione delle scorie metaboliche, e abbondante succo di limone che purifica l’organismo dalle tossine, fluidifica e pulisce il sangue, è un ottimo astringente e cura l’iperacidità gastrica.

Le arance – informa la Coldiretti – sono una notevole fonte di vitamina C che migliora il sistema immunitario e aiuta a fronteggiare l’influenza, favorisce la circolazione, ossigena i tessuti e combatte i radicali liberi. Le mele per il loro modesto apporto calorico e per la prevalenza del potassio sul sodio sono capaci di svolgere un’azione antidiarroica e di regolare la colesterolemia. Ancora, le pere che oltre ad avere un buon potere saziante, contenendo zuccheri semplici come il fruttosio, fibra, molta acqua e poche calorie, sono adatte per chi soffre di intestino pigro. I kiwi ricchi di vitamina C, fosforo e potassio sono particolarmente indicati per migliorare il funzionamento dell’intestino, i semini neri in esso contenuti, infatti, ne stimolano le contrazioni.

Tutta la verdura a foglie verde scuro come spinaci e cicoria – continua la Coldiretti – contiene acido folico, vitamine del gruppo B, essenziale nella formazione dei globuli rossi del sangue per la sua azione sul midollo osseo. L’insalata conferisce volume e potere saziante con un apporto calorico estremamente limitato ed assicura anche un certo contributo di vitamine, calcio, fosforo e potassio. Le carote sono ricche di vitamina A, indispensabile per la salute degli occhi e della pelle, i finocchi risultano ottimi per combattere la nausea, la digestione difficile e la stitichezza.

Nella dieta non vanno trascurati piatti a base di legumi (fagioli, ceci, piselli e lenticchie) perché contengono ferro e sono ricchi di fibre che aiutano l’organismo a smaltire i sovraccarichi migliorando le funzionalità intestinali ma – conclude la Coldiretti – sono anche una notevole fonte di carboidrati a lento assorbimento, che forniscono energia che aiuta a combattere il freddo.